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Capitolo 2 DIFFONDERE LA LETTURA: METAFORA DI UN PAESE CIVILE

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Capitolo 2

DIFFONDERE LA LETTURA: METAFORA DI UN PAESE CIVILE

2.1 Il Bookcrossing, ovvero liberare libri per fare del mondo una biblioteca

I libri, le biblioteche e i lettori hanno sempre ricoperto un ruolo ben definito nella società europea dell’ottocento e novecento che è stato messo in discussione da una singolare iniziativa, arrivata dagli Stati Uniti nell’ultimo decennio, denominata

Bookcrossing (BC)1.

È un progetto innovativo ideato da Ron Allen Hornbaker, un giovane informatico che ha pensato di creare una «comunità globale d’amanti della lettura», dove i libri, anziché rimanere immobili in attesa del proprio lettore, si muovono, scorrazzano nello spazio aperto di un mondo che si fa biblioteca. Hornbaker ha elevato a sistema la pratica, diffusa in America, di lasciare libri letti sulle panchine, elaborando per questo progetto persino un sito dedicato, con il fine di raccogliere i movimenti delle opere che vengono fatte circolare, liberandole nei luoghi pubblici affinché altre persone le possano trovare, leggendole e scambiandole per farne continuare il viaggio.

1 Tra i vari articoli scritti dedicati all’argomento: M. Barison, “Tendenze. Dieci anni di bookcrossing”, FusiOrari.org. International Weekly Magazine, 28 febbraio 2011:

<http://www.fusiorari.org/arts-a-publishing/cultura/350-tendenze-dieci-anni-di-bookcrossing.html>; M. Barison, “Globalismi. Bookcrossing: un’epidemia globale di cultura”, FusiOrari.org. International

Weekly Magazine:

<http://www.fusiorari.org/fusiorari/html/modules.php?name=News&file=article&sid=394>;

Wikipedia Italia, “BookCrossing”, <http://it.wikipedia.org/wiki/BookCrossing>, data di aggiornamento 1 aprile 2014;

G. Guigoni, “I bookcrossers, una comunità (virtuale) di donatori”, M@gm@ International Magazine, rivista elettronica, v. 1, n. 3 (2003): <http://www.analisiqualitativa.com/magma/0103/articolo_05.htm>; F. Faldella, “Biblioshort Bookcrossing: un fenomeno sempre più in voga”, Altrascuola, 4 agosto 2006: <http://www.altrascuola.it/altranuova/index.php/biblio-mainmenu-29/biblioshort-mainmenu-31/45-biblioshort-bookcrossing-un-fenomeno-sempre-pi-voga>;

O. Manola, Cresce il club dei «liberatori di libri», 9 ottobre 2002: <http://www.rinaldiweb.it/eurobc/stuffs/corriere-9ott.htm>.

F. Di Giammarco, “Il messaggio che arriva da Internet: liberiamo libri per fare del mondo una biblioteca!”, AIB notizie, 15, n. 2 (2003), p. 9. Nonostante la pluralità di fonti eterogenee reperibili su Internet, non esiste ancora una pubblicazione organica sull’argomento. Per la consultazione di un lavoro che più diffusamente descriva e analizzi l’origine del fenomeno bookcrossing si rinvia a C. De Gaetani, “Il Bookcrossing, moderno esempio di letteratura nomadica: la necessità di farsi trovare dove la lettura transita”, Bollettino AIB, vol. 48, n. 2-3 (2008), p. 187-212.

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54 Ogni bookcrosser compie sostanzialmente tre gesti fondamentali: legge (Read) i propri libri, li registra (Register) sul sito della comunità e infine li libera (Release): il motto della comunità è infatti “Read, Register and Release!”.

Punto di forza dell’intero progetto è il sito Internet che permette di dotare i volumi rilasciati di un proprio codice identificativo numerico unico, il Bookcrossing ID

Number (Bcid) che consente di seguirli, in tutto il mondo, nei propri spostamenti.

Inizialmente le registrazioni degli utenti si susseguirono con una media di 100 iscritti al mese fino al marzo 2002, anno in cui la rivista americana Book Magazine pubblicò un articolo sul BC nel quale si dava grande visibilità al sito2, causando un’immediata impennata nel numero dei nuovi iscritti giornalieri che giunsero a 350.

Siamo davanti ad un fenomeno socio-culturale che risponde ad un bisogno di condivisione, comunicazione e quindi di socializzazione, tipico dell’attuale contesto conoscitivo ma nel bookcrossing però c’è anche la riposta ad un’esigenza ludica, «che invita i partecipanti a “fare del mondo intero una biblioteca” divertendosi, inventando nuovi modi di scoprire e condividere la lettura»3, con l’ausilio anche di termini innovativi.

Infatti dall’anno 2005 i principali dizionari linguistici italiani hanno accolto e definito il termine bookcrossing: il Garzanti, per esempio, lo definisce «pratica per cui un lettore lascia volutamente un libro in un luogo affinché qualcun altro lo trovi»4; lo Zingarelli, invece, pone l’attenzione sull’aspettativa di continuità del viaggio dei libri e sull’importanza che essi fossero ritrovati da altri esprimendo, inoltre, la necessità di rilasciare i libri in luoghi affollati in modo da aumentare le possibilità di una segnalazione di ritrovamento5; nella definizione del dizionario Devoto-Oli 2008, infine, l’attenzione viene invece posta sulla condivisione di un libro che ha fatto parte della propria esperienza di vita, parlando di «scambio di libri effettuato lasciando la copia di un volume già letto in un luogo pubblico, a disposizione di altri lettori»6.

Il concetto di base del BC è semplice ed efficace e consiste nell’organizzare in rete

2 Cfr. R. Brookman, “Read and Release: an Online Program Puts Stray Books Up for Adoption”,

Book Magazine, March 1, 2002, p. 32.

3 De Gaetani, op. cit., p. 187.

4 Garzanti italiano. Il dizionario medio Garzanti della lingua italiana, Milano, Garzanti, 2009, p. 173. 5 N. Zingarelli, Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2013, p. 293. 6 Cfr. G. Devoto e G. Oli, Il Devoto-Oli. Vocabolario della lingua italiana 2014, Milano, Mondadori, 2013, p. 359.

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55 un percorso fatto da lettori virtuali con lo scopo di far circolare nel mondo libri reali. L’obiettivo è quello di “rilasciare” o meglio “liberare” libri o, usando una frase dello stesso Hornbaker, «released into the wild», ovvero dovunque una persona preferisca, affinché possano essere trovati e letti da altri. L’idea di fondo è quella di non costringere la cultura a rimanere immobile sugli scaffali ma di diffonderla e condividerla, meglio se ciò avviene in maniera del tutto casuale. Si usa opportunamente, quindi, il verbo “liberare” oppure “rilasciare” e mai “abbandonare”, termine che darebbe un’accezione negativa a quella che invece è vista come un’azione positiva per chi la fa e per chi la riceve.

Il primo passo da compiere per diventare un “liberatore” di libri è quello di collegarsi al sito ufficiale del Bookcrossing, iscriversi gratuitamente e cominciare a registrare

online i testi che si intendono rilasciare, dopodiché applicare sul libro un’apposita

etichetta contenente il logo ufficiale del bookcrossing, l’avviso che il libro non è stato abbandonato ma liberato da un bookcorsaro (che nella versione italiana reciterà: «Questo non è un libro abbandonato, ma un libro che cerca lettori. Chi lo trova, lo legga, lo faccia circolare, e ne dia notizia su www.bookcrossing.com per segnalare che è stato trovato. Grazie!»).

Sempre più numerose sono le comunità nate intorno al sito italiano: si tratta di numeri notevoli che contribuiscono a confermare le previsioni di Howard Rheingold, uno dei più noti studiosi al mondo dei fenomeni comunitari nati su Internet, che nel 1994 nel suo saggio Comunità virtuali7 spiegava come l’espansione di Internet avrebbe sempre più comportato fenomeni di vita comunitaria basati su comuni interessi intellettuali.

E l’amore per i libri, il piacere della lettura, il desiderio di condividerne l’esperienza, la curiosità di conoscere altri lettori sparsi per il mondo, il divertimento e la gratificazione nello scambiare libri in maniera del tutto insolita, costituiscono il potente collante intellettuale creato dal bookcrossing che ha permesso la nascita di

7 Cfr. H. Rheingold, Comunità virtuali. Parlare, incontrarsi, vivere nel cyberspazio, Milano, Sperling & Kupfer, 1994. L’autore sostiene che la pratica comunicativa mediata dal computer possa originare vincoli così profondi tra i soggetti che vi partecipano, da dare origine ad una vera e propria comunità. Ritiene, inoltre, che la comunità virtuale sia una comunità fortemente solidale e disinteressata, poiché fondata sulla comunanza di interesse intellettuale e non sugli interessi materiali, sulla territorialità o sui vincoli di razza. Una dimostrazione dello spirito solidale che anima i frequentatori del ciberspazio, secondo Rheingold, è costituita dalla prevalenza dell’economia del dono negli scambi di risorse sulla rete.

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56 una enorme collettività, con i tratti fondamentali di una comunità di consumo postmoderna:

 una serie di valori chiave condivisi

 una struttura sociale complessa che è il riflesso delle differenze di status dei diversi membri

 un senso di responsabilità morale  l’assenza di barriere geografiche  l’osservanza di rituali e tradizioni.

Nel nostro Paese l’esperienza del bookcrossing ha suscitato fin dall’inizio molte curiosità e una partecipazione superiori a ogni previsione ma l’aspetto più interessante è legato al fatto che, nel 2002, ha costituito uno dei fenomeni dell’anno, assumendo forme diverse non limitate o “vincolate” all’ambiente virtuale, perché i bookcorsari hanno ben presto preferito incontri diretti, personali, in presenza, con appuntamenti collettivi, fortemente personalizzati.

Marino Sinibaldi, ideatore e già conduttore del programma radiofonico di Rai Radio 3 Fahrenheit, suggerisce di guardare nel loro complesso questa e altre esperienze, secondo lui analoghe al bookcrossing, come il fenomeno dei libri venduti in edicola, i forum di discussioni letterarie ed editoriali, i luoghi di ricerca e di scambio, perché tutte insieme stanno cambiando la percezione pubblica del libro.

In questa secolarizzazione dell’oggetto sacro libro e delle sue ritualità (con l’invenzione di un rito nuovo, laico, libero e leggero) […] sembra di intravedere un’affinità fra il bookcrossing e altri fenomeni che hanno recentemente movimentato il mondo del libro. In primo luogo la vexata quaestio dei libri venduti (stravenduti!) in edicola assieme ai quotidiani. Al di là di tutte le critiche pregiudiziali o motivate, delle ricadute economiche positive e negative, delle proteste e richieste dei librai mi sembra indubitabile che il libro in edicola sia una straordinaria occasione di “accesso”. Non solo per il costo abbordabile […] quanto per la familiarità dell’edicola, con la sua accogliente promiscuità che non può respingere nessuno. Per questo particolare motivo il libro allegato ai quotidiani mi sembra accessibile esattamente quanto quello lasciato libero su un tavolino del caffè8.

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57 2.2 L’esperienza dei Gruppi di lettura

Sia pure con un forte ritardo rispetto alla tradizione e alla cultura anglo-americana9 e di lingua spagnola10, a partire dai primi anni di questo secolo, anche in Italia, ha cominciato a prendere piede il fenomeno dei Gruppi di lettura (Gdl)11.

Il rapido diffondersi dei Gdl americani risale alla fine degli anni novanta e Jenny Hartley stimava che all’epoca il loro numero si aggirasse intorno ai 500.000 negli Usa e ai 50.000 in Gran Bretagna12. Ipotizzando che in media ognuno raccolga 20 persone, si tratterebbe di 10 milioni di persone coinvolte: una cifra imponente, anche per un paese come gli Stati Uniti anche se i book group americani alle spalle hanno una storia che risale al 1947, con la nascita della Great Books Foundation (Gbf)13. In Europa invece gli antenati dei gruppi di lettura potrebbero essere rintracciati anche più indietro nel tempo, nelle esperienze settecentesche dei Gabinetti di lettura francesi o nelle società e nei caffè letterari inglesi dell’Ottocento, all’epoca della prima “rivoluzione della lettura”14, quando a Parigi “i lettori e le lettrici si alzavano

e si coricavano con un libro in mano” e scoppiava il “furore di leggere”. Quando i libri costavano così tanto che solo i ricchi potevano acquistarseli, quando non c’era la luce elettrica in molte case e per questo bisognava leggere di giorno davanti alle finestre e allora in Inghilterra fu introdotto il primo dei tanti balzelli contro la lettura, ossia la tassa sulle finestre, che secondo Charles Dickens fu uno dei più seri ostacoli alla diffusione dei libri e della lettura15. Questa fu l’epoca in cui

9 In Inghilterra e Stati Uniti il fenomeno ha dimensioni più massicce e origini più remote che in qualsiasi altro Paese.

10 In Spagna e in altri Paesi europei i gruppi di lettura esistono dagli anni novanta con caratteristiche proprie.

11 Bianca Verri della biblioteca comunale di Cervia ha compilato e aggiornato periodicamente una sorta di albo/elenco dei gruppi di lettura italiani (attualmente fermo al 26 marzo 2007), consultabile a: <http://gruppodilettura.wordpress.com/2007/03/27/gruppi-di-lettura-in-italia-lelenco-aggiornato/>. 12 Cfr. J. Hartley, Reading Groups, New York, Oxford University Press, 2001, p. VII.

13 Si tratta di un’organizzazione educativa senza scopo di lucro sorta nel 1947 la cui missione consiste nel far progredire la critica, la riflessione e l’impegno sociale e civile dei lettori di tutte le età attraverso l’indagine e la discussione in comune delle opere letterarie. I gruppi di lettura creati da Gbf erano in origine assai diversi da quelli odierni (cfr. R W. Jacobsohn, The Reading Group Handbook.

Everything you Need to Know to Start Your Own Bookclub, New York, Hyperion, 1998, p. 4-5).

Avevano un’organizzazione molto rigida, liste chiuse di libri, una metodologia collaudata e ripetitiva. Ma gli antenati potrebbero essere ancora più remoti se pensiamo che Anne Hutchinson fondò nel 1634 in Massachusetts un gruppo di lettura ante litteram di tipo religioso e antipuritano.

14 Cfr. G. Cavallo e R. Chartier, Storia della lettura nel mondo occidentale, Roma-Bari, Laterza, 2009, p. 337-369.

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58 l’Inghilterra conobbe la nascita delle società letterarie, che si caratterizzarono però per essere snob e maschili e più tardi poterono addirittura caratterizzarsi come una sorta di risposta allo sviluppo delle biblioteche pubbliche. Esse rappresentarono, nella maggioranza dei casi, il risentimento contro quel common reader di cui si occupò anche Virginia Woolf16.

Oggi i gruppi di lettura danno voce – almeno negli Stati Uniti – esattamente alla reazione opposta, al risentimento del “lettore comune” contro gli accademici e la loro bibliofollia, contro l’uso dei libri come macchine da citazione e da esibizione. Sono composti per la maggior parte da donne, fioriscono spesso nelle periferie dei luoghi di aggregazione e di consumo come i centri commerciali e le grandi catene librarie. Non rifiutano i best seller, anzi spesso ne rappresentano il punto di trasmissione. Le biblioteche, a differenza dell’esperienza italo-spagnola, sono ancora poco coinvolte in questo fenomeno che presenta alcune caratteristiche particolari: la prima è una sorta di specializzazione, non però relativa ai contenuti, ma al target: vi sono book group per sole donne, per donne e uomini, per gay, per coppie, per madri e figlie, generazionali e infragenerazionali. Ve ne sono che nascono nelle scuole, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nei giornali17. Rapidamente il gruppo di lettura generalista, che pure era stato il motore del boom, cede il passo ai gruppi settoriali e specifici.

Un secondo tratto distintivo è fornito dall’accoppiata tra il carattere di massa e la professionalizzazione. Proprio perché sono composti da lettori abbastanza tiepidi, o addirittura, come hanno subito malignato i loro critici18, da non lettori, i book club hanno bisogno di coordinatori esperti, nella socializzazione e divulgazione. Nasce così la professione del moderatore o del leader del book group, retribuito a volte dagli enti organizzatori, a volte da editori o librerie, molto spesso dagli stessi lettori, il che richiama di nuovo altre pagine della storia della lettura, quando ad esempio gli

16 V. Woolf, Il lettore comune, Genova, Il Melangolo, 1995.

17 Per esempio: il Book Group Corner (http://www.randomhouse.com/resources/bookgroup), sostenuto da una casa editrice; il Mother Daughter Book Club (http://www.motherdaughterbookclub.com) per madri e figlie; il Gay Men’s Book Group of Long Island (http://gaybookgroup.blogspot.com/) per gay; il Washingtonpost.com Book Group

(http://www.washingtonpost.com/wp-srv/style/longterm/books/bookgrp/bookgprules.htm). Sui gruppi di lettura in generale si veda: <http://www.readinggroupguides.com/>.

18 «Tutte donne e nessuno legge» fu la lapidaria definizione di book group fornita da un giornalista culturale americano (cfr. E. Moore, K. Stevens, Good Books Lately. The One-Stop Resource for Book

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59 operai agli albori della rivoluzione industriale pagavano di tasca propria un compagno che leggesse ad alta voce mentre gli altri lavoravano19. Detta così la vicenda dei book group americani sembrerebbe rientrare a pieno titolo nella lunga galleria dell’alfabetizzazione delle sue battaglie. Invece sarà piuttosto da collocare nel campo dell’industria dell’intrattenimento, sia pure con funzioni di pungolo e qualche volta di concorrenza (a differenza delle esperienze latinoamericane in cui il rapporto con la scuola e il peso della mission di alfabetizzazione sono molto più presenti). A dimostrazione si potrebbero citare alcuni fenomeni: la filiazione di molti

book group dalla famosa trasmissione di Oprah Winfrey20, o almeno il forte effetto moltiplicatore che essa ha impresso alla nascita dei gruppi di lettura, e il rapido inserimento di questi all’interno della catena mediatica e industriale, con il fiorire di riviste, gadget, manuali e di un robusto indotto collaterale. Un terzo elemento è la apparizione dei gruppi di lettura in molte fiction televisive21, i cui personaggi spesso

si vedono impegnati nella partecipazione o nella conduzione di book group.

In Italia la nascita e il primo sviluppo dei Gdl si possono datare intorno agli anni 2003-2005, dato che in questi anni nasce il primo e principale blog dei gruppi di lettura e nel 2006 si tiene il raduno nazionale di Arco di Trento. La stagione che inizia con i primi anni del nuovo millennio vede la crescita quantitativa dei gruppi e, soprattutto, l’affermarsi di comuni strategia e modalità di lavoro. Venendo per ultimi i Gdl italiani hanno avuto la possibilità di conoscere e meditare sulle esperienze straniere prima di elaborare una propria autonoma variante.

I gruppi italiani sono, nella grande maggioranza dei casi, promossi, organizzati e ospitati all’interno di biblioteche pubbliche, come quelli spagnoli, ma, a differenza del mondo iberico, sono prevalente espressione della minoranza dei “lettori forti”, i

19 Cfr. Altick, op. cit., p. 284. Una simile abitudine viene segnalata anche tra i sigarai cubani: A. Manguel, Una storia della lettura, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 120-123.

20 Cfr. K. Rooney, Reading with Oprah. The Book Club that Changed America, Fayetteville, University of Arkansas Press, 2005.

21 In un episodio della serie Ellen, che citiamo a titolo di esempio, la protagonista, un’attiva libraia coordinatrice di un gruppo di lettura, deve scegliere alcuni dei partecipanti al gruppo come invitati della trasmissione di Oprah Winfrey, scatenando una spassosa guerra intestina in cui i vincitori saranno gli “eletti” allo schermo. Questa serie è stata trasmessa anche sui canali italiani, mentre altre (come The Sopranos, 2002, che ha come protagonista il book group di Carmela Soprano, o The Wire, 2003, in cui si racconta di un gruppo di lettura di carcerati che legge Il grande Gatsby, o ancora The

Book Group, in onda in Gran Bretagna dal 2001, e che inizia proprio con la decisione di Clare, una

ragazza americana che vive a Glasgow, di fondare un gruppo di lettura) ancora non lo hanno fatto e hanno avuto però una notevole audience nei paesi d’origine.

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60 quali cercano e in qualche caso impongono il gruppo di lettura come proprio territorio, come zona franca, come luogo resistenziale sottratto alle logiche del mercato e della lettura assistita o obbligata. Questo atteggiamento lascia intendere una sorta di riscossa dei lettori sopravvissuti alla fase degli anni affluenti e disimpegnati di fine secolo, quando i “non lettori colti” (gli “orgogliosi di non leggere”22) uscivano allo scoperto proclamando l’inutilità sociale della lettura e la

raggiunta liberazione dalla dittatura dei lettori. Questa connotazione dei Gdl italiani non li ha portati a costituirsi come nicchia impenetrabile e impermeabile: al contrario nella pratica dei gruppi si è visto che i “lettori forti” riescono a trascinare e aggregare anche i lettori più saltuari, trasformando le riunioni in luoghi di contagio e trasmissione del vizio di leggere.

Di questo percorso nostrano è testimone anche il cambiamento di ruolo del coordinatore, che da professionista o semiprofessionista dell’intrattenimento colto o della documentazione si è trasformato in mediatore e in maestro di gioco, come è stato ribattezzato nell’esperienza del Gdl attivo presso la biblioteca comunale di Cervia23.

La lettura che si esprime nei gruppi di lettura italiani, a differenza di quelli statunitensi, non è mai o non è solo una lettura immedesimativa, ma è quasi sempre una lettura critica, avvertita, che cerca di bilanciare la fedeltà alla passione e al piacere di leggere con l’attenzione all’epitesto e all’ipertesto […]. Ossia: non è solo il testo (in modo quasi formalistico) o la ricezione personale (in modo troppo soggettivo) a destare l’interesse di lettura, ma anche ciò che sta intorno, nell’universo mediatico, e soprattutto ipermediale24.

Lo sviluppo dei gruppi di lettura in Italia, ad esempio, è stato reso possibile grazie all’utilizzo di Internet, anche se la loro esperienza dimostra nello stesso tempo quanto siano insufficienti i legami virtuali e quanto sia necessario costituire punti di aggregazione reali e “fisici” della comunità dei lettori.

22 Cfr. Orgogliosi di non leggere mai un libro. Una ricerca motivazionale, Milano, 1995. Ricerca svolta dell’Istituto Astra per conto dell’Associazione italiana piccoli editori (Aipe).

23 Cfr. F. Argelli, “Libri, un piacere da condividere. Dilaga la ‘moda’ dei gruppi di lettura”, Corriere

Romagna, 9 luglio 2007, p. 15.

24 Cfr. L. Ferrieri, “C’è qualcosa di nuovo oggi tra i libri: l’esperienza dei gruppi di lettura in Italia e all’estero”, in: Progetti di lettura: un itinerario tra esperienze altoatesine e tendenze nazionali, a cura di M. Belotti, Milano, Bibliografica, 2009.

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61 La lettura critica non è quella per cui l’attenzione dei Gdl vuole trasformarsi in pratica scolastica, in vivisezione intellettuale del testo, bensì quella che si esprime soprattutto in una modalità di lettura che potremmo dire comparatistica, che cerca di confrontare non solo i punti di vista, ma anche le tradizioni letterarie che sono alla base di certe opere e di certe forme di scrittura, e le diverse tipologie di ricezione cui danno luogo.

Non di rado troviamo gruppi che approfondiscono la letteratura per filoni, o per aree geografico-culturali, o addirittura per temi, procedendo in modo ragionato nella scelta dei testi da leggere. Questa è anche una delle ragioni per le quali, nella scelta del libro, il metodo americano, basato fu formali votazioni all’interno del gruppo, in Italia è entrato ben presto in crisi e sostituito con una scelta più meditata e partecipata, che collochi i libri in un percorso, che non penalizzi nessun componente del gruppo e che nello stesso tempo non si affidi neppure a un troppo facile meccanismo di consultazione basato su “una testa, un libro”. Il principio opposto, “più teste, più libri”, è alla base della vocazione plurale e interculturale dei Gdl, ma anche dei conflitti che essa può generare.

Tra le caratteristiche più rilevanti della “via italiana” ai Gdl ci sono l’attenzione alla comunità dei lettori25 e alle dinamiche della fabbrica del libro, oltre al fitto intreccio tra modalità tradizionali di discussione e mediattivismo. Il piacere di leggere richiede non solo un’adesione generica e sentimentale, ma una stretta vigilanza contro le tendenze a distribuire libri precotti, magari anche ben costruiti ma facili e corrivi. Importante in tal senso è l’analisi della “delusione” o del rifiuto di lettura, che affiora in molte discussioni e che rappresenta la necessaria controfacciata di quel “principio del piacere” che il gruppo di lettura afferma stabilendo l’assoluta liceità del giudizio lapidario e apodittico “mi piace” “non mi piace”. Il fatto è che questo giudizio del piacere, ancorché prioritario e dominante, non è “insindacabile”, visto che poi tutta la seduta del gruppo si dedica all’esame delle molteplici sfaccettature e delle più nascoste ragioni del piacere e del dispiacere. Al punto che non è infrequente assistere a conversioni sulla via del gruppo, o, al contrario, allo sprofondamento del piacere in una sorta di stato di grazia che nasce dall’effetto corale che il gruppo aggiunge alla singola lettura.

25 Sulla questione se esista ed eventualmente come si configuri una “comunità di lettori” si veda: L. Ferrieri, “La comunità dei lettori”, Culture del testo, n. 5 (1996), p. 3-16.

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62 C’è un nodo che rimane tuttora irrisolto (perché densissimo di implicazioni) sulla natura dei gruppi di lettura italiani: si tratta di gruppi in cui la componente di amicizia insita in ogni atto di lettura prevale e deve prevalere sulla loro funzione di servizio oppure devono trasformarsi e integrarsi in strutture più leggere che si formano e si disfano, come un palinsesto di lettura variabile, in cui le biblioteche agenzie culturali e lettori stessi propongono di volta in volta all’attenzione un libro o un tema?

In Italia ci sono saggi e articoli che trattano del fenomeno dei Gdl, ma manca ancora un libro che compia una riflessione più organica, di carattere storico e teorico dei Gdl, contrariamente ai mondi anglosassone e spagnolo, i quali vantano entrambi una bibliografia sterminata sull’argomento anche se dei Gdl, ultimamente, si parla di meno ma questo non significa che la loro forza vada scemando o si sia istituzionalizzata. Probabilmente nel nostro Paese siamo ancora in una fase di sviluppo e quindi la crisi eventuale è probabilmente una fisiologica febbre legata alla crescita. L’istituzionalizzazione è avvenuta soprattutto da parte delle biblioteche, perché l’editoria, la scuola e il mercato si sono abbondantemente disinteressati del fenomeno. E le biblioteche sono istituzioni molto leggere, non crediamo abbiano né la voglia né la possibilità di “ingabbiare” un movimento. Piuttosto i Gdl necessitano di costruire momenti di unità e di raccordo e debbono evitare la estemporaneità e l’atomizzazione che a volte li hanno connotati.

Roberto Spoldi nell’osservare i comportamenti dei membri del gruppo di lettura da lui seguito all’interno della Biblioteca comunale di Segrate nota che

alcune persone, per lo più donne sole, non necessariamente anziane, che attraversano momenti di difficoltà, stimolate da qualcuno che ha parlato loro del gruppo di lettura, e grazie anche al fatto che l’iniziativa viene realizzata in collaborazione con un’associazione femminile del territorio, si sono accostate al gruppo all’inizio timidamente, poi diventando assidue frequentatrici. Il gruppo, così, rappresenta per questi utenti un’alternativa alla solitudine. Piace anche l’aspetto conviviale del gruppo, che consiste in un’atmosfera serena e piacevole, nel rivedere gli altri partecipanti con i quali si scambiano battute e si approfondiscono amicizie tra dolci e bibite al termine di ogni incontro, dopo essersi raccontati la propria esperienza di lettura26.

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63 David Carr ha scritto un articolo sui gruppi di lettura come terapia27. Secondo lo studioso americano, quando si legge e si interpreta la lettura, molte volte non si fa altro che scoprire e palesare la vita che non si è vissuta e le esperienze che non si sono mai fatte realmente. Spesso alcuni partecipanti ai gruppi di lettura appuntano sui propri quaderni le parole, le impressioni e le esperienze vicarie28 proprie (servendosene come schema per i propri discorsi) e quelle dei propri compagni (quando le ascoltano nel gruppo), in una sorta di diarioterapia. Sempre secondo Carr, la partecipazione ad un gruppo di lettura è qualcosa che non appartiene solo alla lettura di un libro in sé; riguarda sempre i più intimi sentimenti che i lettori hanno dentro di loro mentre leggono il libro: dolori, euforie, sconcerti, piaceri29. Parlare con altre persone di questi sentimenti e delle esperienze vicarie permette ai lettori di migliorare le proprie personalità e consapevolezza sul mondo. Più lontane sono da noi queste esperienze (quelle vicarie), più rimaniamo disorientati e preoccupati; maggiormente, allora, riusciamo a sviluppare una cognizione della vita più ampia. Più riusciamo a parlare con disinvoltura di esse con gli altri, continua Carr, più verosimilmente riusciamo ad essere consapevoli degli aspetti sociali del mondo30.

Parlare delle proprie esperienze di letture con altri aiuta a recuperare o a trovare significati per la propria esistenza. Ai partecipanti piace un programma definito di letture, l’incontro con libri che altrimenti non avrebbero mai fatto e la soddisfazione della valutazione, da parte degli altri membri, dei propri punti di vista. In definitiva, ci si sente supportati dal gruppo.

Nello studiare l’aspetto dell’apprendimento nei gruppi di lettura, Sandra Kerka ha individuato tre fattori31:

1. le persone: la composizione eterogenea ed informale del gruppo consente la creazione al suo interno di un’atmosfera favorevole a far sì che i partecipanti siano più liberi di esprimere e condividere le proprie idee o di obiettare in modo civile

27 D. Carr, Reading Group Therapy, Talk given at Cameron Village Library, Raleigh, NC, September 6, 2003, p. 1.

28 Il concetto dell’esperienza vicaria donata dalla lettura è già rintracciabile in Eco U., Sulla

letteratura, Milano, Bompiani, 2002.

29 Carr, op. cit., p. 1. 30 Ivi, p. 4.

31 S. Kerka, “Book Groups: Communities of Learners”, New Directions for Adult and Continuing

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64 2. la struttura: questo fattore riguarda la tipica disposizione fisica del sedersi in circolo, che valorizza lo status di ogni partecipante, portatore di valori, cultura, punti di vista; il sedersi in circolo32 crea un’atmosfera confortevole e rilassata, in cui i lettori si sentono liberi di condividere idee, sentimenti, e diversi punti di vista sul libro

3. la cultura: è un fattore importante in quanto i lettori si supportano l’un l’altro, imparando reciprocamente attraverso lo scambio dei propri vissuti e dei propri punti di vista che sottendono sistemi di credenze e valori diversi o condivisi. Collegando i testi delle narrazioni con la propria vita, i lettori trovano dei significati per comprendere la vita stessa e il mondo circostante. Interagendo con gli altri che vedono il mondo secondo prospettive diverse, i membri possono acquisire diversi modi di interpretare i testi e di integrare e comprendere le loro stesse esperienze. Diventa per loro più facile trascendere i limiti culturali e a vedere le cose come le vedono le altre persone.

2.3 Il Centro per il libro e la lettura

Da qualche anno, anche se è operativo solo dal 2010, è stato istituito il Centro per

il libro e la lettura (Cepell), organismo autonomo del Ministero per i Beni e le

Attività culturali che ha tra i suoi compiti istituzionali quello di attuare politiche di diffusione del libro e della lettura in Italia e quello di promuovere all’estero il libro, la cultura e gli autori italiani33.

Oltre alla sede centrale di Roma, che svolge una funzione amministrativo-istituzionale, è prevista l’apertura di altri uffici, a Milano e Roma, ai quali delegare

32 Sulla figura del circolo (e non del cerchio) che meglio rappresenta il gruppo di lettura, cfr. B. Verri, “Leggere in circolo: esperienze di lettura in biblioteca”, in: Le teche della lettura, a cura di C. Gamba e M. L. Trapletti, Milano, Bibliografica, 2006, p. 213-223.

33 Frutto del protocollo d’intesa che aveva visto nel 2006 confrontarsi enti e istituzioni statali e locali, associazioni di categoria e attori vari del mondo del libro, il Centro era stato istituito con la riforma emanata con il D.P.R. 26 novembre 2007, n. 233. Riconfermato dalla nuova riorganizzazione (D.P.R. 2 luglio 2009, n. 91), il recente Regolamento, emanato con D.P.R. 25 gennaio 2010, n. 34 ne sancisce il funzionamento, ne delinea i compiti istituzionali, la struttura organizzativa e amministrativa, le attività e le finalità e, infine, dota l’organismo di autonomia scientifica, finanziaria e organizzativa.

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65 specifici compiti di collaborazione con gli editori e di approfondimento delle tematiche culturali.

Nello svolgimento dei propri compiti istituzionali il Centro collabora con le amministrazioni pubbliche, le istituzioni territoriali e i soggetti privati che operano nella filiera del libro al fine di:

 incentivare l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di progetti editoriali tematici volti a valorizzare le opere di autori contemporanei, italiani e stranieri

 promuovere la lettura nelle istituzioni scolastiche con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca

 far conoscere la rete delle biblioteche e dei relativi servizi

 realizzare campagne informative per la promozione dei prodotti editoriali e della lettura attraverso i mezzi di comunicazione con la collaborazione della Presidenza del Consiglio dei ministri

 promuovere la diffusione del libro, della cultura e degli autori italiani all’estero con la collaborazione del Ministero degli Affari esteri

 organizzare manifestazioni ed eventi, in Italia e all’estero, volti a diffondere la produzione editoriale italiana e la cultura della lettura, tra cui una campagna nazionale annuale

 sostenere le attività di diffusione del libro e della lettura, di coordinamento e di sostegno delle iniziative promosse dalle biblioteche, dalle scuole e dalle istituzioni pubbliche e private, con particolare attenzione a quelle che si rivolgono ai giovani

 supportare le iniziative di potenziamento dell’attività delle biblioteche scolastiche favorendone il raccordo sul territorio con le altre Istituzioni interessate alla promozione della lettura tra i più giovani

 implementare le politiche di diffusione del libro e della lettura, con particolare riferimento all’attività delle librerie e delle biblioteche, attraverso il consolidamento di quelle già esistenti e l’incentivazione all’apertura di nuove librerie e biblioteche.

Fin dalla nascita del Centro ne è sempre stato suo presidente Gian Arturo Ferrari ma dall’aprile 2014 è stato chiamato a succedergli Romano Montroni. Direttore del

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66 centro, nominato già dal 2008, è Flavia Cristiano34.

Due sono i suoi obiettivi primari, strettamente correlati: conferire valore sociale al libro e alla lettura e allargare la base di lettori, piccoli e grandi, allo scopo di arrivare, nel prossimo decennio, dagli attuali 4 ai 5 milioni di lettori abituali di libri, vale a dire dall’8 al 10% della popolazione adulta.

Condizione preliminare è che le diverse categorie del libro si riconoscano come parti, ciascuna rilevante, ciascuna indispensabile, di un insieme più vasto, del mondo del libro. Solo così il Centro potrà assurgere a punto di riferimento, a luogo in cui discutere le politiche per lo sviluppo dell’editoria, confrontare le esperienze e ottimizzare le competenze di tutti coloro che da anni si impegnano per promuovere la lettura in Italia.

2.4 L’analfabetismo funzionale35

La fotografia fornita da un recente rapporto dell’Istat sulla situazione del Paese36

mostra come nel 2012 il 43,1% della popolazione in età compresa tra i 25 e i 64 anni di età abbia conseguito come titolo di studio più elevato la licenza di scuola media (l’odierna “scuola secondaria di primo grado”). Nel periodo 2004-2012 il livello di istruzione della popolazione adulta italiana mostra un progressivo miglioramento, pari a circa un punto percentuale all’anno (tra il 2004 e il 2012 si registra una differenza pari a -8,8%), ciononostante il nostro Paese resta ancora

34 Il presidente del Cepell viene scelto dal ministro per i Beni e le Attività culturali tra personalità dotate di capacità ed esperienze nel settore librario e rimane in carica per la durata di un triennio.Il presidente non è “un funzionario pubblico” e non percepisce alcun compenso per il proprio incarico. Egli rappresenta il Centro e ne presiede i due organi di gestione: Consiglio scientifico e Consiglio di amministrazione. Al presidente è affiancato un direttore, a tutti gli effetti un “funzionario pubblico”, nominato nell’ambito dei dirigenti del Ministero dei Beni e delle Attività culturali (Mibac), e tre organi collegiali misti. Il Consiglio scientifico deve individuare le priorità strategiche e proporre il programma delle attività al Consiglio di amministrazione, che ne adotta le linee di ricerca e gli indirizzi tecnici; l’Osservatorio del libro e della lettura monitorizza lo stato della lettura in Italia, l’andamento della produzione editoriale, l’evoluzione dell’offerta libraria e i comportamenti di acquisto. Ad esso compete l’attuazione, sulla base delle linee di intervento acquisite, delle politiche inerenti alla diffusione del libro e della lettura, con particolare riferimento all’attività svolta dalle librerie e dalle biblioteche.

35 S. Intravaia, “Italia, allarme della commissione Ue. ‘Semianalfabeta un 15enne su cinque’”, La

Repubblica, 3 febbraio 2011.

36 Cfr. Istat, Noi Italia 2014. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, Roma, Istat, 2014, <noi-italia2014.istat.it>. Da questa pubblicazione sono stati desunti i dati statistici sulla istruzione forniti di seguito.

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67 assai distante dalla media UE27, pari al 25,8%, andando ad occupare la quarta peggiore posizione.

La quota dei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato gli studi prima di conseguire il titolo di scuola media superiore (l’odierna “scuola secondaria di secondo grado”) è pari al 17,6% contro il 12,8% dei paesi UE. La scelta di non proseguire gli studi, spesso indice di un disagio sociale maggiormente presente nelle aree meno sviluppate del Paese, non risparmia neppure le regioni più prospere, dove una maggiore domanda di lavoro può verosimilmente esercitare un’attrazione sui giovani, contribuendo a distoglierli dal compimento del loro percorso formativo, in favore di un inserimento occupazionale relativamente più agevole. Sebbene il fenomeno degli Early School Leavers sia in progressivo calo, i valori sui quali si è assestato il nostro Paese sono ancora lontani dal 10% che avremmo dovuto raggiungere entro il 2010, secondo gli obiettivi della Strategia di Lisbona37.

La spesa in istruzione e formazione misurata in rapporto al prodotto interno lordo rappresenta uno degli indicatori chiave per valutare le policy attuate in materia di crescita e valorizzazione del capitale umano. L’indicatore consente di quantificare, a livello nazionale e internazionale, quanto i paesi investono nel miglioramento delle strutture e nell’incentivare insegnanti e studenti a partecipare ai percorsi formativi. In Italia l’incidenza della spesa in istruzione e formazione misurata in rapporto al Pil risulta pari al 4,2% (anno 2011), inferiore di poco più di un punto rispetto al valore medio dell’UE27 (5,3%). Negli ultimi anni la quota di spesa per consumi finali in istruzione e formazione in rapporto al Pil si è mantenuta intorno al 4%. Per le politiche a sostegno dell’apprendimento della popolazione e dell’aumento delle conoscenze, le regioni italiane mostrano comportamenti distanti tra loro: quelle del Mezzogiorno, caratterizzate dalla presenza di una maggiore popolazione in età scolare sono quelle che investono relativamente di più in questo settore, con una

37 Nel 2000, a Lisbona, il Consiglio europeo adottò l’obiettivo strategico di diventare, entro il 2010, “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. La strategia globale concertata per il raggiungimento di questo obiettivo riguardava circa dieci diverse macro aree che includevano le politiche sociali e i settori rilevanti per la costruzione di una economia basata sulla conoscenza e per la modernizzazione del modello sociale europei. La nuova strategia, denominata Europa

2020, si rifà all’esperienza acquisita con la precedente strategia riconoscendone i punti di forza (gli obiettivi

di crescita e occupazione), ma anche le debolezze (fase operativa debole, notevoli differenze nel ritmo e nell’entità delle riforme da paese a paese). L’obiettivo di raggiungere entro il 2010 un tasso di abbandono scolastico inferiore al 10% è stato confermato nell’ambito della Strategia Europa 2020.

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68 quota media dell’area pari a circa il 6,4% del Pil. Nelle altre ripartizioni, la spesa in istruzione e formazione in rapporto al Pil è più bassa; al Centro-Nord si ferma poco al di sotto del 3%. Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia sono le regioni dove l’incidenza della spesa pubblica in istruzione e formazione è risultata più elevata (tra il 6,1 e il 7,2% del Pil nel 2011).

I dati più recenti sul livello delle competenze, forniti dall’indagine Pisa38, mettono

in luce una situazione critica per gli studenti italiani in tutte le literacy considerate, e collocano l’Italia negli ultimi posti dei paesi europei, dove un quinto degli studenti quindicenni, prossimi alla fine dell’istruzione obbligatoria, evidenzia difficoltà gravi nelle competenze relative alla lettura, facendo registrare percentuali inferiori rispetto al valore medio (solo il 6,7% si colloca nei due livelli più elevati). L’aumento dei livelli di competenza della popolazione è uno degli obiettivi al centro dell’Agenda di Lisbona e del suo follow up fino al 2020.

La permanenza dei giovani all’interno del sistema di formazione, anche dopo il percorso curricolare, è considerato un fattore essenziale per garantire l’ampliamento delle conoscenze e delle competenze, preparando gli adolescenti a una più consapevole partecipazione sociale e facilitando la formazione permanente. Il tasso di partecipazione al sistema di formazione dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 dopo un lungo periodo di costante crescita (fino a raggiungere l’83,3% nel 2010), nel 2011 si è attestato all’81,3%, mentre la partecipazione al sistema di formazione dei ragazzi in età 20-29 anni è oggi pari al 21,1%.

Da diversi anni, a livello europeo, si è posta l’attenzione sui Not in Education

Employment or Training (Neet), giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, non più

inseriti in un percorso scolastico e/o formativo ma neppure impegnati in un’attività lavorativa. Si tratta di un problema di particolare gravità per il nostro Paese, infatti la quota dei Neet è di molto superiore a quella media dell’UE27 (rispettivamente il 23,9 e il 15,9%). Significativa, ma scontata, la differenza fra i generi, con una percentuale del 21,8% negli uomini e del 26,1% nelle donne, storicamente impegnate sul fronte familiare sia con i figli che con i familiari più anziani.

38 Il progetto Pisa (Programme for International Student Assessment), promosso dall’Oecd (e realizzato in Italia dall’Invalsi), si propone di valutare a che livello gli studenti quindicenni, vicini alla fine dell’istruzione obbligatoria, abbiano acquisito le competenze relativamente a lettura, matematica e scienze. I ragazzi italiani mostrano un preoccupante svantaggio in tutte e tre le aree considerate, con punteggi inferiori a quelli medi dei paesi UE aderenti all’Oecd di 22, 36 e 28 punti nelle rispettive scale.

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69 L’istruzione e la formazione costituiscono ambiti di particolare importanza, sia per il pieno e consapevole esercizio dei diritti di cittadinanza, sia per la valorizzazione del capitale umano. Molte delle analisi proposte si riferiscono a indicatori adottati nella

Strategia di Lisbona prima e ribaditi in Europa 2020 dopo, per la definizione di

obiettivi strategici indispensabili alla realizzazione di una crescita economica sostenibile, per lo sviluppo del mercato del lavoro e per una maggiore coesione sociale.

Oggi tranne che per una residua fetta di popolazione, parecchio in là con gli anni e fisiologicamente destinata a diminuire ulteriormente, saper leggere e scrivere è ormai una capacità divenuta patrimonio comune per quasi tutti noi. Al vecchio concetto di analfabetismo, legato al non saper leggere e scrivere tout court, se ne è sostituito uno nuovo che si centra su come le competenze alfabetiche di base (literacy) vengono utilizzate nel mondo e nelle esperienze reali. Si possono pertanto così riassumere le attuali tipologie di valutazione dell’analfabetismo:

 analfabeti/analfabetismo primari: coloro che non hanno mai appreso né a leggere né a scrivere (in talune indagini si aggiunge che nemmeno hanno imparato a far di conto, ma per questa categoria si preferisce parlare di innumeratismo, innumeracy in inglese) perché non hanno mai frequentato scuole o perché rientrano nel fenomeno della dispersione scolastica

 illetterati/illetteratismo: individui che pur possedendo un minimo repertorio di lettura e scrittura non sono in grado di utilizzare il linguaggio scritto per ricevere o formulare messaggi

 analfabeti di ritorno: si tratta di soggetti che hanno smarrito le proprie competenze linguistiche nel corso del tempo

 semianalfabeti: possessori della sola licenza elementare che nella nostra società significa non avere la pur minima possibilità di inclusione sociale e culturale

 analfabeti funzionali: soggetti che non sanno usare in maniera efficiente le abilità di base (lettura, scrittura e calcolo) per poter esprimere il loro diritto di cittadinanza.

Queste tipologie di analfabetismo coesistono e si mescolano tra noi ma nella società digitale le distinzioni sono destinate a crescere.

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70 In una intervista rilasciata nel 2010 sul tema dell’analfabetismo di ritorno in Italia Romolo Pandolfi, attuale presidente dell’Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo (Unla), afferma che

nelle regioni del centro sud e nelle isole il quadro è ancora allarmante, perché ben l’8% degli analfabeti non ha alcun titolo di studio […] non sa leggere e/o scrivere circa il 25% degli studenti che escono dalla scuola media inferiore. Le “lacune” della pubblica istruzione, tra l’altro, si evincono anche nel tasso di mortalità universitaria. D’altra parte in Italia l’indice di lettura, la percentuale cioè di lettori per numero di abitanti, è sostanzialmente invariata dagli anni ’30 fino agli anni ’70 dello scorso secolo39.

È il nuovo analfabetismo che avanza e che, a differenza di quello classico di chi non sapeva né leggere né scrivere, è difficilmente individuabile in quanto il nuovo analfabeta non sa di esserlo: egli riesce a leggere e a scrivere ma non comprende il testo o spesso ignora il significante. Dunque il problema dell’analfabetismo è serio e presente in tutta Europa, ma in Italia assume dimensioni allarmanti, tanto da collocarci negli ultimi posti tra i paesi più sviluppati.

2.5 La promozione della lettura: esiste un piano nazionale

Una delle proposte più interessanti del Centro per il libro e la lettura (Cepell) è senz’altro In vitro, uno dei progetti di promozione della lettura più ambiziosi in Italia. Per certi aspetti potremmo considerarlo una logica espansione del progetto

Nati per leggere, di cui parleremo diffusamente nel paragrafo successivo.

La peculiarità del progetto è di avere carattere totalmente sperimentale nella metodologia e nelle procedure: in Italia non è mai stata intrapresa una serie di azioni coordinate di ampio respiro, che coinvolgono tutti i partner della filiera del libro e della lettura, i referenti politici e gli stakeholders presenti sul territorio. Partendo dalla considerazione che in Italia fosse ormai irrimandabile un intervento finalizzato a incrementare il numero dei lettori, il Cepell si è proposto di mettere in

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71 atto una nuova strategia focalizzata su specifici territori e segmenti ben definiti di popolazione.

L’obiettivo di questo progetto sperimentale è quello di allargare la base dei lettori, avvicinando alla lettura persone di diverse fasce d’età e rendere questa pratica un’abitudine socialmente rilevante e riconosciuta.

Il programma è stato promosso dal Cepell in collaborazione con la Conferenza delle regioni, l’Unione delle province d’Italia (Upi), l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), le associazioni di categoria dei bibliotecari, degli editori e dei librai (rispettivamente Aib, Aie e Ali).

Presentato al pubblico e ai media nel luglio 2012, è oggi attivo in sei diversi territori opportunamente individuati lungo l’intera penisola, grazie al finanziamento della società Arcus Spa40 (ai sensi del Decreto del ministro per i Beni e le Attività culturali di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 13 dicembre 2010), che ha stanziato 2 milioni di euro per un biennio di attività, la cui mission è proprio quella di sostenere in modo innovativo progetti strategici e lungimiranti che operino nel mondo dei beni e delle attività culturali41.

La peculiarità del progetto consiste nel cercare di mettere a punto, per la prima volta nel nostro Paese, un “modello” di promozione della lettura basato sulla cooperazione.

Attraverso una serie di azioni coordinate e di ampio respiro vengono coinvolti in maniera del tutto nuova, negli specifici ambiti territoriali individuati per la fase sperimentale, gli enti locali, tutti gli attori del mondo del libro – lettori, editori, autori, insegnanti, bibliotecari, blogger, giornalisti studenti, studiosi – i referenti

40 Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo Spa, costituita nel febbraio 204, con atto del ministro per i Beni e le Attività culturali, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. 41 Che quello della Arcus Spa sia una sorta di “lascito testamentario”? Nell’ambito della legge sulla

spending review è stato deciso di porre in liquidazione la società: è stata prevista la nomina di un

commissario liquidatore con il compito di portare a conclusione le numerose attività in corso di svolgimento della società. La liquidazione avverrà improrogabilmente entro il 31 dicembre del 2013. Già dal 2012 l’assegnazione delle risorse a favore di progetti di conservazione, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale che spettavano alla società liquidata è avvenuta direttamente tramite il Mibac che, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, individuerà i criteri e gli indirizzi esclusivamente per la realizzazione di nuove e mirate iniziative di assoluta rilevanza nazionale e internazionale. Ci uniamo alle speranze del Cepell, che questo finanziamento arrivi e sia garantito per tutta la durata del programma (cfr. D.L. 6 luglio 2012, n. 95, in materia di Disposizioni urgenti per la

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72 politici e i soggetti sociali e culturali attivi localmente; si intende allargare la base della lettura a partire dai ‘lettori di domani’ e dalle loro famiglie.

Tra gli aspetti più innovativi del progetto c’è il metodo di lavoro individuato sia per lo studio preliminare degli interventi, sia per leggere e gestire i risultati ottenuti. Si tratta dell’Institutional Analysis and Development (Iad Framework), uno strumento analitico che viene usato come quadro di riferimento per indagare ogni ambito nel quale gli umani interagiscono sulla base di regole e norme che ne guidano scelte, strategie e comportamenti42; è utile per uscire dagli schemi dettati dalla consuetudine e aiuta ad indagare le tre componenti più importanti di cui è necessario tener conto nel condurre un’azione collettiva per la gestione di un bene collettivo, nel nostro caso la conoscenza: gli attori che agiscono, lo spazio sociale in cui avviene l’azione, e le relazioni che si sviluppano al suo interno.

Lo Iad Framework è applicabile particolarmente bene alle analisi di vari tipi di beni comuni, tra cui quelli della conoscenza. Nella tradizione giuridica anglosassone i commons (beni comuni) sono quei beni di proprietà della comunità e dei quali la comunità può liberamente disporre. Possono essere beni sia materiali (per esempio i servizi pubblici) sia immateriali (per esempio la fiducia sociale o la conoscenza). Per conoscenza si intendono tutte le forme di sapere conseguito attraverso l’esperienza o lo studio, sia in forma istituzionalizzata sia in altre forme. È compresa quindi anche la lettura come conoscenza informale.

Lo Iad Framework si rivela uno strumento particolarmente adatto a gestire un progetto complesso come In vitro, in quanto aiuta a gestire i rapporti tra i vari attori configurando una serie di regole e progettando le azioni a seguito dell’analisi dello scenario.

Nello Iad Framework vengono proposti 3 gruppi di variabili, che costituiscono i fattori di base che soggiacciono alla progettazione e alle modalità di interazione messe in atto nelle arene di azione.

42 Lo Iad Framework fu messo a punto dall’economista statunitense Elinor Ostrom «utilizzabile per indagare qualsiasi vasto ambito nel quale gli esseri umani interagiscono ripetutamente, in base a regole e norme che ne guidano la scelta di strategie e comportamenti […] può essere utilizzato per analizzare situazioni statiche generate da regole esistenti e relative a un mondo fisico immutabile e alla relativa comunità, così come per analizzare situazioni dinamiche, in cui gli individui sviluppano nuove norme, nuove regole e nuove tecnologie fisiche […] Il framework Iad è stato ideato per agevolare lo sviluppo di un metodo comparato per l’analisi istituzionale» (cfr. C Hess e E. Ostrom, “Un framework per l’analisi dei beni comuni della conoscenza”, in: La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, a cura di C. Hess e E. Ostrom, Milano, Mondadori, 2009, p. 45-80).

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73 Figura 2.1 The Institutional Analysis and Development (IAD) Framework

Immagine tratta da: G. Frigimelica, Le politiche di promozione della lettura in Italia: il

ruolo del “centro per il libro” tra aspettative e confronti con l’estero, Tesi di laurea della

Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, Università Sapienza di Roma, a. a. 2009-2010, p. 120.

Al momento dell’analisi vengono identificati i fattori fisici e istituzionali specifici (lato sinistro del framework): essi svolgono un ruolo essenziale nel dar forma alla comunità e alle decisioni, alle regole e alle politiche. Le caratteristiche “biofisiche”, nel caso dei beni comuni della conoscenza, si dividono in artefatti (articoli, libri, banche dati), strutture (biblioteche, archivi) e idee. Quindi viene definita la comunità che gestisce e usa un bene comune della conoscenza, ad esempio utenti e fornitori, oltre a decisori/legislatori. La comunità può essere coinvolta in vari aspetti del governo, della regolamentazione, dell’applicazione delle norme o di altre attività. Se una comunità si unisce in vista degli obiettivi e degli scopi comuni, potrà dirsi omogenea. L’omogeneità può rivelarsi assai importante per determinare l’effettiva robustezza di un bene comune. Le regole devono essere condivise e conosciute da tutti, e stabiliscono quello che un partecipante può o non può fare in un determinato luogo di azione. Ci possono essere regole operative, scelte collettive sulle politiche da adottare e un livello “costituzionale” dell’analisi stabilisce chi può, deve o non deve partecipare alle scelte collettive.

Le arene d’azione sono costituite da partecipanti che prendono decisioni nell’ambito di una situazione influenzata dalle caratteristiche fisiche, dalla comunità e dalle regole. Il tutto darà poi luogo a modalità di interazione variabili e ai risultati.

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74 Nell’analisi del luogo dell’azione vanno identificati i partecipanti specifici e i ruoli che essi svolgono entro il luogo dell’azione, nonché quali azioni sono state, possono essere o saranno intraprese, e come queste azioni influiranno sui risultati. È importante comprendere quali incentivi i diversi partecipanti possono avere a svolgere determinate azioni e di ciò la comunità va debitamente informata.

In un bene comune, il modo in cui gli attori interagiscono incide molto sui risultati, ovvero sul successo o fallimento della risorsa; i criteri di valutazione, infine, consentono di giudicare i risultati in coso d’opera e quelli ottenuti, e possono essere applicati anche alle interazioni che avvengono tra i partecipanti.

La caratteristica peculiare di questo progetto sperimentale risiede nel tipo di attenzione dedicata allo scenario in cui si svolge l’attività di promozione della lettura.

In vitro, lo ricordiamo, è una sorta di laboratorio di ricerca che prevede un’iniziale

fase sperimentale da svolgere in alcuni determinati territori e, successivamente, con la possibilità successiva di estendere il progetto a tutto il territorio nazionale. Ha assunto come terreno di azione e sperimentazione sei aree territoriali: 5 province (Biella, Ravenna, Nuoro, Lecce, Siracusa) e l’intera regione Umbria, selezionate perché ritenute aree sufficientemente rappresentative dell’intera realtà nazionale (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole) e l’ambito ottimale, per caratteristiche di omogeneità socio-economico-culturale e di identità storica, per la sperimentazione di interventi innovativi di promozione della lettura macroregionale.

Per la riuscita del progetto, ed è questo un ulteriore elemento di novità, si punta sul coinvolgimento attivo dei territori e sulla loro capacità di “fare rete” attraverso strumenti di partecipazione e condivisione quali il Patto locale per la lettura e il Gruppo locale di progetto (Glp).

Il Patto locale per la lettura è uno strumento amministrativo-istituzionale, mutuato da un’esperienza spagnola, che permette all’istituzione che assume il coordinamento locale di collegare e orientare l’azione di tutti gli attori in qualche modo interessati alla crescita degli indici di lettura in quel territorio. Si tratta di un documento sottoscritto da tutti i soggetti, privati e pubblici, che si impegnano a sostenere attivamente tutte le azioni necessarie al raggiungimento dell’obiettivo comune. Il Gruppo locale di progetto è invece lo strumento organizzativo creato per realizzare il Patto, per garantire un’efficace gestione del progetto. Il suo compito

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75 principale consiste nel dare utili informazioni (previa analisi) sulla situazione del territorio, elaborare proposte che possano essere trasformate in iniziative concrete di promozione della lettura, coordinare le azioni intraprese ed essere referenti a livello locale e centrale. Esso ha infatti il compito di seguire nel dettaglio e costantemente tutte le iniziative di promozione della lettura attivate. La sua composizione è variabile entro uno schema-tipo che include i rappresentanti dei soggetti attivi nella promozione della lettura: amministratori locali, professori universitari e docenti scolastici, bibliotecari, educatori, librai ed editori locali, giornalisti e rappresentanti dei media locali, imprenditori ed esponenti del tessuto culturale, economico e imprenditoriale del territorio interessato alla promozione della lettura.

A livello centrale In vitro è gestito da un team o “cabina di regia” nazionale coordinato dal Centro per il libro e la lettura attraverso un gruppo di lavoro ristretto composto dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dai principali referenti istituzionali (Aib, Aie, Conferenza delle regioni, Upi, Anci) deputato a coordinare la fase attuativa e a fare da punto di riferimento e collegamento per i Gruppi locali di progetto, supervisionandone le attività fornendo utili strumenti, selezionando le migliori pratiche, stimolando e verificando i risultati. Oltre a questo ruolo il gruppo centrale ha svolto un lavoro preparatorio di studio e predisposizione di strumenti, occupandosi inoltre della comunicazione e della verifica dei risultati. A livello locale, per definire le modalità operative, è stato predisposto un modello di “protocollo d’intesa” con le amministrazioni capofila.

2.6 “Nati per leggere” e “Leggere per crescere”

Numerose ricerche scientifiche effettuate negli Stati Uniti, a partire dai primi anni novanta, hanno dimostrato chiaramente come la lettura ad alta voce, praticata regolarmente all’interno della famiglia in età precoce, abbia un’influenza positiva nei bambini in età prescolare, sia dal punto di vista relazionale che cognitivo.

Infatti è stato dimostrato che l’abitudine all’ascolto potenzia nei bambini le abilità legate allo sviluppo del linguaggio sia recettivo che espressivo, che contribuiranno a

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76 rafforzare la pratica del leggere anche nelle età successive43.

Secondo le teorie pedagogiche contemporanee44, ai fini del processo di apprendimento, è molto importante la qualità del legame che il bambino istituisce con l’adulto (genitore, educatore, insegnante, terapeuta). Patricia Crittenden ha descritto alcune configurazioni di attaccamento riconcettualizzate come «configurazioni di elaborazione mentale dell’informazione» che integrano in varia misura delle informazioni che si basano sulla cognitività e sull’affettività:

L’interazione dei lattanti con le figure di attaccamento li facilita nell’apprendimento del modo di usare la propria mente […] negli esseri umani le informazioni privilegiate includono quelle riguardanti altri esseri umani e/o da essi provenienti, in particolare se si tratta di figure di attaccamento […] le madri, nella misura in cui sostengono l’organizzazione di queste configurazioni […] forniscono un’“impalcatura” per l’apprendimento dei bambini45.

Quando gli adulti leggono ai bambini compiono un duplice atto d’amore, perché da un lato li avvicinano alla lettura e dall’altro gli dedicano tempo e attenzioni. L’adulto mediante la sua capacità di ascoltare e vedere, offre al bambino uno spazio mentale nel quale siano possibili l’apprendimento e la ricerca di significato, dandogli la possibilità di decentrarsi da sé stesso, dai suoi bisogni più immediati. Leggere storie, preferibilmente ricche di illustrazioni, e commentarle costituisce una importante opportunità pedagogica: la descrizione dei persona ggi e delle loro avventure aiuta il bambino e l’educatore (o terapeuta) a costruire i passaggi dalle sensazioni alle emozioni ai pensieri.

Questo è il cuore del progetto Nati per leggere (Npl)46, nato nel 1999 per

43 Gli studiosi del processo di alfabetizzazione parlano a questo proposito di emergent literacy, termine con il quale si racchiudono le abilità, le conoscenze e le attitudini che precorrono lo sviluppo delle forme convenzionali della lettura e della scrittura. La emergent literacy si basa sulla nozione che il bambino acquisisce abilità nelle competenze dell’alfabetizzazione non solo come un risultato di istituzioni dirette, ma anche come un prodotto di un ambiente stimolante e responsivo.

44 Il comportamento di attaccamento è una forma comportamentale che si manifesta in un individuo che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona, chiaramente identificata, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato. L’attaccamento è “un sistema motivazionale primario” ed opera con altri sistemi motivazionali. (cfr. J. Bowlby, Attaccamento e perdita. Vol. 1:

L’attaccamento alla madre, Torino, Bollati Boringhieri, 1999).

45 Cfr. P. Crittenden, Pericolo, sviluppo e adattamento, Milano, Elsevier-Masson, 1997.

46 S. Manetti, “Nati per Leggere, un intervento di comunità: a che punto siamo?”, Quaderni Acp, vol. 13, n. 5 (2006), p. 195-198.

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77 iniziativa dell’Associazione culturale pediatri (Acp), dell’Associazione italiana biblioteche (Aib) e del Centro per la salute del bambino (Csb).

Npl è un’iniziativa su scala nazionale che intende promuovere la lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni (cioè prima dell’acquisizione della competenza alla lettura in età scolare, ma anche prima dello sviluppo del linguaggio), in primo luogo in famiglia, per favorire adeguate occasioni di sviluppo affettivo e cognitivo; nel perseguire questo intento va alla ricerca di tutti gli ambiti dove incontrare nuovi utenti, sviluppare attività e stimolare interesse per la lettura (studi pediatrici, asili nido, scuole dell’infanzia, ospedali). È fondamentale per Npl cercare tutte le occasioni di contatto con i genitori e le famiglie con l’intento di includere anche coloro che hanno un rapporto assai tiepido con il libri e la lettura. Il progetto cerca di offrire al bambino e alla sua famiglia gli strumenti necessari per interiorizzare l’interesse per i libri e la lettura aumentando e mantenendo viva la

literacy di tutti i soggetti coinvolti.

L’iniziativa ricalca analoghi progetti avviati in altri paesi stranieri. Negli Stati Uniti i programmi di promozione della lettura ad alta voce come Born to Read e Reach Out

and Read (Ror)47, sono ormai solidamente radicati nel territorio già dalla fine degli anni ottanta. Attualmente ci sono circa 2337 programmi Ror diffusi nell’ambito delle cure primarie e Ror è diffuso in 50 Stati con 2 milioni di bambini coinvolti. I pediatri e le nurse formati alle strategie della promozione della literacy sono circa 28.000. Ogni anno Ror riceve finanziamenti dal governo, enti privati, editori, fondazioni, aziende. È inoltre inserito come programma efficace nelle cure primarie dall’American Accademy of Pediatrics.

In Gran Bretagna il programma Bookstart ha avuto, dal 1992 in poi, una notevolissima diffusione grazie al coinvolgimento degli operatori sanitari (nurse e medici dei distretti sanitari), delle biblioteche, degli editori e di sponsor governativi48. Già per l’anno 2006 era prevista l’estensione del programma a tutti i bambini, l’ampliamento dell’offerta del dono del libro e della promozione della lettura ad alta voce a bambini più grandi. Un ulteriore sviluppo ha rappresentato il “Booktouch”, rivolto ai bambini ipo o non vedenti, con la distribuzione di libri in braille o tattili.

47 Reach Out and Read, <http://www.reachoutandread.org>. 48 Bookstart, <http://www.bookstart.org/bt_H_9_1.asp>.

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