PIANO di PROTEZIONE CIVILE
di Roma Capitale
Fascicolo 5
Rischio incendio boschivo
e di interfaccia
Piano di Protezione Civile di Roma Capitale
Piano Comunale di Protezione Civile (art. 12, comma 2, lett. e) del D.lgs. 1/2018) Piano di Emergenza Comunale (D.G.R. Lazio 363/2014)
F ASCICOLO 5
Rischio Incendio Boschivo e di Interfaccia
Dicembre 2018
AMMINISTRAZIONE ROMA CAPITALE
Sindaca di Roma Virginia Raggi Vice Sindaco e Assessore alla Crescita
Culturale
Luca Bergamo
Assessora alla Persona, Scuola e Comunità Solidale
Laura Baldassarre
Assessore allo Sviluppo Economico, Turismo e Lavoro
Carlo Cafarotti
Assessora al Patrimonio e alle Politiche Abitative
Rosalia Alba Castiglione
Assessore Sport, Politiche Giovanili e Grandi Eventi
Daniele Frongia
Assessora alle Infrastrutture Margherita Gatta Assessore al Bilancio e al Coordinamento
Strategico delle Partecipate
Gianni Lemmetti
Assessora Roma Semplice Flavia Marzano Assessora alla Città in Movimento Linda Meleo
Assessora alla Sostenibilità Ambientale Giuseppina Montanari Assessore allʹUrbanistica Luca Montuori
Vice Capo di Gabinetto con delega alla
Sicurezza e Protezione Civile
Marco Cardilli
Direttore del Dipartimento Sicurezza e Protezione Civile
Diego Porta
Informazioni di carattere generale………...Fascicolo 1 Rischio idraulico………...Fascicolo 2 Rischio idrogeologico da frana………...Fascicolo 3 Rischio neve e ghiaccio ………...Fascicolo 4
Rischio incendio boschivo e di interfaccia...Fascicolo 5 Rischio incidente rilevante...Fascicolo 6 Rischio sismico ...Fascicolo 7 Altri rischi...Fascicolo 8
ARTICOLAZIONE DEL PIANO
1 Normativa di riferimento ... 13
2 Definizioni di Incendio Boschivo e Incendio di Interfaccia ... 15
3 Inquadramento del fenomeno ... 18
4 Descrizione dello scenario territoriale ... 21
4.1 Scenario predefinito di Rischio Incendio Boschivo ... 22
4.1.1 Le Aree Naturali Protette e le Aree Verdi Comunali ... 22
4.1.2 Aspetti vegetazionali di Roma ... 28
4.1.3 Area della Riserva Naturale del Litorale Romano ... 30
4.1.4 Aspetti vegetazionali della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano ... 30
4.2 Scenario predefinito di Rischio Incendio di Interfaccia ... 34
4.2.1 Classi di pericolosità ... 35
4.2.2 Sensibilità degli esposti ... 37
4.2.3 Classi di sensibilità ... 37
4.2.4 Valutazione speditiva del rischio ... 37
5 Analisi degli incendi pregressi ... 40
5.1 Statistiche del territorio Roma Capitale (anni 2012‐2017) ... 41
5.2 Statistiche della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano (anni 2009‐2017) .. 44
6 Catasto delle aree percorse dal fuoco ... 46
7 Modello Operativo ... 47
7.1 Accordo Operativo con Agenzia Regionale di Protezione Civile ... 47
7.2 Comunicazioni tra le Sale Operative ... 48
7.3 Modalità Operative ... 48
7.3.1 Modalità Operative per operatori di Sala Radio AIB di Protezione Civile ... 52
7.3.2 Modalità operative per Operatori di collegamento in Sala SOUP ... 55
7.3.3 Modalità operative per Operatori di collegamento presso la SO dei VVF ... 56
7.3.4 Modalità operative per Operatori di Sala Operativa Roma Capitale ... 56
7.3.5 Modalità operative per Operatori Servizio di Coordinamento Esterno... 57
SOMMARIO
7.3.6 Schema riepilogativo delle attività di monitoraggio e spegnimento della
Protezione Civile di Roma Capitale ... 57
7.4 Dispositivo Prefettizio per la Pineta di Castel Fusano ed Acque Rosse ... 58
8 Organizzazioni di Volontariato ... 60
9 Mezzi a supporto della Campagna AIB ... 63
10 Il Sistema di allertamento comunale per il rischio incendio boschivo e di interfaccia ... 68
11 Funzioni di supporto e Unità di Crisi Locale – U.C.L. ... 70
12 Stati di attivazione ... 85
13 Allegati ... 125
13.1 Allegato A – Comunicazione dell’Agenzia Regionale del periodo di massimo rischio incendi boschivi ... 127
13.2 Allegato B – CFR: Suscettività all’innesco e alla propagazione incendi ... 131
13.3 Allegato C – Ordinanza Sindacale con la Dichiarazione dello stato di massima pericolosità per il rischio incendi boschivi ... 133
13.4 Allegato D – Linee Guida Operative tra Agenzia Regionale di Protezione Civile e Direzione Protezione Civile Roma Capitale ... 141
13.5 Allegato E – Dispositivo Prefettizio per Pineta di Castel Fusano ed Acque Rosse145 13.6 Allegato F – Comunicazione dello Stato di Allerta ... 149
13.7 Allegato G – Scheda Evento ... 151
13.8 Allegato H – Sale Operative ... 152
13.9 Allegato I – Organizzazioni Volontariato Convenzionate ... 155
13.10 Allegato J – Memorandum per le OO.d.V. ... 161
13.11 Allegato K – Norme Comportamentali per la Popolazione ... 164
Indice delle tabelle
Tab. 1: Riserve naturali presenti sul territorio di Roma Capitale ...23
Tab. 2: Classificazione delle tipologie di aree verdi gestite da Roma Capitale ...26
Tab. 3: Classificazione delle aree verdi individuate nella carta di uso del suolo ...29
Tab. 4: Classi di pericolosità della vegetazione combustibile ...36
Tab. 5: Grado di pericolosità ...37
Tab. 6: Sensibilità degli esposti ...37
Tab. 7: Classi di sensibilità ...37
Tab. 8: Tabella di valutazione del rischio ...38
Tab. 9: Numero di incendi sul territorio di Roma Capitale dal 2012 al 2017 ...41
Tab. 10: Numero di incendi per Municipio – Anno 2017 ...42
Tab. 11:Statistiche degli incendi nella RNSLR ...44
Tab. 12: OO.d.V. in convenzione con Roma Capitale impegnate a Castel Fusano ...58
Tab. 13: Piano di vigilanza di Castel Fusano e delle Acque Rosse ...59
Tab. 14: Mezzi ed operatori di Roma Capitale impegnati nella RNSLR ...59
Tab. 15: Presenza delle OO.d.V. nei Municipi ...61
Tab. 16: Autobotti del Dipartimento Tutela Ambientale ...63
Tab. 17: Mezzi delle OO.d.V. per lo spegnimento ...66
Tab. 18: Autobotti delle OO.d.V. ...67
Indice delle figure Fig. 1: Suddivisione in percentuale delle aree verdi comunali e regionali ...24
Fig. 2: Suddivisione in percentuale delle aree verdi di Roma Capitale ...25
Fig. 3: Carta di uso del suolo ...27
Fig. 4: Carta di uso del suolo RSNLR (Dott. Feminò) ...34
Fig. 5: Carta tipo dello scenario di rischio incendio boschivo e di interfaccia ...39
Fig. 6: Numero di incendi su Roma negli anni 2012‐2017 ...41
Fig. 7: Numero di incendi per Municipio‐anno 2017 ...43
Fig. 8: Numero di incendi nella pineta di Castel Fusano, Anni 2008‐2016 ...45
Fig. 9: Schema di modello operativo per campagna AIB 2018 ...57
Fig. 10: Presenza delle OO.d.V. in convenzione AIB nei Municipi ...62
art. Articolo c.c. Codice Civile
c. comma
C.F.R. Centro Funzionale Regionale C.O.C. Centro Operativo Comunale COD Codice (nelle tabelle)
D.C.C. Delibera di Consiglio Comunale
D.C.S. Delibera del Commissario Straordinario D.G.C. Delibera di Giunta Comunale
D.G.R. Delibera di Giunta Regionale D.L. Decreto Legge
D.lgs. Decreto Legislativo
D.P.C.M. Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri D.P.I. Dispositivo di Protezione Individuale
D.P.R. Decreto del Presidente della Repubblica D.S.P.C. Dipartimento Sicurezza e Protezione Civile G.E.D. Gestione Documentale elettronica
I.C. Istituto Comprensivo ID. Identificativo (nelle tabelle)
L. Legge
L.R Legge Regionale
LAT Latitudine (nelle tabelle) LON Longitudine (nelle tabelle) MN Municipio (nelle tabelle)
N.I.C: Nuova Infrastruttura cartografica di Roma Capitale O.O.D.V. Organizzazioni di Volontariato
O.P.C.M. Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri P.C. Protezione Civile
P.C.A. Posto di Comando Avanzato S.A. Stato di Attivazione
T.U. Testo Unico
U.C.L. Unità di Crisi Locale Abbreviazioni
Spesso una favilla trascurata appiccò un grande incendio.
Lucio Anneo Seneca
1 Normativa di riferimento
Legge 6 dicembre 1991, n.394 “Legge Quadro in materia di aree protette”.
Legge 21 novembre 2000, n.353 “Legge Quadro in materia di Incendi Boschivi”.
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152 e ss.mm.ii, “Norme in Materia Ambientale”.
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 agosto 2007, n.3606
“Disposizione urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza in atto nei territori della Regione Lazio, Campania, Puglia, Calabria e della Regione Sicilia in relazione ad eventi calamitosi dovuti alla diffusione di incendi e fenomeni di combustione”.
Legge 12 luglio 2012, n.100 e ss.mm.ii., “Conversione in legge, con modificazioni del D.L. 15 maggio 2012, n.59 recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione Civile”.
Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n.177 “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni e assorbimento del Corpo Forestale dello Stato ai sensi dell’art. 8, comma 1 lettera a) della L. 7 agosto 2015 n.124 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.
Decreto Legislativo 2 gennaio 2018, n.1 “Codice della Protezione Civile”.
Legge Regionale 6 ottobre 1997, n.29 “Norme in materia di aree protette regionali”
Legge Regionale 6 agosto 1999, n.14 “Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo”.
Legge Regionale 28 ottobre 2002, n.39 “Norme in maniera di gestione di risorse forestali”.
Legge Regionale 26 febbraio 2014, n.2 “Sistema integrato regionale di Protezione Civile. Istituzione dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile”.
Deliberazione di Giunta Regionale 16 settembre 2011, n.415 “Piano Regionale di previsione prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi periodo 2011‐2014”.
Deliberazione di Giunta Capitolina 14 aprile 2017, n.66 “Approvazione linee guida per il regolamento del verde e del paesaggio di Roma Capitale”.
Deliberazione di Giunta Comunale 9 ottobre 2017, n.222 “Approvazione del nuovo assetto della macrostruttura capitolina e del Regolamento sull’ordinamento degli Uffici e dei Servizi di Roma Capitale”.
Deliberazione di Giunta Comunale 14 maggio 1999, n. 1099 “Costituzione del Centro Operativo Comunale di protezione civile, individuazione e compiti delle strutture operative di supporto al Sindaco, in qualità di Autorità comunale di protezione civile del Comune di Roma. Organizzazione e funzionamento per prevenire e ridurre i danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi”.
2 Definizioni di Incendio Boschivo e Incendio di Interfaccia
Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività ad espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree (art. 2 Legge Quadro 21/11/2000, n. 353).
Oltre all’inestimabile danno ambientale gli incendi boschivi costituiscono spesso un pericolo, per coloro che transitano nel bosco, ma anche per le numerose abitazioni sparse e nuclei abitati, situati ai confini nel bosco, presenti nell’area Capitolina.
Lʹincendio di interfaccia deriva sovente da un incendio boschivo che coinvolge le aree urbanizzate, creando situazioni di rischio elevato per le persone, le abitazioni e le infrastrutture varie.
Perché un incendio si possa sviluppare sono necessari tre elementi (il cosiddetto
“triangolo del fuoco”): il combustibile (erba secca, foglie, legno), il comburente (l’ossigeno) e il calore (necessario per portare il combustibile alla temperatura di accensione). Particolari condizioni atmosferiche (es. giornate particolarmente secche e ventose) possono favorire il rapido propagarsi dell’incendio.
Le possibili cause di un incendio boschivo sono:
1) naturali, totalmente riconducibili alle fulminazioni;
2) di origine antropica, cioè imputabili ad attività umane.
Queste possono essere:
ACCIDENTALI, come ad esempio un corto circuito, surriscaldamento di motori, scintille derivate da strumenti da lavoro, etc.;
COLPOSE, come alcune pratiche agricole e pastorali, comportamenti irresponsabili nelle aree turistiche, lancio incauto di materiale acceso (fiammiferi, sigarette, fuochi d’artificio, lanterne cinesi, etc.);
DOLOSE, quando il fuoco è appiccato volontariamente dall’uomo per le motivazioni più disparate (vendetta, dispetto, protesta, psicosi, ecc.) al fine di provocare danni.
Sono quasi esclusivamente antropiche le cause più frequenti di incendio boschivo e altre aree vegetate non direttamente riconducibili alla definizione di bosco (aree incolte, pascoli, etc.) che interessano il territorio.
Per questa ragione la terminologia incendio di interfaccia urbano – forestale in molte altre aree del mediterraneo dovrebbe più correttamente essere modificato in incendio di interfaccia urbano‐rurale.
Per incendio di interfaccia urbano‐rurale si intende dunque un incendio che minacci di interessare zone, aree o fasce caratterizzate da una stretta interconnessione tra strutture antropiche e aree vegetate. In tale contesto, un incendio originato da vegetazione combustibile può venire rapidamente in contatto con il sistema urbano, esponendo direttamente alle possibili conseguenze dannose derivanti dall’incendio popolazione, beni, infrastrutture.
Tali aree possono considerarsi a rischio incendio di interfaccia in quanto persone, abitazioni e infrastrutture possono essere rapidamente coinvolte dalla possibile propagazione di un incendio originato in aree boscate o, più in generale, coperte da vegetazione combustibile.
La fascia costiera di Ostia, ad esempio, risulta particolarmente sensibile in caso di incendio, poiché le aree boscate sono spesso a stretto contatto con centri abitati, creando quindi una condizione di rischio elevato per le persone, le abitazioni e le infrastrutture.
Tale tipo di incendio può sia avere origine in prossimità dellʹinsediamento abitato (ad esempio a seguito della combustione di residui vegetali o dellʹaccensione di fuochi durante attività ricreative in parchi urbani e/o periurbani), sia derivare dall’evoluzione di un incendio boschivo.
Ferme restando le competenze:
di programmazione, organizzazione, coordinamento e controllo delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi su tutto il territorio regionale, in capo alla Regione Lazio, avvalendosi di risorse, mezzi e personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e della collaborazione nella prevenzione dei Carabinieri Forestali in base ad accordi di programma, nonché di personale appartenente ad organizzazioni di volontariato, riconosciute secondo la vigente normativa, dotato di adeguata preparazione professionale e di certificata idoneità fisica qualora impiegato nelle attività di spegnimento del fuoco (artt.3‐4‐7 Legge Quadro 21/11/2000, n. 353);
di direzione delle attività operative di spegnimento e soccorso, in capo agli organi tecnici rappresentati dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
acquista fondamentale importanza la rapidità della valutazione e la tempistica nell’informazione qualora l’incendio determini situazioni di rischio elevato per le persone, le abitazioni e le diverse infrastrutture e conseguente necessità di assistenza alla popolazione.
L’incendio di interfaccia è un evento di protezione civile, pertanto il Sindaco agisce in qualità di autorità territoriale di Protezione Civile, ai sensi degli artt. 6 e 12 del D.lgs. n.1 del 2018, è responsabile delle azioni di salvaguardia, soccorso e assistenza alla popolazione interessata ed è tenuto ad applicare ogni procedura utile al controllo dell’evento compresa l’apertura del C.O.C. fino alla conclusione delle operazioni. Il Sindaco opera con l’assistenza dei Corpi dello Stato e del Volontariato (AIB e PC) e, se necessario, della Prefettura e della Regione.
3 Inquadramento del fenomeno
Un corretto inquadramento degli incendi d’interfaccia deve necessariamente tenere in conto i principi fisici che governano gli incendi boschivi, poiché gli incendi di interfaccia sono sovente costituiti da incendi boschivi che si avvicinano all’urbanizzato.
I principali fattori predisponenti degli incendi boschivi, che ne favoriscono lʹinnesco e lʹestensione, sono costituiti da:
le caratteristiche della vegetazione (facilità di accensione, ovvero infiammabilità, e velocità di propagazione);
le condizioni climatiche (precipitazione, vento, umidità, temperatura);
la morfologia del terreno (quota, pendenza, esposizione).
Tali elementi sono il riferimento per lʹelaborazione degli indici di previsione del rischio incendi.
È possibile individuare diverse tipologie di incendio:
‐ incendio sotterraneo: si sviluppa nel suolo, è caratterizzato dall’assenza di fiamma viva, ha una velocità di propagazione estremamente bassa (può impiegare anche diversi giorni per percorrere pochi metri);
‐ incendio radente: interessa i materiali combustibili al suolo (strato superficiale, strato erbaceo, arbusti, cespugli e macchia); ha velocità di propagazione dell’ordine delle decine di metri al minuto ed intensità del fronte di fiamma variabile a seconda delle specie vegetali interessate; se interessa la macchia alta, può raggiungere intensità paragonabili ad un incendio di chioma;
‐ incendio di chioma: interessa le chiome delle specie arboree, propagandosi direttamente da un albero all’altro; è caratterizzato da altezze di fiamma che possono raggiungere decine di metri con intensità molto elevate, unitamente alle elevate velocità di propagazione.
Un incendio boschivo è caratterizzato dalle seguenti fasi evolutive:
‐ fase iniziale: si ha un’accensione incontrollata, con un’accelerazione contenuta;
molti principi di incendio vengono bloccati in fase iniziale, spesso anche con ridotte forze di intervento;
‐ fase di transizione: si ha un aumento delle dimensioni delle fiamme e un’accelerazione elevata;
‐ fase finale: l’intensità del focolaio è ormai giunta ai vertici della propria possibilità evolutiva; si ha formazione di colonne convettive e possono verificarsi effetti di spotting; in tale fase, le forze d’intervento sovente non sono in grado di fronteggiare l’avanzamento del fuoco ed il fuoco può percorrere in poche ore anche migliaia di ettari causando danni di estrema gravità;
‐ fase di decadimento: l’intensità del fronte decresce in relazione alla diminuzione di influenza dei fattori meteorologici, topografici o alla variazione del carico d’incendio; tale fase può essere sia graduale che improvvisa e porta ad una regressione dell’incendio con propagazione del fronte a minore intensità, per cui la lotta al fuoco risulta decisamente più facile; esempi di tale fase sono la tarda serata o le ore notturne, variazioni nell’intensità o nella direzione del vento, aumento dell’umidità relativa dell’aria, il raggiungimento della cresta, dello spartiacque o di zone non boscate o caratterizzate da una vegetazione non vulnerabile al fuoco, da parte del fronte di fiamma.
Per quanto riguarda nello specifico gli incendi di interfaccia è possibile individuare tre diverse configurazioni di contiguità e contatto fra aree con dominante presenza vegetale ed aree antropizzate:
Interfaccia classica: piccolo agglomerato urbano sulle pendici o sulla sommità di una collina circondato completamente da bosco (caso frequente nell’entroterra o in insediamenti periferici residenziali di nuova costruzione); in questo tipo di interfaccia un certo numero di abitazioni può essere minacciato contemporaneamente da fronti di fiamma molto estesi; la situazione è di solito grave per la scarsa accessibilità al bosco delle zone di intervento;
Interfaccia mista: aree in cui fabbricati rurali o case di civile abitazione sorgono isolati nel bosco; le strutture minacciate sono difficili da proteggere in quanto disperse sul territorio e le vie d’accesso vengono sovente interrotte dalle fiamme o dal fumo; il pericolo per le abitazioni è elevato se le misure preventive sono scarse, in particolare se le abitazioni non sono circondate da una fascia di dimensioni adeguate prive di vegetazione arborea e arbustiva;
Interfaccia occlusa: presenza di zone più o meno vaste di vegetazione circondate da aree urbanizzate (parchi urbani, giardini di una certa estensione, aree boschive che si insinuano nei centri urbanizzati); di solito l’incendio di vegetazione è facilmente controllabile per la buona accessibilità.
Un incendio boschivo si può trasformare in incendio di interfaccia tramite diversi meccanismi:
‐ Per fenomeni di spotting: i frammenti accesi trasportati dal vento e dalle correnti convettive possono accendere focolai secondari prima dell’arrivo del fronte di fiamma anche a notevole distanza da questo;
‐ Per coinvolgimento diretto da parte delle fiamme del fronte avanzante dell’incendio di bosco (in questo caso, l’incendio dovrà essere di intensità sufficiente);
‐ Per irraggiamento, quando la quantità di calore che si sviluppa è tale da determinare l’accensione; ciò può verificarsi in presenza di fronti particolarmente violenti con vegetazione vicinissima all’abitazione.
4 Descrizione dello scenario territoriale
Roma Capitale, con un’estensione del territorio comunale pari a 129.000 ettari, suddivisi in 15 Municipi, ha un patrimonio, in termini di territorio non urbanizzato, che non ha pari nel panorama delle altre grandi metropoli europee, costituito da 43.000 ettari di boschi e aree verdi e 50.000 ettari di aree agricole e pascoli.
Di questi, circa 82.500 ettari, pari a due terzi del territorio comunale, costituiscono l’attuale Rete Ecologica cittadina, un sistema articolato e funzionale di aree protette di importanza naturalistica, agricola e ricreativa (una varietà di ambienti naturali e nicchie ecologiche che conservano la presenza di oltre 1300 specie vegetali, 5200 specie d’insetti e altre 170 specie fra mammiferi, uccelli, anfibi e rettili).
Tale territorio si estende su due delle quattro zone fitoclimatiche omogenee con le quali la Regione Lazio ha classificato il territorio regionale, la Zona Mediterranea e la Zona Mediterranea di Transizione, caratterizzate da condizioni climatiche caldo‐aride, con aridità intensa da maggio ad agosto.
Tali elementi del territorio di Roma sono strettamente interconnessi agli insediamenti residenziali, produttivi e dei servizi, alle infrastrutture e a tutte le attività proprie di una metropoli.
In questo scenario il fenomeno degli incendi boschivi e degli incendi di interfaccia urbano‐foresta e urbano‐rurale riveste dunque grande importanza.
Le attività di contrasto ai processi di degrado dei soprassuoli vegetali e di prevenzione e previsione sono fondamentali a limitare il fenomeno e quindi ad abbassare il rischio di incendi, e concorrono a garantire la tutela della pubblica incolumità e assistenza alla popolazione, anche le azioni di allertamento e informazione alla popolazione sul rischio che devono conoscere il territorio in cui vivono ed i rischi che questo presenta.
4.1 Scenario predefinito di Rischio Incendio Boschivo 4.1.1 Le Aree Naturali Protette e le Aree Verdi Comunali
Sul territorio di Roma Capitale si trovano parchi e riserve, alcuni anche di notevole estensione, localizzati prevalentemente nella fascia periurbana, ma che si spingono anche fin nelle zone più centrali.
Roma ha un patrimonio, in termini di territorio ancora affrancato dall’urbanizzazione, che non ha pari in Europa. Si tratta infatti di ben 19 parchi terrestri, nonché di un parco marino, le “Secche di Tor Paterno”.
Buona parte di tali aree naturali protette (14 + l’area marina protetta) sono gestiti da un unico Ente regionale “RomaNatura”. Il “sistema delle aree naturali protette” gestito dall’Ente Parco Roma Natura comprende 4 macro‐tipologie di aree naturali:
1. le Riserve Naturali 2. i Parchi Regionali 3. i Monumenti Naturali 4. l’Area Marina Protetta
che hanno un’estensione complessiva di 162.270.000 mq e di cui l’87% è costituito dalle riserve Naturali.
A queste si aggiungono i Parchi e le riserve a gestione Regionale (Parco Regionale dell’Appia Antica, Parco Naturale Regionale di Bracciano‐Martignano, Parco Naturale Regionale di Veio, Riserva Naturale Statale del Litorale Romano).
Oltre alle Riserve Naturali e ai Parchi a gestione Regionale, il territorio di Roma Capitale, presenta molte altre tipologie di aree verdi, il cosiddetto verde urbano, in manutenzione al Dipartimento Tutela Ambientale, costituito da aree di arredo stradale, aree di sosta, il verde attrezzato di quartiere, oltre al verde storico archeologico.
In totale i metri quadrati di verde urbano sono pari a 41.302.565 mq, distribuiti su 1.826 aree e con uno standard pari a 14,4 mq/ab.
Tipologia Denominazione
% sul totale Aree Naturali
Protette
Riserve Naturali
Riserva Naturale della Marcigliana 11.6
Riserva Naturale della Valle dell’Aniene 1.6
Riserva Naturale di Decima‐Malafede 15.2
Riserva Naturale del Laurentino‐Acqua Acetosa 0,4 Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi 2.1 Riserva Naturale della Valle dei Casali 1.2 Riserva Naturale della Tenuta di Acquafredda 0.6
Riserva Naturale di Monte Mario 0.6
Riserva Naturale dell’Insugherata 1.9
Parchi Regionali Parco Regionale Urbano di Aguzzano (istituito nel 0.1 Parco Regionale del Pineto (istituito nel 1987) 0.6
Monumenti Naturali
Monumento Naturale di Mazzalupetto 0.5
Monumento Naturale di Galeria Antica 0.1
Monumento Naturale Parco della Cellulosa 0.2 Area Marina
Protetta Area Marina Protetta delle Secche di Tor Paterno 3.4
Parchi a gestione Regionale
Parco Regionale dell’Appia Antica 8.0
Parco Naturale Regionale di Bracciano‐Martignano 17.3
Parco Naturale Regionale di Veio 14.8
Riserva Naturale Statale del Litorale Romano 19.8
Totale 100.0
Tabella 1: Riserve naturali presenti sul territorio di Roma Capitale
I suddetti parchi sono percentualmente distribuiti come segue:
Figura 1: Suddivisione in percentuale delle aree verdi comunali e regionali
Le aree di arredo stradale (pari a 3.350.688 mq) sono costituite dalle aiuole spartitraffico, come ad esempio quella estremamente rappresentativa di Piazza Venezia, la grande fascia sulla Via Cristoforo Colombo o quella di Via dei Colli Portuensi. Le aree di sosta (pari a 2.016.193 mq) riguardano tanto le piccole aree di quartiere, quanto quelle più centrali di Piazza Indipendenza o, ad esempio, le fasce verdi di Via delle Terme di Caracalla. Il verde attrezzato di quartiere (pari a 11.976.158 mq) è rappresentato da aree verdi più o meno grandi, opportunamente sistemate ed utilizzate come luoghi di incontro, in cui sono presenti panchine, cestini, giochi per bambini, aiuole, fontanelle ed altre attrezzature, come ad esempio le aree acquisite e riqualificate dei Piani di Zona o quelle di Piazza Mancini e del Villaggio Olimpico.
Il verde storico archeologico (pari a 5.843.310 mq) comprende sia le ville storiche urbane che le aree archeologiche. Le ville storiche di Roma sono veri e propri musei all’aperto, espressione di diverse epoche artistiche, come ad esempio Villa Pamphili, Villa Borghese, Villa Sciarra, Villa Ada, ecc.; le aree verdi archeologiche sono caratterizzate da straordinari contesti storici come il Circo Massimo, Colle Oppio, Lungotevere Aventino, Piazza Vittorio, Piazza Augusto Imperatore.
I grandi parchi urbani, già citati in precedenza, rappresentano i polmoni verdi della città, posti in mezzo a quartieri densamente edificati e rappresentano un punto di svago
e di incontro per i cittadini romani; tra questi ricordiamo il Parco Ardeatino, il Parco dell’Aniene, il Bosco della Massimina, la parte fruibile di alcune Riserve Naturali come il Parco del Pineto, Parco di Aguzzano, ed in particolare la Pineta di Castel Fusano.
Nella categoria del verde speciale (pari a 259.340 mq) rientrano gli orti botanici ed i vivai comunali, di cui fanno parte le aree della Scuola Giardinieri a Porta S. Sebastiano, il Semenzaio di San Sisto, ed il Roseto Comunale all’Aventino. Si osserva che i grandi parchi urbani rappresentano la tipologia più estesa: 43,2% del verde urbano gestito dal Dipartimento Tutela Ambientale.
Osservando la suddivisione territoriale si evidenzia la maggiore superficie di verde urbano nel Municipio X con uno standard di 53,1 mq/ab dovuta alla presenza della Pineta di Castel Fusano, seguono il Municipio IX ed il Municipio II con circa 20 mq/ab in cui sono presenti molte delle più importanti ville storiche.
Figura 2: Suddivisione in percentuale delle aree verdi di Roma Capitale
Si può quindi concludere che i Municipi che presentano la maggiore estensione di aree verdi, sono quelli più esposti al rischio di incendi boschivi, se non adeguatamente manutenuti.
La tavola successiva mostra la classificazione delle diverse tipologie di aree verdi gestite da Roma Capitale per Municipio:
Tabella 2: Classificazione delle tipologie di aree verdi gestite da Roma Capitale
Nella carta seguente, parte integrante del piano AIB, sono raffigurate le aree naturali protette e le aree verdi comunali.
Figura 3: Carta di uso del suolo
4.1.2 Aspetti vegetazionali di Roma
Le diverse tipologie di copertura del suolo presenti sul territorio di Roma Capitale possono essere raggruppati in comunità vegetazionali, che vengono dettagliate nella
‘Carta dell’uso del suolo e delle fisionomie vegetazionali’, G9.7 del PRG vigente.
La Carta dellʹuso del suolo e delle fisionomie vegetazionali del territorio comunale consiste in una fotografia dello stato attuale e dellʹuso del suolo basata sulla legenda del progetto Corine Land Cover, della comunità europea, destinato al rilevamento e al monitoraggio delle caratteristiche fisionomiche e strutturali del territorio, al fine di rispondere alle sempre più frequenti esigenze di tutela.
Le aree individuate sono: le superfici artificiali, le superfici agricole utilizzate, i territori boscati e gli ambienti semi‐naturali, le zone umide, i corpi idrici e le aree militari. I territori boscati tipici ed ambientali seminaturali, che caratterizzano Roma Capitale sono i seguenti:
TERRITORI BOSCATI TIPICI ED AMBIENTALI SEMINATURALI 1.BOSCHI
1.1 Boschi di latifoglie
1.1.1 Boschi a prevalenza di latifoglie sempreverdi 1.1.1.1.Boschi a prevalenza di leccio
1.1.1.2. Boschi a prevalenza di sughera
1.1.2. Boschi a prevalenza di latifoglie decidue
1.1.2.1. Querceti misti a locale dominanza di cerro, farnetto, roverella 1.1.2.2. Boschi misti a locale dominanza di carpino bianco, castagno, carpino nero, olmo
1.1.2.3. Boschi ripariali ad alto fusto a dominanza di pioppi, salici e/o altre specie igrofile
1.1.3. Boschi di latifoglie non native a dominanza di robinia e/o ailanto 1.1.2. Rimboschimenti a prevalenza di conifere
1.1.3. Boschi misti di conifere e latifoglie
1.1.4. Rimboschimenti a prevalenza di latifoglie
TERRITORI BOSCATI TIPICI ED AMBIENTALI SEMINATURALI 2. VEGETAZIONE ARBUSTIVA E/O ERBACEA
2.1. Pascoli naturali e praterie
2.2. Cespuglieti a locale prevalenza di ginestra, pruno selvatico, rovo, olmo, canna
2.3. Canneti
2.4. Cespuglieti e prevalenza di specie sclerofille sempreverdi
2.4.1. Macchia alta a locale prevalenza di fillirea, erica, corbezzolo e leccio 2.4.2. Ginepreti dunari
3. ZONE APERTE CON VEGETAZIONE RADA O ASSENTE 3.1. Spiagge, dune, sabbie
Tabella 3: Classificazione delle aree verdi individuate nella carta di uso del suolo
4.1.3 Area della Riserva Naturale del Litorale Romano
Il parco urbano Pineta di Castel Fusano (istituito dalla Regione Lazio dal giugno 1980) si estende per oltre 1.000 ettari e costituisce la più vasta area di verde pubblico del Comune di Roma. Tale territorio ebbe nei secoli proprietari illustri, quali gli Orsini, i Corona ed i Fabi, per passare ai Sacchetti nel 1620 ed infine ai Chigi. Nel 1932 fu acquisito dal Governatorato di Roma ed aperto al pubblico lʹanno successivo. Presenta zone con vegetazione più o meno fitta, a seconda che domini la macchia sempreverde autoctona (in prevalenza lecci) o il pino domestico (pinus pinea). Questʹultimo, introdotto dallʹuomo alla fine del 1600, ha dato origine ad un paesaggio monumentale che sebbene fondamentalmente artificiale ha un enorme valore storico. Un vasto lembo di macchia litoranea si estende poi parallelamente alle dune, con prevalenza di leccio, corbezzolo, lentisco, fillirea, erica arborea, mirto, alaterno, ginepro fenicio, rosmarino ed osiride. La zona di Procoio costituisce il prolungamento della Pineta di Castel Fusano, in direzione della Foce del Tevere e si sviluppa tra il Canale dei Pescatori e la Via del Mare. Infine oltre la Via del Mare, sempre in direzione della Foce del Tevere, si sviluppa la Pineta delle Acque Rosse, che costituisce una formazione boscata artificiale con dominanza di Pino Domestico.
4.1.4 Aspetti vegetazionali della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano
Nel territorio della Riserva sono presenti diverse formazioni vegetazionali le cui caratteristiche variano man mano che ci si allontana dalla costa verso l’interno dell’area.
Dal punto di vista vegetazionale, le categorie che sono presenti sul territorio della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano possono schematicamente essere descritte come:
Vegetazione dunale;
Macchia mediterranea alta e bassa;
Boschi/filari di latifoglie miste;
Boschi di leccio con macchia mediterranea;
Boschi di conifere;
Canneti degli ambienti umidi di origine naturale e artificiale.
4.1.4.1 Vegetazione dunale
È possibile distinguere due fasce dunali: la fascia delle dune attuali e la fascia delle dune fossili recenti. La prima è costituita da cordoni dunali che crescono in altezza fino a un cordone dunale di circa 40 m di altezza, sito a circa 500‐800 m dal mare. Questi cordoni dunali sono intervallati da due linee di depressioni interdunali umide. È possibile così individuare tre fasce di vegetazione xerica:
I. duna mobile: presente solo a Capocotta e all’Idroscalo di Ostia;
II. duna consolidata (Juniperetum macrocarpae‐phoenicea): presente a Capocotta e ve ne sono relitti piuttosto degradati di fronte a Castel Fusano;
III. fronte del primo cordone dunale fossile (Juniperetum macrocarpae‐phoeniceae e macchia ascrivibile al Viburno‐Quercetum ilicis, con Pinus pinaster nell’area di Castel Fusano): presente a Capocotta ma particolarmente ben sviluppata a Castel Fusano, lungo la litoranea;
e due fasce di vegetazione umida:
a) prima depressione interdunale: area di vegetazione aloigrofila, sviluppata a Capocotta e all’Idroscalo di Ostia;
b) seconda depressione interdunale (con tratti di bosco a ontano alto a Capocotta).
La vegetazione della seconda fascia dunale è la foresta sempreverde di leccio (Viburno‐Quercetum ilicis), a differenza della quasi totalità del territorio circostante Roma dove le specie dominanti sono il cerro (Quercus cerris) e la sughera (Quercus suber). La prima è ben conservata a Capocotta e Castel Porziano, dove si trovano spesso anche esemplari monumentali, e anche a Castel Fusano e parte della Tenuta Aldobrandini, dove però iniziano a prevalere le pinete di origine artificiale, che diventano predominanti a Ostia, destinate, tuttavia, a evolvere verso la lecceta.
Si può inoltre rilevare una linea delle depressioni umide particolarmente sviluppata in località Piscina Torta a Castel Fusano e, soprattutto, dentro la Tenuta Presidenziale di Castel Porziano. La vegetazione di questa fascia è costituita da piscine, con la loro vegetazione acquatica, circondate per lo più da bosco di farnia (Querco‐Ulmetum) a Castel Fusano e di frassino (Carici‐Fraxinetum) a Castel Porziano.
4.1.4.2 Macchia mediterranea
Nel territorio della Riserva, l’ambiente di macchia mediterranea si trova come fascia vegetazionale principale a ridosso della fascia costiera.
Nella fascia più vicina al mare la macchia mediterranea si trova ove non è presente l’ambiente dunale; la vegetazione è costituita da specie sclerofille, con arbusti sempreverdi di altezza variabile tra 1 e 2 m, con foglie coriacee e chioma a losanga (a bandiera) a causa dell’azione del vento. L’altezza delle piante aumenta dal mare verso l’interno, determinando la presenza di due differenti fisionomie di vegetazione: la macchia bassa a ridosso delle dune e la macchia alta più all’interno. Considerando il territorio della Riserva rientrante entro i confini di Roma, a Macchiagrande di Ponte Galeria, al tetto della piatta collina da cui è costituita, è presente una notevole estensione di macchia alta.
Le principali specie presenti sono: fillirea (Phillyrea latifolia), lentisco (Pistacia lentiscus), corbezzolo (Arbutus unedo), erica (Erica arborea), leccio (Quercus ilex) e specie lianose, quali la stracciabraghe (Smilax aspera) e la clematide (Clematis flammula).
4.1.4.3 Boschi/filari di latifoglie miste
Il territorio di Castel di Guido‐Macchiagrande si caratterizza per la presenza di coltivazioni sul tetto delle colline e sul fondo delle vallette, mentre i fianchi delle vallette sono occupate da una ricca vegetazione, costituita prevalentemente da bosco caducifoglio. La vegetazione potenziale è rappresentata dal bosco di cerro e farnetto (Echinopo‐Quercetum cerridis), che nelle prime fasi di degradazione, soprattutto del suolo, passa a una boscaglia a roverella (Quercus pubescens), quindi alla boscaglia a olmo (Ulmus minor) e infine nel pascolo ad asfodelo (Asphodelus microcarpus). Nelle forre strette e incassate che scendono verso SW dalla Macchiagrande di Ponte Galeria, si sviluppa il bosco di carpino bianco (Carpinus betulus).
Accanto a questa vegetazione caducifoglia vi sono importanti elementi di foresta sempreverde a leccio e di macchia, soprattutto nell’area della Macchiagrande. Colpisce invece la relativa rarità della sughera (Quercus suber) che invece è estremamente diffusa e importante nel settore occidentale della Campagna Romana.
4.1.4.4 Boschi di leccio con macchia mediterranea
Lungo i fianchi di alcune vallette, in particolare dei fossi che tagliano in senso NE‐SW la Macchiagrande di Ponte Galeria, si osservano alcuni esempi interessanti di lecceta
ben sviluppata, con lecci (Quercus ilex) di notevoli dimensioni benché la vegetazione non sia disetanea e manchino esemplari monumentali; la stratificazione della vegetazione è buona, con un sottobosco ricco soprattutto di lentisco (Pistacia lentiscus).
La naturalità di questa vegetazione è alta; inoltre il suo interesse scientifico è alto, in quanto nella Campagna Romana i lembi di lecceta primaria, non derivante da degradazione della cerreta, sono assai rari, si rinvengono per lo più in situazioni di forte pendio o addirittura di parete verticale, e appartengono a unʹassociazione in cui il leccio si mescola a specie caducifoglie (Orno‐Quercetum ilicis).
4.1.4.5 Canneti degli ambienti umidi
Specialmente nel tratto a monte del ponte del Canale dei Pescatori, ma anche lungo altri canali e lungo il braccio morto del Tevere, si sviluppano popolamenti a Phragmites australis pressoché puri. Questi popolamenti hanno un grado di naturalità piuttosto basso, in quanto mancano specie dei Phragmitetea che accompagnano le comunità meglio sviluppate a Phragmites australis.
Nella cartografia seguente, parte integrante della proposta di piano AIB 2018 della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano è rappresentata l’utilizzazione del suolo della suddetta area, sia per la parte afferente a Roma, sia per quella relativa a Fiumicino.
Figura 4: Carta di uso del suolo RSNLR (Dott. Feminò)
4.2 Scenario predefinito di Rischio Incendio di Interfaccia
Per valutare il rischio di incendi di interfaccia è necessario definire dapprima la pericolosità nella porzione di territorio coperto da vegetazione potenzialmente
interessata dai possibili eventi calamitosi, prossima agli insediamenti residenziali, alle infrastrutture e alla viabilità.
Utilizzando le indicazioni operative fornite dal “Manuale operativo per la predisposizione di un piano comunale o intercomunale di protezione civile” di cui alla OPCM del 28 agosto 2007, n.3606, nonché quelle contenute nelle recenti ʺLinee guida per la pianificazione comunale o intercomunale di emergenza in materia di Protezione Civileʺ di cui alla DGR del 17 giugno 2014, n. 363 si è provveduto a definire in maniera speditiva una carta del rischio di incendio di interfaccia per il territorio di Roma Capitale.
Tali indicazioni sono state adattate in funzione della grande estensione e complessità del territorio capitolino nonché dei dati territoriali disponibili.
La mappatura ottenuta mediante l’uso di sistemi GIS (Geographic Information system) rappresenta un primo strumento indicativo utilizzabile per indirizzare la pianificazione di emergenza.
4.2.1 Classi di pericolosità
Utilizzando quale cartografia tematica di base la “Carta dell’uso del suolo e delle fisionomie vegetazionali del territorio comunale” del vigente PRG, unitamente a dati territoriali storici relativi a inneschi e propagazioni di incendi e ad aree percorse dal fuoco, si è provveduto ad attribuire una classe di pericolosità alla vegetazione combustibile in una fascia perimetrale a insediamenti, infrastrutture e viabilità, profonda 200 metri, analizzando in forma speditiva i seguenti fattori:
Fattore Criterio Valore
Tipo di Vegetazione
Carta di Uso del Suolo PRG Roma Capitale
Coltivi e Pascoli 2
Coltivi abbandonati e
Pascoli abbandonati 3
Fattore Criterio Valore Boschi di Latifoglie e
Conifere 4
Boschi di Conifere mediterranee e Macchia
5
Densità Vegetazione
Tipologia di vegetazione ‐ Carta di uso del suolo PRG Roma Capitale
Rada 2
Colma 4
Pendenza DEM 50m
Assente 0
Moderata 1
Accentuata 2
Storico inneschi e propagazioni di incendi
Sala Operativa PC e Carabinieri Forestali
Assenza eventi 0
Eventi =1 4
Eventi >1 8
Classificazione A.I.B.
Piano AIB Regione Lazio
Medio
(valore per tutto il territorio capitolino)
(3.92) 4
Tabella 4: Classi di pericolosità della vegetazione combustibile
Il grado di pericolosità è il risultato della somma dei valori numerici attribuiti a ciascuna porzione di territorio all’interno della fascia perimetrale, e varia da un minimo di 0 a un massimo di 21.
PERICOLOSITÀ VALORI NUMERICI
BASSA Valore < 8
MEDIA 8 < Valore < 16
ALTA Valore > 16
Tabella 5: Grado di pericolosità 4.2.2 Sensibilità degli esposti
Utilizzando quale cartografia tematica di base la “Carta dell’uso del suolo e delle fisionomie vegetazionali del territorio comunale” del vigente PRG, si è attribuito un grado di sensibilità degli esposti adiacenti alle aree di interfaccia, secondo valori numerici compresi fra 1 e 10 secondo la seguente tabella:
Insediamenti 10
Infrastrutture e viabilità principale 10
Viabilità secondaria 8
Verde artificiale e attrezzato 5
Aree abbandonate 2
Tabella 6: Sensibilità degli esposti 4.2.3 Classi di sensibilità
SENSIBILITA’ VALORI NUMERICI
BASSA Valore < 3
MEDIA 4 < Valore < 6
ALTA Valore > 7
Tabella 7: Classi di sensibilità 4.2.4 Valutazione speditiva del rischio
La valutazione del rischio è stata ottenuta mettendo in relazione i valori relativi alla pericolosità delle fasce perimetrali di vegetazione e la sensibilità delle aree esposte, secondo la seguente tabella:
Pericolosità
Sensibilità
ALTA MEDIA BASSA
ALTA R4 R4 R3
MEDIA R4 R3 R2
BASSA R3 R2 R1
Tabella 8: Tabella di valutazione del rischio
Alle aree di interfaccia adiacenti agli esposti sensibili è stata attribuita una colorazione corrispondente alla classe di rischio:
ROSSO R4 rischio alto ARANCIONE R3 rischio medio GIALLO R2 rischio basso BIANCO R1 rischio nullo
In questa prima analisi la carta del rischio ottenuta, in cui sono state riportate le aree di interfaccia contigue alle fasce a rischio alto R4 e medio R3, ha carattere indicativo.
Sulla base di tali colorazioni e della distribuzione puntuale di specifici elementi vulnerabili (ospedali, scuole, insediamenti produttivi ed impianti industriali particolarmente critici, luoghi di ritrovo, strutture ricettive, luoghi di balneazione, infrastrutture ed opere relative alla viabilità ed ai servizi essenziali e strategici), si dovrà procedere ad una analisi e pianificazione di dettaglio, prevedendo sopralluoghi e verifiche in situ. La cartografia seguente mostra per il Municipio II un esempio delle
“Carte dello Scenario di Rischio Incendio di interfaccia”, elaborate secondo quanto precedentemente descritto. Le restanti Carte di Rischio sono parte integrante del presente piano e ad esso allegato.
Figura 5: Carta tipo dello scenario di rischio incendio boschivo e di interfaccia
5 Analisi degli incendi pregressi
L’esame delle serie storiche di incendio è importante per caratterizzare il fenomeno in una certa area dal punto di vista statistico ed è uno degli strumenti utilizzati per pianificare e progettare gli interventi di prevenzione. Tale analisi è finalizzata soprattutto alla progettazione della gestione del servizio di monitoraggio, avvistamento e prevenzione. Da un’analisi accurata di alcune caratteristiche significative degli eventi passati, si possono trarre utili indicazioni per impostare la pianificazione antincendio.
L’analisi delle serie storiche disponibili tiene conto essenzialmente dei dati relativi, dei valori assoluti e delle percentuali rilevate in un periodo di tempo sufficientemente lungo per fornire una rappresentazione verosimile dell’andamento del fenomeno, rispetto ai diversi parametri considerati, quali le superfici percorse, le superfici boscate percorse dal fuoco, la superficie media per incendio, la superficie media boscata per incendio, la distribuzione per classe di superficie boscata, la frequenza per classi di estensione.
Il numero degli incendi e la propagazione degli stessi dipende in maniera preponderante dall’andamento stagionale del clima. Stagioni piovose aumentano i periodi in cui il materiale combustibile, presente nelle aree boscate e non, ha difficoltà a prendere fuoco o lo fa in maniera molto lenta da permettere un rapido spegnimento.
Sul territorio di Roma Capitale, si è potuta effettuare un’analisi statistica sugli ultimi 5 anni, dal 2012 al 2017. Per questi anni infatti la Direzione di Protezione Civile di Roma Capitale dispone di una base dati omogenea dal punto di vista della catalogazione. Per l’area della Pineta di Castel Fusano i dati relativi agli eventi di incendio occorsi negli anni passati sono stati estratti dal Piano della RNSLR redatta dal Dott. Feminò, per gli anni dal 2009 al 2017. Di seguito pertanto si riporta il risultato di una serie di elaborazioni di statistica descrittiva che permettono di trarre un quadro generale dell’andamento del fenomeno, e che, per maggiore chiarezza e sintesi, viene presentato in forma grafica con relativo commento. Si è voluto quindi interpretare il fenomeno per capire sia la variazione numerica negli ultimi anni, sia la localizzazione degli eventi emergenziali all’interno dei municipi di Roma Capitale e, in uno stesso anno, i momenti di picco nell’arco del periodo di massimo rischio incendi boschivi.
5.1 Statistiche del territorio Roma Capitale (anni 2012‐2017)
Nella seguente tabella è riportato il numero di incendi verificatisi per ciascun anno, negli anni che vanno dal 2012 al 2017:
Anno Numero Totale Incendi
Variazione % rispetto all’anno precedente
Variazione % rispetto al 2012
2012 265 ‐ ‐
2013 178 ‐32.8 ‐32.8
2014 562 215.7 112.1
2015 377 ‐32.9 42.3
2016 790 109.5 198.1
2017 868 9.9 227.5
Tabella 9: Numero di incendi sul territorio di Roma Capitale dal 2012 al 2017
Se si analizza quindi il numero di incendi per anno negli anni presi in esame, si nota una crescita esponenziale del fenomeno negli ultimi anni.
Figura 6: Numero di incendi su Roma negli anni 2012‐2017
0 100 200 300 400 500 600 700 800 900
2012 2013 2014 2015 2016 2017
Numero Incendi
Anno
Numero annuo di incendi su Roma: 2012 ‐ 2017
Negli anni 2012‐2013, infatti, il numero di incendi si attestava sui 250, mentre negli ultimi anni, si è giunti ad un aumento di oltre il 200% rispetto al 2012, raggiungendo un numero estremamente elevato nel 2017, pari a 868.
In particolare, nel 2017, sul territorio di Roma Capitale si sono verificati 868 incendi, tra boschivi, di interfaccia ed urbano‐rurali, così suddivisi tra i vari Municipi di Roma Capitale:
INCENDI ANNO 2017 Municipio Numero
I 4
II 12
III 91
IV 104
V 42
VI 121
VII 29
VIII 29
IX 97
X 65
XI 53
XII 37
XIII 23
XIV 64
XV 97
Tabella 10:Numero di incendi per Municipio – Anno 2017
È evidente quindi che il maggior numero di incendi si è verificato nel Municipio VI (n.121), nel Municipio IV (n.104) e nel Municipio IX e XV (n.97).
A seguire i Municipi più colpiti da eventi emergenziali dovuti ad incendi sono stati il Municipio III (n.91) ed il Municipio X (n.65).
Nel grafico seguente si rappresenta la distribuzione percentuale del numero di incendi sui Municipi, da 1 a 15. Il 14% degli incendi registrati nel 2017 si è verificato nel Municipio VI.
Figura 7: Numero di incendi per Municipio‐anno 2017
Non essendo ancora in possesso dei dati relativi alle aree percorse dal fuoco per l’anno 2017, non è stato possibile effettuare una stima degli incendi in base alla superficie media per incendio percorsa dal fuoco e quindi dei danni subiti dai Municipi.
A tal riguardo è d’obbligo evidenziare che la Pineta di Castel Fusano e delle Acque Rosse, facenti parte della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, sono state oggetto di un esteso incendio sviluppatosi in data 17 luglio e propagatosi per diversi giorni.
Il Municipio X quindi, nel quale si trova la Pineta, anche se non è tra quelli che hanno subito il maggior numero di incendi, di certo è tra quelli che ha subito i danni maggiori.
0% 1%
11%
12%
5%
14%
3% 3%
11%
8%
6%
4%
3%
7%
11%
NUMERO DI INCENDI PER MUNICIPIO ‐ ANNO 2017
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
5.2 Statistiche della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano (anni 2009‐2017) Nel caso in esame per l’analisi statistica dei dati si è considerato un periodo storico di 8 anni, per il quale si aveva disponibilità di dati (studio dott.Feminò). Per dimensionare in senso generale e stagionale il fenomeno, si riporta la frequenza e la superficie percorsa totale nei mesi.
Mese Numero incendi
Superficie percorsa dal fuoco (ha)
Gennaio 0 56.8749
Febbraio 3 1.1562
Marzo 1 0.0151
Aprile 1 5.0078
Maggio 8 7.3692
Giugno 14 28.6407
Luglio 20 25.8139
Agosto 13 4.2051
Settembre 8 0.07
Ottobre 2 0
Novembre 0 0
Dicembre 0 56.8749
TOT. 70 129.1529
Tabella 11:Statistiche degli incendi nella RNSLR
Il periodo di massima pericolosità è quello tipico degli ambienti mediterranei, con picchi di frequenza e superfici percorse nei mesi estivi. Dal confronto con le statistiche precedenti si evincono i seguenti dati:
è notevolmente aumentato il numero degli incendi nel mese di luglio ma la superficie percorsa è diminuita;
nei mesi di luglio il numero di incendi è aumentato, ma la superficie complessiva e pari al 2,4%;
è significativamente diminuito il numero degli incendi nel mese di agosto.
Per quanto riguarda la distribuzione degli incendi per anno c’è da considerare le eccezioni negli anni 2009 e 2015, che hanno registrato picchi elevati.
Figura 8: Numero di incendi nella pineta di Castel Fusano, Anni 2008‐2016
Si può concludere che il controllo visivo dell’area della Pineta di Castel Fusano (dal 2003) e della Pineta delle Acque Rosse (dal 2006) abbia contribuito notevolmente alla riduzione dell’area complessiva percorsa dal fuoco.
Numero di incendi per anno – Pineta di Castel Fusano
6 Catasto delle aree percorse dal fuoco
La procedura amministrativa delineata dalla Legge 353/2000 prevede che i Comuni provvedano al censimento, tramite apposito catasto, dei soprassuoli percorsi dal fuoco, potendosi avvalere dei rilievi effettuati dal Corpo dei Carabinieri Forestali. A partire dai perimetri degli incendi censiti dall’Arma dei Carabinieri, ai sensi del D.lgs n.177 del 2016, e registrati in termini di precisione della componente geometrica nella banca dati del SIM (Sistema Informativo della Montagna), i Comuni devono provvedere allʹestrazione ed individuazione delle particelle catastali afferenti allʹarea incendiata ed alla loro iscrizione nel catasto dei terreni percorsi dal fuoco.
La Giunta Capitolina nella seduta del 3 aprile 2018, con la Deliberazione n.57 ha approvato gli elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco per gli anni 2015‐2016, ai sensi e per gli effetti dell’art.10 della Legge Quadro 353/2000.
È in fasi di predisposizione la Deliberazione contenente gli elenchi dei soprassuoli percorsi dal fuoco per gli anni 2017‐2018.