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DANNO PSICHICO, DANNO MORALE, DANNO ESISTENZIALE: IL RUOLO DEL MEDICO LEGALE. *Prof. Fabio Buzzi

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DANNO PSICHICO, DANNO MORALE, DANNO ESISTENZIALE:

IL RUOLO DEL MEDICO LEGALE.

*Prof. Fabio Buzzi

Ordinario di medicina legale Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica dell’Università di Pavia

Poiché il risarcimento del danno psichico rimanda ineluttabilmente alla necessità di differenziare ciò che costituisce danno concretamente biologico, nella sua connotazione psico-patologica nosograficamente definibile, da ciò che costituisce danno meramente morale e, ora, anche da ciò che può essere interpretato come danno esistenziale, alle considerazioni di ordine medicolegale é opportuno premettere - per il suo importante richiamo all'apporto interpretativo di matrice medica - una preoccupazione di indole processual-civilistica manifestata alcuni orsono da Gianguido Scalfi 1[1] in questi termini:

“La risoluzione di questa antinomia si avrà solo con la caducazione del superato principio limitativo posto dall’art. 2059 del Codice Civile, che ritengo vada cassato. Resta la preoccupazione attinente alla funzione giurisdizionale che, sulla base del principio affermato, prolifica in modo inusitato il danno alla salute dei congiunti innestato sul danno morale. Se si ha presente la pratica dei Tribunali, assediati da domande sovente temerarie, non ci si può illudere che il principio non sia sfruttato anche per effetto dell’ignoranza riguardo all’influenza della sfera morale sulla salute.

Non si può nascondere che nella stessa coscienza comune ciò che è morale, cioè l’espressione dell’anima, scolora e dissolve nella materialità. L’arte medica reca poca luce, e forse molta confusione in questi confini ”.

Ma questa luce - che è ben possibile giunga molto flebile all'occhio dei cultori del diritto - la medicina legale ha sempre cercato di alimentarla, adoperandosi anche parecchio per lumeggiare quella particolare zona grigia che preoccupava Scalfi, com'é concretamente provato dalla copiosa produzione bibliografia di questi ultimi anni proprio nel campo del danno psicologico, diretto e indiretto 2[2] 3[3] 4[4] 5[5] 6[6] 7[7] 8[8] 9[9] 10[10] 11[11] 12[12]

1[1] Scalfi G., L’uomo, la morte, la famiglia, Resp. Civ. Prev., 6, 982, 1994.

2[2] Marchetti M., Carnevale A., Problemi medicolegali della patologia psichica da stress, Riv. It. Med. Leg., 5, 46, 1983.

3[3] Durante Mangoni E., Perna A., Il medico legale di fronte al danno non patrimoniale, o morale; questioni semantiche dell’alternativa definitoria e questioni pratiche di metodologia del risarcimento, Riv. It. Med.

Leg., 9, 715, 1987.

4[4] Umani Ronchi G., Bolino G., Il danno biologico da uccisione: aspetti medicolegali, Iura Med., 2, 201, 1992.

5[5] Tavani M., Francia A., Polo L., Sul danno morale e sul danno biologico agli aventi diritto per la morte del congiunto: considerazioni medicolegali, Arch. Med. Leg. Ass., 14, 394, 1992.

6[6] Marasco M., Marinelli E., La valutazione del danno in responsabilità civile, Iura Med., 2, 229, 1995.

7[7] Atti delle giornate di studio sul danno alla salute. Pisa, 12-13.5.89, a cura di Bassi Luciani A. e Poletti D.

(2)

13[13] 14[14] 15[15] 16[16] 17[17]18[18] 19[19] 20[20] 21[21]

.

La giurisprudenza di merito ha invece non sporadicamente preceduto ad un automatico accreditamento "extra-peritale" di forme particolari di danno di natura psichica e di tipo riflesso (la cui compensazione monetaria è stata aggiunta a quella delle consolidate categorie di danno ordinariamente accreditate alle vittime secondarie) per risarcire non soltanto il danno da morte di congiunti, ma anche altre meno drastiche “privazioni relazionali”. Queste (un tipico esempio è rappresentato dall'estinzione dell'attività sessuale con la vittima primaria, a causa di particolari minorazioni psico-fisiche ad essa derivate dall'illecito

22[22]

) sono state considerate e risarcite come danno biologico riflesso senza ravvisare l'opportunità di indagini medicolegali intese ad appurare l’effettiva esistenza e la precisa portata minorativa delle possibili, ma non aprioristicamente scontate ripercussioni psico-patologiche in capo alle vittime secondarie.

Ed. CEDAM, Padova, 1990 (1a ediz.), p. 199.

8[8] Fineschi V, Salvinelli R, Le attuali competenze medicolegali nella definizione del danno extra- patrimoniale (ex art.2059 c.c.), Zacchia 61, 297, 1988.

9[9] Domenici R., Selvaggio G., La valutazione in sede di CTU: considerazioni e suggerimenti. In: AA VV, La valutazione del danno alla salute. A cura di Bargagna M. e Busnelli F.D. Ed. CEDAM, Padova, 1988 (2a ediz.), p. 171.

10[10]

Basile L, in: Danno biologico e danno psicologico. A cura di Pajardi D. Ed. Giuffré, Milano, 1990, p.

31.

11[11]

AA VV, Il danno biologico, patrimoniale e morale, Ed. Giuffré, (2a ediz.), Milano, 1995, v. in particolare: Brondolo W., Mangili F, Marigliano A., Danno biologico da menomazione psichica, p.256.

12[12]

AA.VV., Il danno psichico, a cura di Brondolo W. e Marigliano A., Ed. Giuffré, Milano, 1996, v. in particolare: Brondolo W., Marigliano A., Caratteristiche del danno psichico, p. 19, e Il danno da menomazione psichica, p. 29; Merzagora I., Morini O., Il danno alla salute dei congiunti superstiti, o dei congiunti del gravemente leso, p. 219; Castiglioni G., Temporaneità e permanenza del danno psichico, p.

197, e Il problema del nesso di causalità materiale p. 151.

13[13]

Bucarelli A., Cafini D., Tanda A., Ulteriori considerazioni sul danno da morte in tema di responsabilità civile, Iura Med., 2, 289, 1996.

14[14]

Calcagni C., Mei E., La valutazione del danno psichico in responsabilità civile: riflessioni in tema di metodologia diagnostica, Dif. Soc., 2, 157, 1998.

15[15]

Calcagni C., Mei E., Danno morale, danno biologico psichico: aspetti giurisprudenziali e medicolegali, Dif. Soc., 4, 153, 1998.

16[16]

Catanesi R., Troccoli G., Rinaldi R., La valutazione medicolegale della “reazione psicogena ad avvenimenti”, Zacchia, 2, 127, 1998.

17[17]

Celli R., Mascaro V., Il danno psichico indiretto in Europa e negli USA, Min. Med. Leg., 2, 77, 1999.

18[18]

De Fazio F., Danno da “morte” di un congiunto o, meglio, danno da “lutto”? Riv. It. Med. Leg. 6, 1151, 1997.

19[19]

Atti del convegno su: “Il danno alla persona: tutela civilistica e previdenziale a confronto”, Firenze, 17- 19.10.1996, Ed. Scuola di Sanità Militare, 1998; in particolare v. Barni M., Il danno biologico da morte:

profili medicolegali, p.137.

20[20]

Introna F., Il danno biologico iure proprio ai prossimi congiunti e l’assenza di prove, Riv. It. Med. Leg., 4-5, 1209, 1996. E’ qui ben evidenziato il fondamentale problema dell’accertamento peritale medicolegale in caso di richieste risarcitorie per il danno biologico riflesso da perdita del congiunto.

21[21]

Ponti G.L., Danno psichico e attuale percezione psichiatrica del disturbo mentale, Riv. It. Med. Leg. 3, 527, 1992.

22[22]

Buzzi F., L’impedimento dell’esercizio della sessualità al partner elettivo del danneggiato: danno biologico o danno morale?, Resp. Civ. Prev., 2-3, 611, 1997.

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In altre parole, si è dato per scontato, e quindi non meritevole di verifica medicolegale, che taluni mutamenti dell'assetto relazionale individuale - variabilmente definiti come danno da uccisione, danno alla serenità personale o famigliare, lesione del rapporto parentale, danno da impoverimento o soppressione del rapporto affettivo, danno edonistico, etc.

- determinino una minorazione permanente della salute di chi si trova ad affrontarle.

Se le finalità di queste estemporanee soluzioni risarcitorie possono anche riconoscere motivazioni tutt'altro che biasimevoli (basti pensare al tuttora inadeguato sistema di compensazione economica della morte di un congiunto, ove questo evento non abbia comportato la provata sottrazione di cespiti economici), sembra tuttavia discutibile che l'inadeguatezza dello strumentario civilistico valga ad autorizzare un utilizzo improprio del danno biologico, presuntivamente postulato sol per riuscire a dare più equo ristoro a privazioni relazionali che altrimenti risulterebbero sottostimate sul piano risarcitorio.

Ma - chiudendo questo peraltro doveroso inciso, e ritornando alla questione che interessa - teniamo a rispondere all'appunto genericamente mosso da Scalfi all' "arte medica" ricordando che in campo medicolegale, sul solco tracciato dei contributi bibliografici dianzi elencati nella seconda edizione della nota “Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente” 23[23] è stato inserito un capitolo dedicato al “Danno biologico di natura psichica alla persona del congiunto ”.

La formulazione lessicale di questo titolo risponde evidentemente alla necessità di ricomprendere ogni nocumento che sia derivato alla sfera psichica del congiunto non soltanto dalla morte della vittima primaria, ma anche da sue minorazioni di entità tale da deteriorare l'omeostasi psico- fisica in essere mercé le interazioni personali consolidatesi nel contesto dei rapporti di convivenza e/o di intimità 24[24]25[25].

La Guida non manca infatti di precisare che "il danno biologico di natura psichica si determina nella vittima secondaria allorché le sofferenze soggettive, sino ad alcuni anni fa considerate sempre e soltanto danno morale, si protraggono ed assumono le caratteristiche proprie della patologia psichica medicalmente accertabile e cioè del danno alla salute. Il

23[23]

Bargagna M., Canale M., Consigliere F., Palmieri L, Umani Ronchi G., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Ed. Giuffré, Milano, 1998, p. 257.

24[24]

Cass. Civ, n. 6607, 11 novembre 1986, in Il Foro It., II/833, 1987, con nota di A. Princigalli, nella quale il nostro sistema viene comparato con il diritto di common law da una parte, e con quello francese dall’altra, al fine di ricavare, dallo studio delle diverse realtà giuridiche, elementi utili al legislatore per la realizzazione di una disciplina più organica in materia.

25[25]

Cass. Civ. n. 60, 7 gennaio 1991, in: Resp.Civ. Prev., 446, 1991. Ma anche, contra, Cass. Civ. Sez. III, n. 6854, 16 dicembre 1988, nella quale la Corte affermò che il risarcimento dei danni non patrimoniali spetta ai prossimi congiunti soltanto se si tratta di danno cagionato da evento letale, mentre nel caso di lesioni colpose il danno morale ai congiunti della vittima costituisce conseguenza mediata e indiretta del fatto illecito.

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principio trova talora applicazione giurisprudenziale anche nel caso che la gravità delle lesioni, e quindi delle menomazioni sofferte dal danneggiato, abbia determinato un grave trauma psichico dei congiunti, dando luogo in essi ad un disturbo psichico vero e proprio ".

Pacifico essendo che le minorazioni permanenti della sfera psichica rientrano a pieno titolo nel danno biologico, atteso che la salute ha un'unitaria valenza somato-psichica il quale deve necessariamente ricomprendere all’un tempo soma e psiche, val la pena di ricordare che già nella prima monografia del gruppo di ricerca pisano del CNR per lo studio interdisciplinare del danno alla salute, guidato da Marino Bargagna e Francesco Donato Busnelli (pubblicata nel 1986, otto anni prima della nota di Scalfi) Marino Bargagna aveva anticipato, con perspicua lungimiranza, l’impostazione concettuale della nota sentenza n. 372/1994 della Corte Costituzionale. Egli aveva infatti prospettato che il patimento psichico non è riconducibile nell’ambito del danno alla salute allorquando non è obiettivabile e ponderabile, mentre lo è nel caso in cui “sfoci in manifestazioni, sia pure attenuate, di patologia psichica o psico-somatica, cioè in lesione, medicalmente constatabile e determinabile, dell’integrità ed efficienza psico-fisica “ 26[26] .

Successivamente, sempre con attenta considerazione per la risarcibilità dei danni riflessi (che all'epoca erano ancora oggetto di non trascurabili controversie), Busnelli così argomentava: "Se il soggetto ha subìto una lesione altamente invalidante, perché il familiare non deve avere anch’egli un risarcimento del danno? Se qualora questo avvenga non vedo perché non si debba risarcire il danno morale del familiare. La giurisprudenza non lo prevede... Credo che si tratterà, in questi casi, di vincere delle resistenze e di contenere l’eventuale ondata che si teme essere dilagante... Ma questi problemi sono da affrontare a viso aperto e non da lasciare da parte per il timore di una valanga… questi problemi aprono un'era nuova nel tema del danno alla persona, ed in particolare del danno alla salute ” 27[27].

Ora la risarcibilità dei danni riflessi è giunta alle soglie della legittimazione normativa. Infatti, nonostante le diverse inadeguatezze che da più parti si rimproverano al progetto di riforma del sistema di risarcimento del danno biologico presentato dall’ISVAP al Consiglio dei Ministri il 4.6.1999 (commentato con particolare tempestività, e non senza risparmio di critiche, dai due succitati coordinatori del gruppo pisano 28[28]

e da Patrizia Ziviz 29[29]), gli si deve comunque riconoscere il merito di aver

26[26]

AA VV, La valutazione del danno alla salute. A cura di Bargagna M. e Busnelli F.D. Ed. CEDAM, Padova, 1986, p.165.

27[27]

Busnelli F.D., Sul valore inestimabile dell'uomo e il risarcimento del danno. Atti del Convegno "Il prezzo dell'uomo", Pisa, 5-7.5.1994. Ed. ACOMEP, Pisa, 1995, p. 15.

28[28]

In: Danno e responsabilità, 7, 727, 1999.

29[29]

Ziviz P., Una nuova disciplina in tema di danno alla persona. Prime impressioni sulla proposta di

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preso in considerazione le c.d. "vittime secondarie".

L’art. 1 reca infatti la proposta di aggiungere all'art. 2056 c.c. un articolo 2056 ter, specificamente dedicato al “Danno biologico dei prossimi congiunti del danneggiato “, nel quale - senza alcuna precisazione in ordine alla natura psichica o d'altra specie del danno, ma con una predeterminata limitazione del novero degli aventi diritto 30[30] - si stabilisce che “In caso di morte del danneggiato è risarcibile il danno biologico subìto dai prossimi congiunti. … per prossimi congiunti si intendono il coniuge e i parenti entro il secondo grado. Al coniuge è equiparato il convivente di fatto, unito da stabile comunione morale e materiale con il danneggiato, che ne dia la relativa prova ".

Inoltre, proprio sulla questione del danno biologico e dei suoi rapporti col danno morale, questo progetto reca anche la proposta di una risolutiva cancellazione di ogni condizionamento penalistico dall'art. 2059 c.c. (che appunto per questo aveva indotto lo Scalfi citato in esordio ad auspicarne la caducazione) attraverso la seguente riformulazione: "Art.

2059 (Danno morale): in mancanza di specifici criteri previsti dalla legge il danno morale è liquidato dal giudice tenuto conto della gravità della lesione e di ogni altro elemento idoneo a provarne l'effettiva incidenza sul danneggiato ".

Esso prevede inoltre l'estensione della risarcibilità del danno morale alle vittime secondarie in forma strutturata e - differentemente da quanto previsto per il biologico - non limitata soltanto alla morte del congiunto, nei seguenti termini: "Art. 2059-bis. (Danno morale dei prossimi congiunti del danneggiato). In caso di morte del danneggiato è risarcibile il danno morale subìto dai prossimi congiunti. Il danno morale sofferto dai prossimi congiunti del danneggiato è altresì risarcibile quando la lesione dell'integrità psicofisica da quest'ultimo subita in conseguenza dell'evento dannoso sia pari o superiore al 50% di invalidità. Nella determinazione dell'ammontare del risarcimento del danno di cui al primo e al secondo comma del presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo 2059.

Ai fini del primo e secondo comma, per prossimi congiunti del danneggiato si intendono il coniuge e i parenti entro il secondo grado. Al coniuge è equiparato il convivente di fatto, unito da stabile comunione morale e materiale con il danneggiato, che ne dia la relativa prova ".

riforma approvata dal governo. Resp. Civ. Prev. 3, 833, 1999.

30[30]

Sulla tassativa delimitazione del novero dei congiunti cui il progetto di riforma riconosce la risarcibilità del danno biologico da lutto, Patrizia Ziviz (Una nuova disciplina in tema di danno alla persona: prime impressioni sulla proposta di riforma approvata dal governo, Resp. Civ. Prev. 3, 833, 1999) ha sensatamente argomentato che: ” …se il danno biologico va dimostrato attraverso l’accertamento di una malattia psichica, non si comprende la necessità di procedere ad una limitazione a priori dei soggetti legittimati. Né appare giustificata la previsione del ristoro di tale pregiudizio ai prossimi congiunti soltanto nell’ipotesi di decesso del familiare, e non anche a fronte della lesione della salute dello stesso”. Invero, nell’ultima ipotesi il progetto ISVAP prevede soltanto il risarcimento del danno morale e limitatamente al caso in cui il danno biologico patito dalla vittima primaria sia superiore al 50%.

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Questa formulazione tende evidentemente ad incanalare il danno riflesso all'alveo risarcitorio del morale in tutti i casi diversi dalla morte del congiunto. Infatti, non si spiegano altrimenti l'esplicita ammissibilità del risarcimento del danno riflesso di natura biologica in caso di morte della vittima primaria e l'omissione di un'analoga previsione in caso di sopravvivenza della medesima con invalidità superiore al 50%, a fronte di una vice versa esplicita ammissibilità del risarcimento del danno di natura morale per quest'ultima fattispecie.

Sul piano pratico, cioè dell'accertamento medicolegale, si profila dunque in maniera sempre più pressante necessità di un distinguo "tecnico"

tra danno meramente morale e danno concretamente biologico e, per quanto riguarda più in particolare il danno riflesso in capo ai congiunti, vi si sovrappone la necessità di calibrare la soglia del danno biologico riportato dalla vittima primaria "facendo i conti" con quella vera e propria franchigia rappresentata dalla soglia del 50%.

Per quanto di competenza medicolegale, ad inevitabile critica del contenuto dell'art. 2059-bis si deve ricordare che nei barémes di corrente impiego civilistico le più severe alterazioni della funzione sessuale e dei connotati fisionomico-estetici, così come gli stati morbosi psico-reattivi - cioè le condizioni che possono più di sovente determinare danni biologici riflessi nei congiunti - sono parametrate a percentuali inferiori al 50%, per cui questa franchigia toglierebbe loro ogni considerazione risarcitoria.

Risulta pertanto evidente - e non solo in ragione di questo particolare, ma più in generale per conferire la necessaria appropriatezza ai nuovi strumenti risarcitori - la necessità di un coinvolgimento della medicina legale anche nella fase di studio dei provvedimenti legislativi, se non altro per evitare che si verifichino poi distorsioni risarcitorie di segno diverso, ma di consimile portata negativa di quelle determinate dalla già ricordata, disinvolta propensione all' "autosufficienza valutativa"

manifestata da alcune corti di merito proprio in materia di danni riflessi

31[31]

.

Una propensione che contrasta non soltanto con il distinguo tra danno biologico e danno morale puntualizzato nella nota sentenza della Corte Costituzionale sulla risarcibilità del danno da lutto (n. 372/1994), ma anche con i più recenti indirizzi della Cassazione 32[32], nei quali risulta trasparentemente valorizzato il ruolo - che è proprio della medicina legale -

31[31]

Su questa tendenza v. la perspicua nota a sentenza di Paola Ziviz a Tribunale di Bologna, 13 giugno 1995, appropriatamente intitolata “Viaggio ai confini del danno psichico”, in Resp. Civ. Prev., 1, 172, 1996.

32[32]

v. Cass. Civ. Sez. III, Pres. Bile, Rel Amatucci, n. 10085 del 12.10.1998 (“Il risarcimento del danno biologico patito dai congiunti in seguito alla morte del famigliare – pregiudizio che consiste in una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’offeso, che ben potendo derivare dal medesimo turbamento dell’equilibrio psichico che ingenera il danno morale soggettivo, da questo differisce – può essere accordato esclusivamente ove sia fornita prova che tale decesso ha inciso sulla salute dei congiunti stessi.”) in: Resp.

Civ. Prev., 3, 752, 1999, con nota di P. Ziviz.

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di sceverare ciò che deve essere risarcito come danno biologico, da ciò che deve essere invece risarcito come danno morale 33[33] 34[34].

Particolarmente significativi ci sembrano, in proposito, i seguenti rilievi di Busnelli 35[35].

Il primo circa il fatto che nella precitata sentenza n. 372/1994 “la distinzione, faticosamente raggiunta, tra danno alla salute (risarcibile ex art.

2043) e danno morale (risarcibile ex art. 2059) non è stata cancellata, anche se in alcuni casi essa diventa labile e tende a sfumare in una differenza di grado ”.

Il secondo circa il fatto che “la scienza medicolegale, il cui supporto è fondamentale non soltanto per la valutazione del danno alla salute, ma anche per la delimitazione di tale categoria, è in grado di tracciare una tendenziale linea distintiva tra accertata patologia e fisiologico patema d’animo, tra malattia ed emozione. E la malattia mentale non sfugge a questa distinzione che solo si fa più problematica e approssimativa. La fiducia nella competenza e nelle serietà dei medici deve prevalere sul disincantato scetticismo che ha sempre nuociuto ad un corretto approccio giuridico alle patologie neurologiche e psichiatriche ”.

Si è già dimostrato che a queste aspettative dell'ambiente giuridico la medicina legale ha sempre cercato di dare risposte consensuali alla necessità di definire con la maggiore accuratezza possibile il confine tra turbamento emotivo temporaneo e danno permanente alla sfera psichica, sia attivando le proprie specifiche risorse culturali, sia recependo nel proprio ambito operativo peritale i contributi di altre competenze, segnatamente psichiatriche e psicologiche 36[36], per conferire la massima attendibilità alle definizioni nosografiche, all'indagine nessologica e alla procedura valutativa del danno psichico.

Questo impegno interdisciplinare ha avuto un'esplicita vidimazione nella Guida più volte richiamata, ove si sottolinea a chiare lettere che la valutazione del danno psichico costituisce un' “ indagine molto composita e articolata, documentale e clinica, circostanziale e specifica, da espletare, nei casi complessi, congiuntamente ad esperti di psichiatria di provata competenza nel settore “.

Soltanto a titolo esemplificativo e in sintesi del tutto estrema si può qui accennare che la procedura della valutazione medicolegale del danno riflesso dovrebbe comprendere almeno le seguenti fasi:

33[33]

Fineschi V., Ancora una vittima secondaria del “danno biologico” da morte: la C.T. medicolegale, Riv.

It. Med. Leg., 2, 513, 1994.

34[34]

Cateni C., Fineschi V., Nota alla sentenza della Corte Costituzionale n. 372 del 27.10.1994, Zacchia, 4, 463, 1994.

35[35]

Busnelli F.D., Tre “punti esclamativi”, tre “punti interrogativi”, un “punto e a capo”, Giust. Civ. 12, I/3035, 1994.

36[36]

Corte F., Buzzi F., Il danno biologico da lutto: metodologia diagnostica medicolegale. Riv. It. Med.

Leg., 1, 37-67, 2000.

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1) accurata indagine anamnestico-circostanziale, con particolare riguardo per la tipologia e l'intensità del rapporto interpersonale esistente tra vittima primaria e vittima secondaria;

2) valutazione quali-quantitativa degli effetti destabilizzanti introdotti nel predetto rapporto dal danno biologico subìto dalla vittima primaria;

3) esame obiettivo psichico sulla vittima secondaria;

4) uso di strumenti testistici standardizzati per formulare un’inquadramento diagnostico verificabile, ripetibile e comunicabile, in modo tale da essere universalmente interpretabile in maniera consimile;

5) parametrazione clinica dell’entità dei disturbi psichici riscontrati nella vittima secondaria (che è ovviamente procedimento diverso dalla valutazione del danno biologico, la quale seguirà se e nella misura in cui sarà stato accreditato un nesso causale/concausale tra il danno subìto dalla vittima primaria e i disturbi in questione);

6) analisi ponderata di ogni possibile elemento di connessione causale/concausale dei disturbi psichici/psicosomatici riscontrati nella vittima secondaria con la preesistente struttura della sua personalità e con la minorazione subita dalla vittima primaria;

7) giudizio diagnostico in ordine all’inemendabilità/permanenza dei disturbi medesimi.

Molto opportunamente Merzagora e Morini 37[37] hanno sottolineato la differenza che corre tra le locuzioni utilizzate nel settore della psicopatologia e quelle utilizzate nel settore del diritto, precisando che il perito può affermare l’esistenza di un danno psichico allorquando vi siano modificazioni che vanno al di là del transeunte turbamento e che abbiano realmente carattere di permanenza, e non hanno mancato di ricordare quanto diverse possano essere le reazioni di ogni singolo individuo ad un avvenimento. Essi hanno inoltre fornito equilibrate indicazioni circa l’uso dei sistemi di analisi e di classificazione standardizzati e ripetibili (tipo DSM, ICD, Scale d’impatto degli eventi psico-stressanti, ecc.), che ci trovano pienamente d’accordo.

L’utilizzo del DSM - che è ormai irrinunciabile per l'enunciazione di definizioni diagnostiche che siano attendibilmente indicative di veri e propri stati psico-patologici e passibili di verifica e di fruizione nei diversi contesti valutativi - va ovviamente modulato secondo la consolidata criteriologia medicolegale, attraverso la quale devono essere accuratamente vagliate la giustificabilità e la proporzionalità delle reazioni alla reale portata degli eventi psico-traumatici (v. F. Buzzi e M. Vanini: "Il danno biologico di natura psichica: definizione e valutazione medicolegale". Ed.

CEDAM, Padova, 2001).

37[37]

Cit. sub 12

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Del resto, nell’introduzione all’uso del manuale i suoi stessi autori hanno ammonito che: quando le categorie, i criteri e le descrizioni del DSM-IV vengono utilizzati a fini forensi, sono molti i rischi che le informazioni diagnostiche vengano interpretate in modo scorretto, a causa dell’imperfetto accordo tra le questioni di interesse fondamentale per la legge e le informazioni contenute in una diagnosi clinica. Nella maggior parte dei casi la diagnosi clinica di un disturbo mentale del DSM-IV non è sufficiente a stabilire l’esistenza ai fini legali di una “disabilità mentale” … nel determinare se un individuo soddisfa uno specifico standard legale sono di solito necessarie più informazioni rispetto a quelle contenute in una diagnosi di DSM IV.

Per quanto riguarda l’analisi del nesso causale - che è competenza elettiva della medicina legale - è quasi superfluo richiamare che nell’eziologia dei disturbi psichici/psico-somatici correlati al danno psichico riflesso, il cui substrato è per lo più (anche se non esclusivamente) di tipo depressivo-ansioso, non sempre è possibile poggiare l’impalcatura diagnostica sull’unico pilastro di una causa esclusiva.

Infatti, quasi sempre esso rappresenta il prodotto di molteplici fattori disturbanti, i quali attivano una spirale patogena che ad un certo punto, attraverso un meccanismo di sommatoria, dà corpo all’alterazione psico-comportamentale che riconosce come ultimo fattore concausale l’evento giuridicamente rilevante, secondo il noto concetto della “causalità circolare”.

E’ senza dubbio questo il presupposto criteriologico che deve essere utilizzato per la valutazione del nesso causale nel campo del danno psichico, in conformità con le indicazioni della migliore dottrina di matrice medicolegale, nella quale spicca il contributo di Gian Luigi Ponti 38[38], efficacemente riepilogativo dei fondamentali presupposti teorici e pratici per la differenziazione del danno morale dal danno psichico.

38[38]

Cit. sub 20.

(10)

Del resto, anche la migliore letteratura giuscivilistica 39[39] sembra condividere l'impostazione concettuale medicolegale circa i ben diversi riverberi negativi determinati sull'omeostasi psico-somatica da vissuti di amarezza, di afflizione, di disappunto, di insoddisfazione e di altri consimili stati d'animo, che possono contingentemente crucciare la mente in episodiche avversità esistenziali, rispetto a quelli determinati dal drastico deterioramento relazionale indotto dai disturbi depressivi, o dalle tipiche instabilità comportamentali dell'ansia patologica, o ancora dal restringimento del "raggio d'azione" e dai ripiegamenti isolazionistici dei disturbi fobici.

In altre più sintetiche parole, il risarcimento a titolo di danno biologico deve presupporre la comprovata esistenza di una "menomazione psichica accertabile", diversamente "si contrabbanda per tale una semplice lesione di desideri o di sentimenti " 40[40].

D'altra parte, negli anni più recenti la necessità di dare adeguato riconoscimento risarcitorio al danno morale è stata opportunamente valorizzata anche dalla Cassazione (Sez. III, n. 4852 del 19.5.1999, Pres.

Grossi, Rel. Segreto, in: Danno e responsabilità, 2, 157, 2000, con nota di M. Grondona) ed è auspicabile che questo tipo di attenzione, con la sua autorevolezza, faccia cessare il surrettizio accreditamento di pseudo-danni biologici al fine di compensare turbamenti e disagi umanamente importanti e plausibilissimi, ma comunque molto diversi dalle vere e proprie minorazioni psico-patologiche.

E nella direzione di un più efficace utilizzo del danno morale va pure l'art. 6 del già commentato progetto di legge, nel quale è prevista la differenziazione del suo risarcimento economico alla vittima primaria secondo quattro livelli (lieve, medio, grave, molto grave) e alle vittime secondarie secondo corrispettivi economici proporzionali al grado di parentela, o comunque di contiguità relazionale.

39[39]

Sulle intersezioni concettuali tra danno morale, danno psichico e danno riflesso, soltanto a titolo integrativo e senza alcuna pretesa di completezza, si richiamano qui di seguito alcuni dei numerosissimi contributi della dottrina giuscivilistica: Pellecchia E., La Corte di Cassazione e i c.d. danni riflessi;

divagazioni e deviazioni sul tema, Resp. Civ. Prev. 3-4, 456, 1991; Pellecchia E., “Lutto e malinconia”:

ovvero della controversa risarcibilità del danno psichico cagionato dalla morte di un congiunto, Nuova Giur.

Civ. Comm., I/Sez. II, 885, 1994; Comandé G., Nota a sentenza del Tribunale di Trento del 19 maggio 1995, Resp. Civ. Prev. 5, 800, 1995; Feverati M., Sacco M., La frontiera dei danni risarcibili: il danno biologico iure proprio da morte alla luce delle più recenti tendenze psichiatriche, un paradosso nato da una discussione fra un giurista e uno psichiatra, Giur. It. IV, 121, 1997; Cataldi M., Il danno psichico tra medicina legale e diritto, Giur. Di Merito, IV, 641, 1997; De Marzo G., Danno morale e danno psichico, Danno e Resp. 71, 691, 1998; Bona M., Lesioni mortali e danni tanatologici non pecuniari: danni risarcibili, quantificazione e questioni aperte, in Il nuovo danno alla persona, di Monateri P.G., Bona M., Oliva U., Ed. Giuffré, Milano, 1999, 81; Ziviz P., Il turbamento emotivo come fonte di danno biologico, Resp.Civ. Prev.3, 760, 1999;

Bargelli E., Linee di tendenza della giurisprudenza di merito in tema di risarcibilità del danno psichico “da morte” dopo la sentenza della Corte Cost. n. 372/1994, Danno e Resp. 2, 156, 1999; Iannarelli A., Il danno non patrimoniale, le fortune della doppiezza, Danno e Resp. 7, 717, 1999; Caso R., Danno per lesione del rapporto parentale: tra esigenze di giustizia e caos risarcitorio, Danno e Resp., 1, 68-72, 2000.

40[40]

Busnelli F.D, cit. sub 27.

(11)

Quantunque il risarcimento del danno morale esuli dalla sfera operativa della medicina legale, l'attenzione della disciplina non è mancata neppure a questo riguardo e con specifico riferimento alle succitate novità delineate dal progetto di legge, proprio sulla scia del quale Francesco Introna ha di recente tratteggiato un'esaustiva rassegna dei sistemi di risarcimento del danno psichico riflesso e del danno morale nei diversi Paesi europei 41[41].

Ma né l'apporto della medicina legale, né quello dei più illuminati giuristi può risolvere questioni che, nei loro presupposti di sostanza, dipendono essenzialmente dalla regia della public policy in materia di danni risarcibili, che deve riuscire a realizzare un armonico equilibrio tra gli schemi della giustizia correttiva, propri del diritto privato, e quelli della giustizia distributiva, propri del diritto pubblico.

Come giustamente osservato in proposito da Guido Alpa 42[42], un programma di social policy compete al legislatore, non alle corti, che - riteniamo di poter soggiungere - anche per quanto riguarda la risarcibilità del danno riflesso hanno finora deciso (più o meno bene) quasi in uno

"stato di necessità", condizionato proprio dalla latitanza del legislatore.

Vedremo dunque quale sorte avrà - in particolare per gli aspetti concernenti i danni riflessi - il progetto di riforma del risarcimento del danno alla persona dianzi richiamato.

Un progetto che, quantunque per molti aspetti decisamente innovativo, potrebbe non essere al passo rispetto all'incalzante ritmo delle aspettative di una sempre maggiore ampiezza della tutela risarcitoria che affiorano dal diritto vivente.

E nel novero di queste aspettative una posizione di indubbio rilievo sta assumendo il danno esistenziale 43[43] 44[44].

Essendo stato definito come lo strumento "che potrà consentire, in ambito aquiliano, una protezione della persona umana a 360° " 45[45], esso potrebbe dar soddisfazione a quelle esigenze risarcitorie che hanno alimentato le commentate propensioni della giurisprudenza di merito all'utilizzo surrettizio e tecnicamente inappropriato del danno biologico.

41[41]

Introna F., Ancora un tentativo per rendere omogenea la liquidazione economica del danno biologico (la proposta ISVAP del 1999), Riv. It. Med. Leg. 45, 1383-1400, 1999. Un'analoga rassegna dei diversi sistemi di risarcimento del danno psichico riflesso su scala internazionale sovra-europea si trova anche in:

Celli R., Mascaro V, Il danno psichico indiretto in Europa e negli USA. La situazione attuale, Minerva Med. Leg., 2, 77-96, 1999.

42[42]

Alpa G., I fondamenti filosofici della responsabilità civile (a proposito di un libro di Izhak Englard).

Resp. Civ. Prev., 1, 5, 1996.

43[43]

Cendon P., Ziviz P. (a cura di): Il danno esistenziale. Una nuova categoria della responsabilità civile.

Ed. Giuffré, Milano, 2000.

44[44]

Monateri P.G., Bona M., Oliva U.: Il nuovo danno alla persona. Ed. Giuffré, Milano, 1999.

45[45]

Ziviz P., Il danno esistenziale preso sul serio. Nota a: Tribunale di Milano, 21.10.1999, Giudice Unico Chindemi, e a: Giudice di Pace di Casamassima, 10.6.1999. Est. Stasi, in: Resp. Civ. Prev., 6, 1335- 1348, 1999.

(12)

Non sembra infatti aver incontrato difficoltà ad essere recepito dalle corti territoriali e ha ormai fatto il suo ingresso anche nella giurisprudenza di Cassazione, suscitando non inattese, contrastanti reazioni da parte dei cultori del diritto (Sez. I, n. 7713 del 7.6.2000, con commenti di Monateri e Ponzanelli 46[46] 47[47] 48[48]).

Rimane il dato di fatto che il danno esistenziale ha tutte le caratteristiche per occupare un ampio spazio nell'ambito dei danni riflessi

49[49]

.

Come puntualizzato da Monateri, il danno esistenziale deriva

"dall’esigenza di reagire all’aggressione ingiusta che provochi un mutamento negativo del complesso delle relazioni dell’individuo in quanto persona ".

E i contenuti di questo mutamento negativo sono ben altra cosa sia rispetto a quelli del danno morale, sia rispetto a quelli del danno biologico.

La distinzione tra danno morale e danno esistenziale è stata tracciata in questi nitidi termini da Cendon: "Il danno morale è essenzialmente un "sentire", il danno esistenziale è piuttosto un "fare" (cioè un non poter più fare, un dover agire altrimenti). L'uno attiene per sua natura al "dentro", alla sfera delle emotività; l'altro concerne il "fuori", il tempo e lo spazio della vittima ... Una sola nota comune - sul terreno formale - possono vantare le fenomenologie considerate: in ambedue i casi si tratta di "conseguenze" dell'evento iniziale. Per tutto il resto esse divergono profondamente " 50[50].

A sua volta Monateri ha individuato la soglia di distinguibilità tra danno esistenziale e danno biologico di natura psichica in un requisito di precipuo interesse per quanto qui in discussione, e cioè nell’apprezzabilità medica del biologico rispetto all'esistenziale, con l'importante avvertimento che "danno esistenziale e 'danno psichico' possono finire col sovrapporsi, se si aderisce ad una nozione allargata del secondo, mentre il primo può sopperire proprio allorquando prevalga una nozione più strettamente medica di quest’ultimo ".

Del resto, già in precedenza questo tipo di distinzione e la correlata importanza del contributo interpretativo della medicina legale avevano trovato espressione attraverso queste nitide affermazioni di Busnelli: "La scienza medicolegale, il cui supporto è fondamentale non soltanto per la valutazione del danno alla salute, ma anche per la delimitazione di tale categoria, è in grado di tracciare una tendenziale linea distintiva tra

46[46]

Monateri P.G., "Alle soglie". La prima vittoria in Cassazione del danno esistenziale. Danno e Responsabilità, 8-9, 836, 2000.

47[47]

Ponzanelli G., Sei ragioni per escludere il danno esistenziale. Danno e Responsabilità, 7, 693, 2000.

48[48]

Ponzanelli G., Attenzione, non é danno esistenziale, ma vera e propria pena privata. Danno e Responsabilità, 89, 841, 2000.

49[49]

Bilotta F., Il danno esistenziale: l'isola che non c'era. Danno e Responsabilità, 4, 398-407, 2001.

50[50]

Cendon P., Esistere o non esistere. Resp. Civ. Prev., 6, 1251-1333, 2000.

(13)

patologia e fisiologico patema d'animo, tra malattia ed emozioni. E la malattia mentale non sfugge a questa distinzione, che solo si fa più problematica. La fiducia nelle competenze e nella serietà dei medici deve prevalere sul disincantato scetticismo che ha sempre nuociuto ad un corretto approccio giuridico alle patologie neuro-psichiatriche " 51[51].

Sulla base di queste aperture di credito di matrice giuridica, nonché nella concreta prospettiva di ulteriori diversificazioni dei profili risarcitori dei danni alla persona 52[52], la medicina legale è di certo tenuta ad affinare e potenziare gli strumenti concettuali e pratici atti ad indagare, definire e valutare le reazioni psico-patologiche attendibilmente inquadrabili nella nosografia, ma deve anche eccepire la propria "incompetenza" a pronunciarsi su condizioni che non appartengono alla nosografia, rimettendole sensatamente ad altre "competenze".

51[51]

Cit. sub 14.

52[52]

I limiti dell'approccio medicolegale nella sempre più ampia e diversificata evoluzione del sistema risarcitorio dei danni alla persona erano stati avvertiti già alcuni anni or sono da Busnelli, proprio in relazione al " progressivo spostamento del fulcro della tutela risarcitoria della salute dal danno reale, conseguente ad una menomazione psico-fisica accertata dal medico legale - donde l’importanza del concorso e la cooperazione tra le due culture (quella giuridica e quella medicolegale: ndr) - al danno presunto, che non postula questa collaborazione, coincidente con eventi di varia natura". Il danno alla salute tra vere e false antinomie. Atti del Convegno “Le nuove frontiere del danno risarcibile”, Montecatini, 4-6.5.1995, Ed. ACOMEP, Pisa, 1995, p. 63.

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