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CAPITOLO 1
Il Sisma in Emilia
Il 20 e 29 maggio 2012 l’Emilia ha tremato, lasciando un segno indelebile nel cuore della comunità, nel tessuto sociale e nel tessuto economico del territorio.
Alle ore 4.03 del 20 maggio il primo sisma, di magnitudo pari a 5.9 gradi della scala Richter e con profondità di 6.3 km, si è fatto sentire. Hanno fatto seguito, nella stessa giornata, ulteriori scosse di magnitudo elevata (2 di magnitudo superiore a 5, altre 12 di magnitudo superiore a 4 e ulteriori 32 superiori a magnitudo3)[1].
Alle ore 9 del 29 maggio un secondo terremoto di magnitudo pari a 5.8 gradi Richter con profondità di 10 km, con epicentro localizzato più a ovest rispetto al precedente, è stato registrato dai sismografi dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
L’area maggiormente colpita dai due eventi sismici è stata la porzione settentrionale della Pianura Padana Emiliana compresa tra le provincie di Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Bologna. Le scosse sono state avvertite nettamente anche in gran parte dell’Italia del nord, causando danni in Lombardia e Veneto.
Gli eventi sismici hanno interessato un’area di grandi dimensioni e densamente popolata, coinvolgendo circa 900mila persone. La zona intorno agli epicentri ingloba 33 comuni: 7 in provincia di Reggio-Emilia, 14 in provincia di Modena, 5 in quella di Bologna e 7 in quella di Ferrara (Figura 1.1). Questo evento ha colpito una zona non solo densamente popolata ma anche con un’altissima industrializzazione, un’area agricola fiorente e un alto tasso di occupazione, che producono circa il 2% del PIL nazionale[1].
I maggiori danni alle abitazioni, ai beni pubblici e culturali, ai beni artistici, alle attività produttive e conseguentemente al mercato del lavoro si sono riscontrati nelle aree dei due epicentri del 20 e 29 maggio, e in particolare nella provincia di Modena, nel ferrarese, nel bolognese e nel reggiano.
Tali eventi sismici hanno causato vistosi effetti di liquefazione in varie località, localizzate in corrispondenza di canali abbandonati dei fiumi Secchia, Panaro, Reno e Po, in un’area estesa tra il settore occidentale della provincia di Ferrara e l’attuale corso del fiume
2 Secchia. Hanno assunto particolare rilevanza nei centri abitati di San Carlo e di Mirabello, in provincia di Ferrara.
Figura Figura Figura
Figura 1111.1 .1 .1 .1 - Sequenza sismica 19 maggio 2012 – 19 maggio 2013 (INGV)
E’ importante precisare che oltre alle due scosse principali di 5.9 e 5.8 ML, si sono susseguiti migliaia di eventi minori. Infatti, a un anno dal terremoto si sono registrati più di 2500 terremoti, anche se con un andamento di generale diminuzione sia del numero sia della magnitudo delle repliche. Tuttavia, il livello di sismicità dell’area è ancora superiore a quello di prima della sequenza, anche se l’andamento che si era esteso per circa 50 Km in direzione est-ovest, non si è ulteriormente esteso successivamente.
Inoltre, durante questo anno sono stati continui gli studi fatti, le analisi dei dati geologici e le stime dei danni che hanno fatto avanzare l’ipotesi di una possibile, se non certa, sottovalutazione della pericolosità sismica “ufficiale” dell’area, poiché queste zone sono state classificate come sismiche solo a partire dal 2003.
Inoltre, questa mancanza è poco giustificabile, poiché in quest’area in passato si sono verificati diversi terremoti storici: tra questi il più importante è l’evento del 1570 nell’area di Finale Emilia-Bondeno, che ebbe una magnitudo stimata 5.5. Questo evento, attraverso il Catalogo Parametrico dei Terremoti in Italia, si nota che è stato preceduto e seguito da altri eventi sismici soprattutto nella zona di Ferrara (1234, 1285, 1346, 1441, 1796) e nelle aree di Finale Emilia-Bondeno (1570, 1908 e 1986), dove recentemente hanno evidenziato un evento sismico risalente al 1639 di intensità pari al VII-VIII grado MCS. Dal grafico riportato in Figura 1.2 si può osservare come la storia sismica di Ferrara sia stata caratterizzata da diversi eventi sismici di intensità MCS pari o superiori al VI grado.
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Figura 1.2 Figura 1.2 Figura 1.2
Figura 1.2 - Storia sismica di Ferrara
Questa sequenza sismica ha rappresentato un importante caso di studio per l’intera comunità scientifica, che ha potuto misurare la sismicità, le deformazioni del suolo e gli impatti ambientali cosi da dare una rapida informazione[2].
1.1 Stima dei danni e conseguenze socio-economiche
Ingentissimi sono stati i danni riportati, nelle sedi municipali (39 in totale), uffici comunali e provinciali, abitazioni, sedi delle forze dell’ordine, aziende pubbliche e private, beni demaniali, aree cimiteriali, ospedali, scuole, impianti sportivi e così via, provocati dal sisma.
Gli interventi effettuati sono stati estesi, transitando dall’attuazione di interventi provvisionali verso quelli di messa in sicurezza e di ripristino funzionale, conservando nel contempo e nella maggior parte dei casi il carattere di indifferibilità e urgenza.
Complessivamente, dalla data del sisma sono stati predisposti 1393 interventi, per un finanziamento complessivo di 155 milioni di euro[1].
Quelli urgenti hanno riguardato beni culturali e pubblici, cimiteri, opere idrauliche, scuole, strutture socio sanitarie, viabilità e impianti sportivi.
Al fine di garantire la rimozione in tempi rapidi delle macerie derivanti dai crolli degli edifici e quelli derivanti dalle attività di demolizione e abbattimento di strutture pericolanti, la Regione ha sviluppato una prima disciplina di emergenza per la gestione delle attività di rimozione, con una spesa che si stima su 22.3 milioni di euro. A oggi le
4 macerie rimosse ammontano a circa 359 mila tonnellate e complessivamente sono stati predisposti 23 programmi di intervento per un finanziamento di 15 milioni di euro[1].
Il sisma, come abbiamo già visto, ha colpito una zona densamente popolata e questo ha condotto ad interventi di continuità tra l’emergenza, la transizione e la ricostruzione. Gli eventi sismici, inoltre, hanno colpito una delle aree produttive più importanti del paese. Questa zona, estremamente vasta, presenta una elevatissima concentrazione di unità produttive agricole, agroalimentari, industriali ed artigianali, con la presenza di distretti produttivi di rilevanza internazionale (come il biomedicale, il tessile-abbigliamento). L’area ha prodotto 19,6 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2011 e genera 12,2 miliardi di euro di esportazioni. Nell’area del cratere, composta da 33 comuni, si contano circa 11mila capannoni industriali[1].
Quasi 39 mila edifici, tra abitazioni e aziende, sono stati analizzati e di questi oltre 25 mila ad uso abitativo sono risultati per il 18% temporaneamente o parzialmente inagibili, il 36% inagibile e il 5% inagibile per rischio esterno.
A causa del fenomeno di liquefazione alcuni edifici hanno subito cedimenti di traslazione rigida, talvolta anche di debole rotazione. Si sono creati giunti di distacco dalle costruzioni minori e strutturalmente deboli (garage, rimesse o deposito attrezzi) annesse alla costruzione principale. Tali costruzioni minori sono spesso risultate gravemente danneggiate e inagibili. Diffusi i danni alle pavimentazioni del piano terra, ai tramezzi, ai collegamenti con le tubazioni, più rari i danni alle strutture resistenti, verticali e orizzontali[3].
Gli interventi effettuati, sono stati gestiti avendo già di fronte un disegno del dopo sisma, cioè si è definita l’esclusione delle New-Town e della dispersione nel territorio agricolo puntando, invece, al recupero dei beni storici e culturali e delle identità dei luoghi. Difatti, dopo aver situato oltre 19 mila nuclei familiari in alloggi provvisori, in parallelo è stata avviata la fase della ricostruzione, con l’obiettivo di ridurre la vulnerabilità e migliorare considerevolmente i livelli di sicurezza.
Fin da subito è partita la ricostruzione degli immobili sia abitativi sia produttivi e sono state definite le regole per la concessione dei contributi.
Valori riassuntivi Unità locali Addetti
33 comuni 47741 187.012
Quota % su totale regionale 11,3% 11,0%
Tabella
Tabella Tabella
5 I danni sono stati molto diffusi, basti pensare che sono state coinvolte quasi 66 mila unità locali e 270 mila addetti nei settori dell’industria, costruzioni e terziario, pari rispettivamente al 15,6% ed il 15,9% dei valori totali dell’Emilia Romagna.
Se consideriamo anche i tre capoluoghi (Bologna, Reggio Emilia e Modena), per un totale di 57 comuni, si contano in tutto circa 148 mila unità locali e 602,5 mila addetti, rispettivamente il 35,1% ed il 35,5% del totale regionale[1].
Questo ha provocato conseguenze socio-economiche notevoli poiché essa rappresenta un’area redditizia molto importante, giacché produce una ricchezza economica non solo per il territorio nazionale ma anche internazionale.
Infatti, l’ampiezza dell’area colpita dal sisma e l’importanza delle attività economiche non può che riflettersi sulle entità dei danni. Per quanto riguarda le prospettive di sviluppo economico la stima condotta, a partire dalle valutazioni sulle imprese colpite, sui tempi di fermo produzione e sulla dimensione economica dell’area, porta a valutare il valore aggiunto perso di 3.1 miliardi di euro.
Le aziende coinvolte sono diverse migliaia per un valore complessivo del danno stimato di 2.7 miliardi di euro. Come precedentemente accennato i due comparti più colpiti sono il biomedicale e il tessile-abbigliamento. Per quanto riguarda le aziende agricole e zootecniche interessate dal sisma, sono quasi 14 mila (pari al 18.7% del totale regionale), i cui danni stimati ammontano a 2.4 miliardi di euro circa[1].
Questo ha comportato la sospensione delle attività aziendali, producendo un alto numero di cassaintegrati soprattutto nel settore manifatturiero e commerciale, stimando nel complesso del settore privato la perdita di 4800 posti di lavoro.
Dalle ultime rilevazioni, grazie all’avvio di un processo di ricostruzione immediato, nel 2012 il numero di posizioni lavorative nel settore delle costruzioni è aumentato di circa 1000 unità, a fronte di un calo significativo registrato nei comuni non colpiti e nel resto dell’Emilia Romagna.
Inoltre, sono state avviate procedure per stanziare contributi destinati ad interventi per la riparazione, il ripristino, il miglioramento sismico e la ricostruzione di immobili ad uso produttivo, distrutti o danneggiati, ma anche per la riparazione e l’acquisto di beni mobili strumentali all’attività e per la ricostituzione delle scorte distrutte o danneggiate.
Il programma per il ripristino, la riparazione e il potenziamento di edilizia pubblica e privata attraverso leggi per i fondi di aiuto alle famiglie e alle imprese, che sono state scritte con il governo, il parlamento e l’assemblea regionale durante l’emergenza, ad oggi vengono emanate con provvedimenti con carattere di urgenza (ultimo in ordine temporale il decreto che proroga lo stato di emergenza al 31 dicembre 2014). Per questo motivo le norme nazionali e regionali sono state attuate tramite ordinanze, poiché sono lo
6 strumento più snello a disposizione del commissario per accelerare il processo di ripresa e di ricostruzione. Le ordinanze, infatti, hanno permesso di intervenire con efficienza ed efficacia sia per le misure provvisionali che di messa in sicurezza, sia per le scuole sia per i servizi fondamentali ai cittadini. Inoltre, le ordinanze per la concessione dei contributi ai privati, per la ricostruzione delle abitazioni e degli immobili produttivi, sono state costantemente aggiornate e migliorate tenendo conto dell’esperienza e delle osservazioni dei tecnici, dei cittadini e degli enti locali.
1.2 Provvedimenti Normativi
A seguito degli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto nei giorni 20 e 29 maggio 2012, sono state emanate leggi e redatte linee guida da tecnici esperti per superare le emergenze e per una rapida ricostruzione delle aree terremotate.
Tra i documenti redatti, rilevante è stato il Decreto Legge emanato dal Governo n.74 del 6 giugno 2012, recante gli interventi urgenti da attuare in favore delle popolazioni colpite dal terremoto, convertito dal Parlamento in Legge attuativa del 1 agosto 2012 n.122[4].
Questi contengono indicazioni e prescrizioni riguardo la gestione delle risorse, i provvedimenti di ricostruzione, le tempistiche degli interventi da eseguire sul patrimonio edilizio sia pubblico che privato, la gestione dell’assistenza alle popolazioni e gli interventi per la rapida ripresa dell’attività produttiva e delle normali condizioni di vita e di lavoro nei territori delle provincie di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo. Oltre alle leggi, che includono le disposizioni generali riferite a ciascuna tipologia di edificio e per qualsiasi tipo di danno, sono stati redatti documenti che mirano alla risoluzione di problemi legati a particolari tipologie edilizie quali gli edifici prefabbricati non progettati con criteri antisismici che rappresentano un patrimonio essenziale da redimere prioritariamente per una rapida ripresa economica. Si tratta delle Linee guida Reluis, stilate dal Gruppo di Lavoro Agibilità Sismica dei Capannoni Industriali, le quali forniscono un supporto tecnico per affrontare il problema degli interventi locali e globali ma che non hanno né carattere prescrittivo né cogente ovvero mirano a fornire soluzioni tecniche consultabili facilmente per dare risposta a particolari questioni di sicurezza, economiche e sociali.
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1.2.1 Legge n.122 del 1 Agosto 2012
Al termine del terremoto è stato necessario fare una valutazione dei danni e una definizione degli interventi, sia per gli edifici tradizionali e residenziali sia per quelli di tipo produttivo.
Le procedure d’intervento sono state emanate con il Decreto Legge 74 del 2/06/2012, convertito nella Legge n. 122 del 1/08/ 20102[4].
Questo delinea il quadro normativo al quale devono fare riferimento gli interventi per la ricostruzione, l’assistenza alle popolazioni e la ripresa economica dei territori interessati dalla sequenza sismica; affida alla comunità professionale il compito di perseguire, attraverso azioni mirate, gli obiettivi di salvaguardia della vita e di sicurezza, sia sotto il profilo sociale che economico, per la natura e il livello tecnologico delle numerose aziende operanti sul territorio. Per gli edifici, il D.L. 74 pone condizioni aggiuntive, scaturite dall’esperienza negativa delle due scosse del 20 e 29 maggio 2012, rispetto al tradizionale concetto di agibilità sismica di una costruzione. Quest’ultimo è riferito per gli edifici ordinari al danneggiamento prodotto dal terremoto sulla struttura e alla capacità che, nella mutata condizione, la struttura stessa ha di resistere a ulteriori scosse di intensità al massimo pari a quella subita. Nel caso di edifici a struttura discontinua, in mancanza di requisiti di robustezza, si richiede invece una procedura articolata in passi successivi, che pone come condizione imprescindibile, indipendentemente dal danno presente, l’assenza di quelle tipiche carenze che hanno determinato i crolli più clamorosi.
All’interno di questa legge, di particolare importanza è l’Articolo 3, in cui il legislatore riporta: le norme da adottare per la Ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo; i contributi a favore delle imprese e le disposizioni di semplificazione procedimentale.
In questo articolo, il comma 8, fornisce un quadro sintetico delle carenze più rilevanti che evidentemente ostano al conseguimento a breve termine dei requisiti minimi di sicurezza per l’esercizio delle costruzioni industriali e che quindi devono essere sanate prioritariamente, ivi comprese le scaffalature metalliche per lo stoccaggio di lavorati e semilavorati suscettibili di interazioni con le strutture principali degli edifici industriali. Sotto il profilo tecnico, quindi, lo scenario delineato dal D.L. per conseguire gli obiettivi di superamento dell’emergenza e di miglioramento della sicurezza per la salvaguardiadelle vite umane richiede un processo coordinato e realizzato in due fasi: la prima nella quale si garantisce l’eliminazione delle carenze strutturali più rilevanti, nel rispetto del comportamento complessivo dell’organismo strutturale; la seconda nella quale si interviene in maniera estesa e sistematica per il conseguimento delle prestazioni richieste
8 dal comma 10 dell’art. 3 del DL 74/2012, integrando in un contesto più ampio e incisivo i correttivi posti in essere nel corso della prima fase[5].
La verifica suddetta non è effettuata indistintamente su tutti i fabbricati ma vi è un criterio di scelta che si basa sulla percentuale di accelerazione spettrale a cui è stata sottoposta la costruzione durante l’evento sismico, in base alle mappe di scuotimento (o ShakeMap) fornite dall’INGV.
il comma 10 cita: Per quanto concerne le imprese di cui al comma 8, nelle aree colpite dagli eventi sismici del maggio 2012 in cui l’accelerazione spettrale subìta dalla costruzione in esame, così come risulta nelle mappe di scuotimento dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, abbia superato il 70 per cento dell’accelerazione spettrale elastica richiesta dalle norme vigenti per il progetto della costruzione nuova e questa, intesa come insieme di struttura, elementi non strutturali e impianti, non sia uscita dall’ambito del comportamento lineare elastico, l’adempimento di cui al comma 9 si intende soddisfatto. Qualora l’accelerazione spettrale come sopra individuata non abbia superato il 70 per cento dell’accelerazione spettrale elastica richiesta dalla norma vigente ad una costruzione nuova di analoghe caratteristiche, per il profilo di sottosuolo corrispondente, tale costruzione dovrà essere sottoposta a valutazione della sicurezza effettuata conformemente al capitolo 8.3 delle norme tecniche per le costruzioni, di cui al decreto del Ministro delle infra- strutture 14 gennaio 2008, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficialen. 29 del 4 febbraio 2008, entro i termini temporali di cui al comma 9 del presente articolo, tenendo conto degli interventi locali effettuati ai sensi del comma 8. Qualora il livello di sicurezza della costruzione risulti inferiore al 60 per cento della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo, dovranno eseguirsi interventi di miglioramento sismico finalizzati al raggiungimento almeno del 60 per cento della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo, […].
Per valutare quindi, come è stato premesso, questa accelerazione è necessario riferirsi alle Mappe di Scuotimento. Le mappe di scuotimento, o ShakeMap, sono uno strumento indirizzato specificamente alla valutazione rapida (entro pochi minuti dall’evento) del moto del suolo dopo un terremoto. Queste mappe traducono lo scuotimento del suolo, registrato dai sismometri a seguito di un terremoto, nella distribuzione del risentimento atteso.
Il codice che elabora in maniera automatica le ShakeMap viene utilizzato presso la sala sismica dell’INGV che fornisce i dati di partenza (localizzazione ipocentrale e magnitudo). I
9 dati dello scuotimento del suolo sono disponibili in tempo reale tramite le registrazioni alle stazioni della rete sismica nazionale gestita dall’INGV.
L’INGV fornisce mappe in termini di Intensità Macrosismica in scala Mercalli Modificata (MMI), valori di picco dell’accelerazione (Peak Ground Acceleration – PGA), valori di picco della velocità (Peak Ground Velocity – PSA) e le risposte spettrali (Spectral Response – PSA) per i periodo 0.3, 1.0 e 3.0 secondi.
Di seguito si riportano le ShakeMap relative ai due eventi sismici più importanti verificatisi in Emilia in termini di intensità macrosismica e di valori di picco dell’accelerazione. Le mappe d’intensità sono calcolate dalle registrazioni dei sismometri tramite delle equazioni che mettono in relazione il danneggiamento, rappresentato nella scala d’intensità Mercalli Modificata, con il movimento del terreno.
In ogni mappa la “stella” rappresenta l’epicentro del terremoto e il “rettangolo” rappresenta la proiezione della faglia che ha causato il terremoto, le cui dimensioni sono dedotte dalla magnitudo e sono inoltre indicate le principali città vicino all’area dell’epicentro.
Figura Figura Figura
Figura 1.31.31.31.3 - ShakeMap espressa in intensità strumentale (scala di Mercalli Modificata, MMI) dell’evento MI=5.9
10 Il terremoto di magnitudo MI=5.9 del 20 maggio 2012 delle ore 4:03 italiane è stato risentito in una vasta area intorno all’epicentro. La Figura 1.3 mostra la mappa di intensità in scala Mercalli Modificata (MMI), ottenuta convertendo i valori di picco del moto del suolo (espresso in termini di accelerazione e velocità) in intensità attraverso una legge empirica.
L’area che comprende l’epicentro, la faglia estesa e che delimita il VI grado MMI (area colorata in giallo in Figura 1.3) ha un raggio di circa 25-30 km. All’interno dell’area racchiusa da questo grado della scala MMI il terremoto ha generato movimenti del suolo tali da aver causato danni agli edifici. L’entità reale del danno è chiaramente funzionale della tipologia costruttiva e dello stato di preservazione degli edifici stessi. Intensità inferiori (V grado MMI, area in azzurro Figura 1.3) sono state registrate o stimate in tutta l’Italia settentrionale. Tale grado di intensità indica che il terremoto è stato chiaramente risentito dalle popolazioni in termini di scuotimento che va dal moderato al forte, ma non comporta verosimilmente un potenziale elevato sugli edifici.
Nella Figura 1.4 è mostrato il picco di accelerazione massimo del suolo espresso in %g. in particolare, nella zona epicentrale le accelerazioni massime hanno raggiunto il 32%g, come registrato dalla stazione MNR di Mirandola, appartenente alla Rete Accelerometrica Nazionale (RAN) gestita dal Dipartimento della Protezione Civile.
Figura 1.4 Figura 1.4Figura 1.4
Figura 1.4 - ShakeMap espressa in accelerazione del suolo dell’evento MI=5.9 delle ore 4.03 del 20/05/2012[6]
5 5 10 15 20 25 30 30
INGV Peak Accel. Map (in %g) : Pianura_padana_emiliana
MAY 20 2012 02:03:52 AM GMT M 5.9 N44.89 E11.23 Depth: 6.3km ID:8222913232
Map Version 9 Processed Wed Jun 20, 2012 08:33:39 PM GMT
10˚ 11˚ 12˚ 44.5˚ 45˚ 45.5˚ 0 50 km
11 La mappa di scuotimento in Figura 1.4 è espressa in termini di accelerazione del suolo utilizzando i dati della Rete Sismica Nazionale dell’INGV (triangoli rossi), della rete Accelerometrica Nazionale (RAN, triangoli blu), la faglia estesa, le leggi di attenuazione del moto del suolo e correzioni per gli effetti di sito tramite Vs,30, ovvero la velocità delle onde
sismiche S nei primi 30 metri di profondità.
Di seguito si riporta la mappa di scuotimento in termini di intensità (Figura 1.5) e di accelerazione (Figura 1.6) dell’evento sismico del 29 maggio.
Figura 1.5 Figura 1.5Figura 1.5
Figura 1.5 - ShakeMap espressa in intensità strumentale (scala di Mercalli Modificata, MMI) dell’evento MI=5.8
12
Figura 1.6 Figura 1.6Figura 1.6
Figura 1.6 - ShakeMap espressa in accelerazione del suolo dell’evento MI=5.8 delle ore 7.00 del 29/05/2012[6]
Attraverso l’utilizzo di queste mappe siamo in grado di conoscere se un determinato fabbricato è stato sottoposto al 70% dell’accelerazione spettrale elastica richiesta dall’attuale normativa (NTC 08). Qualora l’edificio sia stato sottoposto ad un’accelerazione inferiore occorrerà valutare la sicurezza in conformità al capitolo 8 delle Norme tecniche. Se il livello di sicurezza dovesse risultare inferiore al 60% della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo, dovranno obbligatoriamente eseguirsi interventi di miglioramento sismico per raggiungere la prestazione richiesta.
1.2.2 Linee guida ReLUIS
Le “Linee di Indirizzo per interventi locali e globali su edifici industriali monopiano non progettati con criteri antisismici” sono state sviluppate grazie al lavoro sinergico tra Assobeton, Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Dipartimento della Protezione Civile e ReLUIS[5].
La facilità di diffusione tramite WEB ha consentito una veicolazione immediata agli interessati ed anche le successive implementazioni che hanno reso questo documento
4 4 4 4 8 8 12 12 16 20 24 28
INGV Peak Accel. Map (in %g) : Pianura_padana_emiliana
MAY 29 2012 07:00:03 AM GMT M 5.8 N44.85 E11.09 Depth: 10.2km ID:7223045800
Map Version 9 Processed Mon Jul 23, 2012 10:46:06 AM GMT
10˚ 11˚ 12˚ 44.5˚ 45˚ 45.5˚ 0 50 km
13 sempre più completo ed esaustivo rispetto alle esigenze poste e alle esperienze acquisite sul campo della comunità professionale.
In particolare, nel Cap.3, Principi e criteri d’intervento, si descrivono le mancanze strutturali manifestatesi maggiormente negli edifici prefabbricati monopiano rispetto all’azione sismica, indicando possibili schemi di intervento che seguano i principi fondamentali per la messa in sicurezza della struttura.
Viene dichiarato espressamente che, da studi condotti sui fabbricati danneggiati e sulle carenze da essi denunciate a seguito dei recenti eventi sismici come quello dell’Aquila e quelli dell’Emilia Romagna, i collegamenti hanno rappresentato gli elementi critici in termini di prestazioni sismiche. Le deficienze prestazionali hanno determinato, infatti, la maggior parte dei danni più gravi, nonché dei crolli. Questo perché le connessioni non sono rappresentate da unioni meccaniche bensì, molto frequentemente, da semplici appoggi che sfruttano il principio dell’attrito ma che non hanno possibilità alcuna di trasferire gli sforzi dinamici indotti dal sisma. Per questo motivo, nelle linee guida, si forniscono indicazioni specifiche sul calcolo degli spostamenti relativi tra elementi verticali così da verificare l’impossibilità dell’instaurarsi di perdita di appoggio.