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Un viaggio tra fantasia e mistero nella letteratura per bambini e ragazzi Traduzione di capitoli scelti di Operation Bunny di Sally Gardner ?e Ketchup Clouds di Annabel Pitcher?

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Alle persone che amo e che mi amano. E ai bambini.

Dedicherò questo libro al bambino che questa persona grande è stato. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)

(2)

i

Indice

I

NTRODUZIONE

...

1

1

Prima parte La letteratura per l’infanzia...

3

1. Primi aspetti riguardanti la letteratura per bambini

...

4

1.1 Difficoltà di definizione

...

5 5 1.2 Un po’ di storia

...

7 7 2.

Il rapporto con l’adulto

...

19

2.1 Asimmetria

...

19

2.2 Scrivere per bambini

...

22

2.3 L’importanza della lettura: obbligo o piacere?.

...

.32

3. Dicotomia tra realismo e fantasia

...

47 47 3.1 Differenza tra fiaba e fantasy

...

52 52 3.1.1 La fiaba

...

53 53 3.1.2 Il fantasy

...

59 59 3.2 Tematiche principali

...

60 60 3.2.1 Il viaggio

...

60 60 3.2.2 La lotta tra bene e male

...

62 62 3.2.3 L’Altrove

...

63 63 3.2.4 La morte

...

64 64 3.3 Nuovi problemi nella letteratura per adolescenti

...

67

4. Il ruolo delle immagini

...

72

(3)

ii

Seconda parte Traduzione e commento di capitoli scelti di

Operation Bunny (di Sally Gardner) e Ketchup Clouds (di

Annabel Pitcher)

...

79 79

5. Tradurre per bambini e ragazzi

...

80

5.1 Problemi traduttivi principali

...

84

5.1.1 Il linguaggio creativo

...

84  Le onomatopee

...

90  I giochi di parole

...

92  Umorismo e ironia

...

96 5.1.2 I riferimenti culturali

...

102  Il cibo

...

102  I nomi

...

103  Altri riferimenti

...

105 5.1.3 L’allocuzione

...

106 5.1.4 Oralità e colloquialità

...

108  Il turpiloquio

...

109

5.1.5 Altre questioni traduttive

...

111

* Traduzione di Operation Bunny

...

113

* Traduzione di Ketchup Clouds

...

158

C

ONCLUSIONI

...

238

(4)

1

Introduzione

La nascita di questa tesi ha origine dal profondo interesse di chi scrive per l’infanzia. Tutti noi siamo stati bambini, e crescendo, rimane un senso di nostalgia per quel periodo solitamente felice. Ho scelto perciò di avventurarmi nella traduzione di due testi appartenenti all’ambito della narrativa infantile, uno con destinatari adolescenti e l’altro diretto a bambini più piccoli.

Prima di tutto ho esplorato la letteratura per bambini dal punto di vista critico, soffermandomi sulla difficoltà di trovare una definizione adatta e raccontandone la breve storia. Ho analizzato il difficile rapporto con gli adulti che sta alla base dei libri per bambini, dall’asimmetria (la scelta, la scrittura e la diffusione di questi testi è affidata agli adulti nonostante i riceventi siano bambini) al metodo di scrittura utilizzato, fino all’opposizione tra la lettura vista come obbligo e quella vista come piacere, mostrando i diversi punti di vista degli adulti, autori, critici e pedagogisti. Ho poi trattato la dicotomia principale che sottostà ai libri per l’infanzia, ovvero quella tra realismo e fantasia, che si riflette anche nella scelta dei testi che ho tradotto: entrambi sono intrisi di mistero, ma uno tratta questo tema attraverso la magia, mentre l’altro esplora la realtà. Ho anche approfondito alcune tematiche principali, come il viaggio e la morte, e ho messo in evidenza le problematiche relative alla letteratura per adolescenti, un fenomeno abbastanza recente che tratta delle nuove situazioni a cui è sottoposto un ragazzo. Infine ho indagato l’importanza delle immagini, che spesso non sono solo una cornice, ma esprimono una propria interpretazione del testo.

Nella seconda parte ho invece sviluppato il tema della traduzione per bambini e ragazzi, evidenziandone le peculiarità e considerando i problemi principali in cui si può incorrere durante il processo traduttivo, facendo riferimento ai due testi su cui ho lavorato. Il primo, Operation Bunny, è una storia di mistero e magia, rivolta a bambini dai sette ai dodici anni, che ha per protagonista un’orfanella e un grosso gatto parlante, il cui modo di esprimersi è alquanto singolare: l’autrice gioca infatti su frasi fatte e locuzioni idiomatiche

(5)

2

modificandole con termini che attingono dall’ambito felino. Ketchup Clouds è invece un testo adolescenziale, sotto forma di epistolario, che tratta con ironia e umorismo temi molto delicati, quali la morte, l’omicidio, la pena di morte, i problemi tra i genitori, raccontati attraverso una narrazione che si avvicina all’oralità. Il tutto è condito da un’aurea di mistero che pervade ogni pagina e che attrae il lettore fino alla rivelazione finale.

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3

Prima parte

(7)

4

1. Primi aspetti riguardanti la

letteratura per bambini

For both adults and children it [children’s literature] serves the purpose that ‘literature’ is frequently claimed to serve: it absorbs, it possesses, and is possessed.

Peter Hunt1

La letteratura per l’infanzia attrae giudizi, critiche, bambini, adulti, e il suo pubblico sembra essere in continua espansione. È un’area di studio che sta uscendo da quella marginalità che l’ha caratterizzata per molto tempo. Questa marginalità è stata forse dovuta al fatto che non se n’è riconosciuta la complessità, tanto che Emy Beseghi e Giorgia Grilli hanno evidenziato il paradosso che la caratterizza: questa letteratura “occupa spazi sempre più ampi nelle librerie ma è inspiegabilmente ‘invisibile’ negli scaffali della critica”2

, probabilmente perché “considerata a torto minore”3

. Sicuramente il successo di alcuni romanzi, per esempio Harry Potter di J. K. Rowling, è stato un valido aiuto in questo senso. Infatti, come afferma la traduttrice Simona Mambrini, la fama di questo (e altri) best-seller “ha contribuito ad attirare l’interesse tanto del pubblico generale quanto degli studi specialistici sulla letteratura per ragazzi e, sulla sua scia, si è cominciato ad ampliare il campo di discussione su questa disciplina”4

. Un campo che attira non solo persone provenienti dall’ambito accademico, come studenti,

1

Peter Hunt, An Introduction to Children’s Literature, Oxford University Press, OPUS, 1994, p 1.

2

Emy Beseghi e Giorgia Grilli (a cura di), La letteratura invisibile, Carocci, Urbino, 2011, p 11.

3 Ibid., p 13. 4

Simona Mambrini, C’era due volte… Tradurre letteratura per ragazzi, in Elena di Giovanni, Chiara Elefante e Roberta Pederzoli (dir./eds.), Écrire et traduire pour les enfants/Writing and

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5

professori o critici, perché “unlike any other form of arts, children’s literature is available to criticism, as well as to amateur writers; people are not afraid to comment, to censor, and to be involved.”5 Un esempio è fornito da Karín Lesnik-Oberstein:

Where theoretical physicists may often meet polite silence, or questioning, after revealing their chosen area of work, children’s literature draws an opposite response: memories of favourite childhood reading are enthusiastically contributed to the discussion, or experiences with the reading of the speakers’ own children or children they are acquainted with. Sometimes there follows an often shy or defiant admission of their continuing reading of children’s books.6 La letteratura per l’infanzia permette di riesplorare un mondo che ormai è perduto, così, attraverso i libri, si può ritrovare il bambino che ciascuno è stato.

1.1 Difficoltà di definizione

I libri per ragazzi sono importanti sotto diversi punti di vista, eppure parlarne è più difficile di quanto si possa pensare, a partire dal termine children’s literature, che offre non pochi problemi: in italiano si parla di letteratura giovanile, per l’infanzia, per bambini, per ragazzi, ma riuscire a definire precisamente di cosa si tratta non è per niente semplice, tanto che una studiosa britannica, Jacqueline Rose, in uno degli studi più controversi sulla letteratura per bambini, dichiara proprio “the impossibility of children’s fiction”7

. Rose si riferisce in particolar modo al rapporto problematico che esiste tra bambino e adulto all’interno di questa letteratura, su cui mi soffermerò più avanti.

5

Peter Hunt, Criticism, Theory, and Children’s Literature, Basil Blackwell, Oxford, 1991, pp 7-8.

6 Karín Lesnik-Oberstein, Children’s Literature, Criticism and the Fictional Child, Claredon Press,

Oxford, 1994, p 1.

7

Jacqueline Rose, The Case of Peter Pan, or: the Impossibility of Children’s Fiction, Macmillan, London, 1984.

(9)

6

Trovare una definizione della letteratura per l’infanzia, quindi, è abbastanza difficile. Per usare le parole di Orsetta Innocenti

Il termine “letteratura giovanile” indica comunemente (e indifferentemente) un insieme assai variegato di testi, non troppo omogeneo e nemmeno chiaramente delimitabile. Si tratta davvero di un oggetto misterioso e cangiante, non facilmente interpretabile attraverso i consueti criteri della storia letteraria. Generi diversi, paesi diversi, tempi diversi convivono infatti sotto un’analoga definizione.8

Insomma, sotto l’etichetta children’s literature si possono collocare moltissimi testi, che non guardano al genere o al paese di provenienza; gli elementi per caratterizzare questi testi come letteratura devono quindi essere individuati in una continuità temporale, ossia il periodo dell’infanzia e adolescenza, più che spaziale, come una nazione in particolare9. È il destinatario (il bambino) che definisce e determina la letteratura per bambini, differentemente da altri tipi di scrittura che si definiscono secondo i criteri citati prima. Si può affermare, come ha osservato Peter Hunt, che “‘children’s books’ is a very curious classification, a chaotic collection of texts that have in common nothing other than some undefined relationship to children”10

.

Inoltre, è stato ribadito da molti critici come quell’unico termine racchiuda al suo interno almeno tre tipi diversi di letteratura giovanile. Infatti, se astrattamente si pensa a quest’ultima come a qualcosa che comprende i libri scritti per i bambini e i libri letti dai bambini, occorre però fare una precisazione, e conseguentemente distinguere tre definizioni. Ci sono innanzitutto quei libri scritti da adulti pensando a un pubblico di bambini, e che spesso, ma non sempre, hanno un intento educativo e formativo, e la maggior parte delle volte sono gli adulti (genitori, insegnanti, ecc.) che ne consigliano la lettura; ci sono i libri che i giovani stessi scelgono liberamente di leggere, che possono essere sia libri originariamente scritti per i giovani, sia libri scritti in principio per adulti, ma che hanno attirato anche un altro tipo di pubblico; e infine ci sono i libri

8 Orsetta Innocenti, La letteratura giovanile, Laterza, Bari, 2000, p 8. 9

Ibid., p 30.

10

Peter Hunt, Criticism and Children’s Literature: Theory and Practice, Dept. Of English, University of Wales Institute of Science and Technology, Cardiff, 1985, p 48.

(10)

7

effettivamente scritti da giovani e che prevedono un destinatario anch’esso giovane, che può essere in qualche modo complice dell’autore11. Se l’ultimo

gruppo di libri è forse quello meno consistente, i primi due si caratterizzano a prima vista come contrastanti: da una parte, letteratura “di imposizione” e dall’altra “di libertà”. Tuttavia, non c’è solo bianco o nero, anzi esiste una “zona grigia, uno spazio di interscambio che consente il mescolarsi – perlomeno parziale – delle due tipologie.”12

Ci sono ad esempio libri scritti con intento educativo che vengono però molto apprezzati anche dai destinatari, e allo stesso modo, libri scelti dal gusto giovanile che vengono approvati anche dagli adulti.

Sicuramente tutto questo non fa che aumentare la confusione che regna intorno alla children’s literature, i cui confini appaiono sempre più ambigui e difficili da delineare. Una cosa certa è che l’ambiguità che la caratterizza non è necessariamente negativa, anzi può essere stimolante. Infatti “as we explore the territory of children’s literature, we shall find that it has its own characteristics, and its own influences and internal logics. It is not inferior to other types of writing, it is different.”13

1.2 Un po’ di storia

Children used books long before books were produced specifically for children.

Peter Hunt

La storia della letteratura per l’infanzia è relativamente corta, dal punto di vista dell’editoria, e, generalmente, sono tutti d’accordo nel definire il 1744 l’anno

11

Orsetta Innocenti, ibid. p 9.

12

Ibid

13

(11)

8

di inizio. È infatti in quell’anno che John Newbery scrive e pubblica A Little Pretty Pocket Book, uno dei primi libri commerciali per bambini. Il tono è commerciale perché non è solo una combinazione di “instruction and delight” ma anche un “mixed-media text”14. Nell’intestazione si legge infatti che è

intended for the intruction and amusement of Little Master Tommy and Pretty Miss Polly. With two letters from Jack the giant-killer, and also a ball and pincushion, the use of which will infallibly make Tommy a good boy and Polly a good girl.15

E subito dopo si rivolge ai “parents, guardians and nurses” ai quali è indirizzata anche l’introduzione. Fin dall’inizio si delinea perciò l’intento dell’autore: convincere i bambini a leggere il libro, o i genitori a comprarlo. Da una parte grazie all’intertestualità, che rimanda a una fiaba inglese, sicuramente nota ai bambini dell’epoca, ambientata al tempo di Re Artù, il cui protagonista è un impavido giovanotto (Jack) che combatte contro i giganti. Dall’altra, in maniera ancora più esplicita, con due regali connotati in base al sesso del bambino.

Solitamente, quindi, chi parla della storia della letteratura per l’infanzia parte dal diciottesimo secolo, perché è allora che iniziarono a fiorire i libri per bambini, scritti specificamente per loro.

Prima del Settecento, infatti, i libri letti dai bambini erano letti anche dagli adulti. Questo perché, nel passato, l’intento principale era educare i giovani e non c’era una vera distinzione tra libri “scolastici” e libri letti solamente per diletto. Partendo dagli antichi greci e romani, ad esempio, notiamo come la lettura e la letteratura fossero usate con un obiettivo chiaro:

literature previously interpreted and evaluated by adults for adults was also given to children to help to inculcate in them the appropriate ideals and ideas for citizenship. Children principally memorized section of texts, and studied the same texts repeatedly through different stages of their education. The aim was to

14

Ibid, p 42.

15

(12)

9

educate young nobles for virtue, and virtue was defined by the ideals of behaviour and character for man in society.16

Perciò i libri che venivano letti dai giovani erano libri letti e approvati anche dagli adulti, e dovevano costruirne l’educazione e la virtù, valore importantissimo nel mondo antico. Era lo stato che definiva i valori da seguire ed era per lo stato e la sua pace che serviva l’educazione, che veniva percepita come qualcosa di morale e intellettuale. Si legge in Quintiliano: “We are to form the perfect orator, who cannot exist unless a good man.”17

I libri quindi erano molto importanti nelle società antiche, per tutti, indipendentemente dall’età. Sia i bambini che gli adulti leggevano per imparare a comportarsi come buoni cittadini e gli stessi testi si ripresentavano più volte, prima per essere imparati a memoria da bambini e poi per essere riletti e capiti al meglio.

Queste abitudini si possono dire simili se non uguali a quelle che si riscontrarono con l’avvento della cristianità. Anche nel medioevo, infatti, i testi ricoprivano un ruolo fondamentale, continuando a essere considerati fonte di grande autorità e influenza.18 I bambini leggevano e imparavano a memoria gli stessi libri letti dagli adulti, che dovevano definire il comportamento giusto da seguire, i valori e gli ideali dell’uomo cristiano. Si usavano quindi salmi, libri di preghiera, grammatiche latine e libri considerati moralmente positivi. C’erano anche leggende e fiabe, divulgate sotto forma di chapbooks19, ma spesso erano osteggiate perché si scontravano con gli ideali cristiani. Soprattutto nel ‘600, in Inghilterra, i Puritani ostacolarono ogni forma di puro divertimento: “the books produced for children in the 17th century offered them no entertainment, since the very idea of reading for pleasure was an abhorrence – a prostitution of the God-given ability to read.”20

L’esempio più longevo di questa tendenza è sicuramente The Pilgrim’s Progress (1678) di John Bunyan, sebbene non fosse stato scritto per

16 Karín Lesnik-Oberstein, Ibid., pp 42-43 17

Quintiliano, Institutio Oratoria, citato in Karín Lesnik-Oberstein, Ibid., p 44.

18

Karín Lesnik-Oberstein, Ibid., p 47.

19 I chapbooks erano dei libricini economici, solitamente piccoli e con poche pagine, venduti dai

venditori abulanti ed erano alla portata di tutti per il basso prezzo.

20

Whalley and Chester, A history of Children’s Books Illustration, citato in Peter Hunt, An

(13)

10

bambini, ma da citare è anche Orbis Sensualium Pictus di John Amos Comenius, scritto in tedesco nel 1658 e disponibile in una traduzione inglese l’anno seguente. Orbis Pictus è considerato il primo libro illustrato per bambini; l’obiettivo che si poneva era “to teach by entertaining children”21

, sebbene avesse chiare influenze puritane e quindi oltre a insegnare a leggere ai bambini, “it also sought to teach them how to live godly lives, seek grace, and attempt to avoid the torments of hell.”22

È con la fine del diciassettesimo secolo e l’inizio del diciottesimo che le fiabe guadagnano più spazio. In Francia, alla corte di Luigi XIV, erano di moda le fiabe letterarie, tra le quali le raccolte di Charles Perrault, come Histoires ou contes du temps passé; avec des moralitez (Parigi, 1697), che includevano, tra le altre, “Cappuccetto Rosso”, “Il Gatto con gli stivali” e “Cenerentola”. Da lì passarono poi in Inghilterra, così come le novelle arabe di Le mille e una notte, pubblicate per la prima volta in inglese nel 1706 con il titolo The Arabian Nights.

Nel Settecento, con l’avvento dell’illuminismo e la grande importanza data alla ragione, si assiste all’ascesa del romanzo della tradizione realistica (novel), che propone appunto la narrazione di fatti connessi alla realtà ed “esclude, nelle sue trame, ogni intervento magico e sovrumano”23

. Da questa nascita consegue il declassamento del cosiddetto romance, ossia il romanzo della tradizione fantastica, che si basa su narrazioni fantasiose e lontane dalla realtà. C’è una sorta di ritorno al pensiero antico, per cui la letteratura deve essere edificante e deve insegnare i principi della ragione24. Però, se da una parte si assiste allo sviluppo di testi educativi, dall’altra il romance, allontanato dalla letteratura per adulti, trova rifugio nella letteratura per l’infanzia, che se ne appropria e lo fa suo. Tolkien ha affermato:

Le fiabe, nel mondo moderno alfabetizzato, sono state relegate nella stanza dei bambini, così come mobili sciupati o fuori moda vengono relegati nella stanza dei

21 Kimberley Reynolds, Children’s Literature: A Very Short Introduction, Oxford University Press,

New York, 2011, p 7.

22

Ibid., p 8.

23 Donatella Lombello Soffiato, Le forme della narrativa, in Marnie Campagnaro (a cura di), Le

terre della fantasia: leggere la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, Donzelli editore, Roma,

2014, p 20.

24

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11

giochi; soprattutto perché gli adulti non amano vederseli più attorno e non si preoccupano se vengono maltrattati.25

Il Settecento, in quanto era della ragione, non può che osteggiare la fantasia, perché questa si lega direttamente col passato medievale, ritenuto primitivo e ignorante. E se da una parte sono i gruppi religiosi a opporsi a essa, ancora sotto gli influssi del pensiero puritano, che non distingueva tra la fantasia e il peccato del mentire26, dall’altra anche le emergenti classi commerciali e industriali non la vedono di buon occhio, ma anzi la considerano solamente una perdita di tempo. La società del tempo, infatti, aveva bisogno di realismo, voleva leggere trame in cui poteva riconoscersi, con personaggi della vita di tutti i giorni. Per questo motivo non poteva accettare testi che contenessero elementi magici o soprannaturali.

Tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, i pensieri di John Locke e Jean-Jacques Rousseau furono importanti per lo sviluppo del concetto di child e di childness, e quindi anche per la children’s literature. Locke insiste sull’innocenza dell’infanzia e sia lui sia Rousseau sono considerati “initiators of an appeal for recognition of the free and natural ‘real child’, to whom specific books could and should be given which would amuse and entice the child to knowledge”27

. Infatti all’epoca c’era pochissima considerazione per lo sviluppo del bambino inteso in quanto tale: non si pensava agli specifici bisogni educativi che potesse avere e nemmeno a dei libri scritti appositamente per il suo piacere. Secondo Donna E. Norton, è grazie alla filosofia di John Locke che si inizia a considerare il bambino come una persona. Locke credeva che ai bambini in grado di leggere dovessero essere assegnati libri piacevoli e adatti alle loro capacità, che li divertissero e, allo stesso tempo, li stimolassero. I libri troppo difficili, più consoni agli adulti, non giovavano affatto al bambino, ma, al contrario, lo frenavano nella lettura. Si cominciava a capire che i bambini potevano trarre beneficio dai libri scritti per

25

J. R. R. Tolkien, Albero e foglia, Bompiani, Milano, 2000, p 47.

26 Giulia Margon, L’eredità della fiaba e la fondazione della School Story in The Governess di Sara

Fielding, in Francesca Orestano (a cura di), Tempi moderni della Children’s Literature: Storie, personaggi, strumenti critici, CUEM, Milano, 2007, p 54.

27

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12

loro e, in questo modo, essere incoraggiati a leggere.28 Ed è proprio in quest’epoca che avviene “la scoperta dell’infanzia come età separata da quella adulta, da conoscere, preservare nei suoi caratteri, curare e al tempo stesso dirigere.”29

Nell’Ottocento avviene la vera grande svolta nella letteratura per l’infanzia. Se all’inizio del secolo, “in revolutionary times, children’s books were a bastion of conservatism”30

, verso la metà si assiste a una graduale ripresa della fiaba, a partire dalla traduzione inglese nel 1848 de Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille (1634), fiabe scritte in napoletano da Giambattista Basile, conosciute con il nome di Pentamerone, e successivamente con le raccolte di Hans Andersen e quelle dei fratelli Grimm. Questi ultimi, però, non si limitavano a raccogliere e collezionare storie. I Grimm furono capaci di creare un modello ideale per la fiaba letteraria, apportando modifiche rilevanti all’interno dei testi. Eliminarono gli elementi erotici e sessuali, che potevano offendere la moralità borghese, aggiunsero numerose espressioni cristiane tra i vari riferimenti religiosi, ed enfatizzarono i caratteri specifici dei protagonisti, maschili e femminili, che diventavano così degli esempi da seguire, secondo il sistema patriarcale dominante del tempo.31

Ma il vero cambiamento avvenne nella seconda metà del secolo, quando l’intento didattico degli anni precedenti iniziò a fare spazio a libri più child-oriented, più in armonia con l’immaginazione dei bambini. Con la pubblicazione nel 1862 di The Water Babies, di Charles Kingsley e soprattutto con quella di Alice’s Adventures in Wonderland di Lewis Carroll nel 1864, inizia convenzionalmente la prima “golden age” della letteratura per l’infanzia, che dura fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Il lavoro di Carroll è considerato un landmark nella storia della children’s literature e, conosciuto a livello mondiale, ha ricevuto moltissima attenzione da parte della critica. Negli Alice’s books (Alice’s Adventures in Wonderland e Through the Looking Glass, del 1871)

28

Donna E. Norton, Through the Eyes of a Child: An Introduction to Children’s Literature, citato in Karín Lesnik-Oberstein, Ibid., p 85.

29 Franco Cambi e Giacomo Cives, Il bambino e la lettura: testi scolastici e libri per l’infanzia, ETS,

Pisa, 1996, p 53.

30

Peter Hunt, An Introduction, Ibid., p 46.

31

(16)

13

Carroll apporta un cambio nello stile della letteratura per bambini: si passa da una narrazione più directive a una più empathetic. L’autore si allea col bambino, crea una relazione di comprensione e empatia. Come suggerisce Hunt

Carroll allied himself with childhood in the sense that the pragmatic and generally stoic Alice moves through a world of mad adults, all with their own irrational logics […]. Carroll also caught the confusion of growing up, changing size and identity, and coming to terms with self and death and sexuality.32

Inoltre il forte umorismo e le critiche alla società vittoriana ne fanno libri “unquestionably fruitful for critics”33

e molto apprezzati dagli adulti.

Un altro autore importante di questo periodo è Robert Louis Stevenson, che in Treasure Island (1883) accresce e modifica la sea story tipica del diciannovesimo secolo e con la sua prosa spontanea e le ambiguità apporta migliorie a un altro genere popolare, la storia d’avventura, che ha le sue radici nel Robinson Crusoe di Defoe (1719) e che pone le basi della narrativa per bambini moderna.34 Da nominare sono anche Rudyard Kipling e J. M. Barry. Il primo è conosciuto soprattutto per The Jungle Book (1894), nel quale si confronta con una grande leggenda, trasformandola in un bildungsroman di forte complessità. Nella sua giungla trovano spazio l’educazione e l’istruzione di Mowgli, attraverso le figure principali dell’orso e della pantera (Baloo e Bagheera), insieme a una serie di sentimenti anche negativi con cui si devono misurare i personaggi, dall’egocentrismo a impulsi più profondi, come la vendetta35

. Barry, invece, si ricorda per l’affascinante storia del bambino che non voleva crescere, Peter Pan, raccontata nel romanzo Peter and Wendy (prima prodotto come opera teatrale nel 1904 e poi pubblicato in prosa nel 1911).

Significativi per l’Italia sono da un lato Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1881), di Carlo Collodi, uno dei libri più tradotti al mondo, e dall’altro Cuore (1886) di Edmondo de Amicis. Sono spesso considerati le due

32

Peter Hunt, Ibid., p 79.

33 Ibid., p 80. 34

Murray Knowles e Kirsten Malmkjær, Language and Control in Children’s Literature, Routledge, London, 1996, p 5.

35

(17)

14

facce della stessa medaglia e si inseriscono entrambi in un discorso pedagogico che affronta il problema dell’educazione dei ragazzi36

. In Pinocchio si ritrova la propensione all’avventura e il protagonista si delinea come l’eroe “combinaguai”, presentando una struttura di caduta e rinascita. La crescita interiore di Pinocchio, rappresentata nel testo dalla trasformazione in bambino in carne e ossa, è contrastata dalle continue monellerie che compie, le quali lo allontanano dal mondo degli adulti. L’opposizione tra il bambino e il burattino è quindi utile soprattutto per distinguere chiaramente la dimensione euforico-romanzesca delle marachelle (del burattino) da quella educativa della trasformazione finale (in bambino).37

E se Pinocchio, “frutto dell’arguta riflessione popolare, […] trova nel riso la sua certezza”38

, Cuore “non comporta la libertà del riso. Guai a ridere.”39 Nel libro di De Amicis l’intento pedagogico è chiaro, ogni storia e ogni contatto bambino-adulto servono all’educazione e all’apprendimento.

In generale, comunque, i libri di questo periodo diventarono più complessi e ogni fine didattico, che forse è inevitabile, era del tutto secondario rispetto all’intrattenimento e al piacere del bambino. In un certo senso, la letteratura per l’infanzia stava crescendo, allontanandosi dagli adulti. Nel corso del diciannovesimo secolo, il bambino dotato di ragione ma ignorante rappresentato nella letteratura dell’infanzia illuministica fece spazio a una visione del bambino più articolata – sia come personaggio che come lettore – e allo stesso tempo gli sviluppi nella stampa resero possibile la produzione di una grande varietà di libri molto colorati e allettanti per un pubblico giovanile, a prezzi anche convenienti, quindi accessibili a tutti40. Inoltre “as part of the19th century stratification of markets, many books were targeted at boys or girls”41. Spesso erano storie parallele, per esempio libri ambientati in scuole per ragazzi e libri ambientati in scuole per ragazze, ma c’erano anche differenze di genere: le storie d’avventura

36 Orsetta Innocenti, Ibid., pp 39-40. 37

Ibid., pp 40-41.

38

Luigi Volpicelli, La verità su Pinocchio e saggio sul “Cuore”, Armando Armando, Roma, 1963, p 157.

39

Ibid.

40

Kimberley Reynolds, Ibid., p 16.

41

(18)

15

avevano la tendenza a indirizzarsi principalmente ai bambini maschi, mentre le domestic and family stories erano dirette alle bambine. Un esempio che attira bambine ancora oggi è Little Women (1868) della scrittrice americana Louisa May Alcott, che univa la zelante vita domestica con personaggi dalla grande forza di carattere in maniera da rendere il libro in qualche modo rivoluzionario: mostrava infatti lo scontro tra l’energica e ostinata Jo e i principi sociali contemporanei.

Gli anni tra le due guerre sono stati visti o come “an ‘age of brass’ between two golden ages” o come uno dei periodi più importanti nella storia dei libri per bambini.42 Sicuramente si caratterizzano come un periodo di contrasti, da imputarsi alla grande quantità di libri che vengono scritti soprattutto per motivi commerciali. The Library Association Review ha osservato infatti che “there were a few admirable books, submerged in an ocean of terrible trash…unreal school stories, impossible adventure, half-witted fairy tales…in every respect disgraceful.”43

Peter Hunt ha ipotizzato che in questo periodo si vide lo sviluppo di una acceptable face dei libri per bambini, che si caratterizzavano per essere equilibrati, borghesi, con un rapporto autore-lettore privo di problemi44.

Quello che rimane comunque è una lista di grandi nomi, tra cui Tolkien e Milne, e un gran numero di eroi moderni immersi in una realtà fantastica. Una delle ragioni di questa abbondanza di fantastico potrebbe essere che i libri dei bambini rappresentano il mondo come vorremmo che fosse45. È una reazione al mondo degli adulti.

The Hobbit di J. R. R. Tolkien fu pubblicato nel 1937 ma raggiunse la fama negli anni ’60 con il successo della trilogia The Lord of the Ring. L’approccio di Tolkien è simile a quello della science fiction di cui era molto interessato, e nello Hobbit ricrea un mondo nel minimo dettaglio: ci sono mappe, storie, personaggi mitici, linguaggi e avventure. Inglis commenta

The Hobbit is the […] best link between a present day child and the world which made these stories up in order to desribe the early colonizing of England. Its pace

42 Peter Hunt, An Introduction, Ibid., p 31. 43 Citato in Ibid., p 106. 44 Ibid., p 32. 45 Ibid.

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and fullness, its good temper, the scale of its protagonists, its manageable horrors and disasters, its simple triumphs and morals, all fit it to the child’s eye view.46

Il suo sequel, The Lord of the Ring, era stato pensato all’inizio come un libro per bambini ma Tolkien non lo riteneva tale nella sua versione finale47. Nonostante ciò è continuamente letto da moltissimi giovani, che lo apprezzano forse anche di più degli adulti.

Da ricordare è anche C. S. Lewis, che nel 1950 pubblicò il primo volume della serie The Chronicles of Narnia. Il lavoro di Lewis è caratterizzato da un elemento teologico e l’obiettivo che si prefiggeva era di reinventare la cristianità all’interno di una favola per bambini48

. Oltre alla natura allegorica comunque, è riconoscibile il tema della storia d’avventura inserita in un contesto fantastico.

Merita attenzione anche Roald Dahl, scrittore creativo e originale sia nello stile, sia nelle storie e nei personaggi dei suoi libri. Nelle parole di Giuseppe Pontremoli:

oltre che divertenti, tutti i libri di Dahl sono ‘schierati’, contro qualcuno o qualcosa, per qualcuno e qualcosa. E si potrebbe dire, per esempio, che sono tutti dalla parte dei bambini, la cui esistenza è insidiata di volta in volta da poteri personificati da adulti. […] Ma dire che sono libri collocati dalla parte dei bambini significa dire solo un pezzo di verità. Infatti, e credo proprio che non sia un caso, accanto ai bambini che si trovano ad affrontare i pericoli e i nemici che affollano le loro esistenze, troviamo sempre anche un “grande”. Certo […] si tratta di grandi un po’ speciali, diversi, anch’essi fuori dagli schemi, fantasiosi e disponibili, appassionati dal proprio sentire e pensare.49

E anche i bambini non sono tutti positivi. Dahl non li rappresenta solo buoni, bensì nei suoi libri, come nella realtà, sono dipinti bambini con tutta una serie di caratteri diversi. Per esempio, in Charlie and the Chocolate Factory (1964), il protagonista, Charlie, è contrapposto agli altri vincitori del concorso, ognuno contraddistinto da un difetto fastidioso: si passa da chi è troppo viziato a

46

Fred Inglis, The Promise of Happiness: Value and Meaning in Children’s Fiction, Cambridge University Press, Cambridge, 1981, p 199.

47 Murray Knowles e Kirsten Malmkjær, Ibid., p 24. 48

Ibid.

49

Giuseppe Pontremoli, Giocando parole: la letteratura e i bambini, L’ancora s.r.l., Napoli, 2005, pp 36-37.

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chi mastica incessantemente chewing-gum. Le storie di Roal Dahl si concentrano spesso su aspetti grotteschi e crudeli e hanno incontrato in molti adulti una certa opposizione, ma nonostante ciò i suoi libri godono di grandissima fama tra i più piccoli.

E se dopo la prima guerra mondiale era evidente il bisogno di libertà, dopo la seconda la letteratura per bambini si rivolse quasi completamente alla fantasia. In Inghilterra, soprattutto, iniziò a essere la caratteristica dominante fino almeno agli anni settanta/ottanta, più materialistici, quando ci fu un ritorno a diversi tipi di realismo.

Dalla metà del ventesimo secolo, considerata la seconda età dell’oro della letteratura per l’infanzia, i libri per bambini hanno acquisito quello che Humphrey Carpenter chiama “dual purpose”: non solo offrono una narrazione appassionante, ma contengono anche delle lezioni morali, senza però ritornare a quel didatticismo, che aveva caratterizzato il diciassettesimo secolo e altre epoche precedenti50.

Uno degli aspetti della narrativa per bambini del dopoguerra è la sempre più grande influenza della mitologia e della magia nelle storie di avventura. Se da una parte si tende a mischiare reale e fantastico, dall’altra però nasce il cosiddetto teen novel, che è caratterizzato principalmente da una narrativa realistica, che spesso mostra il contrasto tra giovani e adulti.

Scrivere libri per giovani significa confrontarsi con una società nuova, che presenta nuovi temi e problemi. Da un lato, si assiste alla formazione di nuclei familiari diversi in aggiunta a quello tradizionale – ad esempio genitori single, dello stesso sesso, di razze diverse – che portano alla nascita di nuove questioni legate al bambino; dall’altro, lo sviluppo della tecnologia e la comparsa di nuovi media ha influenzato le forme e le tecniche narrative della scrittura per bambini.

L’importanza della letteratura per bambini è emersa in questo piccolo excursus storico, sia da un punto di vista pedagogico che culturale. Infatti, poiché i libri per l’infanzia sono uno dei primi mezzi che permettono ai bambini di imbattersi nei racconti, giocano un ruolo fondamentale nella loro formazione. Le

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fiabe, le leggende e le storie in generale sono la principale fonte di immagini, parole, atteggiamenti, strutture e spiegazioni che servono per valutare e giudicare l’esperienza e forniscono ai bambini un primo contatto con il mondo. I libri, quindi, sono dotati di un grande potenziale, perché possono esercitare una certa influenza sui giovani durante l’infanzia, una fase della vita in cui si è più facilmente “malleabili”. Inoltre è interessante notare come le ideologie contenute nei libri ci offrono dati preziosi sulle diverse culture a cui appartengono.

Whether radical or conservative, meritoriuos or meretricious, writing for children is a rich but for long undervalued source of information about culture as well as a contribution to it.51

51

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2. Il rapporto con l’adulto

When I was ten, I read fairy tales in secret and would have been ashamed if I had been found doing so. Now that I am fifty I read them openly. When I became a man I put away childish things, including the fear of childishness.

C. S. Lewis

2.1 Asimmetria

Uno dei problemi da affrontare nello studio della letteratura per l’infanzia è il rapporto che questa ha con l’adulto. I libri per bambini sono scritti dagli adulti, e sono sempre gli adulti che pubblicano, modificano, recensiscono, criticano, selezionano e comprano i libri per conto dei bambini. In questa posizione di responsabilità, gli adulti che si occupano dei bambini e della loro lettura, sono impazienti di spiegarne la natura e la funzione1. E difatti sono molti coloro che si preoccupano della lettura infantile, o per motivi commerciali, come scrittori ed editori, o per ragioni pedagogiche, come insegnanti e genitori, o ancora per altri motivi, come critici, lettori, bibliotecari, eccetera. In ogni caso è certo che la letteratura per l’infanzia e la critica che ne deriva non possano ignorare la letteratura per adulti e la sua critica in quanto connesse inestricabilmente e reciprocamente2.

1

Murray Knowles e Kirsten Malmkjær, Ibid., p 3.

2

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Se quindi sono gli adulti che scelgono, perlomeno inizialmente, quali libri leggere o far leggere ai bambini, questi ultimi si trovano in una posizione di svantaggio. Infatti

In spite of the powerful emotional hold which children have over their parents and over many other adults, it is generally the case that adults, in virtue of their greater experience, strength, access to the media and to the essentials and luxuries of life (via money and position), and as designers of educational systems, are more powerful than children socially, economically and physically.3

Si crea, perciò, una relazione particolare adulto-bambino, in cui l’adulto svolge un ruolo dominante, che sta alla base dell’asimmetria che pervade i libri per bambini: “relations of domination are systematically asymmetrical relations of power”4

.

La struttura dei libri per l’infanzia può essere inquadrata utilizzando la terminologia di Seymour Chatman5, per cui in un testo narrativo si hanno: un autore reale, colui che scrive il libro, un lettore reale, colui che legge realmente, un autore implicito, che è l’immagine che il lettore si fa dell’autore leggendo il libro, e un lettore implicito, colui che l’autore ha in mente quando scrive il testo. Nel caso di libri per bambini, l’autore reale è un adulto e il lettore reale è un bambino. L’autore reale poi crea sempre un autore implicito quando scrive e lo fa assumendo un punto di vista particolare. La prospettiva che utilizza può essere quella di un bambino, un adolescente, un anziano, un personaggio femminile o maschile, ma in qualsiasi caso, si tratta di una finzione6. L’alter ego dell’autore (l’autore implicito), quindi, è dotato di “vita” grazie a vari espedienti, tra cui, oltre al già citato punto di vista, i commenti sulle vicende narrate e l’atteggiamento assunto nei confronti dei suoi personaggi e delle loro azioni, espressi in modo implicito o esplicito Inoltre, usando le parole di Aidan Chambers, che si concentra su questo punto, “il concetto di lettore implicito deriva dall’assunto che per comunicare è essenziale essere in due, e suggerisce l’idea che un autore, attraverso un libro, crei una relazione con il lettore per scoprire il significato del

3 Murray Knowles e Kirsten Malmkjær, Ibid., p 43. 4

Ibid.

5

Citato in Murray Knowles e Kirsten Malmkjær, Ibid., p 33.

6

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21

testo”7. Allo stesso modo dell’autore, anche l’alter ego del lettore acquisisce

particolari caratteristiche e una determinata personalità.

La nozione di lettore implicito viene utilizzata anche da Barbara Wall, la quale identifica tre modalità con cui ci si può rivolgere al lettore all’interno della scrittura per bambini: ci parla di single address, double address e dual address. Come osserva Wall, un autore può scrivere per un pubblico specifico e solo per quel pubblico (single address), oppure per due tipi di pubblico diversi, alternandoli (double address) o allo stesso tempo (dual address).8

Il single address comporta che l’autore scriva solo per un destinatario, quindi il narratore si rivolge solo al bambino, senza mostrare la consapevolezza che il testo possa essere letto anche da un adulto. Peter Hunt ha dubitato dell’effettiva esistenza di questo tipo di libri: “As books are usually written by adults, one might question whether the first type of book is anything more than a theoretical possibility”9

, suggerendo che se esiste, si può ritrovare nei cosiddetti picture-books, quei libri che uniscono parole a immagini, nei quali il lettore è obbligato a cogliere subito una certa immagine ma non è vincolato dalla conoscenza della meccanica del testo. Tuttavia, non si può dire che sia del tutto vero perché, nella maggior parte dei casi, nella lettura di questi testi interviene anche l’adulto.

Con il double address, invece, l’autore si rivolge alternativamente al bambino e all’adulto, il quale è immaginato come lettore insieme al bambino, o perché è proprio l’adulto che legge per lui o perché lo aiuta nel processo di lettura. Il destinatario adulto può essere apostrofato apertamente, come nel caso di A Little Pretty Pocket Book, nel quale John Newbery parlava direttamente coi genitori, o segretamente, come nei libri di A. A. Milne su Winnie the Pooh, in cui la maggior parte delle battute sono destinate a un pubblico adulto.

Infine, il dual address è impiegato in testi che vogliono includere come destinatari sia i bambini che gli adulti, simultaneamente e allo stesso modo, con la

7

Aidan Chambers, Il Lettore dentro al libro, in Aidan Chambers, Siamo quello che leggiamo:

crescere tra lettura e letteratura, a cura di Gabriela Zucchini, traduzione di Giuditta De Concini,

Equilibri, Modena, 2011, pp 113.

8

Barbara Wall, The Narrator’s Voice: The Dilemma of Children’s Fiction, Macmillan, London, 1991, p 35.

9

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conseguenza di qualificarsi come lettura piacevole e soddisfacente per entrambi. Ed è proprio il caso di quei libri definiti oggi crossover fiction, ossia “texts that appeal to mixed audiences of adults and children”10

. Come si è visto dal piccolo excursus sulla storia, questo tipo di libri esisteva anche nel passato. Due esempi sono Pilgrim’s Progress e Robinson Crusoe, testi per adulti che sono passati anche nella sfera della letteratura per bambini. Ma succede anche il contrario, soprattutto al giorno d’oggi, e un caso su tutti è Harry Potter.

2.2 Scrivere per bambini

Quando si scrive, intervengono molti fattori a guidare un autore nella stesura del testo. Quest’ultimo è formato da vari elementi, e ogni elemento serve a caratterizzarlo come diverso dagli altri. Quando si legge, a seconda del grado di apprezzamento del libro, ci si trova impegnati in un’attività che genera più o meno emozioni, che possono variare dal riso al pianto, dall’impazienza alla noia, dalla paura all’eccitazione, e così via. In ogni caso, ciò che genera queste sensazioni sono le parole.

Se il destinatario del libro è un bambino, queste considerazioni sono ancora più importanti. L’infanzia è il periodo in cui il linguaggio si sta sviluppando e in cui si affronta per la prima volta la lettura, così importante per la formazione dell’individuo. La lettura, infatti, aumenta le competenze di linguaggio, consente di superare l’isolamento e l’inadeguatezza linguistica del singolo, per coinvolgerlo in un atto di creazione verbale dal quale scaturisce la comunicazione11. Ed è importantissimo avvicinarsi alla lettura fin da piccoli, per riuscire ad acquisire una solida padronanza linguistica, perché “più [il linguaggio] è sviluppato e complesso, maggiore è la sua potenza”12

.

10 Kimberley Reynolds, Ibid., p 17. 11

Aidan Chamber, I bambini, la lingua e la letteratura, in Aidan Chambers, Siamo quello che

leggiamo, Ibid., p 65.

12

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La letteratura per l’infanzia, quindi, ricopre un ruolo fondamentale nella crescita, e il libro per bambini costituisce un aspetto davvero importante della creazione letteraria, anche perché, come ricorda Peter Bichsel, quello che si legge da piccoli sta all’origine dell’immaginario dei grandi13

. Quello che va evidenziato, perciò, è che

children’s literature is a powerful literature, and that such power cannot be neutral or innocent, or trivial. This is especially true because the books are written by, and made available to children by, adults. […] Equally obviously, the primary audience is children, who are less experienced and less educated into their culture than adults. This does not mean that the texts are ‘less experienced’ as well; on the contrary, it means that they are part of a complex power-relationship.14

È quindi difficile per un testo scritto per, e letto da, bambini non essere in alcun modo educativo e non esercitare una qualche influenza: i libri sono creatori di significato15 e se i lettori sono bambini, gli scrittori devono rendersi conto della particolare posizione in cui si trovano, e delle responsabilità che hanno, in quanto un adulto può discernere più facilmente le ideologie contenute nel libro e scegliere se accettarle o meno, mentre per un bambino è più complicato. Come fa notare il linguista Michael Halliday, il linguaggio è un forte agente sociale che permette al bambino di acquisire informazioni in più sul mondo16, e quindi è un mezzo efficace per promuovere l’accettazione di costumi, tradizioni e istituzioni.

Come ho accennato prima, la lettura è un’attività che coinvolge il lettore pienamente e ogni lettore può rispondere diversamente alle parole del libro:

le situazioni vengono create […] dall’autore, e i lettori attraverso l’immaginazione sono coinvolti attivamente nella rappresentazione della vita all’interno della storia. Abbiamo addirittura le stesse reazioni che avremmo se le cose stessero succedendo a noi nella realtà, e ci sentiamo tristi o felici, spaventati o arrabbiati, divertiti o scandalizzati, e via dicendo.17

13 Emy Beseghi, La mappa e il tesoro. Percorsi nella letteratura per l’infanzia, in Emy Beseghi e

Giorgia Grilli (a cura di), La letteratura invisibile, Ibid., p 60.

14

Peter Hunt, An Introduction, Ibid., p 3.

15 Ibid., p 2. 16

M. A. K. Halliday, Language as Social Semiotic: the Social Interpretation of Language and

Meaning, Edward Arnold, London, 1993, p 125.

17

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24

Si può dire, perciò, che la letteratura influenza fortemente le scelte che compiamo nella vita di tutti i giorni. Questo non significa seguire passo passo quello che fanno i protagonisti dei libri, ma vuol dire che “la letteratura ci aiuta a far chiarezza dentro di noi, ad acquisire consapevolezza. E questo processo di autoconsapevolezza […] è di per sé una forma di azione. Tanto che potremmo affermare che siamo quello che leggiamo”18

. Con i libri siamo in grado di sperimentare le situazioni più disparate, da quelle positive a quelle che non ci sogneremmo mai di vivere, come calarsi nella pelle di un assassino. Un libro può fare tutto questo e anche di più.

Le grandi potenzialità della letteratura godono di un valore preziosissimo, soprattutto per i bambini. Sempre Aidan Chambers chiarisce questo punto:

durante il processo di crescita, essi vanno alla ricerca di punti di riferimento, strutturano i propri atteggiamenti, costruiscono i propri concetti, si creano immagini con cui pensare: tutti questi aspetti interagiscono tra di loro ponendo le basi per lo sviluppo dello spirito critico, del processo di comprensione e di un sentimento di condivisione della condizione umana. L’esperienza letteraria nutre l’immaginazione, quella fondamentale facoltà che ci consente di gestire e controllare l’incredibile quantità di informazioni da cui siamo quotidianamente sommersi, organizzandole in modelli di significato.19

Grazie alla lettura i bambini possono entrare in un mondo magico, che li aiuta nel processo di sviluppo e di espressione.

È perciò importantissimo che i bambini leggano. Ma se per gli adulti, perlomeno per alcuni, leggere è un piacere, spesso per i bambini non si può dire lo stesso, nonostante siano naturalmente curiosi. I bambini guardano, esplorano, sono pieni di perché?, e non si accontentano mai, vogliono sapere sempre di più. La curiosità è ciò che spinge i bambini alla conoscenza, e risponde all’esigenza di trovare un senso alle cose e al mondo. Come fa notare Emy Beseghi, l’infanzia si presenta come l’età che non rinuncia alla voglia e al bisogno di conoscere20

. E la letteratura è uno dei mezzi che nasce proprio per soddisfare quella curiosità.

18 Ibid. 19 Ibid., p 73. 20

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Ma, se da una parte c’è questo desiderio di conoscenza, dall’altra c’è la difficoltà di appagarlo. Infatti leggere non è così semplice come potrebbe sembrare, è “una fatica” 21

, richiede energia, preparazione e capacità. Se la fatica è molta, sembra quasi logico rifugiarsi in altre forme di comunicazione, che potrebbero essere più semplici e forse superficiali22. La scuola assume un ruolo decisivo da questo punto di vista, per assicurare una competenza linguistica di base, che deve poi essere ampliata e migliorata con la lettura, e anche per stimolare il bambino a leggere, insieme ai genitori e agli adulti in generale.

Anche l’autore, in quanto scrittore dei libri, deve operare in questo senso, instaurando una relazione particolare con i propri lettori. Naturalmente, come autore di libri per bambini, utilizzerà particolari espedienti, a livello di stile, linguaggio, contenuto, ecc., per conquistare i suoi piccoli lettori.

Dopo aver studiato vari autori di letteratura per l’infanzia, Barbara Wall conclude che “the way adult writers address child readers is analogous to the way adults speak to children, and affects tone of voice, lexis, register, and the amount of detail contained in descriptions and explanations”23

. Quando parliamo a dei bambini cambiamo il modo di parlare, e così succede anche nella scrittura, che si caratterizza per alcuni aspetti particolari. A questo proposito va citato il lavoro di Myles McDowell, il quale si interroga sulle differenze tra libri per adulti e libri per bambini. Secondo McDowell questi ultimi sono generalmente più corti e tendono a preferire modalità di coinvolgimento attive piuttosto che passive, soprattutto per i più piccoli. Allo stesso modo, si concentrano maggiormente sulle azioni, e le storie vengono presentate attraverso dialoghi e avvenimenti, mentre sono più rare lunghe descrizioni e introspezioni. I protagonisti sono di solito giovani, spesso della stessa età dei destinatari, così da creare un rapporto di complicità con i lettori impliciti. Le trame si sviluppano secondo uno schema ben definito, e spesso parlano di magia, fantasia, avventura. I libri per bambini tendono a essere pervasi da un ottimismo diffuso e solitamente hanno finali allegri

21 Ermanno Detti, Piccoli lettori crescono: come avvicinare bambini e ragazzi alla lettura, Erickson,

Trento, 2012, p 36.

22

Ibid.

23

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26

e positivi. Il linguaggio utilizzato è rivolto ai bambini, adeguato alle loro capacità.24

È vero anche che disegni, immagini e figure sono più comuni in libri per bambini, così come caratteri più grandi di scrittura, mentre ad esempio un linguaggio scurrile e scene di sesso o violenza sono più facilmente riscontrabili in libri per adulti.. Naturalmente però, non sono elementi che definiscono ogni libro appartenente alla categoria di letteratura per l’infanzia, sono solo delle tendenze generali che ricompaiono spesso, e che sono già messe in discussione quando si parla dei cosiddetti teen novels, su cui tornerò più avanti. In ogni testo, comunque, il tono e le peculiarità della voce narrativa suggeriscono sia il destinatario, in termini di conoscenza e atteggiamento, sia il tipo di attenzione richiesta e il rapporto presupposto tra il narratore e il lettore. Spesso possono esserci delle discrepanze tra ciò che sottintende la narrazione e come legge il lettore, soprattutto se quest’ultimo non è il lettore implicito, o non è preparato ad assumerne il ruolo. Questo è uno degli aspetti che rende la lettura dei libri per bambini molto più difficile di quello che si crede.25

Il destinatario quindi condiziona l’uso di un certo tono, che Aidan Chambers definisce come la relazione tra un autore e il suo lettore ideale26. Chambers, poi, prende in esame alcuni procedimenti utilizzati da un autore per definire il proprio tono e riuscire quindi a coinvolgere il destinatario in modo che possa abbandonarsi totalmente al testo. La prima strategia analizzata è lo stile, inteso come il modo in cui lo scrittore usa il linguaggio per creare il proprio alter-ego (l’autore implicito) e l’alter-alter-ego del lettore (il lettore implicito) e allo stesso tempo esprimere il significato dell’opera. Non si tratta, però, solamente di una questione di sintassi o scelte lessicali, sarebbe riduttivo pensarlo. Il termine infatti assume un senso più esteso, che include l’utilizzo, da parte di un autore, delle immagini, dei riferimenti consapevoli e non, delle congetture sulle capacità dei

24 Myles McDowell, Fiction for children and adults: some essentials differences, in Children’s

Literature in Education, March 1973, volume 4, issue 1, pp 51.

25

Peter Hunt, An Introduction, Ibid., p 12.

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27

lettori di comprendere il testo e sul loro atteggiamento nei confronti della narrazione.27

Tutti questi aspetti si possono cogliere attraverso il particolare modo di scrivere dell’autore. Il tono che si ritrova spesso nei libri destinati ai bambini è un tono di voce “chiaro, leggero, non intrusivo e non troppo esigente dal punto di vista linguistico”28, in modo che l’autore riesca a creare una relazione profonda tra

il suo alter-ego e il lettore implicito bambino. Chambers fa l’esempio di un racconto di Roal Dahl, The Champion of the World, scritto prima per un pubblico di adulti (1959) e poi riadattato in un romanzo per bambini con lo stesso titolo (1962): ciò che è emerso da questo adattamento è una semplificazione del testo, per cui le frasi troppo lunghe sono state eliminate, sostituendo virgole con punti, così come le riflessioni astratte, ritenute forse troppo complesse da comprendere. Ne risulta un tono simile a quello delle narrazioni orali, dove la voce è quella di un adulto, amico dei bambini, che sa come farli divertire.29

E se lo stile rivela subito la relazione tra autore e lettore, così come l’immagine del lettore implicito, il punto di vista è allora un valido aiuto per rafforzare questo rapporto, soprattutto nel caso di libri per bambini. Gli autori adotteranno, per l’autore implicito, un punto di vista incentrato sui giovani protagonisti: perciò la trama avrà come protagonista un bambino e la narrazione sarà filtrata attraverso il suo sguardo e le sue sensazioni30. Assumendo il punto di vista del bambino, si ottiene un restringimento di focus che aiuta l’alter-ego dell’autore (l’autore implicito) a rimanere all’interno della prospettiva del proprio lettore-bambino. Il bambino, perciò, si trova davanti a un autore implicito col quale può entrare in sintonia, in quanto appartenente anche lui alla “tribù” dell’infanzia, ed è più probabile che si lasci trascinare dentro al testo, adottando così il punto di vista del lettore-bambino implicito. Questo vuol dire che è disposto ad abbandonarsi all’autore e al libro per lasciarsi coinvolgere nelle esperienze o avventure offerte dal testo.31

27 Ibid. 28 Ibid., p 118. 29 Ibid. 30 Ibid., p 119. 31 Ibid., p 120.

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Il punto di vista adottato da un autore è perciò molto importante, perché da un parte è un modo per creare una relazione particolare col proprio lettore, e dall’altra condiziona pesantemente il primo contatto del bambino con la lettura. Naturalmente, non tutti gli autori di libri per bambini scelgono questo tipo di focus ristretto, ma è vero che per il lettore-bambino è quello più adatto, che riesce a coinvolgerlo di più nella lettura.

Sempre collegata con il punto di vista è l’alleanza che si può creare con i bambini. Uno scrittore, infatti, può adoperarsi in modo significativo per avere il lettore-bambino dalla propria parte. Chambers fornisce l’esempio di Enid Blyton, famosa scrittrice per ragazzi: l’autrice, nei suoi libri, si schiera (da autore implicito) completamente dalla parte dei bambini (suoi lettori impliciti). Una volta che si è stretta questa alleanza tra l’autore e il lettore, anche adottando un punto di vista che coinvolga il bambino al meglio, l’autore potrà manipolare e servirsi di questo patto per portare il lettore verso i significati che vuole trattare32. Un esempio significativo è analizzato da Wolfgang Iser. Iser cita una scena tratta dal celebre libro di Charles Dickens, Oliver Twist (1837), in cui il povero e affamato Oliver ha la sfrontatezza (per come la vede il narratore) di implorare l’istitutore per avere un altro piatto di zuppa. Nella descrizione di questa “inaccettabile” richiesta, le emozioni profonde di Oliver non vengono prese in considerazione, mentre viene intenzionalmente enfatizzata l’irritazione delle autorità di fronte a quella richiesta così “assurda”. Il narratore prende chiaramente le parti dell’autorità, e con questa presa di posizione, insensibile agli occhi di chi legge, riesce a suscitare nei lettori una reazione istintiva di comprensione e compatimento nei confronti di quel povero bimbo senza cibo.33

Questa manipolazione serve anche a coinvolgere totalmente il lettore nella storia, che sarà così portato a continuare nella lettura per cogliere tutto ciò che il libro ha da offrire34.

Un altro modo per rendere partecipi i lettori sono i cosiddetti buchi narrativi, ossia dei vuoti lasciati apposta dall’autore nella narrazione, che il lettore 32 Ibid., p 123 33 Citato in Ibid. 34 Ibid.

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dovrà riempire per riuscire a comprendere appieno il testo. Chambers ne individua due tipi:

- il primo è un vuoto referenziale, collegato con le conoscenze preesistenti che un autore presuppone nei propri lettori, ed è più superficiale;

- il secondo è un vuoto di significato, legato agli indizi disseminati nel testo, ed è fondamentale invece per la comprensione piena del testo. Laurence Sterne ne parla direttamente nel Tristram Shandy:

Writing, when properly managed, (as you may be sure I think mine is) is but a different name for conversation: As no one, who knows what he is about in good company, would venture to talk all;—so no author, who understands the just boundaries of decorum and good breeding, would presume to think all: The truest respect which you can pay to the reader’s understanding, is to halve this matter amicably, and leave him something to imagine, in his turn, as well as yourself. For my own part, I am eternally paying him compliments of this kind, and do all that lies in my power to keep his imagination as busy as my own.35

Ovviamente, questa complicità presuppone due attori: anche il lettore deve accettare questo “gioco” e lasciarsi prendere dal testo, per riuscire a scoprirne il significato vero.

Utilizzare il concetto di lettore implicito per studiare un testo è perciò utile perché permette di capire che tipo di libro ci si trova davanti, e a chi è diretto, se a dei bambini o a degli adulti, grazie all’immagine che l’autore rivela del proprio lettore ideale. Questa consapevolezza è importante perché aiuterà a comprendere come mediare determinati libri a specifici lettori, bambini o ragazzi che siano36.

Discutendo sul modo in cui un autore per bambini dovrebbe scrivere, Jacqueline Rose parla di “purity of language (language as the unmediated reflection of the real world) and clarity in its organisation (no confusion between the narrator and the characters, between the speaker and what he or she describes)”37

. Rose sottolinea che il linguaggio usato nei libri per l’infanzia deve essere privo di filtri: bisogna anzi che rispecchi la realtà del mondo. Insiste poi

35 Laurence Sterne, The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman, Oxford University

Press, Oxford and New York, 2009, vol II, chapter XI, p 87.

36

Aidan Chambers, Il lettore, Ibid., p 127.

37

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moltissimo sulla chiarezza nell’organizzazione del testo, affinché non ci sia confusione tra la voce del narratore e i personaggi di cui parla. Quello che ci tiene a enfatizzare la critica è il pericolo in cui possono incombere gli scrittori per l’infanzia: la perdita dell’identità, e quelle modalità di scrittura dovrebbero servire proprio a evitarlo. Ci dice infatti,

writers for children must know who they are. They must know and understand children, otherwise they would not be able to write for them in the first place. But they must also know who they (as adults) are, otherwise that first knowledge might put their identity as writers at risk. What is at stake here is a fully literary demand for a cohesion of writing. It is a demand which rests on the formal distinction between narrator and characters, and then holds fast to that distinction to hold off a potential breakdown of literary language itself. The ethics of literature act as a defence mechanism against a possible confusion of tongues.38

Gli autori di libri per bambini devono essere coscienti del rischio che corrono. Da una parte devono conoscere e comprendere i bambini, in modo da essere in grado di scrivere per loro, ma dall’altra devono sapere chi sono loro come adulti. È giusto cercare di coinvolgere i bambini nella storia e quindi adottare un punto di vista focalizzato su un bambino è un’ottima tecnica per farlo al meglio, ma bisogna stare attenti a non confondere la voce dell’autore implicito con quella dell’autore reale.

Ecco allora che gli scrittori di letteratura per l’infanzia devono tenere a mente il loro ruolo, di autori adulti, ma anche capire profondamente i lettori a cui si rivolgono, soprattutto perché si tratta di bambini e ragazzi. Per questo tipo di destinatari, riuscire a identificarsi in una storia è ancora più importante e significativo, e sicuramente è un incentivo alla lettura di altri libri: la rappresentazione di idee, comportamenti, sensazioni e trame che comportano l’immedesimazione da parte dei lettori, fanno sì che si sentano compresi davvero. Il libro per ragazzi può essere inteso come uno specchio in cui il bambino, o l’adolescente, è in grado di vedersi riflesso39

. Infatti, leggendo, può identificarsi nei personaggi o vedersi attraverso l’occhio del protagonista, e in questo modo sarà maggiormente coinvolto.

38

Ibid., p 70.

39

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I bravi scrittori per l’infanzia sono capaci di raccontare il mondo attraverso gli occhi dei bambini, permettendo di conseguenza ai loro piccoli lettori di riconoscersi nelle storie che leggono, e anche di confrontarsi e scoprire cose nuove, ampliando la propria conoscenza. È come se questi autori mantenessero una parte del loro “io bambino” e fossero in grado di raccontarlo, senza vergognarsi o ritenerlo inferiore. Sembrano custodire quell’“occhio interiore”40

, capace di tornare indietro nella memoria e far rivivere, attraverso le parole, grandi emozioni. Come afferma Giovanni Calò, il cui pensiero si avvicina a quello di Jaqueline Rose, lo scrittore per bambini deve aver conservato dentro di sé l’anima del fanciullo e deve essere capace di renderla di nuovo viva e attuale. Deve saper osservare, vivere e descrivere il mondo proprio con l’occhio e lo spirito del fanciullo, quindi con la sua attitudine; ma, allo stesso tempo, deve avere la maturità dell’adulto per ricavare da questo atteggiamento i frutti che il fanciullo non saprebbe ricavare.41 L’adulto deve essere in grado di non annullarsi in questa ritrovata anima infantile, ma rievocarla e raccontarla con la consapevolezza più matura dell’adulto.

La narrativa per l’infanzia si delinea come un grande dispensatore di parole, al quale i bambini possono attingere continuamente, in un rapporto particolare di scambio, nel quale i bambini ottengono sempre qualcosa di positivo. Il segreto di chi scrive sta

in quella misteriosa sintonia, in quella qualità empatica che nasce dalla capacità di ascoltare, vedere, ricordare l’infanzia così com’è e di farne realmente un luogo dell’anima, come dice Benjamin. Questa sorprendente alchimia riesce ai grandi scrittori che continuano ad alimentare i sogni di tanti bambini e adolescenti con miracolose corrispondenze.42

40 Ibid., p 64. 41

Giovanni Calò, citato in A. Dotti, Autori di letteratura per l’infanzia, Centro programmazione editoriale, Modena, 1978, pp 11-12.

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