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2. Analisi dei sistemi implantari

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2. Analisi dei sistemi implantari

2.1 Tipi di sistemi implantari

Il mercato odierno è ormai in grado di offrire una grande vastità di impianti. Essi differiscono l’uno dall’altro per la diversa tipologia della forma esterna, la forma del filetto, filetto singolo o doppio. Importante è anche il tipo di materiale, di solito Titanio, ma spesso si vedono anche leghe a base di titanio, arricchite di vanadio o cobalto, questo perché si ha una migliore osteointegrazione.

Altra differenza fra un impianto e l’altro la si può riscontrare nel tipo di trattamento superficiale ricevuto.

La validità del Titanio come materiale per gli impianti osteointegrati è ormai cosa assodata, quindi le case produttrici si indirizzano verso la ricerca di varianti strutturali tese a migliorare le caratteristiche funzionali e la durata nel tempo degli impianti stessi.

2.2 Classificazione degli impianti

L’estrema varietà degli impianti oggi disponibile può essere classificata in diversi modi. Le distinzioni più logiche sono basate sull’interfaccia tra impianto e moncone, sulla forma del corpo e sull’interfaccia tra osso e impianto.

• Geometria del corpo dell’impianto

La geometria dell’impianto endosseo può essere cilindrica, con tre varianti fondamentali: filettata, liscia e forata (vedi Figura 1).

Figura 1 - impianto endosseo: A=filettato, B=cilindrico, C=forato

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Oppure può essere di forma così detta triangolare, forma conica ma con la punta dell’impianto più acuminata, oppure tronco conica, nella quale la punta dell’impianto è piatta.

Le caratteristiche dei dettagli variano a seconda della casa produttrice (vedi Figure 2, 3, 4, 5).

Figura 2 - Impianto Isomed a vite conica

Figura 3 - Impianto Isomed a vite cilindrica

Figura 4 - Impianto Isomed di forma conica

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Figura 5 - Impianto SPI cilindrico

• Interfaccia impianto-moncone

La connessione per l’interfaccia tra impianto e moncone è generalmente descritta come interna o esterna (vedi Figura 6).

Figura 6 - Connessioni esterne di vario tipo

Il fattore distintivo tra i due tipi è la presenza di un incavo oppure di una estensione geometrica sulla superficie coronale (vedi Figure 6, 7).

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Figura 7 - Vari tipi di geometrie antirotazionali interne

La connessione può essere ulteriormente caratterizzata da un’unione a scorrimento, dove esiste gioco tra le superfici a contatto, oppure da un’unione ad attrito, dove le superfici a contatto sono forzate. L’interfaccia può essere costituita da superfici piane oppure angolate. Le superfici di unione possono incorporare un inserto antirotazionale e di riferimento, per migliorare la stabilità.

La geometria può essere descritta come ottagonale, esagonale, conica avvitata, conica-esagonale, cilindrica-conica-esagonale, scanalata.

• Connessione impianto - moncone

La connessione con il moncone può essere caratterizzata in vari modi; le geometrie di base disponibili per i monconi sono:

¾ Uno o due pezzi e interfaccia piatta; ¾ Uno o due pezzi e interfaccia conica; ¾ Tipo UCLA (cilindro di plastica lavorabile) ¾ UCLA con cilindro di base lavorata;

¾ UCLA con manicotto d’oro lavorabile;

¾ Cementabile dritto con o senza manicotto transmucoso; ¾ Cementabile preangolato;

¾ Ceramica;

¾ Uno o due pezzi per overdenture.

Non ci addentriamo in ulteriori precisazioni per quanto riguarda la connessione impianto moncone in quanto alla fine dei nostri studi non interessa una maggiore conoscenza sull’argomento.

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2.3 Materiali

Per quanto riguarda l’impianto endosseo il Titanio è utilizzato nella totalità dei casi, mentre per altri componenti sono a volte usati anche metalli, quali leghe auree per la vite di ritenzione oppure materiali ceramici per il collare trans mucoso, in caso di problemi estetici.

Il successo del Titanio e delle sue leghe in ortodonzia è dato da una serie di caratteristiche vantaggiose:

¾ Biocompatibilità: la biocompatibilità del Titanio è data dal fatto che questo metallo è biochimicamente inerte grazie alla sua capacità di passivazione, che lo rende non tossico;

¾ Resistenza alla corrosione: il Titanio presenta una resistenza alla corrosione molto alta data dalla sua capacità di ricoprirsi spontaneamente di uno strato di biossido di titanio ogni volta che subisce un danneggiamento meccanico, se nell'ambiente è presente ossigeno;

¾ radiotrasparenza: una protesi in titanio può essere radiografata avendo così la sicurezza di un manufatto integro e compatto a fusione avvenuta;

¾ assenza di sapore: un aspetto non da sottovalutare nell'uso del Titanio in odontoiatria è l'assoluta neutralità gustativa. Questo è dovuto alla facilità con cui lo strato d'ossido passivante inibisce i processi d'erosione elettrogalvanica e la conseguente asportazione di particelle più esposte di metallo che poi, fatte circolare in bocca, possono essere percepite dalle papille gustative sotto forma d'aroma metallico.

¾ conducibilità termica: il Titanio ha una conducibilità termica 14 volte inferiore a quella dell'oro, per questo non si creano irritazioni termiche della polpa che invece si possono manifestare con le leghe ad alto contenuto aureo;

¾ leggerezza: il Titanio ha un bassissimo peso specifico, circa 4 volte inferiore a quello dell’oro, per questo la sensazione che riscontra il paziente portatore di protesi è di estrema leggerezza;

¾ rivestimento estetico: il rivestimento estetico della struttura in titanio può essere fatto in composito o in porcellana.

I compositi di nuova generazione sono senza ombra di dubbio una innovazione nella ricostruzione odontoiatrica, sia per quanto riguarda l'estetica che per la funzionalità. La porcellana utilizzata sul titanio è classificata come idro-ceramica le cui

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caratteristiche si possono riassumere nel basso punto di fusione e nel basso coefficiente di espansione termica, questo consente attraverso passaggi lavorativi adatti, una eccellente adesione Ti-ceramica ed una perfetta riproduzione della morfologia e colorazione del dente naturale.

Confronto con altre soluzioni strutturali:

Figura 8 - principali caratteristiche a confronto tra i vari metalli dentari.

Il titanio “puro” contiene ancora tracce di altri elementi; ciò è dovuto alla forte affinità del metallo con i gas atmosferici. Sopra la temperatura ambiente la sua resistenza decresce fino al 50% a 200°C, mentre lo sforzo a frattura rimane pressoché invariato. L’aumento della grandezza dei grani diminuisce la resistenza a trazione e il limite di snervamento, ma aumenta l'elongazione e la contrazione d'area a frattura.

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L’aumento del contenuto di ossigeno, azoto e idrogeno aumenta la resistenza e diminuisce la durezza; mentre l’ossigeno è l’unico elemento che viene aggiunto deliberatamente per dare resistenza maggiore, gli altri elementi insieme con ferro e carbonio sono introdotti durante la produzione come impurità.

Poiché il titanio cosiddetto "commercialmente puro" contiene comunque delle impurità, è stata creata dall’ASTM (American Society for Testing and Materials) una classificazione in 4 gruppi detti rispettivamente grado 1, grado 2, grado 3 e grado 4. Per ciascuno di tali gruppi è stato definito il contenuto massimo di azoto, carbonio, idrogeno, ossigeno e ferro nonché i valori minimi di alcune caratteristiche meccaniche.

Figura 9 - classificazione ASTM del Ti commercialmente puro (Reed-Hill).

Grado 1: titanio commercialmente puro con basso contenuto di ossigeno. Questa qualità ha basso carico di rottura ed alta duttilità, viene utilizzato per il profondo stampaggio ed è adatto alla deformazione a freddo.

Grado 2: titanio commercialmente puro con un più alto contenuto di ossigeno ed una maggior resistenza rispetto al grado 1. E' il titanio commercialmente puro più largamente usato e offre il miglior compromesso di resistenza, saldabilità e formabilità. Grado 3: titanio commercialmente puro con contenuto di ossigeno ancora maggiore del grado 1 e 2 (maggior resistenza e minor duttilità); inoltre è ben saldabile. Viene utilizzato per la costruzione di recipienti in pressione.

Grado 4: titanio commercialmente puro con le caratteristiche di resistenza più elevate. Viene utilizzato per organi di trasmissione e nell'industria aeronautica

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Figura 10 - proprietà meccaniche e composizione delle principali leghe di titanio (Reed-Hill).

Figura 11 - proprietà generali della lega Ti-6Al-4V

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2.4 Analisi della superficie

Ci sono numerosi studi che dimostrano che la rugosità superficiale degli impianti in titanio influisce sulla osteointegrazione e il collegamento biomeccanico. La rugosità superficiale può essere divisa in tre categorie a seconda della scala del trattamento ricevuto: macro, micro e nano.

La categoria macro è definita per quelle tipologie comprese in un range che va dai millimetri ai decimi di micron. Questa scala è direttamente legata alla geometria dell’impianto; su superfici filettate e superfici macroporose i trattamenti danno una rugosità superficiale di non più di 10µm. Numerosi studi hanno dimostrato che una superficie con una rugosità come quella citata sopra porta ad una migliore osteointegrazione e ad una maggiore resistenza meccanica fra osso e impianto sia subito dopo l’innesto che nel lungo periodo. Tuttavia una esagerata rugosità superficiale può portare ad una peri-implantite o ad un aumento di dispersione ionica. Per limitare ciò basta tenere i livelli di rugosità intorno a valori compresi fra 1-2µm. Il microprofilo degli impianti dentali ha una rugosità superficiale compresa fra 1 e 10µm. Questo range di rugosità massimizza il coordinamento fra l’osso mineralizzato e la superficie dell’impianto. Un approccio teorico suggerisce che la superficie ideale deve essere ricoperta di piccole cave di 1.5µm di profondità e 4µm di diametro. La principale indicazione clinica per l'utilizzo di un impianto con una superficie ruvida è la scarsa qualità o il volume dell’osso ospitante. Nei casi di insufficienza ossea o di limitazioni anatomiche si è dimostrato che è meglio usare un impianto corto ma con una superficie ruvida rispetto ad uno con una superficie levigata.

Profili superficiali nella gamma dei nanometri svolgono un importante ruolo nell’assorbimento di proteine, in adesioni di cellule osteoblastiche e nell’osteointegrazione. Tuttavia, ottenere rugosità nanometriche con processi chimici è molto difficile. Sfortunatamente, per adesso, la migliore rugosità superficiale per avere una buona e veloce osteointegrazione è ancora sconosciuta.

Si sono messi a punto vari metodi per cercare di ottenere la giusta rugosità superficiale desiderata e migliorare l’osteointegrazione osso-titanio.

Questi metodi sono:

¾ Titanio plasma-spraying,

¾ sabbiatura con particelle di ceramica, ¾ attacco in acido,

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¾ anodizzazione.

2.4.1 Titanio Plasma-Spraying (TPS)

Una delle tecnologie attualmente più utilizzate allo scopo di aumentare la rugosità superficiale degli impianti endossei orali consiste nel rivestimento di cilindri di titanio liscio o filettato con polveri di titanio (Fig.12). Tale processo si attua mediante un bruciatore al plasma ad arco voltaico che è in grado di elevare la temperatura di un gas nobile o di N2/H2 nel quale vengono spruzzate polveri di idruro di titanio con granulometria di 50-100 μm che, grazie alla fusione del loro strato più superficiale, aderiscono al corpo del cilindro sul quale vengono deposte. I1 plasma si produce tra un anodo di rame ed un catodo di tungsteno raffreddati. Si ottengono, in questo modo, rivestimenti porosi di spessori di circa 50 μm con un aumento della superficie totale disponibile per il legame fino a circa dieci volte. Numerosi studi hanno dimostrato che la preparazione con plasma spray di titanio, non solo permette di aumentare la superficie disponibile per l’adesione ossea, ma induce l'aumento della quota di superficie implantare che entra in contatto con il tessuto mineralizzato, in comparazione con impianti in titanio liscio. In termini clinici tali fenomeni si riflettono in un più forte ancoraggio osseo dell’impianto. Studi più approfonditi hanno dimostrato che una superficie di titanio plasma spray può entrare in diretto contatto con il tessuto mineralizzato.

Figura 12 - immagine al SEM di un impianto con rivestimento in plasma spray.

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2.4.2 Sabbiatura con particelle di ceramica

Il grado di resistenza alle forze di taglio con impianti osteointegrati in titanio dipende dalla reazione biologica che si ha all'interfaccia. Gli impianti a vite hanno, in linea teorica, una resistenza alla trazione e compressione maggiore di un impianto cilindrico a superficie liscia (vedi Figura 13). La sabbiatura della superficie del titanio migliora le caratteristiche biomeccaniche dell'impianto (Figura 14).

È tuttavia necessario che la preparazione di superficie non alteri le caratteristiche di biocompatibilità (Bowers e coll., 1992; Cook e coll., 1992; Gotfredsen e coll., 1992). Anche la stabilità primaria risulta migliorata in impianti a superficie sabbiata, fatto, questo, che contribuisce ad accelerare la velocità di contatto con l'osso. L'aumento di resistenza alle forze interfacciali sembra essere legato all'aumento della superficie disponibile per il contatto osseo, che è funzione del grado di rugosità superficiale. Un secondo fattore cruciale nel rapporto tra impianti con superfici rugose e tessuti biologici sembra essere legato al particolare trofismo che certe cellule, quali macrofagi, cellule epiteliali ed osteoblasti mostrano nei confronti di certe superfici rugose, fenomeno che può essere definito “rugofilia” (Brunette, 1988; Smith, 1991). Alcuni studi in vitro hanno dimostrato che cellule osteoblastiche aderiscono a superfici sabbiate con granuli di circa 100 C1 e non su superfici di titanio liscio. Sembra, infatti, che i processi osteogenetici abbiano un inizio più precoce su superfici rugose rispetto al titanio liscio.

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Figura 13 - la superficie di impianti in titanio liscio presenta le righe di tornitura del metallo che conferiscono un certo grado di rugosità. Si possono notare strutture biologiche e cellule adese alla superficie.

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Figura 14 - immagine al microscopio elettronico a scansione di un impianto in titanio sabbiato.

I materiali con i quali si realizza la sabbiatura sono il biossido di alluminio o il biossido di titanio in quanto la permanenza di sia pur minime impurità sulla superficie del titanio potrebbe alterare in senso negativo la risposta biologica al titanio. È tuttavia possibile che la contaminazione residua alla sabbiatura conferisca al titanio microparti di elementi in grado di influenzare positivamente l'osteointegrazione agendo come catalizzatori di particolari reazioni biologiche favorevoli.

2.4.3 Trattamento con corrosione in acido

La corrosione mirata con acidi forti come HCl, H2SO4, HNO3 , HNO e HF è un altro metodo per ottenere una superficie con una rugosità desiderata per gli impianti dentali. Questa tecnica produce delle micro cave sulla superficie del Titanio di dimensioni da 0.5 a 2µm di diametro.

Immergendo gli impianti di titanio per un periodo lungo in una miscela concentrata di HCl e H2SO4 (dual acid etching) ad una temperatura di 100°C si ottiene una micro rugosità (vedi Figura 15). La superficie ottenuta favorisce una osteointegrazione veloce e permette di mantenerla anche a lungo termine per un periodo superiore ai tre anni. È stato trovato che le superfici trattate con dual acid etching aumentano il processo osteoconduttivo attraverso il collegamento di fibrina e delle cellule osteogene, con conseguente formazione dell'osso direttamente sulla superficie dell'innesto.

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Figura 15 - SEM micrographs of an SLA surface on a titanium dental implant (Courtesy of Straumann AG, Switzerland).

Questi studi hanno supposto che gli innesti trattati con dual acid etching avessero una topografia specifica in grado di attaccare all'impalcatura della fibrina, per promuovere l'adesione delle cellule osteogene e per promuovere così l'apposizione dell'osso. Parecchi studi sperimentali hanno riportato che con tale procedimento si ha un migliore contatto impianto-osso e un minor riassorbimento dell'osso rispetto ad impianti con superfici TPS (Titanium Plasma-Spraying). Recentemente, i metodi di trattamento superficiale con acido sono stati migliorati per aumentare l'adesione delle cellule e la neoformazione dell'osso. Le alte temperature del trattamento con acido producono una superficie microporosa omogenea che permette un maggiore contatto osso-impianto rispetto alle superfici TPS. La bagnabilità della superficie inoltre migliora l'adesione della fibrina. L’adesione della fibrina favorisce la migrazione degli osteoblasti lungo la superficie dell’impianto. Uno studio sperimentale, fatto su maiali, ha dimostrato che una superficie idrofila migliora notevolmente il contatto impianto-osso rispetto ad impianti sabbiati.

Un altro approccio è quello di mettere gli impianti di titanio in soluzioni di fluoruro. Il titanio è molto reattivo con gli ioni di fluoro, essi formano la specie solubile TiF4. La superficie prodotta ha una microrugosità come quella che si può vedere nella figura 16. Questo trattamento chimico al titanio genera sia una rugosità superficiale sia l’incorporazione del fluoruro, favorevole al osseointegrazione degli impianti dentali. Questo trattamento chimico della superficie ha aumentato la differenziazione osteoblastica rispetto ai campioni di controllo. Gli impianti trattati con fluoruro hanno sopportato meglio le prove di push-out ed hanno mostrato una maggiore resistenza a coppie di torsione rispetto agli impianti di controllo. Questo trattamento chimico può

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migliorare ulteriormente l'ancoraggio dell’impianto nell’osso rendendo la superficie dell’impianto bioattiva.

Figura 16 - SEM micrographs of treatment of titanium dental implants in a fluoride solution surface (Courtesy of Astratech

Sfortunatamente questi tipi di trattamento chimico possono andare a modificare le proprietà meccaniche del titanio. Per esempio, il trattamento con attacco acido può portare ad infragilimento da idrogeno nel titanio, generando micro cricche sulla relativa superficie che potrebbe ridurre la resistenza all’affaticamento degli impianti. Effettivamente, gli studi sperimentali hanno mostrato l'assorbimento di idrogeno dal titanio in ambiente biologico. Questo infragilimento da idrogeno nel titanio è associato con la formazione di una fase ibrida di fragilità; ciò porta ad una riduzione della duttilità del titanio. Questo fenomeno è collegato con il manifestarsi di meccanismi di frattura negli impianti dentali.

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2.4.4 Trattamento superficiale tramite anodizzazione

Le superfici Micro- o nano-porose possono anche essere prodotte tramite anodizzazione potenziostatica o galvanostatica del titanio dentro acidi forti (H2SO4, H3PO4, HNO3, HF) ad alta densità di corrente (200A/m2) o potenziale (100 V). Lo scopo dell’anodizzazione è ispessire lo strato dell'ossido a più di 1000nm sul titanio. Quando gli acidi forti sono usati in soluzioni elettrolitiche, lo strato di ossido viene disciolto secondo le linee della corrente di convezione ed ispessito in altre regioni. La dissoluzione dello strato di ossido secondo le linee della corrente di convezione genera micro o nano-pori sulla superficie del titanio. L’anodizzazione produce modifiche nella microstruttura e nella cristallinità dello strato dell'ossido di titanio. Il processo di anodizzazione è piuttosto complesso e dipende dai vari parametri quale la densità di corrente, concentrazione di acidi, composizione e temperatura dell'elettrolita. Sulle superfici anodizzate si ha una migliore risposta dell’osso con più alti carichi per le prove biomeccaniche e istomorfometriche rispetto alle superfici lavorate alle macchine utensili. Un più alto indice di successo clinico è stato osservato per gli impianti anodizzati di titanio rispetto ad impianti di titanio lavorati al tornio. Per cercare di modificare lo strato di ossido del titanio si è provato ad aggiungere magnesio, calcio, zolfo o fosforo. Da risultati sperimentali si è visto che l’aggiunta del magnesio nello strato di ossido conduce ad un più alto valore della coppia di torsione rispetto a quello di altri ioni.

In conclusione la rugosità superficiale degli impianti di titanio svolge un ruolo importante sia per la qualità dell’impianto che per la sua buona osteointegrazione. Gli impianti trattati tramite TPS o sabbiati si è visto che hanno un ancoraggio meccanico, favorendo la fissazione primaria all'osso. Rugosità superficiali dell’ordine dei nanometri si usano per migliorare l’assorbimento delle proteine, l’adesione osteoblastica delle cellule e velocizzare la ricrescita ossea nella regione peri-implantare.

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2.5 Analisi SEM

Il microscopio elettronico a scansione, comunemente indicato con l'acronimo SEM dall'inglese Scanning Electron Microscope, è un tipo di microscopio elettronico.

Il microscopio non sfrutta la luce come sorgente di radiazioni ma un fascio di elettroni che colpiscono il campione. Dal campione vengono emesse numerose particelle fra le quali gli elettroni secondari, o segnale SE (Secondary Electron), sono definiti convenzionalmente come gli elettroni uscenti dal campione con energia minore o uguale a 50 eV. Essi provengono da una profondità di pochi nm (nanometri) e scaturiscono dal fascio primario e dall’interazione degli elettroni retrodiffusi con gli elettroni di valenza (del campione). Gli SE forniscono informazioni sulla topografia delle superfici e sulla presenza e distribuzione di campi magnetici o elettrici; per rilevarli si fa uso di uno scintillatore/fototubo preceduto da uno stadio acceleratore. L’immagine fornita da tali elettroni appare in rilievo, come se l’osservatore fosse allo stesso livello del diaframma interno e guardasse l’oggetto illuminato da un’ipotetica sorgente situata in corrispondenza del rilevatore. Questi elettroni vengono rilevati da uno speciale rivelatore e convertiti in impulsi elettrici. Il fascio non è fisso ma viene fatto scandire: viene cioè fatto passare sul campione in una zona rettangolare, riga per riga, in sequenza. Il segnale degli elettroni secondari viene mandato ad uno schermo (un monitor) dove viene eseguita una scansione analoga. Il risultato è un'immagine in bianco e nero che ha caratteristiche simili a quelle di una normale immagine fotografica. Per questa ragione le immagini SEM sono immediatamente intelligibili ed intuitive da comprendere.

Il potere di risoluzione di un normale microscopio elettronico SEM a catodo di tungsteno si aggira intorno ai 5nm. L'immagine SEM ha un'elevata profondità di campo. Il campione è sotto alto vuoto (10-5 Torr) poiché l'aria impedirebbe la produzione del fascio (data la bassa energia degli elettroni), e deve essere conduttivo (oppure metallizzato), altrimenti produce cariche elettrostatiche che disturbano la rivelazione dei secondari.

Esistono anche SEM modificati per determinate applicazioni: con il SEM a pressione variabile low vacuum per esempio si riescono ad analizzare anche campioni biologici non metallizzati o isolanti. Con il cosiddetto "Environmental SEM" inoltre si possono analizzare anche campioni liquidi.

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Il microscopio SEM può ottenere immagini tridimensionali anche di oggetti relativamente grandi

Nelle nostre simulazioni si terrà conto di tre diversi modelli di impianto, di due differenti case produttrici. Per la SPI, prima casa fornitrice del campione abbiamo analizzato un solo tipo di impianto su due, dato che il secondo differisce dal primo solo per il tipo di filetto mentre la struttura chimica e il tipo di trattamento chimico è lo stesso, come dichiarato dal produttore.

Abbiamo sottoposto i nostri impianti ad una attenta analisi SEM (Microscopio a scansione elettronica) per andare ad osservare il tipo di trattamento superficiale da loro ricevuto; inoltre abbiamo potuto ottenere l’esatta composizione chimica degli impianti. Di seguito verranno riportate delle immagini SEM da noi scattate e la relativa scheda con i risultati sulla composizione chimica.

2.5.1 Impianto SPI Element Platform Φ4.5mm

Il primo impianto esaminato è quello della SPI, ha un diametro di 4.5mm e un’altezza di 14mm (vedi figure 17-18).

Figura 17 – Impianto SPI, Φ=4.5mm, h=14mm

(18)

Figura 18 – SPI, Φ=4.5mm, h=14mm

Sulle immagini seguenti si può osservare, ad un ingrandimento di 1500X (vedi Figura 19) e successivamente a 3500X (vedi Figura. 20), come la superficie presenti delle micro cave, tipiche di un trattamento tramite attacco chimico.

Figura 19 - impianto SPI con ingrandimento 1500X

(19)

Figura 20 – impianto SPI con ingrandimento 3500X

Inoltre la successiva microscopia a scansione mostra che l’impianto è costituito solo da titanio e non si nota la presenza di altri elementi chimici, sia sulla superficie della corona che sulla superficie di impianto filettata. Di seguito verranno riportati i dati relativi a due zone analizzate del medesimo impianto. Si è preso in analisi la parte del collare superiore dell’impianto (che rimane fuori dall’osso) e la superficie dell’impianto filettata (che va a contatto diretto con l’osso).

Nelle immagini che seguono si mostrano i risultati ottenuti con il SEM. Abbiamo analizzato la parte della superficie della corona dell’impianto, in quanto sappiamo non essere stata trattata con nessun procedimento che ne abbia alterato le caratteristiche chimiche superficiali; da questa analisi abbiamo individuato il materiale principale dell’impianto. Successivamente abbiamo analizzato la parte filettata dell’impianto, quella che sappiamo aver ricevuto trattamenti superficiali. In questo modo si è potuto vedere come è stata trattata e se la composizione chimica superficiale è stata alterata. I grafici seguenti riportano la composizione chimica degli impianti analizzati. Lungo l’asse delle ascisse si misura il valore di energia del flusso di elettroni che non vengono assorbiti dal materiale analizzato ma che vengono rimandati indietro, questo valore viene analizzato dai sensori del microscopio e mi dà i picchi riportati nel grafico. Lungo l’asse delle ordinate di solito non si riportano unità di misura perché non ci interessa sapere la quantità precisa, tale analisi dà solo una informazione quantitativa ma non numerica.

(20)

In Figura 21 si può osservare l’analisi della composizione chimica fatta sulla parte della corona dell’impianto.

Spectrum processing :

Peak possibly omitted : 1.465 keV

Processing option : All elements analysed (Normalised)

Number of iterations = 1

Standard :

Ti K Ti 1-Jun-1999 12:00 AM

Element App Intensity Weight% Weight% Atomic%

Conc. Corrn. Sigma

Ti K 36.78 1.0000 100.00 0.00 100.00

Totals 100.00

Figura 21 – Microscopia a scansione: spettro della corona superiore dell’impianto

(21)

In Figura 22 si può osservare l’analisi fatta sulla parte filettata dell’impianto.

Spectrum processing :

Peak possibly omitted : 3.045 keV

Processing option : All elements analysed (Normalised)

Number of iterations = 1

Standard :

Ti K Ti 1-Jun-1999 12:00 AM

Element App Intensity Weight% Weight% Atomic%

Conc. Corrn. Sigma

Ti K 35.88 1.0000 100.00 0.00 100.00

Totals 100.00

Figura 22 - Microscopia a scansione: spettro della parte di impianto filettata

Entrambe le figure 21 e 22 mostrano la presenza del solo titanio come unico componente dell’impianto da noi analizzato.

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2.5.2 Impianto esagonale conico Φ3.5mm ISOMED TIBc–12

Il secondo impianto esaminato è quello della Isomed, ha un diametro di 3.5mm e un’altezza di 12mm (vedi figure 23-24). Differisce da quello della SPI per forma, tipo di filetto e trattamento superficiale ricevuto.

Figura 23 - Impianto ISOMED TIBc, Φ=3.5mm, h=12mm – particolare del filetto

Figura 24 – Impianto ISOMED TIBc, Φ=3.5mm, h=12mm – particolare della punta

(23)

Sulle immagini seguenti si può osservare, ad un ingrandimento di 1500X (vedi Figura. 25) e successivamente a 3700X (vedi Figura 26), come la superficie presenti delle creste e del materiale depositato sulla superficie dell’impianto, tipico di un trattamento tramite sabbiatura.

Figura 25 – Impianto Isomed con ingrandimento 1500X

Figura 26 - Impianto Isomed con ingrandimento 3700X

(24)

Di seguito verranno riportati i dati relativi a due zone analizzate del medesimo impianto. Si è preso in analisi la parte del collare superiore dell’impianto (che rimane fuori dall’osso, Figura 27) e la superficie dell’impianto filettata (che va a contatto diretto con l’osso, Figura 28).

Spectrum processing :

Peaks possibly omitted : 1.500, 1.765, 2.764 keV

Processing option : All elements analysed (Normalised)

Number of iterations = 1

Standard :

Ti K Ti 1-Jun-1999 12:00 AM

Element App Intensity Weight% Weight% Atomic%

Conc. Corrn. Sigma

Ti K 37.76 1.0000 100.00 0.00 100.00

Totals 100.00

Figura 27 - Microscopia a scansione: spettro della corona superiroe

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Spectrum processing :

Peak possibly omitted : 3.702 keV

Processing option : All elements analysed (Normalised)

Number of iterations = 4 Standard : C K CaCO3 1-Jun-1999 12:00 AM O K SiO2 1-Jun-1999 12:00 AM Mg K MgO 1-Jun-1999 12:00 AM Al K Al2O3 1-Jun-1999 12:00 AM Si K SiO2 1-Jun-1999 12:00 AM Ti K Ti 1-Jun-1999 12:00 AM

Element App Intensity Weight% Weight% Atomic%

Conc. Corrn. Sigma

C K 3.87 0.3715 15.24 0.68 23.40 O K 16.41 0.5067 47.37 0.48 54.59 Mg K 4.44 0.6897 9.41 0.12 7.14 Al K 0.74 0.6896 1.57 0.06 1.07 Si K 7.14 0.7818 13.36 0.16 8.77 Ti K 7.36 0.8248 13.05 0.17 5.02 Totals 100.00

Nella figura 28 si osserva che non vi è solo il titanio come componente dell’impianto

Figura 28 -Microscopia a scansione: spettro della parte filettata

(26)

40 ma si ha anche una componente di alluminio, silicio e magnesio. Per avere la certezza che non ci fossero errori di osservazione si sono fatte più scansioni su varie zone della parte filettata e tutte hanno dato i medesimi risultati. Questo può essere dovuto al trattamento superficiale che ha ricevuto l’impianto. Tale impianto è stato infatti sabbiato, quindi si hanno residui della sabbiatura sulla superficie.

Figura

Figura 1 - impianto endosseo: A=filettato, B=cilindrico, C=forato
Figura 3 - Impianto Isomed a vite cilindrica
Figura 5 - Impianto SPI cilindrico
Figura 7 - Vari tipi di geometrie antirotazionali interne
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