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5. IL CODICE DI CALCOLO

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5. IL CODICE DI CALCOLO

5.1 Modellistica dell’inquinamento atmosferico

“Un modello è un insieme di algoritmi matematici capaci di descrivere il comportamento di un sistema o di un fenomeno naturale”, diceva Galileo Galilei nel “Le leggi della Natura sono scritte a caratteri matematici”/30/.

I modelli di dispersione atmosferica sono costituiti da algoritmi che mettono in relazione la concentrazione degli inquinanti con i molteplici fattori che ne governano il trasporto, la dispersione e le trasformazioni in atmosfera.

Negli ultimi anni, a causa del crescente interesse verso le problematiche di inquinamento ambientale, la modellistica atmosferica ha subito un notevole e rapido sviluppo. La stessa Direttiva Europea 96/62/CE ne raccomanda l’utilizzo, da integrare con le informazioni provenienti dalle reti di rilevamento di qualità dell’aria e dagli inventari delle emissioni. Lo sviluppo di codici di calcolo e di misura sempre più complessi, inoltre, ha consentito di ottenere stime dell’impatto in atmosfera con livelli di confidenza sempre maggiori.

Ad oggi i modelli di dispersione atmosferica rappresentano importanti strumenti per:

 valutare l’impatto di inquinanti non monitorati dalle reti esistenti e ottenere campi di concentrazione anche in aree del territorio non raggiunte dalle reti di monitoraggio;

 spiegare in modo più approfondito i fenomeni chimico -fisici che coinvolgono gli inquinanti immessi in atmosfera;

 calcolare i contributi relativi delle singole sorgenti;

 stimare l’evoluzione della concentrazione delle sostanze inquinanti, in modo da prevedere eventuali fenomeni acuti di inquinamento e predisporre quindi le opportune misure d’intervento;

 simulare scenari ipotetici di emissione, in modo da valutare i potenziali effetti dovuti all’insediamento di nuovi siti produttivi o ad interventi su impianti esistenti (uso pianificatorio);

 effettuare un confronto tra scenari emissivi diversi (al variare delle condizioni iniziali, della localizzazione e tipologia delle sorgenti emissive) e quindi valutare le strategie di mantenimento/risanamento più idonee;

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 verificare gli standard di qualità dell’aria fissati dalla normativa vigente;

 valutare la rappresentatività spaziale delle misure delle centraline di qualità dell'aria e pianificare il loro più corretto posizionamento.

I modelli matematici possono quindi rappresentare un valido aiuto a livello teorico, per lo studio di fenomeni di inquinamento, e, a livello pratico, nel processo decisionale, nella prevenzione e pianificazione. Tuttavia è necessario essere consapevoli che gli algoritmi che costituiscono i modelli permettono solo una rappresentazione parziale della realtà, della quale schematizzano solo alcuni aspetti; i risultati prodotti devono essere perciò valutati con spirito critico, tenendo conto dei limiti, delle ipotesi e delle semplificazioni alla base del calcolo.

Inoltre la bontà di un modello e la sua fedeltà alla realtà dipende oltre che dalle approssimazioni introdotte negli algoritmi anche (e fortemente) dal grado di incertezza dei dati di ingresso /30/ (Vedi figura 5.1.1). Così un modello sofisticato può risultare inutile, se non peggiore di altri, se i dati di input non sono ugualmente dettagliati e adeguati a quanto richiesto.

In definitiva la scelta del modello più appropriato alla specifica situazione rappresenta la chiave di volta per l’affidabilità e la validità dei risultati.

Generalmente, per valutare in modo corretto il modello da utilizzare, occorre, in primo luogo, definire quali sono gli obiettivi e lo scenario di applicazione, cioè le caratteristiche del problema che si intende affrontare. E’

necessario quindi valutare fattori quali:

 la scala spaziale, cioè se si tratta di microscala (da 100m a 1Km), scala locale (10-100 Km), mesoscala (100-1000Km), scala regionale (1000- 5000Km) o addirittura globale (che copre tutta la superficie terrestre);

 la scala temporale, cioè se i fenomeni interessano brevi periodi di tempo, dell’ordine delle ore o dei giorni (short term) oppure mesi o anni (long term);

 la complessità delle condizioni meteoclimatiche ed orografiche locali (terreno piano, terreno con singolo rilievo, terreno complesso, presenza o meno di masse d’acqua, le caratteristiche d’uso del territorio, etc);

 il tipo di sorgente, cioè se si tratta di camini di impianti industriali (schematizzate come sorgenti puntuali), di traffico sui tratti stradali (sorgenti lineari), di sorgenti distribuite in modo continuo sul territorio (un’area

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industriale, il riscaldamento domestico, il traffico in un quartiere urbano, le zone agricole etc, rappresentate come sorgenti areali o volumetriche);

 la tipologia di inquinante (gas, aerosol o particolato, se è reattivo etc.).

Altri fattori che devono essere considerati sono il tipo di output desiderato, le risorse disponibili (umane, economiche, di hardware), etc.

In generale per le applicazioni di interesse pratico, i domini sono regioni dell’ordine della microscala-scala locale, le applicazioni short term vengono di norma usate per la riproduzione di fenomeni acuti di inquinamento, al contrario delle simulazioni long-term che vogliono rappresentare gli effetti di esposizioni accumulate nel tempo (ed eventualmente valutare il rispetto dei limiti di legge stimando i valori degli indicatori e confrontarli con gli standard ambientali, generalmente del periodo di un anno). Inoltre in condizioni molto semplificate (ad es. terreno piano ed omogeneo) sarà possibile scegliere modelli e parametrizzazioni dei fenomeni relativamente semplici mentre in caso di orografia complessa (quale quella della Provincia di Arezzo) i modelli dovranno essere più raffinati, con l’utilizzo di processori meteorologici per la ricostruzione dei campi di vento e di temperatura.

La scelta del modello più idoneo da utilizzare, in altri termini, deve essere fatta solo dopo un’attenta analisi dell’area allo studio ed è subordinata alla conoscenza dei limiti e dei vincoli che è possibile incontrare durante l’applicazione.

Fig. 5.1.1- Precisione di un modello

(tratto da A. Barbaro, Generalità sui modelli e sui codici di calcolo,2003)

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Di seguito si riporta una sintetica descrizione delle principali classi di modelli, indicando, per le varie categorie, le principali caratteristiche ed eventualmente gli ambiti di applicazione

I modelli matematici relativi alla dispersione di inquinanti in atmosfera possono essere suddivisi in due grandi categorie: stocastici e deterministici /31/

(Vedi figura 5.1.2).

Fig.5.1.2- Classificazione dei modelli di dispersione atmosferica

I modelli stocastici, basati su serie storiche di dati, permettono lo studio e le valutazioni di tipo statistico relative, sia alla concentrazione delle sostanze inquinanti, che a grandezze di tipo meteorologico. Di norma questo tipo di modello viene utilizzato in sede di raccolta e di gestione dei dati rilevati dalle reti di monitoraggio.

I modelli di tipo deterministico, al contrario, si prefiggono di ricostruire, in maniera quantitativa, i fenomeni che determinano la variazione spazio- temporale della concentrazione degli inquinanti in atmosfera.

Esistono, inoltre, modelli misti, che sono in parte deterministici ed in parte statistici.

I modelli deterministici a loro volta si suddividono in:

 euleriani

 lagrangiani.

I modelli lagrangiani sono modelli tridimensionali, non stazionari e assumono un sistema di riferimento mobile solidale con il centro di massa d’aria-inquinante di cui si vuol studiare l’evoluzione. Esistono modelli lagrangiani a traiettoria (la massa d’aria si sposta sotto l’azione della

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componente media del vento, supposto orizzontale e costante con la quota) o a particelle (l’emissione viene schematizzata come la generazione di un certo numero di particelle ad ogni passo temporale; la concentrazione viene calcolata sulla base del numero di particelle presenti in un determinato volume).

Richiedono elevate risorse di calcolo e un preprocessore meteorologico che calcola il campo di moto tridimensionale e tutte le altre grandezze necessarie. Permettono il trattamento di siti pianeggianti o complessi.

I modelli euleriani assumono un sistema di coordinate fisso e si suddividono a loro volta in modelli a box (in cui il dominio di calcolo viene suddiviso in una o più celle in cui gli inquinanti sono perfettamente miscelati _ciò equivale a coefficienti di diffusione infiniti_), modelli a griglia (il dominio di calcolo è suddiviso in una griglia tridimensionale) e modelli analitici (gaussiani o a puff).

Fig.5.1.3- Rappresentazione dei sistemi euleriani e lagrangiani (tratto da Carbone, 2003)

I modelli gaussiani (o a pennacchio) sono modelli analitici e stazionari, monodimensionali basati sulla soluzione dell’equazione generale di trasporto- diffusione (Vedi figura 5.1.4) sotto le seguenti ipotesi semplificative:

1. emissione costante

2. condizioni meteorologiche stazionarie ed omogenee 3. velocità del vento non nulla

4. inquinanti non reattivi (in generale)

5. zona di propagazione del pennacchio piana e regolare (terreno piatto)

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Nei modelli gaussiani il pennacchio viene trasportato lungo la direzione del vento e diffuso lungo le direzioni trasversali (Vedi figura 5.1.5). La dispersione è descritta attraverso i coefficienti di diffusione sperimentali, funzioni della categoria di stabilità atmosferica e della distanza sottovento alla sorgente. Sono modelli adatti a descrivere il campo di concentrazione sottovento, per sorgenti costanti e puntiformi, per un sito pianeggiante; tuttavia può essere adattato con opportune modifiche a terreni ad orografia complessa, tenendo conto che l'approssimazione determina un minore grado di accuratezza/32/. Esempi di modelli gaussiani sono CALINE, ISC3, VIM, ADMS.

Fig. 5.1.4 - Termini dell’equazione di advezione - diffusione

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Fig. 5.1.5 - Forma del pennacchio nel modello gaussiano

I modelli a puff sono modelli analitici, simili ai gaussiani di cui costituiscono un’estensione, superando i limiti di omogeneità e stazionarietà richiesti da questi ultimi.

Sono caratterizzati da una formulazione gaussiana per la dispersione, ma con la possibilità di tenere conto della variabilità delle emissioni e della distribuzione spazio – temporale di variabili meteorologiche e parametri dispersivi. In questo tipo di modelli il pennacchio continuo viene schematizzato come un numero ddii nn pacchetti discreti di materiale inquinante (puff), contenenti ciascuno la frazione 1/1/nn dell’emissione; ognuna di queste unità viene trasportata nel dominio di calcolo dal campo di vento presente in corrispondenza del baricentro del puff, ad un determinato istante; all’interno di ogni singolo elemento si suppone inoltre che l’inquinante si distribuisca secondo una legge gaussiana.

Ogni puff risulta così una funzione di distribuzione gaussiana variabile nel tempo e nello spazio. La concentrazione C in un punto (x,y,z) dovuta ad un puff centrato nel punto (xc,yc,zc) e con massa M può essere espressa con la seguente formula:

( ) ( ) ( )

= 2 2

2 2 2

2 2 2

2 2 exp

/ )3 2 ( ) , , (

z z z y y y x x x z

y x z M

y x

C c c c

σ σ

σ σ

σ σ π

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Ad intervalli di tempo regolari (“sampling step”) ogni puff viene “bloccato”

e viene calcolata la sua concentrazione. In seguito, fino all’intervallo successivo, il puff può muoversi ed evolversi in forma e dimensioni. Il campo complessivo di concentrazione, ad un determinato istante, in un determinato recettore, viene calcolato come sommatoria del contributo di tutti i singoli elementi nelle immediate vicinanze.

I modelli a puff sono adatti per condizioni meteorologiche particolari (es.

fumigazione), per terreni ad orografia complessa e per condizioni meteorologiche ed emissive variabili. Al contrario dei modelli gaussiani, richiedono però un maggior numero di misure, non sempre disponibili. Inoltre si rende necessaria la ricostruzione del campo di vento tridimensionale attraverso l’utilizzo di pre-processori meteorologici. Esempi di modelli a puff sono CALPUFF e MESOPUFF (Scire et al. 1995).

La scelta del modello di dispersione atmosferica più adatto alla specifica situazione deve dunque tener conto di una serie di parametri e di condizionamenti, tra cui non ultimi la possibilità /necessità di utilizzare dei pre- processori metereologici.

Per descrivere la dispersione atmosferica alcuni modelli richiedono infatti un grado di dettaglio delle variabili meteorologiche e la definizioni di grandezze, non misurabili sperimentalmente, che solo i modelli meteorologici possono determinare.

A conclusione di questo capitolo è stato dunque ritenuto opportuno descrivere, seppur a grandi linee, il ruolo della meteorologia e le caratteristiche principali dei modelli che la rappresentano.

Iniziamo con il definire “il dominio di calcolo” dei modelli meteorologici che è rappresentato dallo Strato Limite Planetario (Planetary Boundary Layer), cioè la porzione più bassa della troposfera, a contatto con la superficie terrestre, nella quale sono confinati i principali fenomeni di inquinamento. La struttura del campo di moto del fluido atmosferico nel PBL (influenzato dalla presenza della superficie terrestre, dal gradiente orizzontale di pressione e dalla forza di Coriolis) risulta fortemente variabile (nel tempo e nello spazio) e dunque necessita, per una valutazione in termini quantitativi, dell’utilizzo di processori meteorologici. Il moto del fluido atmosferico viene descritto attraverso due componenti, una di trasporto e una di diffusione turbolenta. L’effetto di trasporto

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influenza soprattutto i moti orizzontali ed è relativo al campo di vento medio (in termini di direzione e velocità); al contrario la dispersione turbolenta influenza il movimento verticale ed è dovuta, come suggerisce il nome, alla turbolenza, sia di origine convettiva (dovuta al riscaldamento della superficie terrestre) che meccanica (dalla presenza di ostacoli). I modelli meteorologici ricostruendo il campo di vento, per la componente di trasporto e calcolando i coefficienti di dispersione (per la componente di turbolenza) permettono di definire compiutamente il moto del fluido atmosferico nel PBL.

Per quanto riguarda il campo di vento i modelli meteorologici possono essere classificati in modelli diagnostici e prognostici (J. S. Scire 1990).

I modelli diagnostici, più semplici e più diffusi dei prognostici, sono detti anche “mass-consistent” in quanto basati principalmente sull’equazione di conservazione della massa.

Il campo di moto del vento viene ricostruito in un primo momento attraverso un’interpolazione sul dominio di calcolo (suddiviso in un certo numero di celle), mentre in seguito i valori vengono calcolati nuovamente per soddisfare, in ogni cella, la condizione di divergenza nulla (ipotesi di fluido incomprimibile). Le informazioni di cui necessitano sono relative alle velocità del vento (al suolo e lungo il profilo verticale) e a parametri geofisici.

I modelli prognostici sono più complessi, ma permettono di ricostruire oltre al campo di vento, anche quello di temperatura e alcuni parametri relativi alla turbolenza. Al contrario dei modelli diagnostici, i modelli prognostici si basano, su un sistema di equazioni differenziali che, oltre che sull’equazione di conservazione della massa, considera anche l’equazione di conservazione del calore, della quantità di moto e dell’umidità.

Si tratta, comunque, di modelli sofisticati, che coinvolgono risorse di calcolo non indifferenti e dati di input più raffinati.

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5.2 Descrizione del codice CALMET-CALPUFF

Il sistema CALMET è costituito da tre modelli principali, CALMET, CALPUFF e CALGRID, che costituiscono un complesso integrato che permette di studiare la diffusione di vari tipi di inquinante, considerando l’influenza della meteorologia e dell’orografia sui meccanismi di dispersione. Il sistema è inoltre dotato di pre-processori e post-processori per la determinazione e l’elaborazione di diversi tipi di grandezze (meteorologiche,geofisiche etc.).

In particolare il modello CALMET rappresenta il processore meteorologico che fornisce gli input ai modelli di dispersione: CALPUFF, per inquinanti inerti o primari, e CALGRID, per gli inquinanti fotochimici, primari e secondari)/33/.

In seguito è stato aggiunto anche un modello Lagrangiano a particelle, multistrato e multispecie (Kynematic Simulation Particle, KPS).

La figura 5.2.1 rappresenta lo schema riassuntivo del sistema, in cui sono rappresentati anche i due post-processori, PRTMET, per le grandezze meteorologiche e CALPOST, per quelle di concentrazione-deposizione delle sostanze inquinanti.

Per una trattazione più esaustiva dei modelli CALMET E CALPUFF si rimanda ai paragrafi successivi.

Fig. 5.2.1 - Sistema CALMET-CALPUFF

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5.2.1 Descrizione del modello CALMET

Il modello CALMET è un processore meteorologico di tipo diagnostico /33/

(Scire et al, 1999) usato per riprodurre campi orari tridimensionali di vento e di temperatura e campi orari bidimensionali di parametri descrittivi della turbolenza.

Il codice è stato sviluppato per conto del CARB (Californian Air Resource Board, ente americano preposto al controllo della qualità dell’aria) inizialmente come pre-processore meteorologico dei modelli di dispersione CALGRID (R.

Yamartino, 1992) e CALPUFF (S. J. Scire, 1995).

L’US-EPA (United States Environmental Protecion Agency) consiglia il sistema CALMET come modello guida (nell’”Appendix A”)/34/nel caso di situazioni meteorologiche complesse (calme di vento, fumigazione, ricircolazione, stagnazione, effetti indotti dalla brezza di mare etc) e di trasporto su larga scala.

Il dominio di calcolo può estendersi dalle decine fino alle centinaia di chilometri mentre i passi variano dalle centinaia di metri fino a circa 10-20 Km;

per le caratteristiche orografiche il modello non presenta particolari limitazioni anche se, nel caso di terreno molto complesso, deve essere utilizzato con cautela. Per quanto riguarda la durata della simulazione non sono fissati limiti di tempo (esistono tuttavia limiti nelle dimensioni del file di output che possono risultare, alla fine, in limitazioni della durata temporale).

Il modello CALMET è costituito da tre moduli principali (rappresentati nella figura 5.2.2): modulo diagnostico, per la ricostruzione del campo di vento, micro-meterologico, per la ricostruzione di parametri relativi alla turbolenza, di temperatura per la ricostruzione del campo di temperatura. CALMET offre la possibilità di utilizzare campi di vento calcolati da modelli prognostici.

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Fig. 5.2.2 - Schema a blocchi del modello CALMET

Il dominio di calcolo viene rappresentato da una griglia meteorologica di NX x NY celle quadrate, sul piano orizzontale, e NZ livelli su quello verticale. La localizzazione della griglia viene definita dalle coordinate dell’angolo a sud ovest del sistema di riferimento (cella (1,1), Vedi figura 5.2.3) mentre la direzione degli assi X e Y è da ovest verso est e da sud verso nord.

Generalmente il sistema di coordinate utilizzato è quello UTM (sistema trasversale universale di Mercatore).

Fig.5.2.3- Piano orizzontale della griglia meteorologica

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Per il piano verticale le coordinate utilizzate sono del tipo “terrain follow”

(Fig.5.2.4), con strati di spessore variabile. La coordinata Z in questo sistema vale Z=z-ht, dove z è la coordinata cartesiana verticale nel sistema di riferimento assoluto e ht è la quota del terreno.

Per quanto concerne il campo di vento, le componenti orizzontali (U e V) sono definite in ogni punto della griglia (un “punto griglia “ è localizzato al centro di ogni cella) mentre quella verticale (W) è definita sulla verticale alla faccia della cella.

Fig. 5.2.4 - Dominio di calcolo in coordinate terrain following

Il campo di vento viene calcolato, dal modulo diagnostico, in due passi successivi. Nel primo stadio sulla base dell’orografia, della stabilità atmosferica e della circolazione generale dell’area viene prodotto un campo di vento di primo tentativo; nel secondo stadio il campo di vento così prodotto viene corretto sulla base delle misure. Ad ogni passo il campo di vento viene calcolato iterativamente in modo da soddisfare la condizione di divergenza nulla (fluido incomprimibile). La figura 5.2.5 mostra lo schema a blocchi del calcolo della velocità (S. J. Scire, 1990).

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Modulo diagnostico per il vento

Campo di primo tentativo u(x,y,z) v(x,y,z)

Costante f(x,y)

Esterno

Calcolo di w(x,y,z) in f(orografia,dθ/dz) Ricalcola u(x,y,z) e v(x,y,z) in modo che Div(V)=0 Effetti

cinematici del terreno

Calcola una correzione per u e v sui primi livelli:

- Diretta come i pendii

- Upflow di giorno e Downflow di notte - Intensità f(pendio e flusso di calore sensibile) Venti di

pendio

In caso di forte stabilità atmosferica aggiusta le eventuali componenti uphill (al suolo) rendendole

tangenti al pendio Effetti della

stratificazione termica

Campo di primo passo u(x,y,z) v(x,y,z) w(x,y,z)

Campo finale u(x,y,z) v(x,y,z) w(x,y,z)

Calcolo dei nuovi valori di u(x,y,z) e v(x,y,z) come:

Interpolazione delle misure

(livello per livello)

- Calcolo di w(x,y,z) in modo che Div(V)=0 - w(x,y,z) riscalata in modo che w(x,y,top) = 0

- Calcolo di u(x,y,z) e v(x,y,z) in modo che Div(V)=0 Campo a

Divergenza nulla

+ +

=

k k

k k

obs

R R

R u R

u u

2 2

2 2

1

2 1 1 v2=….

u1, v1 = campo di primo passo uobs, vobs = misure

R = peso ; Rk = distanza dal punto di misura

Fig. 5.2.5 - Schema a blocchi del modulo diagnostico (tratto da S. J. Scire, 1990)

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Come si può osservare inizialmente viene prodotto un campo di vento bidimensionale orizzontale di primo tentativo, che può essere costante, variabile o introdotto dall’esterno (ad esempio il campo di vento prodotto da un modello prognostico); in seguito, in base all’orografia della zona e alla classe di stabilità atmosferica viene calcolata la componente verticale, mentre le componenti orizzontali prima trovate vengono riaggiustate per soddisfare l’ipotesi di divergenza nulla. Vengono quindi applicate varie correzioni: correzione che tiene conto, nelle zone ad orografia complessa, dell’effetto dei venti di pendio (slope flows); correzione che tiene conto della stabilità atmosferica (in caso di forte stabilità); correzione per l’effetto edificio sul flusso di vento (parametrizzato attraverso il numero di Froude).

A questo punto si passa al calcolo di secondo tentativo in cui le velocità orizzontali vengono valutate secondo una media pesata che tiene conto del campo di primo tentativo, delle misure sperimentali e della distanza dal punto in cui si calcola la velocità dalla stazione (in superficie o in quota) a cui tali misure si riferiscono. Nell’interpolazione il campo di primo tentativo viene schematizzato come rappresentasse le misure di una stazione ideale; il peso relativo di questo campo è detto raggio di influenza e può essere specificato dall’utente. Ciò merita un ‘osservazione. Variando il peso dei singoli parametri, infatti, CALMET offre la possibilità di attribuire una diversa importanza alle misure sperimentali e al campo calcolato nel primo stadio (ad esempio variando il raggio di influenza è possibile far dominare il campo dello step 1 su quello interpolato nelle regioni in cui non ci sono dati sperimentali); è inoltre possibile definire raggi di influenza diversi sullo strato superficiale o sugli strati superiori e ancora sulla terra e sull’acqua, mentre un valore rilevato sperimentalmente è escluso dall’interpolazione se la distanza tra la stazione di rilevamento e il punto della griglia in cui si vuol calcolare la velocità è maggiore del raggio di influenza massimo.

Il campo di vento orizzontale risultante è soggetto a una procedura di

“smoothing” (per tener conto delle eventuali discontinuità dovute all'introduzione dei valori osservati) a cui segue il calcolo della velocità verticale che può essere determinata in due modi: con l’equazione di conservazione della massa incomprimibile (in modo che la divergenza sia nulla partendo dai valori

“smooted” delle velocità sul piano orizzontale) oppure in modo che i valori al top

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del dominio del modello siano nulli, w(x,y,ztop)=0 (correzione O’Brien, sempre con la condizione di divergenza nulla).

L’ultimo passo consiste in un ulteriore aggiustamento delle componenti orizzontali(in seguito al calcolo della componente verticale tali velocità non risultano più mass-consistent) mediante una procedura iterativa di minimizzazione della divergenza. Si arriva finalmente al campo tridimensionale della velocità.

La procedura impiegata dal modulo di temperatura per il calcolo di questo ultimo parametro è simile a quella utilizzata per la determinazione della velocità del vento. Il campo (tridimensionale) di temperatura viene calcolato applicando, ai dati misurati sperimentalmente, una procedura che utilizza un sistema di medie pesate con un peso che è funzione della distanza dalle stazioni di rilevamento. L’utente può scegliere se interpolare con peso 1/Rij o 1/R2ij, dove R rappresenta la distanza del i-esimo punto, in cui si vuole calcolare la temperatura, dalla j-esima stazione.

L’ultimo modulo, il micrometeorologico, permette di ricostruire per ogni cella del dominio l’evoluzione temporale dei parametri relativi alla turbolenza (campo bidimensionale). Le grandezze calcolate sono rappresentate dalla classe di stabilità atmosferica, dalla lunghezza di Monin-Obukhov (L), dall’altezza di rimescolamento, dalla velocità d’attrito (u*) e della velocità convettiva (w*), descritte nel successivo paragrafo 6.2.1.

Per quanto riguarda l’esecuzione, CALMET richiede necessariamente quattro file di input (i nomi sono convenzionali) :

 File definito dall’utente, di estensione “.inp” che permette di inserire dati di ingresso, opzioni di calcolo, di output etc.,disponibile anche in forma di interfaccia grafica per Windows (Vedi figura 5.2.6);

 SURF.DAT, contenente le informazioni meteorologiche rilevate nelle stazioni superficiali;

 Upn.DAT, che rappresenta i dati meteorologici rilevate nelle stazioni in quota;

 GEO.DAT che contiene tutte le informazioni relative ai parametri geofisici.

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Inoltre il file SEA.DAT fornisce la possibilità di utilizzare informazioni rilevate nelle stazioni sui corpi d’acqua.

Fig. 5.2.6 - Interfaccia grafica del modello CALMET

Fig. 5.2.7 - Sommario dei dati di input richiesti da CALMET

I file di output sono due: uno di estensione “.lst”, in formato testo, in cui l’utente può leggere il file di input e per ogni punto della griglia, le categorie

Dati meteo in superficie (velocità e direzione del vento a 10 m, temperatura, copertura nuvolosa, umidità relati erc)

SURF.DAT

Dati misurati su corpi d’acqua (differenza di temperatura aria – acqua, umidità relativa, altezza di miscelamento sull’acqua, velocità e direzione del vento etc.

SEAn.dat

Dati geofisici (categorie di land use, elevazione, rugosità, albedo, indice di copertura fogliare etc)

GEO.DAT

Profili verticali di velocità e direzione del vento, temperatura, pressione, etc

UPn.DAT

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land-use, la quota, l’indice di copertura fogliare etc. (tutte le informazioni contenute nel file GEO.DAT); il secondo è un file binario, di estensione “.DAT”

che include tutte le informazioni meteorologiche (campi orari tridimensionali (sulla superfice e nei diversi livelli) di vento e di temperatura e campi meteorologici orari sulla superficie delle classi di stabilità di Pasquill – Gifford – Turner, della velocità di attrito, della lunghezza di Monin – Obukhov, dell’altezza di miscelamento, del rateo di precipitazioni, della velocità di frizione e convettiva).

Il modello è inoltre corredato da una serie di preprocessori (modelli meteorologici prognostici come MM5, READ62 per il calcolo dei parametri meteorologici in quota etc) e postprocessori per la gestione dei dati meteorologici di output (PRTMET).

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5.2.2 Descrizione del modello CALPUFF

Il modello CALPUFF è un modello di dispersione atmosferica, per inquinanti inerti /35/, sviluppato nel 1990 da J. S. Scire, Robert J. Yamartino della

“Sigma Research Corporation” (attuale Earth Tech.), per conto della CARB.

Dopo varie fasi di validazione e analisi di sensibilità CALPUFF è stato inserito nella “Guideline on Air Quality Model” tra i modelli ufficiali di qualità dell’aria riconosciuti dall’U.S.EPA.

Come suggerisce il nome è un modello a puff, non stazionario che, come i modelli i gaussiani, appartiene alla classe dei modelli analitici, che sono ricavati integrando l’equazione generale di trasporto-diffusione in condizioni semplificate.

Il pennacchio-emissione (plume) viene suddiviso in unità discrete di materiale (puff) che vengono emesse a intervalli di tempo regolari (la continuità temporale viene anch’essa suddivisa in un certo numero di “step “discreti). La concentrazione viene calcolata ad ogni step, mentre quella complessiva, in un recettore, è data dalla somma dei contributi di tutti i singoli puff (Vedi anche paragrafo 5.1). La figura 5.2.8 rappresenta la discretizzazione del pennacchio in tanti puff discreti mentre la figura 5.2.9 raffigura la nuvola di contaminante, schematizzata tramite un insieme di particelle rilasciate ad istanti discreti, che si muove seguendo mediamente il campo di moto e contemporaneamente si espande/32/.

Fig. 5.2.8 - Suddivisione del pennacchio in puff discreti

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Fig. 5.2.9 - Suddivisione del pennacchio in puff ad intervalli discreti

CALPUFF, come tutti i modelli non stazionari a puff (o a segmenti), rappresenta un evoluzione di quelli stazionari, poiché oltre a considerare una formulazione gaussiana per la dispersione, è in grado riprodurre anche il trasporto e la sua variazione di direzione nello spazio e nel tempo. CALPUFF in particolare è stato pensato come l’evoluzione di ISC (Scire 1982), con l’intenzione appunto di superare le limitazioni sopraesposte.

Di seguito sono riportate le principali caratteristiche del codice di calcolo mettendo in evidenza, ancora una volta, i vantaggi offerti rispetto al caso gaussiano stazionario.

In particolare CALPUFF presenta :

 Capacità di simulazione di rilasci continui o accidentali e di tipo short term o long term;

 Flessibilità relativamente all’estensione del dominio di simulazione (da qualche decina di metri a centinaia di chilometri dalla sorgente);

 Capacità di trattare condizioni di orografia complessa;

 Possibilità di trattare situazioni meteorologiche variabili e complesse (calme di vento, fumigazione, parziale penetrazione del pennacchio nello strato d’inversione, lo shear verticale del vento, parametri dispersivi non omogenei);

 Capacità di simulare gli effetti che si verificano vicino alle sorgenti di emissione, quali l’effetto di risalita del pennacchio a causa del contenuto termico e dinamico e gli effetti locali di turbolenza dovuti alla presenza di edifici (building downwash);

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 Possibilità di applicazione a sorgenti puntuali, lineari, areali o di volume (anche con caratteristiche variabili nel tempo);

 Capacità di considerare il trasporto su superfici d’acqua e gli effetti di costa;

 Possibilità di simulare fenomeni di deposizione (secca o umida);

 Possibilità di applicazione a inquinanti reagenti e simulazione di trasformazioni chimiche (in condizioni semplificate).

Per quanto riguarda le i dati meteorologici CALPUFF può utilizzare i campi tridimensionali prodotti dal preprocessore CALMET oppure altri formati di dati (ad esempio, nel caso di applicazioni semplificate, far uso direttamente di misure).

In tutti i casi il dominio di calcolo viene suddiviso in tre griglie coincidenti o contenute l’una nell’altra:

 Griglia meteorologica: costituita dall’insieme di punti in cui sono definite le grandezze meteorologiche. Nel caso di utilizzo di dati meteo prodotti dal codice CALMET, la griglia coincide con quella di calcolo di questo ultimo modello. L’origine della griglia meteorologica (punto (1, 1) della figura 5.2.4 ) costituisce il punto di riferimento di per tutti i dati di input spaziali, sia per il modello CALMET che per CALPUFF.

 Griglia di calcolo: rappresenta il dominio di calcolo del modello CALPUFF (i puff vengono calcolati solo finché si trovano entro questa regione); i puff che superano il confine di questo dominio verranno eliminati nello step successivo.

 Griglia dei recettori areali: rappresenta il dominio in cui sono localizzati i recettori. Naturalmente tale griglia deve o coincidere o costituire un sottoinsieme della griglia di calcolo. Il passo di questa griglia può invece essere uguale o inferiore a quello della griglia di calcolo 1.

Il modello CALPUFF offre la possibilità inoltre di definire un certo numero di recettori discreti, contenuti o meno entro la griglia dei recettori areali (ma devono essere all’interno della griglia di calcolo). Al limite, se i recettori discreti riescono a coprire in modo soddisfacente l’area di interesse la griglia dei recettori areali può essere eliminata (J. Scire, 2000).

1 CALPUFF al contrario di CALMET, esegue le proprie valutazioni in modo continuo per cui un qualunque punto, entro la griglia di calcolo può essere definito in termini di concentrazioni

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Per quanto riguarda la forma dell’unità -“puff”/36/ sono possibili due tipi di rappresentazione2 (Vedi figura5.2.10):

1. elementi gaussiani radiali-simmetrici (puff)

2. elementi non circolari allungati nella direzione del vento (slug)

Fig. 5.2.10 - Rappresentazione delle unità in cui è stato suddiviso il pennacchio Ognuna di queste unità viene trasportata all’interno del dominio di calcolo dal campo di vento presente in corrispondenza del baricentro.

La differenza tra le due rappresentazioni consiste nel numero di puff che vengono emessi per simulare il pennacchio continuo in prossimità della sorgente. Mentre nel primo caso sono richiesti numerosi puffs, nel caso di unità non-circolare (slug), "allungata" lungo la direzione del vento, il numero di puffs emessi si riduce drasticamente.

Il modello inoltre offre la possibilità di suddividere i puffs in parti libere di disperdersi, indipendentemente dalla posizione assunta dal baricentro dell’unità (“puff splitting”); ciò è importante nel caso di grandi puff, con variazioni di velocità e direzione del vento a quote diverse, per i quali l’ipotesi che la massa dell’elemento si muova come il suo baricentro perde validità. Per il calcolo della concentrazione nel caso di forma a puff, la diffusione turbolenta viene modellata supponendo, in ogni singola unità, la distribuzione della massa di inquinante sul piano orizzontale come una gaussiana, con simmetria radiale; sul piano verticale la distribuzione è anch’essa gaussiana e tiene conto delle riflessioni multiple tra il terreno e la base dello strato di rimescolamento. Nel caso di slug la distribuzione è sempre gaussiana in direzione trasversale alla direzione di trasporto mentre è uniforme lungo quest’ultima. Gli slug emessi in sequenza, al

2 La massa di inquinante è la stessa nei due casi; ciò che cambia è unicamente la geometria, cioè il modo in cui tale massa è distribuita

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contrario dei puff, sono vincolati ad avere i bordi connessi l’uno all’altro (G.

Finzi, 2001).

Il trasporto della singola unità viene modellato, per ogni step temporale, attraverso il movimento del puff in accordo alla velocità e direzione del vento nel suo baricentro. La diffusione è indotta dall’aumento dei coefficienti di dispersione (σx, σy, σz) che sono funzioni della distanza (o tempo di percorrenza) e della classe di stabilità.

CALPUFF, al contrario dei modelli gaussiani (nella fattispecie ISC), permette di simulare la dispersione degli inquinanti anche in condizioni di calma di vento in quanto nell’equazione del calcolo della concentrazione sostituisce il coefficiente di diffusione orizzontale, σx, alla velocità del vento costante (V, al denominatore della gaussiana) e agente in una sola direzione (x).

Per quanto riguarda i coefficienti di dispersione nelle tre direzioni per il loro calcolo CALPUFF presenta diverse opzioni tra cui la misura diretta delle standard deviation della velocità del vento, l’utilizzo di variabili micrometeorologiche (teoria della similarità), oppure ancora l’utilizzo dei coefficienti di dispersione di Pasquill – Gifford (1976) per le aree rurali e quelle di McElrovPooler per quelle urbane(1968).

Il sovrainnalzamento del pennacchio (per il contenuto termico e dinamico) al di sopra di ogni sorgente, è valutato con le formule di Briggs, corrette per l’eventuale “effetto scia” (stack tip)3 del camino, lo shear del vento (variazione del vento con la quota) al di sopra del camino e la penetrazione parziale dello strato di inversione.

L’eventuale effetto edifico dovuto alla presenza di edifici (o di ostacoli in generale) in prossimità della sorgente può essere parametrizzato specificando altezza e larghezza di tali ostacoli, utilizzando gli algoritmi di Huber-Snyder o di Schulman-Scire(J. Scire, 2000).

Per quanto riguarda l’esecuzione del codice, come CALMET, anche CALPUFF è guidato da un file di input definito dall’utente, disponibile anche sottoforma di interfaccia grafica (Vedi figura 5.2.11). Nel file devono essere

3 Se la velocità di efflusso non supera di almeno 5 volte quella del vento alla bocca del camino, è necessario apportare una correzione all’altezza di rilascio, in quanto si produce un abbassamento del pennacchio (la velocità del vento crea attorno al camino una zona depressionaria in grado di risucchiare il pennacchio di fumo e di abbassarlo).

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specificate, tra le altre cose, tutti i parametri necessari per definire le sorgenti di emissione (coordinate spaziali, altezza e diametro del camino, temperatura dei fumi, velocità di efflusso, rateo di emissione), la griglia di calcolo e quella dei recettori areali e le coordinate degli eventuali recettori discreti. Il secondo file di input a CALPUFF è rappresentato dal file binario, in uscita da CALMET, in cui sono contenute, sul grigliato e in forma oraria, tutte le informazioni meteorologiche e geofisiche. I prodotti di CALPUFF sono rappresentati da due file, uno in formato testo (“.lst”) analogo a quello in uscita da CALMET, mentre l’altro è un file non formattato (CONC.CON) in cui sono contenute le informazioni relative alle concentrazioni e ai flussi di deposizione (secca e umida) per le specie di interesse. Per una corretta gestione degli outputs è possibile utilizzare il postprocessore CALPOST che elabora l’output di CALPUFF contenente i valori orari di concentrazione/deposizione di inquinante (CONC.DAT) per ottenere i parametri d’interesse nei formati richiesti dall’utente.

E’ in grado di interfacciarsi col software SURFER per l’elaborazione grafica dei risultati ed è dotato di interfaccia grafica per la compilazione del file di input (Vedi figura 5.2.12).

Fig. 5.2.11 - Rappresentazione dell’interfaccia grafica per la compilazione del file di input di CALPUFF

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Fig. 5.2.12 - Rappresentazione dell’interfaccia grafica per la compilazione del file di input di CALPOST

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