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CAPITOLO 4 Il “Dress Code” in The Hunger Games

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

Il “Dress Code” in The Hunger Games

Il ruolo degli abiti in The Hunger Games è cruciale, perché essi sono uno strumento capace di mostrare lo sfarzo e la negatività che caratterizzano l’eccesso imperate a Capitol City, dove il lusso e l’esteriorità sono più importanti di qualsiasi altro valore per gli abitanti. Dagli indumenti indossati è possibile determinare la classe sociale di appartenenza di ciascuno. Gli abiti, in questo caso, rappresentano proprio la moda nel suo significato più negativo, ovvero la ricerca eccentrica e lo sfoggio narcisistico. È proprio questa la prima cosa che la protagonista osserva appena scesa dal treno che l’ha portata a Capitol City:

The oddly dressed people with bizarre hair and painted faces who have never missed a meal. All the colors seem artificial, the pinks too deep, the greens too bright, the yellows painful to the eyes, like the flat round disks of hard candy we can never afford to buy at the tiny sweet shop in District 12. […] They do surgery in the Capitol, to make people appear younger and thinner1.

Il termine “moda” deriva dal latino modus e significa, appunto, “modo,

maniera”2, nel senso di un modo di vivere, di autodefinirsi attraverso usanze e

abbigliamenti, introdotto da individui che creano un determinato stile, destinato, poi, a decadere nel tempo. La moda di Capitol City vuole in qualche modo ostentare la continua ricerca dell’eccesso e del marcatamente vistoso. Proprio come osserva Sergio Botta, la moda mostra le eccedenze, il surplus, in un riscontro immediato con gli eccessi vissuti a Capitol City:

La moda […] programmaticamente e sistematicamente confonde il corpo e l’abito, come un cocktail che, con componenti prestabilite, riesce a creare un nuovo sapore e talvolta un nuovo stato d’animo: a memoria d’uomo e senza particolari tentazioni iperboliche, non si è registrato un evento più rivoluzionario, in ragione del quale ogni precedente struttura significante è stata metabolizzata in un nuovo processo di significazione, come dimostra il racconto biblico della Genesi, secondo cui l’abito, prima di origine vegetale

1

Suzanne Collins, The Hunger Games, cit., pp. 59, 124.

2

(2)

(una moda più ‘umana’), poi di origine animale (una moda più ‘divina’), non serve tanto a coprire la nudità del corpo, ma a rivelarla in tutta la sua scandalosa eccedenza rispetto alla condizione originaria3.

Mai come in questo caso l’abito e l’aspetto esteriore sono un contrassegno della classe sociale e di un’ideologia: gli abiti vistosi e particolari oggettivano l’eccentricità e la continua ricerca della novità e della perfezione in seno alla capitale. Questo è lo stesso motivo per cui, durante gli Hunger Games, si attribuisce grande importanza anche all’aspetto estetico dei partecipanti. Appena arrivati a Capitol City, infatti, i concorrenti si preparano per il reality show con dei trattamenti estetici, tra cui la ceretta a gambe, braccia e sopracciglia e l’eliminazione di strati di pelle morta con una schiuma esfoliante. Questa “disumanizzazione” dei concorrenti, con cure di bellezza e trattamenti estetici, sarà ciò che li avvicina di più allo standard di bellezza coltivato nella capitale. Come osserva Andrew Shaffer, è proprio la degradazione dell’aspetto fisico a risultare una sfida irrinunciabile per chi vive nel lusso sfrenato di Capitol City:

We don’t know what role Capitol propaganda plays in dehumanizing district residents, since we never really get a true Capitol citizen’s view of the Capitol’s tactics. But we do know that the Capitol’s citizens regard the tributes, along with the rest of the inhabitants of the districts, as “barbarians.” This is partly due to their appearance. District 12 coal miners, for instance, have hunched shoulders, swollen knuckles, broken nails, and sunken faces. District inhabitants are also exceedingly hairy compared to Capitol citizens, which no doubt makes them look more like nonhuman animals than human beings in the eyes of their hairless detractors. The prep team takes great care to remove all traces of hair from the tributes, shaving, waxing, and tweezing every last bristle and nub from Katniss’s body in an attempt to make her appear more “human”4.

Questa analisi si riscontra nel romanzo attraverso le parole di Flavius, uno dei preparatori di Katniss, il quale, dopo aver sistemato e vestito Katniss prima della sfilata degli Hunger Games, esclama “Excellent! You almost look like a human

being now!”5 . Risulta quindi fondamentale, anche in questo caso, la relazione che

3

Sergio Botta, Abiti, corpi, identità: significati e valenze profonde del vestire, Società Editrice Fiorentina, Firenze 2009, p. 30.

4

Andrew Shaffer, “The Joy of Watching Others Suffer: Schadenfreude and The Hunger Games”, cit. in George A Dunn, Nicolas Michaud, “The Hunger Games” and Philosophy: A Critique of

Pure Treason, cit., p. 81.

5

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si crea tra l’abbigliamento in senso stretto e l’habitus. La connotazione dell’habitus, teorizzata dal sociologo francese Pierre Bourdieu, si riferisce a un complesso di scelte che consentono alle persone di consolidare le abitudini e quindi di contribuire a plasmare la società nella quale vivono. Il modo e lo stile di vita determinano l’habitus:

l’habitus coglie le differenze di condizione, che percepisce sotto forma di differenze tra pratiche classificate e classificanti [...], in base a criteri di differenziazione, i quali, essendo a loro volta il prodotto di queste differenze, sono ad essere oggettivamente conformi e tendono quindi a percepirle come naturali. […]

Gli stili di vita sono […] i prodotti sistematici degli habitus che […] diventano sistemi di segni forniti in una qualifica sociale6.

Per questo motivo, per gli abitanti di Panem, non risulta “strano” usare abiti eccentrici o trucchi molto intensi, in quanto si tratta di pratiche ormai assorbite dalla quotidianità e, di conseguenza, nel quadro dell’habitus; gli abitanti dei distretti, al contrario, non possono che dare maggiore importanza al lavoro e alla sopravvivenza, tralasciando l’aspetto estetico.

Gli abiti non sono importanti nemmeno per la protagonista, che, ovviamente, è pressata da problemi di sopravvivenza, dal bisogno di mantenere in vita la sua famiglia. Katniss, spesso veste abiti maschili, in particolare pantaloni, e indossa spesso la giacca del padre per andare a caccia con stivali e pantaloni comodi:

I […] slide into my hunting boots. Supple leather that has molded to my feet. I pull on trousers, a shirt, tuck my long dark braid up into a cap, and grab my forage bag7.

I pantaloni sono un ulteriore elemento che avvicina la protagonista a una polarità “mascolina”. Anche se a partire dal XX secolo sono stati riconosciuti come abbigliamento “unisex”, i pantaloni, in questo caso, intendono enfatizzare il carattere forte e i tratti “maschili” della ragazza, interessata più alla comodità ai fini della caccia piuttosto che alla moda o alla bellezza. L’unica cosa che la rende femminile è la treccia con cui la madre la abbellisce, quasi come un segno

6

Pierre Bourdieu, La distinzione: critica sociale del gusto, il Mulino, Bologna 2001, p. 177.

7

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distintivo di personalità. Come si è già detto, Katniss si è auto-imposta il ruolo di capofamiglia per salvare la madre e la sorella dalle sofferenze della fame, dopo la morte del padre; i suoi vestiti riflettono, in qualche modo, questo suo aspetto, preannunciandone anche il ruolo di leader della rivolta, con un temperamento forte e coraggioso.

È difficile, quindi, per la protagonista dare importanza al vestiario se non per scopi rilevanti per la sopravvivenza, come, appunto, nel contesto della caccia. Anche durante il Reaping, in cui i giovani sono invitati a vestirsi con abiti puliti e sufficientemente eleganti, Katniss preferisce usare un abito vecchio della madre piuttosto che preoccuparsi di trovare qualcosa di adatto all’occasione:

To my surprise, my mother has laid out one of her own lovely dresses for me. A soft blue thing with matching shoes8.

Gli abiti, pur non essendo fondamentali per Katniss, come individuo, diventano parte importante della sua storia, soprattutto perché quelli indossati durane lo svolgimento degli Hunger Games sono un indice del controllo esercitato su di lei e sugli altri partecipanti al “gioco” da parte dello Stato di Panem. È proprio quando viene selezionata per gli Hunger Games che il suo aspetto cambia radicalmente: esattamente come gli altri tributi, ora lei è una celebrità e, in quanto tale, deve sottostare agli standard di bellezza imposti dalla capitale. Adesso anche lei è diventata un “ingranaggio” che muove la macchina di propaganda per vendere i giochi della fame e per rafforzare il potere dello Stato. Katniss, infatti, pur essendo un animo ribelle, è sempre comunque “limitata” dagli obblighi imposti dalla dittatura e da coloro che governano il paese. Esattamente come nota Deirdre Byrne, Katniss viene anche manipolata attraverso gli abiti in quanto “pedina” di Capitol City per sottomettere gli abitanti:

As a citizen of District Twelve (the mining district) and as a tribute in the Hunger Games, Katniss is a target of the Capitol’s strategies for controlling bodies. To that extent, she functions as a typical citizen of Panem, whose body is regulated and made to function in preordained ways according to systems of control. […] Katniss’s clothing signals her entrapment in power inequalities, especially those of gender and class, and also serves as a

8

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continual reminder of her mortality, fragility and dependence on state systems9.

Il primo vestito che Katniss indossa durante gli Hunger Games è creato dallo stilista a lei assegnato, Cinna, per la cerimonia di apertura ai giochi. Si tratta di un abito che, in qualche modo, deve ricordare l’economia di sussistenza del distretto nel quale vive la coppia di tributi:

I’m in a simple black unitard that covers me from ankle to neck. Shiny leather boots lace up to my knees. But it’s the fluttering cape made of streams of orange, yellow, and red and the matching headpiece that define this costume. Cinna plans to light them on fire just before our chariot rolls into the streets. […]

My face is relatively clear of makeup, just a bit of highlighting here and there. My hair has been brushed out and then braided down my back in my usual style10.

I colori dell’abito (nero, rosso, arancione e giallo) evocano proprio il carbone e la fiamma prodotta dalla combustione. La povertà del distretto è suggerita, attraverso la semplicità dell’indumento, che tuttavia può rappresentare anche la pericolosità e la forza del fuoco che divampa. È proprio per questo che il

soprannome di Katniss, “girl on fire”11, sembra presagire il suo futuro:

esattamente come la forza del fuoco si sprigiona dal carbone, così il carisma della protagonista esploderà trasformandosi nella forza di chi insorgerà contro Capitol City.

Simile è la valenza metaforica dell’abito che Katniss dovrà utilizzare per la seconda sfilata degli Hunger Games. Nel secondo romanzo, infatti, avviene la Quarter Quell, ovvero una cerimonia speciale legata agli Hunger Games che si svolge ogni venticinque anni. La particolarità del Quarter Quell al quale parteciperà Katniss (quello del settantacinquesimo anno) è di coinvolgere negli Hunger Games i tributi vincitori ancora in vita di ogni distretto. Come la precedente, la sfilata deve essere rappresentativa dell’attività primaria del distretto dal quale provengono i rispettivi partecipanti:

9

Deirdre Byrne, “Dressed for the Part: An Analysis of Clothing in Suzanne Collins's Hunger

Games Trilogy”, in Journal of Literary Studies, vol. 31, No. 2, 2015, pp. 43-62 (pp. 45-46), http://dx.doi.org/10.1080/02564718.2015.1058553 [consultato il 26 Ottobre 2017].

10

Suzanne Collins, The Hunger Games, cit., p. 67.

11

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[Cinna] puts up my hair first, in the braided style my mother introduced him to, then proceeds with my makeup. Last year he used little so that the audience would recognize me when I landed in the arena. But now my face is almost obscured by the dramatic highlights and dark shadows. High arching eyebrows, sharp cheekbones, smoldering eyes, deep purple lips. The costume looks deceptively simple at first, just a fitted black jumpsuit that covers me from the neck down. He places a half crown like the one I received as victor on my head, but it's made of a heavy black metal, not gold. Then he adjusts the light in the room to mimic twilight and presses a button just inside the fabric on my wrist. I look down, fascinated, as my ensemble slowly comes to life, first with a soft golden light but gradually transforming to the orange-red of burning coal. I look as if I have been coated in glowing embers — no, that I am a glowing ember straight from our fireplace. The colors rise and fall, shift and blend, in exactly the way the coals do12.

Quindi, anche nel secondo romanzo, l’abito utilizzato per la sfilata si relaziona all’identità del distretto e, soprattutto, tende a elevare Katniss a simbolo politico di rivolta. Il vestito con le fiamme sembra rappresentare la giovane come uno spirito ardente mosso da un desiderio di ribellione e di vendetta.

Gli abiti, dunque, spesso anticipano di ciò che accadrà nel romanzo. Come osserva Mariapia Bobbioni, gli abiti nei romanzi possono avere un ruolo premonitorio:

Spesso un dettaglio del vestire viene posto, offerto, quasi a voler anticipare al lettore un aneddoto significativo, che probabilmente si verificherà tale, oppure un frammento pittorico di un personaggio, quasi un indizio, una premonizione di ciò che inesorabilmente accadrà13.

È quindi il dettaglio delle fiamme che, in questo caso, lascia presagire l’imminente rivolta che sta per succedere e che avrà il suo pieno corso nell’ultimo romanzo della trilogia. Il riferimento alle fiamme, però, può essere anche una premonizione dell’esplosione finale (quella in cui Katniss rimarrà ferita da parecchie ustioni e nella quale la sorella perderà la vita), che sarà l’ultimo e forse anche il più complesso motivo di sofferenza e di ferite traumatiche per la protagonista, che non si riprenderà mai pienamente.

12

Suzanne Collins, Catching Fire: The Second Book of the Hunger Games, http://ebooksstuff.com/pdf/games/Catching%20Fire.pdf [consultato il 23 Settembre 2017], p. 214.

13

Mariapia Bobbioni, L’Abito fa il personaggio nel guardaroba nel romanzo moderno, Lucchetti Editore, Bergamo 1990, p. 51.

(7)

Dopo la sfilata, i tributi hanno un giorno di tempo per prepararsi alle interviste e Katniss si esercita anche su come muoversi con i tacchi, grazie alla accompagnatrice dei tributi del Distretto 12, Effie Trinket:

The shoes are the worst part. I’ve never worn high heels and can’t get used to essentially wobbling around on the balls of my feet14.

I tacchi a spillo sono considerati un indumento prettamente femminile, che esprime anche sensualità. È noto, infatti, che indossando i tacchi, la tensione a cui è sottoposta la parte inferiore del corpo fa sì che aumenti la sporgenza dei glutei

aumenti di circa 25%15. Come ha affermato in un’intervista il famoso stilista

Salvatore Ferragamo:

“Ogni donna può trasformarsi in principessa. E una principessa in regina, basta indossare la scarpa giusta”16

Ma per la protagonista l’uso dei tacchi non ha alcun scopo di seduzione; anzi, le causano disagio, a ulteriore conferma di come la lotta per la sopravvivenza tenda ad appiattire le differenze culturali tra “femminino” e “mascolino”.

Le interviste ai tributi sono presentate da Caesar Flickerman, l'uomo che le conduce da più di quarant'anni. Degno abitante di Capitol City, egli non mostra segni di invecchiamento grazie agli interventi di chirurgia estetica, a cui si aggiunge il ricorso ad abiti eccentrici e acconciature particolari:

[Caesar Flickerman is] a little scary because his appearance has been virtually unchanged during all that time. Same face under a coating of pure white makeup. Same hairstyle that he dyes a different color for each Hunger Games. Same ceremonial suit, midnight blue dotted with a thousand tiny electric bulbs that twinkle like stars. […]

This year, Caesar’s hair is powder blue and his eyelids and lips are coated in the same hue. He looks freakish but less frightening than he did last year when his color was crimson and he seemed to be bleeding17.

14

Suzanne Collins, The Hunger Games, cit., p. 115.

15

Linda O’Keffe, “Shoes”, in Cristina Giorcelli (a cura di), Abito e Identità: ricerche di storia

letteraria e culturale, cit., p. 202.

16

Salvatore Ferragamo, cit. in Ibidem, p. 195.

17

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Con questa descrizione si enfatizzano chiaramente gli eccessi della capitale, dove si dà un’importanza sproporzionata all’apparenza e all’artificio post-umano. La protagonista non può che criticare questo atteggiamento, commentando a favore del processo naturale di invecchiamento:

In District 12, looking old is something of an achievement since so many people die early. You see an elderly person you want to congratulate them on their longevity, ask the secret of survival18.

L’abito che indossa Katniss durante l’intervista precedente agli Hunger Games, nel primo romanzo, è un classico vestito lungo, con il quale non si trova a proprio agio per la sua luminosità folgorante:

The team works on me until late afternoon, turning my skin to glowing satin, stenciling patterns on my arms, painting flame designs on my twenty perfect nails. Then Venia goes to work on my hair, weaving strands of red into a pattern that begins at my left ear, wraps around my head, and then falls in one braid down my right shoulder. They erase my face with a layer of pale makeup and draw my features back out. Huge dark eyes, full red lips, lashes that throw off bits of light when I blink. Finally, they cover my entire body in a powder that makes me shimmer in gold dust. […]

The creature standing before me in the full-length mirror has come from another world. Where skin shimmers and eyes flash and apparently they make their clothes from jewels. Because my dress, oh, my dress is entirely covered in reflective precious gems, red and yellow and white with bits of blue that accent the tips of the flame design. The slightest movement gives the impression.

I am engulfed in tongues of fire. I am not pretty. I am not beautiful. I am as radiant as the sun19.

Quando si vede allo specchio, Katniss si percepisce come una creatura proveniente da un altro mondo, ovvero vive una sorta di alienazione da sé. L’abito, come osserva Cristina Giorcelli, di solito rappresenta il lato tangibile dell’identità di una persona, essendo nel migliore del casi una raffigurazione esterna della personalità di chi lo indossa:

Nell’accezione più comune l’abito è […] ciò che […] va a rivestire il corpo, aspetto esteriore dell’essere umano, dunque […] aspetto visibile e tangibile, laddove invece il termine ʻidentitàʼ usualmente ne segnala l’aspetto

18

Ivi.

19

(9)

ʻinterioreʼ, che è […] solitamete inteso come incorporeo, invisibile e

intangibile, insomma come un qualcosa di eterogeneo alla corporeità […] ma non per questo meno reale20.

Nel caso del vestito indossato da Katniss durante l’intervista, però, l’abbigliamento è agli antipodi rispetto alla sua identità e, per questo motivo, lei stessa non si riconosce nei suoi “panni”; si rende conto, cioè, di essere manipolata dalla dittatura di Panem e di non poter decidere nemmeno in merito ai suoi vestiti

e al suo modo di essere. Questo fa intuire quanto l’abito possa influenzare

l’identità di una persona e il suo modo di vedersi.

Il cambiamento repentino dall’uso di stivali comodi e pantaloni a quello di abiti lunghi e scarpe con il tacco comunica il senso di un adattamento e una metamorfosi forzati. Esattamente come suggerisce Deirdre Byrne, la trasformazione di Katniss ricorda quasi Cenerentola, da semplice serva di casa a principessa:

The transformation from the bland colouring and masculine cut of her hunting outfit, and even the worn blue dress she wears to the Reaping, is similar to Cinderella’s transformation, especially as, like Cinderella, Katniss’s home is amid the “ashes” of the mining district21.

Come Cenerentola, Katniss fa una giravolta su se stessa e il suo abito lucente si contorna di fiamme finte, come se fosse il frutto della magia di una bacchetta magica:

I lift up my arms and spin around and around letting the skirt fly out, letting the dress engulf me in flames22.

Al contrario del personaggio fiabesco, sin da subito consapevole dell’importanza del suo vestito lussuoso, che le permetterà di incontrare il principe, Katniss è più impacciata e stenta a riconoscere il ruolo dell’abito. Non comprende subito, infatti, che le fiamme emanate dal vestito saranno poi

20

Cristina Giorcelli, Abito e Identità: ricerche di storia letteraria e culturale, cit., p. 43.

21

Deirdre Byrne, (a cura di), “Dressed for the Part: An Analysis of Clothing in Suzanne Collins's

Hunger Games Trilogy”, http://dx.doi.org/10.1080/02564718.2015.1058553 [consultato il 26

Ottobre 2017], p. 55.

22

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fondamentali per la nascita della rivolta. Proprio come la pericolosità del fuoco, l’abito di Katniss rappresenta un presagio di pericolo per coloro che governano Panem, come intuisce il presidente Snow all’inizio del secondo romanzo, quando va a trovare Katniss a casa:

“Your stylist turned out to be prophetic in his wardrobe choice. Katniss Everdeen, the girl who was on fire, you have provided a spark that, left unattended, may grow to an inferno that destroys Panem,” he says23.

Il vestito può quindi diventare un’arma contro Capitol City, e un catalizzatore della ribellione dei soggiogati. Resta il fatto che non è Katniss a sceglie quell’abito, particolare che la rende meno “potente”. Oltretutto, ella inizialmente non si rende conto dell’importanza di ciò che indossa, soprattutto perché percepisce il fascino femminile del vestito, estraneo al suo gusto; per questo motivo, trova più difficoltà nell’affrontare in un primo momento la reazione del pubblico e, ancor più, le parole del presidente Snow.

È lo stilista Cinna a rendere speciale gli abiti utilizzati da Katniss, anche in senso sovversivo, poiché un indumento che segue la moda della capitale contiene i germi di una accusa contro Capitol City stessa. Un potenziale simile riaffiora durante l’intervista per i Quarter Quell, nel secondo romanzo, in cui Katniss indossa l’abito da sposa che era stato scelto dai cittadini per il suo matrimonio con Peeta:

[Cinna] unzips the bag, revealing one of the wedding dresses I wore for the photo shoot. Heavy white silk with a low neckline and tight waist and sleeves that fall from my wrists to the floor. And pearls. Everywhere pearls. Stitched into the dress and in ropes at my throat and forming the crown for the veil24.

Durante l’intervista, sempre presentata da Caesar Flickerman (in abito blu e con capelli e labbra tinti di blu), Cinna fa cenno a Katniss di compiere una giravolta, ma, a differenza di quanto era avvenuto nel primo romanzo, dove l’abito da sera aveva prodotto delle finte fiamme, il vestito da sposa si trasforma ora in un

23

Suzanne Collins, Catching Fire: The Second Book of the Hunger Games, http://ebooksstuff.com/pdf/games/Catching%20Fire.pdf [consultato il 23 Settembre 2017], p. 27.

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abito nero con piume. L’immagine ricorda il Mockingjay, l’uccello raffigurato nella spilla di Katniss, che diventerà lo stemma della ribellione:

I begin to twirl slowly, raising the sleeves of my heavy gown above my head. […]

Then I notice something is rising up around me. Smoke. From fire. Not the flickery stuff I wore last year in the chariot, but something much more real that devours my dress. […]

I'm in a dress of the exact design of my wedding dress, only it's the color of coal and made of tiny feathers. Wonderingly, I lift my long, flowing sleeves into the air, and that's when I see myself on the television screen. Clothed in black except for the white patches on my sleeves. Or should I say my wings. Because Cinna has turned me into a mockingjay25.

La metamorfosi di Katniss architettata da Cinna con questo abito ha una fondamentale sfaccettatura: con la simbologia del Mockingjay si allude al diffondersi di un pensiero di rivolta che anniderà nel cuore di molti cittadini di Panem. Questo uccello diventerà proprio l’emblema della rivolta anche grazie a quest’abito. I Mockingjay sono uccelli nati dall’unione tra gli ibridi Jabberjay (creati da Capitol City, in grado riportare intere conversazioni tra esseri umani e quindi di scoprire possibili ribelli) e i Mockingbird (uccelli realmente esistenti in natura, che producono un canto melodioso); per questo motivo, i Mockingjays sono in grado di riprodurre melodie umane e animali. Katniss, con questo abito, sembra essere stata eletta per riscattare l’umiliazione subita dagli abitanti dei distretti, grazia a una creatura più evoluta rispetto ai meccanici Jabberjays.

Tutti gli abiti che la protagonista indossa in pubblico mostrano comunque un’aura “femminilizzata”, perché il suo stilista cerca anche di renderla più desiderabile per il pubblico. Dopo la fine degli Hunger Games, per esempio, ella indossa un abito semplice che vuole toccare le corde dell’animo degli spettatori, che ora cercano la purezza tipica di una ragazza:

Cinna comes in with what appears to be an unassuming yellow dress across his arms.

[…] I immediately notice the padding over my breasts, adding curves that hunger has stolen from my body.

[…] Venia helps me into a pair of flat leather sandals and I turn to the mirror.

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[…]The sheer fabric softly glows. Even the slight movement in the air sends a ripple up my body. By comparison, the chariot costume seems garish, the interview dress too contrived. In this dress, I give the illusion of wearing candlelight.

[…] My hair’s loose, held back by a simple hairband. The makeup rounds and fills out the sharp angles of my face. A clear polish coats my nails. The sleeveless dress is gathered at my ribs, not my waist, largely eliminating any help the padding would have given my figure. The hem falls just to my knees. Without heels, you can see my true stature. I look, very simply, like a girl. A young one. Fourteen at the most. Innocent. Harmless26.

Il colore giallo dell’abito pare voler suggerire solarità e gaiezza; è inoltre un colore molto chiaro che si avvicina quasi al bianco, quindi a un simbolo della purezza. La semplice pettinatura e il trucco della protagonista mostrano il suo viso pulito di adolescente. Anche le scarpe senza tacco non mostrano più la donna seducente, ma una semplice fanciulla che cammina in modo aggraziato. Il rimando alla luce della candela sembra ricordare una piccola fiammella, forse quella da cui è partito il fuoco della rivolta. Un messaggio analogo accompagna il vestito indossato da Katniss nella seconda intervista, dopo la vittoria degli Hunger Games:

[Cinna] dresses me in a white, gauzy dress and pink shoes. Then he personally adjusts my makeup until I seem to radiate a soft, rosy glow27.

Anche in questo caso l’abito raffigura sia l’innocenza, sia soprattutto la sofferenza della protagonista, costretta a patire la fame nel suo distretto e a partecipare a dei giochi che la traumatizzeranno per sempre. Il tessuto a trame larghe e semi trasparente vuole forse metaforizzare la “trasparenza” della personalità di Katniss; il colore bianco richiama la purezza della giovane età e, in qualche modo, si associa al pallore dello shock di Katniss quando, durante l’intervista, scoprirà che la gamba di Peeta è stata amputata dopo l’uscita dall’arena. Il colore utilizzato, a volte, accentua uno stato d’animo, ed è per questo che Katniss sembra sentirsi quasi maggiormente in colpa per l’accaduto, come se l’abito la rendesse più emotiva e sensibile a ciò che la circonda.

26

Suzanne Collins, The Hunger Games, cit., pp. 354-355.

27

(13)

Allo stesso modo, l’abito che indossa durante il Victory Tour, in Catching Fire, sembra voler rafforzare il suo profilo di giovane innocente e innamorata del ragazzo del suo stesso distretto che ha salvato dalla morte nell’arena:

A pale pink strapless dress brushes my shoes. My hair is pinned back from my face and falling down my back in a shower of ringlets28.

Il vestito rosa sembra proprio l’emblema della femminilità e dell’amore, dal momento che lo scopo di Katniss durante il Victory Tour è far credere che il suo amore per Peeta sia reale e non solo una finzione mediatica legata all’obbiettivo della vittoria agli Hunger Games.

Katniss capisce che gli abiti che è costretta ad indossare in pubblico sono fondamentali per la riuscita del reality e soprattutto per la sua sopravvivenza, ma non si sente mai a suo agio. È proprio per questo motivo che, alla fine delle apparizioni pubbliche, quando va nella sua stanza, si toglie i vestiti per indossare dei pantaloni e si leva il trucco dalla faccia, affermando “I begin transforming

back into myself. Katniss Everdeen”29. L’abito, infatti, non solo indica un certo

tipo di tendenza, ma anche un “atteggiamento mentale”30; in questo caso, non

essendo Katniss a scegliere gli abiti, molto spesso essi non la rispecchiano e la protagonista trova difficoltà a immedesimarsi nel personaggio che le è stato imposto di recitare.

Katniss sembra invece più a suo agio con gli abiti che i tributi devono indossare per tutta la durata dello show nell’arena:

Cinna does my hair in my simple trademark braid down my back. Then the clothes arrive, the same for every tribute. […] the undergarments, simple tawny pants, light green blouse, sturdy brown belt, and thin, hooded black jacket that falls to my thighs. […] The boots […] Soft leather not unlike my ones at home. These have a narrow flexible rubber sole with treads though. Good for running31.

28

Suzanne Collins, Catching Fire: The Second Book of the Hunger Games,

http://ebooksstuff.com/pdf/games/Catching%20Fire.pdf [consultato il 23 Settembre 2017], p. 74.

29

Suzanne Collins, The Hunger Games, cit., p. 170.

30

Cristina Giorcelli (a cura di), Abito e Identità: ricerche di storia letteraria e culturale, cit., p. 45.

31

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Questo abbigliamento, seppur meno in sintonia con la moda degli abitanti di Capitol City, permette ai tributi di avere più possibilità di sopravvivenza, poiché gli indumenti più comodi e ideali per muoversi. È proprio a questo tipo di vestiario che la protagonista è abituata e questo forse è un motivo in più che Katniss sfrutta per rimanere in vita: sopravvivere esattamente come era abituata a fare nel suo distretto.

Tutti gli indumenti che la protagonista ha indossato, da quando si è offerta come tributo agli Hunger Games, sono sempre stati un oggetto principalmente mediatico, un modo per lanciare un messaggio forte. Questo, come si è già notato, affiora in relazione ai vestisti creati dallo stilista Cinna, ma anche durante il soggiorno di Katniss nel Distretto 13, nell’ultimo romanzo, quando ella diventa il volto della rivolta e il suo abbigliamento è stato a sua volta concepito per evocare un di ribellione:

"Plutarch and I have been talking about how on earth we can pull this off. We think that it might be best to build you, our rebel leader, from the outside...in. That is to say, let's find the most stunning Mockingjay look possible, and then work your personality up to deserving it!" [Plutarch’s assistant] says brightly32.

Questa continua relazione con gli abiti ha un forte impatto su Katniss che culminerà alla fine del terzo romanzo, Mockingjay, nel quale la ragazza, poco prima dell’esecuzione di President Snow si ritrova a vagare per le stanze della dimora del presidente, fino a raggiungere un armadio con degli abiti di seta:

I zigzag through the mansion and disappear into a wardrobe full of silken things. I yank them from hangers until I have a pile and then burrow into it. […] Swathed in silk, I feel like a caterpillar in a cocoon awaiting metamorphosis. I always supposed that to be a peaceful condition. At first it is. But as I journey into night, I feel more and more trapped, suffocated by the slippery bindings, unable to emerge until I have transformed into something of beauty. I squirm, trying to shed my ruined body and unlock the

32

Suzanne Collins, Mockingjay: the Final Book of the Hunger Games,

https://www.anderson5.net/cms/lib02/SC01001931/Centricity/Domain/222/Mocking%20Jay.pdf [consultato il 30 Ottobre 2017], p. 29.

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secret to growing flawless wings. Despite enormous effort, I remain a hideous creature, fired into my current form by the blast from the bombs33.

Con queste parole Katniss descrive il proprio disagio in modo icastico: la seta, materiale pregiato, si allontana in tutto e per tutto dalle sue origini, ed ella mostra come l’esperienza degli Hunger Games l’abbia cambiata e l’abbia costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, ma dal quale non riesce comunque a liberarsi, rimanendo intrappolata in una specie di non-ultra, un bozzolo.

Il ruolo degli abiti nella trilogia è, quindi, quello di fotografare le differenti identità sociali: gli abitanti di Capitol City vestono e si truccano in modo vistoso e coloro che sono costretti a sottostare alle leggi della capitale, soprattutto nei giochi indirizzati verso la violenza e la morte, devono adattarsi alle loro abitudini e al loro modo di vivere. Da quando si offre volontaria ai settantaquattresimi Hunger Games per salvare la sorellina, Katniss è costretta fare pressione sulla propria personalità, indossando abiti e acconciature che spesso non le si addicono. È quindi un’ulteriore sottomissione al potere dello Stato, che costringe i cittadini a calarsi in identità più frivole e “deboli”, più “malleabili” da parte del governo.

Allo stesso modo, però, gli abiti possono trasformarsi in un veicolo comunicativo per coloro che si vogliono ribellare al regime. Ѐ lo stilista di Katniss, Cinna, a ideare abiti originali che tentano, sotto traccia, di far comprendere che il popolo è in fermento: ad esempio, quando il fuoco emana dagli abiti durante le sfilate, oppure quando si notano riferimenti tessili al Mockingjay, uccello simbolo della rivolta, che può rappresentare anche la capacità di volare lontano e, quindi, di essere liberi.

4.1 L’adattamento cinematografico

L’enorme successo dell’opera ha incoraggiato la Lions Gate Entertainment, una delle più importanti società di distribuzione e produzione di film, a finanziare l’adattamento cinematografico tratto dal primo libro della trilogia e intitolato,

33

Suzanne Collins, Mockingjay: the Final Book of the Hunger Games, , p. 204, https://www.anderson5.net/cms/lib02/SC01001931/Centricity/Domain/222/Mocking%20Jay.pdf [consultato il 30 Ottobre 2017].

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appunto, The Hunger Games. Il film è stato distribuito negli Stati Uniti il 23 marzo 2012. È costato 78 milioni di dollari, ma ha battuto un record di incassi di 408 milioni, diventando il terzo film a ottenere il più alto indice di gradimento nel

201234. La storia tratta di un mondo distopico e futuristico capace di coinvolgere

un pubblico adolescente e, per questo motivo, ha avuto molto successo come la serie di Harry Potter e di Twilight. La critica ha apprezzato molto il modo in cui il film rispecchia in maniera sostanzialmente fedele la storia narrata dalla Collins:

This Hunger Games is a muscular, honorable, unflinching translation of Collins’ vision. It’s brutal where it needs to be, particularly when children fight and bleed. It conveys both the miseries of the oppressed, represented by the poorly fed and clothed citizens of Panem’s 12 suffering districts, and the rotted values of the oppressors, evident in the gaudy decadence of those who live in the Capitol. Best of all, the movie effectively showcases the allure of the story’s remarkable, kick-ass 16-year-old heroine, Katniss Everdeen35.

Il mondo di The Hunger Games, però, non si adatta solo ad un pubblico giovane, in quanto affronta argomenti come lo sfruttamento minorile, gli orrori della guerra e la crudeltà dei reality shows, temi che possono interessare, forse maggiormente, un pubblico adulto. In certi casi, però, il tema della violenza suoi minori è stato criticato, dal momento che potrebbe avere effetti negativi su molti giovani, indotti all’emulazione. Secondo la scrittrice Kailyn McCord, la rappresentazione della violenza può avere un senso propositivo e non solo un effetto corruttore:

I think The Hunger Games shows us positive reactions to violence through Katniss’ empathy and strength, her vulnerability and anger. Other characters in the book offer us the opposite, and especially in contrast to Katniss, their reactions are callous and uncaring. Indeed, the entire personalities of the characters who react this way are painted rather poorly; Foxface is vicious, a machine. the most violent tributes are cruel and maniacal. Collins is offering

34

Rachel E. Dubrofsky, Emily D. Ryalls, “The Hunger Games: Performing Not-performing to Authenticate Femininity and Whiteness”, in Critical Studies in Media Communication, Vol. 31,

No. 5, 2014, pp. 395–409 (p.396),

http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/15295036.2013.874038 [consultato il 22 Giugno 2017].

35

Lisa Schwarzbaum, “The Hunger Games: EW Review”, http://ew.com/article/2012/04/03/hunger-games-movie-review/ [consultato il 2 Marzo 2018].

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us options, demonstrating that if violence is going to be a part of your life, as a young person, there must be a way to also maintain humanity36.

È stato Gary Ross a dirigere il primo film e a lui è subentrato Francis Lawrence per gli adattamenti cinematografici successivi: The Hunger Games: Catching Fire (uscito nelle sale nel 2013), The Hunger Games: Mockingjay - Part 1 (disponibile dal 2014) e The Hunger Games: Mockingjay - Part 2 (Mockingjay ha costituito la base per due film e la seconda parte è stata presentata nelle sale cinematografiche nel 2015).

I film hanno avuto grande successo. Il critico Robbie Collin, per esempio, ha elogiato The Hunger Games: Catching Fire in quanto pellicola capace di eseguire degnamente le orme del film precedente:

It’s a critic’s instinct to auto-praise any blockbuster that tries to do something different, but Catching Fire is so committed to carrying on the fine work started by its predecessor that the applause flows utterly naturally37.

The Hunger Games: Mockingjay - Part 1, al contrario, non è stato molto apprezzato dalla critica perché ritenuto troppo “piatto”, parco di azione rispetto ai primi due film. La Part 2, invece, ha recuperato la componente dinamica e contiene anche la degna conclusione della saga.

Vi sono molti attori ormai famosi che hanno recitato in questi film, tra cui Jennifer Lawrence, nei panni di Katniss Everdeen, Liam Hemsworth nel ruolo di Gale Hawthorne, Elizabeth Banks per il personaggio di Effie Trinket e Lenny Kravitz come Cinna. Il ruolo di Peeta Mellark è stato dato a Josh Hutcherson, attore scelto direttamente da Suzanne Collins (sceneggiatrice di tutta la trasposizione cinematografica di The Hunger Games) perché ritenuto “ideale” per interpretare quel ruolo, al di là di dettagli fisici come il colore degli occhi (azzurri per il Peeta del libro, ma scuri per il film).

36

Margaret Skinner, Kailyn McCord, “The Hunger Games: A Conversation”, p. 108, http://dx.doi.org/10.1525/jung.2012.6.4.106 [consultato il 10 Giugno 2017].

37

Robbie Collin, The Hunger Games: Catching Fire, Review,

https://www.telegraph.co.uk/culture/film/10441635/The-Hunger-Games-Catching-Fire-review.html [consultato il 2 Marzo 2018].

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Come anticipato, l’adattamento cinematografico di The Hunger Games segue abbastanza nel dettaglio lo svolgimento della storia, anche grazie al fatto che la stessa autrice ha seguito la produzione del film. Nella trasposizione, però, viene meno il narratore onnisciente, cosicché non è tutto filtrato attraverso lo sguardo e il pensiero di Katniss, ma si aprono prospettive collaterali, come per esempio quando viene mostrato in che modo i mentori trattano con gli sponsor per ricevere aiuti, oppure gli amici e i parenti dei tributi passano le giornate angosciose del periodo dei giochi.

Gli abiti rispecchiano i corrispettivi del testo. L’abbigliamento con cui Katniss va a cacciare include stivali, pantaloni e una giacca di pelle marrone, anche se non viene mai specificato se la giacca sia del padre (molto probabilmente no, visto che nel romanzo la giacca non è della taglia di Katniss, mentre nel film le sta a pennello).

L’abito indossato per il Reaping, allo stesso modo, risulta simile alla descrizione presente nel romanzo: si tratta di un vestito azzurro chiaro con maniche corte, bottoni sul davanti e un nastro legato in vita. La treccia questa volta non è di lato, ma è intrecciata su se stessa e legata intorno alla testa della protagonista.

La costumista del primo film, Judianna Makovsky, ha spiegato in un’intervista perché i colori scelti per il Distretto 12 sono spesso tendenti al blu o al grigio:

We wanted to make a very serious impact, and color was very important—to keep it mostly gray or blue . . . very cold because coal leaves a black dust everywhere. But we didn’t want it so overly stylized that it wasn’t a real place—it is a real place—it could be Appalachia, you know, a hundred or fifty years ago38.

I colori degli abiti dei distretti sono, infatti, molto chiari e spenti, mentre i colori degli abiti utilizzati a Capitol City sono molto più accesi e vivaci. Questo intende rispecchiare la differenza degli stili di vita: i più ricchi, vivendo nel lusso e nella mondanità, possono permettersi abiti vistosi e colorati che rispecchiano il

38

Judianna Makovsky, cit, in Molly Creeden, “Dressing The Hunger Games: Costume Designer Judianna Makovsky”, https://www.vogue.com/article/dressing-the-hunger-games-costume-designer-judianna-makovsky [consultato il 6 Marzo 2018].

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loro modo di vivere. È singolare anche notare come persone che traggono un piacere morboso dal vedere ragazzi uccidersi adorino colori sgargianti, fiori e trucchi accesi, in netta opposizione con il macabro scenario degli Hunger Games (la Figura 4 mostra un pubblico che ricorda ricercate maschere carnevalesche).

Per questo motivo, la costumista ha “disumanizzato” anche il viso degli abitanti di Capitol City, ricoprendoli di cipria bianca e facendo sparire le sopracciglia, in modo da rappresentarli come manichini senza anima:

These are people who like to watch children beat each other to death in an arena. So it has to be a sort of—not meanness—but we looked a lot at Schiaparelli. She has a sense of humor but the stuff is beautiful and striking. We looked a lot at Italian fascist architecture that is very imposing. We used a lot of black to break such bright colors. I just thought it would be funny if these people, who have such a vicious streak in them, are sort of covered in flowers and ruffles39.

Gli abitanti dei distretti, al contrario, costretti alla sussistenza, si connotano di colori più neutri per rappresentare il loro stato d’animo, soprattutto durante il

39

Ivi.

Figura 4: gli abiti di Capitol City (immagine tratta da http://www.artspecialday.c om/9art/2014/11/08/hunger -games-lepilogo-rivolta- letteraria-incendia-sale-cinema/ , il 7 Marzo 2018).

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periodo degli Hunger Games, vissuto come un momento di tortura, di sofferenza e non certo di gioco o divertimento, come invece lo intendono a Capitol City. Tuttavia, gli abiti che i tributi indossano per gli Hunger Games sono molto più accesi rispetto a quelli che avevano durante la mietitura, in quanto ormai devono misurarsi con il clima competitivo.

Durante la sfilata, esattamente come nel romanzo, Katniss e Peeta vestono una sorta di tuta nera aderente, che produce fiamme finte durante il tragitto su un carro trainato da cavalli. Al contrario di quanto si legge nel romanzo, però, non indossano né copricapo né mantello e non ci sono nemmeno tracce delle pennellate di colore giallo, arancione o rosso (l’abito resta completamente nero). L’acconciatura di Katniss è molto elaborata, con molte trecce che poi vengono raccolte in un punto della testa. Il trucco è molto semplice, con solo una linea di eyeliner che valorizza gli occhi della protagonista (Figura 5).

Durante l’intervista, invece, l’abito indossato da Katniss è un vestito lungo rosso a sirena, che tende ad allargarsi in fondo, e senza spalline. Ella non ha la pelle ricoperta d’oro, come nel libro, ma mostra dei brillantini rossi sulla spalla sinistra (la costumista Makovsky ha dichiarato di aver modificato l’abito descritto dalla Collins per facilitare i movimenti dell’attrice). I capelli sono legati in uno chignon alto, con delle piccole ciocche di capelli che scendono, e fermato con una treccia che lo avvolge (nel romanzo, invece, i capelli erano legati in una treccia avvolta da un nastro rosso che scendeva sulla spalla sinistra). Come nel romanzo, Katniss, prima di uscire, si guarda allo specchio e confessa di non

Figura 5: Katniss e Peeta durante la parata dei settantaquattresimi Hunger Games (immagine tratta da https://dtsft.wordpress. com/tag/the-hunger-games/ , il 5 Marzo 2018).

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sentirsi bella, non sentendosi a proprio agio in abiti vistosi e faticando, quindi, a entrare in contatto con un mondo egoista e crudele nel quale non si rispecchia. Quando, durate l’intervista, la protagonista inizia a roteare per mostrare la bellezza del vestito, le fiamme si formano solo in fondo all’abito (Figura 6).

La divisa che i tributi indossano dentro l’arena è composta da anfibi, ideali per muoversi, e pantaloni color verde militare, utili per mimetizzarsi. La giacca sembra una sorta di k-way con il cappuccio, adatto a ripararsi dal freddo e dalla pioggia, ma non è uguale per tutti (al contrario di quanto si dice nel libro). La giacca di Katniss, per esempio, è di colore nero, mentre alcune giacche sono gialle, oppure verdi. Molto probabilmente, questa modifica è stata introdotta per dar modo allo spettatore di distinguere i vari concorrenti. Ogni coppia di tributi, infatti, ha la giacca dello stesso colore, per cui può essere più facile per lo spettatore differenziare le varie coppie.

Dopo la fine degli Hunger Games, l’abito utilizzato da Katniss per l’intervista ricorda una specie di tutù di colore giallo pallido, cui si accompagnano i capelli sono sciolti e l’uso di un ombretto di colore azzurro (l’abito che nel libro Katniss utilizzava per la seconda intervista, nel film è associato al ritorno a casa dopo la fine dei giochi). L’immagine sembra concordemente suggerire la giovane età della ragazza, non più una “donna di fuoco”, ma una semplice adolescente.

Gli abiti di Katniss nel secondo film sono abbastanza simili, ma presentano anche alcune varianti rispetto a quelli descritti dall’autrice in Catching Fire. Per la partecipazione ai terzi Quarter Quell, Katniss e Peeta sfilano con abiti neri, anche

Figura 6: Katniss durante l’intervista prima degli Hunger Games (immagine tratta da http://www.full-stop.net/2014/05/28/blog /laura-goldblatt/the-fire-next-time/ , il 5 Marzo 2018).

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se quello di Katniss, non è una tuta aderente che la copre dal collo in giù, ma consiste in un abito corto con uno strascico lungo dietro. I capelli non sono legati in una treccia come nel romanzo, ma rimangono più morbidi. Il trucco questa volta è molto pesante, si tratta di una sorta di smokey eye con delle fiamme dorate dipinte nella parte esterna dell’occhio. Gli abiti dei due partecipanti del Distretto 12 prendono fuoco completamente e i protagonisti si trasformano in una sorta di carboni ardenti. L’effetto cinematografico è dunque più improntato alla spettacolarizzazione e anche al conferire alla protagonista una maggiore dose di aggressività ferina.

Per l’intervista, Katniss indossa un abito da sposa (qui individuato personalmente dal Presidente) ed ha i capelli acconciati in piccole treccine; il trucco è molto elaborato, con un lungo tratto di eyeliner e paillettes dorate sotto gli occhi. Durante l’intervista, Katniss gira su se stessa e, esattamente come accade nel libro, l’abito si trasforma in un Mockingjay (Figura 7). La costumista del secondo film, Trish Summerville, ha ritenuto fondamentale mantenere l’elemento delle fiamme durante la trasformazione dell’abito da sposa, in modo da ricordare che Katniss rimane sempre una “girl on fire”:

I wanted to have a subliminal feel of flames and feathers to keep her the Girl on Fire while also representing the Mockingjay40.

40

Trish Summerville, cit. in Kathryn Shattuck, “What the Well-Dressed Warrior Wears Costume Design in The Hunger Games: Catching Fire”,

http://www.nytimes.com/2013/11/03/movies/costume-design-in-the-hunger-games-catching-fire.html, [consultato il 6 Marzo 2018].

Figura 7: Katniss trasforma il suo vestito da sposa (immagine tratta da http://www.w- uh.com/posts/131124-catching_fire.html , il 5Marzo 2018).

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I costumi costituiscono quindi un elemento fondamentale anche per i film, soprattutto per i primi due, dove gli abiti utilizzati danno proprio la sensazione del consumismo e dello sfarzo estremo che trionfano a Capitol City. Per rappresentare i due estremi di ricchezza e povertà, le stiliste hanno rivisitato lo stile degli abiti ispirandosi a un mix di periodi storici e di culture. Gli abiti, infatti, seppur proiettati in un futuro tecnologico, ricordano anche la moda di tempi passati, soprattutto dell’Ottocento europeo, con maniche a sbuffo, capelli vaporosi e enormi cappelli. La costumista del primo film, Judianna Makovsky, ha ammesso di essersi ispirata a mode di altri tempi che talora sono riaffiorate nel presente e, quindi, risultano adattabili anche a un futuro apocalittico, in una linea di continuità:

You don’t think of it as science fiction. And I always say: A suit’s been around for over 100 years; what makes us think it’s not going to be there for another 100 years? I find if you go too far afield from what we know, it becomes dated very quickly41.

Allo stesso modo, gli abiti utilizzati nei vari distretti ricordano vagamente la moda sobria di metà Novecento, con gonne all’altezza delle ginocchia per le donne e camicie con pantaloni per gli uomini.

Quanto agli elemento non coincidenti tra testo e film, bisogna ricordare che l’opera non inizia con il risveglio di Katniss, ma con un’intervista che il presentatore Caesar Flickerman (il quale indossa un completo con giacca e pantaloni blu rivestiti di paillettes, accompagnati da capelli tinti di blu legati con una piccola coda di cavallo) fa al capo del Gamemakers, Seneca Crane. Per essere un abitante di Capitol City, l’uomo è vestito abbastanza “normale”: ha una giacca nera e una camicia rossa; i capelli sono neri e l’unico dettaglio inusuale è la forma della barba, disegnata con delle punte incurvate, come se fosse un vezzo. Il motivo per cui la prima scena ritrae questi due personaggi è, consentire al pubblico di avere un’idea della logica dei giochi attraverso un’intervista che si sofferma sulla loro storia e sullo scopo degli Hunger Games.

41

Judianna Makovsky, cit, in Molly Creeden, “Dressing The Hunger Games: Costume Designer Judianna Makovsky”, https://www.vogue.com/article/dressing-the-hunger-games-costume-designer-judianna-makovsky [consultato il 6 Marzo 2018].

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Non viene mai nominato il padre di Katniss, non si parla della sua storia né dell’effetto che la sua perdita ha avuto sulla protagonista. Questo accade, molto probabilmente, perché nella produzione cinematografica si è voluto dare più importanza al presente; non vi sono infatti quasi mai flashbacks, a vantaggio dello svolgimento della storia nel momento attuale. Per questa stessa ragione, i due protagonisti, durante i primi Hunger Games, non rimangono bloccati per giorni in una grotta a causa della pioggia battente e Peeta non ha dunque possibilità di raccontare di quando, all’età di sei anni, si era innamorato di Katniss per la prima volta. Al contrario, in The Hunger Games: Catching Fire, il ragazzo, quando sono sul treno per iniziare il Victory Tour, dice a Katniss che “I hardly know anything about you except that you're stubborn and good with a bow”. Per questa ragione, guardando il film, risulta anche difficile capire se Peeta sia davvero innamorato di Katniss oppure se anche lui finge per le telecamere. È per questa stessa ragione che forse, alla fine del primo film, Katniss non confessa a Peeta di aver mentito sulla loro storia d’amore per salvare la vita a entrambi. Molto probabilmente, questa maggiore reticenza sull’aspetto sentimentale è finalizzata nel film ad aumentare la suspense che pervade l’intera quadrilogia cinematografica.

Il personaggio di Katniss, nell’adattamento cinematografico, risulta inoltre più schiva e indisponente nei confronti delle persone che la circondano. Durante la prima parata degli Hunger Games, per esempio, ella in un primo momento si rifiuta di dare la mano a Peeta, non saluta mai il pubblico né finge di mandare baci alla folla. Allo stesso modo, durante l’addestramento davanti ai Gamemakers, Katniss lancia una freccia contro la mela in bocca al maiale arrosto, collocato sulla tavola imbandita e pronto per essere consumato al banchetto; nel libro, però, si pente subito dopo per questo gesto e, raggiunta la sua stanza, si mette a piangere per paura che la cosa possa causare problemi, sia a lei, sia alla sua famiglia. Nel film, invece, quando viene rimproverata da Effie Trinket, dice solo di averlo fatto perché era arrabbiata e, anzi, sembra quasi felice per l’atto di protesta contro i membri dell’organizzazione degli Hunger Games. Lo stesso Haymitch, suo mentore, sembra essere d’accordo con la sua mossa.

Molto probabilmente, la mancanza di raccordi più soggettivi e momenti di introspezione ha reso la figura di Katniss più fredda. Anche nei romanzi, la

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ragazza mostra un carattere forte, ma il fatto che la voce narrante sia la sua, aiuta a comprendere meglio i motivi delle sue azioni e, quindi, ad individuare una più intima dimensione emotiva.

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