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Note in tema di negozio di accertamento e trascrivibilità dell’accordo di conciliazione sull’intervenuta usucapione - Judicium

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Domenico Dalfino

Note in tema di negozio di accertamento e trascrivibilità dell’accordo di conciliazione sull’intervenuta usucapione

Sommario: 1.- Controversia sull’usucapione: la tesi contraria alla trascrivibilità dell’accordo di conciliazione 2.- Il negozio di accertamento e la sua opinabile ammissibilità. 3.- L’accordo di conciliazione sull’intervenuta usucapione. 4.- Trascrivibilità dell’accordo di conciliazione sull’intervenuta usucapione e tutela dei terzi.

1.- Controversia sull’usucapione: la tesi contraria alla trascrivibilità dell’accordo di conciliazione

L’art. 5, 1° comma, d.lgs. 28/2010, tra le controversie assoggettate alla c.d. mediazione obbligatoria contempla quelle in materia di diritti reali, tra le quali sicuramente rientrano le controversie relative all’acquisto del diritto per intervenuta usucapione.

Una parte della giurisprudenza, adita con reclamo proposto, ai sensi dell’art. 2674 bis c.c., avverso la trascrizione con riserva nei registri immobiliari dell’accordo di conciliazione concluso in tali ipotesi, afferma che non sia possibile procedere alla trascrizione, facendo leva sulle seguenti argomentazioni:

a) l’accordo de quo non rientra tra quelli previsti dall’art. 2643 c.c., richiamato dall’art. 11 d.lgs.

n. 28/2010, perché non realizza un effetto costitutivo, modificativo o estintivo, ma assume al contrario il valore di un mero negozio di accertamento, con efficacia dichiarativa e retroattiva, finalizzato a rimuovere l'incertezza, mediante la fissazione del contenuto della situazione giuridica preesistente (cfr. Trib. Roma, decr. 22 luglio 2011; Trib. Roma, decr. 8 febbraio 2012; Trib. Catania, decr. 24 febbraio 2012);

b) la natura transattiva dell’accordo va esclusa anche per difetto dei necessari requisiti (“reciproche concessioni” delle parti); a tal fine, non appare risolutivo neanche il richiamo all’art.

2645 c.c. che prevede la trascrivibilità di «ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluni degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643 c.c.» (Trib. Catania, decr. 24 febbraio 2012);

c) in materia di usucapione l’art. 2651 c.c. prevede la trascrizione delle sole sentenze da cui risulta acquistato per usucapione uno dei diritti indicati dai numeri 1, 2 e 4 dell'art. 2643 c.c. (Trib.

Roma, decr. 22 luglio 2011); «consentire la trascrizione ex art. 2651 c.c. del verbale di conciliazione in esame, equiparabile per il suo valore ad un negozio di accertamento, andrebbe a minare la funzione di certezza dei rapporti giuridici cui è anche preordinato l’istituto della trascrizione, ben potendo le parti utilizzare tale istituto non per la composizione di una lite effettiva, ma per dissimulare operazioni negoziali ai danni di terzi, con seri pregiudizi alla circolazione dei beni. Si pensi al caso in cui il convenuto non sia l'effettivo proprietario del bene per cui è controversia» (Trib. Roma, decr. 22 luglio 2011; Trib. Catania, decr. 24 febbraio 2012)

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.

1 A quest’ultimo proposito, si aggiunge che «l’accertamento di cui si discute può avere ad oggetto solo il possesso ad usucapionem con effetti limitati alle parti, non potendo essere demandato all’autonomia negoziale l’accertamento del diritto di proprietà per intervenuta usucapione con valenza erga omnes, in quanto simile accertamento sfugge alla disponibilità delle parti, essendo riservato al giudice. Trattasi di controversia non disponibile per coinvolgere interessi di carattere generale, primo fra tutti l’interesse alla sicura e pacifica circolazione dei beni, che verrebbe ad essere compromessa ove si consentisse alle parti un accertamento di tal tipo» (Trib. Roma, decr. 8 febbraio 2012). «Ove poi se il fatto è pacifico tra le parti, come nel caso in esame, e se quindi l’usucapiente persegue solo l’interesse, diverso e

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Orbene, quest’orientamento non convince per varie ragioni: in primo luogo, perché basato su premesse affatto opinabili, che riguardano la teorica del negozio di accertamento; in secondo luogo, perché espressione di un errore di prospettiva, che investe il senso generale della “mediazione”; in terzo luogo, perché frutto di un equivoco di fondo, che attiene alla natura e agli effetti dell’accordo di conciliazione avente ad oggetto l’intervenuta usucapione.

2.- Il negozio di accertamento e la sua opinabile ammissibilità

L’ammissibilità della figura del negozio di accertamento non è affatto pacifica in dottrina

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e, anzi, è stata ed è tuttora al centro di un vivacissimo dibattito, tant’è che vi è chi non ha mancato di porre in evidenza il paradosso insito nel fatto che proprio in relazione al negozio di accertamento vige un’assoluta incertezza di opinioni

3

.

La letteratura in proposito è molto vasta. Secondo la nozione tradizionale, tale è il negozio con il quale le parti, in virtù dell’autonomia privata, procedono a conferire certezza ad un quid incerto

4

. Nel conferire certezza, le parti, appunto, “accertano”, cioè fissano il quid preesistente.

Il dato positivo sul quale si fonda questo assunto è rappresentato essenzialmente da due norme:

l’art. 1321 c.c., che consente alle parti di accordarsi non soltanto al fine di «costituire» ed

«estinguere», ma anche di «regolare tra loro un rapporto giuridico patrimoniale»

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; l’art. 1322 c.c., che riconosce alle parti la libertà di «determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla

ulteriore rispetto alla risoluzione della controversia con l’usucapito, di ottenere un accertamento del diritto acquistato per usucapione con valenza erga omnes, non altrimenti ottenibile se non in sede giudiziaria, non potrà utilmente seguire la via conciliativa» (Trib. Roma, decr. 8 febbraio 2012).

2 Il quadro giurisprudenziale si presenta meno oscillante e sicuro nell’affermazione della ammissibilità del negozio di accertamento, come caratterizzato dall’intento di imprimere certezza giuridica ad un precedente rapporto cui si collega, al fine di precisarne contenuto ed effetti, rendendo definitive e immutabili situazioni di obiettiva incertezza: cfr., ad esempio, Cass. 30 marzo 2009, n. 7640, in Immobili & dir., 2010, fasc. 3, 44, con nota di M. De Tilla. Si sostiene, inoltre, che il negozio giuridico, inteso come dichiarazione di volontà, diretta a realizzare effetti giuridici, possa spiegare i suoi effetti anche per il passato, assumendo appunto la natura di negozio di accertamento, che può avere anche struttura unilaterale, venendo in tal caso a fissare il contenuto di un rapporto giuridico preesistente, con effetto preclusivo di ogni ulteriore contestazione al riguardo: Cass. 20 maggio 2004, n. 9651, in Foro it., Rep. 2004, voce Contratto in genere, n. 283. Sull’inidoneità traslativa del negozio in parola, v. Cass. 18 giugno 2003, n. 9687, in Giust.

civ., 2004, I, 373; Cass. 23 dicembre 1987, n. 9625, in Corriere giur., 1988, 253, con nota di V. Mariconda, Sulla ricognizione dei diritti reali immobiliari. Sulla natura non dispositiva, v. Cass. 1° agosto 2003, n. 11748, in Foro it., Rep. 2003, voce Interdizione, n. 2 (che ha ritenuto per questo non necessaria l’autorizzazione prevista, con elencazione tassativa, dagli art. 374 e 375 c.c., per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti dal tutore provvisorio dell’interdicendo). Sull’effetto preclusivo di ogni possibile contestazione, v. Cass. 5 giugno 1997, n. 4994, in Foro it., 1997, I, 2456, con nota di E. Brunetti. V., inoltre, Trib. Genova 5 gennaio 2008, in Foro pad., 2009, I, 657, con nota di A. Sirotti Gaudenzi, secondo cui in presenza di un negozio di accertamento, per la regolamentazione della situazione giuridica controversa, deve in ogni caso farsi capo alla fonte originaria non sostituibile dal negozio di accertamento.

Cfr. Cass. 12 marzo 2008, n. 6739, in Foro it., 2009, I, 395, con nota di M. Fabiani, nel senso che l’efficacia dichiarativa del negozio di accertamento deriva dalla natura di mera ricognizione degli obblighi già fissati in altro negozio, quello originario, cui si correla esigendo non necessariamente l’identità soggettiva delle rispettive parti, ma almeno quella dei soggetti, del rapporto oggetto di ricognizione che debbono esserne titolari (ad esempio, per successione); ne consegue che ha natura dispositiva il negozio che incida su rapporti di cui sono titolari soggetti differenti da quelli del rapporto originario, anche se esso muova dalla ricognizione di una situazione giuridica preesistente (principio affermato dalla suprema corte con riguardo all’atto di trasferimento immobiliare, oggetto di successiva azione revocatoria ex art. 64 l.fall., stipulato dalle società proprietarie successivamente a una transazione cui esse non avevano preso parte).

3 Cfr. M. Fornaciari, Il negozio di accertamento, in I negozi di composizione delle liti, a cura di Gabrielli e Luiso, Torino, 2005, 7; L. Bozzi, Negozio di accertamento ed effetti (non) «meramente dichiarativi», in Riv. dir. civ., 2009, II, 202.

4 V., anche per riferimenti, R. Fercia, Accertamento (negozio di), voce del Digesto civ., Aggiornamento VII, Torino, 2012, 33 ss.; M. Di Paolo, Negozio di accertamento, voce del Digesto civ., XII, Torino, 1995, 55.

5 A. Catricalà, Accertamento (negozio di), voce dell’Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988, 4 s.; E. Paolini, Effetti, forma e trascrizione, cit., 519.

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legge» e di «concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico»

6

.

Ferma restando la necessaria meritevolezza degli interessi perseguiti, caratteristiche essenziali del negozio di accertamento sarebbero, dunque, la “neutralità”, non essendo esso diretto ad estinguere o a modificare un precedente rapporto e l’atipicità del contenuto, potendo la volontà di

“dare certezza” riguardare qualsiasi ipotesi di “incertezza” pregressa

7

.

Al di là di questi profili, sui quali prevalentemente la dottrina concorda

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, le opinioni vengono a divergere significativamente quasi su ogni altro. Basti pensare che persino sulla individuazione dei presupposti essenziali della fattispecie negoziale in parola non c’è unanimità di vedute, dibattendosi sia sulla natura del quid su cui è destinato a cadere l’accertamento (situazioni giuridiche o anche fatti) sia sulla indispensabilità della sussistenza del requisito dell’incertezza

9

.

Quanto agli effetti, due orientamenti si contendono il campo nell’ambito delle tesi c.d.

dichiarative, vale a dire quelle secondo le quali il negozio di accertamento non produce innovazione alcuna. Da una parte, infatti, vi sono coloro che ad esso riconoscono natura di atto ricognitivo ad efficacia obbligatoria, tale da precludere alle parti di interpretare diversamente il quid fissato

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; dall’altra, coloro

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per i quali esso comporta l’immediata conformazione del rapporto accertato

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. Ad un esame più attento, però, ci si avvede che la pretesa dichiaratività si risolve in una formula non in grado di cogliere l’esatta portata degli effetti. E infatti, questi si esplicherebbero in realtà su un duplice e diverso piano: conformativo (in quanto idoneo a “fissare” una determinata regolamentazione del rapporto tra le parti) e preclusivo (in quanto funzionale ad impedire che sia

6 M. Samperi, Negozio di accertamento, cit., 1615; E. Minervini, Il problema dell’individuazione del negozio di accertamento, in Rass. dir. civ., 1986, 595.

7 Cfr. R. Fercia, Accertamento (negozio di), cit., 40.

8 Il rapporto tra negozio di accertamento e arbitrato non rituale è esaminato da V. Tavormina, Sul contratto di accertamento e sulla tutela, anche cautelare ed esecutiva, a mezzo di arbitri irrituali, in Corriere giur., 2006, 1614.

Sulla natura della perizia contrattuale, quale fenomeno processuale da ricondurre alla categoria dell’arbitrato rituale, in particolare trattandosi di un arbitrato relativo ad una parte o elemento della controversia, v. M. Bove, La perizia arbitrale, Torino, 2001, 170 ss.; Id., Sull’efficacia della convenzione per perizia contrattuale, in Riv. Arbitrato, 2010, 688; Id., La perizia contrattuale, in Gabrielli (a cura di), I contratti di composizione delle liti, II, Torino, 2005, 1219 ss., spec. 1237 ss. (in giurisprudenza, v. Cass. 13 marzo 2012, n. 3961, in corso di pubblicazione in Foro it., 2012, I, con nota di richiami di E. D’Alessandro). Per l’arbitrato rituale, al contrario, il problema non merita di porsi in quanto, ai sensi dell’art. 825 «Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto».

9 Cfr., anche per riferimenti, E. Paolini, Effetti, forma e trascrizione, cit., 519. I contrasti riguardano anche la natura della incertezza, che secondo alcuni può essere sia soggettiva sia oggettiva, secondo altri o di un tipo o dell’altro (ad esempio, per la soggettiva, v. F. Carnelutti, Note sull’accertamento giudiziale, cit.; per la oggettiva, v. C. Furno, Accertamento convenzionale e confessione stragiudiziale, cit.). Per la non indispensabilità del requisito della incertezza, v. M. Fornaciari, Il negozio di accertamento, cit., 20 ss.

10 R. Nicolò, Il riconoscimento e la transazione nel problema della rinnovazione del negozio e della novazione dell’obbligazione, in Raccolta di scritti, I, Milano, 1980, 404 s. Insiste sull’effetto preclusivo del negozio di accertamento, più di recente, M. Samperi, Negozio di accertamento e trasferimento di diritti reali, in Giust. civ., 1992, I, 1613 ss., anche sulla scorta della teorizzazione di A. Falzea, Accertamento (teoria generale), voce dell’Enc. dir., Milano, 1958, 205 ss., 211 ss.

11 M. Giorgianni, Accertamento (negozio di), voce dell’Enc. dir., I, Milano, 1958, 233 s.; Id., Il negozio di accertamento, Milano, 1939, 34 ss., 101 ss.

12 Al più, per replicare alla obiezione delle tesi contrapposte che fanno leva sulla necessaria costitutività, insita nella natura dispositiva del negozio giuridico quale atto di volontà, si afferma che l’ordinamento contempla ipotesi di fatti a struttura tipicamente costitutiva (dichiarazioni di volontà, come l’intimazione di pagamento) idonei a produrre effetti dichiarativi ovvero di fatti a struttura tipicamente dichiarativa (come il riconoscimento del figlio naturale) idonei a produrre effetti costitutivi. V. A. Falzea, Accertamento (teoria generale), cit., 211. Cfr. anche R. Nicolò, Il riconoscimento e la transazione, cit., 17 ss., 20 ss.

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adottata una interpretazione o intelligenza diversa del rapporto), in quest’ultimo caso anche in sede processuale

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.

I fautori delle tesi c.d. costitutive, invece, ritengono che il negozio di accertamento abbia efficacia innovativa nel senso di vincolare le parti al nuovo apprezzamento espresso

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.

Questi contrasti contribuiscono inevitabilmente a rendere ancora più labile l’argomentazione della giurisprudenza su menzionata sub a).

L’orientamento opposto, che propende per l’inammissibilità del negozio di accertamento, pone in evidenza l’incompatibilità logico-concettuale tra potere di disporre, che implica un atto di volontà, e potere di accertare, fondato su un giudizio

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. Atto di accertamento non può essere in alcun caso il negozio giuridico (né di accertamento né transattivo)

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, ma lo è la sentenza

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, poiché essa non costituisce espressione di una volontà dispositiva. Dunque, l’effetto di “accertamento” che le parti ottengono in sede negoziale, altro non è se non il prodotto di un atto di volontà, dispositivo e costitutivo, dove ad una precedente situazione incerta viene sostituita una “nuova” situazione certa:

certezza «creata», non certezza «trovata»

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.

A ben vedere, infatti, anche quando si determinano non a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico, bensì a fissare o interpretare convenzionalmente le regole di un precedente rapporto (evidentemente cadute in uno stato di incertezza), le parti pongono in essere un negozio giuridico che, per quanto possa provvedere ad eliminare lo stato di incertezza, non per questo interviene sul passato al fine di accertarlo. Al contrario, un siffatto negozio – che se si vuole si può anche definire di “accertamento”, ma che con l’accertamento giudiziale nulla ha in comune se non il denominatore rappresentato dalla eliminazione dello stato di incertezza – dispone solo per il futuro,

13 Cfr. R. Fercia, Accertamento (negozio di), cit., 42 ss. Per la teorizzazione dell’effetto preclusivo come autonomo e distinto rispetto a quello costitutivo e dichiarativo, v. A. Falzea, op. loc. cit.; Id., Efficacia giuridica, voce dell’Enciclopedia del diritto, Milano, 1965, XIV, 479 ss. In senso critico, v. M.FORNACIARI, Lineamenti di una teoria generale dell’accertamento giuridico, Torino, 2002, 252 ss.; Id., Il negozio di accertamento, cit., 44 ss., 52 ss., secondo cui «l’effetto dell’accertamento deve intendersi concretarsi nella creazione di un vincolo per il giudice a non discostarsi, nella valutazione della realtà sottoposta al suo giudizio, dalla ricostruzione contenuta nell’accertamento; o, detto in positivo, a recepire tale ricostruzione». Nel senso che effetto del negozio di accertamento è il «vincolo a una data intelligenza della situazione incerta» e funziona per le parti, le quali «si vincolano cioè a dare di quel rapporto una certa interpretazione, e non possono poi venir meno a tale vincolo», v. L. Bozzi, Negozio di accertamento, cit., 207.

14 R. Corrado, Il negozio di accertamento, Torino, 1942, 94; Id., Negozio di accertamento, voce del Nov.mo Dig. It., XI, Torino, 1965, 201 s.

15 F. Santoro Passarelli, L’accertamento negoziale e la transazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1956, 4 ss.:

«sarebbe pertanto ripugnante all’essenza stessa del negozio giuridico che il comando, con esso posto, valesse solo in quanto conforme alla situazione giuridica in atto. Se gli effetti dell’atto negoziale si producessero solo in quanto la situazione voluta dalle parti corrispondesse a quella già esistente, verrebbe meno, in realtà il riconoscimento della volontà negoziale».

16 Invece, nel senso che anche la transazione rientrerebbe tra i negozi di accertamento, v. F. Carnelutti, Note sull’accertamento negoziale, in Riv. dir. proc. civ., 1940, I, 4, 13, 16 (Id., Documento e negozio giuridico, id., 1926, I, 189, 206 ss., sull’ammissibilità del negozio di accertamento, in recensione a Candian, Documento e negozio giuridico, Parma, 1925); G. Stolfi, Natura giuridica del negozio d’accertamento, id., 1933, I, 132 ss.; M.T. Ascarelli, La letteralità nei titoli di credito, in Riv. dir. comm., 1932, I, 254 ss.; Id., Arbitri e arbitrato (per gli arbitrati liberi), in Riv.

dir. proc. civ., 1929, I, 308.

17Sull’oggetto di tale “giudizio”, nonché sui meccanismi di produzione degli effetti sostanziali v. A.PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2010, 169; ID., Appunti sulla tutela c.d. costitutiva (e sulle tecniche di produzione degli effetti sostanziali), in Riv. dir. proc., 1991, 60 ss.; R. ORIANI, Diritti potestativi, contestazione stragiudiziale e decadenza, in Quaderni della Riv. dir. civ., 2003, 1 ss.

18 F. Santoro Passarelli, L’accertamento negoziale, cit., 6. V. anche E.T. Liebman, Risoluzione convenzionale del processo, in Riv. dir. proc. civ., 1932, I, 274 ss.; C. Furno, Accertamento convenzionale e confessione stragiudiziale, Firenze, 1948, 29 s., 113 ss., 276 ss. Da ultimo, su posizioni non dissimili, v. anche L. Bozzi, Negozio di accertamento, cit., 204 ss. Su posizioni soltanto inizialmente contrarie all’ammissibilità del negozio di accertamento, v. F. Carresi, Note critiche in tema di accertamento negoziale, in Riv. dir. comm., 1946, I, 62 ss., successivamente, appunto, aderente alla tesi opposta, in Concetto e natura della transazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1953, 400 ss.

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cioè fissa una regola di intelligenza del precedente rapporto, che le parti si obbligano a rispettare;

esso, quindi, pone un vincolo, nel quale si esplica un effetto conformativo e allo stesso tempo preclusivo, che riguarda essenzialmente le parti del negozio stesso

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e che può riflettersi, in ultima analisi, in sede probatoria nel successivo eventuale processo

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. In questa attività dispositiva le parti non fanno che “regolare” ex art. 1321 c.c. l’assetto del proprio rapporto in maniera diversa dal costituire, modificare, estinguere; ciò non toglie che lo facciano in senso (l’unico possibile per il negozio giuridico)

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innovativo.

Se ciò è vero, l’eliminazione dello stato di incertezza può risolversi nella soluzione di una lite, intesa quest’ultima quale contrasto di posizioni anche soltanto in ordine al modo di intendere un determinato oggetto

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, e dunque nella individuazione di un punto di equilibrio idoneo a “regolare” il rapporto tra le parti. E se l’oggetto della lite è rappresentato da fatti, invece che da situazioni giuridiche, ciò non vuole significare che le parti possono “accertare i fatti”, bensì soltanto che, dati quei fatti, esse possono stabilire convenzionalmente l’assetto del proprio nascente rapporto giuridico.

3.- L’accordo di conciliazione relativo alla intervenuta usucapione

Credo che si debba partire proprio da queste ultimi rilievi per dare risposta positiva al quesito se si possa trascrivere l’accordo di conciliazione avente ad oggetto la controversia sull’intervenuta usucapione del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento.

Si ricorderanno le argomentazioni contrarie sopra indicate: in quanto negozio di accertamento, il verbale di conciliazione avente ad oggetto l’usucapione non è in grado di realizzare un effetto costitutivo, modificativo o estintivo e, quindi, non si risolve in uno degli accordi di cui all’art. 2643 c.c., richiamato dall’art. 11 d.lgs. 28/2010; l’unico effetto riconducibile a questo verbale di conciliazione è quello dichiarativo, nel quale è insita la retroattività; ne consegue l’impossibilità di attribuire ad esso la natura di atto di transazione (difettando il requisito delle “reciproche concessioni” delle parti).

In base a quanto innanzi osservato, anche ritenendo ammissibile la figura del negozio di accertamento, tali argomentazioni mi sembrano destinate a cedere.

Orbene, data l’idoneità del negozio di accertamento ad eliminare l’incertezza e a risolvere una lite, non mi pare si sia molto lontani da quella che pacificamente rappresenta la funzione della transazione

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. E infatti, il negozio di accertamento, come la transazione, altro non è se non un negozio volto a superare un contrasto di posizioni (anche soltanto interpretative) e idoneo a stabilire un vincolo tra le parti in ordine alla soluzione concordata. Se non altro, si vorrà ammettere che tra le due figure non corre un rapporto di contrapposizione o di esclusione, costituendo entrambe manifestazioni del potere dispositivo riconosciuto dall’ordinamento ai privati ex art. 1321 e 1322 c.c.

22 Cfr. anche V. Tavormina, Contratto di accertamento, in velata critica rispetto alla posizione di M. Fornaciari.

20 Dunque, anche accettando l’idea che di “accertamento” si possa parlare in un significato tanto ampio da comprendere sia quello giudiziale sia quello negoziale, la cui peculiarità risieda nella idoneità a fissare un vincolo (in tal senso, l’effetto dell’accertamento sarebbe sempre costitutivo: cfr. la ricostruzione di M. Fornaciari, opp. locc. citt.), ciò non toglie che la fonte di tale vincolo è e resta ben diversa (atto di “giudizio” in un caso, atto di volontà nel secondo).

21 In ciò la dottrina riscontra una differenza significativa con le dichiarazioni ricognitive: cfr., anche per riferimenti, L. Bozzi, Negozio di accertamento, cit., 207, testo e nota 12.

22 Per la nozione di lite, quale rapporto agiuridico o di fatto, sebbene «con caratteri speciali, che richiamano l'intervento del diritto», caratterizzato dagli elementi della pretesa e della resistenza, atti giuridici che «generano conseguenze di diritto, quali sono il potere della parte di chiedere e il potere del giudice o, in genere, dell'ufficio, di operare la composizione processuale della lite», v. F. Carnelutti,Appunti sulla successione nella lite, in Riv. dir. proc., 1932, I, 10. Sempre su tale nozione, v. dello stesso a. Sistema di diritto processuale civile, I, Padova, 1936, 118 ss.;

Diritto e processo, Napoli, 1958, §§ 32 ss.

23 Per un’ampia trattazione e per riferimenti, v., da ultimo, C. Cicero, Transazione, voce del Digesto civ., Aggiornamento VII, Torino, 2012, 1053 ss.

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D’altra parte, anche la “conciliazione” presuppone un iniziale contrasto di posizioni, una lite, una controversia (utilizzando proprio la terminologia del d.lgs. 28/2010), che viene composta tramite l’accordo (“amichevole”). Con ciò non si vuole certamente identificare l’accordo di conciliazione con la transazione, potendo il primo, a differenza del secondo, avere un contenuto atipico

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, bensì soltanto sottolineare che la funzione di prevenire o superare la “lite” non caratterizza soltanto la transazione.

Un ostacolo più serio parrebbe porsi rispetto all’altro requisito tipico del negozio disciplinato dagli art. 1965 ss. c.c., rappresentato dalle “reciproche concessioni” tra le parti, che nell’accordo di conciliazione sull’usucapione – ribadisco, ove concepito come negozio di accertamento – non sussisterebbe. Tuttavia, nulla esclude che tale accordo sia accompagnato da una sia pur simbolica controprestazione (e allora sarebbe integrato anche il requisito delle “reciproche concessioni”)

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, non essendo necessario, neanche nella transazione, un rapporto di equivalenza tra datum e retentum

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.

Ciò detto, mi sembra che la giurisprudenza su menzionata incorra in un equivoco, là dove abbina la dichiaratività del negozio di accertamento sull’intervenuta usucapione alla sua retroattività

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. A ben vedere, infatti, posto che la fattispecie acquisitiva del diritto si perfeziona soltanto con il compimento del periodo di tempo previsto per legge, il negozio giuridico, anche quello di accertamento, potrebbe soltanto “accertare”, nel senso di individuare o fissare, il momento in cui possa dirsi acquisito il diritto, mentre non potrebbe stabilire che tale effetto si produca in un momento anteriore.

A questo equivoco si aggiunge un errore di prospettiva, connesso al modo di intendere il rapporto tra mediazione e passato.

La mediazione non va alla ricerca della verità, ma mira piuttosto a costruire un percorso nuovo; partendo dalla presupposizione del passato che ha causato il conflitto e guardando alla comprensione del presente, essa ha il fine di costruire, o ri-costruire, il futuro, generando nuove e insperate prospettive

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. Ne consegue che la conciliazione non può condividere nulla con l’accertamento.

24 Sull’accordo di conciliazione, v. R. Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, 252 ss.; A. Santi, Sub art. 11, in La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, a cura di Bove, Padova, 2011, 277 ss.; M. Bove, L’accordo conciliativo, in www.judicium.it.; M.L. Cenni-E. Fabiani-M. Leo (a cura di), Manuale della mediazione civile e commerciale. Il contributo del Notariato alla luce del d.lgs. 28/2010, Napoli-Roma, 2012, 285 ss.

25 Trib. Palermo-sez. distaccata di Bagheria, ord. 30 dicembre 2011: «considerato che la mediazione non è un clone anticipato della sentenza: l’accordo in sede di mediazione sulla domanda di usucapione può essere configurato in mille forme, tutte idonee a fare venire meno la lite (ad esempio trasferimento della proprietà del bene con acquisto a titolo derivativo o rinuncia alla domanda di acquisto della proprietà per usucapione a fronte del pagamento di una somma di denaro)».

26 Cfr. M. Franzoni, La transazione, Padova, 2001, 25; C. Cicero, Transazione, cit., 1059.

27 Ragioni di opportunità e di equità hanno portato E.T. Liebman (Risoluzione convenzionale, cit., 276) a ritenere incompatibili accertamento e retroattività. Nello stesso senso, v. F. Santoro Passarelli, L’accertamento negoziale, cit., 9 («accertamento e retroattività sono pertanto termini incompatibili: quando si ha accertamento non può esservi retroattività, giacché la situazione accertata, proprio per ipotesi, preesiste all’atto di accertamento». Tornando alla figura del negozio di accertamento: «Un pregiudizio giuridico ai terzi non può venire se non da una modificazione della situazione giuridica, atta ad incidere sui loro diritti: perciò l’efficacia retroattiva, che le parti attribuiscono al negozio di accertamento, non può esplicarsi in loro confronto, mentre analoga limitazione non vale per l’efficacia della sentenza»).

28 Su questo profilo, v. D. Dalfino, Il “futuro passato” della mediazione civile in Italia, in Giur. it., 2012, fasc. 1.

Sul rapporto tra mediazione e passato, v. anche F. Cuomo Ulloa, La conciliazione. Modelli di composizione dei conflitti, Padova, 2008, 454, che, però, parla di «condivisione sul passato, nel senso che le parti possono giungere ad una ricostruzione condivisa del passato o quanto meno ad una ipotesi di ricostruzione nella quale le verità delle parti possono coesistere» (ma non è sempre vero che la “ricostruzione” del rapporto debba presupporre una condivisione del passato e soprattutto una coesistenza delle verità delle parti, perché alla mediazione non è affidato il compito di indagare o definire la verità storica delle parti, che può aver generato il conflitto).

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4.- Trascrivibilità dell’accordo di conciliazione sull’intervenuta usucapione e tutela dei terzi

Poste le precedenti premesse, il passo è breve per concludere che l’accordo di conciliazione che compone la controversia relativa all’intervenuta usucapione è pienamente trascrivibile.

A questo proposito, giova rammentare il contesto normativo di riferimento: - l’art. 11, 3°

comma, d.lgs. 28/2010 stabilisce che per la trascrizione dell’accordo di conciliazione, con il quale sia concluso uno dei contratti o sia compiuto uno degli atti di cui all’art. 2643 c.c., occorre ottenere la previa autenticazione della sottoscrizione del relativo processo verbale da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato; - la trascrivibilità della scrittura privata autenticata (e dell’atto pubblico) è prevista espressamente dall’art. 2657 c.c., del quale l’art. 11, 3° comma, costituisce applicazione;

- ai sensi dell’art. 2651 c.c., si devono trascrivere le sentenze da cui risulta estinto per prescrizione o acquistato per usucapione ovvero in altro modo non soggetto a trascrizione uno dei diritti indicati dai nn. 1, 2 e 4 dell'art. 2643 c.c. (contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell'enfiteuta; contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti); - infine, ai sensi dell’art. 2643, n. 13 c.c., si devono trascrivere «le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti».

Nessuna delle norme menzionate depone nel senso di escludere la trascrivibilità del negozio con il quale “si riconosca” l’avvenuto acquisto dell’usucapione.

Per tutto quanto innanzi detto, tale negozio e, quindi, l’accordo di conciliazione che presenti tale contenuto, non esplica effetti di accertamento retroattivo, bensì quelli riconducibili a qualsiasi negozio giuridico in quanto atto di volontà.

La conclusione di questo ragionamento è che l’accordo di conciliazione in parola, previa esecuzione delle formalità necessarie per l’attribuzione della pubblica fede, può essere trascritto ai sensi dell’art. 2643 n. 13 c.c.

29

Chiarito questo punto, condiviso da una parte della giurisprudenza

30

, occorre anche precisare che il timore paventato dalle pronunce di segno contrario, relativo al possibile pregiudizio derivante

29 Cfr. già in questo senso M. Bove, L’accordo conciliativo, cit. Anche E. Paolini, Effetti, forma e trascrizione del contratto di accertamento, in Contratti, 1996, 518, che propende per la piena ammissibilità del negozio di accertamento, ritiene possibile procedere alla sua trascrizione anche nell’ipotesi in cui contenga l’accordo con il quale le parti accertano documentalmente l'intervenuto acquisto dell'usucapione (o l'estinzione di un diritto per prescrizione).

Osserva l’a. che, «nel momento in cui il titolare del diritto di proprietà così acquisito volesse procedere al trasferimento dello stesso diritto si troverebbe nella necessità di dimostrare l'intervenuta usucapione, non potendosi l'acquirente, né tanto meno il notaio rogante, fondare su mere dichiarazioni di parte o di terzi prive di valore giuridico.

E allora l'unico rimedio sarebbe quello di provocare l'accertamento giurisdizionale dell'acquisto nei confronti di colui che risultasse essere nei registri immobiliari il titolare del diritto usucapito ovvero dei suoi eredi. La sentenza in questo caso, in assenza di lite fra le parti e in presenza della volontà concorde di eliminare l'incertezza in ordine al fatto del possesso prolungato per il tempo necessario ad usucapire potrà essere sostituita da un contratto di accertamento intervenuto fra gli stessi soggetti suindicati. E, allora, la trascrizione potrà essere curata ai sensi dell'art. 2651 Codice civile, che può senz'altro estendersi, in forza di una interpretazione estensiva, anche alle ipotesi di accertamento convenzionale dell'intervenuto acquisto a titolo originario». Naturalmente, aggiunge l’a., il contratto di accertamento

«può costituire titolo per la trascrizione di un fatto acquisitivo o estintivo di un diritto, se riveste le forme richieste dalla legge, dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata. Così come le sentenze, anche le convenzioni che accertano l'avvenuto acquisto o l'estinzione di un diritto come conseguenza di un fatto, possono essere rese pubbliche ai sensi dell'art. 2651 Codice civile, a cura del notaio che ha ricevuto l'atto». Infine, v. V. Tavormina, Contratto di accertamento, cit., dell’idea che non sia necessario «porre in discussione, in contrasto con la tassatività dei modi di acquisto della proprietà (art. 922 c.c.) e degli altri diritti reali, il carattere derivativo dell’acquisto operato anche tramite un contratto di accertamento; e posto che la meritevolezza degli interessi sottostanti (art. 1322 c.c.) e l’autonomia della causa di accertamento lasciano ampio spazio all’operare di un siffatto contratto cui applicare, in via analogica, le disposizioni sulla forma, sulla trascrizione, ecc».

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a danno dei terzi in caso di trascrizione dell’accordo («Si pensi al caso in cui il convenuto non sia l'effettivo proprietario del bene per cui è controversia»: v. Trib. Roma, decr. 22 luglio 2012; cfr.

anche Trib. Catania, decr. 24 febbraio 2012), non ha ragione di porsi in misura diversa rispetto a qualsiasi altro contratto traslativo

31

; in ogni caso, altri sono i rimedi che l’ordinamento contempla per la tutela dei terzi (art. 2901, 1414 ss. c.c. e così via), e tra questi non figura il divieto di trascrizione.

A ciò si aggiungano le seguenti considerazioni:

a) dal momento che il nostro ordinamento bandisce le c.d. azioni di giattanza o provocationes ad agendum

32

, le azioni di mero accertamento non possono svolgere la funzione di dichiarare erga omnes l’esistenza o l’inesistenza di una situazione giuridica, ma possono soltanto servire ad accertare una relazione sostanziale tra le parti

33

nel suo «schema semplice»

34

, la cui esistenza o inesistenza sia stata “contestata”; ciò deve valere a maggior ragione per l’accertamento negoziale, ove ritenuto ammissibile;

b) la trascrizione, avendo di regola effetti di pubblicità e non costitutivi, offre soltanto un titolo di prevalenza per l’ipotesi di alienazione del medesimo bene da parte del medesimo alienante

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;

c) i terzi eventualmente “pregiudicati” dal negozio giuridico inter partes nonostante l’operatività della regola res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest di cui è espressione l’art. 1372 c.c., come già accennato, possono esperire i rimedi offerti dall’ordinamento per eliminarne le conseguenze pregiudizievoli;

d) l’idoneità dell’usucapione a travolgere i diritti acquistati dai terzi dal precedente proprietario, nel periodo anteriore al suo compimento

36

, costituisce una conseguenza della peculiarità del titolo dell’acquisto, che è originario, non certamente della retroattività dell’accertamento

37

(sia esso contenuto nell’accordo negoziale ovvero nella sentenza di accertamento).

30 Trib. Como-sez. distaccata di Cantù, ord. 2 febbraio 2012: «L’accordo di mediazione avrà ad oggetto il diritto reale, ma non il fatto attributivo di esso, ossia l’avvenuta usucapione. La parte che si vedrà trasferito il bene lo acquisterà a titolo derivativo in quanto lo strumento utilizzato per la traslazione è il verbale di mediazione e non a titolo originario come invece nel caso di accertata usucapione mediante sentenza. Alla luce di quanto esposto, si può concludere che l’accordo di mediazione con cui si attribuisce un diritto reale è trascrivibile, non certo ai sensi dell’art.

2651 c.c., bensì ai sensi dell’art. 2643 n. 13 c.c. in relazione all’art 11 del D Lgs n 28/2010, perché in esso non vi è altro che una transazione)».

31 E’ appena il caso di osservare che l’accordo di conciliazione può riguardare anche fattispecie diverse da quelle relativa all’intervenuta usucapione e che la simulazione di una lite può essere perpetrata persino in sede giudiziale.

32 Azioni dirette non ad accertare una relazione giuridica tra le parti, bensì a fornire un titolo formale di legittimazione all’istante. Cfr. G. Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 288 ss., spec. 292, nota 63.; P.L. Falaschi, Giattanza (giudizio di), voce del Nov.mo Digesto It., VII,Torino, 1961, 863 ss. (per altri riferimenti v. anche A.A. Romano, L’azione di accertamento negativo, Napoli, 2004, 412 ss.). Costituiscono retaggi di queste azioni il giudizio di ammortamento, ai sensi degli art. 2016 ss. c.c., 69 ss. r.d. 21 dicembre 1933, n.

1736, 89 ss. r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669; e i procedimenti per la regolarizzazione della piccola proprietà rurale di cui alle l. 14 novembre 1962, n. 1610 e 10 maggio 1976, n. 346.

33 Cfr. in tal senso G. Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 288 ss., spec.

292, nota 63.

34 Cfr. A. Proto Pisani, La trascrizione delle domande giudiziali, Napoli, 1968, 73.

35 Cfr. in tal senso M. Bove, op. cit..

36 Cfr. C. Vanz, Usucapione e tutela del credito: il difficile connubio tra problemi sostanziali e diritto di difesa, in Riv. esec. forzata, 2010, 558 ss.

37 Sulla irretroattività nei confronti dei terzi dell’atto con effetti inter partes, v. F.P. Luiso, Irretroattività degli effetti riflessi, in Studi in onore di Enrico Allorio, Milano 1989, 374 ss. spec. 381 ss.; Id., Il lodo arbitrale e i terzi, in www.judicium.it, § 6.

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