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volume 19, numero 2, 2004

Microbiologia Medica 171

P015

INDAGINE CONOSCITIVA INTERREGIONALE SULLA RICERCA COLTURALE DI

CAMPYLOBACTER SPP.

Bernieri F.1, Merlino L.1,Agnello M.1, Buratta A.1,

Borsotti M.2, Quercioli M.2, Rossetti R.3, Crotti D.4

1U.O. Qualità e Appropriatezza dei Servizi Sanitari, Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia.

2Centro Regionale di Riferimento per il Controllo della Qualità in Laboratorio, A.O. Careggi, Firenze.

3Laboratorio di Microbiologia P.O. di Pistoia. 4Sezione di Microbiologia e Parassitologia Clinica, Ospedale “R. Silvestrini”, Perugia.

Nei Paesi sviluppati Campylobacter spp. è tra i più frequen-ti microrganismi patogeni intesfrequen-tinali. Numerosi studi indica-no che in Italia la sua prevalenza è sovrapponibile a quella di

Salmonella spp.; nonostante ciò quest’ultima spesso è più

spesso isolata nei comuni laboratori diagnostici. Questo, presumibilmente, per due motivi; il primo è che molti labo-ratori non ricercano di routine Campylobacter nelle feci mal-grado che tale ricerca sia esplicitamente indicata alla voce “Coprocoltura” nei nomenclatori tariffari sia nazionale sia regionali; il secondo è che la coltura di questo microrgani-smo, tecnicamente, risulta un poco più complessa di quella di

Salmonella.

Nell’ambito dei rispettivi programmi di Valutazione Esterna della Qualità (VEQ) in Microbiologia sia la Regione Lombardia, sia il Centro Regionale di Riferimento per il Controllo della Qualità Toscano hanno più volte inviato ai laboratori iscritti dei campioni fecali simulati contenenti un ceppo di Campylobacter jejuni/coli. Spesso le risposte forni-te sono risultaforni-te poco soddisfacenti, nei casi migliori solo circa l’80% dei laboratori ha risposto correttamente. Per cer-care di evidenziare le cause di un numero così elevato di fal-limenti si è ritenuto di inviare un ceppo noto di

Campylobacter jejuni e contestualmente richiedere ai

labora-tori notizie circa le tecniche colturali adottate.

Tra la fine di marzo e gli inizi di aprile 2004 a circa 480 labo-ratori delle regioni Lombardia, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Basilicata è stato inviato il ceppo, liofilizzato,

Campylobacter jejuni ATCC 33291. Si è richiesto di

effet-tuare la coltura, fornire il risultato della medesima e di indi-care, su un apposito questionario, le metodiche colturali (tipo di terreni di prima semina, eventuali arricchimenti, modalità di incubazione), le metodiche di identificazione (test utiliz-zati, eventuali kit diagnostici) e le metodiche di saggio della sensibilità ai chemioantibiotici (metodica utilizzata, antibio-tici saggiati). Vengono esposti e commentati i risultati.

P016

CAMPYLOBACTER: BIOTIPI PREVALENTI ED ANTIBIOTICO-RESISTENZE.

Bonanno C.L., De Sandro M.V., La Marca A.*, Spanò A., Lanciano A.L.

Servizio di Microbiologia-Ospedale “S. Pertini”- Roma

*BIOS S.p.A.

La Campylobacteriosi come altre infezioni enteriche è sotto-posta già da tempo a studi di sorveglianza epidemiologica (Programma CAMPYG-AMCLI): conoscere la diffusione

del Campylobacter nel nostro Paese oltre che monitorare la sua antibiotico resistenza ha importanti risvolti sia in campo preventivo che terapeutico. Considerata l’attuale e crescente resistenza di questi microrganismi verso antibiotici fino ad oggi normalmente utilizzati in terapia, si è voluta saggiare la sensibilità agli antibiotici di ceppi di Campylobacter, di iso-lamento umano, pervenuti dal Gennaio 2001 al Luglio 2003 presso il nostro Laboratorio, quale Centro di Riferimento del Campylobacter per la Regione Lazio.

Materiali e metodi:durante il periodo in esame sono stati raccolti ed esaminati 80 ceppi di Campylobacter provenienti da campioni fecali di pazienti prevalentemente in età pedia-trica. Tali ceppi sono stati tipizzati e antibiogrammati previa crescita di questi su terreno selettivo Campy BAP(BD). La biotipizzazione è stata effettuata seguendo la tecnica di Lior; la sensibilità agli antibiotici invece è stata testata con meto-do di diffusione K.B. su agar M.H. al 5% di sangue di mon-tone.

Risultati: Il C. jejuni è risultato prevalente rispetto al C. coli, essendo stato isolato nel 77.5% dei casi, mentre il C.coli nel 22%, confermando la prevalenza già accertata a livello nazionale.La distribuzione dei biotipi evidenzia una maggio-re diffusione del biotipo I nel C. jejuni (% 62.9) così come nel C. coli (%72.2); il C. jejuni biotipo II è stato isolato nel 33.9 % dei casi, il C. coli biotipo II nel 27.8 % , il C. jejuni biotipo III invece solo nel 3.2%. Per quanto riguarda la anti-biotico resistenza il Campylobacter ha dimostrato bassi valo-ri di resistenza verso i macrolidi (evalo-ritromicina): C. jejuni/coli 7.5%, in particolare 3.2% per il C. jejuni e 22.2% per il C.coli. La resistenza invece verso i chinoloni (acido nalidixi-co e ciprofloxacina) si nalidixi-conferma elevata anche nella nostra indagine sia nel C.jejuni (33.8% per NA e 37% per CIP) che nel C.coli (55.5% per NA e CIP). Nei confronti di tetracicli-na, infine, in generale il Campylobacter ha mostrato una dis-creta sensibilità: per C.jejuni/coli è 30% con valori superiori per C. coli (44.4%) rispetto al C. jejuni (25.8%), così come altri dati in letteratura riportano.

Conclusioni: I risultati ottenuti sono concordi con quelli riportati da altri autori: C.jejuni, biotipo I, è l’agente eziolo-gico predominante delle gastroenteriti da Campylobacter. Inoltre i test di sensibilità mostrano tetracicline e soprattutto macrolidi (E) come molecole privilegiate nella terapia anti-biotica. Dalla nostra indagine la resistenza ai chinoloni (CIP) rimane alta nel periodo considerato anche se si assiste ad un leggero decremento nell’anno 2002.

P017

TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DI VRE MEDIANTE SISTEMA AUTOMATIZZATO RIBOPRINTER E PFGE:

CONFRONTO TRA LE METODICHE

Bonfitto M.G.; Catalano A.; Frisicale L.; Piana F.; Fossati L.; Marchiaro G.

SC Microbiologia ASO San Giovanni Battista c.so Bramante 88 -10126 Torino

Introduzione. Gli enterococchi resistenti ai glicopeptidi (VRE) rappresentano un problema emergente a livello di sanità pubblica non soltanto perché associati a fenomeni di multiresistenza che, rendendo inefficaci quasi tutte le terapie antibiotiche a disposizione, aumentano morbidità e mortalità dei pazienti colpiti, ma anche perchè è dimostrato sperimen-talmente che i geni della resistenza alla vancomicina posso-no essere trasferiti ad altre specie microbiche, in particolare a S. aureus, con gravi conseguenze.

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