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Discrimen » Il reato ambientale

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Il reato ambientale

Tipicità, offensività, antigiuridicità, colpevolezza

Costanza Bernasconi

C . B er n as co n i Il r ea to a m b ie n ta le

I

l reato ambientale presenta una fisionomia del tutto particola- re. Basti pensare che la gran parte delle fattispecie incrimina- trici previste dalla sconfinata normativa di settore è costituita da illeciti contravvenzionali, mentre poche e residuali sono le ipo- tesi delittuose. Da qui l’interesse per una dogmatica del reato am- bientale, che faccia vivere i fondamentali principi del diritto pe- nale (legalità, offensività e colpevolezza) nelle categorie del fatto tipico, dell’antigiuridicità e della colpevolezza, senza con ciò tra- scurare l’obiettivo di una tutela efficace. Lo studio coglie le rica- dute applicative che discendono dall’analisi strutturale del reato ambientale e tratteggia, de lege ferenda, proposte di razionalizza- zione delle tecniche normative.

Costanza Bernasconi è ricercatore confer- mato nell’Università di Ferrara.

ETS Edizioni ETS

Temi e problemi del diritto

STUDI

discipline penalistiche Criminalia

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Marcello Clarich, Aurelio Gentili, Fausto Giunta, Mario Jori, Michele Taruffo

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Costanza Bernasconi

Il reato ambientale

Tipicità, offensività, antigiuridicità, colpevolezza

Edizioni ETS

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PDE, Via Tevere 54, I-50019Sesto Fiorentino [Firenze]

ISBN 978-884672136-5

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a mio padre

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Capitolo primo

L’ATTUALE VOLTO DELL’ILLECITO PENALE AMBIENTALE.

L’ESPERIENZA LEGISLATIVA ITALIANA

1. L’illecito penale ambientale tra concezioni ed istanze contrapposte 1 2. L’evoluzione del diritto penale dell’ambiente: dall’assenza di una normativa

anti-inquinamento all’«inquinamento normativo» della materia 4

3. L’ambiente come bene giuridico avente dignità costituzionale 9

4. La tutela dell’ambiente come bene finale: la rivalutazione della concezione

antropocentrica 15

5. Il rinvio al diritto amministrativo come caratteristica del diritto penale

ambientale italiano 21

6. La natura prevalentemente contravvenzionale dell’illecito posto a tutela

dell’ambiente 32

Capitolo secondo

LA TIPICITÀ DEL REATO AMBIENTALE

1. La classificazione dei reati ambientali sotto il profilo della tecnica di

tipizzazione 37

2. Le fattispecie incentrate sull’inosservanza della disciplina extrapenale 40 2.1. Il rinvio a enunciati normativi di pari grado. A proposito

di determinatezza e conoscibilità del divieto penale 44

2.2. Il rinvio a fonti subordinate sotto il profilo della riserva di legge 50 3. Le fattispecie incentrate sulla violazione dei limiti tabellari 59

3.1. La natura delle soglie 61

3.2. La determinazione e l’aggiornamento dei limiti tabellari 64

3.3. L’uso (inedito) delle soglie nella nuova fattispecie di contaminazione ambientale

70

4. L’ancoraggio della tipicità penale all’assenza del provvedimento

amministrativo autorizzativo. L’autorizzazione come elemento descritto

per il tramite di un elemento normativo 75

5. I reati ambientali che consistono nella violazione del contenuto prescrittivo di un provvedimento amministrativo. Il modello ingiunzionale e la riserva di legge

83

6. 6. L’apporto delle fonti comunitarie alla descrizione del tipo 96

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6.1. Il contributo indiretto 98

6.2. Gli imput normativi diretti di penalizzazione 111

7. Il modello solo parzialmente sanzionatorio: una fattispecie volta a

sanzionare la criminalità ambientale «strutturata» 114

Capitolo terzo

L’OFFENSIVITÀ DEL REATO AMBIENTALE E L’ANTICIPAZIONE DELLA SOGLIA DI PUNIBILITÀ

1. L’anticipazione della tutela nella materia ambientale 119

2. L’utilizzo dei reati di pericolo astratto tra tutela di funzioni amministrative

e tutela mediata di beni giuridici finali 125

3 . Le condizioni di compatibilità con il principio di offensività 132

3.1. Il pregiudizio potenziale per il bene giuridico finale 139

3.2. Il rango del bene finale tutelato 146

3.3. Le difficoltà di accertamento del nesso causale e del pericolo concreto 147

3.4. L’adeguata tipizzazione della condotta di reato 151

4. I possibili scarti tra conformità al tipo e reale pericolosità della condotta 153

4.1. Il ricorso all’art. 49, comma secondo, c.p. 155

4.2. L’interpretazione teleologica della fattispecie. In particolare:

la valorizzazione della cornice empirico-criminologica 160

4.3. La conversione del pericolo astratto in pericolo concreto 164

4.4. L’inversione dell’onere della prova 164

Capitolo quarto

L’ANTIGIURIDICITÀ NEL REATO AMBIENTALE

1. Le fattispecie incentrate sull’assenza della prescritta autorizzazione: il ruolo

dell’atto amministrativo tra tipicità ed antigiuridicità 169

2. Le possibili ricadute applicative della distinzione tra autorizzazione operante come elemento negativo del fatto e autorizzazione assimilabile ad una causa

di giustificazione 175

3. Spunti per una soluzione del problema nella materia ambientale 177 4. I riflessi dell’illegittimità del provvedimento amministrativo elemento di

fattispecie sulla sussistenza del reato 182

5. Il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti mediante

ordinanze contingibili e urgenti 194

6. Le fattispecie incentrate sul superamento di limiti tabellari: soglie come

elementi del fatto tipico e soglie attinenti all’antigiuridicità 198

(11)

Capitolo quinto

LA COLPEVOLEZZA NEL REATO AMBIENTALE

1. L’elemento soggettivo nei reati ambientali 203

2. La rilevanza del caso fortuito. In particolare: il guasto tecnico 204 3. La problematicità delle ipotesi di errore e di ignoranza che caratterizza le

fattispecie in materia ambientale 207

4. Il ruolo del «dovere di informazione» nella valutazione del carattere scusabile

dell’ignoranza- errore sul precetto 209

5. L’errore indotto dalla pubblica autorità 214

6. La casistica relativa alle fattispecie incentrate su provvedimenti amministrativi autorizzativi nel dibattito dottrinale e nella prassi giurisprudenziale 220

6.1. L’errore sull’obbligatorietà dell’autorizzazione 220

6.2 L’errore sulle norme amministrative che regolano la validità ed il rilascio

degli atti autorizzativi 223

6.3 L’errore sull’estensione degli atti autorizzativi 225

6.4 L’errore sul contenuto del provvedimento autorizzativo 226

7. L’errore inevitabile sull’illiceità penale (ma non amministrativa) del fatto 228 8. Le fattispecie incentrate su limiti tabellari e l’errore sulle soglie 231

9. L’elemento soggettivo nelle ipotesi delittuose 234

10. L’efficacia selettiva del dolo specifico nel reato di cui all’art. 260 d.lg. 152

del 2006 235

Capitolo sesto

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

1. L’affinamento della tecnica di descrizione dell’illecito ambientale 237

2. Verso la creazione di un codex ambientale? 241

3. L’incremento di offensività del reato ambientale: la previsione di meccanismi di degradazione dell’illecito penale e le ipotesi di progressione offensiva 242 4. La possibile qualificazione delittuosa di talune incriminazioni 246 5. Il destino delle fattispecie incentrate su provvedimenti autorizzativi 248 6. L’indifferibile introduzione di una responsabilità da reato delle persone

giuridiche per gli illeciti ambientali 249

7. Il necessario rafforzamento del sistema sanzionatorio attraverso la

diversificazione degli strumenti punitivi 251

BIBLIOGRAFIA 257

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L’ATTUALE VOLTO DELL’ILLECITO PENALE AMBIENTALE.

L’SPERIENZA LEGISLATIVA ITALIANA

SOMMARIO: 1. L’illecito penale ambientale tra concezioni ed istanze contrapposte. − 2. L’evoluzione del diritto penale dell’ambiente: dall’assenza di una normativa anti-inquinamento all’«inquinamento normativo» della materia. − 3. L’ambiente come bene giuridico avente dignità costituzionale. − 4. La tutela dell’ambiente come bene finale: la rivalutazione della concezione antropocentrica. − 5. Il rinvio al diritto amministrativo come caratteristica del diritto penale ambientale italiano. − 6. La natura prevalentemente contravvenzionale dell’illecito posto a tutela dell’ambiente.

1. L’illecito penale ambientale tra concezioni ed istanze contrapposte

Il tema della tutela dell’ambiente ha da tempo assunto rilevanza ed attenzione crescenti tanto nella coscienza collettiva quanto in ambito giuridico.

Come è noto, infatti, negli ultimi decenni la minaccia ecologica ha assunto dimensioni un tempo sconosciute sia per qualità sia per quantità. La rilevazione di questo dato ha indotto, come logica conseguenza, i legislatori dei diversi Paesi ad adottare misure, variamente congeniate, per la prevenzione e la repressione delle offese alle risorse naturali. L’ambiente ha, in altre parole, progressivamente acquisito dignità di autonomo bene giuridico, di pari passo con il consolidarsi della convinzione in merito alla necessità e meritevolezza di una sua protezione. Graduale è stata, altresì, l’emersione dell’esigenza di predisporre una disciplina penale in questo peculiare settore, anche se a tutt’oggi non parrebbe esservi più alcun dubbio sulla circostanza che la tutela dell’ambiente rientri a pieno titolo tra i compiti del diritto penale1.

Il vero puctum dolens concerne, piuttosto, l’individuazione dello spazio da riservare in subiecta materia al diritto penale e delle modalità di costruzione delle

1 F. GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di normazione nel diritto penale dell’ambiente, in Riv. trim. dir. pen.

econ., 2002, 845. Per una recente esplicita presa di posizione in questo sensosi veda la Relazione al Disegno di legge recante: “Disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della relativa disciplina”, approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 24 aprile 2007.

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relative incriminazioni. Due istanze contrapposte, infatti, parrebbero negli ultimi tempi avere scatenato in questa materia un vero e proprio cortocircuito nell’ambito della scienza penalistica. Da un lato vi è chi auspica un congedo dal diritto penale nel settore ambientale2, dall’altro lato, viceversa, vi è chi propugna un rafforzamento degli strumenti di tutela3.

La verità è che la regolamentazione dell’ambiente “ha posto il diritto in difficoltà da molti punti di vista, trovandolo impreparato di fronte a problemi che ne scardinavano consolidate certezze”4. Sicché, una corretta analisi delle problematiche afferenti a questo delicato campo e una proficua elaborazione di possibili direttrici di riforma non possono, a nostro avviso, non tenere conto di due dati fondamentali di partenza. Il riferimento è, in primo luogo, alla scarsa consapevolezza della rilevanza e della fisionomia del bene ambiente nel momento in cui il legislatore ha cominciato ad adottare i primi interventi normativi a difesa dello stesso. In secondo luogo, non si deve sottovalutare il peculiare procedimento di formazione progressiva della legislazione in materia ambientale. Il sinergico operare di siffatte due circostanze ha, invero, ostacolato per lungo tempo ogni tentativo di elaborazione sistematica della materia, favorendo, per converso, la diffusione di formule tralatizie che, almeno in

2 Tra gli altri, F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, Milano, 2002, in particolare 419 ss. Per un quadro di sintesi delle possibili articolazioni di siffatta prospettiva cfr., da ultimo, L. SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente. Bene giuridico e tecniche di incriminazione, Milano, 2007, 39 ss. Anche nell’ambito dell’ordinamento tedesco una parte della dottrina da tempo auspica l’abrogazione delle fattispecie incriminatici poste a tutela di beni collettivi. In merito a tale dibattito cfr. già W. HASSEMER, Grundlinien einer personalen Rechtsgutslehre, in Jenseits des Funktionalismus, a cura di L. PHILIPPS, H. SCHOLLER, Heidelberg, 1989, 93; O. HOHMANN, Das Rechtsgut der Umweltdelikte.

Grenzen des strafrechtlichen Umweltschutzes, Frankfurt am Main, Bern, New York, Paris, 1991, 188; W.

HASSEMER, Kennzeichen und Krisen des modernen Strafrechts, in ZRP, 1992, 378; O. HOHMANN, Von der Konsequenzen einer personalem Rechtsgutsbestimmung im Umweltstrafrecht, in GA, 1992, 76; W. HASSEMER, Produktverantwortung im modernen Strafrecht, Heidelberg, 1996, 22. Per talune osservazioni critiche nei confronti di siffatta impostazione v., però, C. E. PALIERO, L’autunno del patriarca. Rinnovamento e trasmutazione del diritto penale dei codici?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, 1249; G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Diritto penale ‘minimo’ e nuove forme di criminalità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 813 ss.

3 Nella dottrina italiana più recente manifesta perplessità nei confronti dell’estromissione del diritto penale dal settore della tutela ambientale G. COCCO, Beni giuridici funzionali versus bene giuridico personalistico, in Studi in onore di G. Marinucci, I, Milano, 2006, 181 ss. A favore di un rafforzamento della tutela penale nel settore de quo, da ultimo, A. MANNA, V. PLANTAMURA, Una svolta epocale per il diritto penale ambientale italiano?, in Dir. pen. proc., 2007, 1075 ss. Nella dottrina tedesca auspicano l’elaborazione di un più efficiente diritto penale dell’ambiente, tra gli altri, B. SCHÜNEMANN, Kritische Anmerkungen zur geistigen Situation der deutschen Strafrechtswissenschaft, in GA, 1995, 209; C. ROXIN, I compiti futuri della scienza penalistica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 5.

4 M. TALLACCHINI, Diritto per la natura. Ecologia e filosofia del diritto, Torino, 1996, 185.

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alcuni casi, non corrispondono più al volto attuale del più recente diritto penale dell’ambiente.

Dal punto di vista fenomenologico, poi, è necessario considerare che l’impulso incessante e irresistibile allo sviluppo scientifico e tecnico ha innescato “la forma più incredibile di dominio e trasformazione della natura”5, sì da comportare “non solo una distruzione e un consumo sempre più massicci delle risorse naturali, ma anche un aumento della complessità tecnologica e, con essa, una diminuzione verticale della capacità di controllare i rischi di disastri, proprio a causa di questa complessità”6. Da qui si spiega anche l’instaurarsi di una dialettica frenetica tra le istanze di garanzia proprie del diritto penale, che spingono verso la creazione di illeciti conformi al canone dell’offensività, e le nuove frontiere della “precauzione”7, le quali, viceversa, parrebbero orientare i paradigmi di tutela verso forme sempre più arretrate ed anticipate8. L’illecito penale ambientale parrebbe, in sintesi, incarnare emblematicamente uno di quei settori con riferimento ai quali si allude ad una “difficile scommessa da giocare”, tra “l’ossequio tributato al «diritto penale classico» e l’apertura verso gli sviluppi della «modernità» (o postmodernità)”9.

Occorre, dunque, prendere le mosse dall’insieme di questi dati, tra di loro disomogenei, da un lato, per capire se e in quale misura l’attuale diritto penale ambientale si sia modificato rispetto alle sue prime forme di manifestazione a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, nonché, dall’altro lato, per verificare se sia possibile costruire, anche alla luce dell’esperienza maturata in altri ordinamenti, un modello di illecito penale ambientale in grado di coniugare e contemperare le forze centrifughe che parrebbero oggi minarne sotto diversi profili la credibilità e l’efficacia. L’impressione che trasmette l’analisi dell’attuale diritto penale dell’ambiente è quella di un sistema che in larga misura stenta a

5 H. JONAS, Sull’orlo dell’abisso. Conversazioni sul rapporto tra uomo e natura, trad. it. a cura di A.

PATRUCCO BECCHI, Torino, 2000, 6.

6 G. FORTI, Tutela ambientale e legalità: prospettive giuridiche e socio-culturali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 1358.

7 La letteratura sul punto è ormai sconfinata; ci si limita in questa sede a ricordare, per tutti e di recente: G. FORTI, “Accesso” alle informazioni sul rischio e responsabilità: una lettura del principio di precauzione, in Criminalia, 2006, 155 ss.; F. GIUNTA, Il diritto penale e le suggestioni del principio di precauzione, ivi, 2006, 227 ss.; C. RUGA RIVA, Principio di precauzione e diritto penale. Genesi e contenuto della colpa in contesti di incertezza scientifica, in Studi in onore di G. Marinucci, I, Milano, 2006, 1743 ss.; G. FORTI, La «chiara luce della verità» e «l’ignoranza del pericolo». Riflessioni penalistiche sul principio di precauzione, in Scritti per Federico Stella, Napoli, 2007, I, 573 ss.

8 Sul tema v. L. STORTONI, Angoscia, tecnologia ed esorcismo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 71 ss.

9 G. DE FRANCESCO, Programmi di tutela e ruolo dell’intervento penale, Torino, 2004, 11.

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mettere a fuoco e a ritagliare forme insidiose di aggressione al bene protetto, che parrebbero oscurate dallo schermo diffuso di un’ipertrofica proliferazione di microincriminazioni10. Ne consegue in molti casi una fisiologica incapacità delle previsioni esistenti di fronteggiare i fenomeni che intendono combattere, con l’effetto di provocarne la bagatellizzazione11.

Un’opera di ripensamento dell’illecito penale in materia ambientale deve, dunque, necessariamente muovere dall’analisi della struttura delle fattispecie incriminatrici vigenti nella materia de qua per individuarne punti di forza e profili di criticità. Stimolanti spunti di riflessione ci sembra, peraltro, che possano derivare anche da una lucida analisi delle novità, di carattere per lo più rapsodico e settoriale, che il diritto penale degli ultimi anni ha comunque saputo registrare.

2. L’evoluzione del diritto penale dell’ambiente: dall’assenza di una normativa anti-inquinamento all’«inquinamento normativo» della materia

La locuzione “diritto penale ambientale” è relativamente recente nel linguaggio giuridico. Infatti, fino alla metà degli anni sessanta circa, mancava nel nostro ordinamento una specifica organica normativa ambientale ed il punto di riferimento privilegiato dal punto di vista sanzionatorio era costituito dal Codice penale; quest’ultimo, tuttavia, sorto in un contesto socio-politico completamente diverso da quello attuale, non conteneva alcuna norma incriminatrice che assumesse esplicitamente e direttamente a oggetto della propria tutela il bene giuridico ambiente. Tale circostanza non ha comunque impedito che talune fattispecie codicistiche venissero utilizzate −−−− in un primo tempo in via esclusiva ma tuttora in alcuni casi in via concorrenziale con la normativa di settore −−−− a fini ambientalisti12. Solo per fare alcuni esempi e senza alcuna pretesa di completezza, si pensi ai reati di incendio (art. 423 c.p.), avvelenamento di acque o di sostanze alimentari (art. 439 c.p.), diffusione di una malattia delle piante o degli animali (art. 500 c.p.), danneggiamento (art.

635 c.p.), inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità (art. 650 c.p.), disturbo

10 Svolge riflessioni di analogo tenore, sia pure con riferimento più ampio ai reati posti a tutela di beni funzionali, G. COCCO, Beni giuridici funzionali versus bene giuridico personalistico, cit., 176.

11 G. COCCO, op. ult. cit., 177.

12 Sul punto cfr., amplius, A. BERNARDI, La tutela penale dell’ambiente in Italia: prospettive nazionali e comunitarie, in Annali dell’Università di Ferrara, Saggi, IV, Ferrara, 1997, 47 ss.; F. GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di normazione nel diritto penale dell’ambiente, cit., 857.

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delle occupazioni e del riposo delle persone (art. 659 c.p.), getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.), distruzione o deturpamento di bellezze naturali (art. 734 c.p.) 13.

Sennonché, anche quando ha incominciato a svilupparsi in Italia una vera e propria legislazione ambientale, a differenza di quanto avvenuto in altri ordinamenti, per lungo tempo nessuna delle nuove figure di reato contro l’ambiente è stata collocata all’interno del codice penale. Considerazioni di vario tipo hanno finito per giocare un ruolo fondamentale a favore della soluzione extracodicistica, che, peraltro, parrebbe la meno idonea a sottolineare l’importanza primaria dei beni coinvolti ed a porre in mostra il coefficiente di disvalore delle aggressioni all’ambiente14; senza trascurare, inoltre, che siffatta soluzione non riesce in alcun modo ad arginare la tentazione del legislatore medesimo di inserire nuove fattispecie penali nelle più disparate leggi di settore.

A favore della soluzione extracodicistica vengono, comunque, addotte considerazioni di diverso genere, quali, in particolare, il necessario collegamento funzionale e sistematico tra norma penale e disciplina extrapenale, nonché la fisiologica mutevolezza della realtà extranormativa di riferimento, che potrebbe ripercuotersi negativamente sulla stabilità della disciplina codicistica medesima.

Nondimeno, l’eventuale inserimento delle fattispecie penali ambientali (o quantomeno di alcune fondamentali fattispecie a carattere generale) all’interno, anziché fuori dal codice, costituisce un’idea tutt’altro che abbandonata, come testimoniato dalle diverse proposte di riforma che nel corso degli anni si sono succedute in questa direzione15. A titolo meramente esemplificativo si pensi agli articoli 102 e 103 dello Schema di delega legislativa al Governo per l’emanazione di un nuovo codice penale presentato nel 1992 dalla Commissione Pagliaro16. Più di recente, ci si limita a ricordare il disegno di

13 Per un esame delle principali fattispecie codicistiche a tutela dell’ambiente cfr., tra gli altri, i commenti agli artt. 423 bis, 424, 500, 635, 650, 659, 674, 734 di P. POMPEI, R. GUERRINI, D. GUIDI, P. PIRAS, R. LOTTONI, C. PAONESSA, in Codice dei reati e degli illeciti ambientali, a cura di F. GIUNTA, Padova, 2007, 1663 ss.

14 In questo senso espressamente A. BERNARDI, La tutela penale dell’ambiente in Italia, cit., 57.

15 Per un quadro di sintesi relativo ad alcune proposte di riforma, E. LO MONTE, Diritto penale e tutela dell’ambiente. Tra esigenze di effettività e simbolismo involutivo, Milano, 2004, 335 ss.

16 L’art. 102 dello Schema recita: “1. Prevedere il delitto di alterazione dell’ecosistema, consistente nel fatto di chi, effettuando scarichi, immissioni di sostanze o energie ovvero emissioni di suoni e rumori in violazione dei limiti di accettabilità fissati secondo la legge, contribuisce a determinare una alterazione della composizione o dello stato fisico dell’ambiente. 2. Prevedere come circostanza

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legge 3960 presentato nel 1999 per la riforma del diritto penale ambientale, che prevedeva l’introduzione nel codice penale del Titolo VI bis, contenente, appunto, i “Delitti contro l’ambiente”17, nonché, da ultimo, l’analogo disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 24 aprile 200718.

A ciò si aggiunga la circostanza che il legislatore parrebbe effettivamente avere già intrapreso qualche timido passo verso l’inserimento di fattispecie poste a tutela dell’ambiente all’interno del codice penale, sia pure attraverso interventi puntiformi. Ci si riferisce, in particolare, all’introduzione, ad opera del d.l. 4 agosto 2000, n. 220, convertito in l. 6 ottobre 2000, n. 353, nel titolo VI del codice penale (“Dei delitti contro l’incolumità pubblica”) del reato di incendio boschivo (art. 423 bis). Tale fattispecie, infatti, nonostante la

aggravante l’essere l’alterazione atta ad offendere la salute collettiva. 3. Configurare il fatto anche come delitto colposo”.

L’art. 103 dispone: “Prevedere le contravvenzioni: dell’inquinamento ambientale, consistente nel fatto di chi effettua scarichi o immissioni di sostanze od energie ovvero emissioni di suoni o rumori in violazione dei limiti di accettabilità fissati secondo la legge; b) dell’esercizio abusivo di attività di ricerca, consistente, se il fatto non costituisce più grave reato, nello svolgimento di attività di ricerca o sperimentali senza le autorizzazioni prescritte o in violazione delle medesime, ovvero non osservando le norme di sicurezza ovvero sottraendosi ai prescritti controlli”.

Il testo completo del suddetto Schema di delega legislativa può essere consultato ne L’Indice pen., 1992, 579 ss. Per talune osservazioni in merito agli articoli in esame v. A. MANNA, Realtà e prospettive della tutela penale dell’ambiente in Italia, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1999, 863 ss.

17 Il disegno di legge 3960 del 1999 suggeriva l’introduzione nel titolo VI bis del codice penale degli articoli: 452-bis (Inquinamento ambientale), 452-ter (Distruzione del patrimonio naturale), 452-quater (Traffico illecito di rifiuti), 452-quinquies (Frode in materia ambientale), 452-sexies (Circostanza aggravante per i reati commessi da un associato per delinquere),452-septies (Ravvedimento operoso), 452-octies (Delitti colposi contro l’ambiente), 452-nonies (Pene accessorie).

18 Si tratta del disegno di legge recante “Disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente. Delega al governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della relativa disciplina”. Sul punto amplius A. MANNA, V. PLANTAMURA, Una svolta epocale per il diritto penale ambientale italiano?, cit., 1075 ss. Anche in questo caso il disegno di legge prevede l’introduzione all’interno del codice penale di un nuovo titolo, il VI bis, rubricato Delitti contro l’ambiente, contenente le seguenti disposizioni: art. 452-bis (Inquinamento ambientale), art. 452-ter (Danno ambientale. Pericolo per la vita o l’incolumità personale), art. 452-quater (Disastro ambientale), art. 452-quinquies (Alterazione del patrimonio naturale, della flora e della fauna), art. 452-sexies (Circostanze aggravanti), art. 452-septies (Traffico illecito di rifiuti), art. 452-octies (Traffico di materiale radioattivo o nucleare. Abbandono), art. 452-nonies (Delitti ambientali in forma organizzata), art. 452-decies (Frode in materia ambientale), art. 452-undecies (Impedimento al controllo), art. 452-duodecies (Delitti colposi contro l’ambiente), art.

452-terdecies (Pene accessorie. Confisca), art. 452-quaterdecies (Bonifica e ripristino dello stato dei luoghi), art. 452- quinquiesdecies (Ravvedimento operoso), art. 452-sexiesdecies (Causa di non punibilità), art. 498-bis (Danneggiamento delle risorse economiche ambientali). Sul disegno di legge de quo v. A. L. VERGINE, Sui

«nuovi» delitti ambientali e sui «vecchi» problemi delle incriminazioni ambientali (parte prima), in Ambiente – Sviluppo, 2007, 667 ss.; ID., Sui «nuovi» delitti ambientali e sui «vecchi» problemi delle incriminazioni ambientali (parte seconda), ivi, 777 ss.

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suaccennata collocazione sistematica della stessa, parrebbe effettivamente essere volta alla tutela del bene ambiente19, oltre e prima ancora che alla tutela dell’incolumità pubblica. Siffatta interpretazione sembrerebbe, del resto, confermata dalla previsione di un’ipotesi aggravata, contemplata dal quarto comma della disposizione in oggetto, in forza della quale “le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente”.

A tutt’oggi, comunque, la normativa penale finalizzata alla tutela dell’ambiente risulta, per lo più scissa in una pluralità di testi specialistici extra codicem, in cui si assiste, di regola, ad una settorializzazione della tutela sulla base delle diverse componenti ambientalistiche. In misura ancora tutt’altro che trascurabile, nonostante che nel 2006 – come noto – sia entrato in vigore il c.d.

Codice dell’ambiente (d.lg. 152 del 2006), gli illeciti penali ambientali vengono faticosamente individuati all’interno di un vasto, complesso e disorganico insieme di norme, in buona sostanza concretamente noto solo agli esperti del settore20. In tale prospettiva si comprende come l’obiettivo perseguito dal d.lg.

152 del 2006 sia stato in primis proprio quello di semplificare e razionalizzare siffatto corpo normativo, al fine di garantire “una più efficace tutela in materia ambientale anche mediante il coordinamento e l’integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale, fermi restando i limiti di pena e l’entità delle sanzioni amministrative già stabiliti dalla legge”21. Da qui sono scaturiti il riordino e la riconduzione ad un unico testo normativo delle materie indicate dall’art. 1 del medesimo decreto legislativo, vale a dire, oltre alle procedure di valutazione dell’impatto ambientale, la difesa del suolo, la tutela delle acque, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera.

Tuttavia ci si trova ancora molto lontani dal poter parlare di un vero e proprio testo unico. Troppe, e troppo importanti, le materie che mancano all’appello. Rimangono fuori dal decreto legislativo de quo gli illeciti penali posti a tutela di componenti ambientali diverse da quelle espressamente indicate alla

19 In questo senso S. CORBETTA, Il nuovo delitto di «incendio boschivo»: (poche) luci e (molte) ombre, in Dir.

pen. e proc., 2000, 1175; F. NUZZO, Prime applicazioni della norma sull’incendio boschivo (art. 423-bis c.p.), in Cass. pen., 2002, 596.

20 Sulle caratteristiche evidenziate della legislazione in materia ambientale cfr., di recente, F.

FONDERICO, La codificazione del diritto dell’ambiente in Italia: modelli e questioni, in Riv. trim. dir. pub., 2006, 613 ss.

21 Art. 1, comma 8, lett. i), l. 308 del 2004. Sul punto cfr. amplius, A. POSTIGLIONE, Il nuovo testo unico in materia ambientale: un quadro generale, in Dir. giur. agr. amb., 2006, 213 ss.

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voce “campo di applicazione”22. A ciò si aggiunga, inoltre, che anche in relazione alle materie confluite nell’ambito del d.lg. 152 del 2006 continuano a sopravvivere al di fuori dello stesso ulteriori previsioni sanzionatorie di carattere penale. A titolo meramente esemplificativo si pensi che, per quanto, come anticipato, la materia afferente alla gestione dei rifiuti sia disciplinata dalla parte quarta del decreto e nell’ambito della stessa sia prevista una specifica fattispecie incriminatrice volta a sanzionare la realizzazione e la gestione di discariche abusive, esiste al di fuori del medesimo decreto legislativo un intero testo normativo, tuttora in vigore e richiamato dal d.lg. 152 del 200623, che disciplina la fase operativa degli impianti di discarica24. Ebbene, all’interno del predetto testo sono previste ulteriori e specifiche ipotesi di reato, volte a sanzionare l’inosservanza delle procedure di ammissione dei rifiuti in discarica, le quali, peraltro, individuano tuttora la sanzione applicabile mediante rinvio ad alcune disposizioni dell’abrogato decreto Ronchi25, con tutti gli evidenti problemi che una tecnica normativa di questo tipo può sollevare sotto il profilo della determinatezza della fattispecie incriminatrice e della relativa previsione sanzionatoria26.

Il quadro normativo, dunque, si è indubbiamente semplificato, ma rimane estremamente complesso, tanto che da più parti si è parlato, appunto, di un vero e proprio “inquinamento normativo” che ormai, paradossalmente, affligge la materia ambientale27. La legislazione sviluppatasi negli ultimi decenni in Italia

22 Si pensi, senza alcuna pretesa di esaustività, agli illeciti a tutela dei beni culturali e del paesaggio (disciplinati dal d.lg. 42 del 2004), agli illeciti penali relativi all’inosservanza delle disposizioni in materia edilizia (contemplati dal d.P.R. 380 del 2001), agli illeciti penali posti a tutela delle specie animali e vegetali protette (previsti dalla l. 150 del 1992), o, ancora gli illeciti volti a contrastare peculiari forme di inquinamento (si pensi ai reati che si concretizzano nell’inosservanza delle norme sull’impiego pacifico dell’energia nucleare, ai sensi della l. 1860 del 1962). Rimangono, altresì, al di fuori del testo unico illeciti punitivi, sia pure non penali, in tema di inquinamento elettromagnetico e acustico. Precisazioni in merito all’oggetto della delega ambientale e all’individuazione delle materie escluse dalla predetta delega cfr. A. POSTIGLIONE, Il nuovo testo unico in materia ambientale, cit., 213 ss.

23 Cfr. art. 182, comma 7, d.l.g. 152 del 2006.

24 Si tratta, per la precisione, del d.lg. 36 del 2003 (“Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche”).

25 Art. 16, d.lg. 36 del 2003.

26 Sul punto cfr., infra, cap. II, §§ 2 ss.

27 In questo senso, per tutti, G. AMENDOLA, Con i reati ambientali nel codice penale una difesa dall’inquinamento normativo, in Guida al diritto, 1999, n. 16, 13 ss. Rilevano come il fenomeno dell’inflazione normativa in materia ambientale sia un dato riscontrabile non solo nell’ordinamento interno, ma comune anche ai livelli di produzione normativa comunitaria e, in genere, internazionale B. CARAVITA, A. MORRONE, L’organizzazione costituzionale e l’ambiente, in Le fonti del diritto italiano. Codice

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ha, infatti, seguito impostazioni spesso non coordinate tra loro e ha risposto con approssimazione ed affanno a domande pressanti imposte dall’emergenza28. Con la conseguenza, però, che disciplinando “troppo” la materia29, il legislatore ha ottenuto poco o nulla in termini di efficacia della tutela. La sensazione è che l’enorme mole di illeciti serva solo “a suscitare l’impressione di una certa sensibilità alla questione ecologica”30.

3. L’ambiente come bene giuridico avente dignità costituzionale

Il carattere relativamente recente della legislazione in materia ambientale ha fatto sì che la nozione giuridica di ambiente costituisca ancora oggi un problema aperto, anche perché il concetto di ambiente rilevante per un ramo dell’ordinamento giuridico non necessariamente coincide con il concetto di ambiente rilevante per un’altra branca dello stesso31. Sicché, la ricostruzione organica del significato che il legislatore italiano ha inteso dare all’ambiente

dell’ambiente, a cura di S. NESPOR, A. L. DE CESARIS, Milano, 1999, 114. Nella dottrina spagnola, per analoghe considerazioni, v. J. C. SESSANO GOENAGA, La protección penal del medio ambiente. Peculiaridades de su tratamiento jurídico, in Revista Electrónica de Ciencia Penal y Criminología, 2002, RECPC 04-11, 6 ss.

28 Sul punto S. GRASSI, L’ambiente come problema istituzionale, in Lo stato delle istituzioni italiane.

Problemi e prospettive, Milano, 1994, in particolare 610.

29 Così anche L. SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente, cit., 471.

30 L. SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente, cit., 472. Sottolinea analogo fenomeno nell’ambito dell’ordinamento spagnolo J. M. PRATS CANUT, De los delitos contra los recursos y el medio ambiente, in Comentarios al Nuevo Código Penal, a cura di G. QUINTERO OLIVARES, Pamplona, 1996, 1507.

31 Senza dimenticare che, come rilevato (F. GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in Italia: tutela di beni o tutela di funzioni, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 1100), già nel linguaggio comune il termine ambiente è polisenso. Sul concetto di bene ambientale nell’ordinamento tedesco cfr., per tutti, O.

TRIFFTERER, Umweltstrafrecht, Baden-Baden, 1980, 23 ss.; O. HOHMANN, Das Rechtsgut der Umweltdelikte, cit., in particolare 179 ss.; M. KLOEPFER, H. VIERHAUS, Umweltstrafrecht, München, 2002, 11 ss.; R.

SCHMITZ, Vor §§ 324 ff., in Münchener Kommentar zum Strafgesetzbuch, Band 4, München, 2006, 1550 ss.;

P. CRAMER, G. HEINE, Vor §§ 324 ff., in A. SCHÖNKE, H. SCHRÖEDER, Strafgesetzbuch Kommentar, München, 2006, 2644. Nella dottrina spagnola cfr. tra gli altri, C. CONDE-PUMPIDO TOURÓN, Introduccion al delito ecologico, in El delito ecologico, a cura di J. TERRADILLOS BASOCO, Madrid, 1992, 16 ss.;

I. BERDUGO GOMEZ DE LA TORRE, El medio ambiente como bien juridico tutelado, ivi, 41 ss.; N. J. DE LA

MATA BARRANCO, Protección penal del ambiente y accessoriedad administrativa. Tratamiento penal de comportamientos perjudiciales para el ambiente amparados en una autorización administrativa ilícita, Barcelona, 1996, 46 ss.

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quale oggetto di tutela giuridica costituisce, forse, il punto maggiormente problematico dell’intera materia32.

“Il termine ‘ambiente’ (…) indica un concetto tendenzialmente macroscopico e di difficile determinazione, che manifesta una intrinseca complessità strutturale dovuta, in particolare, al suo carattere poliedrico e multidimensionale”33. Tanto che, ad avviso di una parte della dottrina, “nel linguaggio normativo l’ambiente, per quanto di continuo evocato, non è definito né definibile”34. In altre parole, non sarebbe possibile individuare una nozione di ambiente che “sia apprezzabile in termini giuridici e che, nello stesso tempo, non risulti troppo generica, sfuggente e, quindi, sostanzialmente inutile”35.

Nondimeno, in ambito penale si comprende l’importanza di una rigorosa ricostruzione del concetto di ambiente come bene giuridico. Se, infatti, non si individua con precisione il referente finale dei reati in oggetto, non si potrà neppure verificare l’effettivo livello di anticipazione della tutela presente in ciascuna fattispecie, poiché, come noto, il punto di riferimento della distinzione tra reati di danno e reati di pericolo non può che essere rappresentato proprio dal bene giuridico36. L’afferrabilità del bene, più precisamente, è “il presupposto essenziale affinché le forme dell’aggressione al medesimo siano scolpite dal legislatore o ricavabili, entro i limiti in cui lo consente l’art. 25, 2°

comma, Cost., dall’interprete con un elevato grado di certezza”37.

Per una corretta impostazione della questione appare opportuno muovere da un dato ormai diffuso in quasi tutti gli ordinamenti giuridici contemporanei:

32 In argomento cfr., amplius e per tutti, E. CAPACCIOLI, F. DAL PIAZ, Ambiente (tutela dell’). Parte generale e diritto amministrativo, in Noviss. dig. it., App., I, Torino, 1980, 258; M. CICALA, Ambiente (tutela dell’). Diritto penale e Diritto processuale penale, ivi, 265; M. CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente.

Contributo all’analisi delle norme penali a struttura «sanzionatoria», Padova, 1996, 1 ss.

33 M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Milano, 2000, 1.

34 G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, 1996, II, 1123.

35 S. GRASSI, Presentazione al volume Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, di M. CECCHETTI, Milano, 2000, p. VII.

36 D. SANTAMARIA, Evento (diritto penale), in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 131; F. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983, 7 (nt. 18) e 67; G. GRASSO, L’anticipazione della tutela penale: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 691; A. DE VITA, I reati a soggetto passivo indeterminato. Oggetto dell’offesa e tutela processuale, Napoli, 1999, 84.

37 F. BRICOLA, Tecniche di tutela penale e tecniche alternative di tutela, in Funzioni e limiti del diritto penale, a cura di M. DE ACUTIS, G. PALOMBARINI, Padova, 1984, 29; ID., Carattere «sussidiario» del diritto penale e oggetto della tutela, in Studi in memoria di G. Delitala, I, Milano, 1984, 127. Su tale problematica cfr., altresì, F. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, cit., 187 ss.

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il riconoscimento dell’ambiente come interesse costituzionalmente rilevante.

Invero, fino alla modifica dell’art. 117 Cost., introdotta ad opera della l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, non esisteva alcuna disposizione nella nostra Costituzione −− −− così come nella massima parte delle Costituzioni varate in Europa fino all’inizio degli anni ‘7038−−−− che indicasse espressamente l’ambiente come oggetto diretto di protezione39. Tale circostanza risulta facilmente comprensibile se si pone mente al fatto che in quel periodo storico la necessità di tutelare siffatto valore non era ancora pienamente avvertita, sebbene alcuni articoli della Carta fondamentale già facessero riferimento a beni o qualità della persona strettamente connessi, appunto, con la problematica dell’ambiente.

Nondimeno, se nel nostro ordinamento la lacuna costituzionale ha costituito per lungo tempo il dato formale di partenza, essa non ha comunque impedito che dottrina e giurisprudenza intraprendessero progressivamente, già prima della summenzionata legge di riforma costituzionale, la ricerca di principi che potessero offrire comunque un fondamento ed una garanzia costituzionale alla sempre crescente domanda sociale di protezione dell’ambiente naturale40. In tale fase, come è stato rilevato41, “elaborazioni dottrinali e decisioni giurisprudenziali si sono unite in un’opera di autentica supplenza del legislatore”. Tuttavia, a differenza di quanto avvenuto in altri Paesi42, fin dalle

38 Sul punto cfr., amplius e per tutti, E. DOLCINI, G. MARINUCCI, Costituzione e politica dei beni giuridici, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, 348 ss., nonché, M. P. CHITI, Ambiente e Costituzione europea, in Ambiente e diritto, a cura di S. GRASSI, M.CECCHETTI, A. ANDRONIO, Firenze, 1999, I, 133 ss.

39 Anche il Trattato istitutivo della CEE ab origine non faceva alcun riferimento all’ambiente, ma la consapevolezza di dover tenere conto della qualità delle risorse naturali e delle condizioni di vita, nell’organizzazione dello sviluppo economico delle Comunità, indusse la CEE a tracciare le linee di un’azione comunitaria di tutela ambientale e contemporaneamente ad emendare il Trattato per introdurre una competenza in materia; fino a che, dopo l’approvazione dell’Atto Unico, è stato inserito nel Trattato il titolo VII dedicato all’ambiente.

40 Su tale problematica cfr., tra gli altri, F. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, cit., 196 ss.; M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, cit., 6 ss.

41 G. ALPA, Il diritto soggettivo all’ambiente salubre: ‘nuovo diritto’ o espediente tecnico?, in Ambiente e diritto, a cura di S. GRASSI, M. CECCHETTI, A. ANDRONIO, II, Firenze, 1999, 431.

42 Norme sulla tutela dell’ambiente naturale già da tempo erano, invece, state previste in testi costituzionali più recenti. Il riferimento è, ad esempio, all’art. 45 della Costituzione spagnola del 1978 (sul quale cfr., tra gli altri, I. BERDUGO GOMEZ DE LA TORRE, El medio ambiente como bien juridico tutelado, cit., in particolare 45 ss.; J. C. SESSANO GOENAGA, La protección penal del medio ambiente, cit., 14 ss.), all’art. 225, § 1, della Costituzione brasiliana del 1988 e all’art. 20a della Costituzione tedesca.

Per una visione di insieme in merito alla tutela offerta all’ambiente dai testi costituzionali dei diversi paesi cfr. S. PATTI, Ambiente (tutela dell’). V) Diritto comparato e straniero, in Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988, 2; G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, cit., 1126 ss.; G. CORDINI, Diritto ambientale comparato, Padova, 2002, 78 ss.

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fasi iniziali del dibattito non si è discusso in Italia sull’inserimento di una specifica norma nella Costituzione, quanto piuttosto si è cercato di individuare nel testo già vigente il possibile fondamento della tutela43. In tale prospettiva, si è ritenuto che il riconoscimento del bene ambiente potesse emergere, innanzitutto, dall’art. 2, in forza del quale “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, e dall’art. 9, comma 2, secondo cui “la Repubblica (...) tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”, se letti in combinazione con altre norme costituzionali e in particolare con l’art. 32, comma 1, che tutela “la salute come fondamentale diritto dell’individuo”. Tanto che le Sezioni unite della Corte di Cassazione, già nel 197944, affermarono che “il diritto alla salute piuttosto (e oltre) che un mero diritto alla vita e all’incolumità fisica si configura come diritto all’ambiente salubre”.

La Corte costituzionale ha iniziato ad occuparsi esplicitamente del bene ambiente solo negli anni ‘80, ma è presto pervenuta a riconoscere la natura di valore costituzionale dello stesso sulla base delle sequenze argomentative sopra ricostruite. È ormai costante nella giurisprudenza costituzionale il riferimento alle esigenze di protezione ambientale come ad un valore primario e fondante dell’ordinamento giuridico. Si tratterebbe di un “bene immateriale e unitario sebbene a varie componenti ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente o separatamente, oggetto di cura e di tutela; ma tutte, nell’insieme (…) riconducibili ad unità”45. La Corte ha, infatti, riconosciuto che la Costituzione, pur se rigida, è comunque capace di disciplinare realtà in evoluzione, talora neppure ipotizzabili ai tempi dell’Assemblea costituente46,

43 In argomento cfr., tra gli altri, D. BORGONOVO RE, Corte costituzionale e ambiente, in Riv. giur.

ambiente, 1989, 461 ss.; P. D’ADDINO SERRAVALLE, L’ambiente nell’esperienza giuridica, in Politica e legislazione ambientale, a cura di V. PEPE, Napoli,1996, 95; B. CARAVITA DI TORITTO, Costituzione, principi costituzionali e tecniche di normazione per la tutela dell’ambiente, in Ambiente e diritto, a cura di S.

GRASSI, M. CECCHETTI, A. ANDRONIO, Firenze, 1999, I, 175 ss.

44 Cass. civ., Sez. Un., 6 ottobre 1979, n. 5172, in Giur. it., 1980, I, 859 ss., con nota di S. PATTI, Diritto all’ambiente e tutela della persona, ivi.

45 Corte cost., 30 dicembre 1987, n. 641, in Giur. Cost., 1987, 3788. Sul punto cfr., tra gli altri, A.

POSTIGLIONE, Il recente orientamento della Corte costituzionale in materia di ambiente, in Riv. giur. ambiente, 1988, 104 ss.

46 In questo senso cfr., anche tra le altre, Corte cost., 15 novembre 1988, n. 1029, in Giur. cost., 1988, 4935; Corte cost., 24 febbraio 1992, n. 67, in Giur. cost.,1992, 377. Su tale specifico profilo nella dottrina cfr., per tutti, M. CECCHETTI, Il principio costituzionale di unitarietà dell’ambiente, inAmbiente e diritto, a cura di S. GRASSI, M. CECCHETTI, A. ANDRONIO, I, Firenze, 1999, 257 ss. In termini più generali, sui possibili meccanismi di “apertura” della tavola dei valori costituzionali, cfr., A. VALENTI, La “musa negletta”: quando la Costituzione non ispira più il legislatore nelle scelte di incriminazione, ne L’Indice pen., 2003, 967 ss.

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ravvisando nell’ambiente un diritto fondamentale dell’uomo, con il conseguente inserimento dello stesso nella dinamica concreta dei valori costituzionali. Fino a che, a seguito della summenzionata modifica del testo dell’art. 117 Cost., la nozione di ambiente è entrata espressamente e a pieno titolo in Costituzione, o meglio, come è stato rilevato47, “tra le parole della Costituzione”, con la formula: “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. E ciò, ad ulteriore conferma della valenza, ormai unanimemente condivisa, da riconoscere a tale bene.

Del resto, oltre alla Costituzione, anche la normativa in materia ambientale successiva alla Costituzione medesima costituisce un luogo di progressiva emersione del bene giuridico ambiente. La vera e propria c.d. svolta verde, che ha riconosciuto espressamente valore primario all’ambiente, viene per lo più individuata, a livello di legislazione ordinaria, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, sulla tutela delle zone di particolare interesse ambientale, e nella legge 8 luglio 1986, n. 349, che ha istituito il Ministero dell’ambiente. In particolare, l’abrogato art. 18 di quest’ultima legge, introdusse una nozione di danno ambientale coincidente con la lesione non di beni appartenenti a persone fisiche o giuridiche pubbliche o private, ma, appunto, di un’astrazione sovrappersonale ascrivibile alla collettività nel suo complesso e tutelata dallo Stato in quanto bene pubblico48.

Tutto ciò premesso, si tratta ora di verificare quale sia la specifica accezione assunta dal bene giuridico ambiente nel settore penale. A tal fine, si deve precisare che, mentre in alcuni settori del diritto dottrina e giurisprudenza si sono sforzate di ricostruire il concetto di ambiente in termini unitari49, nel diritto penale ambientale parrebbe resistere l’insegnamento tradizionale secondo cui la legge penale tutela non l’ambiente nella sua globalità, ma singoli elementi ambientali50. L’unitarietà dell’ambiente come bene giuridico non

47 A. FERRARA, La “materia ambiente” nel testo di riforma del Titolo V, in Problemi del federalismo, Milano, 2001, 185.

48 Sul punto cfr., per tutti, A. THIENE, Commento all’art. 18 l. 8 luglio 1986, n. 349, in Codice commentato dei reati e degli illeciti ambientali, a cura di F. GIUNTA, Padova, 2005, 1604 ss., con ampie indicazioni bibliografiche e giurisprudenziali.

49 S. PATTI, Ambiente (tutela dell’) nel diritto civile, in Dig. disc. priv. Sez. civ., I, Torino, 1987, 286; B.

CARAVITA, Diritto pubblico dell’ambiente, Bologna, 1990, 43 ss.; A. GUSTAPANE, La tutela globale dell’ambiente: dalla legge 349 el 1986 alle leggi 142 e 241 del 1990, Milano, 1991, 15 ss.; ID., Tutela dell’ambiente (diritto interno), in Enc. dir., XLV, 1992, 413.

50 R. BAJNO, Ambiente (tutela dell’) nel diritto penale, in Dig. disc. pen., I, 1987, 116 ss.; A. ALBAMONTE, Sistema penale e ambiente, Padova, 1988, 8 ss.; L. BERTOLINI, Ambiente (tutela dell’). IV) Diritto penale, in Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988, 1; A. FIORELLA, Ambiente e diritto penale in Italia, in Protection of the

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impedirebbe, infatti, di cogliere al suo interno specifici e più ristretti settori di intervento della normativa penale51. Peraltro, tale considerazione, per così dire, analitica del bene ambiente, dal punto di vista strettamente penalistico parrebbe presentare vantaggi apprezzabili anche sul piano della costruzione della fattispecie, nel momento in cui si devono selezionare le specifiche modalità di aggressione. Si comprende, infatti, come risulti più agevole, soprattutto in una prospettiva di concreta offensività del fatto, ritagliare comportamenti dotati di attitudine offensiva nei confronti di ognuna delle componenti ambientali singolarmente considerate, piuttosto che nei confronti del sistema naturale nel suo complesso52. Anche l’accertamento del nesso causale tra una determinata condotta e l’evento offensivo risulta certamente agevolato dalla circostanza che si assumano ad oggetto della tutela i singoli elementi di ciascun ecosistema.

Sicché, pur riconoscendo che l’ambiente costituisce il bene unitario di categoria, non si dovrebbe trascurare l’importanza, de iure condito e – ancor più – de iure condendo, di costruire ed interpretare le singole fattispecie incriminatrici in una prospettiva orientata alla tutela dei singoli elementi (scomposti) di ogni ecosistema53. Questi ultimi, in altre parole, verrebbero ad assurgere al rango di oggetti giuridici specifici, dotati di quella materialità necessaria ad arginare il tanto contestato processo di volatilizzazione del bene tutelato. Siffatta scomposizione del bene ambiente, peraltro, porterebbe con sé il vantaggio che

Environment and penal law, a cura di C. ZANGHÌ, Bari, 1993, 231. Cfr., altresì, M. S. GIANNINI,

“Ambiente”: saggio sui suoi diversi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 15 ss.

51 F. GIUNTA, Il diritto penale dell’ambiente in Italia, cit., 1108, nonché ID., Tutela dell’ambiente (diritto penale), in corso di pubblicazione in Enc. dir., Aggiornamento, § 2.

La considerazione analitica del bene ambiente, dal punto di vista meramente classificatorio induce una parte della dottrina a raggruppare i reati ambientali, con riferimento ai singoli settori di incidenza, in tre categorie. La prima sarebbe costituita dalle norme che mirano a tutelare l’ambiente contro fenomeni di inquinamento atmosferico, idrico, del suolo, acustico e radioattivo: verrebbero, cioè, prese in considerazione le componenti naturali che formano l’ecosistema, a loro volta suscettibili di dare vita ad altrettanti sottoinsiemi normativi a seconda del singolo elemento oggetto specifico di tutela. Un secondo gruppo potrebbe ricomprendere tutte le disposizioni volte a sanzionare l’attività edilizia abusiva: ad essere tutelato in questo caso sarebbe l’ambiente, inteso come assetto e sviluppo urbanistico. La terza categoria di norme penali potrebbe riferirsi alle condotte di depauperamento del patrimonio artistico e culturale.

52 Su tale problematica cfr., tra gli altri, R. M. MATA Y MARTÍN, Bienes jurídicos intermedios y delitos de peligro, cit., 38 ss. Nella dottrina italiana, per tutti, F.C. PALAZZO, Principi fondamentali e opzioni politico criminali nella tutela penale dell’ambiente, in Ambiente e diritto, a cura di S. GRASSI, M. CECCHETTI, A.

ANDRONIO, Firenze, 1999, II, 555 ss.

53 In senso analogo F. G. SCOCA, Osservazioni sugli strumenti giuridici di tutela dell’ambiente, in Dir. e soc., 1993, 402 ss.

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