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Discrimen » Quel pasticciaccio brutto dei «verbali volanti»

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Academic year: 2022

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UEL PASTICCIACCIO BRUTTO DEI

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VERBALI VOLANTI

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Ennio Amodio

Sarebbe piaciuta a Leonardo Sciascia la vicenda degli ardori giudiziari esplosi attorno ai verbali di un indagato eccellente, l’avv. Piero Amara, volati da Milano a Roma, passati più volte di mano all’interno del CSM e poi finiti sul tavolo della reda- zione di alcuni giornali. Ci sono tutti gli ingredienti di un genere letterario che lo scrittore siciliano considerava frutto dell’innesto del dramma pirandelliano sul giallo di ambiente processuale. A cominciare dall’affannosa trasmigrazione delle carte da un magistrato all’altro con l’assillo del «che fare?». E poi il mistero della loggia massonica, piena di nomi di esponenti dell’alta amministrazione statale e di togati. Infine, sullo sfondo, lo scenario di un importante processo milanese per corruzione internazionale chiuso in primo grado con una clamorosa assoluzione.

Su questo magma di fatti inquietanti indagano ora, come è noto, tre diverse Pro- cure e quindi noi possiamo soltanto chiedere che si giunga presto a disvelare i contorni precisi delle trame e dei volti di chi ne ha tirato le fila. Per chi indossa gli occhiali del giurista, c’è però qualcosa da mettere a fuoco subito, prima ancora che le inchieste e i processi abbiano raggiunto il traguardo della verità. Se il caso Palamara ha consentito di far luce sui profili organizzativi della giustizia penale con riguardo all’intreccio tra magistrati e politici nell’area delicatissima delle nomine dei capi degli uffici, il pastic- ciaccio brutto ora venuto a galla apre la visuale su un fronte ancor più rilevante: quello che riguarda i modi di procedere nell’accertamento dei reati. E fa toccare con mano lo stravolgimento della legalità processuale. Si viene infatti a scoprire l’uso di canali in- vestigativi estranei ai percorsi dettati dalla legge. Come se i magistrati potessero gestire una procedura in forma tutta privata, funzionale alla tutela di interessi che nulla hanno da spartire con quelli sottostanti le norme dei codici.

Una prima riflessione investe gli atti che sono al centro dell’intera vicenda. Le carte processuali che riproducono gli interrogatori resi dall’avv. Amara – a quanto pare nella veste di un pentito di criminalità economica – non sono veri e propri verbali.

Stando a quanto riferiscono le cronache, la riproduzione delle dichiarazioni rese dal legale non è accompagnata dalla sua sottoscrizione, né da quella dei magistrati che gli

7.5.2021

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hanno rivolto le domande. Si tratta dunque di bozze, prive dei requisiti che rendono gli atti del processo degni di fede, circostanza, questa, che ne mette in evidenza la forte anomalia. La loro divulgazione integra quindi non solo la violazione del segreto inve- stigativo, già di per sé sancito dal divieto di pubblicazione posto dagli stessi inquirenti, ma prova anche l’uso di un prodotto cartaceo non finito, spurio, di cui solo il suo com- pilatore poteva essere in possesso. Ne viene fuori un doppio illecito: sono stati comu- nicati a terzi atti processuali segreti, per di più in una forma del tutto grezza che ha però acquisito efficacia certificativa in forza della dichiarazione fidefaciente di chi li ha redatti.

C’è poi una ulteriore patologia. La consegna degli atti a un autorevole compo- nente del CSM “per le vie brevi”, come si usa dire nel burocratese degli uffici ammi- nistrativi, non può certo equivalere ad un atto di impulso del controllo istituzional- mente demandato all’organo di autogoverno della magistratura. Quale che fosse il pro- posito perseguito con la consegna, è il suo carattere atipico a privarla di qualsiasi con- notato di legittimità. I conflitti tra magistrati appartenenti ad uno stesso ufficio giudi- ziario devono essere portati all’attenzione del CSM con atti formali, non con il dialogo e le strette di mano. Proprio la ricerca di una via underground rivela il ricorso a modi operativi dettati da esigenze personali.

Resta un terzo punto, che investe la posizione del CSM. Ha fatto benissimo il vicepresidente Ermini a respingere ogni tentativo di delegittimazione del Consiglio.

La difesa dell’indipendenza della magistratura va portata avanti con maggiore forza proprio nei momenti, come quello che stiamo attraversando, in cui potrebbero trovare spazio odiose strumentalizzazioni. C’è però una esigenza che non può essere disattesa.

Se sarà davvero accertato che le bozze di fonte milanese sono arrivate ai giornali da Palazzo dei Marescialli, si dovrà cercare di capire come mai chi all’interno del CSM ha avuto tra le mani quelle carte non abbia avvertito il dovere di farne una tempestiva discovery all’Ufficio di presidenza. In un organo di rango costituzionale l’imperativo della trasparenza non può mai essere lasciato nell’angolo.

Certo, l’intrigo dei «verbali volanti» colpisce al cuore le istituzioni giudiziarie e sollecita l’impegno di tutti per ridare piena credibilità al sistema giudiziario. È un bene comune di valore primario che non possiamo consentire sia dissipato in conseguenza di lotte intestine e pulsioni corporative. È giunto il momento per la magistratura di chiedere l’aiuto di tutti i laici che operano per rendere effettiva e autorevole la giuri- sdizione. I chierici con la toga non possono superare da soli l’isolamento in cui sempre più inesorabilmente finiscono oggi per precipitare.

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