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2.4 Polymerase Chain Reaction (PCR) (Sambrook et al., 1989)

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Academic year: 2021

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Testo completo

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Materiali e Metodi

contenente etanolo, per eliminare contaminazioni come sali e componenti macromolecolari solubili; si effettua una centrifugazione per 1 minuto a 11.000 RPM, si elimina l'eluato e si risciacqua con NT3. Infine, si eluisce il DNA con 50 µl di buffer NE, lasciando agire per 1 minuto e centrifugando per 1 minuto a 13.000 RPM.

L'estrazione può essere verificata tramite una corsa su gel di controllo.

2.4 Polymerase Chain Reaction (PCR)

(Sambrook et al., 1989)

La tecnica della reazione a catena della DNA polimerasi, o PCR, permette di amplificare un frammento di DNA utilizzando specifici primers, grazie alle proprietà di sintesi di una DNA-polimerasi. I primers sono oligonucleotidi, sintetizzati in vitro, lunghi qualche decina di deossiribonucleotidi e complementari, su eliche diverse, alle estremità del frammento di DNA da amplificare. In opportune condizioni, essi si appaiano alle sequenze complementari sul DNA e fungono da inneschi per la polimerasi. Per i procedimenti di clonazione, i primers vengono disegnati in modo da avere alla loro estremità 5' una sequenza di riconoscimento per un enzima di restrizione, che non taglia all’interno del frammento di interesse. Questo consente, al termine della reazione di amplificazione, di digerire le estremità del DNA ottenuto, in modo da poterlo clonare in un vettore precedentemente tagliato con lo stesso enzima (o gli stessi enzimi) di restrizione. La reazione, generalmente, viene effettuata in un volume di 50-100 µl. Il protocollo, qui

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Materiali e Metodi

riportato come esempio, si riferisce all’uso dell’enzima “AccuTaq”, una DNA-polimerasi ad alta fedeltà, prodotta dalla ditta Sigma.

DNA 10-20 ng

AccuTaq polimerasi 0.05 U/µl

PCR Buffer 1/10 vol. tot.

Primer 5’ 0,1-0,5 µM

Primer 3’ 0,1-0,5 µM

Mix deossinucleotidi 0,2 µM

H20 mq fino a vol.

La reazione di amplificazione consiste in vari cicli (25-35), ciascuno dei quali è composto da più fasi a diversa temperatura. Il passaggio da una temperatura all’altra è permesso dall’uso di un apposito ciclizzatore termico.

All’inizio è necessario denaturare con il calore i due filamenti del DNA e/o le cellule in cui è eventualmente contenuto, per poter consentire il successivo appaiamento dei primers, effettuando un primo passaggio di 30 sec a 94°C.

A questo punto inizia l’amplificazione vera e propria. Ogni ciclo prevede una fase di denaturazione iniziale di 30 secondi a 94°C; segue una fase di appaiamento, o “annealing” dei primers al DNA da amplificare, resa possibile dall’abbassamento, per 30 secondi, della temperatura fino ad un valore indicativo di 52-60°C (dipendente dalla lunghezza e dalla composizione in basi dei primers utilizzati); infine, si effettua una terza fase in cui la temperatura viene aumentata a 68°C per 1-2 minuti per consentire alla polimerasi di allungare i filamenti di DNA. Un’aliquota del prodotto ottenuto viene sottoposta ad elettroforesi su gel di agarosio con bromuro di etidio (EtBr)

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Materiali e Metodi

insieme ad un marcatore di lunghezza in paia di basi. Se la reazione è avvenuta correttamente ed è stato amplificato un frammento della lunghezza attesa, si eluisce da gel il DNA ottenuto.

Questo protocollo è stato utilizzato per ottenere frammenti da clonare in opportuni vettori per generare alcuni dei costrutti utilizzati nel presente lavoro di tesi.

2.4.a Generazione dei costrutti deleti

L’uso di questa procedura ha permesso di eliminare porzioni progressivamente crescenti della porzione 3’ dei geni wild-type.

Per prima cosa sono stati disegnati degli oligonucleotidi che fossero in parte complementari alla sequenza del DNA, ma che al loro interno contenessero una sequenza di taglio riconosciuta dall’enzima EcoRI: GAATTC.

Dopodiché si effettua la PCR secondo questo protocollo:

DNA 20 ng

RedTaq Polimerasi 2,5 µl

Reaction Buffer 1/10 volume finale

Primer 5’ 125 ng

Primer 3’ 125 ng

Mix deossinucleotidi 250 µM ognuno

H20 mq fino a volume di 100 µl

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