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LA LEGGE DI RIFORMA NEL SETTORE DELLA RCA On. Avv. Rocco Maggi

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Ministero della Giustizia

LA LEGGE DI RIFORMA NEL SETTORE DELLA RCA

On. Avv. Rocco Maggi

1. La legge 5 marzo 2001, n.57, recante “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati” contiene diverse norme di specifico interesse per gli studiosi delle problematiche legate al risarcimento del danno ingiusto da circolazione di veicoli. In particolare, l’intero capo I del titolo I è dedicato agli interventi nel settore assicurativo; in tale capo, accanto a norme inerenti la disciplina amministrativa del settore ed i relativi poteri di vigilanza dell’ISVAP, sono state dettate numerose disposizioni relative al contratto di assicurazione della responsabilità civile e, più specificamente, ai criteri per il risarcimento del danno alla persona per le lesioni di lieve entità (art.5, comma 1, che sostituisce il primo, secondo e terzo comma dell’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 1976, n.857, convertito dalla legge 26 febbraio 1977, n.39).

L’immediato precedente della norma in esame è l’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n.38, recante “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n.144” che detta, limitatamente agli infortuni sul lavoro ed alle malattie professionali, disposizioni per la liquidazione del danno biologico. Successivamente a tale decreto, norme in tema di danno biologico erano state dettate anche nella versione originaria del decreto-legge 28 marzo 2000, n.70;

tali norme, peraltro, erano state eliminate al momento della conversione in legge del decreto medesimo. Peraltro, seppure limitata in un così breve arco temporale, l’esistenza, di una norma positiva che ha dettato criteri per la determinazione diretta del danno biologico ha costituito occasione di una seria riflessione che ha offerto utili indicazione per la redazione dell’attuale normativa.

2. Venendo all’esame di tale disciplina, non si può nascondere l’importanza e, in un certo senso, la doverosità dell’intervento normativo, in quanto finalizzato a fare chiarezza su un tema oggetto di una lenta ma costante evoluzione giurisprudenziale.

Com’è noto, la valutazione e la quantificazione del danno alla persona, con particolare riferimento alle componenti del danno biologico e del danno morale, presentavano, nella realtà italiana, aspetti problematici sempre più preoccupanti, data l'assenza di criteri certi ed uniformi sull'intero territorio nazionale. La questione é stata avvertita in primo luogo a livello di opinione pubblica, per palesi ragioni di

Sottosegretario Ministero di Giustizia, Roma

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certezza giuridica e di perequazione risarcitoria. Il mercato assicurativo, d'altra parte, collegava all’incertezza dei criteri di quantificazione del danno l'impossibilità di pervenire all' appostazione di riserve congrue con gravi conseguenze per l'equilibrio tecnico del ramo responsabilità civile-auto. L'opera innovatrice della giurisprudenza aveva via via ampliato la tradizionale nozione codicistica di danno risarcibile, attribuendo ai valori della vita e dell'integrità personale quel peculiare riconoscimento che pone senz'altro l'Italia tra i paesi europei più evoluti sul fronte della tutela dei diritti fondamentali. All'opera creatrice degli anni ottanta, caratterizzati dall'affermarsi di nuove figure di danno risarcibile, aveva poi fatto seguito una fase di elaborazione di criteri e metodologie liquidatorie da parte degli stessi organi giudicanti. In particolare, numerose sedi giudiziarie, alla ricerca di una qualche forma di autoregolamentazione, erano pervenute alla predisposizione di tabelle per la quantificazione del danno all’integrità psicofisica. Il sistema tabellare, basato sul valore del punto variabile in funzione dell'età e del grado di invalidità accertata in sede medica, di per sé apprezzabile se inserito in un contesto di maggiore omogeneità sul territorio nazionale, presentava però limiti preoccupanti. Ciascun organo giudiziario tendeva, infatti, ad adottare la propria tabella, costruita sulla base dei propri precedenti giurisprudenziali ed ispirata a diverse scelte di fondo, con la conseguenza che danni della medesima entità venivano risarciti in modo anche molto differenziato sul territorio. La stessa tabella inoltre poteva subire, anche a breve distanza dalla sua elaborazione, aggiustamenti, spesso consistenti, non solo dei valori del punto di invalidità ma anche dei criteri evolutivi che regolavano i diversi passaggi della scala tabellare. Né può dimenticarsi come la vicenda giurisprudenziale si ripercuotesse necessariamente sulla prassi liquidativa extragiudiziale.

3. La situazione sopra descritta ha indotto il Legislatore a ritenere giunto il momento di un intervento legislativo in materia, ai fini di pervenire a quella uniformità risarcitoria di base divenuta ormai irrinunciabile, anche in quanto idonea ad assumere una valenza deflattiva del contenzioso giudiziario. Punto qualificante del nuovo provvedimento è la volontà di fornire una definizione unitaria di danno biologico, inteso come “lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale … risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”. In tale ottica, viene proposto un sistema di tabellazione nazionale dei valori per la liquidazione del danno biologico che tenga conto del fattore età, delle condizioni soggettive del danneggiato nonché della percentuale di invalidità accertata in sede medica; viene quindi previsto che i risarcimenti per il danno biologico tengano conto dell'età del danneggiato ed aumentino in misura "più che proporzionale'' all'invalidità. Difatti, l'incidenza della menomazione nella vita del danneggiato cresce in modo più che proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi, in quanto al crescere della percentuale di invalidità, i postumi che ciascun punto percentuale aggiuntivo riflette sono di peso crescente poiché vanno ad incidere su di un quadro clinico maggiormente compromesso.

Si tratta di un intervento di ampio respiro, volto a disciplinare compiutamente la materia e, per ciò stesso, idoneo a permetterne il complessivo riordino, tenendo

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conto di tutte le diverse impostazioni dottrinali e scientifiche in campo. Con l’introduzione di tale nuova disciplina si è inteso compiere un ulteriore passo per allargare gli ambiti di tutela dei diritti e chiarire il quadro normativo generale, al fine di ampliare gli spazi di legalità e di giustizia.

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