VI
Povertà e tecnologiche appropriate
Ora che l'uomo ha acquisito i mezzi fisici per autodistruggersi, la questione della pace si profila, ovviamente, più importante che mai nella storia dell'uomo. E come si potrebbe costruire la pace senza una qualche certezza di stabilità della nostra vita economica?1
E. F. Schumacher
L'avvento della produzione fondata sulle macchine a vapore fu salutata come la realizzazione dell'antico sogno prometeico di asservire la forze dalla natura, liberando l'uomo dalla fatica del lavoro e inaugurando il regno dell'abbondanza.
Sembrava che il buon gigante Gargantua e suo figlio Pantagruel2 fossero finalmente entrati nel paese della cuccagna, quello immaginosamente raffigurato nel cinquecento da Bruegel il Vecchio3.
Solo i poeti e i misantropi non credevano al miraggio “dell'umana gente; le magnifiche sorti e progressive”4.
Coloro che a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo osarono ribellarsi alle macchine, come fecero i luddisti, furono perseguitati e dispersi con brutale violenza repressiva da parte dello Stato. Le voci di denuncia di alcuni intellettuali: Rousseau, Sismondi, Carlyle, Ruskin, Thoreau, Tolstoj, furono liquidate come romantiche e anti-scientifiche.
Montava nell'opinione pubblica un atteggiamento fideistico nei confronti
1 E. F. Schumacher, Piccolo è bello, Milano, Mursia, 2011, p. 26.
2 Cfr. F. Rabelais, Gargantua e Pantagruel, (1532), tr. it. Torino, Einaudi, 1953.
3 Bruegel il Vecchio, Il Paese della cuccagna, 1567, conservato nell'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.
del progresso scientifico e della rivoluzione industriale. I capitalisti e i loro “sacerdoti”, gli economisti moderni, lanciavano anatemi contro tutte le posizioni critiche.
Il primo bersaglio della pubblica derisione fu Sismonde de Sismondi. In realtà, l'economista ginevrino non si era opposto aprioristicamente all'innovazione tecnologica, ma si era interrogato sull'impatto delle macchine sul lavoro e chiedeva di discernerne gli effetti, se esse fossero a servizio dell'uomo oppure lo rendessero schiavo, alienato o disoccupato.
6. 1 Sismondi e la moderna tecnologica
Sismondi aveva una visione molto critica dell'idea di Ricardo e Say sulla questione dell'equilibrio tra produzione e consumo. I due economisti classici ritenevano sufficiente "occuparsi della produzione di ricchezza, poiché la maggior prosperità delle nazioni dipende dal produrre sempre di più"5.
La convinzione che l'aumento della produzione industriale portasse a un sempre maggiore benessere si basava, per Ricardo, sulla credenza che ciò corrispondesse ai desideri e ai bisogni dell'uomo che sono sempre in continua espansione. Quindi, moltiplicando i mezzi di scambio, si permetteva di soddisfare le richieste di consumo senza saturazione della produzione, ma realizzando una crescita continua di ricchezza.
Sismondi, al contrario, era scettico sulla capacità del mercato di raggiungere un equilibrio, aumentando la produzione e i mezzi di scambio, e affermò che:
Non basta creare tali mezzi di scambio per farli passare nelle mani di coloro che hanno questi desideri e bisogni; ché anzi accade spesso nella società che i mezzi di scambio crescano mentre diminuiscono la domanda di lavoro o il salario; allora i bisogni e i desideri di una parte della popolazione non possono essere soddisfatti, e di conseguenza
5 S. Sismondi, “Dell'equilibrio tra produzione e consumo”, in L. Colletti e C. Napoleoni, Il futuro del capitalismo, crollo o sviluppo?, Bari, Laterza, 1970, p. 39.
anche il consumo diminuisce6.
Inoltre, Sismondi era contrario all'idea che la prosperità di una società si potesse basare esclusivamente su una crescente produzione di beni.
Egli sosteneva che fossero l'aumento della domanda di lavoro e l'offerta del salario a definire il livello di benessere nella società: "... quando la domanda di lavoro non ha preceduto e determinato la produzione, si verifica la saturazione del mercato, e una nuova produzione diventa allora causa di rovina e non di godimento"7.
Secondo Ricardo a permettere il miglioramento del benessere generale era stato il progresso tecnico che, avanzando, rendeva sempre più efficiente la produzione, generando margini di guadagno crescenti. Sismondi, al contrario, riteneva che in un sistema capitalistico l'aumento della produttività grazie a una nuova scoperta tecnica, senza un precedente aumento della domanda, induceva i proprietari a risparmiare sulla mano d'opera:
Le mie obiezioni non sono rivolte né contro le macchine, né contro le scoperte, né contro la civiltà, ma contro l'organizzazione della società, organizzazione che, spogliando l'uomo che lavora di qualsiasi proprietà che non siano le sue braccia, non gli concede nessuna garanzia contro la concorrenza, contro una esasperata competizione volta a suo danno di cui egli è inevitabilmente vittima8..
Diversamente sarebbe se la società fosse organizzata in modo che tutti potessero ottenere vantaggio dalle nuove scoperte tecniche:
Supponiamo che tutti gli uomini si dividano equamente il prodotto del lavoro a cui hanno partecipato, allora qualsiasi progresso tecnico sarà in ogni caso un vantaggio per tutti, perché dopo ogni passo avanti compiuto dall'industria essi, potranno sempre scegliere o di avere, lavorando meno, un più lungo riposo, o di
6 Ibid., p. 40. 7 Ibid., p. 40. 8 Ibid., p. 54.
trarre dallo stesso lavoro un maggior numero di godimenti. Oggi non è la scoperta che è un male, ma l'iniqua ripartizione che l'uomo fa dei suoi frutti9.
Bisognava intensificare gli sforzi perché l'intelligenza umana fosse messa a servizio dell'uomo e non lo asservisse. Sismondi indicò come esempio positivo di innovazione tecnica quella introdotta dal Ricasoli nelle campagne toscane per restituire fertilità ai suoli10.
6. 2 Marx e l'uso capitalistico delle macchine
Marx fu il primo e più attento studioso degli effetti umani e sociali della nuova tecnologia industriale.
Già negli suoi primi scritti giovanili, i “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, Marx si era precocemente interrogato sulla condizione del lavoro alienato nell'industria moderna, denunciando come “ ... l'operaio decada a merce, la più miserabile merce”11.
Nel “Manifesto del partito comunista”, pubblicato nel 1848, accusò l'asservimento e l'alienazione indotto dalle macchine:
Il lavoro dei proletari con l'estendersi dell'uso delle macchine e con la divisione del lavoro, ha perduto ogni carattere d'indipendenza e quindi ogni attrattiva per l'operaio. Questi diventa un semplice accessorio della macchina, un accessorio a cui non si chiede che un'operazione estremamente semplice, monotona, facilissima a imparare12.
9 Ivi.
10 Cfr. S. de Sismondi, Studi intorno all'economia politica, Capolago (Canton Ticino), Tipografia Elvetica, 1840, pp. 258-261.
11 Karl Marx, (a cura di G. della Volpe), Opere filosofiche giovanili, Roma, Editori Riuniti, 1977, p 193.
12 Marx ed Engels, (a cura di G. M. Bravo), Il Manifesto del partito comunista e i suoi interpreti, Roma, Editori Riuniti, 1973, p. 36.
Successivamente nel “Capitale”13 Marx esaminò diffusamente il rapporto tra macchine e grande industria. Nel capitolo XIII del primo libro, partendo da una affermazione di John Stuart Mill, per cui: “È dubbio se tutte le invenzioni meccaniche fatte finora abbiano alleviato la fatica quotidiana d'un qualsiasi essere umano”14, Marx sviluppò un'analisi insuperata dell'impatto delle macchine sul lavoro umano. Per il filosofo di Treviri la storia umana andava indagata come il risultato dell'interazione dialettica tra le forze produttive e i rapporti di produzione.
Similmente a Darwin che nei suoi studi di biologia si era interessato della formazione degli organismi viventi, vegetali e animali, Marx rivolse la sua attenzione alla “storia della formazione degli organi produttivi dell'uomo sociale, base materiale di ogni organizzazione sociale particolare”15. A tale studio Marx applicò il suo metodo materialistico di indagine scientifica, che operava per deduzioni partendo dai “rapporti reali di vita”16. Era, perciò, importante costruire “una storia critica della tecnologia”, perché le invenzioni non andavano intese come il frutto di un singolo individuo, ma l'opera collettiva della dialettica storica: “La tecnologia svela il comportamento attivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione della vita, e con essi anche l'immediato processo di produzione dei suoi rapporti vitali e delle idee dell'intelletto che ne scaturiscono”17.
L'elemento distintivo della rivoluzione industriale è stato il trasferimento del controllo dell'utensile al di fuori delle mani dell'uomo:
Del macchinario si abusa per trasformare l'operaio stesso, fin dall'infanzia, nella parte di una macchina parziale. ... Nella manifattura e nell'artigianato l'operaio si serve dello strumento, nella fabbrica è l'operaio che serve la macchina. Là dall'operaio parte il movimento del mezzo di lavoro, il cui movimento qui egli deve seguire. Nella manifattura gli operai costituiscono le articolazioni di un meccanismo
13 K. Marx, Il Capitale, libro primo, tomo II, capitolo tredicesimo, Roma, Editori Riuniti, 1973, pp. 71-220.
14 J. Stuart Mill, Principi d'economia politica, in K. Marx, Il Capitale, cit., p. 71. 15 K. Marx, Il Capitale, cit., p. 72.
16 Ibid., p. 73. 17 Ibid., pp. 72-73.
vivente. Nella fabbrica esiste un meccanismo morto indipendente da essi, e gli operai gli sono incorporati come appendici umane. ... La stessa facilità del lavoro diventa un mezzo di tortura, giacché la macchina non libera dal lavoro l'operaio, ma toglie il contenuto al suo lavoro”18.
Il primo risultato della macchina secondo Marx, quando è applicata capitalisticamente, è quello di aumentare la produzione del plusvalore :
… Il macchinario ha il compito di ridurre le merci più a buon mercato ed abbreviare quella parte della giornata lavorativa che l'operaio usa per se stesso, per prolungare quell'altra parte della giornata lavorativa che l'operaio dà gratuitamente al capitalista: è un mezzo per la produzione di plusvalore19.
Altro effetto immediato della macchina è quello di spazzare via dal sistema produttivo una gran massa di artigiani e contadini, accrescendo la disoccupazione in una popolazione divenuta sovrabbondante e creando quell'esercito proletario di riserva che è costretto a lasciarsi dettar legge dal capitale. È questa un'analisi simile a quella di Sismondi, che aveva visto in questo aspetto una delle cause delle crisi da sovrapproduzione del sistema capitalistico.
L'inventore del telaio a vapore per tessere il cotone ha rovinato l'India. Marx ricordò come il Governatore generale nel 1834-35 avesse constatato: “La miseria difficilmente trova paralleli nella storia del commercio. Le ossa dei tessitori indiani imbiancavano le pianure indiane”20.
Per quanto riguarda poi il rifornimento delle materie prime “il fiorire della lavorazione meccanica della lana ha provocato, con la trasformazione progressiva del terreno arabile in pascolo per le pecore, la cacciata in massa dei lavoratori agricoli, divenuti un «sovrappiù»”21.
Contemporaneamente “la marcia forzata della filatura del cotone ha accelerato come in una serra la crescita della coltivazione del cotone negli Stati
18 Ibid., pp. 128-9. 19 Ibid., p. 71. 20 Ibid., p. 139. 21 Ibid., p. 152.
Uniti, e con essa non soltanto la tratta degli schiavi africani, ma anche, e insieme, l'allevamento di negri come impresa dei cosiddetti Stati schiavisti di confine”22.
L'estendersi del numero delle macchine aveva, inoltre, accresciuto “il numero degli uomini condannati alle miniere di carbone e di metalli”23, così come era nato “un nuovo tipo di operai: il produttore di macchine”24.
L'uso della macchina a vapore aveva per scopo lo sfruttamento sempre più intenso della forza-lavoro, per cui si determinava un paradosso: “Il prolungamento della giornata lavorativa procede di pari passo con la crescente intensità del lavoro in fabbrica”25.
La semplificazione delle operazioni aveva, infine, comportato l'occupazione in fabbrica di un gran numero di donne, bambini e adolescenti: “Il macchinario aumenta il materiale umano sottoposto allo sfruttamento del capitale mediante l'appropriazione del lavoro delle donne e dei fanciulli”26.
Di fronte alla“ ... depredazione sistematica delle condizioni di vita
dell'operaio durante il lavoro”27, la via di uscita non era, per Marx, il rigetto della rivoluzione industriale tout court, come proponevano i luddisti e i populisti, ma un diverso uso che si poteva fare dello strumento tecnologico. Se utilizzato dal capitalismo, infatti, esso serviva a intensificare lo sfruttamento del lavoro salariato, se invece, in seguito a una rivoluzione proletaria, sarebbe stato indirizzato in senso socialista, avrebbe reso l'uomo più libero. Osservò Marx: “Ci vuole tempo ed esperienza affinché l'operaio apprenda a distinguere le macchine dal loro uso capitalistico, e quindi a trasferire i suoi attacchi dal mezzo materiale
di produzione stesso alla forma sociale si sfruttamento di esso”28. “Qui, come dappertutto, si deve distinguere fra la maggiore produttività dovuta allo sviluppo del processo sociale di produzione e la maggiore produttività dovuta al suo sfruttamento capitalistico”29. Infatti:
22 Ivi. 23 Ibid., p. 151. 24 Ibid., p. 152. 25 Ibid., p. 114. 26 Ibid., p. 124. 27 Ibid., p. 133. 28 Ibid., p. 136. 29 Ibid., p. 128.
Le contraddizioni e gli antagonismi inseparabili dall'uso capitalistico delle macchine non esistono perché non provengono dalle macchine stesse, ma dal loro uso capitalistico! Poiché dunque le macchine, considerate in sé, abbreviano il tempo di lavoro mentre, adoperate capitalisticamente, prolungano la giornata lavorativa, poiché le macchine in sé alleviano il lavoro e adoperate capitalisticamente ne aumentano l'intensità, poiché in sé sono una vittoria dell'uomo sulla forza della natura e adoperate capitalisticamente soggiogano l'uomo mediante la forza della natura, poiché in sé aumentano la ricchezza del produttore e usate capitalisticamente lo pauperizzano ...30.
Secondo Elisabeth McLaughlin31, Marx dimostra di avere molte idee in comune con gli economisti classici sui temi del materialismo scientifico e del determinismo tecnologico, condividendo col pensiero classico un'idea di scienza che miri a dominare la natura per sfruttarne le risorse e soddisfare i desideri dell'uomo, senza considerare quali siano le conseguenze dei suoi comportamenti sull'ambiente nel lungo periodo. Marx vedeva la soluzione di ogni problema con l'ineluttabile sostituzione del capitalismo con la dittatura del proletariato.
Al contrario Ruskin e Gandhi avevano un senso di venerazione nei confronti della natura, ritenendo i quattro elementi naturali nel loro stato originario un dono per la salute all'uomo. Gandhi arrivò a definirli con il nome di Dio per la loro capacità divina di dare e preservare la vita. I due pensatori sollevarono una forte critica nei confronti dell'industria moderna per la loro incuranza nell'inquinare l'aria e i fiumi, provocando malattie, degrado e scarsità.
Ritenevano preferibile la produzione manuale dei beni e l'uso della forza fisica degli uomini e degli animali per compiere le mansioni più comuni. Immaginavano un sistema di produzione "naturale" che escludeva la forza meccanica "artificiale"che produce lavoro meccanico e automatizzano a danno della salute fisica e mentale dell'uomo. Gandhi "valorizzava la creatività e la libertà presente negli ambienti rurali degli artigiani come un elemento molto più importante dell'efficienza organizzativa del lavoro raggiungibile attraverso
30 Ibid., pp. 149-150.
l'automazione dell'uomo"32.
6. 3 Hind Swaraj
Durante il suo soggiorno in Inghilterra, nell'estate del 1909, Gandhi scrisse
Hind Swaraj, un opuscolo di circa 30 mila parole che racchiudeva il suo pensiero
politico e la teoria del Satyagraha, il movimento di lotta sociale che contrapponeva alla forza bruta la forza dell'anima e dell'amore33.
Il testo era una riflessione sulla crisi della civiltà moderna, una crisi anzitutto morale prima che sociale e politica. Gandhi riconosceva nella cultura occidentale una perdita di considerazione verso la cura dello spirito per dedicare le sue energie alla crescita solo materiale della società.
Il termine swaraj significa in gujarati auto-controllo e auto-governo. Gandhi scelse questo temine perché solo attraverso il dominio di sé, controllando le proprie passioni e rispettando il proprio dovere è possibile una vera indipendenza34 politica ed economica:
La civiltà è quella forma di condotta che indica all'uomo il cammino del dovere. L'adempimento del dovere e l'osservanza della moralità sono termini intercambiabili. Osservare la moralità significa ottenere la padronanza della nostra mente e delle nostre passioni. Così facendo, conosciamo noi stessi. L'equivalente di civiltà, in gujarati, significa "buona condotta"35.
Nell'ottobre del 1909 Gandhi fu invitato a tenere a Londra una conferenza sul tema Occidente e Oriente. Per quella occasione riordinò in modo sintetico le idee contenute in Hind Swaraj, raggruppandole in 16 punti
32 Ibid., p.78.
33 Cfr. M. K. Gandhi, Vi spiego i mali della civiltà moderna. Hind Swaraj, Pisa, Centro Gandhi, 2009, p. 6.
34 Cfr., Ibid., pp. 19-20.
che ritroviamo in una lettera indirizzata al fedele amico Henry Polak36: 1. Non esiste una barriera invalicabile tra Oriente e Occidente.
2. Non c'è qualcosa definibile come civiltà occidentale o europea, piuttosto c'è una civiltà moderna che è completamente materialistica. 3. I popoli d'Europa, prima di essere toccati dalla civiltà moderna, avevano molto in comune con i popoli orientali; a ogni modo, ancora oggi gli europei che non sono toccati dalla civiltà moderna hanno migliori possibilità di capirsi con gli indiani non civilizzati, piuttosto che con i loro compatrioti civilizzati.
4. Non è il popolo britannico che sta dominando l'India, ma la civiltà moderna per mezzo delle sue ferrovie, i telegrafi, i telefoni, e ogni altra invenzione che viene esaltata come trionfo della civiltà.
5. Bombay, Calcutta e le altre grandi città sono autentici bubboni. 6. Se il governo britannico fosse sostituito domani da un governo indiano basato sui metodi moderni, l'India non starebbe meglio, ad eccezione del fatto di poter tenere per sé una parte del denaro che ora viene drenato in Inghilterra; insomma gli indiani diventerebbero una seconda o quinta edizione di Europa o America.
7. Oriente e Occidente possono incontrarsi realmente a condizione che l'Occidente butti a mare la civiltà moderna, quasi nella sua interezza. Essi possono ugualmente incontrarsi, allorché l'Oriente adotti la civiltà moderna, ma questo incontro sarebbe una tregua armata, simile a quella che c'è, per esempio, tra Germania e Inghilterra, nazioni che vivono costantemente nell'anticamera della morte pronte a divorarsi l'una con l'altra.
8. È semplice impertinenza per qualsiasi uomo o per qualsiasi organismo di uomini iniziare, o immaginare di iniziare a riformare il mondo intero. Tentare di fare ciò con gli strumenti della locomozione meccanica altamente veloce è tentare l'impossibile. 9. Progettare di accrescere il benessere materiale non porta in alcun modo alla crescita morale.
10. La scienza medica è la quintessenza della magia nera.
36 H. Polak era un giornalista ebreo, cooperò insieme a Gandhi agli esperimenti delle comunità di Phoenix e nella lotta politica in Sud Africa.
L'empirismo è infinitamente preferibile a ciò che viene spacciato per alta specializzazione medica37.
11. Gli ospedali sono strumenti di cui il diavolo si è servito per i suoi fini, allo scopo di mantenere la presa sul regno. Essi perpetuano il vizio, la miseria, il degrado e la vera schiavitù38.
12. Ero completamente fuori strada quando pensavo alla medicina. Sarebbe stato peccaminoso per me prendere parte in qualsiasi modo agli abomini che avvengono negli ospedali. Se non ci fossero ospedali per le malattie veneree o per la tubercolosi, avremmo meno tubercolotici e minori vizi sessuali.
13. La salvezza dell'India consiste nel disimparare ciò che ha appreso negli ultimi cinquanta anni. Ferrovie, telegrafi, ospedali, avvocati, dottori, e cose simili devo cessare, e le cosiddette classi superiori devo imparare a vivere coscientemente, religiosamente e volontariamente la semplice vita contadina, riconoscendo come essa dia la vera felicità.
14. Gli indiani non dovrebbero indossare abiti prodotti dalle macchine, sia che siano prodotte nelle fabbriche europee, sia che escano dagli opifici dell'India.
15. Ci sono molti oggi in Inghilterra che la pensano a questa maniera. L'Inghilterra potrebbe, quindi, aiutare l'India a intraprendere questa nuova strada, e così farsi perdonare per la conquista dell'India.
16. C'era autentica sapienza negli antichi saggi che avevano regolato la società, limitando le condizioni materiali del popolo: il rude aratro di quasi cinquemila anni fa è ancora oggi l'aratro del contadino. In ciò risiede la salvezza. La gente vive a lungo, sotto simili condizioni,
37 Gandhi era favorevole alla medicina omeopatica e condannava la medicina allopatica, quella più diffusa in occidente, perché reprimeva i sintomi e non curava le cause che fanno ammalare l'uomo. Le malattie sono causate da cattive abitudini alimentari, dall'assunzione di sostanze dannose come il tabacco e le droghe, da carenze igienico-sanitarie e da inquinamento
ambientale. Si ricorre al medico quando si sta male, perché faccia passare il dolore, ma non si interviene per modificare le cattive abitudini che hanno provocato la malattia. In questo senso la medicina veniva vista come lo strumento per perpetuare i comportamenti sbagliati.
38 La critica agli ospedali riguarda l'istituzionalizzazione della cura della salute umana. In questa critica Gandhi anticipò quello che altri autori come Illich in Nemesi medica hanno affermato, cioè che invece di essere un fattore di maggiore tutela per la salute umana, moltiplica la malattia e ne determina di nuove come quelle iatrogene. Piuttosto che costruire ospedali Gandhi auspicava un ambiente più sano, senza inquinamento, aria e acqua pulita, un'alimentazione sana, rimuovendo alla radice le cause che fanno ammalare.
in una pace comparativamente molto più grande di quella che l'Europa a goduto dopo avere intrapreso le attività moderne, e io sento che ogni uomo illuminato, certamente ogni inglese, possa, se lo decide, imparare questa verità ed agire in accordo con essa39.
"Hind swaraj ha aperto la strada a una forza capace di unificare il mondo, non nella circolazione delle merci o nell'omologazione degli stili di vita, ma su una base morale, ponendo l'unità di tutti, dell'Oriente e dell'Occidente, sul principio religioso della nonviolenza"40.
La critica di Gandhi alla civiltà moderna era rivolta anzitutto alla cultura di coloro che, sia in Occidente che in Oriente:
... fanno del benessere materiale lo scopo della loro vita. ... In passato gli uomini erano ridotti in schiavitù con la violenza fisica, ora sono resi schiavi dalla tentazione del denaro e dei lussi che il denaro può comprare. ... Questa civiltà non tiene in alcun conto né la morale, né la religione. I suoi sostenitori affermano in tutta tranquillità che non è loro affare insegnare religione. Alcuni addirittura, la considerano essere uno sviluppo della superstizione. Altri, invece, si rivestono col manto della religione e blaterano di moralità. ... La civiltà tenta di incrementare i piaceri del corpo, e fallisce miseramente anche in quello.
Questa civiltà è irreligione41, e ha avuto una tale presa sulla gente europea che coloro che vi sono immersi sembrano essere mezzi pazzi42.
Secondo Albert Tévoédjrè43 esistono alcuni principi alla base del sistema industriale capitalistico che, nel perseguire l'obiettivo di massimizzare l'efficienza produttiva, influenzano e regolano la vita delle persone. Essi sono la
39 Ibid., pp. 10-11. 40 Ibid., p. 17.
41 Irreligione traduce la parola di adharma che è il contrario di dharma, religione. 42 M. K. Gandhi., Hind Swaraj, cit., pp. 51-52.
43 A. Tévoédjrè nasce nel 1929 a Portonovo (Benin, ex Dahomey) fu ministro dell'informazione del suo Paese e segretario generale dell'Unione Africana e Malgascia e membro del Club di Roma. Professore di scienze economiche e sociali ha insegnato in Senegal Francia e Benin.
specializzazione delle attività produttive e la concentrazione degli uomini nelle città, la concentrazione della produzione in grandi aziende e del potere in poche mani44.
La parcellizzazione dei compiti dell'operaio sicuramente riesce nel suo intento di massimizzare il profitto economico, ma la conduzione di un lavoro monotono e faticoso negano l'esigenza umana che l'individuo ha di esercitare tutte le sue capacità fisiche e intellettuali, di essere consapevole dell'insieme di ciò che fa, di apprendere i saperi della scienza e la bellezza dell'arte, di compiere un lavoro libero e a contatto con la natura che gli permetta di esprimere tutta la sua creatività.
Bisogna impegnarsi, perciò, a promuovere l'evoluzione della tecnologia su piccola scala, relativamente nonviolenta, "una tecnologia dal "volto umano"45, come la definisce Schumacher, che permetta il realizzarsi di un lavoro che gratifichi l'animo umano, "cosicché la gente abbia la possibilità di divertirsi mentre lavora, invece di lavorare soltanto per la busta paga"46.
È dunque l'industria, che scandisce il ritmo della vita moderna, a dover essere ripensata per elaborare nuovi metodi di produzione, nuovi modelli di consumo, nuove forme di associazione e nuove forme di proprietà comune.
Secondo Schumacher l'errore principale degli economisti moderni è quello di considerare il problema della produzione risolto grazie alla tecnologia e alle scoperte scientifiche. L'uomo sente di avere un potere senza limiti sulla natura e una capacità di produzione illimitata.
Questa illusione è stata causata dell'incapacità di distinguere fra reddito e capitale quando si parla di risorse naturali. Tutto ciò che l'uomo con il suo lavoro produce proviene dalla natura: "molto più vasto del capitale che viene dall'uomo è quello che viene dalla natura; e noi neppure vogliamo riconoscerlo. Questa maggiore ricchezza, oggi, viene consumata a un ritmo allarmante e perciò credere e comportarsi come se il problema della produzione fosse risolto, è un errore irragionevole e suicida"47.
Il consumo di risorse naturali che sono esauribili, come i combustibili
44 Cfr., A. Tévoédjrè , La povertà ricchezza dei poveri, Bologna, EMI, 1985, p. 33. 45 E. F. Schumacher la definisce "tecnologia dal volto umano".
46 E. F. Schumacher, Piccolo è bello, cit., p. 25. 47 Ibid., p. 19.
fossili, fanno parte del nostro capitale naturale e non può essere consumato rapidamente come se fosse un reddito che la natura ciclicamente produce.
La visione di Gandhi non era quella di un rifiuto generalizzato di tutte le tecnologie. Ad esempio elogiò la macchina per cucire Singer che aveva portato sollievo al lavoro delle donne e lui stesso si impegnò per innovare la macchina dell'arcolaio. Attraverso il coinvolgimento della popolazione nella decisione di migliorare e investire conoscenza in quelle tecnologie che hanno impatto sulla loro vita voleva realizzare una scienza popolare. Mentre la tecnologia moderna tende ad accentrare il potere in poche mani, Gandhi riconosceva nella produzione su piccola scala una nuova dimensione di sviluppo tecnologico, dove le nuove macchine fossero semplici e pratiche per poter essere utilizzate nelle famiglie, nelle cooperative e nei villaggi. Con una decentralizzazione del potere decisionale nella capacità di investimento e produzione tecnologica, ogni comunità locale sarebbe in grado di sviluppare una propria tecnologia utile alla realtà che vive, perfezionando e migliorando le industrie dei villaggi. Il villaggio diventerebbe così il vero nucleo della vita sociale, modificando la relazione tra agricoltura e industria poiché sarà la comunità locale ad avere la precedenza nelle scelte sociali e sarà sempre essa a decidere cosa e come produrre, sulla base dei propri bisogni. La produzione centrata sui bisogni dei villaggi avranno la priorità sulla produzione dettata dai bisogni del mercato. Come ha affermato Kropotkin: "La varietà è l'aspetto distintivo sia del territorio sia dei suoi abitanti; e tale varietà implica una varietà di occupazioni. L'agricoltura chiama in vita l'industria e l'industria sostiene l'agricoltura. Entrambe sono inseparabili; ed è dalla loro integrazione reciproca che scaturiscono i migliori risultati"48.
Per Gandhi il villaggio doveva diventare il più possibile autosufficiente e solo dopo potrà creare scambi con altri villaggi, e inviare alle città il proprio surplus in cambio di beni e servizi: " La mia idea di villaggio Swaraj49 è che esso
sia una completa repubblica, indipendente dai suoi vicini per i suoi bisogni vitali e allo stesso tempo interdipendente per molti altri bisogni per i quali la dipendenza è necessaria"50.
48 P. Kropotkin, Campi, fabbriche, officine, Milano, Edizioni Antistato, 1982, p. 34. 49 Swaraj significa libertà, autogoverno, indipendenza, autonomia.
Gandhi riconosceva l'esistenza di alcune industrie su larga scala, presenti nelle aree urbane, la cui funzione fosse complementare alle attività produttiva dei villaggi. Tali industrie dovevano essere preferibilmente di proprietà collettiva e statale.
Su questo argomento il 27 gennaio del 1940 Gandhi così si esprimeva sulla rivista Harijan51, in risposta al Dr. Lohia52 che aveva sollevato critiche al
programma costruttivo del charkha53 e alla campagna del Khadi54:
Se posso convertire il Paese al mio punto di vista, l'ordine sociale del futuro sarebbe basato prevalentemente su charkha e su ciò che esso implica. Includerebbe qualsiasi cosa che promuovesse il benessere dei villaggi. Vedrei l'elettricità, la costruzione delle imbarcazioni, il lavoro del metalli e la costruzione delle macchine esistere fianco a fianco alla lavorazione artigianale dei villaggi.
Ma l'ordine di dipendenza sarebbe rovesciato. Fino ad ora l'industrializzazione è stata pianificata in modo tale da distruggere i villaggi e il lavoro artigianale. Nello Stato del futuro saranno garantiti i villaggi e il loro artigianato. Io non condivido la credenza socialista per cui la centralizzazione della produzione di tutto ciò che è necessario alla vita possa condurre a un benessere comune quando le industrie saranno centralizzate, pianificate e possedute dallo Stato. La concezione socialista dell'occidente è nata in un contesto impregnato di violenza. ... Io credo che questa fine si possa raggiungere solo quando la nonviolenza venga accettata dalla migliore ragione del mondo come la base sulla quale costruire un ordine sociale più giusto. Io sostengo che l'arrivo al potere del proletariato attraverso la violenza finirà per fallire alla fine55.
51 Harijan è il nome utilizzato per indicare gli intoccabili che egli nomina figli di Dio. Questo fu il nome che dette alla rivista settimanale nata nel 1932.
52 Dr. Ram Manohar Lohia (1910-1967) fu membro del Congresso del partito socialista nel 1934, segretario del dipartimento degli esteri e autore del libro Marx, Gandhi and Socialism. 53 Charkha è l'arcolaio, simbolo della bandiera indiana.
54 Il Khadi è un vestito tipico indiano. Gandhi attraverso la campagna del Khadi Gandhi invita al boicotaggio delle stoffe inglesi e all'autoproduzione dei costumi locali per ridare vita
all'economia dei villaggi. 55 CWMG, vol. LXXI, cit., p. 130
6. 4 Tecnologia appropriata
Gandhi era convinto che l'India avrebbe dovuto evitare ad ogni costo un'industrializzazione basata sul modello occidentale. Anche se riconosciuta la necessità di una produzione industriale essa avrebbe dovuto svilupparsi attraverso un modello alternativo, adottabile per i Paesi in via di sviluppo.
Negli stessi anni di Gandhi, Patrick Geddes56 parlò di scelta tra due modelli di sviluppo, uno, quello dominante, fondato sulla paleotecnica, dissipativa di vita e di energie, l'altro sulla neotecnica, che Illich più tardi ha chiamato tecnologia conviviale 57e Schumacher tecnologia appropriata o intermedia.
Schumacher nel suo libro Piccolo è bello affermò necessario uno sviluppo che mettesse in essere metodi e attrezzature che fossero abbastanza economiche da essere accessibili praticamente a tutti, che fossero adatte a essere applicate su piccola scala e, terzo, che fossero compatibili con la creatività dell'uomo58. "Questo rappresenta il punto di partenza della nonviolenza e la base per un rapporto fra l'uomo e la natura che garantisca la stabilità. Se anche una sola di queste premesse viene messa in disparte tutto andrà per il peggio"59.
Ha detto Gandhi:
Io voglio che i milioni di senza voce della nostra terra siano sani e felici, e voglio che crescano nello spirito … Se sentiamo la necessità delle macchine, certamente le avremo. Ogni macchina che aiuta l'individuo ha un suo posto, ma non ci dovrebbe essere posto per macchine che concentrano il potere in poche mani e trasformano le masse in semplici addetti alle macchine, posto che non li lasciano senza lavoro60.
56 Cfr., P. Geddes, Città in evoluzione, Milano, il Saggiatore, 1970, pp. 88-96. 57 I. Illich, La convivialità, Milano, Mondadori, 1974.
58 Cfr., E. F. Schumacher, Piccolo è bello, cit., p. 38. 59 Ivi.
Un'aspirazione che anche Aldous Huxley61 accolse:
Si propongano consapevolmente di fornire al popolo gli strumenti necessari per poter fare un lavoro proficuo e significativo di per sé, per aiutare l'umanità a rendersi indipendente dai capi cosicché possano diventare imprenditori di se stessi o membri di gruppi cooperativi autoregolati che producono per vivere e per un mercato locale ... questo progresso tecnologico diversamente indirizzato provocherebbe un decentramento progressivo della popolazione, dell'accessibilità ai ruoli, della proprietà dei mezzi di produzione, del potere politico ed economico62.
L'altro punto importante indicato da Schumacher riguarda la capacità delle tecnologie di essere adattate su piccola scala. L'importanza di questo concetto è fondamentale per realizzare "L'economia della stabilità" descritta da Leopold Kohr63 o "l'economia della permanenza"64 di Kumarappa o ancora l'economia dello “stato stazionario” di Daly65, tanti modelli dove l'economia sia in grado di soddisfare i bisogni di tutti senza danneggiare la natura.
La produzione su piccola scala avrebbe un impatto minore permettendo alla natura la capacità di rigenerasi, lì dove la produzione su larga scala determina una quantità di inquinamento insostenibile per i cicli ecologici.
Così Jeremy Rifkin66 ha descritto l'impatto dell'economie di scala:
61 A. Huxley era uno scrittore umanista e pacifista inglese (1894 -1963), nipote di Thomas Henry e fratello di Julian Sorell. Interessato al moderno contrasto tra razionalismo e spiritualità e preoccupato per le sorti della civiltà europea, nel suo romanzo più noto, Brave new world (1932), ha dato una visione satirica di una società futura dominata dalla tecnologia.
62 Cit., in E. F. Schumacher, Piccolo è bello, cit., p. 39.
63 Leopold Kohr (1909 – 1994) è stato un economista, giurista e politologo statunitense, fervente oppositore del "culto della grandezza" è stato tra gli ispiratori del movimento del piccolo è bello. Per vent'anni ha insegnato Economia e Pubblica amministrazione presso l'Università di Porto Rico. La sua opera più importante è Il crollo delle nazioni, Milano, Edizioni di
Comunità, 1960.
64 Economy of Permanence è l’opera che Kumarappa scrisse durante la sua prigionia a Jabalpur nel 1945 e in cui espose con chiarezza il suo pensiero economico.
65 H. Daly, Lo stato stazionario. L'economia dell'equilibrio biofisico e della crescita morale, Firenze, Sansoni, 1981.
66 Jeremy Rifkin (1945) è un economista, attivista e saggista statunitense, considerato come uno dei maggiori analisti della società post-fordista, è attivo come ambientalista e consulente per le politiche ambientali della Commissione e del Parlamento europei.
È curioso il fatto che, non appena la tecnologia è diventata più complessa e ha ampliato il proprio dominio del mondo, l'uomo abbia avuto la tendenza a considerarla qualcosa di indipendente dalla natura, come se essa generasse la propria energia dal nulla o, con qualche procedimento misterioso, potesse sommarsi alle fonti energetiche esistenti per avere più energia di quella esistente in precedenza. In realtà la tecnologia non può creare energia, ma sfrutta soltanto l'energia disponibile esistente. Quanto più la tecnologia è estesa e complessa, tanto maggiore è la quantità di energia che consuma. Per quanto la nostra tecnologia ci possa apparire talvolta imponente e grandiosa anch'essa agisce in obbedienza alla prima e alla seconda legge della termodinamica, al pari di qualsiasi altra cosa in natura. ... La tecnologia rappresenta il trasformatore; niente di più niente di meno.
Anche se tutto ciò è abbastanza evidente, continuiamo a vivere nell'illusione che la tecnologia ci liberi dalla dipendenza dall'ambiente, ma non vi è niente di più falso. La vita non è un sistema chiuso. Gli esseri umani, come tutti gli altri organismi viventi possono vivere solo tramite lo scambio con l'ambiente. ... La tecnologia ci rende più dipendenti dalla natura, anche se ce ne allontana fisicamente; abbiamo acquisito una maggiore dipendenza nel momento in cui abbiamo voluto utilizzare quantità crescenti di energia naturale per mantenere i nostri sistemi culturali e i nostri personali modi di vita67.
Il terzo requisito è che i metodi e le attrezzature siano tali da lasciare ampio spazio all'espressione creativa dell'uomo.
Il vero obiettivo del lavoro è sviluppare le più alte capacità degli esseri umani, proprio come il cibo costruisce e sostenta il corpo fisico. ... Analizzando il lavoro non dovremmo trovarlo una maledizione in sé. Due le sue componenti importanti: il germoglio della crescita, ovvero l’elemento creativo che fa lo sviluppo e la felicità della persona; e la componente di fatica e disagio. L’alternanza è fra routine e creatività, fra noia e piacere. Non si può isolare una delle parti, e non si può dare la sola
67 J. Rifkin, Entropia. Il "che fare" per salvare il mondo, Milano, Interno Giallo, 1992, pp. 101-102.
parte faticosa a qualcuno e la sola parte piacevole a un altro. Così come ogni seme deve avere il pericarpo e la buccia, come ogni dieta equilibrata e completa ha bisogno di nutrienti e fibre, così il lavoro ha bisogno di entrambe queste componenti per essere benefico68.
Una tale tecnologia può essere realizzata solo sulla base di una nuova visione del mondo che sia olistica, cioè che comprenda insieme la sfera fisiologica, emotiva, intellettuale e spirituale. Secondo Mumford69 lo sviluppo di una tecnologia olistica può realizzarsi solo in unità non troppo grandi, come in organizzazioni quali cooperative, ashram e comunità locali con produzione su scala piccola. Come esempio significativo della storia della civiltà europea Mumford indicava l'ordine dei Benedettini, istituito da Benedetto da Norcia nel VI secolo, che si distingueva dalle altre organizzazioni monastiche per l'impegno a dedicare parte del tempo quotidiano al lavoro manuale.
Il lavoro fisico non occupava più tutta la giornata, ma si alternava alla comunione emozionale della preghiera e del canto gregoriano. Alla giornata lavorativa dello schiavo dall'alba al tramonto si sostituiva quella di cinque ore, con un'abbondanza di tempo libero, è bene notarlo, che non doveva nulla all'inizio a meccanismi per risparmiare tempo. questo nuovo modo di vivere era inoltre esteticamente arricchito dalla creazione di edifici spaziosi, di orti ben curati e di campi rigogliosi. E tutto questo era equilibrato dalla fatica intellettuale della lettura, della scrittura e della discussione, come della progettazione delle attività agricole e industriali della comunità monastica70.
6. 5 Piccolo è possibile
68 J. C. Kumarappa, cit., pp. 51-52.
69 L. Mumford (1895 - 1990) è stato uno storico, sociologo e urbanista. Sotto l'influsso di P. Geddes, Mumford ha formulato un'interpretazione socio-urbanistica della città industriale e della sua crisi. Studiando il riflesso della storia della società sulla città, ha trasformato il significato dell'urbanistica. Tra le sue opere: Storia dell'utopia, (1922 ), Roma, Donzelli, 2008, La cultura delle città, (1938), Torino, Einaudi, 2007 ; La condizione dell'uomo, (1944), Milano, Bompiani, 1977.
Thomas Vettickal71 ha comparato i principi alla base dell'economia gandhiana con la tendenza storica e contemporanea dell'economia moderna72: Tendenza storica/contemporanea Suggerimenti gandhiani Economia orientata all'accumulo di denaro
e alla massimizzazione del profitto
Economia etica e orientata al servizio
Tecnologia centrata sulla macchina Tecnologia olistica Moltiplicazione dei bisogni Limitazione dei bisogni Produzione di massa e su larga scala Produzione su piccola scala
Centralizzazione del potere economico Decentralizzazione del potere, limitazione della proprietà statale e diffusione della proprietà comune delle comunità locali e amministrazione fiduciaria
Urbanizzazione Autogoverno e autosufficienza dei villaggi
Disuguaglianza di reddito Uguaglianza di reddito Promozione dell'industria su larga scala Industria su piccola scala
Secondo Schumacher il mondo moderno si trova coinvolto contemporaneamente in tre crisi:
Primo la natura umana si rivolta contro gli inumani modelli tecnologici, organizzativi e politici perché li trova soffocanti e debilitanti; secondo, l'ambiente vivo che sostiene la vita umana si lamenta e brontola e dà segni di tracollo parziale; e terzo, è chiaro a chiunque abbia piena conoscenza della materia che la rapinosa utilizzazione delle risorse non rinnovabili del mondo, particolarmente quella dei combustibili fossili, è tale che si profilano in lontananza, nel futuro prevedibile, seri
71 Thomas Vettickal (1947) è professore di filosofia al Istitute of Philosophy and Religion di Aluva nel Kerala e al Sacred Heart College, Aluva.
impedimenti alla crescita e un virtuale esaurimento73.
Quindi se è vero che la macchina come viene concepita oggi riesce nel suo intento di diminuire i tempi della produzione, è anche vero che più le società sono tecnologizzate e minore è il tempo libero di cui le persone di quella società possono godere. È sempre Schumacher a sostenere che "la quantità di tempo libero di cui gode una data società tende a essere inversamente proporzionale alla quantità di macchine sostitutive del lavoro umano che essa impiega"74. La tecnologia riduce così solo alcuni lavori, mentre ne aumenta altri. Ha eliminato il lavoro utile e creativo, quello svolto da agricoltori e artigiani, per sostituirlo col lavoro parcellizzato e automatizzato.
È necessario cambiare la prospettiva economica, passando da una produzione di massa a una produzione compiuta dalle masse, ovvero che dia lavoro al popolo.
La tecnologia della produzione di massa è intimamente violenta, ecologicamente dannosa, si distrugge da sé perché consuma risorse non rinnovabili ed è degradante per la persona umana. La tecnologia per la produzione da parte delle masse, facendo uso del meglio della conoscenza e dell'esperienza moderna conduce al decentramento, è compatibile con le leggi dell'ecologia, attenta all'uso delle risorse scarse e progettata per servire la persona umana invece di renderla serva delle macchine75.
Alla triplice crisi del nostro tempo Schumacher risponde con la necessità di un cambiamento di paradigma, in quanto "peggiorerà sempre e si concluderà in un disastro finché, o ameno che, non sviluppiamo un nuovo stile di vita che sia compatibile con i bisogni reali della natura umana, con la salute della natura vivente che ci circonda e con la dotazione di risorse del mondo"76.
La tecnologia deve ritornare ad essere una "tecnologia dal volto umano"
73 E. F. Schumacher, Piccolo è bello, cit., p. 149. 74 Ivi
75 Ibid., p. 156. 76 Ibid., p. 154.
come la definisce Schumacher. "L'uomo è piccolo, e perciò il piccolo è bello. Procedere verso il gigantesco significa procedere verso l'autodistruzione"77.
6. 6 Industrie di villaggio
Nell'ottobre del 1945 Gandhi descrisse così la sua idea di villaggio in una lettera a Nerhu78 :
Non devi pensare che io sia invaghito della vita del nostro villaggio così come è oggi. Il villaggio dei miei sogni è ancora nella mia mente. Dopo tutto ogni uomo vive nel mondo dei suoi sogni. Nel mio villaggio abiteranno essere umani intelligenti. Essi non vivranno nella sporcizia e nell'oscurità come le bestie. Uomini e donne saranno liberi e capaci di difendersi. Non ci sarà la peste, né il colera, né il vaiolo, nessuno sarà disoccupato, nessuno vivrà nel lusso. Tutti dovranno contribuire con la loro parte di lavoro manuale79.
Joseph Kumarappa, durante il suo periodo di prigionia a Jabalpur, mise a punto con chiarezza il pensiero economico gandhiano nel testo Economia della
permanenza.
Permanente è il contrario di transeunte. La permanenza si può definire solo in termini relativi: "... la vita dell'uomo si dice essere transeunte in comparazione con quella della natura che è permanente"80.
Un'economia che non considera l'uomo nella sua unità è transitoria. Tutte le attività umane devono utilizzare con riguardo quelle risorse che gli garantiscono una vita sana per poterla preservare. Un'economia che non rispetta altri esseri viventi, distrugge la natura e trascura la cura dello spirito dell'uomo non può che essere transeunte poiché insostenibile.
77 Ibid., p. 161.
78 Pandit Jawaharlal Nehru (1889 –1964) è stato un politico indiano, fu Primo Ministro dell'India indipendente dal 1947 al 1964. Amico di Gandhi e collaboratore nella lotta di indipendenza dell'India era contrario alle idee del Mahatma sull'economia di villaggio ritenendola irreale mentre era attratto dalla modernità e dall'industrializzazione per un modello di sviluppo occidentale.
79 Cit. M. K. Gandhi, Hind Swaraj, cit., in p. 26. 80 Kumarappa, cit., p. 19.
Per economia della permanenza Kumarappa intende tutte quelle attività che permettono il rinnovo e il mantenimento del ciclo della vita. Ogni essere vivente, compreso l'uomo, per realizzare una continuità della propria esistenza deve sottomettersi alle leggi della nonviolenza in modo da non interrompere e compromettere il ciclo virtuoso della natura.
L'uomo, secondo Kumarappa, essendo dotato di ragione può orientare le proprie azioni muovendosi su principi etici, raggiungendo uno sviluppo umano che lo renda un "attivista sociale", le cui azioni sono mosse dal bene di altri. Una società formata da tali individui raggiungerebbe quello che Gandhi auspicava e Kumarappa chiama "stadio spirituale avanzato", dove le comunità o le nazioni riconoscono un dovere e un rispetto non solo nei confronti di un gruppo, ma di tutti gli esseri viventi. Solo una tale società sarebbe in grado di realizzare "un'economia di servizio" dove le interazioni economiche sono mosse da un interesse superiore a quello individuale o comunitario, ma da un interesse per il bene dell'umanità e delle generazioni future. Questo tipo di economia riuscirebbe a mantenere intatti i cicli della natura e a preservare la vita diventando "permanente".
Nel capitolo Il benessere di tutti descrisse in che modo realizzare una società nonviolenta di villaggi secondo l'ideale economico gandhiano.
Le industrie di villaggio dovrebbero avere un'economia pianificata. Per economia pianificata si intende avere un obiettivo preciso su come procedere con la produzione e in questo caso lo scopo ultimo è il benessere delle masse che può essere raggiunto solo attraverso una migliore distribuzione della ricchezza e un'adeguata offerta di occupazione.
La produzione centralizzata porta all'accumulazione della ricchezza e del potere in poche mani, è necessario, perciò, limitare una tale forma di produzione se si vuole favorire la distribuzione della ricchezza attraverso il processo produttivo. I metodi centralizzati dovranno essere limitati a quelle industrie che: "1) richiedono una pianificazione di lungo termine; 2) hanno bisogno di capitali elevati; 3) dovendo fornire servizi pubblici devono lavorare senza motivo di profitto; 4) nei quali le risorse naturali devono
essere rese disponibili in modo equo per tutti"81.
Tutto il resto della produzione dovrebbe essere realizzato a livello di villaggio. "Una volta stabilita questa base, il resto sarà meno difficile. Tutte le grandi industrie, liberate dal movente del profitto e poste sotto il controllo sociale, non entrano nella riserva delle piccole imprese produttrici di beni di consumo"82.
In una tale economia i prodotti saranno più costosi perché prevedono la giusta retribuzione del lavoro. Ha scritto Kumarappa: "Quando i prezzi sono tenuti bassi, schiacciando il costo del lavoro, il potere d'acquisto delle masse è limitato e ci sono più prodotti di quanti se ne possono comperare; ecco la sovrapproduzione. Per evitare questo fenomeno, occorre abbandonare i dispositivi che eliminano lavoro"83.
La pianificazione secondo Kumarappa dovrebbe avere tre pilasti: "Il governo deve avviare le materie prime ai produttori interni al paese; deve controllare senza ricerca di profitto l'uso delle risorse naturali, le industrie chiave e i servizi pubblici; deve promuovere le unità di produzione di villaggio"84. Solo in questo modo la popolazione troverà maggior benessere.
Per il funzionamento di un tale sistema, i villaggi devono essere organizzati secondo tre istituzioni: un panchayat o consiglio di villaggio per l'amministrazione sulla base dell'autogoverno; le società cooperative multifunzionali per l'organizzazione economica del villaggio; un Gram Seva
Sangh per mobilizzare il sostegno non ufficiale e il sostegno allo sviluppo
rurale sulla base del volontariato.
Il consiglio di villaggio o gruppi di villaggi deve essere eletto dagli adulti. Ha la responsabilità diretta di tutti i servizi del villaggio dalle scuole alle strade, l'approvvigionamento idrico, l'illuminazione pubblica e l'amministrazione, entro certi limiti, della giustizia. Tutti i villaggi devo avere accesso a tali servizi, là dove il denaro raccolto nel villaggio non è sufficiente allora devono essere ricoperti dal governo che deve offrire anche
81 J. Kumarappa, cit., p. 82. 82 Ivi.
83 Ivi. 84 Ibid., p. 85.
altri luoghi di utilità pubblica come le biblioteche. I panchayat non avranno una funzione puramente amministrativa ma anche educativa, formeranno i cittadini a una responsabilità civica, al rispetto dei diritti e dei doveri e alla partecipazione politica.
Come per l'organizzazione politica e amministrativa esiste un consiglio di villaggio, per l'organizzazione economica del villaggio devono essere istituite delle società cooperative multifunzionali, i cui compiti comprenderanno: conservare le derrate alimentari, mantenere l'equilibrio tra prodotti locali e esterni, fornire materiali per le operazioni culturali, commercializzare prodotti finiti e organizzare scambio tra surplus dei villaggi. L'organizzazione delle industrie di villaggio come unità cooperative interrelate serve a fare in modo che i benefici siano suddivisi nel modo più equo possibile fra le comunità di villaggio nel loro insieme. Inoltre ispettori di cooperative dovranno essere disponibili per ogni area.
Infine ci dovranno essere degli organismi volontari, non ufficiali che aiuteranno ai lavori del consiglio e delle cooperative dove la popolazione viene coinvolta al lavoro costruttivo. I Gram Seva Sangh avranno uno statuto autonomo, saranno indipendenti con regole e fondi forniti dal governo.
Una società egualitaria richiede un lavoro di educazione sociale. I principi che muoveranno le scelte della comunità saranno diverse da quelli degli interessi capitalistici. La produzione sarà regolata e non stabilità dalla domanda e dall'offerta del mercato. Il prezzo dei beni non sarà stabilito dalla competitività ma da valori sociali. Perseguire come fine il prezzo basso significa dover pagare salari basi e ciò implica un maggior sfruttamento del lavoro per avere minor costi e vendere a prezzi più bassi. Ciò comporta un aumento della disuguaglianza distributiva che è la vera malattia dell'economia capitalista. L'idea che la produzione centralizzata produca beni a un minor costo perché riesce a produrre con maggior efficienza è sbagliata alla radice. I beni vengono venduti a prezzi più bassi a causa dello sfruttamento del lavoro. Per una società egualitaria è necessario una più equa distribuzione della ricchezza e ciò richiede di pagare il lavoro al suo
giusto prezzo. I lavoratori devono avere accesso a un salario tutto l'anno e non solo nel periodo fissato da una produzione intensiva. Inglobando tutti questi costi, i prodotti avranno sicuramente un costo maggiore, ma parimenti sarà aumentato anche il potere d'acquisto dei lavoratori. Il benessere sociale sarà nel suo complesso aumentato.
6. 7 Discorso sulla povertà e la miseria
Joseph Kumarappa mise in evidenza come le crisi economiche del mondo moderno fossero causa di instabilità e di malessere internazionale e che se si voleva eliminare le guerre dalla storia era necessario rimuoverne le cause:
Il nostro ideale è arrivare a un mondo nel quale proprio non ci saranno guerre. E le guerre possono esser abolite solo rimuovendo le cause ... Ogni paese deve essere autosufficiente negli alimenti e negli altri bisogni di base. Altrimenti non potrà mantenere la propria indipendenza e rimanere nonviolento ... Abbiamo visto che fra le cause delle guerre c'è l'ingordigia umana per le cose materiali senza riguardo per le conseguenze. Ecco perché sono stati introdotti i metodi di produzione centralizzata, che alla fine hanno portato al controllo sulla vita di altri popoli. ... Occorre un controllo decentrato, per abolire le guerre. L'obiettivo, che magari non potremo mai raggiungere, ma al quale dovremo tendere, è che la coscienza individuale diventi l'unica direttrice nel segnalare il bene e il male … La cosa importante è isolare i fattori che producono violenza, cioè i modelli di vita e l'attuale tipologia di organizzazione economica. Occorre passare da un'economia centralizzata a un'economia motivata dal dovere, da un'economia basata sull'egoismo a quella basata sulla solidarietà85.
Vivere una vita in semplicità e sobrietà significa vivere una vita povera, rinunciando al superfluo. Nel linguaggio comune la parola povertà viene spesso associata a una condizione di miseria. Povertà e miseria sono invece due concetti diversi.
85 J. C. Kumarappa, cit., pp. 162-163.
San Tommaso definiva la distinzione tra povertà e miseria come la mancanza del superfluo per la prima e la mancanza del necessario per la seconda86.. Pèguy invece, vide nella povertà il rifugio sicuro dove non incombere al rischio di finire in miseria87.
Partendo da questa distinzione di significati tra i due termini, la povertà sarebbe "uno stile di vita, una condizione fondata essenzialmente sui principi di semplicità, di frugalità e di considerazione per i propri vicini. ... Rappresenterebbe un'etica ed una volontà di vivere insieme, secondo dei criteri culturalmente definiti di giustizia, di solidarietà e di coesione sociale"88, mentre la miseria
rappresenterebbe una condizione profondamente diversa, "esprimerebbe la caduta in un mondo senza riparo, nel quale l'individuo si sente, all'improvviso privato di tutte le forze individuali e sociali che gli sono necessarie per poter prendere in mano il proprio destino. Depauperato dei suoi mezzi di difesa e caduto in uno stato di completa impotenza, il soggetto, abbattuto sia nel corpo che nell'anima ... In queste condizioni l'estrema infelicità e la disperazione rischiano di provocare nello sfortunato un'alterazione della sua forza di carattere"89.
In questo senso la miseria può essere intesa anche in senso morale, la peggiore di tutte le forme di miseria perché disumanizza tutti gli uomini e non solo gli indigenti. Il fatto più eclatante è che questa forma di miseria colpisce principalmente i ricchi, cioè coloro i quali, come li definisce Ivan Illich90, "dispongono di comodità che non posso essere condivise da tutti"91.
La povertà, ha dunque, un significato sempre relativo alle condizioni sociali e culturali in cui l'individuo si trova. Majid Rhanema92 pone una semplice questione: “... non soltanto la povertà non ha mai avuto lo stesso significato in tutto il mondo, ma essa resta una costruzione sociale impossibile da definire sul piano universale. Ne risulta che ciò che viene fatto per i poveri non ha spesso
86 Cfr. M. Rhanema, Discorso sulla povertà cit. in La gioia della povertà conviviale, cit., p. 47. 87 Ibid., p. 47.
88 Ibid., pp. 47- 48. 89 Ibid., pp. 48.
90 Ivan Illich (1926-2002) è stato filosofo e teologo del XX secolo.
91 I. Illch, Il messaggio della capanna di Bapu in La gioia della povertà conviviale, cit., pp.40-41.
92 Majid Rhanema, iraniano, è stato ministro alla cultura e rappresentante dell'Iran presso l'ONU e mebro esecutivo dell'UNESCO, attualemten insegna all'Università di Claremont in
niente a che fare con coloro che lo sono"93.
La concezione di povertà viene così relazionata sempre ad un ambito culturale e non universale, per cui la lotta allo sradicamento della povertà deve sempre considerare gli aspetti sociali, ambientali e culturali del contesto in cui la popolazione vive, altrimenti si rischia di partecipare a meccanismi di creazione della miseria " ... durante millenni la povertà incarnata dai modi di vita semplice e frugale aveva costituito per i poveri un rimedio potente contro la miseria, i processi mondializzati di creazione della miseria socialmente prodotta rischiano oggi di soppiantare questa povertà rigeneratrice. I bisogni creati sistematicamente dall'enorme macchina tecnico-economica cominciano a minare così intensamente le tradizioni locali di vita semplice e frugale che non soltanto i responsabili di questo processo, ma anche, in molti casi i poveri stessi, si trovano implicati nella propagazione accelerata della miseria nel mondo"94.
Anche Gandhi a suo tempo, aveva esortato gli esperti a "lasciare i poveri tranquilli". Con l'idea dell'aiuto allo sviluppo si creano nuovi bisogni e dipendenze da fattori esterni, fuori dal loro controllo, spossessando i poveri dei loro strumenti di sussistenza. Una società che vuole combattere la miseria deve anzitutto arrestare i mezzi che la producono.
Nel 1981 Amartya Sen pubblicò un saggio fondamentale per la sua carriera di studioso dal titolo Poverty and Faminies95.
Secondo Amartya Sen analizzare la questione della povertà in termini di reddito significa definire l'incapacità dell'individuo di avere i mezzi per soddisfare i propri bisogni. Quindi, la povertà in termini di reddito andrebbe analizzata per la sua inadeguatezza piuttosto che per la sua scarsità. Per questo Sen ritiene più corretto parlare di "reddito inadeguato" piuttosto che di "reddito basso". Egli sostiene che la povertà: "dovrebbe essere concepita in termini di fallimento di capacità piuttosto che in termini di fallimento nel soddisfare il "bisogno essenziale" di certe merci"96. In questi termini la povertà non viene più vista come
un basso livello di well-being, ma come l'incapacità di godere di un certo
93 M. Rhanema, Discorso sulla povertà cit. in La gioia della povertà conviviale, cit., pp. 44. 94 Ibid., p. 43.
95 A. Sen, Poverty and Famines, An Essay on Entitlement and Deprivation, Oxford, Clarendon Press, 1981.
benessere a causa della carenza di mezzi economici97. "Avere un reddito inadeguato non vuol dire avere un reddito inferiore a qualche linea di povertà fissata esogenamente, bensì un reddito inferiore a quello che sarebbe adeguato a generare i livelli richiesti di capacità per l'individuo in questione"98. Infatti, per identificare la povertà in termini di reddito bisogna considerare le condizioni sociali e ambientali in cui l'individuo vive. Un esempio che Sen fa è quello della deprivazione alimentare negli Stati Uniti. Il paradosso è che ci sono famiglie che vivono in un paese ricco come l'America e soffrono la fame, mentre famiglie che vivono in paesi più poveri non necessariamente sono afflitte da tanta miseria. Questo può essere spiegato, in parte, col fatto che alcuni tipi di merci possono essere più cari nei paesi ricchi, ma la constatazione del reddito basso non è sufficiente a spiegare il paradosso, mentre una prospettiva basata sulle capacità
del reddito ci consente di definire la sua adeguatezza alle condizioni economiche
in termini di diseguaglianza sociale.
Secondo Sen "la deprivazione relativa nello spazio dei redditi può implicare una deprivazione assoluta nello spazio delle capacità"99. Da questa prospettiva si nota con chiarezza come "in un paese che è in generale più ricco, può essere necessario un reddito maggiore per comprare merci sufficienti ad acquisire gli stessi funzionamenti sociali, come «apparire in pubblico senza vergogna»"100. Per questo motivo la sola analisi del reddito non è sufficiente a spiegare le situazioni di povertà in paesi ricchi come gli USA, ma è necessaria un'analisi sull'origine e l'incidenza della deprivazione. Come spiega Sen:
Benché gli indiani nelle campagne possano avere pochi problemi ad apparire in pubblico senza vergogna con abiti relativamente modesti, e possono prender parte alla vita sociale senza telefono o televisione, il fabbisogno di merci per soddisfare questo tipo generale di funzionamenti è molto maggiore in un paese dove le persone comunemente utilizzano un ampio e diversificato paniere di merci. Questo rende innanzitutto più costoso acquisire questi funzionamenti sociali: inoltre, l'assorbimento di risorse
97 Ibid., p. 155. 98 Ibid., p. 157. 99 Ibid., p. 162. 100 Ivi.
necessarie a perseguirli riduce i mezzi finanziari potenzialmente utilizzabili per la salute e la nutrizione101.
Nel saggio Poverty and Faminies102 Amartya Sen ha analizzato la grande carestia del Bengala del 1943, la carestia etiopica del 1973, la carestia del Bangladesh del 1974. Dal confronto dei dati Sen mette in evidenza un altro paradosso. Alla base della morte per fame di migliaia di persone, non c'era stato un declino nella disponibilità di cibo, ma un difetto nella struttura di quella che egli chiama "carenze di attribuzione" (entitlement). La fame colpì quella parte della popolazione rurale che aveva subito mutamenti nella propria sovranità alimentare, cioè nella capacità di controllo e di produzione diretta del cibo, perdita dovuta all'espropriazione della terra o alla perdita del bestiame o a obbligazioni contrattuali103.
6. 8 Il poeta, l'economista e il Mahatma
Amartya Sen in una conferenza104 tenutasi a Londra nel maggio 2011 presso il British Museum, in occasione del 150° anniversario della nascita di Rabindranath Tagore105, ha ricordato106 che fu il poeta ad attribuire a Gandhi il
titolo di Mahatma.
Tagore ammirava immensamente Gandhi per la sua lotta per l'indipendenza indiana: “ ... nel momento cruciale - aveva scritto - venne il
101 Ibid., pp. 162-163.
102 A. Sen, Poverty and Famines, An Essay on Entitlement and Deprivation, cit. 103 Ibid., p. 45.
104 "Tagore admired Gandhi but also differed sharply: Amartya Sen", in "Zee News",
Saturday, May 7, 2011, consultabile sul sito: http://zeenews.india.com/home/tagore-admired-gandhi-but-also-differed-sharply-amartya-sen_704905.html
105 Rabindranath Tagore nacque a Calcutta nel 1861 e fu premio Nobel per la Letteratura nel 1913, morì nel 1941 presso il piccolo villaggio di Śantiniketan, dove nel 1901 aveva fondato la sua scuola.
106 Il nonno materno di Amartya Sen fu il segretario personale del poeta indiano e Amartya nacque a Śantiniketan, il cui nome significa “casa della pace”, ove trascorse la sua infanzia e frequentò la scuola di Tagore. Come ha dichiarato Sen nella sua autobiografia pubblicata sul sito internet dedicato ai premi Nobel: "... è stato principalmente nella scuola di Tagore che le mie attitudini educative si sono formate. Questa era una scuola cooperativa, con molte caratteristiche progressive. L'enfasi era posta sulla promozione della curiosità dei bambini piuttosto che sulla competizione ... ", cfr. il sito:
Mahatma Gandhi e si presentò alla porta di milioni di poveri indiani vestito come uno di loro, parlando nella loro lingua”107.
Tra i due vi fu una lunga amicizia e frequentazione108, non priva però da contrasti e divergenze di opinioni.
Sen ha esaminato109 attentamente i disaccordi che vi furono tra le due grandi personalità su numerosi argomenti: il nazionalismo, la natura della superstizione popolare, l'uso delle macchine, il ruolo della razionalità e della scienza, l'istruzione scolastica, la natura dello sviluppo economico e sociale.
Sen non nasconde di essere dalla parte di Tagore, che gli sembra più moderno, dotato di “un modello chiaro e coerente, offrendo più spazio alla razionalità e a una visione meno tradizionalista, con maggiore interesse per il resto del mondo, con più rispetto per la scienza e per l'obiettività in generale”110.
Tagore non aveva condiviso la forte difesa di Gandhi a favore del chakra, il primitivo arcolaio per filare il cotone. Per Gandhi, invece, il lavoro dell'arcolaio era una parte fondamentale della realizzazione dell'indipendenza indiana. Esso divenne gradualmente, come il suo biografo B. R. Nanda ha scritto: "Il centro dello sviluppo rurale secondo la visione gandhiana dell'economia indiana"111.
Tagore trovava la presunta logica economica di questo progetto abbastanza irrealistica. Come Romain Rolland ha osservato: “Rabindranath non si stancò mai di criticare il chakra”112.
Commenta Sen in proposito: “In questo giudizio economico Tagore probabilmente aveva ragione. Fatta eccezione per il piccolo mercato specializzato di tessuti di alta qualità filati a mano, è difficile dare un senso economico alla filatura artigianale, anche se fatta con arcolai meno primitivi del chakra di Gandhi. La filatura manuale come attività diffusa può oggi sopravvivere solo con
107 R. Tagore, La civiltà occidentale e l’India, Torino, Bollati Boringhieri, 1990, p. 240. 108 Cfr. Bhattacharya, Sabyasachi, The Mahatma and the Poet: Letters and debates between
Gandhi and Tagore 1915-1941, New Delhi, National Book Trust, 1997; cfr. anche B. R. Nanda, Gandhi and His Critics, New Delhi, India Oxford University Press, 1985.
109 A. Sen, Tagore and His India, The New York Review of Books, 26 giugno 1997, ora sul sito dei premi Nobel: http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/1913/tagore-article.html
110 A. Sen, Tagore and His India, cit.
111 B. R. Nanda, Mahatma Gandhi, Oxford, Oxford University Press, 1958, p. 149. 112 R. Roland, in A. Sen, Tagore and His India, cit.