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Academic year: 2021

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1.1 Il metodo d'indagine

«La metodologia è da considerare come una delle variabili chiave della ricerca. Possiamo definirla una variabile strategica poiché è in grado di incidere direttamente sulla qualità del processo di indagine ponendolo al passo con i tempi del sapere scientifico [...] rappresenta una forma mentis indispensabile per lo studioso [...] una risorsa immateriale...».1 Così mi sono resa conto a

posteriori di aver impostato la mia indagine e, come scrive Ferraris Franceschi, pur nella consapevolezza della necessità di delineare correttamente il problema, non avevo a mia disposizione una ricetta per la sua impostazione, «essendo molteplici e infinitamente diversi per scopi e livello di astrazione i problemi che vale la pena affrontare per mantenere quel grado di vicinanza alla realtà che ci consente il costante confronto delle teorie con i fatti».2 L'indagine

svolta attraverso le interviste sul campo (in-deep) ha cercato di investigare soprattutto il rapporto tra le aziende, da un lato, ed il pubblico, i proprietari ed i mass media, dall'altro. In nessun caso è stato approfondito l'aspetto dei

venture capitalist (o investitori di minoranza) quali per esempio i filantropi

imprenditoriali noti con il nome di “business angel”. I motivi principali sono tre. Il venture capitalist è il sostegno finanziario alle aziende di piccole dimensioni che nasce in ambiente anglosassone e, a differenza della banca, è un socio perché non presta denaro ma concede un mutuo. Tale figura resta sempre un soggetto esterno che, superata la fase di start up, vende le proprie quote di minoranza. Le tre aziende farmaceutiche, è vero, hanno vissuto al loro arrivo una fase di avvio, ma non di vero e proprio start up, in quanto “derive” estere di imprese già mature e consolidate, quindi tale figura resta per queste sullo sfondo.

Il secondo motivo è la riservatezza che le imprese – e quelle farmaceutiche ancora di più – sono solite manifestare nelle questioni prettamente economico-finanziarie sulle quali possano tacere senza infrangere alcuna norma. La

comunicazione obbligatoria è l'adempimento delle leggi e dei regolamenti

allo scopo di:

• Ridurre le asimmetrie informative,

1 R. Ferraris Franceschi, Problemi attuali dell'economia aziendale, cit., p. 3 2 Ivi, p. 4

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• obbligare la comparazione favorendo l'efficienza allocativa attraverso un linguaggio mediamente comprensibile a tutti,

ridurre il rischio di insider trading, ovvero il «trasferimento nei prezzi di

alcune informazioni sino a quel momento non conosciute dal mercato»3

(ma questo, oltre che molto lento e poco etico, vale soprattutto per le aziende quotate),

• aumentare la credibilità delle informazioni grazie all'esistenza di concrete sanzioni.

Complemento e non alternativa alla comunicazione obbligatoria è quella

volontaria: il livello tecnico è più elevato, la quantità di informazioni minore e

mancano controlli o tutele istituzionali. «La prima, fondamentale, motivazione che induce le aziende [ad incoraggiarla] è l'esigenza di sviluppare una comunicazione “di indirizzo” verso gli stakeholder».4 Nel caso delle aziende non

quotate, tuttavia, la differenza tra questi due modi di comunicare si assottiglia, dato che per tale tipo di realtà societaria non esistono enti di controllo della comunicazione obbligatoria del tipo della Consob o di Borsa Italia.

Il terzo ed ultimo motivo riguarda il fatto che, come ricorda Quagli, «le società non quotate si caratterizzano proprio per la “chiusura” del loro capitale a terzi investitori».5 Infatti, nel loro caso si individuano solo tre essenziali categorie di

investitori: il capitale di comando (che di fatto coincide con l'azienda stessa), i finanziatori bancari (con i quali si intrattiene normalmente una comunicazione operativa) e i già citati investitori di minoranza (facendo uso anche con questi soprattutto di canali diretti e comunicazione operativa). Quagli è convinto, però, che «nella comunicazione con gli investitori, le società quotate si avvalgano in positivo di una notevole omogeneità del sistema valoriale di riferimento, più di quanto non accada per le società non quotate».6 Tale

circostanza fa sì che nel primo tipo di società l'interazione sia più agevole e risultino potenziate le capacità di ciascun polo comunicativo di comprendere le altrui intenzioni.

Nell'area di Barcellona e per il settore farmaceutico gli unici “supervisori”

3 Bertinetti, 1996, cit. in A. Quagli, cit., p. 45 4 Ivi, p. 59-60

5 Ivi, p. 29 6 Ivi, p. 37

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istituzionali sono il Ministero di Sanità e la Società Spagnola dei Medicinali e dei Prodotti Sanitari, oltre che le Autorità Sanitarie della Comunità Autonoma Catalana. Quello che è piuttosto speciale per il settore farmaceutico è, poi, il meccanismo di autocontrollo attraverso la propria principale associazione di categoria: FARMAINDUSTRIA. Saranno analizzati dettagliatamente l'Ordinamento dell'Industria Farmaceutica, la Guida alla Promozione dei Farmaci e il Codice Deontologico stabilito da FARMAINDUSTRIA.

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