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Nick Holonyak Jr (1928) mette a punto il primo led (diodo ad emissione luminosa) nel 1962 mentre lavorava come consu- lente per la General Electric.

Le sue scoperte, tra le altre il primo laser con spettro nel visibile ed il dimmer, hanno influenzato largamente l’industria dell’illuminazione, della comunicazione globale e dei prodotti di consumo.

Mentre la ricerca si concentra- va sulla radiazione infrarossa, Holonyak creò il primo led rosso trovando un modo per sintetizzare cristalli di Fosfuro di Gallio e Arsenico (GaAsP) i quali emettevano onde nello spettro del visibile.

A seconda del drogante utilizzato, i LED producono, ad esempio, i seguenti colori:

GaAsP: rosso, rosso-arancione, arancione, e giallo AlGaAs: rosso ed infrarosso

InGaAlP: rosso-arancione, arancione, giallo e verde GaP: rosso, giallo e verde

GaAlP: verde GaN: verde e blu InGaN: blu-verde, blu ZnSe: blu

SiC come substrato: blu

Zaffiro (Al2O3) come substrato: blu

Silicio (Si) come substrato: blu (in fase di studio) Diamante (C): ultravioletto

INTRODUZIONE

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In confronto alle lampade a bassa tensione, il vantaggio forse più evidente è quello dell’assenza di radiazioni UV/IR e quindi di calore emesso. I LED sono indicati per- tanto ad illuminare gli oggetti delicati che si deteriorano con ultravioletti e infrarossi. La luce fredda comporta anche un altro vantaggio: quello di poter usare lenti in materiali sintetici, con il risultato di un direzionamento molto preciso che sarebbe praticamente impossibile da ottenere con i riflettori convenzionali.

Un altro aspetto molto impor- tante è quello dell’efficienza energetica. Le odierne gene- razioni di LED vantano un flusso luminoso da 40 a 80 lm/W a seconda della temperatura di colore, quindi decisamente superiore a quello delle lam- pade a bassa tensione. Inoltre,

dato che a seconda del modello gli apparecchi LED durano 50.000 ore e anche di più, i costi degli interventi di manutenzione diventano piut- tosto insignificanti.

Paragonando invece i LED alle lampade fluorescenti compat- te, i vantaggi si notano di meno. Per valutare i flussi lumi- nosi è necessario considerare i sistemi completi, vale a dire comprensivi di apparecchi. In termini di luce proiettata dunque, i LED spesso non hanno nulla da invidiare alle lampa- de fluorescenti.

Il secondo aspetto che va esa-

minato è quello

dell’applicazione specifica.

Oltre alle qualità conservative e all’assenza di manutenzione, un’altra caratteristica vantag- giosa è quella della luce pro- iettata. Le ottiche dei LED sono formate da

lenti che direzionano la luce nel modo preferito e con un’efficienza perfetta. A ciò si aggiunge la possibilità di generare effetti colorati dina- mici (con LED RGB) con un impianto che occupa poco spazio e che assorbe poca energia.

Vantaggi

della tecnica LED rispetto alla bassa tensione e alla fluorescenza

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I LED non vanno d’accordo con le temperature ambiente elevate. Se vengono installati in zone calde,

come ad esempio le saune, ne risente il flusso luminoso e anche la stessa durata.

In particolare i LED a corrente costante si surriscaldano sul lato della piastra.

Lunga durata

A seconda dell’esecuzione, i LED possono raggiungere e superare le 50.000 ore di durata. Ciò comporta intervalli di manutenzione molto lunghi, precisando però che la lunga durata è possibile solo grazie ad un efficiente bilancio termi- co all’interno dell’apparecchio:

è questo pertanto che testimo- nia la validità del design.

In particolare i LED a corrente costante, quelli più potenti, si surriscaldano sul lato della piastra. Per questa ragione spesso si utilizzano sistemi di raffreddamento attivi basati su ventilatori oppure sul raffreddamento a membrana.

Scarso consumo energetico Il tema dell’efficienza energe- tica è di scottante attualità:

basti pensare alla discussione

Per garantirne la durata è necessario pertanto che le pia- stre vengano raffreddate effi- cacemente.

È questa la ragione per cui i LED, nonostante le minuscole dimensioni delle sorgenti, pos- siedono spesso voluminosi elementi di raffreddamento.

sulle emissioni di CO2. Le odierne generazioni di LED vantano un flusso luminoso per Watt decisamente superiore a quello delle lampade alogene, a bassa tensione e fluorescenti.

In termini di efficienza sono quindi in grado di sostituirle già oggi. Attualmente il flusso luminoso dei LED va da 40 a 80 lm/W a seconda della temperatura di colore.

Luce conservativa

I LED emettono una luce che non contiene ultravioletti né infrarossi. Il calore si sviluppa sulla piastra ma non viene emesso in direzione dell’oggetto illuminato. Questo significa che i LED sono gli stru- menti ideali per valorizzare oggetti delicati e preziosi senza deteriorarli, nei musei o anche nei negozi.

Luce colorata e dinamica

I LED producono direttamente luce colorata attraverso i differenti materiali dei semi- conduttori. Pertanto non hanno bisogno di filtri, necessari invece con le sorgenti tradizio- nali e responsabili di ingenti perdite di luce. Inoltre si posso- no combinare diodi luminosi di vari colori in un unico modulo collegato a un sistema di comando intelligente per miscelare i colori o per gene- rare sequenze dinamiche.

Comando di LED

I diodi luminosi sono semicon- duttori che si prestano perfet- tamente al dimming o anche a miscele di colori, statici e dina- mici. Si possono collegare a tecniche di automazione mediante segnali bus standar- dizzati come DALI, DMX o inte

Limiti

della tecnologia LED

Pregi

della tecnologia LED

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1-10 V. Attraverso gli opportu- ni alimentatori possono forma- re un impianto autonomo oppure grato in un sistema illuminotecnico più vasto.

La tecnologia led viene oggi utilizzata dai lettori digitali, nei semafori e per illuminare orologi, macchinette del caffè e strade: questa tecnologia risulta interessante quando si considera la longevità degli apparecchi led, la sua alta efficienza rispetto alle tradi- zionali sorgenti luminose e le dimensioni ridotte.

I diodi rientrano nella catego- ria dei semiconduttori ma hanno la proprietà del tutto particolare di emettere fotoni.

I led hanno delle proprietà elettriche particolari che pos- sono essere gestite opportuna- mente a seconda dei drogag- gi: qualunque semiconduttore permette il passaggio di elet- troni a determinate condizioni e queste possono essere gesti- te a seconda delle impurità che siamo in grado di inserirvi.

Altri pregi dei LED:

- colori saturi

- perfetto funzionamento a basse temperature

- insensibili a urti e vibrazioni - dimensioni compatte

L'esatta scelta dei semicondut- tori drogati determina altresì la lunghezza d'onda dell'emis- sione di picco dei fotoni, l'effi- cienza nella conversione elettro-ottica e quindi l'intensi- tà luminosa in uscita.

Due porzioni del diodo vengo- no drogate con impurità di tipo diverso creando così due regioni: viene denominata regione n, quella caricata maggiormente di elettroni, e regione p, quella in cui si aumenta la concentrazione di lacune (cioè “luoghi” dove gli elettroni potranno posizionar- si).

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Come in altri tipi di diodi, quando alla struttura viene applicata una tensione diretta, le lacune provenienti dalla regione p si spostano nella regione n, dove gli elettroni sono i portatori maggioritari di carica. Analogamente, gli elet- troni dalla regione n si sposta- no nella regione p, dove le lacune sono i portatori mag- gioritari. Quando un elettrone e una lacuna sono presenti nella stessa regione, possono ricombinarsi spontaneamente, cioè l'elettrone può occupare lo stato energetico della lacuna, emettendo un fotone con un'energia uguale alla differenza tra gli stati dell'elettrone e della lacuna coinvolti.

Il colore della radiazione emessa è definito dalla distan- za tra i livelli energetici di elet- troni e lacune e corrisponde

tipicamente al valore della banda proibita del semicon- duttore in questione, cioè di quell’intervallo energetico troppo basso per permettere la ricomposizione di elettroni e lacune.

I LED sono dunque uno speciale tipo di diodi a giunzione p-n, formati da un sottile strato di materiale semiconduttore dro- gato.

Quando sono sottoposti ad una tensione diretta per ridurre la barriera di potenziale della giunzione, gli elettroni della banda di conduzione del semi- conduttore si ricombinano con le lacune della banda di valenza rilasciando energia sufficiente da produrre fotoni.

A causa dello spessore ridotto del chip un ragionevole numero di questi fotoni può abbandonarlo ed essere

emesso come luce.

Dunque il Light Emitting Diode sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori correttamente drogati per pro- durre fotoni a partire dalla ricombinazione di coppie elettrone-lacuna.

Fig.3

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Il tipo di LED nato nel 1962 è del tipo PTH, "PLATING THROUGH HOLES", necessita dunque di il collegamento al circuito mediante saldatura attraverso fori. I led sono saldati sulla parte esterna della scheda elettronica, per entrare in contatto con la scheda utilizzano i due piedini (anodo e catodo) e sono rico- perti da un materiale plastico che ne gestisce parzialmente il flusso.

Con la nuova tecnologia led SMD, “SURFACE MOUNTING DEVICE”, ovvero "Dispositivo a montaggio Superficiale", il led

viene montato sempre sulla superficie della scheda, ma non ha bisogno di piedini per il collegamento e per sua natura

ha un solido fotometrico di tipo lambertiano.

Un'altra caratteristica è la loro ridotta dimensione, grazie a ciò è possibile avere tre led di diverso colore all'interno di un

"singolo led". In questo modo è possibile visualizzare tre colori contemporaneamente con “un solo led” in quanto questa tecnologia permette di ottene- re una minore distanza tra i led.

Un ultimo passo tecnologico consiste nella creazione di superfici omogenee contenenti numerosi e indistinguibili led dello stesso colore (BLU- AZZURRO). Una parte dello spettro luminoso si trasforma in luce bianca con il metodo basato sulla conversione lumi

Fig.4

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nescente: sopra al chip LED azzurro viene apposto uno strato luminescente (analogo a quello contenuto nelle lampa- de fluorescenti) ed, seconda di

come è composto il materiale di conversione, la temperatura di colore può variare da tona- lità calde a fredde. Il vantag- gio di questo sistema è un

flusso luminoso relativamente elevato e la resa cromatica in parte ottima, con un indice Ra

> 90.

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Efficienza sorgenti

Tab.1

Tab.2

Tab.3

Tab.1

Tab.2

Tab.3

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Nel valutare l’efficienza delle lampade, il dato più indicativo è il rapporto tra flusso lumino- so e unità di energia, espresso in Lumen/Watt. Tuttavia il con- fronto deve essere fatto seguendo determinati criteri.

Prendiamo ad esempio un downlight con lampade fluore- scenti e un downlight con LED.

Se confrontiamo direttamente

il valore di flusso luminoso, quello dei LED risulta solita- mente inferiore al flusso della fluorescenza. Ma se conside- riamo il sistema complessivo, spesso non è affatto così.

La differente caratteristica di emissione fa sì che i LED punti- no la luce in un'unica direzione.

Le lampade fluorescenti la diffondono invece a 360°. Per

direzionare la luce è necessa- rio un riflettore che ne assorbe una parte, riducendo così il flusso luminoso utilizzabile.

Fig.6

Fig.6

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Di conseguenza ciò che va paragonato non è il flusso nominale delle lampade bensì la luce proiettata dagli appa- recchi, ossia il flusso che rimane dalla perdita di rendi- mento

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è la vicina Elettronica Gelbison srl, che ha sviluppato un’elettronica particolare per cui, il loro prodotto, consuma 53 W a fronte di un consumo di circa 120 W di un pari apparecchio led sul mercato. Il costo per gli apparecchi è ammontato circa a 180'000 € per 600 punti luce e il progetto è stato finanziato in parte dai fondi regionali per il risparmio energetico.

Nella città di Raleigh, Carolina del nord, vivono circa 260’000 abitanti e la sperimentazione di illuminazione led viene fatta cooperando con la Cree Inc ed ha portato alla realizzazione di diversi progetti: un centro convention, diverse strade, grandi parcheggi e zone pedonali, per una totalità di 12 interventi. Comprendendo il risparmio dovuto al retrofit del 95% della segnaletica strada- le luminosa, il risparmio sul consumo totale di energia è stato del 45%, con un rientro dell’investimento in soli 3 anni:

gli interventi fino ad ora adot- tati permetteranno di rispar- miare fino a 200’000 US$

ogni 20 anni. Sono in fase di sviluppo diversi progetti tra cui l’installazione di sorgenti led alimentate ad energia solare e l’illuminazione di palestre e piscine. Circa il 75% dei citta

dini coinvolti in uno studio pre- e-post retrofit della illumina- zione di questo parcheggio {Images courtesy of the city of Raleigh, N.C.}, ha risposto che la luce emessa dai led installati appare più chiara e da la per- cezione di un ambiente più sicuro.

Casi studio

Fig.8

Tra i casi più interessanti di applicazione della tecnologia led ne abbiamo individuati due: il primo di questi si riferi- sce alla città di Raleigh, nel Carolina del Nord, considera- ta la prima città a LED del mondo, per il consistente rinno- vamento tecnologico attuato dalla cittadina per promuove- re l'uso dell'illuminazione a LED. Il secondo a noi molto più vicino e si riferisce alla campa- na Torraca, considerata anch’essa, prima città led del mondo. Senza dare adito a poco utili discussioni rispetto al primato, cerchiamo di capire in sintesi l’esperienza di queste ed altre città.

Il Comune di Torraca è borgo montano nel salernitano con 1'400 abitanti ed è arrivato a risparmiare il 60% su una voce, quale l’illuminazione pubblica, che pesa sul bilancio comunale per un buon 50%.

L’energia necessaria per illumi- nare la parte pubblica dell’intera cittadella, viene ora prodotta da 3 impianti foto- voltaici da 45,5 KW situati sul territorio comunale (terreni o tetti) portando nelle casse pubbliche un introito annuo complessivo di circa 120'000 € tra risparmio energetico ed energia elettrica venduta (con il mutuo di 70'000 € l’utile netto ammonta a circa 45'000

€). L’azienda fornitrice dei led

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per l’illuminazione stradale:

con l’energia risparmiata sarebbero in grado di illumina- re venti case. In Russia non sono da meno: Kemerovo, città nella regione siberiana, ha adattato duecento lampioni dotati di Osram Golden Dragon Plus.

Il New York State Public Servi- ce Commission invece, ha approvato un tariffario a basso prezzo creato specifica- tamente per la Central Hudson Gas & Electric. L’obiettivo è di spingere in comuni ad installa- re per le vie delle città lampio- ni che funzionano con tecnolo- gia a LED. L’estetica dei lam- pioni può mantenere le linee tradizionali e quindi dare l’impressione di essere normali lampioni, ma funzionare a LED.

Il costo iniziale per la sostitu- zione viene compensato con il risparmio derivato dalla applicazione della suddetta tariffa.

In India notiamo Calcutta ma pare che ai progetti di speri- mentazione di illuminazione pubblica a led, si aggiungerà anche la città di Thane in Ma- harashtra. Calcutta con le 270 luci a LED nelle arterie princi- pali della città, sta sperimen- tando questa nuova tecnologia in collaborazione con diverse organizzazioni e con il Gover- no indiano, nella città ci sono circa 180.000 luci stradali e l’intenzione è di fare in modo che gradualmente diventino tutte dotate di LED.

L’installazione dei LED a Cal- cutta è iniziata con l’installazione e monitoraggio di 20 lampioni a LED Philips Lumec Roadstar.

A Pittsburgh, Pennsylvania, c’è un progetto di illuminazione per l’aeroporto che farà risparmiare alla società quasi 200'000 US$, a Dallas, Texas, un edificio è stato illuminato a led soltanto per decoro:

l’edificio è stato dotato di 86.000 pannelli led su tre lati.

Nella città americana di Canton non solo verranno sosti- tuiti i lampioni, ma anche le luci dei semafori in un progetto che verrà sovvenzionato, per due- centomila dollari, dal diparti- mento dell’Energia Americano (DOE). Qualcosa di simile succede a Cerritos, località in California, prevede di rispar- miare 24.000 dollari l’anno

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Struttura

Fig.11

Fig.12

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Ottica

Dissipatori

Una tecnologia interessante, utilizzata ad esempio da Ruud Lighting e Core Light, è rap- presentata da un rifrattore in acrilico HID stabilizzato agli Ultravioletti stampato a con- tatto diretto che non prevede alcun rischio di ingiallimento o deformazione della trasparen- za delle lenti. Il materiale è in grado di garantire la totale gestione del flusso luminoso e il minimo assorbimento di poten- za. Il rifrattore NanoOptic riduce al minimo tutte le perdi- te, raggiungendo un grado di efficienza (85%) assai mag- giore di quelle dei riflettori tradizionali garantendo un prodotto a basso inquinamento luminoso.

Utilizzo di piastre ceramiche?

Difficoltà di adottare un ther- mal managment come nei pro- cessori per computer legate alla possibilità di portare ad improvvisi cali di flusso lumino- so non progettabili. Difficile trattare la corrispondenza tra temperatura del led, flusso luminoso e potenza applicata al circuito.

Fig.13

Fig.14

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Driver

Sistema

fattore di potenza ed è resina- to in involucro IP66. L'efficien- za totale arriva al 91%, rispetto al 75% raggiunto tipicamente dagli attuali gruppi di alimentazione a scarica. Il driver Ruud contiene una protezione automatica da surriscaldamento che riduce la corrente fino a 150mA se la temperatura del corpo eccede 85˚C, riducendo il flusso lumi- noso ma senza spegnimento totale del corpo illuminante.

Ciò significa maggiore sicurez- za dal momento che le aree illuminate non rischiano di

Possibilmente tutti i componenti devono essere riciclabili in modo avere una consistente riduzione dei costi di smalti- mento e di post-trattamento in un’ottica di risparmio delle risorse.

cadere improvvisamente nella oscurità.

Durante lo sviluppo del siste- ma, data la particolare critici- tà del componente, è chiaro che bisognerà portare su questo una particolare atten- zione.

Fino ad oggi i LED hanno trovato impiego in apparecchi a minor sensibilità energetica o di bassa potenza, rendendo le caratteristiche tecniche del driver di scarsa rilevanza.

Ruud Lighting, ad esempio, ha sviluppato un driver per gli apparecchi della famiglia BetaLED ottimizzato per LED per soddisfare standard più severi: è appositamente conce- pito come driver universale, rileva automaticamente la tensione d'ingresso con possibi- lità di funzionamento tra 100V e 277 V, 50/60 hz, ha un alto

Risulta indispensabile pensare una struttura modulare e stan- dardizzata, predisposta in funzione dell’evoluzione della tecnologia LED. Le soluzioni tecniche devono essere conce- pite in base ad esigenze di mercato quali il tenere conto le future evoluzioni della tecnolo- gia LED e della sicurezza di approvvigionamento a lungo termine dei ricambi.

L'unità d'illuminazione deve essere composta da elementi sostituibili, strutturata in modo tale che, in caso di usura o di sviluppo di nuove tecnologie, i suoi singoli elementi possano essere facilmente disassembla- bili e sostituibili.

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lare di “Silicon Valley”, “silicon economy” e questo perché l’elemento in questione è il cuore di ogni apparecchio elettronico.

Il diodo è il più semplice semi- conduttore possibile e rappre- senta un eccellente punto d’inizio per capire come i semi- conduttori funzionino. il Silicio è un elemento molto comune, è

infatti l’elemento principale della sabbia o del quarzo, e per capirne la natura basta guardare la sua posizione nella Tavola periodica degli elementi.

Come funziona un semiconduttore

I semiconduttori hanno avuto un impatto monumentale nella società. Si possono trovare semiconduttori nei micropro- cessori e nei transistor. Qualun- que cosa sia in qualche modo computerizzata o utilizzi onde radio dipende dai semicondut- tori. Oggi la gran parte dei semiconduttori sono costituiti da Silicio: si sente spesso par

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In un reticolo cristallino gli atomi sono perfettamente legati con i vicini non lasciando elettroni liberi per condurre energia elettrica. Questo fa del cristallo di silicio un ISOLANTE più che un conduttore

I metalli sono buoni conduttori in quanto generalmente pos- siedono degli elettroni sull’ultima orbita liberi di muo- versi tra gli atomi ed una carica elettrica ne induce lo spostamento.

Si può cambiare la natura isolante del cristallo di silicio tramite un processo chiamato drogaggio che consiste nell’inserire una piccola quanti- tà di impurità nel reticolo cristallino.

Fig.17 Fig.18

Carbonio e Germaio sono anch’essi dei semiconduttori:

avendo 4 elettroni sull’ultima orbita, hanno la capacità di legarsi facilmente in forma cristallina attraverso dei legami covalenti perfetti con 4 atomi vicini e creando così il reticolo cristallino. Il cristallo del Carbonio è conosciuto come diamante, nel caso del silicio la forma cristallina si presenta come una sostanza argentata apparentemente metallica.

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mancante (lacuna) carica Posi- tivamente la zona del semicon- duttore dunque questo tipo di

drogaggio prende il nome di tipo-P.

Il Silicio drogato di tipo-P o tipo-N non ha delle proprietà sensazionali preso singolar- mente, quando invece mettia- mo insieme queste due compo- nenti (creando così un diodo), abbiamo un comportamento molto interessante nella giun- zione: parte degli elettroni liberi si combina con le lacune adiacenti creando una zona isolante tra le due componenti parzialmente caricate tramite drogaggio.

Fig.19

Ci sono due tipi di impurità con le quali si creano due tipi differenti di drogaggio:

- tipo-N: Fosforo o Arsenico hanno 5 elettroni sull’ultima orbita dunque, una volta inseri- ti nel reticolo come impurità, un singolo elettrone risulta libero e con una piccola quantità di impurità si riescono a creare abbastanza elettroni liberi da permettere un flusso elettrico attraverso il reticolo. Essendo il reticolo caricato Negativa- mente dagli elettroni, questo tipo di drogaggio viene appunto denominato di tipo-N - tipo-P: Boro e Gallio hanno 3 soli elettroni sull’ultima orbita e gli atomi di Silicio del reticolo non hanno un elettrone da con- dividere: questo elettrone

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Ruotando la batteria gli elet- troni liberi nel Silicio tipo-N vengono allontanati dal polo negativo della batteria e spinti nel Silicio tipo-P dove le lacune sono allontanate dal polo posi- tivo della batteria. Nella giun- zione si incontrano dunque elettroni e lacune facendo così scomparire la zona isolante: gli elettroni riempiono le lacune vicine lasciando dietro di sé lo spazio per altrettanti elettroni e creano dunque un flusso di elettroni attraverso la giunzio- ne.

Fig.21 Fig.22

Benché le due componenti della giunzione, prese singo- larmente, siano dei conduttori, la combinazione mostrata nell’immagine (X) non porta ad alcuna corrente: gli elettroni nel Silicio tipo-N sono attratti dal polo positivo della batte- ria e il polo positivo del Silicio tipo-P è attratto dalla carica negativa della batteria.

Dunque la condizione è stabile:

elettroni e lacune, muovendosi nella direzione sbagliata, aumentano la zona isolante e non si crea alcun flusso di elet- troni attraverso la giunzione.

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perché si avvii il flusso di elet- troni: usando il Silicio questa piccola tensione, necessaria per il processo di combinazio- ne nella giunzione, è circa 0.7 volts.

Il led è l’eroe non celebrato del mondo elettronico: è utiliz- zato in dozzine di applicazioni e nella stragrande maggioran- za dei dispositivi elettronici:

orologi, telecomandi, maxi- schermi e semafori; è facilmen

Il componente che permette il passaggio di elettroni in una sola direzione è chiamato diodo e può essere utilizzato in diversi modi ad esempio per proteggere gli apparecchi da un fortuito inserimento al con- trario delle batterie.

te integrabile in circuiti elettrici/elettronici e genera luce già a basse tensioni.

Quando inserito in direzione inversa, un diodo ideale, blocca qualsiasi differenza di potenziale; un diodo reale invece si rompe ma spesso il voltaggio inverso necessario perché questo avvenga è molto di più di quanto il circuito ne vedrà mai in vita sua…

dunque è irrilevante.

Quando il diodo è inserito nella giusta direzione è neces- saria una piccola tensione

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meni fondamentali: assorbi- mento, emissione spontanea ed emissione stimolata, tutti relati- vi all'emissione di un fotone da parte di un atomo. In partico- lare, quando un fotone a frequenza fo, e quindi energia hxfo interagisce con un atomo, esso può essere assorbito pro- vocando la transizione di un elettrone dal livello E1 al livel- lo E2 > E1(E2 = E1 + hxfo).

Secondo la fisica quantica un atomo, quando un elettrone passa da uno stato d’energia E2 ad uno inferiore E1, emette una quantità di energia uguale ad E2 – E1 sotto forma d’onda

elettromagnetica di frequenza f data da:

f = (E2 – E1)/h

dove h = 6.626076*10-34 Js è detta costante di Planck.

Avremo quindi associata ad ogni differente atomo una corrispondente onda elettro- magnetica corrispondente al salto energetico degli elettroni dell’elemento specifico; essen- do ogni materiale formato da diverse sostanze, è possibile riconoscere i diversi composti semplicemente osservando il loro spettro.

Come può il diodo led creare luce

Fig.24

La luce è formata da pacchetti di energia chiamati quanti o fotoni, che si muovono secondo vettori ma non hanno massa:

questi sono l’unità base della luce.

I fotoni sono il risultato di determinati movimenti degli elettroni: questi si muovono attorno ad il proprio nucleo secondo diversi livelli energeti- ci. Se forniamo energia, alcuni elettroni del livello di valenza (l’ultimo, il più esterno) passano ad un livello eccitato con un contenuto energetico maggio- re. Viceversa un elettrone che torna ad un’orbita energetica inferiore rilascia energia sotto forma di fotoni. Esattamente questo avviene nei led quando un elettrone della zona-n va a colmare una lacuna della zona-p. A seconda degli elementi utilizzati per la costruzione del diodo-led i fotoni avranno uno spettro diverso, dunque visibile o meno dall’occhio umano, dunque di un colore piuttosto che di un altro essendo il salto energeti- co diverso in elementi diversi.

Il funzionamento dei led si basa su fenomeni di emissione della radiazione elettroma- gnetica che è possibile descri- vere mediante principi elemen- tari di meccanica quantistica.

L'interazione della radiazione elettromagnetica con la mate- ria avviene mediante tre feno-

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propagazione aleatorie e si ricombinano con relazioni arbi- trarie fornendo una emissione incoerente ovvero caratteriz- zata da uno spettro di emissio- ne ampio (tipico del LED).

Tra i materiali più adatti da impiegare come emettitori di radiazione luminosa vi sono i semiconduttori; in questi mate- riali si trova la struttura a due livelli: al livello E2 corrisponde la Ec della banda di conduzio- ne, mentre ad E1 corrisponde la Ev della banda di valenza.

fo, ovvero 0, è determinata dalla cosiddetta energia di

gap Eg = Ec - Ev = hxfo, carat

teristica del particolare mate- riale (per il silicio Eg = 1.1 eV, per il Germanio Eg = 1.42 eV, cui corrispondono, rispettiva- mente, lunghezze d'onda pari a 1.13 m e 0.87 m). Ogni volta che nel semiconduttore un elet- trone eccitato nella banda di conduzione ritorna nella

banda di valenza

( r i c o m b i n a z i o n e elettrone/lacuna), si ha l'emis- sione di un fotone alla lunghez- za d'onda fo. Sfortunatamente, a temperatura ambiente, la concentrazione di elettroni eccitati è piccola per avere

Fig.25

Gli elettroni eccitati, a partire da questo stato, possono tornare allo stato originario attraverso l'emissione sponta- nea di un fotone con energia hxfo.

Se un fotone interagisce con un atomo con un elettrone sul livel- lo E2, si può avere emissione stimolata di un ulteriore fotone con energia hxfo, che accom- pagna il fotone originario e la transizione dell'atomo sul livel- lo E1.

La caratteristica principale dell'emissione stimolata è che il fotone secondario ha la stessa energia, la stessa direzione (quantità di moto) e possono considerarsi anche con la stessa frequenza del fotone primario. L'emissione stimolata viene amplificata e convoglia- ta all'esterno, nelle sorgenti LASER, ottenendo un alto grado di coerenza temporale (teoricamente), ovvero un raggio monocromatico (con stessa frequenza f ). I fotoni che si creano per emissione spontanea hanno direzioni di

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È evidente che l'intensità della radiazione in corrispondenza di una data corrente I di pola- rizzazione, dipende dalla pro- babilità che all'interno del semiconduttore si verifichino delle ricombinazioni non radiative: poiché il silicio pre- senta una elevata probabilità di ricombinazione non radiati- va, negli anni '60 il materiale che ha permesso la costruzione dei primi dispositivi optoelet- tronici è stato l'arseniuro di gallio (GaAs) che presenta una bassa probabilità di radiazio- ni non radiative.

La massima quantità di luce che può essere emessa da un LED è limitata essenzialmente dalla massima corrente media sopportabile, che è determina- ta dalla massima potenza dissipabile dal chip.

Quando sono richiesti valori d'uscita più alti normalmente si tende a non usare correnti con- tinue, ma ad usare delle correnti pulsanti con duty cycle scelto in maniera opportuna.

Ciò permette alla corrente e, di conseguenza alla luce, di essere notevolmente incremen- tate, mentre la corrente media e la potenza dissipata riman- gono nei limiti consentiti.

La tensione di polarizzazione diretta, invece, varia a secon- da della lunghezza d'onda della luce che emettono.

un'emissione significativa, anche se il semiconduttore è fortemente drogato, ed è quindi necessario ricorrere ad una sorgente esterna per aumentare il numero di elettro- ni eccitati. Il modo più semplice per raggiungere questo scopo è polarizzare direttamente una giunzione p-n iniettando così un elevato numero di elet- troni. La ricombinazione delle cariche può verificarsi in due modi: radiativa e non radiati- va; nel primo tipo la ricombi- nazione dà luogo all'emissione di un fotone contribuendo all'intensità della radiazione prodotta, nel secondo tipo la ricombinazione avviene in modo tale che l'energia di gap non viene ceduta come fotone, ma trasferita ad altri portatori come energia cinetica o dissi- pata in vibrazioni del reticolo oppure, ancora, assorbita da impurità del materiale.

Tab.4

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da passare dagli effetti termi- ci, caratteristici delle radiofre- quenze e delle microonde, a quelli fotochimici e ionizzanti, come nella radiazione ultra- violetta, mantenendo una scarsa capacità di penetrazio- ne nella materia biologica;

questa caratteristica fa sì che siano gli occhi e la pelle gli organi bersaglio da salva- guardare dall’esposizione professionale alla radiazione ottica.

La radiazione blu, è stata additata come probabile responsabile, tra le altre, della degenerazione maculare legata all’età (Pescosolido e Fondi, 1994). Per altro l’effetto detto “blue light hazard”, ha condotto alla necessità di una filtratura delle radiazioni blu dello spettro. Si tratta ovviamente di una filtra- tura che deve essere compiuta in maniera intelligente, dato che la radiazione blu, che appartiene pur sempre allo spettro del visibile, non deve essere eliminata completamen- te, pena un affaticamento visivo e un’alterazione nella visione dei colori. Vista e com- presa la loro funzione di filtraggio sulle radiazioni a corta lunghezza d’onda, un filtro sbagliato potrebbe ridur- re la luce visibile che arriva

sulla retina, provocando una midriasi (dilatazione della pupilla) e senza tagliare l’ultravioletto; questo parados- salmente risulterebbe più peri- coloso rispetto all’assenza di qualsiasi protezione. Infatti, la pupilla ha una sensibilità il cui massimo risulta essere più spo- stato verso le corte lunghezze d’onda (530 nm) rispetto alla sensibilità fotopica dell’occhio umano (555 nm). Per questo motivo un filtro che taglia le radiazioni corte lascia la pupilla più dilatata, permet- tendo di conseguenza il pas- saggio di più radiazioni. Se tale effetto è più importante rispetto all’azione di filtraggio si ha un’esposizione rischiosa alla radiazione UV.

Spettro emissione

L’International Dark-Sky Asso- ciation scoraggia l’uso di led con temperatura colore mag- giore ai 3’000 K in quanto la componente blu dei led viene propagata molto facilmente dallo scattering di Rayleigh, causando quindi più inquina- mento lumimoso di altre.

Gli standard statunitensi ANSI/IESNA RP-27.1-05 (Recommended Practice for Photobiological Safety for Lamp and Lamp Systems) stabiliscono un limite di sicurez- za chiamato blue-light hazard.

Precisi riferimenti relativi alle lesioni fotochimiche della retina umana, riferite al rischio della luce blu e UV (Blu-Light Hazzard o BLH), sono riportati nella CIE 138/2000 Photobiology and Photochemistry e nella CIE S 009/E:2002 Photobiological Safety of Lamps and Lamp Systems (la cui versione euro- pea si chiama EN 62471:2008 e la versione italiana D.Lgs 81/2008, titolo VIII - capo V e successive integrazioni).

Come mai questa attenzione tra leggi e normative?

Le Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA) occupano quella regio- ne dello spettro elettromagne- tico non ancora ionizzante di più alta energia; in questa regione spettrale l’energia della radiazione è però tale

(25)

Funzione del rischio da luce blu: mostra la capacità della luce di produrre danni fotochimici alla retina in funzione della lunghezza d’onda.

In campo di sicurezza e rischi derivanti da luce blu, general- mente, la responsabilità ricade sul produttore finale del pro- dotto. I produttori di led non sono soggetti a controlli di questo tipo in quanto un prodotto/sistema potrebbe essere considerato sicuro ma ricadere in una classificazione differente con l’aggiunta di ottiche o lenti.

Gr.2

(26)

Spettri tipici di lampade fluorescenti

lampade fluorescenti, queste curve, sono fortemente influen- zate dai fosfori utilizzati per gestire la temperatura colore.

Tra le lampade fluorescenti abbiamo forti corrispondenze in quanto presentano sempre determinati picchi caratteristi- ci:

Perché è preferibile lo spettro emesso dai led?

Ogni tipologia di sorgente di luce ha uno spettro d’emissione che seguirà una propria curva caratteristica. Nel caso di led e

Fig.27

Fig.28

(27)

Spettro di una lampada ad induzione per uso botanico

L’irradiazione di raggi UV può provocare nei soggetti esposti effetti tossici e cancerogeni

così buoni Indici di Resa Cro- matica (IRC, indicato con la sigla Ra, qualunque indice Ra pari o superiore a 80, viene normalmente considerato alto ed indica che la sorgente ha buone proprietà di resa cromatica).

Purtroppo questo tipo di sorgenti, presentano spesso delle emissioni, se pur minime, nel campo dell’ultravioletto:

peratura colore.

Perché è preferibile lo spettro emesso dai led?

La scelta dei picchi consente di miscelare diverse lunghezze d’onda ed avere così una gra- devole luce bianca. Le ultime generazioni di lampade fluo- rescenti lineari (trifosforo e pentafosforo) riescono a rag- giungere buoni livelli di emis- sione tra i picchi raggiungendo

Gr.3

Gr.4

(28)

Spettro di emissione delle sorgenti ad incandescenza

Ciò che definitivamente ci ha allontanato dall’idea di svilup- pare un prodotto di illumina- zione a fluorescenza è la diffi- coltà della gestione del flusso luminoso: la luce generata è di tipo diffuso e le dimensioni delle sorgenti in questione complicano l’utilizzo di rifletto- ri e lenti.

Riportiamo per completezza lo spettro delle sorgenti ad incan- descenza ricordando che l'Unione Europea ha sancito il graduale divieto di produzio

ne delle lampadine ad incan- descenza con la seguente tabella di marcia:

Da settembre 2009 da 100 W o di più e di tutte quelle a bulbo smerigliato o opalino;

Da settembre 2010 di quelle da 75 W;

Da settembre 2011 di quelle da 60 W;

Da settembre 2012 di qualsia- si potenza.

Fanno eccezione le lampadine ad incandescenza per usi spe- cifici (es. frigo, forno, ecc...).

Un’altra pecca delle lampade a fluorescenza è il contenuto, seppur minimo, di mercurio o vapori di mercurio: questo elemento è dannoso per l’organismo e l’ambiente tanto da spingere i maggiori produt- tori mondiali di questo tipo di lampade a rivestirle per evita- re di disperderne il contenuto in caso di rottura.

(29)

È facile notare come la stra- grande maggioranza della radiazione emessa non sia tra le radiazioni otticamente per- cettibili dall’uomo: gran parte dell’energia consumata da questo tipo di lampade è dispersa sotto forma di infra- rosso, dunque di calore, senza che questo possa essere di vantaggio alcuno per la per- cezione degli spazi.

Esistono lampade alogene di ogni forma e potenza ma essendo un particolare tipo di lampada ad incandescenza ne mantengono alcune caratteri- stiche.

Cambia il gas a contatto con il filamento aumentando la tem- peratura colore della luce emessa e l’efficienza luminosa.

La durata di vita è doppia rispetto alle sorgenti tradizio- nali: nelle sorgenti alogene, il tungsteno che evapora a causa della temperatura elevata, reagisce con il gas formando un alogenuro di tungsteno. Suc- cessivamente, il composto, entrando in contatto con il fila- mento incandescente si decom- pone e rideposita il tungsteno sul filamento stesso realizzan- do un ciclo, il ciclo alogeno.

Gr.5

Gr.6

(30)

grazie al modello dicroico, con uno schermo che lascia passa- re la luce ma scherma i raggi UV.

Prendiamo, ad esempio, un led PTH bianco (cioè di vecchi tipo, con copertura polimerica, ma della generazione che ha anti- cipato lo sviluppo dei SMD):

abbiamo già detto che, come il laser, i led per propria natura

La chiave per un’appropriata selezione dei componenti di fabbricazione è formata da:

una banda d’assorbimento dei fosfori scelti in corrispondenza con la banda di emissione del led, la ricerca della massima efficienza di conversione dell’energia luminosa e uno spettro di emissione il più largo possibile (entro i limiti delle radiazioni visibili).

emettono luce monocromatica.

Tipicamente, la radiazione emessa da un led, può variare di 15 nm a fronte di uno spet- tro visivo di oltre 300 nm (da 400 a 700 circa).

Abbondante è ancora la dispersione nel campo dell’infrarosso ma, in molti casi, si aggiunge una piccola emis-

sione nel campo

dell’ultravioletto. La mancata schermatura ai raggi UV è dovuta al quarzo di vetro con cui è fabbricato il bulbo della lampadina. Il quarzo è traspa- rente a questi raggi. Comun- que il problema si aggira

V

L’innovazione sostanziale che ha permesso ai led di emettere una radiazione sempre più tendente al bianco, è stata l’applicazione di fosfori sulla superficie del led, che assor- bissero parte della radiazione emessa per restituirla con meno energia ed in uno spettro più ampio (VEDI Fig. 12.3):

come si vede il led GaInN blu brillante preso ad esempio, è stato ricoperto da una colora- zione fosforescente che assol- vesse a questo tipo di compito.

(31)

Gr.

Gr.

Come può il diodo led creare luce

Spettro di assorbimento ed emissione del dye (fosfori) “Coumarine 6”con la struttura chimica della molecola.

Lo spettro mostra chiaramente la radiazione emessa dal led a InGaN (picco attorno al 465 nm) e la radiazione più larga e spostata emessa dai fosfori (500-700 nm).

Segue lo spettro d’emissione del led Nichia Corporation preso in questione. Il picco molto marcato attorno ai 450 nm rispecchia fortemente la natura blu-verde del diodo GaInN ma la curva spettrale sempre continua dai 400 ai 700 nm indica una luce bianca:

possiamo dunque immaginare un led bianco con una tempe- ratura colore molto alta, ipotizziamo sommariamente tra i 5'000 e 8’000K.

Scocca/Copertura

(32)

Gr.

La curva colorata rappresenta la fascia di radiazioni a cui l’occhio umano è sensibile, le altre rappresentano i picchi relativi a diversi tipi di drogaggio e parte della curva della classica lampadina ad incan- descenza.

In questa immagine vediamo come con l’evolvere della tecnologia è stato possibile aumentare la capacità di cedere il calore accumulato da parte del componente led: una buona temperatura di funzionamento assicura durata e qualità della luce.

Dunque le possibilità di gestire lo spettro luminoso dell’illuminazione led è molto ampia e dipende dalla combi- nazione di tra drogaggio e fosfori.

(33)

tale categoria. IP è l’acronimo di Ingress Protection (Protezione contro l’ingresso) ed è caratterizzato da due cifre: la prima cifra si riferisce alla protezione contro

l’ingresso di polvere; la secon- da si riferisce alla protezione contro l’ingresso di acqua.

Entrando nello specifico

La prima cosa da conoscere avendo intenzione di progetta- re un apparecchio per l’illuminazione esterna, è la classificazione dei gradi di protezione IP nei prodotti di

Protezione contro le corpi solidi (prima cifra)

Descrizione Definizione

1 Protezione contro oggetti di

dimensioni superiori a 50 mm Possibilità d’accesso intenzionale di oggetti come una mano.

2 Protezione contro oggetti di

dimensioni superiori a 12 mm Possibilità d’accesso di dita o oggetti con una lunghezza massima di 80 mm.

3 Protezione contro oggetti di

dimensioni superiori a 2.5 mm Possibilità d’accesso di utensili con uno spessore fino a 2,5 mm.

4 Protezione contro oggetti di

dimensioni superiori a 1,0 mm Possibilità d’accesso di fili o bandelle con uno spessore fino a 1,0 mm.

5 Protezione contro la polvere L’eventuale quantità di polvere che può penetrare all’interno del dispositivo non ne pregiudica il funzionamento.

6 A prova di polvere Nessun ingresso di polvere

Protezione contro i liquidi (seconda cifra)

Descrizione Definizione

1 Protezione contro il

gocciolamento di acqua Acqua gocciolante (gocce a caduta verticale) 2 Protezione contro le gocce

d’acqua fino ad inclinazioni di 15°

La caduta verticale di gocce d’acqua non ha alcun effetto dannoso se la custodia viene inclinato ad un’angolazione massima di 15°

rispetto alla sua posizione normale.

3 Protezione contro gli spruzzi di acqua

La caduta di spruzzi di acqua ad angolazioni massime di 60º rispetto alla posizione verticale non ha alcun effetto dannoso.

4 Protezione contro i getti d’acqua Getti d’acqua rovesciati contro la custodia da qualsiasi direzione non hanno alcun effetto dannoso.

5 Protezione contro i getti d’acqua L’acqua spruzzata da un ugello contro la custodia da qualsiasi direzione non ha alcun effetto dannoso.

6 Protezione contro il mare mosso L’acqua o gli spruzzi violenti prodotti dal mare mosso non possono penetrare la custodia in quantità dannose.

7 Protezione contro gli effetti dannosi dell’immersione

L’acqua non può penetrare in quantità dannose quando la custodia è immerso in acqua alla pressione e per il periodo di tempo consigliati.

8 Protezione contro la

sommersione Il dispositivo è progettato per essere installato continuativamente sotto l’acqua.

(34)

di protezione IP65. La rima- nente porzione, con IP33, ospita le componenti che non risentono dell’umidità dell’aria e ed il dissipatore, è dunque in un luogo in cui la circolazione dell’aria garantisce un ade- guato raffreddamento dei led

termica con un costo di parten- za estremamente basso; infatti le lavorazioni che portano a decuplicare il costo di un

manufatto, tipiche

dell’industria aerospaziale, in questo caso non saranno necessarie.

. Inoltre ottenere questo mate- riale è molto semplice: recupe- rarlo tramite riciclaggio per- mette di risparmiare circa il 95% dei costi e l’impatto ambientale è notevolmente ridotto, è il metallo che si ricicla in modo più completo ed il mercato è ricchissimo di oggetti composti da questo elemento (lattine, automobili…

). Si può recuperare facilmente anche dai rifiuti indifferenziati o anche separarne le ceneri dopo la “termovalorizzazio- ne”. Si scoglie alla bassa tem- peratura di 660°C, gli ultimi processi di riciclaggio permet- tono di limitare fortemente la creazione di scorie saline attraverso processo di pirolisi

in ogni configurazione del pro- dotto.

Questi gradi di protezione IP sono assicurati dal montaggio che ci accingiamo a spiegare.

(combustione a 500° di ogni impurità).

Per mantenere bassi i costi di produzione anche le saldature verranno fatte tramite un pro- cesso a minor costo energetico e miglior finitura estetica rispetto alle classiche saldatu- re o le più avanzate saldature al TIG. Per il processo di bra- satura abbiamo individuato in commercio un prodotto deno- minato Durafix® e importato tra le altre, da Alloys Italia, la cui peculiarità risiede nella bassissima temperatura richie- sta per la lavorazione (392°C), nell’assenza di fumi, di disossidanti e nella facilità con cui si porta a termine l’operazione anche in ambito casalingo.

Processi produttivi e materiale

Il nostro prodotto, per quanto riguarda il grado di protezio- ne IP, è diverso in 3 parti per ragioni pratiche: i componenti più sensibili, come led e schede elettroniche, sono stati posizio- nati nelle 2 porzioni dell’apparecchio con un grado

Per abbattere i prezzi di pro- duzione si è disegnato l’apparecchio in modo da risul- tare come frutto di lavorazioni su lastre metalliche ed il più possibile a freddo. Trovandoci in un mercato in cui i produttori di laminati di certo non scar- seggiano, utilizzando processi di produzione con lavorazioni elementari quali tagli, piega- ture, applicazione di fori (filettati e non) e fresature, è chiaro che si parte da una buona posizione nella corsa per il vantaggio competitivo.

Il materiale utilizzato è stato individuato facilmente nell’alluminio grazie a diverse proprietà intrinseche del mate- riale che si adattavano perfet- tamente a questo tipo di utiliz- zo. L’abbondanza di questo materiale (terzo elemento sulla terra dopo ossigeno e silicio) e le non elevate prestazioni tecniche richieste, permetteva- no di sfruttarne qualità come lavorabilità e conducibilità

(35)

Come si monta l’apparecchio

interessante di questa tecnolo- gia risiede nella geometria del corpo illuminante che facilmen- te si può ricondurre all’aggettivo “puntiforme” di un corpo teorico e questo da un enorme vantaggio dal punto di vista pratico. L’intero flusso emesso dal semicondut- tore, infatti, può essere facil- mente gestito grazie ad ottiche che ne deviano il flusso origi- nale (generalmente emesso in un angolo di 100°-160°) in un angolo solido molto preciso e specifico rispetto all’obiettivo che si vuole raggiungere.

Questo discorso verrà appro- fondito nel sottoparagrafo che

svilupperà il tema delle ottiche utilizzate.

Come già accennato, la gran- dissima parte dei componenti del sistema che stiamo andan- do ad illustrare, vengono rica- vati da una lastra dello spes- sore di 2mm. Oltre alle “L” di led e lamine, è sott’intesa la “L”

della luce che il nostro prodot- to dovrà a lungo assicurare:

per questo il nostro sistema si è guadagnato la denominazione di “L3”, giocando così con le parole e la forma “cuboidale”

propria di questo apparecchio di illuminazione a led da ester- ni.

Dopo aver individuato le 3 macro-aree in cui abbiamo diviso il prodotto, entriamo nel vivo dei componenti seguendo quello che dovrà essere l’ordine di montaggio.

Come si sarà già potuto intuire, il prodotto studiato andrà ad utilizzare la tecnologia led per poterne sfruttare le peculiarità fino ad oggi rimaste in secon- do piano, forse nell’attesa che la tecnologia raggiungesse un grado di sviluppo tale da garantire flussi di luce ade- guati ai diversi contesti (non limitanti alle lampade da tavolo per intenderci).

Il carattere maggiormente

(36)

Staffa ad L

fatto in qualunque caso tramite viti: M4 DIN85 nel caso in cui dovremo fissare la staffa ad altri componenti metallici del sistema; un comune tassello da muro della giusta tipologia (a seconda della consistenza del

sensore crepuscolare, questa staffa rappresenterà la parte superiore dell’apparecchio e per questo motivo è stata dise- gnata senza alcun foro pas- sante. In questo modo non si lascia la possibilità all’acqua piovana di entrare in contatto con l’apparecchiatura elettro- nica contenuta all’interno della cavità del sistema e fissata alla staffa in questione tramite viti.

Per evitare di bucare la lamie- ra e per lasciare a vista una superficie perfettamente liscia, sono stati fissati nella parte inferiore della suddetta staffa dei cilindretti filettati atti ad ospitare le viti che serviranno per il fissaggio degli altri com-

muro) quando invece si decide- rà di applicare l’apparecchio direttamente sulle architetture.

ponenti del sistema L3.

Tra questi componenti altri, troviamo anche la parte elet- tronica del sistema che possie- de almeno una propria prote- zione IP20: un morsetto (prodotto dalla morsetteria Conchiglia SpA, sigla MM/210 codice 011212107) che permette l’allacciamento degli apparecchi lungo la linea attraverso un sistema detto “entra ed esci” o “throu- ght wiring”: questo permette di operare in maniera semplifica- ta durante eventuali guasti lungo la linea o la sostituzione degli apparecchi che, benché se ne stimi un ciclo di vita estre- mamente lungo, possono comunque guastarsi.

Per dar forma all’apparecchio si dovrà prima di tutto sistema- re la staffa che ha funzione di

“L” a seconda del tipo di istal- lazione che si intende pratica- re: potrà essere fissata a muro o su un palo in modo non orien- tabile, potrà essere fissata tramite una staffa a bandiera che permetterà di orientare e fissare l’apparecchio secondo due gradi di libertà, o unirla ad un picchetto per ancorare l’apparecchio a terra.

Questo tipo di aggancio verrà

Questa staffa rappresenta per il nostro apparecchio ciò che per una casa rappresentano le fondamenta: questo elemento staglia e si stacca dal contesto in cui L3 verrà installato e funziona da appoggio per tutto il resto del sistema; esat- tamente come la “L” di una mensola scarica il peso sul muro, questa staffa scarica il peso dell’intero apparecchio sulla struttura portante, sia questa un palo, un muro o il nudo terreno (in questo caso tramite un picchetto).

Nel caso specifico in cui non si volesse predisporre il CuBo del modulo di interazione ambien- tale, che comprende il rilevato- re di presenza ed, a scelta, un

(37)

A valle di questo morsetto sono stati previsti uno o due porta- fusibili (della stessa Conchiglia SpA, sigla VS/120 con fissag- gio a vite, codice 019201201) a seconda di quanti alimenta- tori saranno necessari nelle diverse configurazioni (Allegato 3 “MicroJolly 1..10V

& Push” di TCI Saronno), in modo da tutelare la compo- nente elettronica da sbalzi di tensione. Anche i suddetti alimentatori saranno fissati tramite delle viti a degli spes- sorini filettati che fanno parte della staffa ad “L”.

(38)

Modulo di interazione ambientale (opzionale)

ti sostanziali e determinanti per il conseguimento del’obiettivo.

Questi due fattori sono la variabile luminosità del conte- sto in cui il prodotto verrà installato e la presenza di pas- santi nel breve-medio raggio.

muro) quando invece si decide- rà di applicare l’apparecchio direttamente sulle architetture.

questo modulo una fotocellula passiva di solo mezzo centime- tro quadrato (vedere Allegato 1 - “CdS Photoconductive Pho- tocells” di API – Advanced Photonics, Inc) , in grado di chiudere o aprire un circuito a seconda della luminosità dell’ambiente subito circostan- te all’apparecchio. Questo componente permetterà una gestione della luce direttamen- te da parte dell’apparecchio medesimo che, a seconda della posizione sull’architettura o della posizione in un giardi- no, potrà sfruttare “fin l’ultimo raggio di sole” prima di ope- rarsi a diffondere la propria luce nell’ambiente circostante.

La mia personale, seppur breve, esperienza il campo dell’illuminazione, mi ha porta- to a conoscenza di un approc- cio estremamente diretto nella

selezione di apparecchi illumi- nanti: a seconda delle esigen- ze e degli effetti luminosi che si vogliono per il determinato progetto illuminotecnico, si sceglie l’apparecchio qualita- tivamente migliore, semplice nell’installazione e che posseg- ga la versatilità adatta per illuminare diversamente i diversi ambienti di progetto, cioè con ottiche specifiche e intercambiabili e con la suffi- ciente orientabilità nella instal- lazione.

L’utilizzo del modulo d’interazione ambientale per- mette un notevole risparmio di energia a fronte di una compli- cazione del sistema minima:

all’interno da questo piccolo modulo sono stati posizionati diversi componenti per dare al nostro apparecchio una sorta di “intelligenza” per la quale l’intensità della luce cambierà a seconda di due fattori ritenu-

Per quanto riguarda l’accensione degli apparecchi illuminanti a seconda della luce presente, il problema viene spesso già risolto mediante la temporizzazione degli impianti o mediante una fotocellula posta a monte della linea di apparecchi che ne gestisce l’accensione. Non si intende proporre un’alternativa a queste possibilità, che per altro mantengono il pregio di avere un’applicazione consoli- data e perfezionata da anni di esperienza nel campo, si intende bensì puntare verso la ricerca di nuove soluzioni tecni- che che siano maggiormente efficaci e aderenti all’installazione in loco degli apparecchi. Sfruttando la miniaturizzazione dei compo- nenti perennemente in atto nell’industria, si è installato in

(39)

Fig.

che, ad oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, vengo- no progettati apparecchi per l’illuminazione di vialetti, pas- saggi e contesti simili, senza partire dal presupposto che durante le lunghe ore notturne, con ogni probabilità poche volte verranno sfruttati i tragit- ti in questione. Può capitare il caso di sottopassi pedonali e ciclabili, parchi pubblici in cui una luce più soffusa e dinamica può anche contribuire a mette- re in scena i luoghi collettivi con un carattere più delicato, piut- tosto che giardini privati che non avrebbe senso non illumi- nare ma che richiedono certe prestazioni illuminotecniche solo all’occorrenza.

L’installazione di questo dispo- sitivo permette dunque un notevole risparmio di energia con la spesa di pochi euro e con l’affidabilità che si richie- de a impianti d’allarme e rilevatori d’intrusione (rispetto ai cui concorrenti può vantare delle dimensioni estremamente ridotte).

Il campo d’azione di questo piccolo congegno è straordina- riamente elevato: ha un’apertura di 90° permessa da un’accurata lente Fresnel e permette di rilevare un movi- mento fino a 10 metri di distanza (vedi Allegato 2

“MS-360LP” di IR-TECH).

L’installazione di tre dei sud-

detti dispositivi, permette dunque di monitorare i movi- menti ai lati e di fronte l’apparecchio, con un raggio di 10 metri. Nel caso dell’installazione a 4 metri d’altezza si predisporrà il tem- porizzatore integrato nel modulo di interazione ambien- tale, per mantenere alto il livello d’illuminazione anche nel caso di un passante che attraversa il percorso con

“passo rilassato”: in questo caso, infatti, si crea un “cono cieco” con 8 metri di base in prossimità del palo in cui il prodotto non è in grado di rilevare la presenza o meno di pedoni e cicli.

Dare la possibilità di far gesti- re la quantità di flusso diretta- mente all’apparecchio rientra nel soddisfacimento di parte di queste caratteristiche, cioè aumentare il legame dell’apparecchio con il conte- sto d’installazione, proporre una miglioria che non pregiu- dichi consumi, costi e le dimen- sioni ridotte dell’apparecchio.

Soprattutto si mira a far si che questa opzione sia di imme- diata attuabilità senza compli- care il sistema: una variabile che poteva non rientrare nel processo di selezione dell’apparecchio da parte del progettista illuminotecnico, fa capolino a fronte di un dispen- dio minimo di energie (energia elettrica e progettuale) e si propone come variabile in grado di aumentare la qualità dell’intero progetto illumino- tecnico a fronte di un incremen- to minimo del costo dell’apparecchio (il singolo componente, come ogni elemento del modulo di intera- zione ambientale, costa poco più di un euro).

Per quanto riguarda il rileva- tore di presenza di questo modulo opzionale, l’esclusività e l’utilità pratica nella scelta di questo tipo di installazione appaiono di certo più chiara- mente a chi si approccia al nostro CuBo. Quello che forse non appare evidente è il fatto

(40)

ca piuttosto che tecnologica.

Il circuito che gestirà questi due rilevatori è stato commissiona- to ad uno specialista che ne ha individuato i componenti e le dimensioni di massime del circuito: questo sarà composto da un avvolgimento che per- metta di trasformare la tensio- ne di rete fino a 12V, un ponte di diodi che renda il segnale da sinusoidale a continuo e da uno stabilizzatore di tensione che ne eviti oscillazioni indesi- derate; due resistenze e due condensatori permetteranno di terminare il circuito e di tem- porizzare il segnale che verrà inviato al trasformatore che alimenta i led. Il trasformatore in questione (vedi Allegato 3

“MicroJolly 1..10V & Push” di TCI Saronno), più d’uno nel caso in cui l’applicazione richiedesse un numero maggio- re di led, è dotato di un dimmer elettronico in grado di ricevere un segnale e modula- re dunque la potenza dei led:

in questo modo il flusso lumino- so sarà parzialmente determi- nato da ciò che avverrà nel contesto in cui il prodotto, con il dispositivo di interazione ambientale annesso, sarà installato.

Rimane da aggiungere che, quando si vorrà dotare l’apparecchio di interazione

con l’ambiente, la staffa a “L”

prima esposta dovrà essere sostituita con una “L”, assoluta- mente complementare, dotata di un foro con passacavi che permetta i collegamenti appena descritti. Tra la staffa e la scocca del dispositivo di interazione è stata posizionata una piccola guarnizione che, assieme al passacavi, assicure- rà il grado di protezione IP65 precedentemente accennato.

Questi due dispositivi saranno collegati ad un circuito stam- pato che li alimenterà e che di cui faranno parte: una parte di ricerca, a nostro discapito anche abbastanza impegnati- va, è stata archiviata e non inserita nel progetto per una questione di semplificazione del sistema. Era stato indivi- duato un componente elettroni- co programmabile (Arduino Nano) che permette di colle- gare al sistema diversi disposi- tivi di interazione generalmen- te applicati in campo robotico:

si stava configurando un pro- dotto che avesse un grado di interattività altissimo, che fosse in grado di comunicare con gli altri elementi del sistema, magari aumentando di poco le dimensioni dell’apparecchio, che avesse la capacità di inte- ragire con l’utente anche tramite cellulare o che fosse programmabile per segnalare diverse variabili…

Data l’austerità di un progetto di Tesi, la scelta si è però sempre più spostata verso un prodotto immediatamente introducibile in commercio, pro- ducibile con facilità e senza pretese di futuribilità fanta- scientifiche: l’innovazione a portata del prodotto di illumi- nazione in questione, data la volontà di sviluppare nel pro- getto una versatilità spiccata, è stata prevalentemente tecni Abbondante è ancora la dispersione nel campo dell’infrarosso ma, in molti casi, si aggiunge una piccola emis-

sione nel campo

dell’ultravioletto. La mancata schermatura ai raggi UV è dovuta al quarzo di vetro con cui è fabbricato il bulbo della lampadina. Il quarzo è traspa- rente a questi raggi. Comun- que il problema si aggira

V

L’innovazione sostanziale che ha permesso ai led di emettere una radiazione sempre più tendente al bianco, è stata l’applicazione di fosfori sulla superficie del led, che assor- bissero parte della radiazione emessa per restituirla con meno energia ed in uno spettro più ampio (VEDI Fig. 12.3):

come si vede il led GaInN blu brillante preso ad esempio, è stato ricoperto da una colora- zione fosforescente che assol- vesse a questo tipo di compito.

(41)

Fig.

Scocca/Copertura

verrà installato, in modo da celarne il più possibile la pre-

senza alla vista.

Nell’eventualità l’apparecchio verrà fissato al terreno, si dovrà avere l’accortezza di posizionare questa parete verso il basso, orientando in opportunamente l’apparecchio.

Eventualmente si potrà limitar- ne l’inclinazione in modo da non incorrere in questa possibi- lità: questa scelta non è stata attuata per preservare la massima orientabilità in caso di installazione in ambienti interni.

Il foro superiore è stato creato in modo da lasciare un’aletta piegata verso l’interno che, una volta forata, diventa sup

porto per le viti necessarie all’assemblaggio del sistema.

Sul lato opposto, non volendo applicare fori che sarebbero stati evidenti nell’estetica dell’apparecchio, è stata fatta la scelta di saldare due sup- porti in modo da vincolare i componenti in maniera stabile e definitiva.

La parte inferiore di questo componente è stata disegnata con la stessa logica del foro superiore precedentemente descritta: quattro alette si rivolgono verso l’interno dell’apparecchio in modo da poter alloggiare i fori necessa- ri per terminare l’assemblaggio dell’apparecchio.

Questo componente racchiude e protegge, come già accen- nato, le componenti elettroni- che con grado di protezione IP20 proprio: la protezione dall’acqua piovana è assoluta in quanto il foro rettangolare superiore, posto sulla faccia nascosta del componente, è coperto dalla parte scatolata della staffa a “L”. Questa geo- metria scatolata protegge il dispositivo anche dall’ingresso di corpi solidi quali dita, lasciando però circolare l’aria necessaria per raffreddare a dovere il dissipatore che descriveremo tra poco.

L’eventuale acqua piovana che dovesse penetrare all’interno di questa copertura andrebbe a contatto con la porzione che racchiude i led e che, ancora una volta, presenta un grado di protezione IP65. Per non lasciar l’acqua a evaporare con il calore dei led (che per quanto possa aumentare la dissipazione non è certamente auspicabile) è stato applicato un piccolo foro in basso allo stesso lato posteriore del nostro CuBo, appena al di sopra della guarnizione che lo divide dal vero e proprio

“corpo illuminante”. Questi fori sono stati applicati sulla parete che verrà nascosta dal supporto dell’apparecchio, sia questo il palo o il muro su cui

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