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Capitolo primo

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Academic year: 2021

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Capitolo primo

Cenni storici1

Dina Arobi, Maurits, Isle de France, Mauritius.2 Quattro nomi diversi, un’unica isola: Mauritius. Fu prima colonia olandese, poi francese e poi britannica. Tre quindi le lingue e le culture coloniali che si sono susseguite sull’isola.

Ma naturalmente non è da qui che inizia la sua storia.

Bisogna fare un passo indietro, al periodo precoloniale, perché l’isola di Mauritius è stata scoperta e riscoperta più volte.

I primi a scoprire l’isola sono gli arabi nel 975. Assieme a essi, più o meno contemporaneamente, anche i navigatori malesi, ma nessuna delle due popolazioni vi fonda degli insediamenti: l’isola rimane disabitata. E lo rimane anche quando a riscoprirla sono gli esploratori portoghesi, nei primi anni del XVI secolo. Un po’ incerto il nome a cui attribuire questa seconda scoperta: Diego Diaz, Diego Fernandez Pereira o Pero Mascarenhas. Tre nomi di esploratori portoghesi, tre punti interrogativi, tre piccole contese della storia.

Ma la storia va avanti nonostante le incertezze, e i portoghesi passano abbastanza velocemente, anche perché, a quanto pare, il loro interesse per Mauritius non doveva essere particolarmente accentuato, in quanto già in possesso di altri territori strategici per le rotte commerciali nell’oceano indiano.

Nel 1598 due ammiragli olandesi, Van Neck e Van Warwyck, sono al comando di una spedizione formata da ben otto navi. Li sorprende una tempesta e la spedizione è costretta a dividersi. Cinque navi approdano per caso su un’isola dell’oceano indiano, alla quale danno il nome di “Maurits” in onore del principe Maurice di Nassau. Dopo questo primo approdo ne seguiranno altri meno fortuiti

1 Per le informazioni riguardanti la storia dell’isola di Mauritius, sono stati consultati i seguenti

siti:

<http://www.sapere.it/enciclopedia/Mauritius+%28Stato%29.html>; <http://enguerrand.gourong.free.fr/oceanindien/p20oceanindien.html.

Georges De Vsidelou-Guimbeau, La découverte des Îles Mascareignes, versione pdf, consultabile al sito:

<http://bibliotheque.mu.refer.org/livres_upload/ladecouvertedesilesmascareignes.pdf >.

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e più mirati alla colonizzazione. Infatti, nel 1638, l’isola diventa ufficialmente colonia olandese, dominio che durerà fino al 1710.

Solo cinque anni più tardi, nel 1715, sull’isola sbarcano i francesi. Subentra così, prima l’amministrazione della compagnia francese delle indie orientali, poi il governo francese. Di questo periodo sono rimaste tracce soprattutto nell’architettura della capitale Port-Louis. E mentre in Francia abbiamo la Rivoluzione e, a seguire, le guerre napoleoniche, nell’oceano indiano i corsari francesi sfruttano Mauritius come base per attaccare le spedizioni commerciali britanniche. Finché gli inglesi non si stancano e mandano un grosso contingente alla conquista dell’isola, sbaragliando gli eterni nemici francesi.

Il trattato di Parigi del 1814 formalizza il passaggio dell’isola dalla Francia alla Gran Bretagna. Inizia da qui l’epoca della colonizzazione inglese, alla quale si deve soprattutto l’abolizione della schiavitù: fino ad allora, molti erano gli schiavi africani impiegati nelle piantagioni mauriziane. Questo fa sì che, nel corso del XIX secolo, arrivassero sull’isola grandi masse di lavoratori provenienti dall’Africa, dal Madagascar, dalla Cina, dal Giappone e soprattutto dall’India. Non a caso, oggi sull’isola l’etnia predominante è quella degli indo-mauriziani. Nel 1947 si tengono, a Mauritius, le prime elezioni per un parlamento locale, ma bisognerà aspettare il 1968, con disordini e proteste, per parlare di vera e propria indipendenza.

Il panorama letterario mauriziano rispecchia pienamente il subbuglio storico. Gli scrittori di lingua francese a Mauritius sono stati per molto tempo scrittori colonizzati, e l’intera letteratura in lingua francese nelle isole a sud-ovest dell’Oceano Indiano porta con sé le tracce della colonizzazione. Il periodo subito dopo l’indipendenza dell’isola nel 1968, e la conseguente democrazia con a capo gli indù è associata a un’epoca caratterizzata da molte preoccupazioni da parte dell’élite di lingua francese, che vede i suoi componenti emigrare in Australia, Inghilterra e in sud Africa. Si crea così un vuoto nella letteratura francofona, che caratterizzerà il periodo post-indipendenza degli anni 70. Saranno poi giovani scrittrici, al pari di Ananda Devi, a inaugurare con i loro romanzi un nuovo approccio narrativo dell’identità mauriziana femminile.

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Queste brevi nozioni storiche non pretendono di formare il lettore sull’intera storia dell’isola di Mauritius, ma di metterlo nelle condizioni di poterne comprendere la vocazione multiculturale e multilinguistica. Poiché è proprio l’isola la vera protagonista di tutta l’opera di Ananda Devi, ho trovato opportuno fornire le informazioni essenziali al fine di comprendere meglio la sua scelta di scrittrice: ripercorrere l’origine più profonda della sua cultura per approdare alla conquista dell’identità femminile di donna e scrittrice, attraverso la decostruzione dell’egemonia patriarcale3, caratteristica della società mauriziana. Questa breve introduzione ha quindi come unico obiettivo quello di guidare il lettore nell’analisi del racconto autobiografico, Les Hommes qui me parlent, e della sua traduzione.

Ananda Devi

Ananda Devi nasce il 23 marzo del 1957 nel lontano villaggio di Trois-Boutiques, nell’isola di Mauritius. Al centro dell’opera la terra di origine in tutto il suo splendore, con le sue diversità culturali: il risultato delle numerose migrazioni storiche avvenute nel corso degli anni.

Dalle biografie consultate4 emerge che, dopo alcuni scritti risalenti al periodo infantile, durante l’adolescenza, Ananda inizia a sentire l’urgenza della scrittura come attività privilegiata. Lo slancio, l’élan vert5, verso la scrittura si fonde all’ammirazione per la natura che diventa il fulcro della sua ispirazione. Sin dagli esordi, la sua produzione letteraria è tutta nella cornice dell’isola natia – il villaggio Trois-Boutique e la capitale Port-Louis – ed è caratterizzata da legami

3 Marie-José Hoyet nell’introduzione alla traduzione de Le voile de Draupadi, trad. it Maurizio

Ferrara, Roma, Edizioni Lavoro, 2004.

4 Le informazioni sulla biografia dell’autrice sono state reperite in:

Prosper J.G., Historie de la littérature mauricienne de langue française, Port-Louis, Édition de l’Océan Indien, 1994.

E ai seguenti siti internet:

<http://www.bm-limoges.fr/espace-auteur/devi/auteur-biographie.php >; < http://www.lehman.cuny.edu/ile.en.ile/paroles/devi.html>;

< http://www.africultures.com/php/?nav=personne&no=3873>.

5 Si tratta del modo in cui Ananda Devi definisce la sua scrittura : uno « slancio verde », in

quanto prende ispirazione direttamente dalla natura. Cfr. Les Hommes qui me parlent, Paris, Gallimard, 2011, p. 36.

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infinitamente profondi più con i luoghi che con la gente dell’isola. Per la descrizione dei paesaggi attinge direttamente dalla realtà, mentre i personaggi scaturiscono in massima parte dalla sua immaginazione, salvo alcuni realmente incontrati per le vie del villaggio. E come lei stessa afferma in un’intervista: «Je dirais donc que, très profondément, c’est la présence de l’île en moi qui me pousse à écrire – mais c’est l’île rêvée dont je parle toujours, l’île mystique qui a enveloppé et guidé mes débuts d’écrivain». 6

L’infanzia di Ananda Devi è ricca di musiche e suoni, di lingue e culture diverse. Nata da genitori di origine indiana, entra immediatamente in contatto con molte lingue quali il telugu7, il creolo mauriziano8, l’hindi, l’inglese e il francese. Il padre riveste un ruolo importante perché leggendole le storie in francese la avvicina alla scrittura e alla lettura ancor prima di andare a scuola − «Pour moi, l’alphabet, c’est la voix de mon père»9−. Nella biblioteca del padre, Ananda può scoprire racconti della cultura indiana, ma anche europea come i racconti dei fratelli Grimm e di Perrault.

Verso la fine degli anni ‘70 si trasferisce a Londra per intraprendere gli studi in antropologia, alla University of London.

Traduttrice di mestiere, è molto sensibile al nesso tra l’identità e la lingua ed è con grande acutezza che esplora la diversità degli umani, ricomponendo così i molteplici universi che convivono in uno spazio insulare creato e analizzato con tanta minuzia. La scelta di scrivere in francese, non le impedisce di integrare nei suoi scritti anche il creolo e l’hindi. Il suo stile incisivo, lirico e penetrante offre alla lingua francese nuove dimensioni culturali e linguistiche legate alla sua isola natale:

6 Intervista rilasciata per il blog Indes réunionnaises :

<http://www.indereunion.net/actu/ananda/intervad.htm >

7 Appartenente alle cosiddette lingue dravidiche, il Telugu viene inserito nel gruppo dei

“dialetti colti” da Caldwell nella sua Grammatica comparativa delle lingue dravidiche, (fonte Treccani, consultato online al sito < http://www.treccani.it/enciclopedia/lingue-dravidiche_(Enciclopedia-Italiana)/> ).

8 Creolo mauriziano su base francese è la lingua parlata dal padre.

9Intervista rilasciata a «5 Questions pour Ȋle en île »

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Je me sens Mauricienne parce qu’un peu Africaine, un peu Européenne et un peu Indienne. C’est une richesse formidable dont je suis pleinement consciente, tant est immense le bonheur.10

Per motivi di lavoro si trasferisce per alcuni anni in Congo, e l’Africa francofona le ispira racconti che, al suo ritorno, saranno inclusi nella prima raccolta Le poids des être (1987)11

Dal 1989 vive a Farney-Voltaire.

La produzione letteraria12 di Ananda Devi si compone di numerosi romanzi, una raccolta di poesie e alcune novelle13 .

Solstices (1977)14 è la primissima raccolta di novelle, considerata un’opera quasi mistica, che vede l’autrice in totale simbiosi con l’isola e la sua natura.

Con i romanzi la situazione cambia radicalmente: infatti sin dal primo testo Rue la Poudrière, (1989)15, l’autrice mette in scena l’autodistruzione, come conseguenza della condizione di reclusione in cui si trovano le protagoniste dell’opera. La tematica della prostituzione è ampiamente analizzata.

Le Voile de Draupadi (1993)16 è il primo testo pubblicato in Francia, nel quale l’autrice mette in scena la sofferenza di una donna indiana, moglie e madre che si rifiuta di essere soffocata dalle tradizioni. Quattro anni dopo viene pubblicato L’arbre fouet (1997)17 e successivamente Moi l’interdite (2000)18.

I romanzi appartenenti alla collana «Continents Noirs» di Gallimard sono:

10 Lohka E., Outrepasser le lieu et ouvrir un espace de création: Le cas d’Ananda Devi,

«Nouvelles Etudes Francophones», Automne 2013, n.2, (XXVIII), p.29.

11 Éditions de l’Océan Indien, Rose-Hill. 12 Cfr. nota 3.

13 Diversi sono i premi letterari ricevuti :

2001: Prix Radio France du Livre de l'Océan Indien con Moi, l'interdite, éditions Dapper;

2006: Prix des Cinq continents de la Francophonie e Prix RFO con Ève de ses décombres,

Gallimard; 2007: Certificat d'Honneur Maurice Cagnon du Conseil International d'Études Francophones (CIEF), e sempre lo stesso anno, Prix TSR du Roman (Télévision Suisse Romande), ancora con Ève de ses décombres; 2010: Prix Louis-Guilloux con Le sari vert. Nello stesso anno viene proclamata Chevalier des Arts et des Lettres; 2012: consegue, a Brazzaville, la prima edizione del Prix Mokanda per l’intera sua opera. Quest’ultimo premio è stato assegnato da Henri Lopes, ambasciatore del Congo in Francia, nonché scrittore famoso. 14 Regent Press, Port-Louis.

15 Nouvelles Éditions Africaines, Abidjan. 16 L’Harmattan, Paris.

17 L’Harmattan, Paris. 18 Éditions Dapper, Paris.

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Pagli (2001), che ripropone temi cari all’autrice, come quello della reclusione nel matrimonio combinato, ma anche nuovi come quello centrale della sottomissione, (Pagli si rifiuta di sottostare al marito), nonché un nuovo tratto distintivo nello stile poetico dell’autrice.

Soupir, (2002); La vie de Joséphin le fou, (2003); una raccolta di testi poetici, Le long désir, (2003); Eve de ses décombres e Indian Tango (2006); Le Sari vert, (2009); Les Hommes qui me parlent, (2011); L’ambassadeur triste, (2015).

Un’opera tragica e poetica allo stesso tempo, quella di Ananda Devi, quasi ossessionata dai temi dell’esclusione, dell’alterità, della devianza e della sofferenza. Sempre pronta a denunciare il clima soffocante di una società divisa al suo interno e devastata dai pregiudizi. Attraverso la forza e la violenza delle sue parole, istiga ogni forma di rifiuto, proponendo un vero impegno che porterà alla conquista del riconoscimento di quell’alterità tanto ricercata nei suoi romanzi.

Le influenze letterarie

Ma survie, c'était mes livres. […]

Ceux qui n'écrivent pas ou ne sont pas de grands lecteurs peuvent-ils comprendre le frémissement de sensualité lorsque l'on se dirige vers un livre connu et aimé, qu'on le fait basculer hors de l'étagère, qu'on en caresse la couverture et qu'on l'ouvre au hasard, pour goûter les mots et les laisser rayonner en soi? Happer une phrase, la laisser couler sur la langue et dans le cerveau. Entrer dans le monde que ces auteurs ont créé, et dont chaque lecteur est l'habitant. Je pense à un film se passant dans plusieurs univers, où chaque monde serait un livre aimé et partagé par les lecteurs. Pénétrer dans le Yoknapatawpha de Faulkner, les mondes mouvants de Kafka, la Genève de Cohen, le Dublin de Joyce, le Sweet Home de Morrison. Je fais cela avec Toni Morrison, avec J. M. Coetzee, avec Albert Cohen, avec Céline. Je les prends entre mes mains, je les tiens comme une relique, comme un corps savoureux. 19

Le radici culturali dell’opera letteraria di Ananda Devi vanno ricercate nelle tante letture che l’hanno accompagnata sin dai primi anni della sua carriera. Tenendo in considerazione gli studi antropologici intrapresi e portati avanti dall’autrice stessa, molta importanza hanno avuto i romanzi di John Maxwell

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Coetzee, premio Nobel 2003, che trattano la questione dell’apartheid, dell’Africa del sud, del colonialismo e della diversità umana; in particolar modo va ricordato Waiting for the Barbarians sul quale l’autrice ha redatto un articolo, Disgrace e Life & Times of Michael K .20

Un’altra autrice, fonte di ispirazione per Ananda Devi, è Toni Morrison, scrittrice statunitense afroamericana, che ha conosciuto con la lettura di Jazz. Una la caratteristica particolare di questo testo che ha tanto colpito Ananda: la voce narrante che si problematizza pian piano e si paralizza fino a perdere tutta la sua potenza.21 Non stupisce il fatto che Ananda Devi sia così affascinata da questo libro che sembra parlare di musica e suono ma che, in realtà, parla di scrittura.

Sorrowful woman Oh oui, elle sait de quoi elle parle, Toni. Elle connaît ce regard triste qui provient de ce temps hors temps où les iniquités se gravent dans la chair jusqu'à l'os. Toutes, de quelque lieu du monde ou de l'univers que ce soit. Toutes et surtout Elles, aux poignets et aux chevilles encerclés, aux dents blanches, aux yeux noirs. Mélancoliques et furibondes. Toute la tristesse du monde. Elles sont venues d’ailleurs pour accomplir l'impossible : tuer leur enfant, revenir de la mort, dévorer leur amant, donner le sein à leur maître, se transformer en nonnes pour mieux s'affranchir des hommes, elles ont tout fait, les femmes de Toni.22

Beloved è un altro romanzo di Toni Morrison letto e riletto da Ananda, che riscontra in esso, dal punto di vista tematico, una certa affinità con la sua opera: l’importanza di un dialogo tra passato e presente; la difficoltà di essere madre e di crescere i figli, specie maschi, dando loro l’idea di un futuro possibile, impresa ancor più difficile se si aggiunge la diversità di etnia.

La beauté perverse de Beloved, à la tête écrasée par sa mère, non moins aimée parce qu’elle est celle qui est partie, mais revenant pour assouvir sa soif et sa faim de mère. Elle dévorerait sa mère crue pour la retenir, pour lui revenir. Beloved ne tolère pas la solitude de l'au-delà. Pourquoi alors ne se battrait-elle pas contre? Contre les dieux et les demons qui se sont alliés pour la créer et la détruire. Sur le dos de sa mère pousse un arbre de chairs cicatrisées. Le fouet du maître l'a tatouée de haine. Que l'on ne s'étonne pas

20 Quanto detto in questo paragrafo deriva direttamente dalle dichiarazioni rilasciate

dall’autrice stessa in un’intervista per il sito

< http://www.lehman.cuny.edu/ile.en.ile/media/5questions_devi.html>

21 Intervista a Toni Morrison, consultata al sito : < http://www.minimaetmoralia.it/wp/la-nostra-amatissima-intervista-a-tony-morrison/>.

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des yeux de Toni : ce sont ceux de ses mères et de ses pères. Cette femme-là aussi est un arbre. Sur sa tête poussent les racines de sa chevelure.23

Tra gli autori di lingua francese vi sono Albert Cohen con Belle du Seigneur 24 e Céline, due autori diversi tra loro ma che, secondo l’autrice, hanno entrambi una forza inaudita.

Poiché ribaltare le regole e i codici del romanzo è una caratteristica tipica dell’opera di Ananda Devi, scrittori come Toni Morrison, Céline, Joyce e Albert Cohen le sono di grande esempio.

Ma, facendo un salto indietro nel tempo e precisamente durante l’infanzia, il libro che l’ha colpita in assoluto è Le mille e una notte: posseduto in casa dai genitori è stato uno dei primi libri che l’ha segnata profondamente per la crudeltà dei racconti:

Un jour, j'ai trouvé Les Mille et une nuits ; j'adorais les contes de fées et croyais que c'étaient des contes de fées. Quand j'ai commencé à lire les Mille et une nuits, j'ai eu un choc parce que ce sont des contes cruels, des contes très noirs, très durs à lire. Même l'histoire de Shéhérazade qui va mener ces mille et une histoires. Cela a fait un choc à la fois littéraire et psychologique, c'est peut-être lié à ce que j'écris après (Moi, l'interdite est assez lié à l'idée de fable, de conte)».25

Non va dimenticata l’influenza della letteratura dell’isola di Mauritius con i suoi padri fondatori quali Malcolm de Chazal e i suoi miti, Marcel Cabon e il premio Nobel Jean-Marie Le Clézio con Désert, romanzo a cui l’autrice fa spesso riferimento. L’influenza della cultura indiana, in particolare del Mahabharata e

23 Ibidem.

24 «Ȏ Ariane qui marche, triomphale, dans sa robe blanche, qui franchit l'espace de ses longues jambes tant admirées, qui s'ouvre un chemin de ses seins libres et mouvants sous le lin un peu rugueux, Ariane marchant vers Solal, Ariane allant vers le désir avec sur le corps un rire public, Ariane, tous nos rêves concentrés dans son ventre,« en cette heure de grand soleil, elle allait, une victoire », tous nos rêves de femmes, tous nos rires de femmes, toute notre violence de femmes, toute notre bêtise de femmes déroulant un fil de chair dans le dédale qui les mène, non vers le dieu solaire de leur amour, mais vers le monstre à tête triste qui est son autre face, bien plus vraie, et qui les attend pour mourir. Ce livre est un dieu qui me dit qu'il faut avoir connu la traversée d'Ariane, ce navire aux voiles chavirantes, pour comprendre que tout au bout attendent deux verres d'eau dans lesquels les cachets broyés créent de jolis dessins de brume claire». ( Ibid., p. 196).

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del Ramayana facenti parte della tradizione culturale e religiosa indiana, che per la grandiosità dei loro testi sono considerati fondatori della civiltà umana, allo stesso livello dell’Odissea e della Divina Commedia.26

Dai racconti di fate di Le Mille e una notte ai miti dei padri della letteratura delle isole di Mauritius e ai testi indiani, dagli scritti sulle questioni africane di Coetzee ai romanzi armoniosi di Toni Morrison e a quelli senza regole di Joyce, abbiamo un oceano di autori tra i più famosi, che hanno contribuito alla nascitae alla crescita dell’opera di Ananda Devi. E non manca il paragone con l’imponente figura di Malcolm de Chazal:

Comme chez Malcolm de Chazal, nous assistons ici encore à interpénétration des vies humaine, animale, végétale. Osmose des êtres et des choses par la magie de la poésie et de l’amour. Et, assez curieusement, A.D. […] rejoint nos poètes cosmiques dans leur élan ascensionnel traduit chez cette dernière par un «élan vert». […] Le verbe qui se fait chaire: «quelque atome oublié subit encore les métamorphoses originelles qui le mèneront jusqu’à la forme d’homme». 27

Uno stile descrittivo che rompe con le convenzioni, libertà dei pensieri e franchezza delle idee, tutti segni particolari dell’opera di una “Lauréate”28.

L’opera: evoluzione della scrittura e reazione dei lettori

L’œuvre d’Ananda Devi se caractérise par son importante contribution à la construction d’une identité de la femme mauricienne. L’auteur[e] traite, dans le plupart de ses récits, des drames humains qui touchent essentiellement des jeunes filles ou de jeunes femmes.29

26 Fonte: encliclopedia Treccani.

27 Paragone portato da J.G., Prosper, Historie de la littérature mauricienne de langue française,

Port-Louis, Édition de l’Océan INdien, 1994, p. 296.

28 Il modo in cui viene chiamata Ananda Devi dall’autore del libro. Ibid, p. 294.

29 Ramharai citatato in J-C- Abada Medjio, Utopie identitaire et traversée des genres dans

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L’opera di Ananda Devi è interamente percorsa da una forte volontà di ricostruire l’identità femminile. Tale ricostruzione, tuttavia, non si riduce a una semplice rivendicazione femminista: ossessionata dalla questione sulla condizione della donna, la scrittura di Ananda Devi non si perde in un femminismo banale, ma crea un universo fittizio abitato da voci, che abitualmente non hanno alcun ruolo nella società: voci completamente emarginate.

I romanzi dell’autrice raccontano instancabilmente i drammi quotidiani di una categoria di donne mauriziane o indiane intrappolate in una vita coniugale che non hanno mai desiderato, in tradizioni ormai antiche e nell’esiguità degli spazi in cui si trovano a vivere. Sottomesse a un ordine sociale che le reifica, optano per la ribellione che, molto spesso, le conduce all’autodistruzione.

Da Ève de ses décombres fino a Les Hommes qui me parlent, diverse sono le caratteristiche che testimoniano i cambiamenti nella scrittura di Ananda Devi.30 Da un punto di vista tematico, la particolarità più grande risiede nelle caratteristiche dei suoi personaggi.

Ève e Savita in Ève de ses décombres sono lo stesso personaggio che si sdoppia, e la somiglianza fisica che le caratterizza ne è la prova: quasi gemelle, condividono la stessa tragicità, ma ognuno segue la propria direzione. Savita vorrebbe cambiare Ève, modificare il percorso della sua vita, ma quest’ultima non vuole essere la ragazza buona e carina. E quando il doppio di un personaggio non riesce a conciliarsi con il suo alter ego accade qualcosa di necessario, un evento quasi catartico che serve a fare in modo che il personaggio, in questo caso Ève, riprenda in mano il proprio destino. Tale evento consiste nella morte di Savita, che rappresenterebbe l’uccisione di una parte di Ève. Lo sdoppiamento si risolve, così, in quest’atto: Ève può cambiare veramente solo quando Savita è morta.

Da un punto di vista linguistico, la tragicità viene raccontata con un linguaggio poetico e non quello tipico dei quartieri delle banlieues come ci si aspetterebbe.

Un altro aspetto fondamentale è la scelta della narrazione in prima persona. Il libro nasce in terza persona, ma l’autrice sente subito la stonatura e decide di

30 I cambiamenti e l’evoluzione della scrittura di Ananda Devi sono descritti in: Ravi S.,

Ananda Devi nous parle de ses romans, de ses personnages, de son écriture, de ses lecteurs, in V. Bragard (a cura di), Écritures mauriciennes au féminin: penser l’altérité, Paris, L’Harmattan, 2011, pp. 271-281.

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cambiare. Si crea così un’alternanza di voci in prima persona e, per rendere chiara quest’alternanza, Ananda Devi decide di mettere il nome del personaggio che parla all’inizio di ogni capitolo. Tuttavia questa strategia sembra non andar bene per Ève, in quanto si presenta in modo non del tutto conforme al suo vero essere, dando così al lettore un’immagine di sé totalmente falsa. Dovendo trovare il modo di raccontare la vera Ève, Ananda si serve della terza persona solo e unicamente in due passaggi del romanzo che vengono contrassegnati in corsivo:

« “Pourquoi dois-je les laisser faire?”, la voix en italique répond, au chapitre suivant, “Par blessure. Par mystère”. Ces parties en italique faisaient partie du texte à la troisième personne et se sont retrouvées dans la version finale du roman comme la seule partie de la narration qui est à la deuxième personne et sans identification».31

Indian Tango è l’esempio di due tipologie di narrazione che si intrecciano: la narrazione alla terza persona e la narrazione interiore che parla della scrittura. Si tratta di una scrittura sulla scrittura. Di fronte a questo “gioco narrativo”, il lettore potrebbe rimanere sconcertato dai cambiamenti di tono, ma lo scopo è proprio quello di giustapporre i due modi di narrare. Questa tattica narrativa permette di portare alla luce la vera essenza del romanzo, vale a dire la scrittura stessa, il rapporto dello scrittore con se stesso, con l’altro e con il personaggio.

Ma la vera evoluzione si ha con Les Hommes qui me parlent. Non si tratta più del romanzo fatto di personaggi e di storie inventate, bensì di un récit autobiografico. Cambia il modo di narrare: l’autrice adesso diventa narratrice e personaggio allo stesso tempo. 32

L’evoluzione dei romanzi rispecchia quella dell’autrice: i personaggi di Ananda Devi cambiano allo stesso modo in cui cambia il suo rapporto con essi. Questa caratteristica è stata il perno dell’evoluzione dei suoi libri, che non esclude un legame con il cambiamento della società avvenuto nel corso degli anni.

31 V., Bragard, S., Ravi, Écritures mauriciennes au féminin : penser l’altérité, cit., p. 273. 32 Questo argomento verrà approfondito nel secondo capitolo.

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Scrivere in francese. Scrivere all’Ȋle Maurice

L’isola di Mauritius è caratterizzata da un ambiente sociale plurilingue33, nel quale il sistema scolastico prevede l’inglese come lingua di insegnamento, mentre il francese resta la lingua privilegiata dell’espressione letteraria e il creolo mauriziano la lingua del commercio.

Pochissimi sono gli scritti di Ananda Devi reperibili in lingua inglese, esiste qualche novella e la riscrittura di Pagli per mano della stessa autrice, pubblicata nel 200734. Tuttavia la lingua predominante resta il francese in quanto la sola, come afferma l’autrice stessa35, in grado di rendere la poeticità della sua scrittura e di stabilire un contatto più forte con l’inconscio. La scelta di scrivere in francese nasce durante l’infanzia, quando Ananda Devi entra in contatto con entrambi le lingue. Tuttavia la scrittrice non riesce a motivare concretamente questa scelta, ma si limita a parlare dell’attrazione nei confronti della musicalità del francese, caratteristica che l’ha resa la lingua ufficiale di tutti i suoi scritti.

Il y eu quelque part, quelque chose qui m’a attiré davantage vers le français puisque quand j’ai commencé, encore toute petite, à écrire des contes, des poèmes et à imiter tout ce que je lisait, c’est en français que je l’ai fait. Donc, c’est une question à laquelle je ne peux pas vraiment répondre mais il devait y avoir quelque part une sensibilité ou quelque chose qui a fait que je me suis reconnue dans le français. En même temps, c’est mon français propre… je me le suis appropriée. La musicalité est très importante quand j’écris. J’entends des sonorités qui s’attirent, qui créent par elles-mêmes des images. 36

E ancora: «La musique de la langue est primordiale dans mon écriture, et je pense que le français est un peu plus proche de la musicalité des langues arabes ou

33 Vedi § 1.

34 Rupa Publishers a New Delhi. 35 Vedi nota 29.

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orientales ou de l’hindi. Il y a quelque chose dans cette langue qui en a fait ma première langue d’émotion».37

Oltre alla particolarità delle scelte linguistiche, un’altra caratteristica importante è l’ambientazione38, che serve a comprendere l’azione delle eroine, costrette a vivere in una società ancora legata a credenze del passato, che le vede in trappola e senza via di fuga.

I mille tabù tipici della società postcoloniale mauriziana, dilaniata dall’accanito sfruttamento capitalista di un paese che si considera in via di sviluppo, e da conflitti sociali violenti per niente astratti da principi religiosi basati sul karma, infatti, sono stati terreno fertile per le imprese delle donne di questi romanzi che, continuamente, sono alla ricerca di sé, dell’emancipazione personale e della conquista di una propria autonomia. Esemplare a tal proposito è la figura di Anjali in Le Voile de Draupadi, che sembra essersi adattata alle norme sociali rispetto alle protagoniste degli altri romanzi, ma che paradossalmente è anche quella che si mostra più critica rispetto a forme rigide di credenze, e riesce a prendere distanze nei confronti della ritualità e dei fanatismi. È l’incarnazione della modernità non tanto perché è colta e consapevole, ma perché riesce a trasformare il tunnel buio della disperazione in cui è intrappolata in un vortice di rabbia da cui trae forza per sfidare l’intera comunità.

Ma parlando di ambientazione, bisogna dire che Ananda Devi non pensa subito al luogo in cui avviene la storia, ma è l’idea di partenza che successivamente lo determina.

Scrittura al femminile all’isola di Mauritius

La littérature féminine francophone souffre d’un certain nombre de handicaps. Le premier d’entre eux est que ce sont le plus souvent des hommes qui définissent les valeurs dans le champ et, comme on le sait, tant

37 Ibidem.

38 Alcuni romanzi sono ambientati in Africa e a Londra, ma Ananda Devi considera migliori

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que l’histoire sera racontée par le lions, les gazelles auront peu de chances de faire entendre leurs voix.39

Michel Beniamino afferma che «tant que l’histoire sera racontée par les lions, les gazelles auront peu de chances de faire entendre leurs voix»”40. Ed è ciò che accade nel panorama della letteratura mauriziana, dove essere donna-scrittrice, su un’isola che ha sempre visto la figura femminile oggetto di desiderio e mai soggetto, e la figura maschile dominatrice, porta con sé tutte le problematiche insite nel genere.41

In un ambiente da sempre dominato dagli uomini anche in ambito letterario, le donne hanno avuto un ruolo marginale e il loro successo è sempre stato il risultato di una lunga ascesa, come nel caso di Ananda Devi. Tuttavia il ruolo delle donne nella letteratura è stato sin da subito fondamentale: sono intervenute, a capo di una grande battaglia, sulla scena politica facendo crollare i cardini tipici della società, che neanche la fine della colonizzazione era riuscita a far decadere.

L’opera di referenza in assoluto, già citata sopra, sulla letteratura mauriziana resta quella di Jean-Georges Prosper. L’intero manuale riporta quasi esclusivamente opere di uomini quali Léoville L’Homme, Hart, Masson e Chazal, mettendo in secondo piano l’attività letteraria delle donne. È anche vero, però, che quando Prosper ha scritto la sua opera, Ananda Devi era ancora poco conosciuta. Tuttavia egli dedica un paragrafo alla scrittrice emergente definendola un’adolescente prodigio e annunciando il suo imminente successo.

L’autore non scarta affatto il lavoro di giovani scrittrici, anzi le menziona scrupolosamente, al contrario di quanto era stato fatto in altri manuali di letteratura. Tuttavia il genere di letteratura che Prosper esalta non è proprio quello di Ananda Devi, bensì una letteratura fatta di eccessivo sentimentalismo che sfocia spesso nel vittimismo e in un’eccessiva dimostrazione del dolore. Stiamo

39 M., Beniamino, Écritures féminines à l’île Maurice: une Rupture postcoloniale ?,

«Nouvelles Études Frnacophones», Printemps 2008, n.1, (XXIII), p.144.

40 Ibidem.

41 Tutto ciò che verrà detto da ora in avanti riguardo la scrittura delle donne, non vuole

assolutamente entrare nella delicata questione dei Gender Studies, ma ha come unico fine quello di far comprendere al lettore la profonda “piaga” dell’autrice : la condizione subalterna delle donne della sua isola. Il rapporto donna (sottomessa) - uomo (dominatore/patriarca) limitato all’ambiente in cui vive.

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parlando di una “littérature de l’excès”, così definita da Beniamino stesso42, caratterizzata dal forte desiderio del piacere e ricca di toni moralizzatori e narcisisti. E della letteratura delle “amazones de poèsie” di cui fanno parte Magda Mamet e Lilian Berthelot, che portano avanti una sorta di rivolta metafisica.

La breve sintesi delle due correnti di pensiero è utile per conoscere il panorama letterario, in linee generiche, all’isola di Mauritius, in cui non si parla di una, ma di più letterature al femminile. In questo panorama, Ananda Devi simbolizza l’emergenza di una nuova letteratura e può essere considerata la madre di nuove voci che avanzano e che scrutano minuziosamente la realtà sociale per rivendicare il posto delle donne in una società violentemente patriarcale, che si nasconde dietro infinite bellezze per il turista di passaggio.

Non è un caso, dunque, se tutte le eroine di Ananda Devi si sentono schiacciate dal peso delle tradizioni. Ed è in questo senso che il viaggio interiore, tipico delle generazioni femminili di un tempo, perde ogni valore metafisico e diventa un vero e proprio problema di tipo ontologico, che viene ora affrontato volgendo lo sguardo all’interiorità e servendosi di elementi sia del naturale che del soprannaturale, vedi Le Voile de Draupadi, L’Arbre-Fouet e Moi l’interdite43. La nuova letteratura, infatti, ha come scopo quello di risolvere il dilemma tra l’esaltazione di strane credenze legate spesso al sovrannaturale e tutte le tensioni che animano la società mauriziana e che tormentano lo scrittore, in questo caso scrittrice e donna, succube di proibizioni che provengono da culture diverse presenti sull’isola. La situazione della donna, in un paese multietnico e multiculturale, è molto più complessa.

Le due figure simbolo di proibizione per una donna-scrittrice sono principalmente il padre e il marito e, anche se con Ananda Devi non assistiamo mai a una vera e propria guerra dei sessi, le donne dei suoi romanzi sono sempre ossessionate da queste due figure. Ciò che passa in primo piano è lo smarrimento che le donne provano di fronte a rivendicazioni che loro stesse non possono accettare, poiché metterebbero in discussione la cultura nella quale sono cresciute e si sono formate. Attraverso la negazione della figura paterna, la donna si impegna nella

42 Beniamino cita Prosper in Écritures féminines à l’île Maurice: une Rupture postcoloniale,

cit., p. 146.

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ricerca di un’identità, passando attraverso il rifiuto di una cultura etnica che fa di lei, a qualsiasi età, un’eterna sottomessa. E al contempo obbliga l’uomo a oltrepassare la paura di vedere la propria posizione di padrone messa in discussione, e di accettare una nuova identità non dominatrice. I disequilibri nella famiglia, che si tratti del rapporto tra padre e figlia o di quello tra marito e moglie, sono terreno fertile per questa nuova generazione, sempre alla ricerca di un’identità e della felicità, e che vuole andare oltre i cliché di una cultura ormai superata.

Le eroine di Ananda Devi, sin da piccole, devono affrontare la loro inferiorità, a partire da un padre che avrebbe voluto un figlio maschio a cui lasciare tutta l’eredità. Così crescono nell’indifferenza, con una figura paterna che le relega in una relazione interpersonale tra due soggetti adulti. Nella vita di coppia, poi, saranno sempre spose private dell’amore di un marito, che a sua volta reincarna la figura del padre e, dal punto di vista sessuale, vedranno il loro corpo usato come fosse merce di scambio. Saranno violate nell’intimità, violenza che ricorderà sempre quella dei rapporti coloniali, come afferma lo stesso Michel Beniamino: «Le viol, il faut le rappeler, est la métaphore majeure de l’acte colonisateur».44

I personaggi di Ananda Devi non riescono e non possono superare questa relazione di sottomissione in modo pacifico, così rispondono alla violenza con altrettanta violenza, che però si rivela autodistruttiva e finisce sempre per condurli alla morte. Il violento dialogo con il padre e il marito costituisce una ricerca simbolica di identità che deve essere costruita su nuovi valori condivisi e non imposti.

È necessario tenere in considerazione lo spazio di scrittura dell’autrice; Ananda Devi, infatti, è il prototipo della nuova generazione letteraria di scrittrici dell’oceano indiano che tuttavia vive in Francia. Questo aspetto è sempre stato problematico in quanto implica l’esclusione dall’ambiente letterario locale. Ciò nonostante una posizione “esterna” all’isola e le continue visite le permettono di acquisire grande visibilità sulla scena letteraria mondiale.

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L’alterità nella letteratura al femminile dell’isola di Mauritius

En allant vers l’Autre, cet ailleurs que Devi subvertit tout en se laissant entraîner par lui, l’œuvre romanesque de Devi va vers le monde, vers sa diversité et son avenir.45

Un’altra conseguenza della convivenza, all’isola di Mauritius, di etnie differenti, è la debolezza del concetto di identità. Indiani, europei, africani, creoli, cinesi, mettono quotidianamente a confronto le loro differenze culturali generando il fenomeno della multiculturalità. Gli scambi interpersonali e sociali con tutte le loro differenze, sia dal punto di vista sessuale, raziale che culturale, sono fonte di una varietà di posizioni etiche e politiche: il concetto di identità viene messo in discussione e si assiste alla nascita della figura dell’Altro.

L’Altro è il subalterno, l’enigma, l’alter ego e la minaccia. I romanzi di Ananda Devi rivelano l’Altro in ogni individuo; la parte tenera, ribelle e istintiva di ognuno di noi che cerchiamo di comprendere e della quale, a volte, vorremmo liberarci.

L’apertura all’alterità avviene su due fronti: quello dell’emigrazione e quello dell’ambiente familiare. L’autrice stessa è emigrata in Europa per intraprendere gli studi di antropologia46. Si è auto-esiliata in un paese che non era il suo, portando con sé usi e costumi della propria isola, così come hanno fatto le tante popolazioni che abitano l’isola di Mauritius. Con il termine “esilio”, Eileen Lohka, nel suo articolo Repenser les catégorisations de l’écriture47, indica un luogo privilegiato, un “en dedans et au delà”48, che fa sì che l’esiliato o l’emigrato, in qualità di depositario della coscienza collettiva delle proprie origini, possa vantare la distanza che gli consente di mettere in discussione il posto in cui è nato e di trattare temi considerati tabù nel paese natale.

45 V., Bragard, S., Ravi, Écritures mauriciennes au féminin: penser l’altérité, cit., p. 13. 46 Cfr. § 1.

47 In V.,Bragard, (a cura di), Écritures mauriciennes au feminin: pernser l’altérité, cit., p. 23. 48 Ibid., p. 22.

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È quanto accade ad Ananda Devi che non accetta passivamente ciò che ha ereditato dalla sua cultura, ma descrive con tanta amarezza una comunità di donne chiusa in se stessa, succube della violenza e dell’egemonia degli uomini.

Si tratta di giovani donne, per le quali la vita si riassume in una lotta incessante tra identità e alterità, che nel tentativo disperato di risolvere i loro problemi finiscono per contraddirsi facendosi del male. Per poter entrare nei dettagli di questa lotta, che spiega approfonditamente quanto annunciato, è importante mettere in evidenza due concetti fondamentali, che sono il perno di tutta l’opera dell’autrice: le Même e l’Autre49.

Il sé corrisponde alla figura della narratrice e l’Altro incarna la figura del padre, del marito e dell’amante. Per la narratrice, il padre e il marito sono, come annunciato in precedenza, ostacoli che compromettono l’equilibrio del suo Io50, e che le impediscono di essere se stessa, laddove l’amante è visto come ausiliare in quanto l’unico in grado di aiutarla a riconquistare la sua identità.

I personaggi sono Sé e Altro poiché vittime dell’ambiente familiare, e questo accade nel momento in cui constatano che la visione che hanno della vita non corrisponde né a quella del padre, né tantomeno a quella del marito, che non mostra nessun interesse o che addirittura, come nel caso di Pagli ha abusato di lei prima della loro unione51. A questo punto la scelta è una sola: mettersi in disparte e allontanarsi dalla famiglia, per intraprendere una lotta contro tutti e ritrovare la propria personalità.

La famiglia è la chiave di tutti i romanzi dell’autrice: ogni atteggiamento dei personaggi è, infatti, il risultato di ciò che hanno vissuto durante l’infanzia. Secondo Issur52, «il existe un dérèglement psychique des individus parce que la cellule familiale ne remplit pas ses fonctions en tant que lieu d’encadrement et d’amour». Per queste ragioni, la donna, che in famiglia è costretta a comportarsi in maniera totalmente opposta al suo modo di essere, si realizza solo e unicamente

49 Ramharai V., Problématique de l’Autre et du Même dans l’œuvre romanesque d’Ananda

Devi, in Ibid. p. 61.

50 Traduzione mia di Moi, in Ibidem.

51 A metà del romanzo, la narratrice rivela che l’uomo che ha sposato è in realtà un suo cugino

che aveva abusato di lei quando era ancora una bambina.

52 Citato da V., Ramharai, Problématique de l’Autre et du Même dans l’œuvre romanesque

d’Ananda Devi, in V., Bragard (a cura di), Écritures mauriciennes au féminin: penser l’altérité, cit., p. 61.

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nella trasgressione: diventa Altro e riprende possesso della propria identità tornando a essere se stessa.

La problematica dell’identità nell’ambiente familiare deve essere analizzata seguendo l’asse bambina-adolescente-donna, sulla base di teorie riguardanti il nome. Infatti, il nome che i genitori danno alla loro figlia stabilisce, sin dal principio, la sua personalità e la complessità del percorso che dovrà intraprendere. Questa credenza è molto diffusa, soprattutto in culture come quella indiana, e l’autrice stessa afferma che: «Il ne me manquait qu’un arbre de sagesse et la patience de méditer pendant cent ans pour recevoir l’illumination et devenir ce disciple de Bouddha dont je portais le nom».53

Il repertorio dei nomi presenti nell’intera opera di Ananda Devi54 spiega il percorso di ciascun personaggio femminile e il passaggio dal Sé all’Altro. Il nome instaura una duplice relazione in rapporto alla sua persona al punto che, colei che lo porta deve intraprendere una lotta per costruire la propria identità. La donna, dunque, è intrappolata nel suo nome e nello status di donna all’interno della famiglia.

«Je suis offerte à la parole des hommes. Parce que je suis femme».55

Con questa citazione passiamo all’altro asse sul quale si costruisce l’opera di Ananda Devi, vale a dire la relazione con il marito e l’amante.

Insieme al padre, il marito rappresenta un ostacolo per l’identità della donna. Pur non comparendo quasi mai simultaneamente nello stesso romanzo, hanno un ruolo

53 A. Devi, Les Hommes qui me parlent, cit., p. 33. Il nome Ananda significa beatitudine. Si

tratta del custode del Dharma, discepolo e cugino di Guatana Buddha. (Fonte Treccani). Sottolineatura mia.

54 Ramharai, nell’articolo sopra citato, fa l’elenco dei nomi di quattro romanzi dell’autrice,

spiegandone il significato. Prendendo in analisi Rue la Poudrière, L’Arbre fouet, Le Voile de Draupadi e Pagli afferma: “Dans Rue la Poudrière, le nom de Paule, nom communément masculin, est féminisé pour mieux marquer la jonction entre le désir des parents d’avoir un fils et la fille qui est née. Ce choix du prénom est une négation de la fille; à travers ce prénom les parents installent la présence de l’Autre qui n’est pas là. Dans L’Arbre fouet, Aeena, mot hindi qui signifie “miroir”, renvoie à un miroir déformant; Aeena ne voit pas son image dans ce miroir mais celle d’une autre qui a existé dans une vie antérieure, Dévika qui dans le roman est une parricide. Anjali ne signifie pas que “prière masi aussi “l’offrande” qu’un(e) fidèle offre lors d’un cérémonie religieuse hindoue; […] Dans Pagli Daya veut dire “compassion” ou “pitié” mais elle n’en bénéficie pas beaucoup de la part des autres car elle est désignée par le nom de “pagli” signifiant “folle” pour la diminuer auprès des siens et au sein de la communauté à cause de son infidélité.”, (in Bragard V., 2011, p. 63).

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quasi identico: far dubitare la donna/moglie della sua identità. Molto spesso, padre e marito non hanno nomi, in quanto la narratrice rifiuta di dar loro un’identità. In tutti i suoi romanzi, l’autrice rappresenta la coppia o la famiglia come “istituzioni” già disintegrate ancor prima dell’arrivo di un ipotetico amante, che aiuterà la donna a portare avanti la sua rivolta, senza essere il primo né l’unico responsabile della distruzione della coppia.

Tuttavia, la rivolta portata avanti dalle donne dei suoi romanzi si conclude con uno status quo. Alla fine di ogni romanzo, il personaggio femminile si sente oppresso o dalla morte o dalla tristezza; l’allontanamento dalla famiglia per vivere in solitudine non reca giovamento, anzi è considerato scandaloso, in quanto comporta un disordine sociale. È solo attraverso la morte, e quindi il sacrificio di sé, che l’ordine può tornare a regnare sovrano.

Per mezzo del sacrificio, alla fine di tutto, il personaggio femminile conquista la propria libertà. Ogni donna che popola i romanzi di Ananda Devi preferisce vivere isolata e rinchiusa in una gabbia (vedi Pagli), piuttosto che vivere in un ambiente familiare che la soffoca. Molto spesso, infatti, queste donne riescono a vivere la loro libertà solo nei sogni o attraverso la morte.

La problematica del Soi e del Même si spinge all’estremo quando si arriva a una vera e propria metamorfosi, ovvero il passaggio dall’essere umano all’essere animale.

Travail d’insecte qui devait résolument atteindre un lieu de paix où il pourrait dormir ou mourir. J’ai bossé. Je me suis obstinée. Labeur de patience. Ni araignée ni mante religieuse: ver à soie. Un ver qui s’est nourri de sa propre chair […]».56

Pertanto la perdita della femminilità non equivale alla perdita della condizione umana. Il desiderio di allontanarsi dal mondo degli umani, per assumere volontariamente un aspetto animalesco, costituisce una rivolta contro i codici delle norme sociali. La donna, che vuole ritrovare la sua identità ed essere se stessa, ha un’unica possibilità: diventare altro, che sia attraverso l’allontanamento dall’ambiente familiare, la morte o la metamorfosi.

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Capitolo secondo

Il testo: Les Hommes qui me parlent rappresenta una rottura?

Dopo aver illustrato l’attività di scrittrice di Ananda Devi, prendendo in esame l’opera nella sua interezza, passiamo all’analisi del racconto57 autobiografico su cui si basa tutto l’elaborato: Les Hommes qui me parlent.

In questo capitolo verranno trattate e analizzate le caratteristiche e le tematiche principali del testo, prendendo in considerazione le ipotesi secondo le quali esso rappresenta una rottura nella carriera della scrittrice.

Tuttavia, prima di passare all’analisi specifica, è necessario spiegare perché il testo di Ananda Devi è un racconto e non un romanzo. Per fare ciò, ci basiamo sullo studio di Genette, Figure III. Discorso del racconto.

In particolare, nell’introduzione, Genette ci dà tra definizioni di racconto. La prima, più recente, secondo la quale quest’ultimo designa l’enunciato narrativo, il discorso orale o scritto che assume la relazione di un avvenimento, o di una serie di avvenimenti; la seconda, meno diffusa ma ancora corrente fra analisti e teorici del contenuto narrativo, designa la successione di avvenimenti, reali o fittizi, che formano l’oggetto di questo discorso, e le loro varie relazioni di concatenamento, opposizione e ripetizione; la terza e ultima, apparentemente più antica, designa ancora una volta un avvenimento: non più l’avvenimento narrato, bensì quello consistente nel fatto che qualcuno racconta qualcosa: l’atto di narrare in sé stesso.58

Dopo aver dato la definizione di “racconto”, Genette, passa allo studio delle relazioni tra racconto e storia, racconto e narrazione, storia e narrazione. Prende quindi in considerazione la suddivisione proposta nel 1966 da Tzvetan Todorov59, che classificava i problemi del racconto in tra categorie: quella del tempo, in cui si

57 Récit in francese.

58 G., Genette, Figure III. Discorso del racconto, Torino, «Piccola biblioteca Einaudi», 1999,

p. 73-74.

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esprime il rapporto fra il tempo della storia e quello del discorso; quella dell’aspetto, il modo in cui la storia viene percepita dal narratore; e quella del modo, ovvero il tipo di discorso utilizzato dal narratore.

Sulla base di queste nozioni, possiamo affermare che il testo di Ananda Devi rientra appieno nel genere: si tratta di un discorso, in questo caso scritto, che presenta anche alcune caratteristiche dell’oralità60, che racconta alcuni avvenimenti e le cause che li hanno scatenati. In secondo luogo si instaurano tutte quelle relazioni di cui parla Genette: il tempo della storia e il tempo del racconto, in questo caso coincidono (tempo); l’autrice esprime sempre il modo in cui percepisce la storia (aspetto); per quanto riguarda l’ultima caratteristica, il modo, il testo di Ananda Devi presenta delle particolarità, in quanto non si tratta soltanto di un racconto, bensì di un racconto autobiografico.

Possiamo effettivamente narrare più o meno quel che narriamo, e narrarlo secondo vari punti di vista; la nostra categoria del modo narrativo si riferisce precisamente a una simile capacità, e alle modalità del suo esercizio: la « rappresentazione», o più esattamente l’informazione narrativa, ha i suoi gradi; il racconto può fornire al lettore maggiori o minori particolari […] e sembrare così […] a più o meno grande distanza da quel che esso racconta.61

La particolarità del racconto autobiografico risiede nel modo diverso in cui viene percepita la distanza.62 In questo caso, infatti, il lettore non percepisce, direttamente, l’azione filtrata attraverso la coscienza di un determinato

60 L’oralità nel testo di Ananda Devi è dettata da diverse particolarità quali la punteggiatura che

non rispetta propriamente le regole di interpunzione, la mancanza, spesso e volentieri, delle maiuscole dopo un punto, l’assenza di interpunzione per i dialoghi ecc. Caratteristiche che verranno analizzate approfonditamente nel commento traduttologico.

61 G., Genette, op., cit., p. 208-209.

62 Il problema della distanza è stato affrontato per la prima volta da Platone nel III libro della

Repubblica. Platone oppone due modi narrativi, a seconda che il poeta «parli a suo nome, senza cercare di farci credere che sia un altro a parlare» (procedimento chiamato da Platone racconto puro), o che, al contrario, «si sforzi in tutti i modi di darci l’illusione che non è Omero a parlare», bensì un qualche personaggio, se si tratta di parole pronunciate: è quel che Platone chiama imitazione in senso proprio, o mimesi. (Genette, Ibidem).

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personaggio, come afferma Friedman63, ma percepisce la distanza connessa alla narrazione retrospettiva in prima persona.64

Illustriamo adesso le generalità e le specificità, nonché le caratteristiche tematiche del testo.

La pubblicazione di Les Hommes qui me parlent nel 2011, considerato dall’autrice stessa una sorta di diario, e appartenente al genere dell’autobiografia, lascerebbe pensare a una rottura per eccellenza. Infatti, rispetto ai romanzi precedenti, come Ève de ses décombre, Indian Tango o Le Sari Vert, potremmo chiederci che cosa rappresenta effettivamente questo racconto a cavallo di tutta l’opera di Ananda Devi, e se bisogna considerarlo una nuova tappa o la continuazione di una scrittura che ha come caratteristica principale l’oser tout dire.65

Si tratta, dunque, di analizzare a fondo l’intero processo di scrittura e chiedersi se da parte dell’autrice ci sia stato o meno un cambiamento in rapporto al testo e al lettore.

Effettivamente un’evoluzione c’è stata: Les Hommes qui me parlent appare, dal punto di vista strutturale, un’opera autobiografica, in cui l’autrice parla di sé e rivela al lettore la propria intimità. Allo stesso tempo, esso racchiude le tematiche e le particolarità dei romanzi precedenti quali i sentimenti contrastanti, la

63 Citato da Genette, p. 215.

64 A tale proposito, Genette cita Mendilow per dimostrare la pretesa debolezza del racconto

autobiografico : «Contrariamente a quel che si potrebbe credere, il romanzo in prima persona arriva raramente a dare l’illusione della presenza e dell’immediatezza. Invece di facilitare l’identificazione del lettore col protagonista, tende ad apparire lontano nel tempo. L’essenza di un romanzo del genere è di essere retrospettivo, di stabilire una distanza temporale riconosciuta fra il tempo della storia (quello dei fatti che si sono realizzati) e il tempo reale del narratore, il momento cioè in cui quest’ultimo racconta tali avvenimenti. Esiste una differenza capitale, fra un racconto che parte dal passato per procedere in avanti, come nel romanzo in terza persona, e un racconto che parte dal presente e si dirige indietro, verso il passato, come nel romanzo in prima persona. Nel primo, abbiamo l’illusione che l’azione si stia svolgendo; nel secondo, l’azione viene captata come già avvenuta». Ibidem.

65Ananda Devi, Entretien, http://www.lemauricien.com/article/ananda-devi-ecrivain%C2%A0-«%C2%A0il-y-scission-moi-meme%C2%A0-mes-livres-j’ose-tout%C2%A0» (le Mauricien.com).

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violenza, la frammentazione e l’éclatement66 tipico delle protagoniste femminili dell’intera opera della scrittrice.67

Per iniziare, serviamoci della definizione che la stessa Ananda ci dà del testo:

C’est le bilan d’un demi-siècle d’existence. Insuffisant. Insipide. Une vie mensongère qui pense avoir une quelconque valeur à cause de la douzaine de livres rangés sur les étagères, une sorte d’acte d’immortalité factice et narcissique. Peut-être même un acte d’immoralité. Une façade de vie, en tout cas, un soi larvé enroulé dans son cocon vide. J’écris à propos d’une souffrance, mais de quelle souffrance aurai-je été éclaboussée? Celle d’une lacune et d’une absence; celle d’un manquement à moi-même et aux miens.68

È Ananda Devi che parla di Ananda Devi e questa volta senza far ricorso alle maschere che ha sempre indossato con tanta astuzia, ingannando il lettore che l’ha cercata invano dentro ogni personaggio, nell’innamorata e pazza Pagli, nella liceale enigmatica Ève, nello scrittore di Indian Tango; quello stesso lettore che, arrivato all’ultima pagina di ogni romanzo, si è arreso come il giornalista dell’intervista in occasione della pubblicazione di Moi l’interdite, che non ha esitato a dire: «non, évidement –la narratrice avait un bec-de-lièvre».69

Évidemment, elles ne sont pas moi, toutes ces femmes qui me ressemblent comme deux gouttes d’eau. Paule, Pagli, Anjali, l’écrivain sans nom d’Indian Tango, non, non, elles ne sont pas moi. Je leur ai juste donné un peu de ma tête, de mon cœur, de mon esprit, de mon âme, et surtout de mon corps. Je leur ai juste un peu tout donné et tout pris. / […] L’écrivain d’Indian Tango, en l’occurrence moi, était prête à s’agenouiller devant elle, lui offrir le plaisir du premier orgasme et ne rien lui demander en retour, sauf de s’envoler après. / J’aurais voulu pouvoir faire de même avec moi. Que l’écrivain en moi m’offre ce plaisir et me permette de partir. Je n’ai pas comme Subhandra, perdu l’habitude de mon corps ni la sensation du

66 Il termine viene usato da Cazenave per indicare l’atteggiamento “trasgressivo” dei

personaggi femminili di Ananda Devi. Ho scelto di lasciare il termine in francese in quanto non ho trovato alcuna traduzione adatta in grado di rendere il significato.

67 O., Cazenave, Les Hommes qui me parlent d’Ananda Devi. Un nouvel espace pour se dire?,

«Nouvelles Etudes Francophones», Automne 2013, (XXVIII), n2, pp. 39-50.

68 A., Devi, Les Hommes qui me parlent, cit., p. 17.

69 Il giornalista usa una caratteristica fisica della protagonista di Moi l’interdite, quindi il labbro

leporino, come elemento chiave per affermare che non si tratta di un personaggio autobiografico in quanto presenta un difetto fisico che l’autrice non ha.

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plaisir retrouvé du désir. Mais les cordes qui m’attachent sont tout aussi fortes et m’empêchent de lui donner tous les droits. 70

Il rinnovamento del rapporto tra il lettore e il testo è espresso da una particolarità: l’autrice parla direttamente al lettore e usa il testo come testimonianza di tutta la sua opera e, forse, anche di tutta la sua vita. Ed è proprio nel rinnovato rapporto tra lettore e testo che bisogna intravedere la rottura con le opere precedenti.

Les Hommes qui me parlent mette al centro la problematica della creazione, del rapporto che la scrittrice ha con il testo e del potere che quest’ultimo esercita, a sua volta, su di lei. Non c’è più il racconto della storia di una personaggio fittizio. Già dall’incipit, lo ricordiamo, Ananda Devi si presenta in prima persona: «Je suis offerte à la parole des hommes. Parce que je suis femme.»71. I personaggi femminili dei romanzi precedenti, la loro ribellione e la loro sofferenza vengono quindi sostituiti da un’unica figura, quella dell’autrice che questa volta parla di se stessa.

Subito dopo la cruda affermazione iniziale, che sottolinea la freddezza e la durezza degli uomini, il racconto si porta avanti con continue domande che l’autrice fa a se stessa e al lettore. La prima di queste è: «Puis-je changer de sexe et de corps?»72, che esprime violenza anche nei propositi della narratrice stessa. In tutto il testo c’è una forte volontà di ferire e umiliare attraverso le parole. Tale volontà deriva da un’azione ben precisa degli uomini: aver creato la persona che sta scrivendo: «Je ne fais que reprendre le miroir qu’ils m’ont présenté, qui m’a inventée».73

Di fronte alla violenza, alla prigionia familiare e coniugale, al rifiuto del sesso vissuto anch’esso come prigione, Ananda Devi fa appello al potere della scrittura, nella speranza che questa la salvi dalla monotonia del quotidiano che la soffoca.

70 Ibid. p. 54-55. L’autrice si difende dall’affermazione del giornalista usando una litote. È

chiaro che vuol far capire al lettore che, al contrario di ciò che si pensa, tutte le donne dei suoi romanzi altro non sono che personaggi autobiografici.

71 Ibid., p. 11. La citazione è già stata usata nel primo capitolo, ma va necessariamente ripresa

in quanto chiave di lettura di tutto il testo: l’autrice si presenta usando il pronome soggetto di prima persona: “Je”.

72 Ibidem 73 Ibid., p. 69.

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Attraverso il corpo e la violenza dello sguardo – quella dello specchio di fronte al quale si trova e che le rimanda sempre un’immagine sgraziata – l’autrice si mostra in tutte le sue sembianze e stati d’animo: debolezza, paura e impotenza nella scrittura. Quest’ultima la condurrà verso l’alcol e l’istinto suicida, verso l’Autre che le consentirà di riprendere possesso della sua identità e ritornare a essere se stessa.74

Chiamando all’appello tutti i personaggi dei romanzi precedenti, e mettendo a confronto la giovinezza (tornando con la mente a quando aveva quindici anni) con l’età adulta (la donna di cinquantatré anni, autrice del libro), Ananda Devi riesce a sondare i meandri della sua vita e a trasgredire le regole dell’universo familiare in cui è imprigionata.75 La rievocazione della ragazzina di quindici anni avviene proprio nel momento in cui la narratrice è pervasa dall’istinto suicida: avvertendo il peso della vecchiaia ormai vicina, si sente soffocare dall’angoscia che ne deriva e dunque decide di uccidere l’adolescente, che ricorda molto i personaggi dei romanzi precedenti, Savita di Rue la Poudrière ed Ève.

Immersa in un oceano di angosce e di paure, l’unico appiglio, l’unica ancora di salvezza è rappresentata dalla scrittura, questa «douloureuse excuse»76, che le permette di scappare dalla prigione in cui è stata rinchiusa.

Tuttavia, la scrittura che la salva da questo oceano di preoccupazioni chiede il conto, divenendo sempre più esigente. Il testo diventa un diario personale, una specie di monologo interiore, un’inserzione di corrispondenze con l’amico scrittore l’Ange Noir: frammenti che mostrano il grado di esigenza di quest’altro specchio, un alter ego, che stimola e spinge all’estremo la passione per la scrittura.77

La scrittura di Ananda Devi nasce da interrogativi, angosce e paura del fallimento; è una scrittura che si interroga sulla scrittura stessa, sull’atto della creazione e non si limita a trattare la realtà di tutti i giorni. Ananda percepisce intensamente l’atto della scrittura, lo sente e lo tocca attraverso il rumore delle dita sulla tastiera, lo vede sullo schermo che ha di fronte e che diventa il suo vero specchio. Si parla di

74 Cfr. § L’alterità nella letteratura al femminile dell’isola di Mauritius, cap. 1. 75 O., Cazenave, Les Hommes qui me parlent d’Ananda Devi, cit., p. 46. 76 A., Devi, op., cit., p.21.

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realtà della creazione, la sua realtà, quella che la conduce a un punto di non ritorno: abbandonare la scrittura.

Mais là soudain, j’ai peur. J’essaie de me délivrer du moi physique qui pianote sur le clavier d’ordianateur. Mais en m’abanonnant de la sorte, je commence à faire des fautes d’rothotgarphes. Cela ne m’arrivait jamais avat. Dans cette seule phrase, tout estmélangé. Je perds l’espir. Jd nd xuix pluylmoi. Une autre quiise oque et s,arr et, e dot qu’au mnpoms ea, […] / Voiclà cequ 0 ècrirait lea speudo. / Un sac d’inanités.78

La citazione sopra riportata descrive lo stato di confusione in cui si ritrova la narratrice, quando improvvisamente la scrittura prende il sopravvento, impossessandosi del controllo della tastiera e facendole commettere errori di ortografia, che invadono il testo contro la sua volontà.79 Il fatto stesso di infrangere le regole della forma, di cambiare registro, di inserire parolacce o passare dal francese all’inglese80 è un modo per addentrarsi nell’Io, negli abissi della personalità.

La vera forza del testo deriva dalla poetica della disperazione e del dolore. Nei paragrafi successivi ci inoltreremo nell’analisi del testo, che ci aiuterà a comprendere il pensiero dell’autrice, e per fare ciò è importante tenere a mente che Les Hommes qui me parlent non vuole essere solo la ricostruzione di una vita o la rievocazione di ricordi:

Ananda Devi s’est tellement dévoilée dans ce livre que maintenant plus qu’auparavant, ses lectrices et lecteurs la liront en se demandant qui elle est réellement, car Les hommes qui me parlent l’habillent d’une nudité plus imperméable qu’un sari à l’illusoire transparence. […] avec Les Hommes qui me parlent, c’est l’évidence de l’autobiographie qui devient voile, alors que, plus de doute, l’auteur a tombé le sari, sommée, indirectement, de le faire par l’un de ses fils qui, avec la lucidité à laquelle on atteint au cours des provisoires descentes aux enfers (Sami Tchak, A propos du dernier récit d’Ananda Devi, Les Hommes qui me parlent). 81

78 A., Devi, Les Hommes qui me parlent, cit., p. 143-144.

79 O., Cazenave, Les Hommes qui me parlent d’Ananda Devi, cit., p. 48.

80 Esempio di passaggio dal francese all’inglese e dell’uso di parolacce : « FUCK !!! FUCK

YOU ALL !!! » (p.49). Turpiloquio con cui l’autrice, in un momento di rabbia, si rivolge ai suoi genitori.

81 Fonte: culturel Sud. < http://echoculture.org/2011/12/23/a-propos-du-dernier-recit-dananda-devi-les-hommes-qui-me-parlent/>.

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I molteplici esseri che abitano lo scrittore: l’atto della narrazione

J’avance dans cette introspection avec une sorte de dégoût, tant j’ai peur de la facilité qui guette tout inconscient s’aventurant dans ces eaux-là. Tout livre un tant soit peut autobiographique exige de soi encore plus d’attention et de précision. Ne pas sombrer dans la vacuité, dans l’ordinaire, dans la contemplation du nombril ; ne pas faire du livre un miroir embellissant mais au contraire le plus glacial des regards, et le plus inflexible. Si je me mets ainsi en avant, ce n’est pas pour faire de moi une héroïne. […] La seule raison est que je suis devenue un sujet, alors que j’ai toujours tenté de m’éviter. Un sujet à observer froidement au microscope et à disséquer au scalpel. 82

«Racconto retrospettivo in prosa che una persona reale fa della propria esistenza, quando mette l’accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della sua personalità», spiega Philippe Lejeune ne Il patto autobiografico83, uno studio sulle definizioni e le caratteristiche dell’autobiografia, genere tanto discusso dalla critica letteraria, che ha sollevato non poche questioni. E pare sia proprio il caso del racconto autobiografico di Ananda Devi, in cui l’autrice narra esperienze della sua vita presente e passata, correlate a riflessioni sulla sua personalità, sui problemi che l’hanno spinta verso un’attenta analisi di tutto ciò che l’affligge e le reca disagio e profondo dolore.

L’atto del narrare consiste nella rappresentazione di un universo in un determinato spazio e in un lasso di tempo; ma quando si parla di atto narrativo non bisogna soffermarsi solo ed esclusivamente sulla costruzione nel senso strutturale del termine, ma occorre guardare ciò che accade durante la narrazione: una nuova costruzione della coscienza, emersa in seguito all’avvento della psicoanalisi, del post strutturalismo e del decostruzionismo nel ventesimo secolo. Ed proprio sulla potenzialità della narrazione, nella creazione di una o più coscienze, che bisogna soffermarsi nel caso di Ananda Devi. Raccontarsi, parlare

82 A., Devi, Les Hommes qui me parlent, cit., p. 176-177.

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