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(2) 30-10-2018 . Pagina 36 645.645. https://www.lastampa.it/ . Grazie ai PARP inibitori, per chi ha un tumore all’ovaio rischio di morte ridotto del 70% Nelle pazienti con la mutazione BRCA l’utilizzo di olaparib abbassa la percentuale di mortalità. Un risultato storico per il trattamento del carcinoma ovarico. DANIELE BANFI Per anni affrontare il tumore all’ovaio significava solamente poter disporre di chirurgia e chemioterapia. Due armi che purtroppo poco potevano fare quando la malattia si era diffusa. Oggi fortunatamente le prospettive stanno cambiando e grazie ad una particolare classe di farmaci -i PARP inibitori- il cancro dell’ovaio può essere affrontato con successo. A confermarlo è uno studio presentato al congresso dell’European Society of Medical Oncology (ESMO) svoltosi a Monaco di Baviera (Germania). Il farmaco olaparib si è dimostrato efficace nel ridurre del 70% il rischio di progressione della malattia o morte nelle pazienti con carcinoma ovarico con mutazione nei geni BRCA. Un risultato importante che è stato pubblicato contemporaneamente alla presentazione ad ESMO sulla rivista New England Journal of Medicine. Cancro dell’ovaio: il ruolo dei geni BRCA Secondo gli ultimi dati AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) in Italia vengono diagnosticati ogni anno circa 5 mila tumori all’ovaio. Alla base dello sviluppo di questa forma tumorale vi sono diversi fattori. Mentre alcuni sono modificabili attraverso lo stile di vita, altri.
(3) sono presenti sin dalla nascita e non si possono modificare in alcun modo. E’ questo il caso di alcune particolari mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. Chi le possiede ha maggiori probabilità di sviluppare un tumore come nel caso dell’attrice Angelina Jolie. Ciò accade perché questi geni mutati portano alla produzione di proteine che hanno una capacità di riparare i danni al Dna con un’efficienza nettamente inferiore rispetto a quelle prodotte in assenza di mutazione. Ecco perché, proprio per l’incapacità di riparare il Dna, le cellule accumulano più mutazioni che possono portare alla trasformazione tumorale. Purtroppo ad oggi il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro tre anni mentre il tasso di sopravvivenza a cinque anni è del 20%. Per il carcinoma ovarico avanzato di nuova diagnosi dunque lo scopo principale del trattamento è ritardare la progressione della malattia il più a lungo possibile. Un qualcosa di difficile poiché spesso i cicli di chemioterapia utilizzati generano una resistenza ai farmaci che rendono le terapie inefficaci sul lungo periodo. I PARP inibitori causano la morte delle cellule tumorali Negli anni grazie alla ricerca gli scienziati hanno scoperto che alcune proteine della famiglia PARP sono fondamentali per riparare i danni al DNA ed in particolare nelle cellule tumorali come quelle dove c’è la mutazione BRCA. Un meccanismo che quando viene inibito porta alla morte di queste cellule a causa di un sovraccarico di errori a livello del Dna. Partendo da questa osservazione, negli anni sono stati sviluppati i PARP inibitori, farmaci capaci cancellare l’effetto riparatorio delle proteine PARP. La loro azione consiste dunque nell’annullamento dei meccanismi di riparazione del DNA nelle cellule neoplastiche dell’ovaio, con la conseguente morte delle cellule malate. Olaparib riduce il rischio di morte Uno di questi inibitori è olaparib, un PARP inibitore in fase di sperimentazione da diversi anni. Nello studio SOLO-1 presentato ad ESMO è stato dimostrato che l’utilizzo di olaparib come terapia di mantenimento dopo l’intervento chirurgico e la chemioterapia, è in grado di garantire alle donne un aumento della sopravvivenza libera da malattia mai osservato in precedenza, ovvero almeno 3 anni in più rispetto al gruppo che ha utilizzato il placebo. Non solo, dalle analisi a 41 mesi dall’inizio della sperimentazione è emerso un vantaggio significativo nel ridurre il rischio di recidive e morte del 70%. «Alla luce di questi importanti risultati -spiega la professoressa Nicoletta Colombo, Direttore della Divisione di Ginecologia Oncologica Medica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milanol’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi assume un ruolo fondamentale. Solo in questo modo siamo in grado di indentificare tempestivamente le pazienti che possono beneficiare di un trattamento in grado di cambiare la storia della malattia». Il futuro è nella combinazione di più farmaci? Ma le novità non finiscono qui perché la ricerca clinica sta andando avanti per cercare ulteriori opzioni terapeutiche per migliorare quanto già di buono è stato fatto. Il prossimo passo sarà ora quello di valutare la somministrazione combinata di olaparib e bevacizumab, un farmaco che inibisce la formazione dei vasi sanguigni che il tumore utilizza per crescere. In molti Paesi infatti la terapia standard di prima linea prevede la somministrazione di quest’ultimo in aggiunta alla chemioterapia. Lo studio PAOLA-1 ora in corso valuterà l’efficacia della combinazione per rispondere alla domanda se sia preferibile la terapia di mantenimento con olaparib o con l’aggiunta di bevacizumab..
(4) 30-10-2018 Lettori 80.400 http://www.adnkronos.com. Tumori: radioterapia 'impossibile', in Italia 30 mila pazienti esclusi l'anno L'iniziativa Estro per accesso adeguato. Roma, 30 ott. (AdnKronos Salute) - Combattere le barriere che ancora oggi in Italia ostacolano l'accesso alla radioterapia e ai suoi benefici nella cura del cancro: ogni anno oltre 30.000 pazienti ne sono esclusi. Nel 151° anniversario della nascita di Marie Curie una delle prime donne scienziato della storia, vincitrice di due Nobel per le sue scoperte sulla radioattività - la Fondazione della Società europea di radioterapia e oncologia (Estro Cancer Foundation) lancia dunque una campagna di informazione e sensibilizzazione richiamando l'attenzione sul valore della scoperta della radioterapia per la medicina e i suoi benefici, oggi più attuali che mai, in campo oncologico. "Obiettivo della campagna è ribadire che, insieme alla chirurgia e alla chemioterapia, la radioterapia è una delle primarie terapie oncologiche - dichiara in una nota Umberto Ricardi, presidente Estro - In Italia, i più recenti dati di incidenza delle patologie oncologiche riferiscono di circa 370.000 nuovi casi di tumore ogni anno, 1.000 nuove diagnosi al giorno. Se si considera che il trattamento radioterapico è indicato, sulla base delle evidenze scientifiche, in almeno il 50% dei pazienti oncologici in una qualche fase della storia naturale della malattia, si può stimare che nel nostro Paese siano oltre 180.000 i pazienti che potrebbero ogni anno trarre beneficio da questa terapia. Purtroppo sussistono però alcune significative barriere d'accesso nel nostro Paese, che possiamo riassumere in fattori di carattere strutturale, quali carenze di risorse tecniche e umane, e in una percezione della radioterapia come specialità medica oncologica ancora da consolidare". I risultati dell'indagine Estro rilevano che nei 27 Paesi europei, tra cui l'Italia, l'accesso alle cure radioterapiche è estremamente eterogeneo, con i Paesi a più alto reddito dell'area nord-occidentale (primi fra tutti Olanda, Norvegia e Svizzera) che possono contare su un livello ottimale di risorse, mentre altri (tra cui Albania, Bielorussia, Repubblica Ceca) che accusano carenze significative sia a livello generale di strutture sia, in modo ancor più significativo, a livello di tecnologie avanzate capaci di erogare i trattamenti di maggior precisione. "Complessivamente, un paziente su quattro che in Europa dovrebbe ricevere la radioterapia ne resta invece escluso - evidenzia Ricardi - In Italia la fotografia presenta delle zone di luci ed ombra, per quanto il bilancio finale non si scosti di molto dalla statistica europea". Nel dettaglio, come numero di centri, con le nostre 165 strutture disseminate su tutto il territorio nazionale siamo ai primi posti della classifica europea, secondi solo alla Francia (176). Osservando però i dati relativi alla distribuzione dei macchinari, l'Italia risulta agli ultimissimi posti, con poco più di due unità a centro (2,1), al pari di Paesi già citati quali Bulgaria, Bielorussia e Repubblica Ceca, ovvero il cluster che emerge dall'indagine come il più arretrato a livello.
(5) europeo. Anche analizzando il dato del numero di macchinari per milioni di abitanti, l'Italia si posiziona fuori dalla top-ten dei Paesi Ue con una media pari a 5.7. "La radioterapia è un campo della medicina in rapidissima evoluzione non solo perché trova sempre nuove indicazioni, ma anche perché l'introduzione di tecnologie sempre più avanzate consente di assicurare un migliore controllo della malattia e di ridurre o minimizzare il rischio di effetti avversi. Investire nel rinnovamento dei macchinari è quindi di fondamentale importanza per assicurare la qualità delle cure. Oggi possiamo stimare che circa il 40% delle macchine in dotazione dei centri italiani sia da sostituire", afferma Stefano Magrini, presidente Airo (Associazione italiana radioterapia e oncologia clinica). Non solo. "Troppo spesso la radioterapia viene ancora comunemente percepita come una strategia invasiva, che comporta rischi per la salute e da considerare solo in ultima istanza, a malattia avanzata, quasi solo come cura palliativa. Nulla di più lontano dalla realtà - spiega Vittorio Donato, presidente eletto Airo - La radioterapia svolge oggi un ruolo fondamentale nel trattamento delle neoplasie più frequentemente diagnosticate in Italia e in Europa, come quelle al polmone, al seno, alla prostata. In molti casi può essere una scelta ottimale sia in fase iniziale, quando il tumore è ancora di piccole dimensioni e la radioterapia si pone come alternativa all'intervento chirurgico, sia nei pazienti con metastasi, quelli più difficili da trattare e dove si stanno ottenendo risultati significativi utilizzandola anche in associazione alle terapie oncologiche di ultima generazione, come la 'target therapy' e l'immunoterapia, di cui l'intervento radioterapico è, per certi versi, il precursore e un efficace completamento", conclude..
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(59) IMMUNONCOLOGIA.
(60) IMMUNONCOLOGIA.
(61) ISTITUZIONALE SANITÀ.
(62) 30-10-2018 513.678 http://www.ansa.it/. Obesità infantile, gli amici possono aiutare a stare in forma Studio, attività di gruppo stimolano i bambini a fare sport ROMA, 30 OTT - Secondo l'International Association for the Study of Obesity, in Europa un bambino su tre è obeso o sovrappeso. Uno degli obiettivi per gli esperti è trovare il modo migliore per motivare i giovani a fare attività fisica, che aiuta a dimagrire e a prevenire le malattie associate alla sedentarietà. Un studio ha esaminato l'impatto di meccanismi sociali come la reciprocità e la cooperazione di gruppo nel motivare bambini di 9-11 anni a praticare più sport. A 350 bambini di 15 scuole elementari italiane è stato chiesto di indossare quotidianamente per sette settimane un accelerometro per registrare i movimenti del corpo. L'attività fisica rilevata veniva trasformata in punti, che alla fine dello studio potevano essere scambiati con premi, assegnati in base all'attività svolta dal bambino (incentivi individuali), oppure a quella dei loro migliori amici e collettivamente all'interno di squadre (incentivi sociali). In queste ultime due condizioni, più i loro amici si muovevano, più i bambini ricevevano punti. "Gli incentivi sociali erano molto più efficaci rispetto a quelli individuali nello stimolare l'attività fisica dei bambini, portando ad un aumento globale del 52% di attività rispetto ad una condizione di controllo", spiega Eugenia Polizzi, ricercatrice dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc) e coautrice del lavoro. "Inoltre continua - l'effetto degli stimoli sociali varia a seconda del genere, le bambine risultano più recettive a incentivi in cui i punti sono scambiati con quelli delle migliori amiche, mentre nei maschi hanno più successo quelli di 'gruppo' in cui i punti vengono sommati e redistribuiti tra i membri di una squadra". "Questi risultati sono spiegabili in termini di differenze nelle reti di amicizia: quelle femminili sono più ristrette e reciproche, quelle maschili più ampie e caratterizzate da giochi di gruppo". Lo studio, pubblicato su Nature Human Behaviour, è coordinato dal Joint Research Center della Commissione europea in collaborazione con l'Università di Cambridge..
(63) 30-10-2018. 513.678 http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/. Influenza, parte campagna vaccinale per gli operatori sanitari Policlinico Gemelli, ridurre rischi per i pazienti fragili. Nel 2017 incremento vaccinazioni del personale ospedaliero del 32% © ANSA/Ansa. Si chiama 'Proteggiti, fai la tua parte' la campagna di vaccinazione antinfluenzale 2018-19 rivolta agli operatori sanitari e ai dipendenti ospedalieri che verrà lanciata mercoledì 31 ottobre dalla Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma e dalla Facoltà di Medicina dell'Università Cattolica. Arrivata alla quinta edizione, la campagna, che nel 2017 ha ottenuto un incremento del 32% rispetto alle vaccinazioni dell'anno precedente, quest'anno ha come obiettivi di incrementare ulteriormente la copertura vaccinale e ridurre il rischio di trasmissione del virus a pazienti fragili. "La vaccinazione antinfluenzale - spiega Patrizia Laurenti, tra i promotori della campagna - è una misura di prevenzione di comprovata efficacia, efficienza e sicurezza. Gli operatori sanitari sono a maggior rischio di contrarre il virus per il quotidiano contatto con i pazienti. Se non vaccinati, possono trasmettere l'influenza a loro volta ai propri familiari, ad altri operatori sanitari e soprattutto ad altri pazienti, alcuni dei quali possono andare incontro a forme gravi, se non addirittura letali." Quest'anno, considerati gli incoraggianti risultati registrati, la vaccinazione on site, intesa anche come opportunità di formazione (le sedute saranno presidiate da Medici in formazione specialistica delle Scuole di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva e Medicina del Lavoro dell'Università Cattolica e da Infermieri del Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche), sarà estesa a tutti i reparti del Policlinico. Si è deciso inoltre di ampliare l'orario di apertura dell'ambulatorio vaccinale della Medicina Preventiva. "L'auspicio - dice Filippo Berloco, dirigente medico UOS Servizio di radioprotezione e igiene ospedaliera del Gemelli - è che nel giro di pochi anni il tasso di copertura vaccinale negli operatori sanitari della Fondazione possa replicare quello che si registra da tempo nei paesi anglosassoni, facendo diventare l'offerta vaccinale stagionale un ulteriore tassello nella strategia globale di contrasto alle infezioni correlate all'assistenza". (ANSA)..
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