• Non ci sono risultati.

Meccanismi di danno β-cellulare nel diabete di tipo 2 e possibile impatto dei farmaci anti-diabete

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Meccanismi di danno β-cellulare nel diabete di tipo 2 e possibile impatto dei farmaci anti-diabete"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

Rassegna

Meccanismi di danno β-cellulare nel diabete di tipo 2 e possibile impatto dei farmaci anti-diabete

RIASSUNTO

La disfunzione β-cellulare rappresenta uno dei meccanismi prin- cipali nella patogenesi del diabete mellito di tipo 2 e può precedere di diversi anni l’insorgenza del diabete manifesto. Il deterioramento della funzione delle β-cellule è un fenomeno progressivo che inte- ressa sia la massa sia l’attività secretiva cellulare e riconosce di- versi meccanismi che portano, nel tempo, alla morte β-cellulare.

Fenomeni quali l’infiammazione, lo stress ossidativo, i depositi di amiloide e lo stress del reticolo endoplasmatico sono stati impli- cati nel danno cellulare e questi fenomeni possono svilupparsi per una complessa interazione tra fattori ambientali e fattori genetici.

La preservazione della funzione β-cellulare è un obiettivo impor- tante nella gestione della malattia diabetica e i diversi farmaci oggi utilizzati nel trattamento per il diabete possono intervenire in ma- niera differente sulla funzione delle β-cellule, favorendone in al- cuni casi il deterioramento o prevenendo, in altri, i fenomeni di apoptosi che portano alla morte cellulare.

SUMMARY

Mechanisms of β-cell damage in type 2 diabetes and potential impact of diabetes medications

β-cell dysfunction is one of the main mechanisms in the patho- genesis of type 2 diabetes, often already detectable in the early stages of the disease. Impaired insulin secretion and cell loss can both lead to β-cell dysfunction, and several mechanisms appear to contribute. Factors such as inflammation, oxidative stress, amy- loid plaques, and endoplasmic reticulum stress are all involved in β-cell failure and result from gene-environment interactions.

Preservation of β-cell function should be a goal of type 2 diabetes treatment, and some of the diabetes medications available today could play a protective role on this function.

Funzione e “disfunzione” β-cellulare

Il pancreas endocrino di un soggetto sano contiene circa un milione di isole di Langerhans, sede delle celluleα, β, δ e PP,

G.T. Russo, E.L. Romeo, A. Giandalia, F. Forte, D. Cucinotta

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Messina, Messina

Corrispondenza: prof. Domenico Cucinotta, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Messina, viale Gazzi, 98122 Messina

e-mail: domenico.cucinotta@unime.it G It Diabetol Metab 2014;34:206-213 Pervenuto in Redazione il 14-10-2014 Accettato per la pubblicazione il 04-11-2014 Parole chiave: diabete mellito di tipo 2, disfunzione β-cellulare, farmaci ipoglicemizzanti Key-words: type 2 diabetes, β-cell dysfunction, hypoglycaemic drugs

(2)

e di altri tipi cellulari minori. Le β-cellule pancreatiche, adibite alla produzione e secrezione dell’insulina, costituiscono circa il 70-80% della componente cellulare delle isole e, assieme alle altre cellule insulari, hanno la funzione di regolare con meccanismi piuttosto complessi le concentrazioni plasmati- che del glucosio.

La fisiologia della secrezione insulinica è finemente regolata;

difatti, sebbene diverse sostanze farmacologiche possano avere un effetto “secretagogo”, cioè di stimolo sulla secre- zione di insulina, è il glucosio la principale molecola che re- gola l’attività secretiva delle β-cellule pancreatiche. Dopo il suo ingresso a opera di specifici trasportatori, il glucosio viene fosforilato dalla glucokinasi e il suo successivo meta- bolismo all’interno della β-cellula porta a un’aumentata sin- tesi di ATP, che fornisce l’energia necessaria per l’iniziale secrezione insulinica dai granuli preformati (secrezione ra- pida), seguita da quella dai granuli di nuova formazione(1). La secrezione fisiologica di insulina in seguito all’ingresso del glucosio nella β-cellula si caratterizza infatti per un picco ra- pido (entro 10 minuti circa), cui segue un rilascio di insulina più consistente e prolungato. A questo si aggiunge una se- crezione basale, pulsatile, con picchi regolari ogni 15 minuti circa, che è particolarmente rilevante per la regolazione del metabolismo del glucosio nei tessuti periferici, soprattutto a livello epatico(1). A livello dei tessuti periferici l’insulina deter- mina infatti due eventi fondamentali nell’omeostasi glucidica:

da un lato sopprime la produzione epatica di glucosio e, dal- l’altro, favorisce l’ingresso e l’utilizzazione del glucosio in fase postprandiale.

Nei soggetti con diabete mellito di tipo 2 (DM2), questi mec- canismi sono alterati a causa dell’insulino-resistenza perife- rica e del relativo deficit di secrezione insulinica, che rappresentano le due principali alterazioni patogenetiche alla base della malattia. Tuttavia, sebbene entrambi i difetti siano essenziali per lo sviluppo e la progressione del diabete, il loro peso può essere estremamente variabile in ciascun paziente.

L’insulino-resistenza rappresenta senz’altro il primo difetto nella storia naturale del DM2, precedendo anche di anni l’insor- genza dell’iperglicemia(2). Nelle condizioni di insulino-resistenza, si assiste inizialmente a un incremento della secrezione di in- sulina, con lo scopo di mantenere l’euglicemia. In questa fase precoce, infatti, le β-cellule rispondono all’aumentata richiesta periferica di insulina attivando meccanismi di compenso che prevedono sia un’espansione della massa β-cellulare sia l’iper- funzione delle cellule esistenti(3), il tutto finalizzato ad aumentare la quantità di ormone secreto.

Quando all’insulino-resistenza si sovrappone la “disfunzione β-cellulare”, cioè l’incapacità delle β-cellule di compensare la resistenza periferica con una secrezione adeguata di insulina, compaiono l’iperglicemia e il diabete manifesto.

Dal punto di vista clinico questo in genere si traduce dapprima nella comparsa dell’iperglicemia postprandiale(4). Successiva- mente, a seguito della perdita della secrezione pulsatile basale e della mancata soppressione della produzione epatica di glu- cosio, si manifesta anche l’iperglicemia a digiuno.

Esistono ormai numerose evidenze che dimostrano come la perdita progressiva della funzione β-cellulare anticipi la com- parsa del DM2 manifesto. Come dimostrato dallo United King-

dom Prospective Diabetes Study (UKPDS), un deterioramento della secrezione insulinica è infatti già presente nel 50% dei pa- zienti diabetici al momento della diagnosi(3).

Meccanismi implicati nella disfunzione β-cellulare: ridotta secrezione o ridotta massa β-cellulare?

Il deficitβ-cellulare può dipendere da un declino nella massa e/o nella funzione secretoria delle β-cellule, ma questi due momenti patogenetici non sono necessariamente correlati.

Le alterazioni delle β-cellule pancreatiche nel DM2 si caratte- rizzano infatti per alterazioni sia di tipo quantitativo, cioè una perdita progressiva della massa di β-cellule(5), sia per altera- zioni di tipo qualitativo, che portano a un progressivo deterio- ramento della loro funzione secretiva(6). Quest’ultimo difetto, come è noto, si caratterizza per la perdita della prima fase ra- pida di secrezione insulinica, seguito dalla perdita della se- crezione pulsatile basale e da un incremento del rapporto proinsulina/insulina, che indica la ridotta capacità della β-cel- lula di convertire la proinsulina, precursore dell’ormone, in in- sulina e C-peptide. L’alterazione della fase precoce di secrezione insulinica dopo un carico orale di glucosio è infatti considerata come un predittore di progressione da “predia- bete” a DM2 manifesto(4).

La perdita di funzione della β-cellula nei soggetti con “predia- bete” è legata in gran parte anche a una riduzione della massa β-cellulare, come dimostrato da Butler et al. in uno studio su reperti autoptici, che ha evidenziato una perdita del 40% della massa β-cellulare nei soggetti con ridotta tolleranza glucidica e di oltre il 60% in quelli con diabete conclamato(5).

Diversi meccanismi sono stati chiamati in causa per spiegare la riduzione del numero e della funzione delle β-cellule nel DM2(5,7)(Fig. 1).

Tra questi vi è lo stress del reticolo endoplasmatico (ER), un fenomeno che potrebbe essere innescato dall’aumentata ri- chiesta di secrezione insulinica e determina l’accumulo di proteine non correttamente processate e l’attivazione dell’unfolded protein response (UPR), con lo scopo di ripri- stinare le normali condizioni fisiologiche dell’ER. Quest’atti- vazione innesca però una cascata di segnali responsabili di stress cellulare con conseguente produzione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) e attivazione di una risposta infiamma- toria(7).

Anche la “gluco-lipotossicità” legata all’overload nutrizionale riveste un ruolo cruciale(8). Infatti, lo stress ossidativo che ne consegue, oltre ad alterare l’espressione di fattori di trascri- zione che regolano importanti funzioni della β-cellula(7), è stato associato a un’alterazione della fosforilazione ossidativa e a una diminuita sintesi di ATP, con conseguente ridotta secre- zione di insulina. Oltre a interferire con la sintesi di insulina, i fenomeni di gluco- e lipotossicità possono anche favorire i processi apoptotici e alterare i meccanismi di rigenerazione tipici della β-cellula(8).

La sostanza amiloide è un altro fattore che è stato posto in

(3)

relazione con il danno della massa β-cellulare(7). La formazione di placche amiloidi a livello delle isole pancreatiche è stata ri- scontrata infatti in reperti autoptici di circa il 90% dei soggetti con DM2(9).

Il principale costituente dei depositi di amiloide nel pancreas è il polipeptide amiloide insulare (IAPP), o amilina, la cui espressione nelle β-cellule sembra stimolata dalla presenza cronica di elevati livelli di glucosio e acidi grassi circolanti. Que- sto peptide, normalmente solubile, viene convertito in fibrille insolubili che portano alla formazione dei depositi di ami- loide(10)e la sua relazione con il danno β-cellulare sarebbe le- gata agli effetti citotossici a livello cellulare.

Tuttavia, la relazione tra l’amiloidosi delle isole pancreatiche e la patogenesi del DM2 non è stata del tutto chiarita. L’entità della formazione delle placche amiloidi nel DM2 è infatti molto variabile e, in alcuni soggetti diabetici, molto modesta. Inoltre, non è possibile determinare l’entità di questo fenomeno in vivo nell’uomo. Si ipotizza pertanto che la formazione dei de- positi di amiloide possa rappresentare una conseguenza piut- tosto che la causa delle alterazioni della massa β-cellulare tipiche del DM2(10).

Non ultima, l’infiammazione cronica di basso grado che si ac- compagna all’obesità e al DM2(11)è un altro fenomeno asso- ciato alla disfunzione β-cellulare(11). Il tessuto pancreatico rappresenta infatti una delle sedi del processo infiammatorio sistemico, e nel suo contesto è stata descritta la presenza di infiltrazioni di macrofagi e altre cellule produttrici di citochine proinfiammatorie che possono interferire con il segnale insu- linico a livello dei tessuti periferici o determinare disfunzione β-cellulare con deficit della secrezione insulinica(12).

Tutti questi fattori “stressanti”, insieme ad altri fattori genetici o acquisiti, possono portare nel tempo a una progressiva disfun- zione delle β-cellule, fino alla perdita della massa β-cellulare per morte cellulare o possibili fenomeni di de-differenziazione delle β-cellule mature verso cellule meno differenziate(13), sebbene il ruolo della de-differenziazione nella patogenesi della disfunzione β-cellulare nel DM2 debba essere ancora chiarito.

Fattori genetici associati alla disfunzione β-cellulare

È osservazione comune che nel DM2 l’entità della disfunzione β-cellulare e della sua progressione siano estremamente va- riabili da soggetto a soggetto. Al di là dei meccanismi che sono stati appena citati, tale variabilità è legata alla predispo- sizione genetica di ciascun soggetto e, ancora di più, all’inte- razione tra numerosi loci genetici predisponenti e fattori ambientali (Fig. 1).

Il ruolo della componente genetica nella patogenesi del DM2 ha infatti acquisito nell’ultimo decennio un’importanza sempre maggiore, e le stime dei genome wide association studies, GWAS, indicano allo stato attuale oltre 60 loci genici asso- ciati al rischio di DM2(14,15).

Sebbene il meccanismo attraverso il quale molte di queste varianti geniche predispongano allo sviluppo del DM2 non sia ancora stato chiarito, si ritiene che la maggior parte dei geni coinvolti siano implicati nello sviluppo e nella funzione della β-cellula o nella regolazione della massa β-cellulare(15).

Il gene che è stato più fortemente associato al rischio di DM2 è il gene TCF7L2 (transcription factor 7-like 2), localiz- zato sul cromosoma 10 e implicato nel WNT signaling, un network di proteine coinvolte nell’embriogenesi, nella proli- ferazione e motilità cellulare, anche a livello pancreatico(16). Studi funzionali suggeriscono che varianti di questo gene, tra le quali la più studiata è la variante intronica rs7903146, possano conferire suscettibilità allo sviluppo di DM2 princi- palmente attraverso un’alterazione della secrezione insuli- nica(17). Nei soggetti carrier dell’allele di rischio T rs7903146 è stata riscontrata infatti una ridotta secrezione insulinica sia in risposta al glucosio sia all’arginina rispetto agli omozigoti wild type, con una riduzione dell’insulinogenic index, un in- dice di funzionalità β-cellulare (vedi in seguito), del 50%(16). La compromissione della secrezione insulinica in questi sog-

Disfunzione β-cellulare

Fattori ambientali Fattori genetici

Ridotta funzione/sopravvivenza

Stress ER Alterazione integrità cellulare

Depositi di amiloide

Stress ossidativo Insulino-resistenza

Lipotossicità Glucotossicità Infiammazione

TCF7L2 MTNR1B KCNJ1 HNF1B MADD SLC30A8 GIPR CDKN2A C2CD4B CDKN2B GCK

FADS1 DGKB Insulina

β-cellula

Figura 1 Meccanismi alla base della disfunzione β-cellulare e risposta della β-cellula agli stressor.

(4)

getti sarebbe determinata dall’alterazione dei meccanismi di esocitosi dei granuli di insulina, oltre a un effetto sull’asse entero-insulare e sulla risposta delle β-cellule agli ormoni incretinici(17).

Tra gli altri geni associati alla suscettibilità al DM2, varianti nel locus MADD sono state associate a un’alterazione nelle fasi di processamento dell’insulina, dimostrata dall’associazione degli alleli di rischio con elevati livelli a digiuno di proinsulina ma non di C-peptide, mentre i geni SLC30A8, GIPR e C2CD4B sono stati associati a una ridotta secrezione dell’or- mone, caratterizzata da elevati livelli di proinsulina e insulino- genic index ridotto, e i loci MTNR1B, FADS1, DGKB e GCK a una compromissione nella fase precoce della secrezione in- sulinica(18).

In particolare, il gene MTNR1B (melatonin receptor 1B) codi- fica per una proteina di membrana che svolge la funzione di recettore per la melatonina ed è espresso, oltre che nel tes- suto cerebrale e retinico, anche nelle β-cellule pancreatiche.

Varianti geniche in questo locus, in particolare la variante rs10830963, sono state associate a una ridotta secrezione insulinica dopo carico orale o venoso di glucosio, confer- mando la relazione tra la secrezione dell’ormone e il ritmo cir- cadiano e suggerendo una possibile alterazione della risposta della β-cellula alla melatonina(18,19).

Il gene SLC30A8 (solute carrier family 30 member 8) codifica per il trasportatore dello zinco Znt8, necessario per l’ingresso dello zinco nei granuli secretori di insulina e la corretta matu- razione e storage dell’ormone. Sebbene con risultati non uni- voci(20), varianti geniche nel locus di questo trasportatore sono state associate a una ridotta secrezione insulinica e un au- mento dei livelli circolanti di proinsulina, per un possibile difetto nel funzionamento del trasportatore con conseguente ridu- zione dei livelli intracellulari di zinco e un difetto di cristallizza- zione dell’insulina(18).

Nonostante i recenti progressi legati ai GWAS, i geni a oggi in- dividuati rappresentano solo il 5-10% della componente ge- netica del DM2, suggerendo la necessità di individuare le varianti più rare, ma con un possibile maggior impatto sulla suscettibilità alla malattia, e soprattutto la necessità di appro- fondire gli studi funzionali per chiarire i meccanismi attraverso i quali le varianti geniche individuate influenzano la biologia della β-cellula e lo sviluppo del diabete.

Lo studio della funzione β-cellulare

La complessità della funzione β-cellulare fa sì che attualmente nessun test in vivo sia in grado, da solo, di indagare in maniera accurata tutti gli aspetti della fisiologia e/o della disfunzione della β-cellula.

Il dosaggio dell’insulina plasmatica a digiuno, sebbene larga- mente utilizzato, non riflette in maniera precisa la funzione della β-cellula, dal momento che le concentrazioni plasmati- che dell’insulina sono influenzate anche da altri meccanismi successivi alla fase di secrezione, come la distribuzione, la degradazione e la clearance(21).

Diverse metodiche statiche e dinamiche, oggi supportate anche da complessi modelli matematici, sono dunque utiliz-

zate per ottenere una stima della funzione β-cellulare che tenga conto non solo della secrezione di insulina, ma anche della sua correlazione con i livelli plasmatici di glucosio.

Tra queste, l’indice HOMA-B (homeostatic model assess - ment-B), uno degli indici più utilizzati negli studi clinici ed epi- demiologici, si basa sul rapporto tra insulinemia e glicemia a digiuno e rappresenta una funzione della secrezione β-cellu- lare, sebbene presenti alcune limitazioni e necessiti di essere interpretato con cautela(22).

Un’altra metodica basata sullo studio in condizioni di digiuno è il calcolo del rapporto proinsulina/insulina (PI/I), che valuta la capacità della β-cellula di convertire la proinsulina in insulina e può essere utilizzato per stimare il grado di secrezione da parte della β-cellula(22). L’aumento dei livelli circolanti di proin- sulina è considerato un marcatore precoce di disfunzione β-cellulare e nei soggetti affetti da DM2 il rapporto proinsu- lina/insulina risulta aumentato di 2-3 volte rispetto ai soggetti non diabetici(22).

Tra i test dinamici, la risposta acuta dell’insulina dopo un ca- rico ev di glucosio (acute insulin response, AIRg), espressione della prima fase di secrezione dell’ormone, può essere cal- colata valutando l’incremento rispetto al baseline dell’insu - linemia plasmatica dopo un intervallo compreso tra i 2 e i 10 minuti dalla somministrazione del glucosio.

I principali dati che si ottengono dall’OGTT sono quelli relativi alle caratteristiche della prima e seconda fase della secrezione insulinica, generalmente espressi come area incrementale sotto la curva (AUC) dell’insulina durante il periodo (2-3 ore) di esecuzione del test.

Il rapporto tra l’aumento dell’insulina e del glucosio plasmatico 30 minuti dopo OGTT, IVGTT o dopo un pasto misto, noto come insulinogenic index (∆I/∆G-30), mette in relazione l’in- cremento dell’insulina circolante rispetto all’entità dello stimolo rappresentato dal glucosio, che è tipicamente ridotto nei sog- getti affetti da DM2.

La “deconvoluzione del C-peptide plasmatico”(23,24) si basa su un sofisticato modello matematico e consente un’accurata valutazione della secrezione insulinica totale “pre-epatica”(25). In base a questo metodo, la cinetica del C-peptide nel plasma periferico riflette la cinetica della sua secrezione pancreatica, dal momento che il C-peptide non va incontro al metaboli- smo epatico come l’insulina, e può essere utilizzato dunque per avere una stima della secrezione insulinica a partire dalle concentrazioni plasmatiche del C-peptide.

L’utilizzo della somministrazione di glucosio per os come durante un carico orale di glucosio o di un pasto misto, sebbene rappresenti uno stimolo “più fisiologico” alla secrezione insulinica, è considerato meno specifico per lo studio della funzione β-cellulare rispetto alla somministra- zione per via endovenosa, dal momento che in seguito alla somministrazione orale altre sostanze possono stimolare la secrezione pancreatica di insulina, come gli ormoni intesti- nali(21).

Infine, lo studio della funzione β-cellulare nei soggetti con DM2 non può prescindere dalla sua correlazione con il grado di in- sulino-resistenza e dall’utilizzo, dunque, delle diverse meto- diche di glucose clamp per la valutazione della sensibilità insulinica(25).

(5)

Ruolo dei farmaci ipoglicemizzanti sulla funzione β-cellulare

I farmaci oggi a disposizione per il trattamento del DM2 sono attivi sui principali difetti metabolici che ne stanno alla base:

l’insulino-resistenza (metformina e tiazolidinedioni, TZD) e il deficit β-cellulare (sulfoniluree, glinidi, incretine), il deficit in- cretinico e l’eccesso di glucagone (incretine), il riassorbimento renale di glucosio (SGLT-2 inibitori) o l’assorbimento intesti- nale di glucosio (inibitori dell’α-glucosidasi).

La possibilità che alcuni di essi possano migliorare la disfunzione β-cellulare ha un rilievo clinico particolarmente importante, dal momento che questo può rallentare il peg- gioramento del compenso glicemico e il passaggio defini- tivo alla terapia insulinica nei pazienti con DM2.

Il miglioramento della funzione β-cellulare riportata in alcuni studi sembra riconducibile all’effetto “ipoglicemizzante” delle diverse terapie(21). Infatti, praticamente tutti i farmaci, seppur con meccanismi diversi, sono in grado di ridurre il grado di glucotossicità, migliorando “in acuto” la funzione e lo stunn - ing delle β-cellule(26). Per esempio, nello studio ADOPT, tutti i farmaci, incluse le sulfoniluree, erano in grado di migliorare nel breve termine l’indice HOMA-B(27), mentre con il passare del tempo vi erano differenze nel declino della funzione β-cellulare in base al tipo di trattamento(27).

Per molti dei farmaci ipoglicemizzanti a nostra disposizione è stato infatti dimostrato un miglioramento degli indici surrogati di funzione β-cellulare, anche se la difficoltà di misurare la fun- zione secretiva delle β-cellule in vivo e le diverse situazioni cli- niche e sperimentali complicano l’interpretazione di questi risultati(21).

Per la metformina, uno dei farmaci da più lungo tempo in commercio, sono pochi gli studi che hanno valutato gli effetti sulla riserva β-cellulare, probabilmente poiché il suo mecca- nismo d’azione è legato principalmente alla riduzione del grado di insulino-resistenza(28). È noto come la metformina sia in grado, clinicamente, di ridurre la conversione da prediabete a diabete manifesto in persone a elevato rischio(29)e che il suo uso si associ a un declino dell’indice HOMA-B minore rispetto ad altri ipoglicemizzanti(30).

Al di là del miglioramento della funzione β-cellulare secon- dario alla ridotta glucotossicità, diverse evidenze sperimen- tali sembrano indicare un ruolo diretto della metformina sulle β-cellule. Infatti, studi in vitro hanno dimostrato un aumento della secrezione insulinica in pancreas isolati e perfusi o β-cellule esposti alla metformina(31), con un miglioramento del pattern di secrezione e la prevenzione dell’apoptosi delle β-cellule in presenza di concentrazioni tossiche di glucosio o FFA(32). In uno studio condotto su insule pancreatiche iso- late da sei donatori di organi affetti da DM2, Marchetti et al.

hanno inoltre dimostrato come concentrazioni terapeutiche di metformina fossero in grado di migliorare la sopravvivenza delle β-cellule e di ridurre l’espressione di diversi marcatori di apoptosi(33).

Molto più numerose sono le segnalazioni per l’altra classe di farmaci insulino-sensibilizzanti, i TZD, il cui meccanismo d’azione è legato all’attivazione del peroxisome proliferator-

activated receptor gamma (PPAR-γ) che regola l’espressione di diversi geni implicati nel metabolismo glicolipidico e nella differenziazione delle cellule adipose(34). Infatti, diversi studi in modelli sia animali sia clinici, hanno dimostrato come i TZD migliorino la funzione β-cellulare(34,35), probabilmente con un effetto diretto sulla β-cellula, suggerito anche dalla presenza sulleβ-cellule umane di recettori PPAR-γ(36).

Anche le evidenze cliniche sono molto numerose(37)e in ge- nerale confermate dalla maggiore durability del compenso glicemico con questa classe di farmaci(27). Diversi studi, per esempio, hanno dimostrato come il trattamento con piogli- tazone da 12 a 28 settimane, da solo o in associazione alle sulfoniluree, a metformina e/o a insulina, fosse in grado di ridurre i livelli di proinsulina o il rapporto proinsulina/insulina in modo più evidente rispetto agli altri bracci di tratta- mento(37,38).

Numerosi sono anche gli studi sperimentali che hanno dimo- strato un ruolo degli incretino-mimetici sulla funzione e sulla massa delle β-cellule(39-41).

La terapia incretinica, sia con inibitori degli enzimi DPP4 sia con analoghi recettoriali del GLP-1, corregge molti dei difetti patogenetici tipici del DM2, potenziando la secrezione insuli- nica postprandiale, riducendo le concentrazioni di glucagone, riducendo l’appetito e il peso corporeo. In aggiunta, diverse evidenze sperimentali e cliniche suggeriscono un ruolo di po- tenziale preservazione della funzione β-cellulare. Infatti, studi in modelli sperimentali hanno dimostrato come la terapia in- cretinica sia in grado di determinare la proliferazione e la dif- ferenziazione delleβ-cellule, di indurre neogenesi e ridurre i fenomeni apoptotici(39,42), di migliorare la massa β-cellulare e il normale rapporto tra β-cellule e α-cellule anche in modelli animali di diabete(43).

Per esempio ratti Zucker (Zucker diabetic fatty rats; ZDF), sot- toposti a infusione continua di GLP-1 per 2 giorni, mostra- vano un miglioramento del compenso glicemico, un aumento della proliferazione delle β-cellule, come dimostrato dagli au- mentati livelli di Ki-67, un marcatore di proliferazione delle β-cellule, e una riduzione dei marcatori di apoptosi(44). Il trat- tamento con analoghi del GLP-1 inoltre era associato a un aumento della massa β-cellulare nei soli animali iperglice- mici(45). Negli studi di fase 3, liraglutide era in grado di au- mentare l’indice HOMA-B del ~25% e di ridurre il rapporto proinsulina/insulina(39). Risultati simili sono stati ottenuti anche con gli altri analoghi del GLP-1, come exenatide che, a parità di effetto sul compenso glicemico, si è dimostrata superiore alla terapia con insulina glargine sui marcatori di disfunzione β-cellulare(40).

Inoltre, l’inibizione dell’enzima DPP-4 promuove il ripristino di un normale rapporto β-cellule/α-cellule in modelli animali (topi) di DM2(43)e gli studi clinici sugli inibitori del DPP-4 mostrano un miglioramento della capacità secretiva della β-cellula e degli indici surrogati di funzione β-cellulare, come l’indice HOMA-B e il rapporto proinsulina/insulina, sebbene non si- gnificativo rispetto ad altri ipoglicemizzanti orali(46).

Ma evidenze di un effetto benefico sulla funzione delle β-cel- lule esistono anche per sulfoniluree(30), glinidi(47), inibitori dei co-trasportatori sodio-glucosio 2 (SGLT-2)(48), chirurgia baria- trica(49)e la stessa terapia insulinica(50).

(6)

Riguardo alle sulfoniluree, l’effetto di “miglioramento” sulla fun- zione β-cellulare sembra in larga parte dipendere dal tipo di test utilizzato e mediato dal loro meccanismo d’azione di sti- molo della secrezione insulinica(30), mentre altri studi hanno di- mostrato come l’uso prolungato di questi farmaci fosse associato con concentrazioni di insulina uguali o minori ri- spetto ai valori pre-trattamento(51). Esistono inoltre evidenze che le sulfoniluree non modificano o aumentano i livelli di proinsulina(52).

Questa minore protezione offerta dalle sulfoniluree nei con- fronti della funzione β-cellulare sembra suggerita anche dall’analisi basale dello studio BetaDecline, uno studio pro- spettico multicentrico promosso dall’Associazione Medici Dia- betologi (AMD), che aveva come scopo quello di identificare i predittori clinici di progressione della disfunzione β-cellulare in pazienti con DM2. I risultati di questo studio mostrano, alla valutazione basale, come i farmaci secretagoghi (sulfoniluree e glinidi) siano associati a un rischio ~4 volte maggiore (OR 4,2;

IC al 95%, 2,6-6,9) di disfunzione β-cellulare rispetto alle altre classi prese in esame all’inizio dello studio (metformina, TZD, acarbosio)(53). Il follow-up di questo studio, appena conclu- sosi, potrà confermare o meno questa associazione.

Anche la terapia insulinica intensiva per un periodo di tempo limitato è seguita da un miglioramento della funzione se- cretoria delle β-cellule. Infatti, il trattamento insulinico pre- coce è raccomandato in caso di iperglicemia severa all’esordio o in qualsiasi momento di “scompenso” nella sto- ria del DM2.

Studi clinici hanno dimostrato come una terapia insulinica intensiva a breve termine (short-term intensive insulin the- rapy, IIT) in pazienti di nuova diagnosi possa avere effetti be- nefici sulla funzione β-cellulare, mantenendo il controllo glicemico fino a un anno dalla sospensione della terapia(50,54). Questi dati sono stati confermati anche in una recente me- tanalisi su un ampio numero di pazienti che ha dimostrato

come la terapia insulinica fosse in grado di indurre la remis- sione dal DM2 in oltre il 40% dei pazienti fino a 24 mesi dalla diagnosi, suggerendo un potenziale ruolo della terapia insu- linica precoce nel modificare in maniera favorevole la storia naturale della malattia(55).

La rapida correzione dell’iperglicemia determina infatti un mi- glioramento della secrezione insulinica per eliminazione della glucotossicità. I benefici della terapia insulinica sulle β-cellule potrebbero però anche essere legati almeno in parte ai suoi effetti antinfiammatori, in grado di influenzare in modo diretto la sopravvivenza cellulare(56).

Tutte queste evidenze indicano quindi che diversi farmaci hanno le potenzialità, se non di arrestare, almeno di rallentare la progressione del danno β-cellulare. Ma scegliere quale tra queste opzioni terapeutiche sia quella “giusta” è materia an- cora più controversa, dal momento che gli studi di compa - razione tra i vari farmaci ipoglicemizzanti sulla funzione β-cellulare sono a tutt’oggi davvero limitati. Una metanalisi ha recentemente valutato gli studi randomizzati e controllati che hanno testato metformina, pioglitazone e sitagliptin sugli indici HOMA-B e sul rapporto proinsulina/insulina(57). Come mo- strato nella figura 2, gli studi presi in esame nella metanalisi, che avevano una durata media di 12-54 settimane, hanno evidenziato come la metformina migliorava la funzione β-cel- lulare più degli altri due farmaci, e l’associazione metformina- sitagliptin più delle altre associazioni(57).

In uno studio di comparazione con insulina, dopo 52 setti- mane di terapia, il gruppo in trattamento con exenatide aveva un aumento di tutte le misure della funzione β-cellu- lare, con aumento della secrezione di C-peptide stimolata da glucosio nella prima e nella seconda fase di 1,53 e 2,85 volte (p < 0,0001) rispetto a glargine(58). Al contrario, uno studio di Weng et al. ha dimostrato la superiorità della tera- pia insulinica su altri tipi di intervento in pazienti di nuova dia- gnosi(50).

Metformina Nome

Media Limite Limite

Z p dello studio inferiore superiore

Williams-Herman –0,160 –0,195 –0,125 –9,071 0,000 Goldstein –0,120 –0,155 –0,085 –6,766 0,000 Aschner –0,083 –0,099 –0,067 –9,882 0,000 Reasner –0,186 –0,209 –0,163 –5,543 0,000 Combinato –0,137 –0,192 –0,082 4,895 0,000

Sitagliptin

Williams-Herman –0,090 –0,139 –0,041 –3,601 0,000 Aschner1 –0,080 –0,110 –0,050 –5,254 0,000 Raz –0,050 –0,110 0,010 –1,643 0,100 Goldstein –0,080 –0,120 –0,040 –3,947 0,000 Aschner2 –0,032 –0,048 –0,016 –3,810 0,000 Combinato –0,064 –0,092 –0,036 –4,449 0,000

Pioglitazone

Waistein –0,079 –0,101 –0,057 –7,072 0,000 Wallace –0,057 –0,066 –0,048 –12,423 0,000 Dorkhan –0,230 –0,456 –0,004 –1,997 0,046 Combinato –0,068 –0,093 –0,044 –5,447 0,000

Media e IC al 95%

–0,50 –0,25 0,00 0,25 0,50 A favore Met Contro Met

A favore Sita Contro Sita

A favore Pio Contro Pio –0,50 –0,25 0,00 0,25 0,50

–0,50 –0,25 0,00 0,25 0,50

Figura 2 Metanalisi sul- l’effetto di metformina, si- tagliptin e pioglitazone sul rapporto proinsulina/insu- lina(57).

(7)

Conclusioni

Le evidenze sul ruolo cruciale della disfunzione β-cellulare nel- l’insorgenza e nella progressione del DM2 sono ormai con- solidate. Vi è quindi enorme interesse sui meccanismi fisiopatologici che ne sono alla base, oggi oggetto di un in- tenso studio che ha lo scopo finale di individuare quali varia- bili, cliniche o genetiche, siano in grado da un lato di predire l’evoluzione della disfunzione delle β-cellule e, dall’altro, di identificare potenziali target terapeutici per arrestarla.

Uno dei problemi che si incontrano nella pratica clinica è quello di “diagnosticare” il grado di disfunzione β-cellulare, dal momento che i test più attendibili sono quelli meno applica- bili su larga scala.

Alla luce delle attuali conoscenze, diversi farmaci sono in grado di incidere sulla funzione delle β-cellule, almeno nel breve termine. Certo è che nella maggior parte dei pazienti con DM2 vi è la necessità di intensificare la terapia per man- tenere nel tempo il compenso glicemico, e che i farmaci con maggiore durability sembrano avere migliori performance in termini di protezioneβ-cellulare. Quanto questo si traduca in un’effettiva protezione nei confronti della progressiva perdita della massa di β-cellule è ancora oggetto di studio.

Conflitto di interessi

Nessuno.

Bibliografia

1. Del Prato S, Marchetti P. Beta- and alpha-cell dysfunction in type 2 diabetes. Horm Metab Res 2004;36:775-81.

2. Kahn CR. Insulin resistance, insulin insensitivity, and insulin unre- sponsiveness: a necessary distinction. Metabolism 1978;27:

1893-902.

3. UKPDS Group, UK Prospective Diabetes Study 16. Overview of six years’ therapy of type 2 diabetes- a progressive disease.

Diabetes 1995;44:1249-58.

4. DeFronzo RA, Bonadonna RC, Ferranini E. Pathogenesis of NIDDM: a balanced overview. Diabetes Care 1992;15:318-68.

5. Butler AE, Janson J, Bonner-Weir S, Ritzel R, Rizza RA, Butler PC. Beta-cell deficit and increased beta-cell apoptosis in humans with type 2 diabetes. Diabetes 2003;52:102-10.

6. Prentki M, Nolan CJ. Islet β cell failure in type 2 diabetes. J Clin Invest 2006;116:1802-12.

7. Halban PA, Polonsky KS, Bowden DW, Hawkins MA, Ling C, Mather KJ et al. β-cell failure in type 2 diabetes: postulated mech- anisms and prospects for prevention and treatment. Diabetes Care 2014;37:1751-8.

8. Poitout V, Amyot J, Semache M, Zarrouki B, Hagman D, Fontés G. Glucolipotoxicity of the pancreatic beta cell. Biochim Biophys Acta 2010;1801:289-98.

9. Röcken C, Linke RP, Saeger W. Immunohistology of islet amy- loid polypeptide in diabetes mellitus: semi-quantitative studies in a post-mortem series. Virchows Arch A Pathol Anat Histopathol 1992;421:339-44.

10. Clark A, Nilsson MR. Islet amyloid: a complication of islet dys- function or an aetiological factor in type 2 diabetes? Diabetologia 2004;47:157-69.

11. Donath MY, Shoelson SE. Type 2 diabetes as an inflammatory disease. Nat Rev Immunol 2011;11:98-107.

12. Esser N, Legrand-Poels S, Piette J, Scheen AJ, Paquot N.

Inflammation as a link between obesity, metabolic syndrome and type 2 diabetes. Diabetes Res Clin Pract 2014;105:141-50.

13. Talchai C, Xuan S, Lin HV, Sussel L, Accili D. Pancreatic β cell dedifferentiation as a mechanism of diabetic β cell failure. Cell 2012;150:1223-34.

14. Jonsson A, Ladenvall C, Ahluwalia TS, Kravic J, Krus U, Taneera J et al. Effects of common genetic variants associated with type 2 diabetes and glycemic traits on α- and β-cell function and in- sulin action in humans. Diabetes 2013;62:2978-83.

15. Lyssenko V, Jonsson A, Almgren P, Pulizzi N, Isomaa B, Tuomi T et al. Clinical risk factors, DNA variants, and the development of type 2 diabetes. N Engl J Med 2008;359:2220-32.

16. Saxena R, Gianniny L, Burtt NP, Lyssenko V, Giuducci C, Sjögren M et al. Common single nucleotide polymorphisms in TCF7L2 are reproducibly associated with type 2 diabetes and reduce the insulin response to glucose in nondiabetic individuals. Diabetes 2006;55:2890-5.

17. Lyssenko V, Lupi R, Marchetti P, Del Guerra S, Orho-Melander M, Almgren P et al. Mechanisms by which common variants in the TCF7L2 gene increase risk of type 2 diabetes. J Clin Invest 2007;117:2155-63.

18. Ingelsson E, Langenberg C, Hivert MF, Prokopenko I, Lyssenko V, Dupuis J et al. MAGIC investigators. Detailed physiologic char- acterization reveals diverse mechanisms for novel genetic loci regulating glucose and insulin metabolism in humans. Diabetes 2010;59:1266-75.

19. Lyssenko V, Nagorny CL, Erdos MR, Wierup N, Jonsson A, Spégel P et al. Common variant in MTNR1B associated with in- creased risk of type 2 diabetes and impaired early insulin secre- tion. Nat Genet 2009;41:82-8.

20. Davidson HW, Wenzlau JM, O’Brien RM. Zinc transporter 8 (ZnT8) and β cell function. Trends Endocrinol Metab 2014;25:415-24.

21. Ferrannini E, Mari A. β-cell function in type 2 diabetes. Metabo- lism 2014, http://dx.doi.org/10.1016/j.metabol.2014.05.012 22. Kahn SE, Carr DB, Faulenbach MV, Utzschneider KM. An exam-

ination of beta-cell function measures and their potential use for estimating beta-cell mass. Diabetes Obes Metab 2008;10(suppl.

4):63-76.

23. Bonora E. Protection of pancreatic beta-cells: is it feasible? Nutr Metab Cardiovasc Dis 2008;18:74-83.

24. Phillips DI, Clark PM, Hales CN, Osmond C. Understanding oral glucose tolerance: comparison of glucose or insulin measure- ments during the oral glucose tolerance test with specific measurements of insulin resistance and insulin secretion. Diabet Med 1994;11:286-92.

25. Cersosimo E, Solis-Herrera C, Trautmann ME, Malloy J, Triplitt CL. Assessment of pancreatic β-cell function: review of methods and clinical applications. Curr Diabetes Rev 2014;10:2-42.

26. Ferrannini E. The stunned beta cell: a brief history. Cell Metab 2010;11:349-52.

27. Kahn SE, Haffner SM, Heise MA, Herman WH, Holman RR, Jones NP et al.; ADOPT Study Group. Glycemic durability of rosiglitazone, metformin, or glyburide monotherapy. N Engl J Med 2006;355:2427-43.

28. Kirpichnikov D, McFarlane SI, Sowers JR. Metformin: an update.

Ann Intern Med 2002;137:25-33.

(8)

29. Knowler WC, Barret-Connor E, Fowler SE, Hamman RF, Lachin JM, Walker EA et al. Reduction in the incidence of type 2 dia- betes with lifestyle intervention or metformin. N Engl J Med 2002;346:393-403.

30. Kahn SE, Lachin JM, Zinman B, Haffner SM, Aftring RP, Paul G et al.; The ADOPT Study Group. Effects of rosiglitazone, gly- buride, and metformin on β-cell function and insulin sensitivity in ADOPT. Diabetes 2011;60:1552-60.

31. Marchetti P, Scharp DW, Giannarelli R, Benzi L, Cecchetti P, Ciccarone AM et al. Metformin potentiates glucose-stimulated insulin secretion. Diabetes Care 1996;19:781-2.

32. Patanè G, Piro S, Rabuazzo AM, Anello M, Vigneri R, Purrello F.

Metformin restores insulin secretion altered by chronic exposure to free fatty acids or high glucose: a direct metformin effect on pancreatic β-cells. Diabetes 2000;49:735-40.

33. Marchetti P, Del Guerra S, Marselli L, Lupi R, Masini M, Pollera M et al. Pancreatic islets from type 2 diabetic patients have func- tional defects and increased apoptosis that are ameliorated by metformin. J Clin Endocrinol Metab 2004;89:5535-41.

34. Baggio LL, Drucker DJ. Therapeutic approaches to preserve islet mass in type 2 diabetes. Annu Rev Med 2006;57:265-81.

35. Gastaldelli A, Ferrannini E, Miyazaki Y, Matsuda M, Mari A, De- Fronzo RA. Thiazolidinediones improve beta-cell function in type 2 diabetic patients. Am J Physiol Endocrinol Metab 2007;292:

E871-83.

36. Dubois M, Pattou F, Kerr-Conte J, Gmyr V, Vandewalle B, Desreumaux P et al. Expression of peroxisome proliferator-acti- vated receptor gamma (PPARgamma) in normal human pancre- atic islet cells. Diabetologia 2000;43:1165-9.

37. Pfützner A, Forst T. Elevated intact proinsulin levels are indicative of beta-cell dysfunction, insulin resistance, and cardiovascular risk: impact of the antidiabetic agent pioglitazone. J Diabetes Sci Technol 2011;5:784-93.

38. Kubo K. Effect of pioglitazone on blood proinsulin levels in pa- tients with type 2 diabetes mellitus. Endocr J 2002;49:323-8.

39. Vilsbøll T, Garber AJ. Non-glycaemic effects mediated via GLP- 1 receptor agonists and the potential for exploiting these for ther- apeutic benefit: focus on liraglutide. Diabetes Obes Metab 2012;14(suppl. 2):41-9.

40. Bunck MC, Cornér A, Eliasson B, Heine RJ, Shaginian RM, Task- inen MR et al. Effects of exenatide on measures of β-cell function after 3 years in metformin-treated patients with type 2 diabetes.

Diabetes Care 2011;34:2041-7.

41. Foley JE, Bunck MC, Möller-Goede DL, Poelma M, Nijpels G, Eekhoff EM et al. Beta cell function following 1 year vildagliptin or placebo treatment and after 12 week washout in drug-naive pa- tients with type 2 diabetes and mild hyperglycaemia: a ran- domised controlled trial. Diabetologia 2011;54:1985-91.

42. Cornell S. Differentiating among incretin therapies: a multiple-tar- get approach to type 2 diabetes. J Clin Pharm Ther 2012;37:

510-24.

43. Mu J, Woods J, Zhou YP, Roy RS, Li Z, Zycband E et al. Chronic inhibition of dipeptidyl peptidase-4 with a sitagliptin analog pre- serves pancreatic beta-cell mass and function in a rodent model of type 2 diabetes. Diabetes 2006;55:1695-704.

44. Farilla L, Hui H, Bertolotto C, Kang E, Bulotta A, Di Mario U et al.

Glucagon-like peptide-1 promotes islet cell growth and inhibits apoptosis in Zucker diabetic rats. Endocrinology 2002;143:

4397-408.

45. Farilla L, Bulotta A, Hirshberg B, Li Calzi S, Khoury N, Noush- mehr H, et al. Glucagon-like peptide 1 inhibits cell apoptosis and improves glucose responsiveness of freshly isolated human islets.

Endocrinology 2003;144:5149-58.

46. Riche DM, East HE, Riche KD. Impact of sitagliptin on markers of β-cell function: a meta-analysis. Am J Med Sci 2009;337:321-8.

47. Mari A, Gastaldelli A, Foley JE, Pratley LE, Ferrannini E. Beta-cell function in mild type 2 diabetic patients: effects of 6-month glu- cose lowering with nateglinide. Diabetes Care 2005;28:1132-8.

48. Ferrannini E, Muscelli E, Frascerra S, Baldi S, Mari A, Heise T et al. Metabolic response to sodium-glucose cotransporter 2 inhi- bition in type 2 diabetic patients. J Clin Invest 2014;124:499-508.

49. Nannipieri M, Mari A, Anselmino M, Baldi S, Barsotti E, Guarino D et al. The role of beta-cell function and insulin sensitivity in the remission of type 2 diabetes after gastric bypass surgery. J Clin Endocrinol 2013;98:2765-73.

50. Weng J, Li Y, Xu W, Shi L, Zhang Q, Zhu D et al. Effect of inten- sive insulin therapy on beta-cell function and glycaemic control in- patients with newly diagnosed type 2 diabetes: a multicentre randomised parallel-group trial. Lancet 2008;371:1753-60.

51. Reaven G, Dray J. Effect of chlorpropamide on serum glucose and immunoreactive insulin concentrations in patients with ma- turity onset diabetes. Diabetes 1967;15:487-92.

52. Dworacka M, Abramczyk M, Winiarska H, Kuczynski S, Borowska M, Szczawinska K. Disproportionately elevated proin- sulin levels in type 2 diabetic patients treated with sulfonylurea. Int J Clin Pharmacol Ther 2006;44:14-21.

53. Russo GT, Giorda CB, Cercone S, Nicolucci A, Cucinotta D;

BetaDecline Study Group. Factors associated with beta-cell dysfunction in type 2 diabetes: the BetaDecline Study. PLoS One 2014;9:e109702.

54. Li Y1, Xu W, Liao Z, Yao B, Chen X, Huang Z et al. Induction of long-term glycemic control in newly diagnosed type 2 diabetic patients is associated with improvement of beta-cell function.

Diabetes Care 2004;27:2597-602.

55. Kramer CK, Zinman B, Retnakaran R. Short-term intensive in- sulin therapy in type 2 diabetes mellitus: a systematic review and meta-analysis. Lancet Diabetes Endocrinol 2013;1:28-34.

56. Hansen TK, Thiel S, Wouters PJ, Christiansen JS, Van denBerghe G. Intensive insulin therapy exerts anti-inflammatory effects in crit- ically ill patients and counteracts the adverse effect of low man- nose-binding lectin levels. J Clin Endocrinol Metab 2003;88:

1082-8.

57. Jin Lu, Jiajie Zang, Huihua Li. Impact of three oral antidiabetic drugs on markers of β-cell function in patients with type 2 dia- betes: a meta-analysis. PLoS One 20135;8:e76713.

58. Bunck MC, Diamant M, Cornér A, Eliasson B, Malloy JL, Shagin- ian RM et al. One-year treatment with exenatide improves beta- cell function, compared with insulin glargine, in metformin-treated type 2 diabetic patients: a randomized, controlled trial. Diabetes Care 2009;32:762-8.

Riferimenti

Documenti correlati

In the last decade, the interest for the presence and role of endogenous GUS in plants increased, being previously limited to the use of GUS from E. coli as a

Si dimostri che e’ stabile se e solo se tutti i sui coefficienti sono

[r]

La perdita della capacità di ridurre la secrezione di insulina, di aumentare la secrezione di glucagone e di epine- frina in corso di ipoglicemia si manifesta precocemente nei

Questo studio ha esami- nato retrospettivamente le caratteristiche cliniche, fattori scate- nanti e costi sanitari della popolazione di pazienti con diabete di tipo 2 (DMT2)

Nel 1987 Pories 1 ha pubblicato l’interessante osservazione che la quasi totalità (99%) dei soggetti affetti da obesità grave associata a diabete di tipo 2 o a intolleranza ai

La massa b-cellulare non ha importanza nell'evoluzione verso il diabete e, per quanto riguarda l’evoluzione della malattia, forse la influenza, nel senso che contribuisce

Gli effetti diretti si potrebbero realizzare attraverso l’attivazione di PPARγ nelle isole pancreatiche, con miglioramento della fun- zione basale β-cellulare e ripristino della