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UN CASO DI MEDIAZIONE IN AMBITO ODONTOIATRICO()

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UN CASO DI MEDIAZIONE IN AMBITO ODONTOIATRICO()

Avv. Silvia Stefanelli

TEMA ARMONICO PER UN EQUO

RISARCIMENTO ?

Nell’ultimo anno e mezzo si è parlato molto di mediazione. Per lo più in senso negativo.

Si sono evidenziati i problemi della legge, la supposta inutilità di “aggiungere” e “far pagare” una fase che tanto non porterà a nulla (così molti credono), il rischio che il paziente (siccome costa poco) decida di “provarci” (come se invece i pazienti ed i loro avvocati fossero, oggi, “restii” a “provarci”...).

Io credo invece che la mediazione sia una opportunità e credo anche che - tutto sommato - gli aspetti positivi siano più numerosi di quelli negativi.

Appartengo cioè alla (ristretta) categoria di quelli pensano che senza dubbio ci sono aspetti perfettibili ma che, comunque, la mediazione introdotta in Italia dal D.Lgs.

28/2010 rappresenti - in un panorama giudiziario piuttosto triste - un’opportunità di soluzione delle controversie che in molti casi può essere veramente migliore e più

“conveniente” (in senso lato) rispetto alla causa.

() Relazione tenuta al Convegno dell’Associazione Melchiorre Gioia, Dal Micro al Macro danno: verso un sistema armonico per un equo risarcimento? Quali prospettive dopo l’approvazione delle tabelle dal 10 al 100% di invalidità, Milano, 11/12 novembre 2011.

( ) Avvocato Foro di Bologna, Mediatore ex D.Lgs. 28/2010

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Non mi interessa in questa sede fare discorsi teorici, ma voglio raccontarvi un caso pratico che mi è accaduto di recente: poi ognuno valuterà come meglio crede.

Si tratta di una situazione che, peraltro, si propone molto di frequente.

I fatti

Una struttura sanitaria, regolarmente autorizzata e che si avvale di vari dentisti, eroga alcune prestazioni odontoiatriche ad una paziente.

Dopo qualche tempo la paziente lamenta danni, tra cui una avulsione che, secondo il medico legale consultato, non andava effettuata.

Nel frattempo la struttura interrompe i rapporti con l’odontoiatra, rendendosi conto della scarsa professionalità dello stesso.

Allo scopo di recuperare il rapporto con la paziente e consapevole che il lavoro presentava effettivamente delle criticità, la struttura richiama la paziente e cerca di rimediare ai danni causati: ciò ovviamente senza farle pagare nulla e quindi già con un primo danno economico.

La situazione orale in parte migliora, ma rimangono alcuni problemi, tra cui l’errata avulsione.

Dopo qualche ulteriore tentativo la paziente va dall’avvocato per chiedere i danni restanti.

E qui comincia il conflitto.

Correttamente l’avvocato della paziente manda una raccomandata alla struttura che ha erogato le cure e con cui la paziente ha - giuridicamente - stipulato il contratto di cura (Corte Appello Bologna n. 76/04): quest’ultima, ricevuta la richiesta, avverte formalmente l’odontoiatra e chiede che lo stesso coinvolga la sua assicurazione.

L’odontoiatra, però, cerca ripetutamente di non farsi trovare e la sua assicurazione

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Nonostante i vari tentativi gli avvocati non riescono quindi a trovare un accordo stragiudiziale.

La valutazione circa la presentazione dell’istanza di mediazione

A questo punto la struttura, confrontatasi con i suoi avvocati, si rende conto che la sua posizione è molto delicata e processualmente molto rischiosa.

Infatti l’errore clinico dell’errata avulsione è palese e quindi - tenuto conto di tale aspetto e dell’onere probatorio processuale assolutamente sfavorevole per la struttura e per l’odontoiatra (per tutte Cass. 3520/2008) - qualora si arrivi in giudizio la sconfitta è praticamente certa.

Peraltro se l’assicurazione dell’odontoiatra non opera in manleva, ciò che facilmente può accadere in causa è una condanna della struttura e dell’odontoiatra in solido tra loro: ciò comporta che, del tutto presumibilmente, la paziente andrà ad escutere il danno dalla struttura (più facilmente solvibile), la quale a sua volta si vedrà costretta a cercare di recuperare quanto pagato dall’odontoiatra (che no sembra invece molto solvibile e che peraltro non risponde neppure alle raccomandate).

Tutto ciò dopo 4-5 anni di causa e tutte le relative spese.

A questo punto la struttura, consapevole che la paziente intende andare in causa, decide di agire in anticipo: cioè decide di presentare lei una richiesta di mediazione per risolvere il conflitto, oggi obbligatoria prima di incardinare la causa ordinaria.

In questo modo peraltro, agendo per prima, può anche scegliere l’organismo (art. 4 D.Lgs. 28/2010. Ciò con un doppio vantaggio: a) poter scegliere un organismo ritenuto competente in materia b) evitare di essere chiamato in mediazione in un’altra città tenuto conto che la paziente risiede in altro luogo.

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La procedura di mediazione

In sede di mediazione compare la struttura e la paziente, con i rispettivi avvocati.

Non si presentano invece nè l’odontoiatra nè l’assicurazione.

Nel corso della prima sessione congiunta le due parti si incontrano e con l’ausilio del mediatore si parlano: la paziente ammette che la struttura si è sempre adoperata per cercare di risolvere i suoi problemi e che quindi, al di là dell’aspetto economico, il suo risentimento è nei confronti dell’odontoiatra.

La struttura dal canto suo racconta i fatti e si dichiara consapevole che la paziente ha ricevuto un danno.

Nelle sessioni private emergono poi in maniera più evidente gli interessi delle parti: la paziente sa che ha 10 anni per incardinare la causa e che con tutta probabilità vincerà, ma non ha grandi disponibilità economiche e ha urgenza di curarsi: quindi dichiara il proprio interesse a poter disporre in tempi brevi di liquidità economica.

La struttura, pur consapevole che se si va in causa potrebbe, in linea teorica rifarsi sull’odontoiatra e sulla sua assicurazione, non vorrebbe percorrere questa strada perché teme che, effettivamente, l’odontoiatra non abbia pagato i premi: conseguentemente si troverebbe con tutta probabilità a perdere la causa, a pagare magari anche le spese legali di controparte e poi a dover “inseguire” l’odontoiatra per farsi manlevare.

Quindi preferisce venire oggi incontro alle esigenze della paziente anche rimettendoci economicamente pur di evitarsi la causa.

Inoltre la paziente è persona che pur vivendo in altra città ha molte conoscenze e quindi teme una pubblicità negativa.

La conciliazione

Nella sessione congiunta finale la struttura offre alla paziente la restituzione di tutto

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Dichiara invece di non essere disponibile a risarcire il danno biologico che ritiene debba essere liquidato in toto dall’odontoiatra.

La paziente accetta.

Considerazione finale di chi scrive.

Mi si dirà: si poteva trovare identica soluzione in via stragiudiziale..

Si, in linea teorica è vero e spesso accade…

In questa occasione – come in altre - non ci si era riusciti: l’avvocato della paziente si era irrigidito a volere tutto, e la struttura in un primo tempo non ne voleva sapere di restituire l’importo pagato, specie per la parte relativa alle prestazioni andate a buon fine.

Probabilmente l’incontrarsi delle parti, la capacità del mediatore di farle entrambe riflettere sull’alternativa che si poneva loro, le ha portate a valutare l’accordo come una soluzione più veloce e più confacente.

La mediazione non è un giudizio: non deve essere giusta, deve essere conveniente per le singole parti in quella specifica situazione.

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