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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

4. I TESTI PUBBLICITARI

La pubblicità invade ogni giorno la nostra vita: leggendo un giornale o una rivista, guardando la televisione, andando al cinema, navigando su internet o semplicemente passeggiando per la città. I messaggi pubblicitari ci circondano e inconsapevolmente ci influenzano. In questa nostra società di consumatori accaniti, il linguaggio della pubblicità assume una notevole importanza. Il linguaggio pubblicitario ricorre frequentemente all’uso delle figure retoriche, tanto da paragonarlo al linguaggio dei poeti, poiché sia i pubblicitari che i poeti usano la lingua in modo creativo, ponendo una cura minuziosa nella forma del messaggio. La sinestesia reca in sé delle potenzialità altamente suggestive, ed è per questo che la pubblicità ne fa largo uso. Sono molti gli autori che hanno affermato ciò. Ne cito alcuni:

 “È la pubblicità di questi ultimi dieci anni circa che ci ha messo di fronte a una larga messe di particolari esempi di sinestesie pregnanti e di una certa suggestione.”

Piero D’Onofrio (1972)

 “Nella seconda metà del secolo la sinestesia entra infatti nella lingua pubblicitaria: è frequente nelle intitolazioni ad effetto di opere divulgative o di articoli giornalistici, e si riscontra soprattutto negli slogans commerciali. Sull’uso

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di sinestesie in questa situazione comunicativa esistono già alcuni studi1, che abbondano naturalmente di riferimenti al gusto morbido dei liquori, alla

freschezza profonda dei deodoranti, al sapore splendente dei dadi da brodo…”

Paola Paissa (1995)

 “In quanto figura retorica, la sinestesia è ampiamente utilizzata da sempre in letteratura e soprattutto in poesia; anche gli slogans pubblicitari, com’è noto, fanno sovente ricorso all’impiego di espressioni sinestetiche. L’accostamento di due parole non immediatamente conciliabili sul piano del significato, nella misura i cui rinviano ad un’esperienza multisensoriale, genera infatti di per sé quel senso di straniamento tipico del linguaggio poetico, come pure di altri registri per certi versi affini, quali la lingua della pubblicità.” Giovanna Marotta (2012)

E’ per confermare e avvalorare queste teorie, che il corpus della mia indagine è costituito da sinestesie tratte da pubblicità.

Prima di andare ad analizzare i fenomeni sinestetici che ho raccolto in seguito all’analisi di pubblicità, vorrei parlare brevemente delle caratteristiche principali del linguaggio pubblicitario sia dal punto di vista linguistico che semiotico.

4.1 Il linguaggio pubblicitario

L’obiettivo principale della pubblicità è quello di convincere il consumatore ad acquistare il prodotto reclamizzato. Occorre attirare l’attenzione, “lanciare” il prodotto e trasmettere il messaggio in modo da invogliare il pubblico a comprare. L’immagine giusta stimola la curiosità ma è il linguaggio usato che garantisce l’efficacia del messaggio e il successo della campagna pubblicitaria. Il linguaggio scelto non deve risultare né arido né monotono, ma fresco e suggestivo, in grado di stupire, toccare, coinvolgere il destinatario a tutto tondo: la scelta delle parole è quindi essenziale. Ad ogni modo, non dobbiamo dimenticare lo scopo della pubblicità, ovvero vendere un prodotto, quindi il linguaggio pubblicitario dovrà

1 L’autrice in riferimento agli studi condotti sulla sinestesia e il linguaggio pubblicitario cita l’articolo di P. D’Onofrio (1973) e due pagine del libro di A. Appiano, Pubblicità, comunicazione, immagine.

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essere semplice e comprensibile per la maggior parte dei potenziali acquirenti. I pubblicitari, quindi, dovranno riuscire a trovare un giusto equilibrio tra espressività e chiarezza, tra originalità e semplicità.

Il linguaggio della pubblicità utilizza molti espedienti linguistici con estrema libertà morfologica, sintattica, stilistica ed è per questo motivo un linguaggio innovativo. Le deformazioni verbali, le libertà e le irregolarità sintattiche sono, quindi, molto frequenti. Oltre alle figure retoriche, il linguaggio della pubblicità ricorre a veri e propri giochi di parole:

- Neologismi, ovvero nuove parole create per affascinare il pubblico che possono essere create utilizzando prefissi e suffissi comuni in combinazioni insolite, oppure unendo frammenti di due parole diverse (per esempio: biodelicato, neoforza, risparmiosa…);

- giochi su frasi celebri, cioè deformare parzialmente un’espressione nota, che può essere un proverbio, un modo di dire o delle frasi famose (per esempio: “I segni son desideri”, “Toccate il cielo con un Mito”);

- ambiguità, alcune parole variano di significato a seconda del contesto; - lingue straniere, in particolare dell’inglese;

- ritmo, rima e allitterazione, che aiutano a far ricordare più facilmente il messaggio (per esempio: “Ava come lava”, “L’analcolico biondo che fa impazzire il mondo”, “Ceres c’è”).

Sul piano della struttura, una caratteristica fondamentale dei messaggi pubblicitari è la loro estrema brevità e ripetitività. Il segreto di un buon copywriter2 è

la sinteticità, attraverso la quale deve saper imprimere il pensiero dell’utente con il minor numero di parole possibili. In questo senso il linguaggio pubblicitario ha molto in comune con quello giornalistico: esso è prettamente paratattico e composto da preposizioni molto brevi.

Una campagna pubblicitaria nasce da una ricerca approfondita del target3 ed è portata avanti da esperti di psicologia e di marketing. Dopo aver analizzato sia il mercato che la concorrenza, si deve tener conto del tempo, del budget e anche del tipo di pubblicità più appropriato a ciò che viene lanciato.

2 Il copywriter è l’ideatore e il redattore dei testi o dei dialoghi di una pubblicità.

3 Con il termine target si intende il pubblico individuato come destinatario ideale di uno specifico messaggio pubblicitario.

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La pubblicità può esser suddivisa in due grandi gruppi: quella statica e quella mobile. Le principali forme di pubblicità che appartengono al primo gruppo sono il volantino (semplice, economico e facilmente distribuito, trasmette un messaggio breve a un pubblico mirato), il cartellone o manifesto (visibile da chiunque ci passa davanti, la collocazione, quindi, è di primaria importanza) e l’inserzione sulla stampa (offre tempo per esaminarla più volte e per assimilarla, consciamente o inconsciamente). Al gruppo della pubblicità mobile, invece, fanno parte l’insegna (simile al cartellone ma con l’immagine mobile), lo spot televisivo (è laborioso in tempi e costi, ma raggiunge risultati istantanei) e il banner (il cosiddetto pop-up, la pubblicità che troviamo su internet, che sovente appare senza alcun preavviso). Un’altra caratteristica del linguaggio pubblicitario è l’utilizzo di codici diversi: codici verbali, visivi, musicali e grafici si mescolano e si contaminano tra di loro, generando messaggi pubblicitari suggestivi.

Nel mio studio ho analizzato solo la “pubblicità stampata su carta”, nella quale è cruciale l’integrazione tra immagine e testo verbale. Questa duplice costituzione semiotica contribuisce a rafforzare e potenziare il contenuto del messaggio pubblicitario. Le parole e le immagini si completano a vicenda. (Di Sparti 1975).

La pubblicità su carta è caratterizzata dai seguenti elementi:

la testata o headline, una sorta di titolo, che si trova nella parte superiore della pagina e che, nella sua sinteticità, deve essere capace di attirare l’attenzione.

• l’immagine

il corpo del messaggio o body copy, un testo che sviluppa l’idea presente nella testata, spiegandoli in modi generalmente più discorsivi.

l’immagine del prodotto o packshot

• il marchio

una frase conclusiva o playoff, uno slogan che chiude il messaggio sintetizzando l’identità del prodotto. Lo slogan è il fulcro del messaggio pubblicitario (Janich 2010)

Nella Figura 4.1 è possibile osservare un esempio di pubblicità in cui sono presenti tutti gli elementi sopra elencati:

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HEADLINE IMMAGINE PAYOFF PACKSHOT MARCHIO BODYCOPY

Figura 4.1: Esempio di pubblicità stampata in cui è possibile osservare tutte le parti di cui è

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4.2 Semiotica della pubblicità

La semiotica si pone come obiettivo lo studio in profondità del testo, andando al di là di una lettura superficiale, per analizzare le strutture di senso, la sintassi, i modelli semantici del testo pubblicitario.

I testi pubblicitari sono meccanismi complessi basati su livelli sintattici e semantici profondi e non espliciti. La pubblicità è un atto comunicativo e quindi contiene tutti i fattori e le relative funzioni della comunicazione, che sono stati riassunti nello schema elaborato da Roman Jakobson:

2. CONTATTO

(funzione FÀTICA)

1. EMITTENTE 3. MESSAGGIO 6. DESTINATARIO (funzione EMOTIVA) (funzione POETICA) (funzione CONATIVA)

4. CODICE

(funzione METALINGUISTICA)

5. CONTESTO

(funzione REFERENZIALE)

Grafico 4.1: Schema dei fattori e delle rispettive funzioni all’interno di un atto

comunicativo

È indubbio che la principale funzione della pubblicità sia quella conativa, ovvero quella funzione che agisce sul destinatario e che cerca di modificarne il comportamento e il pensiero, ma anche le altre giocano un ruolo importante, per esempio, la funzione fatica, che esalta l’impatto percettivo ricorrendo a immagini, musiche ecc. per attirare l’attenzione del cliente; la funzione metalinguistica, invece, incide sulla comprensibilità del messaggio e quella poetica sull’elaborazione creativa. Più un messaggio è dominato dalla funzione poetica, che lo rende originale e sorprendente, più è a rischio la comprensibilità, però è vero anche il contrario, cioè se il testo pubblicitario risulta troppo semplice da capire, si corre il rischio che non sia d’impatto e quindi noioso.

Il segno pubblicitario ha una natura articolata, lo si può intendere come un qualcosa che sta per il prodotto o la marca pubblicizzati. Può assumere le forme della denotazione, indicando esplicitamente e direttamente un significante e un significato,

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oppure può essere connotativo, ovvero quando un significante e un significato vanno ad essere significante di un altro significato ancora. La connotazione spesso è usata per suggerire dei significati senza dirli esplicitamente. Nei segni pubblicitari accade spesso che a fungere da correlativo oggettivo di una determinata marca non sia solo un singolo elemento, ma bensì un’intera rete di riferimenti. Quindi, il segno connotativo del prodotto, non ha in comune con esso solo un certo significato attribuito, che di solito si basa su una somiglianza metaforica (per esempio la potenza della tigre e quella della benzina), ma anche elementi che si basano su una strategia metonimica (per esempio la pubblicità di un profumo che vuole esaltare il valore della femminilità potrà essere sponsorizzato da una figura femminile vestita con un abito a panneggio che richiama la forma del flacone di quel prodotto). Questa ridondanza serve a ribadire il legame segnico che si intende stabilire. La struttura del segno connotativo permette che un significante non si limiti a designare solo il suo significato, ma che entrambi possano diventare significante di una terza cosa, che frequentemente è un valore (potenza, femminilità…). In questo modo un determinato marchio diventa espressione di quel valore. Nella Tabella 4.1 si può osservare le relazioni che sottostanno al segno pubblicitario:

3. segno pubblicitario Significante 3 (segno connotativo)

Significato 3 (merce o marca)

2. segno connotativo Significante 2 (segno denotativo)

Significato 2 (valore)

1. segno denotativo Significante 1 (grafismi, parole)

Significato 2 (oggetto)

Tabella 4.1: Schema ideato da Volli (2003) per spiegare la struttura del segno

pubblicitario

Il segno pubblicitario risulta tanto più efficace quanto più numerose sono le caratteristiche in comune tra il livello 1 e il livello 3.

Accanto al messaggio prettamente linguistico, la ricerca semiotica inizia a porsi il problema di analizzare quella parte del testo pubblicitario che fa ricorso a sostanze espressive di tipo visivo, poiché quasi tutti i testi pubblicitari, tranne quelli radiofonici, contengono immagini. Lo studio delle immagini pubblicitarie inaugura una vera e propria semiologia della visualità. Se c’è un’immagine in un annuncio pubblicitario, essa possiede un qualche valore comunicativo e, dunque, un qualche

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potenziale di significazione. Come la parola anche l’immagine possiede due livelli di lettura: quello propriamente pubblicitario di tipo connotativo e quello visivo di tipo denotativo, legato al fatto che l’immagine sta lì in quanto rappresentazione di qualcos’altro. La comunicazione pubblicitaria risulta efficace perché l’immagine che essa adopera viene messa in relazione con il messaggio verbale e iscrive il piano connotativo in quello denotativo. L’immagine non si limita a illustrare la merce ma cerca soprattutto di esaltarne il valore. È un regime di comunicazione nel quale il piano dell’espressione e quello del contenuto sono collegati.

Figura

Figura 4.1: Esempio di pubblicità stampata in cui è possibile osservare tutte le parti di cui è  composta
Tabella 4.1: Schema ideato da Volli (2003) per spiegare la struttura del segno  pubblicitario

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