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), seguono alcuni dialoghi autografi di Torquato: il Beltramo (c. 23

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(1)

N OTA AL TESTO

L’A UTOGRAFO M ARCIANO ( A UT )

Del Floridante esiste un manoscritto autografo di Bernardo che, con ogni probabilità, costituisce la prima fase redazionale dell’opera: nella prima carta (non numerata) si legge infatti: «Nel nome di Dio ho cominciato il mio | Floridante il XXIIII di Novembre | del M.D.LXIII. | il mercoledì».

Il manoscritto è conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia (Mss. italiani, cl. IX, 189=6287; provenienza: Apostolo Zeno 149), ma il codice che lo contiene è composito perché, alle ottave del Floridante (cc. 1-22

v

), seguono alcuni dialoghi autografi di Torquato: il Beltramo (c. 23

rv

); Il forestiero napolitano overo della Cortesia (cc.

24

r

-38

v

); Il forestiero napolitano overo della Gelosia (cc. 39

v

-52

r

); L’Ardizio overo di quel che basta (c. 52

v

); Il Forno overo de la Pietà (cc. 53

r

-65

r

); Se sempre si debba schivar la similitudine delle consonanze (c. 67

v

); infine, sul verso dell’ultima pagina, la 68, abbiamo ancora un autografo di Bernardo: «Nomi da porre nel Floridante»; una frase riguardante la Poetica di Aristotele; ed un’ottava, «Era ne la stagion che il freddo perde».

I primi ventidue fogli contengono pressappoco tre canti del Floridante: il Canto Primo (c. 1

r

: «Del Floridante del sig. Ber. | Tasso

CANTO PRIMO

») occupa le cc. 1

r

-5

v

e si interrompe all’ottava 44 del c. I a stampa, dal quale risulta piuttosto differente nonostante le stratificate e tormentate correzioni, spesso di difficile lettura, che ci dimostrano uno stadio compositivo ancora in forma di abbozzo.

Il secondo canto inizia nello stesso foglio del primo (cc. 5

v

-12

v

) quasi senza

soluzione di continuità, poiché Bernardo inserisce nell’interlinea tra l’ultimo verso del

canto I e l’inizio di questo la dicitura «

CANTO SECONDO

», mentre sul margine sinistro

scrive «Questo canto | è copiato»: il canto corrisponde al X

o

(non al secondo) della

redazione a stampa, ma le varianti tra queste due fasi compositive sono piuttosto

esigue, anche perché le correzioni che Bernardo apporta sui margini del testo, da lui

copiato in bella ed ordinata grafia al centro della pagina, lo rendono molto simile alla

stesura definitiva, fatta eccezione per 45 ottave (X 26-71) in lode di gentildonne del

tempo, che Torquato aggiunse di sua mano nella speranza di mostrare «a questi

serenissimi signori il desiderio c’ho de la grazia loro» e delle quali pure possediamo

(2)

l’autografo, conservato presso la Bibl. Estense di Modena (Segn. α.V.7.2=It.379/a, un tempo II, F, 18, cc.124

v

-130

v

)

1

.

Il terzo canto occupa le carte 13

r

-22

v

ed è segnato come Canto ; sul margine sinistro si legge la scritta I

CASTO

e sotto S

CRITTO

. Icasto è, infatti, il cavaliere partito alla ricerca di Floridante e protagonista di questo canto, mentre il canto secondo (decimo) narrava di Cleante ed il primo di Floridante e del suo allontanamento fuggitivo dalla corte del padre. Anche questo testo sembra copiato perchè, come nel precedente, pochi sono gli emendamenti e spesso sistematicamente inseriti sui margini, o nell’interlinea soprascritto ad una cassatura, con ben poche differenze rispetto alla versione a stampa, nella quale questo canto corrisponde al XVIII; vi sono, poi, ottave di un’altra mano, non di rado nella stessa pagina autografa di Bernardo, il che ci conferma che anche questa è una bella copia di una fase redazionale antecedente: questa seconda grafia è piuttosto slargata, a fronte di un’estrema compattezza di quella di Bernardo, e balza subito agli occhi proprio perchè fuoriesce di almeno un terzo rispetto alla colonna formata dalla scrittura del nostro e tende, di ottava in ottava, ad allargarsi sempre di più. Non escluderei che questa sia la grafia di Torquato perché alcuni segni (in particolare la coppia gl, le h, le l, le g, la p) sono molto simili a quelli presenti nelle pagine successive del codice, autografi certi di Torquato, che il Raimondi attribuisce all’anno 1579

2

. Bisogna, però, comparare questa seconda grafia con un autografo di Torquato risalente ai primi anni della sua produzione, e quindi del Gierusalemme, o delle rime Urbinati, o dei Discorsi dell’arte poetica, e comunque antecedente al 1569, anno della morte di Bernardo. Va, poi, tenuto conto del fatto che la presenza, nella stessa pagina, della mano di Bernardo funge – in un certo senso – da limite alla ‘tendenza elastica’ di questa seconda mano, e che caratteristica peculiare della grafia di Torquato è proprio questo sconfinamento oltre i limiti della riga e dei margini, al di là di ogni ordine apparente, in pagine nella quali è difficile a volte persino seguire l’esatta successione delle parole. Le strofe di altra mano sono: l’intera c. 17

v

( 1-4 = 37-40); c. 19

r

2-3 (= 50-51); c. 20

r

3 – 21

r

1 (= 59-65); 22

r

1-2 (= 73-74): in ogni pagina vi sono quattro ottave, per cui, sottraendo, si ottengono quelle autografe di Bernardo, cui bisogna aggiungere un numero esiguo di correzioni formali o sostanziali

3

.

Un ultimo dato relativo a questi tre canti è la presenza di varianti segnate con un inchiostro differente, leggermente più tenue e dal tratto più sottile, che dimostrano uno stadio di revisione successivo ai numerosi aggiustamenti operati in fieri: nella

1

Cfr. infra, cap. X, Torquato editore.

2

T. T

ASSO

, Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958, vol. I, pp. 13-18.

3 Per citare degli esempi: c. 20v adversario] avversario marg. sin; c. 21r superbo in vista] e fiero cassato e soprascr.

(3)

trascrizione del manoscritto abbiamo utilizzato il grassetto per evidenziare questo aspetto.

Abbiamo già anticipato che l’ultima pagina del codice è nuovamente autografa di Bernardo e contiene dei «Nomi da porre nel Floridante»: i nomi sono quelli dei cavalieri partiti alla ricerca del principe di Castiglia, alcuni dei quali ritroviamo anche nella redazione a stampa, nella rassegna di presentazione del primo canto (I 30-37) e nei canti a loro dedicati, altri solo nel primo canto del manoscritto marciano, come varianti poi cassate. E, infatti, alcuni di questi nomi dimostrano chiaramente essere alternative possibili, in un momento di iniziale incertezza riguardo al numero dei cavalieri

4

ed al loro status: i sei nomi principali sono scritti in orizzontale con uno spazio ben definito a separarli, e sono: Lampadoro, Tarconte, Florimarte, Tarpando, Balarco, Perineo; sotto Lampadoro abbiamo Bramadoro, e sotto ancora Floridoro;

sotto Tarconte Tesifunte; e sotto Balarco Clearco.

Lampadoro, Florimarte e Floridoro sono il primo, il quarto e l’ottavo cavaliere che si presentano al re per prendere licenza ed intraprendere la ricerca di Floridante, ed a loro sono dedicati i canti IX, XII e XVII; Tarconte compare nel canto IX, ott.

52, nei panni di un gigante superbo che ha rapito una donna ed è stato ucciso da Floridante; non Tesifunte, ma Tesifonte, è, invece, la lezione manoscritta corrispondente ai versi 7-8 dell’ottava 35 a stampa («Floridor lo seguia, giovine lieto | nato in riva del mar presso il Sebeto»): «Con questo sempre andava Tesifonte |

<Nato su> Che beve l’Istro et di conte»; lo spazio bianco e la parola in rima

«conte» sotto «Tesifonte» confermano l’ipotesi dell’incertezza di Bernardo e della variabilità ed intercambiabilità di questi nomi, appuntati sull’ultima pagina di un codice che, verosimilmente, era in gran parte bianco, se poi Bernardo potè copiarvi i suoi canti e Torquato scrivervi parte dei Dialoghi. Troviamo, infatti, anche «Clearco» e

«Filidor» come alternativa all’ «Ipparco» dell’ottava a stampa 33, v. 6: «<Clearco è l’altro> Filidor l’altro sopr.», mentre non c’è traccia della definitiva versione «Ipparco l’altro». Infine, non «Balarco» ma «Balastro» è uno degli avversari di Floridante al torneo di Cornovaglia, nel canto VI.

A questi nomi segue una frase di difficile lettura, che si rifà alla Poetica di Aristotele: quello che sono riuscita a decifrare è: «Ne la poetica comentata dal maggio tav\rar? 93 a la pa+ 31 che il poema | eroico non è constretto a determinate ++++

star tragedia epopeia di ++++ | similis et apparet (c’è poi uno scarabocchio).

Epopeia temporis spatio nò iungit res».

Ancora sotto, sul lato sinistro del foglio, un altro nome di cavaliere: «Silvano Principe di Biscaglia» e, sotto Silvano, Floridano: Floridano non è mai nominato, ma

4 Bernardo, infatti, nel primo canto manoscritto, si rivela incerto sul numero dei cavalieri destinati dal re a seguire le orme del figlio: all’ott. 29, v. 2, scrive in un primo momento «sol dieci n’elesse»; cancella poi e soprascrive «sei solo»; espunge poi anche questa variante soprascritta e reintroduce, nuovamente, «sol dieci».

In una lettera a Torquato, per la quale cfr. infra, cap. VII, parla invece di dodici cavalieri.

(4)

Silvano è il terzo cavaliere della rassegna ed a lui è dedicato il canto XI: «Il terzo cavaliero era Silvano, | conte di Fiandra valoroso e fiero» (32 1-2), la cui versione manoscritta era: «Il terzo cavaliere era <Silvano> <Traiano> Silvano | Conte di Fiandra (Principe di biscaglia soprascr.) giovinett valoroso e fiero [i tre gruppi sono cassati con tre distinti freghi; soprascritto a Conte di Fiandra è Principe di Biscaglia, poi cassato, et forte soprascritto dopo giovinett e poi cassato, cui segue, all’estremo lato destro Conte di Fiandra valoroso e fiero». La variante «Principe di Biscaglia» è reinserita poco oltre, all’ott. 33, v. 1, riferita a Florimarte.

In fondo alla pagina, sempre sul lato destro, vi sono poi tre nomi femminili:

Elidora Elisena Flavilla: Elisena è, nell’Amadigi, moglie di Perione e madre di Amadigi e Galaor; Flavilla è, invece, la donna salvata in extremis da Lampadoro, nel canto IX, dalle fiamme in cui stava per essere gettata con l’amante dal suo rapitore.

Sul lato destro, all’altezza della parola «Floridano» vi è infine un’ottava, che sembra un possibile incipit ‘naturalistico’ di canto:

Era ne la stagion che’l freddo perde E cede a i vaghi fior a le viole Allhor che’l terren molle si rinverde Gravido fatto dal calor del sole

Quando ogni praticel purpureo et verde Garrir cò l’arie pellegrine vuole

Allhor che cò la sua dolce famiglia Primavera m’invita bianca e vermiglia.

Al v. 3 il «si» è soprascritto, mentre il verso 5 presenta una variante, da me non inserita a testo per semplificare la lettura: «Quando ogni praticel vermiglio sottolineato et verde segue un segno che sembra una a purpureo»: la sottolineatura di vermiglio sta ad indicare che purpureo ne è variante, determinata probabilmente dal «vermiglia» in rima con «famiglia» del v. 8. Non vi sono tracce, nel Floridante, di questa ottava, ma il primo emistichio, peraltro topico, ritorna nel primo verso del canto XI: «Era ne la stagion che’l villan suole».

Un ultimo rilievo, non strettamente testuale, ci conferma che il manoscritto marciano non fu l’ultima volontà di Bernardo: una lettera che Torquato scrisse il 5 maggio 1587 al Costantini, quando il Floridante era ormai già stato rivisto e ritoccato da Torquato ed era probabilmente in fase di stampa:

Mi fu in questi giorni mandato un libro di mio padre da Bergamo, nel quale era il primo canto del Floridante con alcune stanze che mancano nel principio: ne ho aggiunte alcune altre, e le mando a Vostra Signoria: sono quattro a punto, e potranno stamparsi dopo quella, «E voi gran duce»

5

.

Ed un’altra, del 14 dello stesso mese:

5 Lett. III, 808.

(5)

Mandai a Vostra Signoria alcune stanze trovate in un libro di mio padre, mandatomi da Bergomo; le quali deono essere aggiunte nel principio: e credo che a quest’ora le avrà avute, perché io diedi il piego al signor Periteo Malvezzi

6

.

La copia del Floridante inviatagli da Bergamo è con ogni probabilità il manoscritto ora marciano, anche in ragione di una lettera di Gregorio Capelluti, arciprete della cattedrale di Mantova, a Vincenzo Gonzaga, nella quale questi segnala la presenza, tra i libri lasciati da Torquato dopo la sua partenza dalla corte, di uno «sul quale è scritto il suo Floridante e il Beltramo, questo di sua mano, quello no»

7

.

6 Lett. III, 816.

7 SOLERTI, Vita di Torquato…, II, lett. CCXLVIII, p. 308.

(6)

L’ EDIZIONE B ENACCI ( B ), B OLOGNA , 1587

La presente edizione è condotta sul testo di quella che riteniamo la princeps del Floridante, stampata a Bologna presso Alessandro Benacci nel 1587:

IL | FLORIDANTE | DEL SIG. BERNARDO | TASSO, | AL SERENISSIMO SIGN.

IL SIGNOR |GVGLIELMO GONZAGA | DVCA DI MANTOVA, ETC. | Con gli Argumenti à ciascun Canto del Signor | ANTONIO COSTANTINI | Nuouamente stampato. | [marca ed. con impresa:

FLUCTIBUS ET FREMITU ASSURGENS BENACE MARINO

] | IN BOLOGNA, Per Alessandro Benacci. | Con licenza de’superiori. MDLXXXVII

In 4

o

[cm. 20 ×14,7], pp. (VIII)-157-(III).

Le otto pagine non numerate, in principio, contengono il frontespizio, la lettera dedicatoria di Torquato al Duca di Mantova

8

, un sonetto del Costantini al duca

9

e un altro di Giovan Galeazzo Rossi al Costantini

10

(Quel cigno peregrin del bel Sebeto) relativo al salvataggio operato da Torquato – come Enea salvò Anchise – nei confronti del poema paterno; le tre non numerate, in fine, sono bianche.

Il testo è rilegato in quaterni ed è disposto su due colonne di cinque ottave l’una per pagina, ma fanno eccezione le pagine incipitarie di ogni canto, nella quali l’

ARGOMENTO

approntato dal Costantini occupa entrambe le colonne ed è incorniciato da un fregio a motivi geometrici e floreali, che è il medesimo che circoscrive la capitale di inizio-canto e l’articolo «il» del frontespizio. La prima ottava di ciascun canto è stampata in uno spazio interlineare pressappoco doppio: abbiamo, quindi, nove ottave per pagina nel caso in cui l’

ARGOMENTO

si trovi nella pagina di chiusura del canto precedente; cinque strofe nel caso in cui l’

ARGOMENTO

e l’inizio del canto si situino nella medesima pagina.

Il carattere utilizzato è il corsivo, ma sono stampati in tondo buona parte del frontespizio e l’intera dedicatoria di Torquato, l’intestazione e la capitale dei due sonetti encomiastici, il titolo del poema nella pagina iniziale, l’intestazione degli

ARGOMENTI

del Costantini, le capitali e le sigle di chiusura dei singoli canti.

8 ALSERENISSIMOSIG.|ILSIG.GUGLIELMOGONZAGA|DUCADIMANTOVA ETC.| [S]ignore, e Padron mio Colendissimo

9 ALSERENISSIMOSIG.|DUCADIMANTOVA| IL SIG. ANTONIO COSTANTINI

10 DELSIG.CAVALIER|GIO.GALEAZZOROSSI| AL SIG. ANTONIO COSTANTINO

Il sonetto di Giovan Galeazzo Rossi non compare nelle successive ristampe

(7)

L’ EDIZIONE R OSSI ( R ), B OLOGNA , 1587

Lo stesso anno della Benacci venne pubblicata, sempre a Bologna, una seconda edizione del Floridante da Giovan Galeazzo Rossi, stampatore veneziano giunto a Bologna nel 1558; nel 1559 sottoscrisse una società tipografica proprio con Alessandro Benacci, anch’egli ai suoi esordi, pubblicando nove opere in comune, ma nel giro di tre anni l’esperienza si consumò a favore di una non rigida ‘divisione delle competenze’, che venne poi definitivamente sancita nel 1572, quando Carlo Sigonio affidò al Rossi l’incarico di stampatore della novella «Società Tipografica»: ben presto le commesse del mondo universitario e laico divennero appannaggio del Rossi, mentre quelle dell’ambiente governativo ed episcopale trovarono come punto di riferimento l’altro autorevole editore bolognese, Alessandro Benacci appunto

11

. Si può perciò ipotizzare che l’edizione di una medesima opera nello stesso anno, e presumibilmente a distanza di pochi mesi (sappiamo dall’epistolario di Torquato che il Floridante venne alla luce intorno al 17 di luglio del 1587), avesse due diverse destinazioni: una medio- alta, che presentasse ad un pubblico altolocato (ed ai principi, dai quali Torquato sperava di ottenere la definitiva ‘liberazione’ da S. Anna ed una qualche rendita pecuniaria) un volume più elegante e costoso, stampato in 4

o

con caratteri grandi e ben leggibili; l’altra, all’opposto, che offrisse un prodotto più economico e maneggevole, in 8

o

, per un pubblico medio-basso ed una diffusione a largo spettro:

IL | FLORIDANTE | DEL SIGNOR | BERNARDO | TASSO. | AL SERENISSIMO SIGNOR, IL SIG. | GUGLIELMO | GONZAGA | DUCA | DI MANTOVA, ETC. | Con gli Argomenti à ciascun Canto del Signor |

ANTONIO COSTANTINI

. | Nuouamente stampato.

| [marca ed. raff. Mercurio] | IN BOLOGNA, |PER GIO. ROSSI. MDLXXXVII. | Con licenza de’ Superiori.

In-8

o

[cm. 16,5×11,5], pp. [8], 158, [2]. Segn. 54 D. 180.

Le otto pagine non numerate, in principio, contengono il frontespizio, la lettera dedicatoria di Torquato al Duca di Mantova

12

ed il sonetto del Costantini al duca

13

; le due non numerate, in fine, contengono la tavola

ERRORI. CORREZIONI.

ed una pagina bianca.

11 Sui due stampatori bolognesi, cfr. Dizionario biografico degli italiani, vol. VIII, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1966, pp. 156-58; Dizionario dei tipografi e degli editori italiani. Il Cinquecento, diretto da M.

Menato, E. Sandal, G. Zappella, vol. I, Milano, Editrice Bibliografica, 1997, pp. 98-104; F. ASCARELLI, M.

MENATO, La tipografia del ‘500 in Italia, Firenze, Olschki, 1989; F.ASCARELLI, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze, Sansoni, 1953, pp. 45-8; P.BOLLETTINI, La stamperia camerale di Bologna: Alessandro e Vittorio Benacci (1587- 1629), in «La Bibliofilia», XCV (1993) 3, pp. 271-301; A. CORBELLI, Storia della stampa in Bologna, Bologna, Zanicchelli, 1929, pp. 106-14.

12 ALSERENISS.SIG.|ILSIGNORE |GUGLIELMO|GONZAGA|DUCADIMANTOVA| ETC.|

Signor,& Padron mio Colendissimo

13 AL|SERENISSIMO|SIGNORDUCA|DIMANTOVA|ETC.| IL SIG. ANTONIO COSTANTINI

(8)

Come nella Benacci, il testo è disposto su due colonne di cinque ottave l’una per pagina, ma è stampato in caratteri pressocchè dimezzati ed al limite del leggibile;

fanno eccezione nella disposizione solo le pagine incipitarie di ogni canto, nella quali l’

ARGOMENTO

del Costantini occupa entrambe le colonne ed è incorniciato da un fregio a motivi geometrici e floreali. La capitale di ciascun canto è caratterizzata da figure umane a mezzo busto circondate da motivi floreali e si dispone sul margine sinistro dei primi tre versi della prima ottava: abbiamo, quindi, nove ottave per pagina nel caso in cui l’

ARGOMENTO

si trovi nella pagina di chiusura del canto precedente;

cinque strofe nel caso in cui l’

ARGOMENTO

e l’inizio del canto si situino nella medesima pagina, che è il caso più frequente.

Il carattere utilizzato è il corsivo; sono stampati in tondo buona parte del frontespizio e l’intera dedicatoria di Torquato, l’intestazione e la capitale del sonetto del Costantini, il titolo del poema nella pagina iniziale, gli

ARGOMENTI

del Costantini, le capitali e la prima parola dei singoli canti (fa eccezione la prima parola dei canti V, VI, XII, XVIII) e la tavola

ERRORI. CORREZIONI.

in fondo al volume.

L’ EDIZIONE O SANNA ( O ), M ANTOVA , 1588

L’ultima edizione antica del Floridante uscì presso i torchi mantovani dell’Osanna

14

l’anno successivo, nel 1588:

IL | FLORIDANTE |

DEL SIGNOR

| BERNARDO | TASSO. | AL SERENISS. SIG. |

IL SIGNOR

| GUGLIELMO | GONZAGA |

DUCA

| DI MANTOVA, ETC. | Con gli Argomenti à ciascun Canto del Signor |

ANTONIO COSTANTINI

. | Di nuovo ricorretto, &

ristampato. | [marca ed., con impresa:

VIRTUTE E LABORE

] |

IN MANTOVA

| Appresso Francesco Osanna Stampator Ducale. |

MDLXXXVIII

. In-12

o

[cm. 14×7,3], [8], pp.

372. Segn. 91 C 300.

Le otto pagine non numerate, in principio, contengono il frontespizio, la lettera dedicatoria di Torquato al Duca di Mantova

15

ed il sonetto del Costantini al duca

16

.

14 Sull’Osanna cfr

.

A.MAGNAGUTI, Gli Osanna tipografi mantovani dei sec. XVI e XVII, in «Atti e memorie della reale Accademia Virgiliana di Mantova», XIX-XX, (1926-7), pp. 65-110; e A.MAGNAGUTI, Il tipografo del Tasso. Messer Francesco Osanna, in «Atti e memorie della reale Accademia Virgiliana di Mantova», XXV, (1939) , pp. 157-68.

15 ALSERENISS.SIG.|ILSIGNOR|GUGLIELMO|GONZAGA|DUCADIMANTOVA|EDI

MONFERRATO ETC.|

Signor,& Padron mio | Colendissimo

16 AL|SERENISSIMO|SIGNORDUCA|DIMANTOVA|EDIMONFERRATO|ETC.|IL SIG. ANTONIO|

Costantini

(9)

Il testo è disposto su una sola colonna per pagina e contiene quattro ottave: fanno eccezione le pagine incipitarie di ciascun canto, nelle quali vi sono solo due strofe, in quanto l’

ARGOMENTO

del Costantini occupa lo spazio di due ottave ed è incorniciato da un fregio a motivi floreali. La capitale di ciascun canto è incastonata anch’essa in un motivo floreale, ma diverso da quello che incornicia gli

ARGOMENTI

, e si dispone sul margine sinistro dei primi quattro versi della prima ottava: fanno eccezione i canti IV, VIII, X, XII, XIV, XV, XVI, XIX, nei quali la capitale è una lettera maiuscola in tondo.

Il carattere utilizzato è il corsivo; sono stampati in tondo buona parte del frontespizio e l’intera dedicatoria di Torquato, l’intestazione e la capitale del sonetto del Costantini, il titolo del poema nella pagina iniziale, gli

ARGOMENTI

del Costantini, le sigle di apertura e le capitali dei singoli canti , ma anche alcune parti del testo: le parole Dio-Iddio e le imprese dei cavalieri nel canto I.

L’ EDIZIONE ‘ FANTASMA ’: O SANNA , M ANTOVA , 1587

Tra il ‘700 e l’800 numerosi biografi e bibliografi sostennero la presenza di una quarta cinquecentina che, secondo alcuni, sarebbe addirittura la princeps: una Osanna del 1587, in 4

o

.

La prima traccia da me rinvenuta si trova nella Biblioteca del Fontanini

17

, edita per la prima volta nel 1706 (e ripubblicata poi varie volte in edizioni sempre accresciute, fino all’ultima del 1803-4), ma si rivela già contraddittoria: mentre il Fontanini pone a testo l’edizione Osanna del 1588 specificando che prima di questa le edizioni furono due: Benacci, 1587 e Rossi, 1587, lo Zeno, nell’edizione della Biblioteca da lui curata nel 1753, afferma che le edizioni furono quattro e che la princeps fosse l’Osanna del 1587, ritenendola curata direttamente dal Costantini, che si trovava allora a Mantova come segretario del Duca. Sappiamo invece per certo (innanzi tutto dall’epistolario di Torquato) che il Costantini si era trasferito da Ferrara a Bologna nel 1587, come segretario dell’ambasciatore di Toscana Camillo degli Albizi: il che trova conferma nell’ultimo curatore anonimo della Biblioteca, che menziona, però, solo la residenza ferrarese del Costantini, smentisce lo Zeno sulla cronologia (ma non sul numero delle edizioni) e si avvale dell’ intervento del Serassi, biografo di Bernardo, affermando che l’Osanna dell’87 fu almeno seconda alla Benacci.

Nell’arco del ‘700, infatti, mentre la Biblioteca cambiava prospettiva sulla ‘questione Floridante’, furono pubblicate due biografie di Bernardo: la prima dal Seghezzi, nel

17 G.FONTANINI,

Biblioteca dell’eloquenza italiana […] con le annotazioni del signor Apostolo Zeno […]

Accresciuta di nuove aggiunte, Parma, Gozzi, 1803, vol. I, pag. 288.

(10)

1733

18

, la seconda dal Serassi, nel 1749

19

, che ripropongono la biforcazione Zeno- anonimo; il Seghezzi dà come princeps l’ Osanna del 1587 in 4

o

e parla di quattro edizioni; il Serassi, come l’anonimo, pone la Benacci come princeps, l’Osanna seconda e la Rossi terza, ma non allude all’Osanna dell’88, avvicinandosi in questo alla tesi del Fontanini su tre edizioni (con la notevole differenza di un Osanna ’87 \ ’88).

E ancora nell’800 la questione si ripresenta negli stessi termini: la coppia Melzi- Tosi

20

e il Campori

21

seguono la scia del Seghezzi, parlando di quattro stampe e dell’Osanna dell’87 come princeps; il Guasti

22

, il Solerti

23

e il Foffano

24

quella del Serassi: tre stampe dell’87 con a capo la Benacci.

Infine, nel ‘900, riappare l’edizione Mantovana dell’88 (dalla quale eravamo partiti con il Fontanini) grazie al Catalano

25

prima, ed al Williamson poi: quest’ultimo, però, ripropone l’annosa divaricazione poichè menziona, in sede bibliografica

26

tre edizioni del 1587, la prima delle quali sarebbe l’Osanna, ma si contraddice nel testo

27

affermando: «Two editions appeared in Bologna in 1587 and a third in Mantua the following year».

L’ EDIZIONE C ATALANO ( C AT )

28

Dopo l’edizione Osanna, il Floridante non fu più ripubblicato fino al 1931, quando Michele Catalano ne approntò un’edizione che non si può definire critica, ma che, nell’Introduzione, risolve il problema della storia del testo e della cronologia delle stampe, ed affronta in maniera sistematica (anche se forse un po’ troppo sbrigativa) il

18 Delle lettere di messer B. T. accresciute, corrette e illustrate. Volume primo-terzo. Con la vita dell’autore scritta dal signor Anton Federigo Seghezzi, e con l’aggiunta de’ testimoni più notabili, e degl’indici copiosissimi, Padova, Giuseppe Comino, 1733-1751.

19 Rime di messer B. T., edizione la più copiosa finora uscita con la vita nuovamente descritta del sig. abate Pierantonio Serassi, Bergamo, Pietro Lancellotti, 1749, 2 voll.

20 G.MELZI-TOSI, Bibliografia dei romanzi di cavalleria in versi e in prosa latini , Milano, Daelli, 1865, p. 282.

21 B. TASSO, Lettere inedite, a cura di G. Campori, Bologna, Romagnoli, 1869, XXIX, pp. 43-4.

22 Le Lettere di Torquato Tasso, disposte per ordine e tempo ed illustrate da C. Guasti, Napoli, Rondinella, 1857 , introduzione al vol. III., p. 5.

23 A. SOLERTI, Vita di Torquato Tasso, I, Torino, Loescher, 1895, p. 543: «Fu lo stesso anno ristampato in Mantova, presso Francesco Osanna, in 4o; e di nuovo in Bologna, appresso Giovanni Rossi, in 8o».

24 F. FOFFANO, Il Floridante di B. Tasso, «Archivio storico lombardo», XXII (1894), p. 137: «Il poema dovette piacere se fu ripubblicato l’anno stesso a Mantova, dall’Osanna, stampatore ducale, ed a Bologna».

25

B.TASSO,

Il Floridante, intr. e note di Michele Catalano, Torino, UTET, 1931.

26 E.WILLIAMSON,Bernardo Tasso, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1951, p. 159.

27 E.WILLIAMSON,Bernardo Tasso…p. 143.

28 B.TASSO,Floridante, introduzione e note di Michele Catalano, Unione Tipografica-Editrice Torinese, 1931.

(11)

rapporto tra il testo lasciato incompiuto da Bernardo e le interpolazioni di Torquato

29

, attraverso le testimonianze epistolari del carteggio Torquato-Costantini. Scrive il Catalano: «Nell’indagine che ho eseguito o fatto eseguire in tutti i depositi librari governativi e nelle maggiori biblioteche comunali e private, non ho rinvenuto che tre edizioni del Floridante: le due bolognesi del 1587 e quella mantovana del 1588, che ragionevolmente sembrano le sole che siano esistite. L’edizione dell’Osanna del 1587 deve ritenersi fabbricata o supposta da qualche bibliografo, tratto in inganno dalla lettera dedicatoria di Torquato, che reca la data ‘6 luglio 1587’, o fors’anco dalla dicitura ‘nuovamente stampato’ che si legge nel frontespizio delle edizioni bolognesi e non significa ‘ristampato’, ma ‘edito di recente’, oppure dalla frase: ‘Di nuovo ricorretto e ristampato’, aggiunta alla mantovana del 1588».

30

E, d’altra parte, la princeps non può che essere una delle due bolognesi perché, come abbiamo già detto, il Costantini, che aveva pazientemente trascritto in bella copia i quinternelli del poema per Torquato e si era assunto l’impegno di curarne la stampa, viveva a Bologna già dalla fine dell’anno precedente».

Nota ancora il Catalano, dopo la collazione delle tre stampe, che B è l’originale e R la copia, pur non intercorrendo, tra le due, consistenti differenze di lezione: il più delle volte l’una riproduce l’altra meccanicamente, ma in R si registrano spesso forme meno elette e più ammodernate rispetto a B, come fiero per fero, prezzo per pregio, distrutto per destrutto, due per duo, cameriero per camariero (variante, tra l’altro, avallata dall’autorità del manoscritto); talvolta R corregge errori di B, per esempio i versi ipermetri e le rime, per cui, deduce il Catalano, «è probabile che il Rossi si sia servito per la sua edizione di un esemplare di B, nel quale erano state segnate, forse dal Costantini stesso, un certo numero di correzioni da servire per un’errata corrige che non fu poi pubblicata. Questo sospetto viene corroborato da qualche lezione di B che reca tracce manifeste di essere esemplato non su di una stampa, ma direttamente dal manoscritto costellato di cassature e di correzioni. Così nel verso XIX 42

4

:

Quinci dona espone a l’honor l’invitto petto

è chiaro che i due verbi, dei quali uno è superfluo, non sono stati introdotti per capriccio del proto, ma perché così apparivano nell’originale, in cui uno dei due, forse il secondo, era sostituito all’altro. E infatti R stampa correttamente:

29

Tale rapporto era stata già indagato, con modalità e approccio differenti dal Foffano in Il Floridante di B. Tasso…; Ancora del Floridante, «Giornale storico della Letteratura italiana», XIV (1896), pp.188-89.

30 Infatti le indicazioni bibliografiche della supposta ediz. Osanna 1587 concordano con la bolognese del Benacci.

(12)

Quinci espone a l’honor l’invitto petto

31

»

Inoltre in R manca il sonetto di Giovanni Galeazzo Rossi in onore del Costantini, il che (aggiungiamo noi) ci dà un’ulteriore conferma della priorità di B, poiché in data 19 luglio, due giorni dopo che il Costantini aveva portato a Torquato il Floridante finalmente stampato, il Tasso scrive al Rossi: «Troppo m’obbliga Vostra Signoria con tante belle poesie: e bench’io sia in questa parte cattivo debitore, nondimeno prendo tempo a soddisfarla, parendomi che mi debba esser conceduto da la sua cortesia;

perché ora sono occupatissimo in racconciare alcuni miei discorsi del Poema eroico

32

» Infine, riguardo all’ed. Osanna 1588 il Catalano nota essere condotta su R, di cui conserva le lezioni, giuste o sbagliate che siano: «ciò prova che non poté esistere una edizione mantovana principe del 1587, stampata dall’Osanna, perché questo tipografo avrebbe sicuramente seguito, non una ristampa di ristampa, in cui si erano infiltrati molti errori, ma l’edizione uscita dalla propria officina»

33

. In conclusione, l’edizione da eleggere quasi unicamente a guida è B; R serve ad emendare alcuni versi; O non giova affatto alla costituzione critica del testo e può essere trascurata senza alcun danno. Tali dati sono stati confermati dall’analisi da me condotta sulle varianti dei tre esemplari, delle quali discuterò nei successivi paragrafi.

Ma, nonostante queste acute osservazioni, l’edizione Catalano non si può definire critica, perché non vengono chiariti i criteri adottati nella costituzione del testo che, ad un attento esame, non sono univoci: l’editore, per esempio, modifica alcune grafie analitiche di avverbi e preposizioni della princeps in sintetiche, ma non le uniforma, per cui troviamo il passaggio di molti «da la, da le, a la, ecc» in «dalla, dalle, alla, ecc…», ma altrettanti luoghi che conservano la forma analitica e\o sintetica di B, anche delle stesse forme sopracitate; introduce poi, a testo, isolate lezioni del manoscritto, senza specificarne le ragioni (I 23

1-4

: «Ma perché cresce ognor del vento l'ira, | e ‘l grande orgoglio [l’impeto grande B], il conquassato pino | con tal velocità la vela tira, | che sì lieve non va tonno o delfino) ed applica alcuni emendamenti assolutamente arbitrari (I 4

3

: «là ci vuole [suole B R O] inalzar virtute ardente; I 37 2 : «Il decimo era [fu B R O]

Urgante»).

31 B. TASSO, Il Floridante, intr. e note di Michele Catalano… p. XIII.

32 Lett. III 860, pp. 229-30.

33 B. TASSO, Il Floridante, intr. e note di Michele Catalano… p. XIV.

(13)

L’ EDIZIONE C ORSANO

34

Solamente nel 2006 la «Commissione Edizione Nazionale per le opere del Tasso»

promuove la pubblicazione dell’edizione critica del Floridante, a cura di Vittorio Corsano, che per la prima volta lo stampa a nome «Bernardo e Torquato Tasso». Tale scelta, opinabile se si considera che Torquato stesso lo pubblicò a nome del padre e che i suoi interventi sono poco documentabili

35

e certi solo relativamente alle parti encomiastiche del poema

36

, ha, d’altra parte, il pregio di unire inscindibilmente il binomio di padre e figlio, senza il quale l’opera non avrebbe mai visto la luce, dando forma a questa peculiare fusione tra due volontà e due destini, che nella città di Mantova e nel Floridante si riunirono simbolicamente e nella quale magicamente, attraverso la poesia, è stata la volontà del figlio a dar vita a quella del padre.

Corsano collaziona, per la definizione critica del testo, ventisette esemplari di B, tre di R ed uno di O, e consulta direttamente i materiali manoscritti relativi al Floridante:

34 BERNARDO E TORQUATO TASSO, Floridante, «Commissione Edizione Nazionale per le opere del Tasso», Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006.

35 La critica è poco concorde su questo punto: escluso il FOFFANO (Il Floridante di B. Tasso, «Archivio storico lombardo», XXII [1894] e Ancora del Floridante, «Giornale storico della Letteratura italiana», XIV [1896], pp.188-89), che propende per l’ipotesi che Bernardo lasciò l’opera «in una forma non molto diversa da quella in cui la leggiamo oggi» soprattutto per quanto riguarda i primi otto canti, mentre «moltissime devono essere state le correzioni di Torquato nella seconda parte, chè le espressioni da lui usate nelle lettere al Costantini di

“rassettare”, “correggere”, “racconciare”, hanno non dubbio significato» (p. 135 e 141) e, parzialmente, il CATALANO (p. IX: «Il 2 ottobre 1586 gli restituiva il Floridante [Torquato al Costantini], aggiustato e rabberciato alla meglio con l’introduzione di varie stanze composte da lui stesso o ricavate dall’Amadigi per colmare i vuoti del manoscritto, e trasportando alcuni canti e togliendone altri come soverchi»), il Daniele e la D’Alessandro attribuiscono alla mano di Torquato gran parte delle migliorie stilistiche ed interventi strutturali di non lieve portata. Si veda A.DANIELE,Ipotesi sul «Floridante», in Capitoli tassiani, Padova, Antenore, 1983, p.

204: «la portata dell’intervento di Torquato che, seppur operato su un materiale composito (di parti derivate dall’ Amadigi e di parti nuove abbozzate dal padre) non fu certo minimo, dovendo egli innanzi tutto supplire in molti punti alla mancanza di raccordo tra i vari spezzoni del poema e all’inserimento di quelle sequenze elogiative dalle quali sperava di trarre un qualche utile materiale»; e p. 230: «L’esempio vale anche a significare come Torquato si sia liberamente servito dell’intelaiatura di questo materiale, riformulandolo ai propri fini senza curarsi della collocazione (e in qualche misura anche della funzione) che esso aveva nello scritto di Bernardo»; F. D’ALESSANDRO, Dall’«Amadigi» al« Floridante»: le tracce di Torquato Tasso nell’opera del padre,

«Rendiconti dell’Istituto Lombardo», 131 (1997), p. 357: «l’individuazione particolareggiata dei mutamenti prodotti [tra l’Am e il Fl ] traccia un percorso di affinamento stilistico che, soprattutto in al cuni passi particolarmente significativi, lascia intravedere con nitidezza la mano dell’autore della Liberata». Più cauto, e preciso, V.CORSANO,Nota al testo, p. CXXX: «1) Bernardo abbozza una parte indefinita, ma consistente del poema, lasciandolo incompiuto alla sua morte; 2) Torquato raccoglie i materiali dispersi, li riordina, li completa e li invia al Costantini in forma di quinternelli; il poeta, è lecito supporre, lascia tracce del proprio passaggio a tutti i livelli (grafico-formale, sostanziale, strutturale), in più premette al testo una lettera di dedica al Duca Guglielmo Gonzaga; 3) Antonio Costantini coordina le operazioni editoriali presso lo stampatore Benacci di Bologna […]». Personalmente credo che l’intervento di Torquato sia stato minimo a livello grafico- formale e sostanziale, sulla scorta dell’ esame delle varianti tra le parti omologhe di Am e Fl e di alcune lettere di Torquato, ma che a lui si debba interamente (come nota anche Corsano, p. L-LI e CXXXVII-XL) la scelta della struttura a blocchi unitari (canti I-VIII Floridante; canti IX-XIX cavalieri). Si veda R. MORACE,

«Com’edra o vite implìca». Note sul «Floridante» di Bernardo Tasso, «Studi tassiani», LII (2004), pp. 51-86.

36 Cfr A.DANIELE, Ipotesi...;R.MORACE, «Com’edra o vite…p. 82

(14)

il Codice Marciano, del quale fornisce le varianti rispetto alla versione a stampa nella seconda fascia di apparato, alla fine dei canti I, X, XVIII (la prima fascia raccoglie, invece, gli emendamenti a B); di seguito, nelle Note esplicative è specificato lo stadio delle varianti manoscritte (quando sono scritte in righe successive, quando presentano segni di frego, rimandi, spazi bianchi, mancate concordanze di articoli e verbi a seguito di una cassatura, etc…) e sono chiarite le ragioni degli emendamenti applicati a B (senza distinzione, quindi, tra ciò che pertiene il codice e ciò che è procedimento editoriale moderno);

i due manoscritti conservati presso la Biblioteca Estense di Modena relativi alle 45 ottave in lode di gentildonne mantovane: E

2

, autografo di Torquato ed E

3

, apografo tratto da E

2

; le varianti di E

2

sono inserite nell’apparato del canto X senza soluzione di continuità rispetto a quelle del codice Marciano, che si interrompe all’ottava XXV e riprende alla LXII, mentre il codice modenese occupa le XXVII-LXXI. Nelle Note esplicative relative a queste ottave il Corsano fornisce le differenze di trascrizione tra E

2

, E

3

ed S (la pubblicazione ad opera del Solerti di E

237.

);

due copie della «Dedicatoria» del Floridante, presenti in codici miscellanei trascritti da varie mani (compresa quella del Foppa), entrambi conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Rvf

3

e V

78

): le varianti tra queste due copie e la loro discussione non si trova in apparato, ma nel paragrafo della Nota al Testo relativa ad O (p. CLXII).

Corsano prende in esame la secentina delle Lettere familiari del Tasso stampata a Praga

38

e curata dal Costantini (LFc), perché fu, con ogni probabilità, esemplata sugli originali

39

e nota che V

78

riproduce il testo tramandato da LFc, per cui i testimoni che prende in esame sono Rvf

3

e LFc (il Foppa nacque nel 1603, e quindi la stampa è precedente il manoscritto).

L’analisi di B che Corsano propone nella puntuale Nota al testo è molto dettagliata:

innanzi tutto ne rileva una doppia emissione

40

, in -4 piccolo ed in -4 grande; poi

37 T. TASSO, Poemi minori, II, Appendice IV, a cura di A. Solerti, Bologna, Zanichelli, 1891, p. 335.

38 LETTERE | FAMILIARI | DEL SIGNOR |TORQUATO | TASSO | Non più stampate | Con un dialogo dell’Imprese, del quale in esse | lettere si fa mentione | AL SERENISSI | MO SIGNORE IL SIG. DUCA | D’URBINO | [Marca tipografica costituita da festoni floreali; piccola e semplice, presenta al centro un viso umano con due ali sottostanti; sopra la marca, piccola decorazione silografica.] | IN PRAGA | Per TOBIA LEOPOLDI. 1617. L’esemplare consultato da Corsano si trova presso la Biblioteca Alessandrina di Roma, RARI 356.

39 G. RESTA, Studi sulle Lettere del Tasso, Firenze, Le Monnier, 1957. Cfr., poi, Lett. III 694, del 26 novembre 1586, nella quale Torquato annuncia al Costantini di avergli spedito la «dedicatoria»: è quindi ben probabile che il Costantini ne conservasse l’originale.

40 Cfr. p. CXXV, nota 73: «Sulla doppia emissione della Benacci, Catalano ha taciuto, sebbene fosse nota da tempo (cfr. il Manuel di Brunet) e avallasse le sue tesi. Questo aspetto, in realtà, non è affatto secondario, poiché rappresenta una costante nella carriera dell’autore. Si rilegga quanto scriveva Bernardo al Dolce il 20 ottobre 1554, in vista della quarta edizione delle sue Rime: “Di più vi prego che preghiate M.

Gabriello che que’ pochi libri che gli piacerà di donarmi perché io possa mostrarmene cortese cogli amici miei, faccia stampar in buona carta, e alquanto maggior dell’altre; e massime quelli ch’io ho da mandar alla

(15)

individua, tra le ventisette cinquecentine collazionate, una triplice tipologia di varianti (di cui fornisce l’elenco) ascrivibili al più vasto insieme dei refusi tipografici: assenza di un carattere, difetto di spaziatura, errori compositivi; ma, soprattutto, conduce un’analisi linguistica minuziosa ed attenta, che si articola «essenzialmente in un tentativo di definizione delle responsabilità autoriali [di Bernardo e di Torquato] e in una sintetica rassegna, solo in seconda battuta, dei suoi caratteri testuali e grafico-formali».

Corsano si interroga, quindi, sugli interventi di Torquato al testo lasciato incompiuto dal padre, partendo dalla oggettiva considerazione che vi sono almeno tre stadi: i materiali lasciati da Bernardo, con buona probabilità non definiti e non omogenei; la revisione e i «rabberciamenti» operati da Torquato; gli interventi grafico- formali del Costantini e dei correttori dell’officina Benacci.

Rispetto al primo punto mi sembra che il Corsano accetti senza verifica i risultati cui giunge la D’Alessandro analizzando le varianti delle ottave omologhe di Amadigi e Floridante, soprattutto perché «la progressiva eliminazione di un linguaggio quotidiano e la ricerca di uno stile alto e regolare» non sono argomenti probanti, se si considera che lo stesso Torquato, nella dedicatoria (che Corsano cita poco dopo in nota, parlando del ‘non finito’) scrive: «il quale [poema] egli [Bernardo] non condusse a fine nè corresse, come pensava, illustrando ed inalzando alcune parti»: Bernardo si provava consapevolmente, negli ultimi suoi anni di vita, sul terreno del poema (non più del romanzo cavalleresco), per cui le minime varianti che si registrano nel passaggio dalla prima alla seconda opera non ci dicono molto sulla paternità

41

. Ed infatti Corsano aggiunge, subito dopo: «Tuttavia è necessario osseravare che alcuni aspetti del testo, come le dichiarazioni di provvisorietà contenute nella dedica, il numero anomalo dei canti, la chiusura tragica sulla morte di uno dei cavalieri che cercano Floridante, sembrano concepiti appositamente per sottolinearne l’incompiutezza, quasi che Torquato, avendo per le mani ben altre opere del suo cantiere poetico, abbia spinto sul pedale del ‘non finito’ con un calcolo personal-editoriale, per disimpegnarsi senza danno dal poema e giustificarne in anticipo le imperfezioni di forma e di stile. Da questa prospettiva, dunque, lo studio delle due mani deve tener conto di un limite, cioè della possibilità che il revisore [Torquato] sia intervenuto in maniera diseguale, in

corte di Francia” (SEGHEZZI, II 50). Anche con l’Amadigi il poeta avrebbe adottato la medesima strategia (segnalano la doppia emissione G.MELZI,P.A.TOSI, Bibliografia…p. 282)». Nonostante il rilievo di Corsano sia molto interessante, bisogna considerare che nella vicenda editoriale del Floridante Bernardo non prese parte, essendo già morto da quasi venti anni; ma, come nota poco avanti lo stesso Corsano (mettendolo, però, in relazione con la stampa di R, di formato più piccolo, economico ed accessibile al grande pubblico), anche il Torrismondo venne stampato due volte da Comino Ventura, prima in -4 e poi in -8, nel settembre del 1587, due mesi dopo il Floridante.

41 Mi permetto, per rilievi più puntuali sulle singole varianti del rapporto Am-Flo di rimandare al mio Com’edra o vite…

(16)

alcuni luoghi a fondo e in altri superficialmente, restituendo alla favola una coerenza ma evitando la riscrittura a tappeto»

42

.

Riguardo gli interventi encomiastici di Torquato, Corsano concorda con il Daniele sulla scorta delle testimonianze epistolari del carteggio Torquato-Costantini:

«Sulla base dei dati esposti, il Daniele afferma che Torquato gestì l’abbozzo paterno con molta libertà. Credo che l’osservazione sia esatta e rispecchi lo stato attuale del testo, ma credo pure che vada estesa alla favola nel suo insieme». L’ipotesi di Corsano è che la struttura del Floridante a stampa, tripartita ed a blocchi unitari (prima parte relativa a Floridante, c. I-VIII, seconda parte dedicate ai cavalieri, cc. IX-XIX; parte finale, assente in B ma deducibile dalla lettera spedita da Bernardo a Torquato il 24 dicembre 1563 e dall’Amdigi, del trionfo avventuroso e matrimoniale di Floridante), di contro a quella alternata ravvisabile nel codice Marciano, sia ascrivibile a Torquato, in base all’affermazione di quest’ultimo del 2 ottobre 1586 di aver ‘trasposto’ alcuni canti, anche perché «è innegabile che i due modelli di dispositio, alternata e giustapposta, rivelino matrici culturali molto diverse: da un lato la matrice retorico- oraziana, umanistica e storicista, che prescrive un sapiente dosaggio di utile e diletto per suscitare l’attenzione del pubblico e indurlo all’ascolto; dall’altro la matrice aristotelica, razionalista e scientifica, attenta agli equilibri interni dell’opera d’arte e insofferente verso ogni tipo di disorganicità. Sull’attribuzione delle due matrici non vi sono dubbi […]. Il Floridante giustapposto impone una rottura, una sorta di cambio di rotta che sembra a dir poco arduo attribuire al vecchio Bernardo». Pur non riuscendo a comprendere perché Corsano parli di struttura giustapposta per il Floridante a stampa (mi sembra, infatti, che la struttura alternata: un canto di Floridante, un canto dei cavalieri, un canto di Floridante, ecc.. ipotizzabile per il codice marciano, imponga una giustapposizione molto maggiore di quella unitaria e tripartita) e come si concilii la deduzione – nata dall’attenta disamina dello stadio attuale del testo – del ‘non finito torquatesco’ con l’affermazione che egli intervenne ad ogni livello

43

e con molta libertà sull’ «abbozzo» paterno, credo che l’attribuzione della struttura del Floridante a stampa alla mano di Torquato colga pienamente nel segno. Ed anzi, mi spingerei oltre nell’ipotizzare che i quinternelli di cui tanto si parla nel carteggio Torquato-Costantini siano proprio quelli dell’Amadigi del ‘60, stampato dal Giolito in quinterni, dal quale vengono cassati i numerosi prologhi e congedi (spesso molto simili tra loro, nei quali

42 Aggiunge, poi, in nota, p. CXXXIV: «Oltre alla scarsa levigatezza stilistica d’innumerevoli passi, coerente alle affermazioni della dedica, un’altra prova a sostegno dell’ipotesi potrebbero essere due luoghi in cui il tessuto del racconto subisce evidenti smagliature: si tratta dei versi XV XXXII 1, dove un gigante stupratore viene definito buon, e XVI, XVII-XX, dove due vicende parallele, della regina di Danimarca e della sua donzella, si avviluppano oscuramente. Resta vero, però, che in entrambi i casi non sappiamo a chi attribuire la paternità degli errori: se al curatore del testo, Torquato, che non avrebbe introdotto le necessarie correzioni, o ai curatori della stampa, Costantini e Benacci, che si sarebbero confusi nella lettura dei quinternelli». Non riesco, però, a capire perché le vicende della regina e dell’ancella si ‘avviluppino oscuramente’ nel passo citato ed a cosa alluda Corsano.

43 Vd. supra, nota 35.

(17)

riccorre sistematicamente, per esempio, l’elemento della stanchezza del poeta e del prendere in mano\deporre la cetra: quindi «le parti duplicate») ed alcune similitudini insistite (in particolare nei duelli frequentemente troviamo tre similitudini o metafore in tre ottave; vi sono, poi, due strofe cassate notabili perché si focalizzano sull’amore del padre in esilio e della madre anziana che rivedono il figlio dopo lunghi anni).

L’unica pecca del lavoro critico del Corsano mi sembra proprio l’aver approfondito poco l’analisi contrastiva con l’Amadigi: «Pur evitando lo studio sistematico di B, che non direbbe niente di certo sulle abitudini dei due Tasso, può essere utile imbastire un’analisi contrastiva di codici e stampa, per formulare almeno qualche ipotesi sulla riscrittura dei primi da parte della seconda». Questa proposta è molto interessante, ma andrà approfondita con maggiore accuratezza ed integrata con la disamina dell’ Amadigi

44

, perché, nonostante l’affermazione sopracitata, il Corsano conduce uno studio sistematico, dettagliato, attento alle sfumature ed alle numerose incoerenze grafico-formali di B, ma non distingue quali di questi aspetti si trovino in M o in E

2

e parla genericamente «dei codici»

45

: solo nel caso degli accenti e degli apostrofi nota l’ortografia di B essere più simile ad E

2

, in quanto «la princeps non accenta mai, o quasi mai, alcune congiunzioni composte (ancorche, benche ecc.) e monosillabiche (che causale, ne), gli avverbi e congiunzioni cosi e si, gli avverbi gia e piu, la preposizione fuorche, il pronome personale tonico se, l’interiezione oime, il sostantivo pie (anche di, merce, fe), qualche rara occorrenza verbale (addurra, caccio, perde, ecc.)»: tutte queste abitudini grafiche si riscontrano anche in Am 60, così come la propensione per le grafie analitiche ed etimologiche

46

, alcune geminazioni ipercorrette e sonorizzazioni di matrice padana.

Tali considerazioni vogliono essere solo delle integrazioni utili per i prossimi studi, ma nulla vogliono togliere ai pregi di questa edizione, che per la prima volta dopo più di quattrocento anni ci fornisce un testo critico, necessario ed indispensabile proprio per la prosecuzione della ricerca futura, e per l’approfondimento di quel connubio tra la ventennale esperienza di Bernardo e la nascente poetica del figlio, tra

44 In apparato, nelle Note esplicative dei primi otto canti, «quando sia possibile e di qualche utilità», Corsano pone la lezione corrispondente dell’Amadigi, ma è evidente che l’operazione di raffronto è stata condotta solo sui luoghi da lui emendati, o problematici.

45 Al termine dell’analisi, p. CLIII, Corsano giunge comunque a due conclusioni, piuttosto generiche:

«La prima riguarda i caratteri formali della stampa, il cui complessivo rispetto della norma bembesca, unito alla presenza di alcune tracce dialettali, sembra riproporre una precisa peculiarità dei codici, ed in particolare di M [… ]. La seconda conclusione riguarda invece i caratteri grafici ed interpuntivi di B, e prospetta un intervento editoriale non sottoposto al controllo degli autori, ma non estraneo alla loro volontà: la distanza che separa le grafie e l’interpunzione di B da quelle dei codici [in M l’interpunzione è pressoché nulla], infatti, unita alle nostre conoscenze delle abitudini compositive di Bernardo e Torquato, rende accettabile lo scenario di una ‘delega all’editore’».

46 In quest’ambito bisogna distinguere come M faccia largo uso dell’h etimologica, ma non usi mai il nesso –ad (admetta, adversario, adverso: anzi, proprio Bernardo corregge, in M, la grafia adversario del copista in avversario, sul margine sinistro).

(18)

l’incompiuta forma di questo Floridante e la compiutezza teorica cui giungerà Torquato proprio negli anni della pubblicazione del testo paterno.

L A P RESENTE EDIZIONE

Nel momento in cui ho intrapreso lo studio del Floridante, quattro anni fa, non era ancora stata pubblicata l’edizione Corsano: motivo per cui il primo ‘passaggio obbligato’ era proprio la costituzione critica del testo.

Nonostante i criteri di edizione da me adottati siano differenti (Corsano è decisamente conservativo) mi sembra inutile riproporre interamente il testo, tanto più che gli esemplari da me collazionati sono appena tre (uno di B, uno di R ed uno di O) e che l’analisi linguistica e grafico-formale proposta da Corsano è di gran lunga più completa e dettagliata: mi limito, quindi, a presentare l’edizione dei soli primi otto canti del Floridante, per i quali ho eseguito un attento confronto con l’Amadigi (prima fascia di apparato) e per i quali propongo una forma di commento, assente in Corsano, che instaura un preciso rapporto con le opere di Torquato (terza fascia di apparato), proprio al fine di individuare più precisamente i rapporti poetici reciproci tra padre e figlio.

La recensio degli esemplari del Floridante presenti nelle Biblioteche nazionali e internazionali è stata da me condotta prevalentemente per via informatica, grazie alla base dati multimediale fornita dall’Istituto centrale per il Catalogo Unico

47

, e dall’Università di Karlsruhe

48

., ma poi integrata dalla consultazione diretta dei cataloghi cartacei e dal contatto telefonico o via e-mail con alcune delle principali biblioteche italiane. I testimoni individuati sono molti meno di quelli trovati da Corsano, ma ne fornisco l’elenco perché aggiungono qualcosa rispetto alla sua indagine:

Benacci:

1) Biblioteca Civica Angelo Mai, Bergamo (BG)

2) Biblioteca Mons. Giacomo Maria Radini Tedeschi, Bergamo (BG) 3) Biblioteca Estense Universitaria, Modena (MO)

4) Biblioteca Palatina, Parma, (PR)

5) Biblioteca universitaria Alessandrina, Roma (RM)

47 La base dati, consultabile all’indirizzo www.sbn.it, si avvale del contributo dell’Anagrafe delle Biblioteche italiane, che raccoglie informazioni su 15.705 biblioteche italiane, e di EDIT 16, il censimento delle edizioni stampate tra il 1501 ed il 1600 in Italia, in qualsiasi lingua, ed all’estero, in lingua italiana, condotto su una base di 1200 biblioteche italiane, la Biblioteca statale della Repubblica di San Marino ed alcune biblioteche appartenenti alla Stato della Città del Vaticano, tra cui la Biblioteca Apostolica Vaticana. I dati relativi al numero delle biblioteche sono aggiornati all’aprile del 2006.

48 Consultabile al sito: www.ubka.uni-karlsruhe.de/kvk.html: raccoglie dati provenienti dalle più importanti biblioteche di tutto il mondo.

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6-7) Biblioteca Apostolica Vaticana (2 esemplari) 8) Biblioteca Marciana, Venezia (VE)

9) Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna (BO) 10) Bibioteca. Riccardiana (FI)

11) Biblioteca Nazionale Centrale (Roma) 12) Biblioteca Universitaria, (BO) 13) Università di Toronto

14) Manchester

Rossi:

1) Biblioteca Comunale Planettiana, Jesi (AN) 2) Biblioteca Universitaria, Genova (GE) 3) Biblioteca Nazionale centrale, Firenze (FI) ( 4) Biblioteca Marciana, Venezia (VE)

5) Biblioteca Civica Angelo Mai, Bergamo (BG) 6) Biblioteca Apostolica Vaticana

7)Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna (BO) 8) Biblioteca Universitaria ‘La Sapienza’, Pisa (PI) 9) esemplare in vendita

10) Zurigo

11) Royal Library, Copenaghen 12) Oxford

13) Cambridge

14) British Library, Londra

Osanna:

1) Biblioteca Civica Bertoliana, Vicenza (VI) 2) Biblioteca Civica Angelo Mai, Bergamo (BG) 3) Biblioteca Marciana, Venezia (VE)

4) Biblioteca Palatina, Parma

5) Biblioteca Nazionale Centrale, Napoli 6) Liverpool

Come già rilevato dal Catalano e da Corsano, non ho trovato traccia dell’edizione Osanna ’87: ho basato l’edizione critica sulla Benacci, confrontandone quindi il testo con l’edizione Rossi e Osanna. Gli esemplari da me collazionati sono quelli della Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo.

B R ed O riproducono sostanzialmente lo stesso testo, con identico numero di

canti, ottave e versi (unica eccezione è l’aggiunta di un’ottava in R, compresa tra la

XVIII 42 e 43 di B), ma si registra una notevole quantità di varianti sostanziali e

grafiche, in particolare tra B ed R: infatti, come già accennato in precedenza, O è copia

(20)

di R, nonostante ne emendi alcuni errori e rechi, quindi, delle lezioni uguali a B (spesso, però, si tratta di varianti formali, dovute alla preferenza di B ed O per l’uso delle doppie invece delle scempie di R: vorrei\ vorei; picciol\ piciol; ruggiadoso\

rugiadoso; o di forme dittongate: vuò\ vò, ma voti\ vuoti; o elise: d’amore\ di amore;

che’l\ che il); rari sono i casi in cui la lezione di O sia l’unica corretta e sia stata messa a testo (III 44

6

toltasi] toltosi B R [l’armatura]; V 1

3

voltar né] voltarne B R: VI 13

8

è spinto] e spinto B R; 36

1

che’n] ch’n B; ch’en R

;

VII 32

7

spogliar] spoglia B R; 35

3

sparver] sparve B R), mentre frequentissima è l’intrusione di lezioni erronee – immissione di elementi spuri, concordanze scorrette tra le parti del discorso, fraintendimenti – e varianti formali non riscontrabili né in B né in R (I 5

2

alte] alto O;

II

ARG 8

notizia] notizia ha O; 24

1

Amor l’inspiri] Amor inspiri O; 48

3

al] il O; 66

5

‘n tanto] santo R O; 69

2

dicea] dica O; I 44

2

maraviglioso] meraviglioso O; III 1

6

gielo]

gelo O; 19

1

percote] percuote O; 55

8

fabbro] fabro O; 62

7

oggetto] ogetto O).

Passando, ora, all’esame contrastivo tra B ed R, va innanzi tutto precisato che nessuna delle due edizioni presenta un’omogeneità linguistica tale da permetterci classificazioni uniformi nell’ambito delle varianti formali, che sono senza dubbio il gruppo numericamente più rilevante: anzi, spesso R utilizza delle varianti formali che sembrano avere il solo fine di differenziarsi da B, per cui, se la tendenza (e solo di

‘tendenze’ possiamo parlare) di R è quella di ammodernare la facies linguistica di B – che inclina in modo altalenante alle forme auliche e latineggianti –, non sono rari i casi in cui sia R a presentare una variante passatista ad una proposta modernista di B.

Cercheremo di darne delle esemplificazioni, dividendo, in modo forse scolastico, ma efficace, le varianti formali in sottogruppi che diano conto dei fenomeni principali:

Nell’ambito del vocalismo tonico R propende per le forme dittongate, in alcuni casi anche concordando con B contro O: (I 56

3

e 67

2

nuovo\a] novo\a O), ma più frequentemente con un criterio contrastivo a B; 58

4

aitata] aiutata R; II 44

3

soi] suoi R O; III 17

8

e 18

3

vo’] vuo’ R O; IV 29

3

foco] fuoco R; VI 55

4

fere] fiere R O; 63

5

voti] vuoti R; VII 53

7

queto] quieto R O. Troviamo infatti anche le stesse forme non dittongate, laddove siano dittongate in B: I 41

5

vuò] vò R O; 41

6

vuoi] voi R; IV 40 7 nuovo] novo R O; VI 12 8 fiera] fera R O; 64 6 altiero] altero R O.

Sotto il profilo del vocalismo atono R tende all’esito volgare di forme latineggianti: I 8

3

destrutto] distrutto R O; 9

5

camariero] cameriero R O; 44

1

giovenetto] giovinetto R O; II 64 4 fulgore] folgore R O; III 44

3

nemistate] nimistate R O; V 40

6

depinto] dipinto R O; VII 3

4

fusse] fosse R O; 42

7

arbuscello] arboscello R O; 56

8

miscendo] mescendo R O; VIII 52

4

devea] dovea R. Ma troviamo anche: I 69

8

dover] dever R O; V 18

3

giovine] giovene R O; VII 11

5

e 14

2

sicuro] securo R O; 54

2

fosse] fusse R O.

Sul versante del consonantismo, il fenomeno più diffuso è l’alternanza

doppie\scempie: quest’ultime più frequenti in R, contro l’inclinazione abbastanza

uniforme di B a preferire le doppie: I 14

3

nocchiero] nochiero R; 41

1

vorrei] vorei R;

(21)

63

8

mezzo] mezo R O (nelle varianti mezzanotte\mezanotte; mezzana\mezana;

mezzogiorno\mezogiorno); II 67

7

avventuroso] aventuroso R O; III 55

5

picciol]

piciol R; 59

5

ruggiadoso] rugiadoso R; V 23

5

sovviene] soviene R e

7

macchie]

machie R; 42

7

fabbro] fabro R O; VI 41

8

bellicoso] belicoso R; 47

8

annitrendo]

anitrendo R. Non mancano, però raddoppiamenti di scempie di B: III 22

6

difesa]

diffesa R O; V 6

5

avezze] avvezze R; VI 12

5

avenne] avvenne R. Fenomeni piuttosto ricorrenti sono poi la cassatura del gruppo –ns di R ed O in parole quali circonstanti\circostanti; constante\costante; constretto\costretto ecc… e della i nel gruppo c\g + e: loggie\logge; saggie\sagge; e varianti del tipo lacrimosa\ lagrimosa R O; nigra\nera; piagne\ piange; pregio\ prezzo ecc…

Infine, riguardo la morfologia, R contrasta la propensione di B per le forme tronche ed elise, a favore di quelle intere: I 29

6

ogn’altro] ogni altro R O; 37

4

chius’in] chiusa in R O; 43

7

quest’ha] questo ha R O; 61

2

n’uccise] ne uccise R O;

anche qui, comunque, non mancano le contraddizioni, soprattutto laddove B predilige la forma intera per realizzarre sinalefe: I 38

7

trovare alcuna] trovar alcuna R O; 49

6

non s’apra a forza] non s’apr’a forza R; II 48

1

cavaliero è] cavalier è R O; 70

7

tale onestà] tal onestà R O ecc…; e ancora: R tende a normalizzare alcune forme verbali, soprattutto le prime persone singolari i –i del congiuntivo presente: I 23

8

vada] vada R O; III 35

7

conoschi] conosca R O; IV 16

2

abbi] abbia R O; 18

1

rendi] renda R O;

ma anche alcune forme dell’imperfetto congiuntivo: IV 3

2

venisse] venissi R O (1

a

pers. sing); alcune radici: I 69

8

dover] dever R O; VII 56

8

miscendo] mescendo R O.

Le varianti sostanziali sono, invece, di scarso peso e si risolvono per lo più nell’omissione, sostituzione, intrusione e inversione di congiunzioni, articoli, preposizioni e pronomi poco influenti sulla dinamica del testo (molto più numerosi in O che in R): III 39 5 più ama] più l’ama R O; IV 37 2 d’ornamenti e d’oro]

d’ornamenti, d’ oro R O; 53 8 più può] può più O; V 16 5 che cosa or pensi e che ti dice Amore] Che cosa or pensi? Che ti dice Amore? R O; VII 22 4 dolere ei sente]

doler si sente R O; 27 2 qual oro al foco] qual l’oro al foco R O; 65 1 ch’or sta prigion]

e or sta prigion R O. Si registrano poi, in numero esiguo, mutamenti di ordine della serie verbale e\o nominale: V 3 5 degno di scusa certo è] degno è certo di scusa R O;

VIII 38 8 la sua prima virtù] la virtù sua prima R O; variazioni del tempo verbale: II 7 8 che l’empie] che l’empiè R O; 37 8 andiate] andate R O; VI 39 4 cadde] cade O; 52 1 cadde] cade R; VIII 42 7 monta] montò R O. Unico caso, poi, è la mutazione di una coppia di versi e l’eliminazione di un enjambmant in II 66 5-6: de l'alma Diva e dal suo albergo: e 'n tanto | ivi s'ornò tutta la terra il grembo] de l'alma Diva e dal suo albergo santo | tal ch’ivi se n’ornò tutta la terra il grembo R O.

Come già notato dal Catalano

49

R tende ad emendare errori e refusi di B, ma in maniera non sistematica ed in quantità variabile da canto a canto: nel seguente

49 Cfr. infra, pagg. 6-7.

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