Valutazione differenziale del danno neuropsichico medio
Giancarlo Umani-Ronchi 1 - Maurizio Marasco2
Cercheremo di definire e delimitare il concetto di menomazione di “media entità” tenendo presente una serie di problematiche comuni a tutta la patologia neuropsichica post traumatica a cominciare dai rapporti con la gravità del trauma.
Innanzitutto la differenziazione tra danno neurologico minore, medio e maggiore, inteso come sequela derivata da un trauma cranico non necessariamente è correlata all’entità del trauma medesimo, nel senso che si può verificare l’ipotesi di un trauma cranico di notevole entità al quale seguono postumi di modesto rilievo e – viceversa – di un trauma cranico non rilevante che dia esito a postumi di una certa gravità. Si pensi, per esempio, ad un trauma cranico commotivo senza lesioni fratturative del tavolato osseo e senza segni di edema cerebrale, né segni neurologici focali, ma con uno stato confusionale che si protrae per diversi giorni fino a determinare le premesse per lo sviluppo di una sindrome psico-organica con disturbi neurocognitivi.
Si pensi, altrettanto, ad un trauma cranico con sofferenza del parenchima cerebrale da contusione che magari abbia comportato crisi di decerebrazione o decorticazione ma che vada incontro, invece, ad un’evoluzione favorevole senza che si sviluppino epilessia, deterioramento della personalità, segni neurologici di lato, ecc… Tali evenienze sono teoricamente possibili ancorchè non frequenti e, comunque, non vanno trascurate in sede di discussione circa il rapporto di causalità tra trauma e menomazione.
La letteratura scientifica è concorde nel differenziare il trauma cranico minore dal trauma cranico maggiore. Si definisce in genere trauma cranico minore quell’evento che dà luogo a una lesione contusiva limitata ai tegumenti esterni, di solito senza interessamento fratturativo della teca cranica o con lesioni fratturative di scarso rilievo, comunque senza lesione delle strutture encefaliche. Si intende per trauma cranico maggiore quell’insulto caratterizzato a livello locale da lesioni più ampie dei tegumenti, con frattura cranica anche avvallata e talora con dislocazione dei frammenti ossei nel parenchima cerebrale, con presenza di uno o più focolai lacero-contusivi della corteccia cerebrale o da segni neurologici focali. Mentre nel primo caso (trauma cranico minore) il danno immediato è rappresentato in genere da una banale sintomatologia cefalalgico- vertiginosa senza perdita di coscienza o con lieve stato commotivo e fugace amnesia retrograda, nel secondo caso (trauma cranico maggiore) si verificano stato di coma di varia intensità, talora protratto, ed una sintomatologia complessa che richiede un trattamento rianimatorio, sindromi deficitarie o irritative anche a focolaio.
In linea di massima, dunque, la definizione di trauma cranico minore o maggiore è in rapporto – oltre che con il quadro anatomo-patologico descritto – con la gravità degli effetti immediati non essendovi obbligatoriamente una corrispondenza con l’entità degli effetti a distanza.
Nella realtà dell’esperienza clinica possiamo identificare anche traumi intermedi, quelli cioè che non è possibile definire traumi cranici minori o traumi cranici maggiori, ai quali possono corrispondere effetti immediati di media gravità e postumi a distanza non pronosticabili a priori. Si tratta di traumi commotivi con lesioni dei
1 Professore ordinario di medicina legale e delle Assicurazioni - Università degli Studi La Sapienza, Roma
2 Professore associato di psichiatria forense - Università degli Studi La Sapienza, Roma
tegumenti e talora della teca cranica, con emorragie endocraniche di maggiore o minore rilievo, talora con limitati segni di contusione cerebrale. Detti traumi si esprimono nell’immediatezza con perdita di coscienza della durata oscillante da meno di un minuto fino a dieci - quindici minuti; alla ripresa dello stato di coscienza il paziente presenta amnesia dell’evento, che può interessare sia i ricordi antecedenti che quelli successivi al momento dell’impatto. Possono verificarsi anche segni post commotivi quali cefalea, vertigini, stato confusionale e – talora – segni neurologici espressivi della sofferenza del tronco cerebrale come, ad esempio, atassia più o meno marcata.
Va tenuto presente che detto danno “medio” può presentare caratteri differenziali assai sfumati nei confronti di un danno neuropsichico lieve, nel senso che nelle forme di minore entità e nelle fasi iniziali può apparire come reattivo e di incerta permanenza nel tempo. I confini possono essere vaghi anche rispetto ad alcuni danni
“maggiori” con evidente substrato organico, tali da determinare una rilevante menomazione funzionale e una prognosi sfavorevole. Ne deriva che l’inquadramento del danno neuropsichico medio non è agevole, quanto meno nelle fasi più recenti rispetto al trauma. Dette condizioni patologiche possono essere definite non tanto e non sempre attraverso un’elencazione di sindromi di interesse neuropsichico in quanto – come già detto – una stessa sindrome può comprendere danni inquadrabili come
“minori” e “medi” o come “medi” e “maggiori”, quanto al loro valore clinico e medico- legale: nel senso che deve trattarsi di postumi che siano tali da incidere sulla validità del soggetto in modo da determinare un danno biologico medio.
In tal senso riteniamo che, in linea di massima, possa essere proposta la seguente classificazione dei danni in rapporto al loro significato biologico, tenuto conto della comune esperienza professionale e del riferimento tabellare.
Il danno neurologico minore è quello che determina un deficit biologico (vale a dire dell’integrità fisico-psichica in sé e per sé considerata) dall’1 al 10%.
Il danno neurologico maggiore comporta una valutazione al di là del 25%
(ovvero oltre ¼ della validità del soggetto).
Il danno medio comporta, infine, una valutazione nell’ordine dell’11-25%.
Tenuto conto di tale classificazione, presentiamo alcune esemplificazioni del danno neurologico medio così come in gran parte risultano dalla Guida orientativa della SIMLA.
Classificazione delle sindromi neuropsichiche “medie” in rapporto a lesioni a focolaio e relativa proposta valutativa
Sindromi piramidali
paralisi facciale centrale 10-25%
emiparesi facio-brachiale 15-25%
quadrantopsia 5-15%
monoparesi arto inferiore con lieve deficit di forza, andatura tipo falciante, possibile senza
appoggio 25%
Sindromi cerebellari
emisferica (ipotonia, dismetria,tremore intenzionale, adiadococinesia, lateropulsione, disartria)
vermiana (instabilità della stazione eretta e disturbi
della andatura) difficilmente consentono valutazioni nel range 11-25%
Sindromi extrapiramidali
Tra queste può avere qualche rilievo il parkinsonismo da lesioni vascolari su base traumatica (encefalopatia
dei pugili) raramente al di sotto del 30-60%
Sindrome frontale
Sindrome prefrontale psicorganica forme lievi 10-20 %
Sindrome parietale
emi-anestesia o emi-ipoanestesia controlaterale con 10-40%
astereoagnosia 10-20%
emiasomatoagnosia controlaterale 20-60%
sindrome di Gerstmann
Sindrome temporale Disturbi deficitari dell’udito
sordità corticale per lesione bilaterale
danno monolaterale 10%
Disturbi visivi per interessamento delle radiazioni
ottiche attorno al corno temporale: quadrantopsia lat.sup.controlaterale
Nelle lesioni del lobo dominante, afasia sensoriale di Wernike, talora alexia, jargonafasia, amusia con valutazione entro il 25%
Nelle lesioni dell’ippocampo, sindrome amnestica di Korsakoff
disturbi irritativi: crisi del giro uncinato, 5-10%
stato sognante, crisi psicomotorie Sindrome occipitale
disturbi deficitari in rapporto alla mono o bilateralaterale:
emianopsia omonima controlaterale cecità corticale
talora agnosie visive
disturbi irritativi come illusioni e allucinazioni ottiche
di solito valutabili entro il 25%
Altre patologie neurologiche
Sindrome pseudobulbare per lesione delle vie centrali de- stinate ai nuclei bulbari IX,X,XI con paralisi velo-faringo- laringea, paralisi bilaterale della lingua, riso e pianto spasti- co, segni piramidali ai quattro arti, decadimento mentale
Idrocefalo post-traumatico operato normotensivo 10-15%
Vescica neurologica da danno corticale 10-15%
Epilessie
Forme generalizzate “moderate” 10-20%
(necessità di seguire un trattamento farmacologico, buon control- lo dei sintomi clinici con crisi rare o assenti, vita praticamente nor- male sul piano normale e professionale, astensione precauzionale da attività potenzialmente pericolose)
Forme parziali “moderate” 10-20%
Crisi toniche con deviazione dello sguardo 10-15%
Crisi del giro uncinato 5-10%
Crisi crepuscolari 10-15%
Crisi epilettiche temporali 10-25%
Crisi parziali a semeiologia complessa 20-30%
Sindromi da danno delle funzioni integrative superiori
Sindrome psico-organica 10-30%
Disturbo del carattere post-traumatico 5-15%
Disturbo emotivo-affettivo post-traumatico 15-20%
Sindromi del tronco cerebrale
Deficit del nervo olfattivo 2-5%
Perdita del visus monolaterale 25%
Deficit del III n. cranico (con ptosi p.) 10-20%
Deficit del V n. cranico (comp.motoria) 10-20%
Idem (componente sensitiva) 5-8%
Paresi-paralisi facciale periferica fino al 20%
Deficit del IX n. cranico 10-15%
(paresi-paralisi del velo pendulo) Deficit del X nervo cranico
Medie alterazioni della favella 11-20%
Notevoli alterazioni della favella 21-30%
Disturbi respiratori e/o cardiaci non valutabili in astratto
Deficit dell’XI n. cranico 12-18%
(paresi-paralisi dei mm.trapezio, sternocleidomastoideo) Deficit del XII nervo cranico
(atrofia linguale con paresi-paralisi e disturbi della
fonazione, masticazione, deglutizione) 8-18%
Sindromi di interesse psichiatrico Forme di natura organica
Disturbo amnesico 10-30%
Disturbo organico di personalità 15-30%
Disturbo cognitivo 20-40%
Forme di natura psicogeno-reattiva
Disturbo d’ansia generalizzato (forme rilevanti) 10-15%
Distimia (forme rilevanti) 10-20%
Depressione maggiore 15-30%
Disturbo post-traumatico da stress, forme rilevanti 15-30%
Idem forme moderate 10-15%
Disturbi dissociativi 5-12%
Non sono da considerare in questo gruppo la sindrome soggettiva del traumatizzato cranico i disturbi somatoformi (a parte qualche raro caso)
Non vengono considerati i disturbi psicotici post-trauma cranico (rari) che, oltre a tutto, solo raramente risultano inquadrabili nel range percentuale indicato.
Tra questi ultimi alcune forme dissociative di modesta gravità (15-30%) alcune psicosi maniaco-depressive
la sindrome prefrontale organica di cui si è detto
La valutazione differenziale di cui si parla nel titolo richiede che vengano individuati parametri che consentano di inquadrare una menomazione neuropsichica tra quelle cosiddette di “media entità” e criteri predittivi circa la evoluzione della sindrome.
Il compito, come abbiamo visto, non è agevole soprattutto nei tempi brevi; il medico legale, in fattispecie di questo tipo, dovrà servirsi dell’ausilio quanto meno di uno specialista in neuropsichiatria e di una serie di accertamenti clinico-strumentali, dalla neuroradiologia per immagini, che è in grado di identificare la presenza di segni di danno organico cerebrale, al riscontro strumentale della sofferenza del tronco cerebrale attraverso esami neurofisiologici quali i potenziali evocati, ecc.. Assai sensibili per la verifica di eventuali danni dell’attività elettrica cerebrale appaiono le mappe cerebrali, potendo esse porre in luce la presenza di segni di sofferenza attraverso l’individuazione di componenti delta-focali o distrettuali non svelabili mediante le comuni tecniche di indagine basate sull’EEG. Altri elementi di valutazione, in relazione alle sequele psichiche secondarie all’insulto traumatico, sono rappresentati dai tests neuropsicologici. In particolare, anche a fine medico-legale, sono stati approfonditi lo studio dei fattori predittivi dell’epilessia quali – in particolare – i fattori di rischio peritraumatici (frattura cranica avvallata, ferita corticale, fenomeni di decerebrazione e decorticazione, ematomi epi, sottodurali o intracerebrali) e post traumatici (quali la comparsa precoce di un singolo episodio convulsivo, di pseudo-assenze, di crisi parziali, oltre all’evidenziazione di un danno elettrico focale e di aree di malacia post contusiva);
dopo due-tre anni il rischio è ovviamente più basso.
Infine, nella valutazione del danno neuropsichico di media entità, si deve tenere presente che
1) il quadro post traumatico, nell’immediatezza del sinistro, non è necessariamente di media entità;
2) definire il significato, soprattutto prognostico, in epoca recente rispetto al trauma, soprattutto per le patologie di interesse psichiatrico, non è agevole e di interpretazione non univoca particolarmente per le sindromi più sfumate;
3) l’evoluzione dei postumi risente non poco e di più rispetto al danno
“maggiore” di situazioni preesistenti non necessariamente patologiche e non sempre di facile valutazione anche in rapporto all’età, al livello psicologico sociale, ecc.;
4) proprio per queste due varianti (possibile incerto significato del dato clinico, possibili interferenze di fattori concausali), a distanza di tempo ci si potrebbe trovare di fronte a quadri clinici non sospettabili nell’immediatezza del sinistro;
5) il rapporto di causalità tra entità del trauma cranico ed entità della menomazione definitivamente stabilizzata può essere più incerto di quanto non si verifichi per i danni neuropsichici minore e maggiore.
I problemi non si pongono tanto in sede di C.T.U., quanto più precocemente nella visita di accertamento dei postumi da parte del fiduciario della compagnia di assicurazioni: per cui da un lato risultano tanto più necessari gli accertamenti specialistici, dall’altro sarebbe opportuno rinviare ancora la valutazione definitiva, rifuggendo dalle cosiddette “valutazioni prognostiche” che - in termini medico-legali - potrebbero essere fallaci, pur se non infrequentemente devono essere poste al fine di favorire la transazione fra le parti.