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Capitolo 3 Rivelazione dei segnali

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Academic year: 2021

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Capitolo 3 Rivelazione dei segnali

3.1 Generalità

Si è visto come i metodi di classificazione siano molto eterogenei a causa anche dell’inesistenza di una rigorosa trattazione del problema nella sua generalità. La validità dei singoli metodi è strettamente legata alle condizioni, esigenze e scopi degli autori. Oltre naturalmente al tipo di approccio adottato, la differenza principe dei vari metodi risiede appunto nelle diverse assunzioni di informazioni a priori. Nel modello generale si sono incluse queste informazioni nel sottosistema di pre-processing (includendo la loro stima nel sistema di classificazione) e nel rivelatore (ritenendole informazioni note). Anche il tipo di rivelatore in realtà è strettamente legato al sistema di classificazione o ai tipi di segnali che si vogliono classificare. Se ad esempio si visualizza l’uscita di un rivelatore di frequenza al cui ingresso è stata applicata una BPSK, si noteranno due picchi. Se lo stesso segnale viene processato, però, con un rilevatore d’inviluppo si perderà questo carattere distintivo. In questo modo si sta però implicitamente assumendo noto il tipo di segnale che si vuole rilevare.

Il classico problema di rivelazione si basa sulla formulazione di un test a due ipotesi:

H0:r t

( )

=n t

( )

, segnale assente H1:r t

( ) ( ) ( )

=s t +n t , segnale presente

in questo modo le prestazioni di un rivelatore sono espresse tramite le probabilità di rivelazione P e probabilità di falso allarme d P . Il metodo classico per affrontare Fa

questo tipo di problema (rivelazione di un singolo segnale sconosciuto), considera l’utilizzo dei cosiddetti radiometer detector che si basano sull’integrazione per un sufficiente intervallo di tempo dell’energia del segnale ricevuto e nel confronto dell’uscita dell’integratore con una opportuna soglia. Considerando n t

( )

come rumore gaussiano, le P e d P assumono tipicamente distribuzione del Chi-Fa Quadro(χ ). 2

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Nei contesti in cui viene tipicamente inserito un classificatore di modulazione, il problema che si deve affrontare, detto anche general search problem (GSP), è caratterizzato invece da un range ampio di segnali e diverse condizioni di rumore, includendo scenari con alti e bassi SNR, con segnale singolo e/o segnali multipli adiacenti.

I segnali da rilevare possono essere più di uno e l’ipotesi sono quindi multiple:

( )

( )

( )

0 : D i i i H r t s t w t = =

+

dove w t

( )

sta ad indicare un processo di rumore non necessariamente gaussiano e D il set dei possibili segnali. In questo caso oltre alla P , è introdotta anche la Fa

probabilità di mancato rilevamento P . Mentre il problema della rivelazione di un Md

singolo segnale è abbastanza trattato in letteratura, poche sono le tecniche proposte per affrontare pienamente il GSP. Ad esempio in [50] è proposto l’utilizzo di cumulanti e di funzioni che n’approssimano il calcolo, affrontando in modo congiunto la rivelazione e la classificazione dei segnali. Anche in [37] le HOS sono considerate un buono strumento di rivelazione e cercando di limitare la complessità del metodo è proposto solo il calcolo del cumulante del quarto ordine. Spesso questi tipi di rivelatori sono ritenuti sub-ottimi, perché si basano sul calcolo dei parametri discriminanti e non propriamente sulle statistiche del segnale il cui tipo di modulazione è appunto sconosciuto. Analogamente al riconoscimento possiamo riconsiderare la ciclostazionarietà dei segnali e costruire rivelatori ad hoc [46] oppure reintrodurre l’utilizzo di trasformate tempo-frequenza o wavelet particolarmente adatte ad ambienti non-stazionari. Prima però di aumentare la complessità sarebbe meglio verificare se, sotto alcune ipotesi, non si possano ottenere prestazioni accettabili anche con una rivelazione nel dominio della frequenza tramite una più semplice analisi spettrale dei segnali o evidenziarne eventualmente i limiti.

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3.2 Metodo proposto

L’idea di base è quella di considerare i picchi frequenziali come possibili segnali, assumendo però solo rumore gaussiano e soprattutto segnali rigorosamente a banda stretta. I segnali in ingresso sono stati ottenuti con il generatore MUST (Multi-signal

Simulation Tool) in una banda da 0 a 1 MHz. Come prima prova di simulazione si

sono considerati 7 canali di trasmissione ognuno composto da un numero variabile di segnali (da un minimo di 3 ad un massimo di 19 per un totale di 52 segnali da rilevare) per una durata di 0.1 sec. Unica assunzione sul tipo di segnali è che la loro banda sia minore di 10 kHz , (valore accettabile per un tipico segnale di comunicazione a banda stretta) e che non ci siano sovrapposizioni. La frequenza di campionamento assunta è naturalmente di 2 Mhz e quindi si considerano 200000 campioni per canale.

Lo schema a blocchi sintetizza l’algoritmo utilizzato:

Calcolo Max

relativo

Divisione di

frequenze

2

|

FFT

|

Calcolo

, Md Fa P P

Dati uscita

simulatore

Dati uscita generatore

(4)

I campioni in uscita dal generatore rappresentano l’andamento del canale nel tempo e si può notare come sia impossibile distinguere o separare i vari segnali (fig.2):

0.1 0 Tempo (sec ) Am p ie zz a (V o lt )

Fig 2: Segnale in uscita dal generatore MUST

Nel dominio della frequenza invece i segnali sono visibilmente distinguibili tra loro (fig.3): Frequenza ( MHz ) A m p ie z za ( )

Fig.3: FFT del segnale in uscita da MUST

Lo spettro è stato ottenuto tramite il modulo quadro della FFT sui primi Nr =132702 campioni (la potenza di due più vicina al numero di campioni). Il punto cruciale è la scelta di una soglia opportuna in modo da poter separare i contributi frequenziali dovuti al segnale da quelli di solo rumore. Intuitivamente si può assumere come soglia la media dei campioni in frequenza e quindi come nel caso del radiometer si sceglie una soglia proporzionale all’energia ricevuta, cioè del segnale più rumore.

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Detto N i numeri di campioni considerati si ha:

( )

( )

2 2 0 0 1 1 1 | | * r N N k n k n r r soglia R i r i N N N sopt λ soglia = = ⎛ ⎞ ⎛ ⎞ = ≈ ⋅ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ =

dove R k rappresentano i campioni in uscita dalla FFT di ( ) Nr punti. Il fattore di proporzionalità λ tra la soglia ottima e il valore appena calcolato deve essere tale da minimizzare le P e Md P o, come si vedrà in seguito, tale da ottenere un buon Fa

compromesso tra le due. Quindi le componenti frequenziali (i campioni) che superano la soglia sono raccolte in un vettore mentre le restanti sono considerate solo componenti dovute al rumore. Già in questo passo, una scelta errata della soglia potrebbe causare la perdita di uno o più segnali (soglia troppo alta) e quindi una mancata rivelazione oppure confondere campioni di rumore come segnale (soglia troppo bassa) e cioè falso allarme. Nelle figure successive è illustrato il modo in cui cambiano le frequenze salvate con il variare del fattore λ e quindi della soglia, per una porzione di banda dell’intero canale.

Frequenza ( MHz ) Frequenza ( MHz ) Frequenza ( MHz ) Frequenza ( MHz ) 0 λ = λ = 5 10 λ = λ = 20 Am p ie z z a ( ) Am p ie z z a ( ) Am p ie z za ( ) Am p ie z za ( )

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Il passo successivo consiste nel riuscire a raggruppare tra questi campioni “utili” quelli presumibilmente appartenenti allo stesso segnale. Questo punto è stato indicato come “divisione di frequenze” in quanto consiste in una separazione in varie porzioni dell’intera banda di canale. Partendo dal primo elemento del vettore (quello a frequenza più bassa) si scandagliano e si raggruppano i campioni “sopravvissuti” come componenti di uno stesso segnale fino a che non si riscontra una differenza frequenziale tra campioni adiacenti, maggiore di 10 KHz. In questo modo il penultimo elemento è considerato l’ultimo componente di segnale, mentre l’ultimo diviene il primo campione di un nuovo segnale rilevato. Anche in questo punto si può evidenziare cosa porterebbe ad un mancato rilevamento o ad un falso allarme. Se due componenti di segnali diversi si trovano “abbastanza vicini”, l’algoritmo rivela un unico segnale con banda più larga. Le assunzioni iniziali però di segnali a banda stretta e non sovrapposti permettono di poter classificare quest’evento come “sospetto”. Infatti le componenti “vicine” non saranno vere componenti di segnale, ma naturalmente contributi di solo rumore che la scelta di una soglia troppo bassa non ha eliminato. Se invece questi elementi di rumore sono “isolati” saranno considerati come segnali. La figura sottostante, ottenuta ponendo λ=5, descrive in generale questo passo dell’algoritmo:

m a x i f Frequenza (KHz) m in i f iD−segnale (i+1)D−segnale (i+2)D−segnale min max 1 1 i i f+ = f+ min 2 i f+ (kHz)

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Come si può intuire il primo segnale potrebbe avere una banda più larga, mentre il secondo segnale rilevato è un possibile falso allarme. Bisogna quindi verificare tra i segnali conteggiati quali corrispondono ad effettivi segnali trasmessi. Si definiscono perciò le frequenze di centro banda come:

min max 2 cent i i i f f f = +

mentre le bande stimate:

Bi = fimax− fimin

Per misurare le probabilità si fanno due distinzioni:

a) Per il calcolo di PFa si considerano come segnali rivelati solo quelli la cui

frequenza di centro banda è “vicina” ad una delle frequenze portanti (minore della metà di banda) e con una banda stimata naturalmente minore di 10 kHz. In questo modo, tutti i campioni troppo “isolati” o quei raggruppamenti “troppo grandi” sono considerati come falsi allarmi.

b) Per il calcolo di PMd invece si considera come segnale rivelato qualsiasi campione o raggruppamento che comprende una delle frequenze portanti. In questo modo il caso “sospetto” di due segnali inglobati in uno stesso raggruppamento è considerato come falso allarme, ma non come mancata rilevazione poiché le componenti di segnale sono state effettivamente rilevate dal decisore a soglia.

Questa assunzione consente infatti di associare in generale, un falso allarme ad una soglia troppo bassa ed una mancata rilevazione a soglie troppo alte. Come si è già accennato, quindi la scelta della soglia ottima (ovvero di λ ) dipenderà da un compromesso tra queste due probabilità.

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Nelle figure successive sono illustrati gli andamenti complessivi delle PFae PMd per

tutti i sette canali di trasmissione simulati e per due diversi SNR:

λ

% Fa

P

P

Md

10

SNR

=

λ

%

20

SNR

=

Fig.6: Andamenti delle PFae PMd al variare dell’SNR

Come ci si aspettava la PFa decresce all’aumentare della soglia fino ad annullarsi, mentre la PMd, anche se lentamente, aumenta. Inoltre si nota come il valore di λ sia

più basso per rapporti segnale-rumore più alti, in quanto la soglia reale è legata all’energia del segnale. Nel compromesso per la scelta della soglia ottima bisogna inoltre considerare che il falso allarme è un evento meno “nocivo” e più contenibile di una mancata rivelazione. Quindi il lambda ottimo non corrisponde necessariamente al punto d’incontro delle due curve, ma è scelto tale da diminuire la probabilità di mancata rivelazione. Nel considerare range di frequenze più grandi (ad esempio fino a 30 MHz) o in uno scenario più complesso (rumore non gaussiano, segnali a diversi SNR, adiacenti o sovrapposti in banda) abbiamo naturalmente alcune perplessità sulla

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reale applicazione dell’algoritmo. In queste nuove condizioni il fenomeno più amplificato è l’effetto di “mascheramento” dei segnali più forti nei confronti dei più deboli aumentando il rischio di mancata rivelazione. I campioni più grandi, infatti, contribuiscono ad un innalzamento della soglia tale da “nascondere” (cioè renderli pari a rumore) i campioni più piccoli. In range di frequenze più piccole (come quella considerata) naturalmente questo fenomeno è più controllato. In [72] questo problema è ad esempio affrontato con la sottrazione dei segnali più forti e con una stima grossolana della potenza di rumore. Anche questo approccio però riconduce il problema ad una suddivisione in sottobande leggermente sovrapposte, in modo da includere possibili segnali ai “bordi”:

0-30 MHz

0-15 MHz 15-30 MHz 22.5-30 MHz 15-22.5 MHz 7.5-15 MHz 0-7.5 MHz

Fig. 6: Suddivisione in sottobande

Naturalmente la suddivisione prosegue fino alla grandezza di banda desiderata di 1 MHz, ma può andare anche oltre fino ad esempio alla larghezza di banda di un singolo segnale. L’iterazione continua dell’algoritmo, le dovute operazioni di sottocampionamento e di traslazione in banda base, rendono l’intero procedimento più oneroso e quindi simile a tecniche basate sulla ciclostazionarietà e trasformate wavelet, che sembrano offrire però prospettive più ampie [46][47][55][61]. D’altro canto però, quando si considera una banda di pochi kHz, l’algoritmo diviene un buon metodo di stima della frequenza di portante del segnale.

Figura

Fig. 1 : Schema generale
Fig 2 : Segnale in uscita dal generatore MUST
Fig. 5 : Divisione di frequenze
Fig. 6 : Suddivisione in sottobande

Riferimenti

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