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1 L’INSEDIAMENTO SPARSO ATTRAVERSO LE FONTI SCRITTE

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1 L’INSEDIAMENTO SPARSO ATTRAVERSO LE FONTI

SCRITTE

Le studio delle fonti scritte consente oggi di ricostruire molti aspetti dei paesaggi rurali del basso Medioevo. Questi sembrano caratterizzati dalla presenza non solo di castelli, villaggi aperti e borghi nuovi ma anche di una rete diffusa di piccoli insediamenti sparsi, la definizione dei quali rimane comunque più sfuggente1.

Su questi ultimi sono soprattutto i documenti prodotti dai comuni Italiani a partire dal XIII secolo a fornirci i dati più interessanti. A partire da questo periodo, sulla spinta di una crescita demografica iniziata nell’XI secolo e di una rinnovata vitalità delle città, che avevano promosso la rioccupazione delle campagne, per farne aree utili al sostentamento della popolazione cittadina e in funzione antisignorile, si sviluppa un nuovo sistema di gestione della terra basato sui poderi e sui contratti di mezzadria.

In questo capitolo, proprio alla luce delle fonti duecentesche, cercheremo di ricostruire, utilizzando i dati disponibili per alcune regione dell’Italia centro settentrionale (Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto), le forme di questo insediamento sparso e in particolare delle abitazioni contadine legate ai poderi, analizzandole anche in relazione alle trasformazione degli assetti viari delle campagne che ne influenzarono la distribuzione2.

1 PICCINNI 2002, p. 151. 2 PICCINNI 2002, p. 133.

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1.1 Crescita demografica e rinascita della città: elementi determinanti per lo sviluppo dell’insediamento sparso

Nel periodo compreso tra la fine dell'XI secolo e l’inizio del XIII secolo possiamo ipotizzare un’importante diffusione dell’insediamento sparso, grazie al verificarsi di determinati fenomeni. Il primo è la crescita demografica che ha interessato la penisola italiana dall’XI secolo, che vede un’importante incremento della popolazione a livello urbano rispetto alle campagne, a causa di un’ingente migrazione spontanea o imposta, e che fa sì che i centri urbani rispetto all’alto Medioevo tornano ad essere importanti centri di scambio di prodotti agricoli e artigianali3.

3 CHERUBINI 1996, p. 7.

Fig. 1 – In rosso le province interessate dalla presenza dell’insediamento sparso prese in esame all’interno di questa ricerca.

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Le conseguenze della crescita demografica urbana portano le città a intraprendere, dalla fine dell’XI secolo fino all’inizio del XIII secolo, una politica tesa al controllo e alla razionalizzazione dello spazio circostante attraverso il ripopolamento delle campagne ad esse vicine, importando dal contado non solo prodotti alimentari, ma anche legna per scaldarsi, tessuti per coprirsi, ceramiche, vetri, panni e materiale da costruzione come mattoni, calcina e pietra lavorata4; in senso opposto le città

esportano verso le campagne tessuti, attrezzi da lavoro e anche derrate alimentari in caso di forte carestia5.

Il secondo fenomeno è la necessità, da parte delle città, di accrescere le proprie disponibilità alimentari per rispondere alla forte crescita della popolazione, trasformando le campagne vicine mediante progetti collettivi di bonifica6, di

allargamento dei coltivi e disboscamento7. Inoltre, l’aumento dello spazio coltivabile

avviene anche per mezzo di azioni contadine individuali e non controllate ma favorite dalle stesse città, che prevedono lavori spontanei di bonifica in zone boschive e incolte con lo scopo di ottenere appezzamenti di terra in aree comunque non molto lontane dai Comuni e dai villaggi8. La conquista di nuovi terreni è molto

intensa fino alla metà del XIII secolo, quando le città tentano di arginare questo processo emanando una serie di normative per la tutela dell’ambiente circostante. Infatti, all’interno degli Statuti comunali incominciano ad essere presenti regole per la suddivisione delle aree boschive in selvatico e allevato, con lo scopo di limitare l’espansione e la bonifica incontrollata, causa di molti disastri ambientali9; altre leggi

vengono invece promulgate con lo scopo di vigilare sulle speculazioni delle granaglie, impedendo ai privati di accumulare eccessive scorte di grano e tenendo sotto controllo il prezzo del frumento, per vietare l’esportazione delle derrate alimentari dal contado e dalla città verso i mercati rurali10.

4 PINTO 2002, p. 21. 5 PICCINNI 2002, p. 132. 6 Ivi 2002, p. 139. 7 CHERUBINI 1996 p. 22. 8 Ivi 1996 pp. 19-20, 63; PICCINNI 2002 pp. 139, 144. 9 PICCINNI 2002 pp. 140-142. 10 CHERUBINI 1996 p. 63.

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Un terzo fenomeno, conseguente all’espansione agraria, è la maturazione di un nuovo sistema di gestione della terra caratterizzato da una tipologia insediativa, quella dei poderi, e da contratti di tipo associativo, come la mezzadria, o di scambio di canoni in natura, come le concessioni d’affitto11. In contemporanea, nelle terre tra

le città e i centri fortificati nascono una moltitudine di villaggi aperti, aziende agrarie, infrastrutture per la lavorazione dei prodotti e nuclei di case sparse che rendono le campagne capaci di affrontare e superare, se pur in modi differenti da regione a regione, anche la crisi di metà Trecento12.

L’ultimo evento riguarda la distribuzione nelle campagne di aziende agrarie e case sparse che, nel periodo qui preso in esame, si amplifica ulteriormente grazie alla costruzione di una rete stradale rurale che si interseca con le vie principali e favorisce i collegamenti con i centri urbani e i mercati13. La possibilità di valersi di vecchie e

nuove vie di collegamento incoraggia la costruzione di aziende agricole e di case isolate, come nel caso dello sfruttamento del fiume Arno per la navigazione e la fluitazione dei tronchi d’albero, che consente un trasporto di grosse quantità di legna e merci14. Inoltre, una rete stradale più sicura e veloce permette ai lavoratori agricoli

di insediarsi in luoghi protetti dai villaggi più vicini, nonché di variare il proprio lavoro poiché l’attività agricola non è più il loro solo mezzo di sussistenza, ma adesso possono essere anche pastori, boscaioli, carbonai, segatori e trasportatori15.

Esempi significativi di questa diffusione si riscontrano nei territori percorsi dalla Via Francigena in Toscana16, in Emilia e Romagna dove si continua a sfruttare la Via

Emilia17. Anche in prossimità della viabilità minore in cui dagli Statuti dei comuni

toscani è attestata la realizzazione di strade con lo scopo di facilitare il collegamento

11 Per approfondimenti: Giuliano Pinto, Campagne e paesaggi toscani del medioevo, Nardini, Firenze

2002; Giovanni Cherubini, Signori, contadini e borghesi, La nuova Italia, Firenze 1974 L’Italia rurale del basso medioevo, Laterza, Roma-Bari 1985.

12 PICCINNI 2002, pp. 133-135, 180-183. 13 PICCINNI 2002, p. 160. 14 PINTO 2002, p. 22; MORELLI 2007, p. 126. 15 Ivi 2002, p. 23-24. 16 CHERUBINI 1974, pp. 276-277. 17 PATITUCCI – UGGERI 2000, p. 333.

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dei molteplici insediamenti rurali, la cui manutenzione spettava ai villaggi in prossimità di queste vie18.

Un’altro aspetto ricollegabile al concetto di insediamento sparso è il lavoro stagionale. La facoltà di spostarsi in tempi relativamente brevi rende verosimile la diffusione di questa tipologia d’insediamento, secondo cui i lavoratori dimorano in ripari provvisori, in grotte scavate o direttamente all’aperto19. Alcuni esempi

provengono dall’Appennino, dove gruppi di salariati discendono dalle aree di montagna per aiutare nelle attività agricole durante le fasi più impegnative; stessa cosa accade anche per i lavoratori di Roccastrada e Montalcino che in alcuni periodi dell’anno si spostano per lavorare nel vicino piano di Sticciano20.

18 BOLDRINI 2004, p.16.

19 PICCINNI 2002, p.151; PINTO 2002, p. 27; FRANCOVICH et alii 1980 p. 217-218. 20 PINTO 2002, p. 26.

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2 Forme e dimensioni nel vivere nelle campagne tra XIII e XV secolo attraverso l’analisi del lessico utilizzato nelle fonti scritte

L’aumento degli spazi dedicati alla coltura e della popolazione nelle campagne influenza e riorganizza i modi di vita, generando un forte dinamismo insediativo. Il territorio al di là dei castelli e delle città dal XII secolo è caratterizzato da borghi, centri non fortificati e da “terre nuove”, volute dai Comuni dell’Italia centro-settentrionale con lo scopo di sottrarre potere alla Signoria territoriale, di migliorare il reclutamento militare della popolazione rurale, di aumentare le superfici coltivabili e infine di valorizzare territori marginali sia favorendo l’afflusso di persone che ristrutturando antichi abitati andati in crisi. Questi insediamenti sono affiancati da una rete di piccoli centri abitati, case contadine costruite direttamente sui campi, aziende agrarie, fortificazioni isolate, tutte testimonianze di un forte processo di antropizzazione e di vitalità delle campagne.

Basandoci sulle fonti scritte non è semplice fornire indicazioni sulle caratteristiche materiali di queste abitazioni tra il X e il XII secolo. Soltanto tra fine Duecento e inizio Trecento i documenti a nostra disposizione aumentano esponenzialmente e questo consente di avere maggiore disponibilità di dati e di individuare le tecniche edilizie delle case contadine e delle aziende agrarie, inserite nel contesto dell’insediamento sparso.

2.1 Tipologie insediative semplici e complesse

Nella definizione delle caratteristiche materiali della casa contadina ha sicuramente grande importanza il legame con le risorse costruttive del territorio di appartenenza21. La struttura delle dimore rurali dipende non solo dalla cultura

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materiale specifica del luogo, ma anche dall’influenza che i centri urbani hanno sulle tipologie costruttive delle campagne attraverso la costruzione di “terre nuove” e di borghi che, a loro volta, influenzano l’insediamento intercalare22. Per questo motivo,

la lettura della terminologia con cui sono menzionate le dimore rurali e urbane all’interno degli Statuti, estimi catastali e documenti notarili, in relazione con le fonti iconografiche, consente di formulare un’ipotesi sulle tecniche edilizie utilizzate e sulla disposizione degli ambienti interni agli edifici abitativi.

L’analisi dei documenti di XIII e XIV consente di riconoscere una serie di termini con i quali venivano indicate le case di ambito sia urbano che rurale: domus terrena,

domus terragna, domus de terra, domus terranea, domus terrestris, per quelle

realizzate in terra e in tufo, capanna habitatoria, per quelle in legno o pietra non legata da malta e con copertura in paglia. L’espressione domus terrena può indicare una casa costruita in terra battuta su un solo piano oppure realizzata su due piani, in base all’area geografica. Mentre il vocabolo terragna può intendere una casa scavata nel tufo, alcuni documenti notarili citano come terratum alcune strutture isolate con funzione di riparo, elemento che consente di ipotizzare con certezza che fossero costruite in terra battuta23. Alcuni esempi di dimore contadine in terra battuta con

copertura in tegole sono stati individuati nel contado senese24, e alcune di esse sono

caratterizzate da un ambiente promiscuo in cui coabitano persone, animali, oggetti, alimenti, attrezzi agricoli e con un arredo interno molto povero25. Altre informazioni

provengono dalle fonti iconografiche, nelle quali la casa del contadino è raffigurata di dimensioni modeste con una o due stanze per ciascun piano26.

Non siamo a conoscenza delle dimensioni assunte dagli appezzamenti legati alle singole abitazioni contadine, ma è possibile proporne una stima grazie a una ricerca effettuata da Cherubini sulle 27 libre del 1320 della città di Siena. Lo studioso mette a confronto le proprietà rurali dei cittadini e degli enti ecclesiastici divise per classi

22 GRANDI 2010, pp.56-57; FRANCOVICH et alii 1980, p. 212. 23 FRANCOVICH et alii 1980, pp. 207, 210.

24 CHERUBINI 1974, p. 272. 25 PICCINNI 1976, pp. 395-398. 26 MAZZI 1980, p. 140.

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di estensione, in una fase in cui l’accorpamento dei terreni agricoli non aveva raggiunto il suo apice, motivo per cui gli appezzamenti presi in considerazione si avvicinano in dimensione a quelli collegati alla casa di un modesto contadino.

Tra le diverse classi, quella che a mio avviso può tornare più utile ai fini del discorso prende in considerazione gli appezzamenti valutati 5 staiori(0.65 ettari)27. Si

tratta infatti di terreni di modeste dimensioni e che quindi mi sembrano facilmente coltivabili da parte di un nucleo familiare composto da tre o quattro componenti. L’estensione di tali appezzamenti, ottenuti da bonifiche realizzate da un singolo individuo e non da una collettività, oscilla fra gli 0.13 e gli 0.65 ettari e non di più, almeno fino al XV-XVI secolo28. Alcuni documenti notarili possono avvalorare la

mia ipotesi: infatti dalla scarsità di attrezzi agricoli possiamo dedurre che questa classe contadina non poteva permettersi di coltivare quantità di terra troppo elevate29.

La nascita e lo sviluppo della documentazione fiscale, di cui fanno parte gli estimi e i catasti dei comuni toscani dal XIII secolo, consentono di riconoscere la forma principale di azienda agraria di questa fase nel podere, spesso considerato dagli storici espressione dell’abitato sparso per eccellenza e testimonianza della riorganizzazione fondiaria perpetrata dalle città centro settentrionali30.

Dal XIII secolo il podere è l’azienda più frequente nella maggior parte delle campagne, dove s'innesta generalmente su edifici preesistenti come vecchi magazzini per il deposito di attrezzi agricoli o animali, torri abbandonate o più modeste capanne di legno e paglia. Queste strutture sono riconvertite dalla borghesia urbana in dimore per le famiglie contadine libere, i cui termini di gestione e lavorazione della terra vengono regolati da un contratto di tipo mezzadrile.

Dai contratti di mezzadria è possibile comprendere la struttura del podere, che non risulta essere mera concessione di singoli appezzamenti, ma si articola in una vera e propria azienda complessa, con annesse le infrastrutture necessarie alla

27 1 staiore = m2 1300,75.

28 CHERUBINI 1974, pp. 260-261; CHERUBINI 1974, p. 7; PANERO 1994, p. 108. 29 MAZZI 1980, p. 149-150.

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trasformazione dei prodotti agricoli31. In diversi casi di fianco all’abitazione della

famiglia contadina sono presenti una stalla, dei magazzini per gli attrezzi e per lo stoccaggio delle derrate alimentari32, un forno e un pozzo, come attestato nelle Tavole delle Possessioni33, in cui si fa riferimento ad «una domo de terra a vendemiis», composta solamente da strutture per effettuare l’operazione della

pigiatura (solo i medi e grandi proprietari infatti potevano permettersi di possedere tutta l’attrezzatura per la lavorazione della vite)34.

Per avere informazioni sulle tecniche costruttive possiamo poi attingere ai documenti notarili. Ne è esempio il liber extimationum fiorentino (1269), dove alcune proprietà dei guelfi in città e in campagna sono indicate come «domus de

lapidibis et terra», costruzioni su uno o due piani realizzate con una fondazione in

pietra elevata oltre il piano di calpestio e muri continui in terra battuta35.

A differenza della singola dimora contadina, la casa del mezzadro si presenta più accogliente, articolata in vani più ampi con cucina e due camere, una per il capofamiglia e l’altra per il resto della famiglia36. L’estensione degli appezzamenti di

terra da coltivare fornisce alla famiglia mezzadrile i mezzi di sussistenza e al padrone la quantità di prodotti necessari per il commercio urbano e per la sua sopravvivenza in caso di carestie improvvise. L’estensione dei campi va dall’ettaro a qualche decina di ettari circa37.

Abbiamo la percezione di un territorio con una fitta rete d'insediamenti rurali non solo in Toscana, ma anche nelle altre regioni del nord Italia, dove le fonti ci presentano luoghi con funzioni e caratteristiche simili al podere. Dal XIII secolo troviamo attestate nei documenti le cassine, i casoni nelle campagne lombarde e venete, nel Piemonte centro-meridionale e nell’Appennino emiliano. Nei contratti agricoli piemontesi e veneti troviamo menzionati i tecta, luoghi adibiti al deposito di

31 Ivi 2002, p. 133. 32 PANERO 1994, p. 107. 33 CHERUBINI 1974.

34 FRANCOVICH et alii 1980, p. 208; CORTONESI, LANCONELLLI 2002, pp. 284-285. 35 Ivi 1980, p. 210.

36 MAZZI 1980, p. 140.

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attrezzi agricoli e al riparo, che in seguito vengono convertiti in dimore mezzadrili con l’espansione agraria38. Infine, nei documenti fiscali del comune di Bologna sono

citate le tumbe, aziende agrarie recintate, costruite in materiale deperibile coperte da coppi, dotate di balconi e talvolta affiancate da capanne e ripostigli39. Le tumbe

rappresentano una forma d'insediamento a carattere sparso e fortificato dal XIII fino al XV secolo, in particolar modo nelle campagne del bolognese orientale fino a quelle intorno a Rimini40.

2.2 Conclusioni

I dati che abbiamo discusso permettono di comprendere quali siano stati i principali fattori che hanno dato avvio dal XIII secolo alla nascita di molteplici insediamenti rurali a carattere sparso: la crescita demografica, l’espansione della proprietà cittadina nel contado, l’incremento della viabilità e la comparsa di nuovi contratti di conduzione della terra. Questi elementi dimostrano come l’intervento delle città e dei singoli contadini abbia trasformato la campagna circostante in un luogo vivace e caratterizzato dalla coltura promiscua, con un tessuto stradale volto a collegare le aziende agrarie con i mercati e i centri urbani.

L’influenza delle città sulle campagne è tale da consentire anche l’applicazione delle tecniche di edilizia urbana in ambito rurale, dato ricavabile in modo indiretto dalla lettura dei documenti che si riferiscono ai beni e alle proprietà rurali di alcuni cittadini. Per il momento non è realizzabile un modello diacronico sulle tecniche costruttive dell’abitato sparso per i secoli dal X al XII, poiché gli inventari notarili relativi alle proprietà dei contadini e i documenti normativi consentono soltanto di formulare delle ipotesi dal XIII fino al XV secolo, periodo durante il quale prevale un’edilizia diversificata, dove convivono tecniche in materiale deperibile, in pietra e in pietra e mattone.

38 BACCHICHET 1998, p. 11-12; RAPETTI 2006, pp. 46, 49. 39 GRANDI 2010 p. 57; SETTIA 2008, p. 22.

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