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INDICE CAPITOLO PRIMO: ALLE ORIGINI DELLA RICERCA, L ALCOL. 1.1 Storia dell uso e dell abuso di alcol in Europa

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO PRIMO: ALLE ORIGINI DELLA RICERCA, L’ALCOL 1.1 Storia dell’uso e dell’abuso di alcol in Europa

1.2 La cornice socioculturale del consumo dell’alcol 1.2.1 I modelli del bere

1.2.2 Le variabili intraculturali

1.3 Finlandia: un esempio di modello Nordico 1.3.1 Variazione dei consumi nell’arco del tempo 1.3.2 La legislazione 1.3.3 I problemi alcol relati 1.3.4 Il bere giovane 1.3.5 Uomini e Donne 1.4 Italia: un esempio di modello Mediterraneo 1.4.1 Variazioni dei consumi nell’arco del tempo 1.4.2 La legislazione 1.4.3 I problemi alcol relati 1.4.4 Il bere giovane 1.4.5 Uomini e donne

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CAPITOLO SECONDO: LA CORNICE TEORICA 2.1 Le rappresentazioni sociali 2.2 Ancoraggio e oggettivazione 2.3 A cosa servono le rappresentazioni sociali 2.4 La comunicazione 2.5 Sviluppi recenti 2.5.1 L’approccio strutturalista

2.5.2 L’orientamento sociodinamico

CAPITOLO TERZO: LA RICERCA 3.1 Introduzione 3.2 I Partecipanti 3.3 Lo Strumento 3.4 Il metodo di analisi 3.4.1 L’elaborazione dei dati testuali 3.4.2 L’elaborazione dei dati numerici

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CAPITOLO QUARTO: I RISULTATI

4.1 Le associazioni libere e analisi delle corrispondenze 4.1.1 Uso moderato delle bevande alcoliche

4.1.2 Abuso delle bevande alcolicheì 4.1.3 La condizione di ubriaco 4.2 Il differenziale semantico

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

APPENDICE

NOTA REDAZIONALE:

Questa tesi si compone di 115 pagine

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4 INTRODUZIONE

Essendo le bevande alcoliche fortemente assimiliate e diffuse nelle varie culture mondiali, risulta necessario, per uno studio sulle rappresentazioni sociali a riguardo, tenere conto della proposta di von Cranach che include anche le conoscenze familiari nel campo di lavoro delle rappresentazioni sociali essendo

“familiare e non familiare non considerabili come polarmente opposti ma come punti finali di serie graduate; il reale, la conoscenza esistente, consiste di schemi multidimensionali o strutture complesse, nelle quali differenti qualità sono mescolate a espressioni già esistenti. Il familiare va a braccetto con il non familiare. Ogni processo non si muove naturalmente solo dal non familiare al familiare; anche il familiare delle volte può diventare improvvisamente estraneo.” (von Cranach, 1998, p.38) .

Partendo dalle ricerche statistiche condotte sui consumi di vino, birra e superalcolici nei paesi europei e dalle ricerche sociali che ne hanno delineato dei modelli ideal-tipici legati agli usi e alle tradizioni, il presente lavoro vuole tracciare un quadro sulle rappresentazioni sociali che le tre bevande alcoliche richiamano nei due modelli ideal-tipici europei: quello mediterraneo (rappresentato in questa ricerca dall’Italia) e quello nordico-anglosassone (rappresentato dalla Finlandia).

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Per giungere a questo scopo è stato necessario lavorare su due aspetti, quello dell’uso moderato e quello dell’abuso di alcol.

Tale analisi è stata eseguita sia qualitativamente che quantitativamente, tenendo conto della variabile “Nazionalità” (finlandesi e italiani) ed “Età” (giovani e adulti). Si è partiti infatti dall’ aspettativa, avvalorata dagli studi statistici sui consumi, che nei giovani di ogni cultura stiano cambiando le modalità d’uso e di abuso di alcol. Scopo di questa ricerca è esplorare le rappresentazioni sociali in diversi gruppi di età in modo da poter osservare se esista quantomeno un avvicinamento verso un nuovo modello comune nel valutare le varie bevande alcoliche.

Il lavoro è suddiviso in quattro capitoli più una parte conclusiva.

Il primo capitolo tratta le origini storiche delle bevande alcoliche in Europa e ed enuncia le teorie sociali che delineano i modelli culturali dei paesi scandinavi e dei paesi mediterranei. Sono riportati inoltre gli studi che hanno potuto delineare una serie di variabili intraculturali che intercorrono nel passaggio da uso moderato e abuso nei due modelli.

Si passa poi ad una visone dettagliata dei due Paesi presi in esame analizzando le statistiche sui consumi degli ultimi decenni, le legislazioni in materia di alcol e alcolismo, le statistiche sulle problematiche derivanti dall’alcol, il bere giovanile ed un confronto tra uomini e donne.

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6

Il secondo capitolo affronta la cornice teorica delle rappresentazioni sociali, partendo da Durkheim passando per il lavoro di Moscovici che ne ha delineato le caratteristiche, i processi fondamentali e le funzionalità fino ad arrivare agli sviluppi più recenti forniti dall’approccio strutturalista della scuola di Aix-en- Provence e da quello sociodinamico della scuola di Ginevra.

Il terzo capitolo tratta la ricerca effettivamente svolta, descrivendone lo scopo, lo strumento utilizzato, il campione dei partecipanti e le modalità di raccolta e analisi dei dati mediante programmi statistici informatici.

Il quarto capitolo mostra i risultati delle analisi delle corrispondenze e dei punteggi medi nei differenziali semantici. Confronta i quattro gruppi presi in esame descrivendone differenze ed analogie riguardo l’uso e l’abuso delle bevande alcoliche.

Segue un ultima parte conclusiva dedicato alla discussione dei risultati.

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CAPITOLO PRIMO: ALLE ORIGINI DELLA RICERCA, L’ALCOL

L’alcol si distingue all’interno del panorama delle sostanza psicoattive come una delle più diffuse e tollerate nel mondo. Questo per via dell’eterogeneità dell’utilizzo delle bevande alcoliche che fin dall’antichità ricoprono la funzione nutrizionale, farmacologia, intossicante e sociale. La sua nascita, il suo sviluppo, il suo ruolo nelle varie culture del mondo ne denotano una certa universalità che lo rende un fattore fortemente legato alla natura umana. (Furlan, Picci, 1990)

1.1 STORIA DELL’ USO E ABUSO DI ALCOL IN EUROPA

Nelle letterature storiche sono numerose le citazioni e le narrazioni che fanno pensare ad un uso diffuso delle bevande alcoliche molto tempo prima della nascita di Cristo.

Le prime notizie storiche sull’alcol e i suoi effetti risalgono al periodo Egizio, con grandi bevute collettive di birra da parte dei membri dell’oligarchia.

Si hanno notizie di luoghi adibiti esclusivamente al consumo dell’alcol risalenti anche nell’antica Mesopotamia, addirittura i Persiani prendevano le decisioni più importanti da ubriachi, per rivederle e concordarle l’indomani.

Nelle civiltà precolombiane invece ubriacarsi era considerato un reato punibile anche con la morte, solo gli anziani potevano bere.

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8

I filosofi dell’antica Grecia scoprono le caratteristiche benefiche di un uso moderato del vino e quelle meno salutari ma socialmente positive di un abuso. Si beve vino invocando Igea, la dea della salute, nasce il simposio, letteralmente

“bere insieme”, dove vigeva la legge “o bevi o vattene”.

Si diffonde l’abuso dell’alcol con i conseguenti problemi legati agli effetti psicoattivi della sostanza, e sono sempre più frequenti incidenti e violenze, tanto da proibire le feste dionisiache e punire con la pena di morte chi bevesse vino puro senza consiglio medico.

Se i Greci ne abusavano continuamente testandone sia i fattori positivi che quelli negativi, i Cartaginesi, gli Sciiti, i Persiani, Celti, Iberi consideravano il vino come un pericolo e ne sconsigliavano l’abuso, gli abitanti di Sparta invece imposero un proibizionismo rigido trovando nella bevanda aspetti diabolici.

I Romani, dopo un primo periodo di sobrietà e di consumo controllato, dovettero concedere e regolamentare le feste di Bacco onde evitare scontenti tra il popolo.

In poco tempo l’alcolismo divenne una costante abitudine del popolo romano.

Gli abusi divennero frequenti all’epoca imperiale. Le più grandi personalità dell’Impero abusavano di vino e si ricorreva a pratiche come la tintillatio:

solleticare la gola con una piuma in modo da rigettare il vino bevuto per “darne spazio” a nuovo.

Nel Nord Europa le popolazioni barbare non conoscevano il vino, ed abusavano abbondantemente di birra. I Celti onoravano persino un Dio dell’ubriachezza. Le

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colossali bevute a base di birra dei Germani sono persino riportate nel De bello gallico.

Con l’avvento della Chiesa venne condannata l’ubriachezza, ma non la vite e il vino. Addirittura la vite entra nella simbologia cristiana come segno di saggezza e di forza, il vino nella comunione cristiana diventa il sangue di Cristo.

Per le donne vigeva però un ferreo divieto riguardo il consumo di vino, in alcuni casi si ricorreva persino alla scomunica in caso di negligenza.

Nel Medioevo la visione dell’alcol non è ancora molto chiara, poiché alle lodi tessute dai menestrelli, dagli studenti e dai goliardi si affiancano decreti atti a controllare e punire l’ubriachezza. In realtà la preoccupazione dei governanti non era rivolta verso l’etilismo, bensì verso i disordini e la violenza che ne poteva conseguire. Le leggi quindi erano più per mantenere l’ordine pubblico che per abolire una bevanda che era comunque ben vista, tanto da consentirne l’abuso in luoghi privati o feste.

Col passare del tempo se l’ubriachezza viene sempre più stigmatizzata da una parte, dall’altra scopre nuove “fonti” e nuove “vie”. Dall’Olanda e dai paesi nordici intorno al Cinquecento si creano il sidro dalla frutta, gin e gli altri distillati di cereali. L’elevato tasso alcolico di queste bevande e l’uso smodato che se ne fece a causa del suo basso costo portarono ben presto ad un aumento della delinquenza e della violenza, tanto che Giorgio III verso la fine del

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Settecento introdusse la prima tassazione alle bevande alcoliche, limitandone così l’uso nelle classi più povere.

Del 1751 è la prima legge intesa a porre freno al dilagare del gin, tassando pesantemente e applicando severe restrizioni ai produttori. Si passò da oltre 15 a 2 milioni di litri.

Ma la rivoluzione industriale stravolse i nuovi equilibri portando con sé una ripresa del bere smodato, soprattutto nelle città. L’alcol diveniva sempre più di uso comune e con la ferrovia e le nuove vie di comunicazione la sua diffusione divenne inarrestabile. Ora l’alcol poteva raggiungere ed essere venduto facilmente in quelle zone operaie dove le bevande alcoliche rappresentavano una via di evasione dalla realtà.

La produzione, l’esportazione, la comunicazione, il prestigio di alcuni produttori rispetto ad altri, il marketing, lo status symbol fecero il resto fino a trasformare le bevande alcoliche da tradizione a fattore di consumo. Fino ad arrivare ai giorni nostri.

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1.2 LA CORNICE SOCIO CULTURALE DEL CONSUMO DI ALCOL:

1.2.1 I MODELLI DEL BERE

Verso la fine degli anni Sessanta, Pittman (1967) si propose di ordinare le società esistenti secondo l’atteggiamento che assumono nei confronti delle bevande alcoliche, suggerendo una classificazione che, muovendosi lungo un continuum, tenga conto del grado di accettazione o di rifiuto dell’uso o abuso dell’alcol.

Collocando ad un estremo di questo continuum le culture astemie e, all’altro estremo, le culture alcoliche, Pittman elabora la seguente tipologia:

• Culture astemie, che vietano il consumo di alcolici sotto ogni forma. Il bere assume un significato estremamente negativo, anti-sociale privo di giustificazione. E’ il caso delle culture musulmane, indù e di talune sette protestanti.

• Culture ambivalenti, nelle quali coesistono atteggiamenti positivi e negativi nei confronti dei consumi alcolici a seconda del contesto sociale. Rientrano in questo gruppo i paesi anglosassoni e scandinavi.

• Culture permissive, le quali tollerano consumi moderati ma condannano l’ubriachezza. L’uso di sostanze alcoliche acquista un valore positivo nelle abitudini sociali ritualizzate.

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• Culture iperpermissive, nelle quali la stessa ubriachezza non viene fatta oggetto di riprovazione, sempre che non siano violate altre norme sociali come il controllo dell’aggressività. E’ il caso dei giapponesi e di alcune società dell’ America centro meridionale.

Alla tipologia di Pittman sono state mosse numerose obiezioni. Mäkelä e Viicari (1977) obbiettano che tale suddivisione non teneva conto delle differenze qualitative, ossia dell’uso prevalente che viene fatto delle bevande alcoliche.

Esclusi gli usi tecnici e di produzione, affermano i due autori, le bevande alcoliche possono essere utilizzate in tre maniere principali: come nutrimento, come intossicante e come medicina.

E’ la cultura a determinare quale aspetto privilegiare alle spese di un altro.

Nel contesto mediterraneo tradizionale, l’aspetto nutritivo (principale ma non esclusivo) è stato dominante nella quotidianità.

Al contrario nelle culture europee centro-settentrionali, il primato e stato storicamente dato all’uso intossicante dell’alcol, essendo le bevande alcoliche solitamente escluse dalla quotidianità.

Tenere conto dei rilievi di Mäkelä e Viicari significa poter tenere distinte società che, nella tipologia di Pittman si collocano nella stessa categoria.

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Partendo da questi criteri di categorizzazione Room (1989) distingue le culture del bere in bagnate e asciutte, tenendo conto anche delle norme e degli atteggiamenti nel confronti del bere:

• cultura bagnata: uso quasi quotidiano di sostanze alcoliche, con frequenti abusi anche se non eccessivamente smodati. Una bassa proporzione di astemi. I problemi alcol relati riguardano principalmente mortalità da cirrosi rispetto che da intossicazione alcolica. I problemi di disgregazione sociale riguardanti l’alcol sono meno frequenti che nelle culture asciutte.

• cultura asciutta: uso infrequente di sostanze alcoliche, con abusi assai smodati. Maggior mortalità da intossicazione rispetto a cirrosi. Maggior presenza di problemi di disgregazione sociale legati all’abuso di alcol.

Avendo in mente queste due categorie e utilizzandole come estremi di un continuum in un accezione più ampia che tenga conto dei valori, degli atteggiamenti e dei comportamenti possiamo distinguere due modelli ideal-tipici del bere: il modello bagnato o mediterraneo o latino ed un modello asciutto o anglosassone, distinti dal grado di integrazione culturale raggiunto dai consumi alcolici.

.

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14 1.2.2 LE VARIABILI INTRACULTURALI

Nel considerare i vari modelli del bere va tenuto conto anche di quelle variabili di genere, etniche, religiose che giocano un ruolo importante nella determinazione degli stili del bere della popolazione generale e di quella giovanile.

• La variabile genere. E’ sostanzialmente universale il dato, registrato in tutte le indagini, della netta preponderanza maschile dal punto di vista della quantità, varietà, molteplicità di contesti e di occasioni di consumo alcolico, nonché del bere problematico. Da sottolineare l’esito di una ricerca (Giesbrecht e West,1994) in cui si evince che la differenza minore tra il bere maschile e femminile si registra nella fascia di età giovanile, tra i 18 e i 24 anni.

• Le variabili economiche. In termini quantitativi, tra i giovani, i maggiori consumatori risultano essere quelli con reddito alto provenienti da famiglie di ceto elevato. Se si tiene conto di un’altra variabile economica come il fatto di un lavoro proprio che porta un guadagno personale, si può notare come i giovani lavoratori possano avere livelli di consumo decisamente elevati (Kuipers,1994). Un’indagine Doxa del 1992 mette in luce che i giovani operai italiani consumano bevande alcoliche in maniere decisamente maggiore rispetto agli studenti di classe medio-alta. Ciò che differenzia i giovani di ceto elevato dagli operai sono piuttosto gli stili del bere, con una

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presenza tra questi ultimi del consumo del vino e una quotidianità di assunzione non riscontrabile tra i giovani di classe elevata. La National Longitudinal Survey (1990) condotta da Bryant e altri nel Missuori ha fatto notare come, se in età giovanile i consumi sono proporzionali ai guadagni economici, col crescere avviene un inversione di tendenza e quindi ad alti consumi sono associati salari bassi.

• Le variabili geografiche: le bevande alcoliche privilegiate in caso di abuso variano secondo il contesto territoriale (zona urbana o rurale) e, nei giovani, in relazione ai modelli tradizionali a cui tendono opporsi. In Francia per esempio sono le zone rurali ad essere maggiormente interessate a fenomeni di abuso alcolico. Inoltre mentre gli abusi di birra risultano più frequenti tra i giovani delle città, nelle campagne si predilige l’abuso di vino e liquori.

(Bui-Trong,1995).

• La variabile religiosa: tutte le ricerche condotte (Cochrab,1993;

O’Connor,1978; Loretto,1994; Kuipers,1994) hanno evidenziato come l’essere religioso e credere nei principi della propria religione porti ad una diminuzione nei consumi di alcol e in molti casi all’astinenza.

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16

1.3 FINLANDIA: UN ESEMPIO DI MODELLO NORDICO

1.3.1 LA VARIAZIONE DI CONSUMI NELL’ARCO DEL TEMPO

La Finlandia al 2002 mostra un consumo totale di 8,26 litri pro-capite di alcol puro, rispecchiando il modello dei consumi tipico dei paesi anglosassoni con grandi consumi di birra (5,06 l/p.c.), consumi di super alcolici medio-alti (2,14 l/p.c.) e bassi consumi di vino (2,41 l/p.c.) (fonte:Who Statistical Databases, 2002).

Variazione dei Consumi Alcolici in FINLANDIA

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

1970 1973 1976 1979 1982 1985 1988 1991 1994 1997 2000

litri pro capite

Vino Birra Superalcolici Totale

Figura 1.Fonte: WHO Statistical Database 2002

Dalla figura si può notare come i consumi abbiano subito un lento ma graduale aumento nel corso degli anni. Interessante l’aumento del consumo di vino negli ultimi dieci anni, in controtendenza alle altre due bevande che hanno mantenuto un andamento constante se non addirittura in diminuzione.

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La Tabella 1 mostra invece lo stile del bere finlandese in rapporto a quello italiano. Viene pienamente rispecchiato il modello nordico fatto di una percentuale ridotta di bevitori giornalieri e una percentuale alta sia di abusi settimanali sia di abusi rispetto alle occasioni per bere. Si nota anche come siano gli uomini ad abusare maggiormente di alcolici rispetto alle donne.

Tabella 1. fonti: World Drink Trends 2002, published by World Advertising Research Centre Bevitori

Giornalieri

Bevuto almeno una volta alla settimana

Abuso di alcol almeno una volta la

settimana

Abuso rispetto alle occasioni per

bere Uomini

Finlandia 4% 60% 16% 29%

Italia 42% 76% 11% 13%

Donne

Finlandia 2% 33% 3% 17%

Italia 26% 52% 7% 11%

1.3.2 LA LEGISLAZIONE

Fino al 1932 in Finlandia vigevano dure leggi proibizionistiche. Da quella data in seguito ad un referendum la produzione, l’importazione e l’esportazione diventarono monopolio esclusivo della compagnia Oy Alkoholiliike. In seguito all’ingresso nella Comunità Europea e alle leggi economiche Europee questo monopolio venne limitato solamente alla vendita. Tuttora gli unici esercizi che possono vendere alcolici sopra i 4,7° di gradazione alcolica sono i negozi della Alko.

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18

Le bevande alcoliche mostrano prezzi superiori alla gran parte degli altri stati europei, questo dovuto alla tassazione elevata applicata nel Paese. Dal primo marzo 2004 le tasse applicate alle bevande alcoliche sono state decurtate del 33%

con conseguente diminuzione dei prezzi che restano comunque sopra la media.

E’ vietata in ogni caso la vendita di bevande che superano i 60° di gradazione alcolica.

Il limite legale di età per l’acquisto di bevande alcoliche superiori ai 4,7° è di 18 anni.

Il limite di percentuale di alcol nel sangue per i guidatori è passato da 0,8 g % a 0,5 g %.

E vietata in qualsiasi caso la pubblicità di bevande superiori ai 22° di gradazione alcoliche. Per le altre bevande è consentita ma con regole molto restrittive.

1.3.3 I PROBLEMI ALCOL RELATI

In linea con il modello della cultura asciutta si riscontrano meno casi di cirrosi epatica rispetto alle culture bagnate, ma una maggior frequenza di intossicazioni e di alcolismo. In entrambi i casi si è verificato un preoccupante aumento delle frequenze negli ultimi anni.

In diminuzione invece i casi di incidenti stradali dovuti all’ubriachezza.

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Incidenti Stradali

0 5 10 15 20 25 30 35

1980 1983 1986 1989 1992 1995 1998 2001

SDR per 100000

Figura 2.Fonti: WHO Statistical Database 2002

Disfunzioni Epatiche Gravi e Cirrosi

0 2 4 6 8 10 12 14

1970 1974 1978 1982 1986 1990 1994 1998

SDR per 100000

In Finlandia si riscontrano inoltre gravi casi di depressione ed un alto tasso di suicidi riconducibili ad un alcolismo patologico.

1.3.4 IL BERE GIOVANE

Il bere giovanile è sempre stato fonte di preoccupazione nelle cultura asciutte.

Nella ricerca condotta dall’ ESPAD (European school survey project on alcohol and other drugs) nel 1999 si può notare la netta differenza tra le culture nordiche e anglossassoni rispetto a quelle mediterranee.

La figura 3a mostra la percentuale di ragazzi e ragazze che si sono ubriacati almeno una volta negli ultimi dodici mesi (1999). La Finlandia occupa il secondo posto con il 29%. Poco rilevante la differenza tra maschi e femmine.

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Figura 3a.Proporzione di ragazzi e ragazze che si sono ubriacati almeno 10 volte negli ultimi 12 mesi.(fonte:ESPAD report,the European school survey project on alcohol and other drugs, 1999)

Risulta elevata anche la percentuale di giovani finlandesi (18%) che hanno abusato di alcol ubriacandosi almeno 3 volte negli ultimi 30 giorni.(Fig.3b) In questo caso si ha una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine.

Fig 3b Proporzione di ragazzi e ragazze che si sono ubriacati almeno 3 volte negli ultimi trenta giorni.(fonte:ESPAD report,the European school survey project on alcohol and other drugs,1999)

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1.3.5 UOMINI E DONNE

Una ricerca condotta in Finlandia (Sakne Ahlström, Leena Metso, 1992) con un campione di 3446 soggetti a livello nazionale, ha messo a confronto i consumi degli uomini rispetto alle donne.

Per current drinkers si intendono coloro che hanno bevuto almeno tre volte negli ultimi 12 mesi, si può notare come la percentuale sia altissima per entrambi i generi.

Il consumo mensile è la media di grammi di alcol puro assunti da uomini e donne, la differenza tra i sessi qui è più rilevante. Ancora più rilevante la differenza tra uomini e donne per quanto riguarda i bevitori pesanti, cioè coloro che consumano in media più di 50g di alcol puro al giorno.

La quantità di bevitori pesanti è comunque bassa rispetto alla percentuale di bevitori, questo sta a dimostrare come il modello nordico prediliga un abuso occasionale rispetto a un uso moderato ma costante.

Tabella 2(Sakne Ahlström, Leena Metso, 1992) Current Drinkers

%(1)

Consumo mensile, media(2)

Bevitori Pesanti(3) Rapporto Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne

Finlandia 90 82 452 161 24 4

(1)1.10 (2)2.81 (3)6.00 Italia 87 72 742 389 42 20

(1)1.21 (2)1.91 (3)2.10

(22)

22

Per quanto riguarda le bevande alcoliche (Tabella 3), in Finlandia gli uomini bevono tutto più delle donne soprattutto per quanto riguarda la birra e i superalcolici.

Si può notare come il consumo della bevanda meno diffusa, in questo caso il vino, mostri le minor differenze di consumo tra i sessi. In Finlandia si riscontrano differenze più significative tra i sessi che in Italia.

Tabella 3 (Sakne Ahlström, Leena Metso, 1992)

BIRRA(4) VINO(5) SUPERALCOLICI(6) Rapporto Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne

Finlandia 241 80 64 48 148 32

(4)3.01 (5)1.33 (6)4.62 Italia 63 58 669 364 102 65

(4)1.09 (5)1.84 (6)1.57

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1.4 ITALIA: UN ESEMPIO DI MODELLO MEDITERRANEO

1.4.1 VARIAZIONE DEI CONSUMI NELL’ARCO DEL TEMPO

In Italia i consumi rispecchiano il modello mediterraneo del bere costituito da un largo consumo di vino (6,00 l/p.c) e da bassi consumi di birra (1,45 l/p.c) e super alcolici (0,4/ p.c.) (fonti:Who Statistical Databases, 2002). Da notare come l’Italia sia il paese europeo che maggiormente sta rispettando la Carta Europea sull’Alcol che invita tutti i paesi membri ad attuare politiche e programmi etici rivolti ad uso consapevole ed intelligente dell’alcol. Non a caso è il Paese che più di tutti ha diminuito i propri consumi nell’arco del tempo, passando dai 16,01 l/p.c. del 1970 ai 7,85 del 2001.

Variazione dei Consumi Alcolici in ITALIA

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000

litri pro capite

Vino Birra Superalcolici Total

Figura 4.Fonte: WHO Statistical Database 2002

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24

Anche per l’ Italia, come in Finlandia, l’unica bevanda in controtendenza, che cioè ha subito un aumento dei consumi è quella meno tradizionale, in questo caso la birra.

Questo può indicare come in entrambi i Paesi si stia instaurando un processo di europeizzazione del bere.

La Tabella 4 mostra gli stili del bere degli italiani in base al genere e li mette a confronto con quelli finlandesi.

In linea con il modello della cultura bagnata si riscontra in Italia un’ alta percentuale di bevitori giornalieri, dovuta anche al forte uso alimentare e tradizionale del vino tipico del modello italiano. Conseguentemente risulta alta anche la percentuale di italiani che hanno bevuto almeno una volta alla settimana.

La percentuale riguardante gli abusi risulta invece inferiore rispetto ai paesi asciutti, con solo il 13% per gli uomini e l’ 11% per le donne per quanto riguarda gli abusi di alcol rispetto alle occasioni per bere.

Tabella 4. fonti: World Drink Trends 2002, published by World Advertising Research Centre

Bevitori Giornalieri

Bevuto almeno una volta alla settimana

Abuso di alcol almeno una volta la

settimana

Abuso ripetto alle occasioni per

bere Uomini

Italia 42% 76% 11% 13%

Finlandia 4% 60% 16% 29%

Donne

Italia 26% 52% 7% 11%

Finlandia 2% 33% 3% 17%

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1.4.2 LA LEGISLAZIONE

Per la legge italiana per bevanda alcolica si intende ogni prodotto contenente alcol alimentare con gradazione superiore a 1,2°, per superalcolico ogni prodotto con gradazione superiore al 21 % di alcol in volume.

La legge che regola l’uso dell’alcol in Italia è attualmente la n. 125 del 30 Marzo 2001 e reca norme finalizzate alla prevenzione, alla cura ed al reinserimento degli alcoldipendenti, alla vendita e alla produzione, alla comunicazione.

Rispettando le normative Europee questa legge tutela il diritto delle persone, in particolare bambini ed adolescenti, ad una vita protetta dalle conseguenze legate all’abuso di bevande alcoliche e promuovendo l’informazione e l’educazione.

Vengono apportate modifiche alle precedenti leggi riguardo il codice della strada portando la concentrazione alcolemica consentita alla guida da 0,8 g/l a 0,5 g/l.

La pubblicità di bevande alcoliche è controllata e vietata all’interno di programmi radiotelevisivi, sulla stampa giornaliera o periodica rivolti ai minori.

Non può attribuire efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano certificate dal Ministero della sanità. Non può rappresentare con valenza oltremodo positiva l’uso e l’abuso di sostanze alcoliche.

Non vi sono restrizioni di vendita in base alla gradazione, gli esercizi aventi licenza possono vendere qualsiasi bevanda alcolica. E’ vietata però la vendita nelle aree di servizio situate lungo l’autostrada dalle 22 alle 6.

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26 1.4.3 PROBLEMI ALCOL RELATI

In Italia, come nelle altre culture bagnate, il problema principale risultano le disfunzioni epatiche e i casi di cirrosi.

Una attenta diminuzione dei consumi ha conseguentemente portato ad una diminuzione dei casi di cirrosi, che sono praticamente dimezzati dal 1970 al 2001.

In aumento invece gli incidenti stradali dovuti all’abuso di alcol, nonostante le leggi e le restrizioni siano diventate più severe negli anni.

Aumentati anche se comunque inferiori alla media europea sono i casi di alcolismo patologico.

Icidenti Stradali

0 1 2 3 4 5 6 7 8

1989 1991 1993 1995 1997 1999

SDR per 100000

Figura 5.Fonti: WHO Statistical Database 2002

Disfunzioni Epatiche Gravi e Cirrosi

0 5 10 15 20 25 30 35 40

1970 1973 1976 1979 1982 1985 1988 1991 1994 1997 2000

SDR per 100000

(27)

1.4.4 IL BERE GIOVANE

Riprendendo la ricerca dell’ ESPAD del 1999, si può notare come l’Italia in termini di abusi alcolici mostri delle percentuali decisamente inferiori alla media europea, in linea con gli altri paesi mediterranei. Solo il 2% dei giovani infatti dichiara di essersi ubriacato almeno 10 volte negli ultimi 12 mesi. La percentuale dei maschi (4%) risulta essere superiore a quella delle ragazze.

Figura 6a.Proporzione di ragazzi e ragazze che si sono ubriacati almeno 10 volte negli ultimi 12 mesi.(fonte:ESPAD report,the European school survey project on alcohol and other drugs, 1999)

Per quanto riguarda i ragazzi che hanno abusato di bevande alcoliche almeno 3 volte negli ultimi 30 giorni, si nota che la percentuale di ragazzi italiani (5%) è ancora al di sotto della media europea. Da notare come la percentuale di ragazzi

(28)

28

(8%) e di ragazze (2%) in questo caso sia praticamente raddoppiato rispetto alle percentuali di chi abusa almeno 10 volte in un anno.

Fig 6b Proporzione di ragazzi e ragazze che si sono ubriacati almeno 3 volte negli ultimi trenta giorni.(fonte:ESPAD report,the European school survey project on alcohol and other

drugs,1999)

Analizzando le due figure si può notare come per i paesi “asciutti” le percentuali di almeno 3 abusi in trenta giorni siano inferiori alle percentuali di almeno 10 abusi in un anno. Per le culture “bagnate” succede proprio l’opposto.

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1.4.5 UOMINI E DONNE

Nell’ambito di una ricerca a livello europeo, Allamani e Cipriani (1995) hanno condotto una ricerca su di un campione di 1646 soggetti, al fine di analizzare le differenze tra i consumi di bevande alcoliche tra uomini e donne.

La percentuale di current drinkers (consumo di bevande alcoliche almeno tre volte negli ultimi 10 mesi) è molto alta per entrambi i sessi.

Il consumo mensile, in linea col modello mediterraneo è superiore alla media europea. Gli uomini consumano una quantità di grammi di alcol puro quasi doppia rispetto alle donne.

Alta è anche la percentuale di bevitori pesanti (almeno 50g di alcol puro al giorno). Anche in questo caso la percentuale di uomini è più alta di quella delle donne.

Tabella 5 (Allamani e Cipriani 1995) Current Drinkers

%(1)

Consumo mensile, media(2)

Bevitori Pesanti

%(3)

Rapporto Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne

Italia 87 72 742 389 42 20

(1)1.21 (2)1.91 (3)2.10 Finlandia 90 82 452 161 24 4

(1)1.10 (2)2.81 (3)6.00

La Tabella 6 mostra quanto vengano consumate le varie bevande alcoliche dagli uomini e dalle donne italiane. Il modello mediterraneo è confermato da un grande

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consumo di vino, un consumo medio di super alcolici e un basso consumo di birra.

Gli uomini bevono più delle donne anche se il rapporto è meno significativo rispetto alla Finlandia.

Anche nel caso dell’Italia si può notare come la bevanda meno consumata sia anche quella con la minor differenza di consumo tra uomini e donne.

Tabella 6 (Allamani e Cipriani 1995)

BIRRA(4) VINO(5) SUPERALCOLICI(6) Rapporto Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne

Italia 63 58 669 364 102 65

(4)1.09 (5)1.84 (6)1.57 Finlandia 241 80 64 48 148 32

(4)3.01 (5)1.33 (6)4.62

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CAPITOLO SECONDO:LA CORNICE TEORICA

2.1 LE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI

Fu Wundt il primo a sostenere che la psicologia dei popoli doveva essere considerata separata, anche se correlata, dalla scienza individuale e sperimentale.

I prodotti delle esperienze collettive, il linguaggio, il mito, la religione non possono essere inventati dagli individui e perciò non possono essere spiegati in termini della coscienza individuale .

Riprendendo ed amplificando questa teoria, Durkheim aveva pubblicato nel 1898, sulla “Revue De Métaphysique et de Morale” un articolo in cui distingueva per la prima volta le rappresentazioni collettive e rappresentazioni individuali, sostenendo che i fatti sociali non possono essere spiegati in termini psicologici. A Suo giudizio erano gli psicologi dovevano occuparsi delle rappresentazioni individuali, mentre la vera scienza sociale, la sociologia, era la sola disciplina in grado di occuparsi delle rappresentazioni collettive.

Queste ultime includono vari insieme di forme intellettuali tra cui religione, la morale, il diritto, la scienza, il mito ecc. Vengono definite “collettive” in tre sensi: essendo generate socialmente, avendo come oggetto la società ed essendo in qualche modo legate alla società (cfr. Palmonari, 2002).

Ciò che Wundt considerava una distinzione tra due forme di psicologia, quella individuale e quella collettiva, divenne con Durkheim una differenza tra la

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psicologia, focalizzata sull’individuo, e la sociologia, focalizzata sulla società e le rappresentazioni collettive.

Nel 1961 Serge Moscovici introdusse il concetto di “rappresentazione sociale”

differenziandosi dalla teoria di Durkheim su due punti principali:

• la specificità della nozione di rappresentazione sociale

Moscovici propone di considerare le rappresentazioni sociali come un modo specifico di esprimere la conoscenza in una società e nei gruppi che la compongono. Le rappresentazioni possono essere condivise da tutti i membri di un gruppo anche se non sono state elaborate dal gruppo stesso. Sono componenti essenziali della cultura in cui ogni nuovo arrivato viene socializzato. Altre rappresentazioni sono il prodotto della circolazione della conoscenza e delle idee proprie di sottogruppi all’interno di un contesto sociale e ci sono infine rappresentazioni che la società non condivide e che sono elaborate nel corso di conflitti sociali.

Ogni rappresentazione è elaborata da un gruppo per il quale l’oggetto di rappresentazione è rilevante, facendone derivare una conoscenza condivisa da tutti i membri del gruppo sotto forma di “teoria del senso comune”.

• stabilità e flessibilità delle rappresentazioni sociali

In una società aperta, pluralista, gli universi simbolici sono molteplici e a volte tra loro contraddittori e la funzione specifica delle rappresentazioni è quella di dar corpo alle idee che circolano, incarnandole in esperienze e interazioni. Di

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conseguenza le rappresentazioni sociali assumono forme dinamiche, dal carattere mobile e circolante, mutevole.

Le rappresentazioni sociali sono l’elaborazione di un oggetto sociale da parte di una comunità che permette ai suoi membri di comportarsi e di comunicare in modo comprensibile (Moscovici 1961-76). Sono sistemi cognitivi con una logica e un linguaggio propri, teorie vere e proprie, utili per la scoperta e l’organizzazione della società.

Jodelet (1984) ha affermato che “il concetto di rappresentazione sociale designa una forma di conoscenza specifica, il sapere del senso comune, i cui contenuti manifestano l’operazione di processi generativi e funzionali socialmente rilevanti. In senso più ampio designa una forma di pensiero sociale.

Le rappresentazioni sociali sono modalità di pensiero pratico orientate verso la comunicazione, la comprensione e il dominio dell’ambiente sociale, materiale e ideale. In quanto tali esse rappresentano caratteri specifici sul piano dell’organizzazione dei contenuti, delle operazioni mentali, della logica”(p.340).

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34

2.2 ANCORAGGIO E OGGETTIVAZIONE

I processi fondamentali delle rappresentazioni sociali sono l’ancoraggio e l’oggettivazione. Tra i due processi vi è una stretta relazione, l’ancoraggio è visto come un prolungamento dell’oggettivazione.

Conferiscono un carattere processuale alla rappresentazione, permettendo una maggiore interpretazione dell’oggetto, attribuendo ad esso un certo grado di realismo e una specifica funzionalità, suscitando nuovi sistemi di interpretazione del sociale.

L’ancoraggio consiste nel porre un oggetto sconosciuto in un quadro di riferimento ben noto per poterlo interpretare. Il processo implica che l’oggetto venga classificato e denominato sulla base delle categorie e dei significati che più vengono utilizzati dai gruppi entro cui la rappresentazione si costituisce.

E’ un meccanismo finalizzato a ridurre la paura, lo stupore che un oggetto o un fenomeno non familiare produce nell’attore sociale, facendolo entrare in una categoria familiare.

Ancorare significa classificare ed etichettare un oggetto in modo che non rimanga quasi alieno, minaccioso. Per rendere uno persona o un oggetto più vicino a noi il primo passo da fare è quello di assegnarlo ad una categoria, di etichettarlo con una parola appartenente al nostro linguaggio, in questo modo lo stiamo già rappresentando (Moscovici, 1981).

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Il processo di oggettivazione permette alla realtà percepibile, concreta, figurata di entrare nei concetti e nei fenomeni che non sono familiari. In una prima fase oggettivazione significa scoprire l’aspetto iconico di un’idea o di un fenomeno mal definito (Palmonari, 1991). Viene in pratica portato fuori dal concetto un nucleo figurativo che riproduce la struttura concettuale in modo visibile. In una seconda fase lo schema figurativo diventa un’espressione immediata e diretta di quei fenomeni che prima erano elaborati solo in modo astratto. Infine, con il processo di naturalizzazione i concetti diventano categorie sociali sicure, idonee a ordinare gli avvenimenti concreti cosi il concetto astratto diventa entità obiettiva.

Possiamo affermare che questi due processi lavorano insieme per la costruzione della realtà sociale, l’uno immette e toglie oggetti, persone, ed eventi che classifica secondo il tipo che etichetta con un nome, l’altro trae da essa la realtà, concetti ed immagini per mescolarli, riprodurli nel mondo esterno, per decifrare, attraverso ciò che è già noto, le cose che bisogna conoscere (Moscovici, 1984, p.66).

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2.3 A COSA SERVONO LE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI

Moscovici (1984) raggruppa le varie funzionalità delle rappresentazioni sociali in tre categorie che denomina ipotesi:

• Ipotesi dell’interesse: un individuo, o un gruppo sociale, crea immagini che possano conciliare obbiettivi opposti di due gruppi sociali o di un individuo nei confronti della collettività. Si viene a creare una distorsione della realtà obbiettiva, in genere a favore della posizione con maggior potere.

• Ipotesi dell’equilibrio: i discorsi a contenuto ideologico e le elaborazioni concettuali che costituiscono le rappresentazioni sociali sono compensazioni immaginarie che hanno come scopo la ricostruzione di un equilibrio interno nell’individuo e nel gruppo;

• Ipotesi del controllo:I gruppi producono rappresentazioni che usano come filtri per le informazioni che giungono dall’esterno al fine di controllare la lealtà di ogni membro.

Si può dire che esse adempiano ad una funzione quasi di manipolazione del processo di pensiero e della struttura della realtà, comparabili a metodi di controllo del comportamento che esercitano una coercizione sistematica su tutti quelli verso cui sono diretti. Non c’è dubbio che queste ipotesi siano rilevanti, ma rischiano di essere non falsificabili e perciò non cogliere il senso della funzione di ogni rappresentazione sociale: cioè di ogni modo condiviso di definire e

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affrontare un problema significativo sul piano sociopsicologico. Dal punto di vista logico è più corretto affermare che la funzione di tutte le rappresentazioni sociali sia prima di tutto quella di rendere familiare quanto è estraneo, distante rispetto all’esperienza delle persone che costituiscono il gruppo coinvolto nel rapporto con la realtà.

La familiarità costituisce sia uno stato delle relazioni nel gruppo, sia una norma di giudizio su ciò che accade e che può anche essere estraneo. Nella categoria dell’estraneo entra tutto ciò che è lontano, proveniente da fuori, non conforme al prototipo di individui, di comportamenti, di relazioni considerate normali (Palmonari, 2002).

La rappresentazione sociale trasferisce il non familiare, quello che può essere sorprendente o disturbante per il nostro universo di significati, dal fuori al dentro, da distante a prossimo.

Questo trasferimento avviene separando tra loro concetti e percezioni abitualmente associati e integrandoli in modo che ciò che non è familiare diventi abituale. Quando questo trasferimento dall’esterno verso l’interno di ciò che mette in discussione la nostra abituale definizione di realtà è avvenuto, la nuova rappresentazione sociale è costituita.

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38 2.4 LA COMUNICAZIONE

Le Rappresentazioni Sociali sono caratterizzate da una componente funzionale significativa nella misura in cui inferiscono nei processi cognitivi del soggetto e nella misura in cui orientano i processi di comunicazione influenzando l’agire del soggetto in una determinata situazione.

Nel suo lavoro “Le Psycanalise son image e son public” Moscovici(1961-76) analizza tre tipi diversi di comunicazione che determinano il contenuto e la forma dei messaggi emessi o ricevuti, essi sono: la diffusione, la propagazione e la propaganda.

• Diffusione. Nella diffusione lo sforzo principale dell’emittente è di stabilire una relazione di parità, di equivalenza tra sé ed il proprio pubblico e di adattarsi a questo. Chi parla o scrive ha lo scopo di creare un sapere comune senza preoccuparsi della sua unitarietà, puntando ad adattarsi agli interessi del pubblico.

• Propagazione. Nella propagazione, la comunicazione è mirata non a produrre una condotta ma a produrre una norma. La comunicazione ha il fine di investire le condotte reali probabili di un significato che fino a quel momento non possediamo.

• Propaganda. La propaganda è vista come una modalità di comunicazione in situazioni conflittuali, cioè quando un gruppo si trova di fronte ad un oggetto che ha una rappresentazione minacciosa verso l’identità e l’unità del gruppo

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stesso. Per analizzare le rappresentazioni che un individuo ha del mondo dove vive è necessario capire la visione che possiede del suo mondo, sapendo che questa visione dipenderà dal luogo che il soggetto occupa rispetto agli altri.

Questa relazione non è solo oggettiva, ma anche soggettiva, dove vi è un confronto dei soggetti e allo stesso tempo con l’immagine che ognuno elabora.

L’analisi di Moscovici non deve essere intesa come uno schema rigido, ogni rappresentazione sociale deve essere studiata per il contesto e il modo in cui si forma, per gli scopi a cui è destinata, in modo da scoprire, in rapporto al sistema di comunicazione attraverso cui è diffusa, che tipo di predisposizione all’azione induce.

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40 2.5 SVILUPPI RECENTI

2.5.1 L’APPROCCIO STRUTTURALISTA

Flament, Codol e Abric, facenti parte della scuola di Aix-en-Provence, sostengono che ogni rappresentazione sociale è organizzata in primo luogo attorno ad un nucleo centrale, elemento fondamentale e necessario che ne determina il significato e l’organizzazione.

Il nucleo centrale costituisce la base sociale e collettiva, su cui viene esercitato un consenso unanime. Questo nucleo ha funzione stabilizzatrice, in quanto è la parte non negoziabile della rappresentazione sociale, generatrice poiché oltre ad assicurare il significato agli elementi del nucleo crea ed attribuisce significato anche agli elementi che sono relazionati al nucleo, organizzatrice essendo il nucleo il principio organizzatore degli elementi periferici.

In sintesi, le rappresentazioni sociali sono composte, nell’ottica di questi autori, da una parte centrale, il nucleo, non negoziabile, e da una parte periferica costituita da elementi dipendenti dal contesto sociale, dall’individuo e dai gruppi.

Questa parte periferica, essendo variabile e strettamente relazionata al contesto e di conseguenza anche ai cambiamenti di quest’ ultimo, garantisce l’evoluzione della rappresentazione in quanto possono trasmettere un cambiamento del contesto al nucleo.

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Questi studiosi hanno anche elaborato diversi metodi di studio delle rappresentazioni sociali. Essi affermano che il metodo deve occuparsi degli aspetti funzionali relativi al rapporto tra l’oggetto con le pratiche sociali che guidano l’azione e definiscono i comportamenti adeguati nei confronti dell’oggetto della rappresentazione.

Il metodo del rifiuto consente di discriminare tra elementi del nucleo ed elementi periferici, proprio chiedendo ai partecipanti di immaginare l’oggetto della rappresentazione sociale rifiutandone una caratteristica particolare.

Il metodo dello scenario ambiguo è stato utilizzato in una ricerca sulle rappresentazioni dell’impresa (Abric e Tafani, 1995). Solamente quando la condizione sperimentale presentava un’organizzazione descritta in modo ambiguo come un’impresa, questa veniva descritta dai soggetti come struttura gerarchicamente finalizzata al profitto, distributrice di lavoro e produttiva. Le stesse dimensioni non venivano utilizzate invece per descrivere l’organizzazione che non fosse un’impresa.

Il metodo della messa in discussione è stato sperimentato da Moliner (1995) e si basa sull’idea che se ponendo una domanda in forma affermativa si ottengano risposte socialmente desiderabili. Per ovviare a ciò Moliner ha utilizzato il metodo della doppia negazione inducendo nei soggetti una maggior interpretazione ed elaborazione.

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2.5.2 L’ORIENTAMENTO SOCIODINAMICO

L’orientamento di ricerca ed elaborazione teorica caratterizzato in senso sociodinamico è stato introdotto da Mugny e Carugati (1985) in una ricerca sulle rappresentazioni sociali dell’intelligenza ed elaborato conseguentemente dalla scuola di Ginevra (Doise, Clemence, Lorenzi-Cioldi 1992)

Carugati (1992) ha definito le rappresentazioni sociali come archittetture di cognizioni, cioè strutture complesse di cognizione dotate di significato e costruite socialmente. Esse sono il risultato del modo in cui la gente comune affronta le dinamiche fra quanto conosce già, quanto non conosce e quanto dovrebbe sapere per prendere una decisione in merito a cose più o meno rilevanti.

Una rilettura in chiave marcatamente sociodinamica delle rappresentazioni sociali si deve a Willem Doise (1993) il quale afferma che possono essere considerate come principi organizzativi delle relazioni simboliche fra individui e gruppi.

Una fase importante nello studio delle rappresentazioni sociali riguarda l’individuazione delle dimensioni che costituiscono l’organizzazione cognitiva di questo campo di riferimento comune in un sistema dato di relazioni sociali.

Rifacendosi alla schema originario di Moscovici, questo aspetto dello studio delle rappresentazioni sociali concerne l’oggettivazione e la possibilità conseguente di trovare una lingua comune da parte di chi li condivide.

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Il secondo assunto è che si organizzano delle differenze nelle prese di posizioni individuali entro l’ambito della conoscenza condivisa. Gli individui possono differire a seconda dell’intensità della loro adesione ai vari aspetti delle rappresentazioni sociali.

Il terzo assunto sostiene che le differenze fra le prese di posizione individuali siano ancorate alle appartenenze a gruppi e alle realtà simboliche che questi elaborano, a esperienze sociopsicologiche condivise in diversa misura dagli individui, alle loro credenze circa la realtà sociale.

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44 CAPITOLO TERZO: LA RICERCA

3.1 INTRODUZIONE

Partendo dalle teorie sui modelli ideal-tipici del bere la ricerca si propone di raccogliere e commentare le associazioni libere e le risposte a differenziali semantici riguardo le espressioni stimolo presentate.

Si sono volute indagare eventuali somiglianze o differenze in gruppi di diversa ètà e nazionalità riguardo le rappresentazioni sociali dell’uso e dell’abuso delle tre bevande alcoliche che caratterizzano un modello culturale del bere.

Si è cercato di valutare dunque se vi sia o meno una componente culturale influente confrontare le rappresentazioni sociali nei due diversi contesti e gruppi di età.

Confrontare poi e scoprire se e come i gruppi di giovani si discostino o meno dal modello ideal-tipico delle proprie culture avvicinandosi al modello della cultura opposta o ad un modello “comune” a sé stante.

L’aspettativa è infatti che, partendo dall’analisi dei consumi di bevande alcoliche, tra i giovani ci sia un nuovo “modello europeo” del bere, e cioè che ci sia una tendenza a staccarsi dai modelli culturali “tradizionali” verso un modo comune di considerare l’uso e l’abuso delle sostanze alcoliche.

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3.2 I PARTECIPANTI

La ricerca è stata condotta con un campione di convenienza di 88 italiani e 88 finlandesi, rispettivamente 44 giovani (età inferiore ai 25 anni) e 44 adulti (età superiore ai 35 anni). Il campione è composto per il 50% da uomini e per il 50%

da donne.

I questionari sono stati sottoposti tra Gennaio e Giugno del 2004.

3.3 LO STRUMENTO1

Lo strumento è stato somministrato in lingua italiana e finlandese, la traduzione è stata coadiuvata da una studentessa madrelingua finlandese con ottima conoscenza della lingua italiana. Le risposte sono state fornite nelle rispettive lingue e poi tradotte.

Lo strumento si può suddividere in questo modo:

- una prima parte con domande socio-anagrafiche;

- un compito di associazioni libere, un metodo a metà strada tra quelli qualitativi e quantitativi tra i più utilizzati nel campo delle rappresentazioni sociali.

Le prime sei espressioni stimolo utilizzate riguardano le tre bevande alcoliche caratteristiche dei modelli culturali (vino, birra, superalcolici) nelle condizioni di

“uso moderato” e di “abuso”.

1 Lo strumento è presente in forma integrale in appendice.

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E’ stato specificato che per “moderato” si intende un uso più o meno limitato che non provoca in nessun caso ubriachezza, mentre per “abuso” si intende un uso esagerato della bevanda che porta allo stato di ubriachezza.

Altre due espressioni stimolo riguardano la condizione di “giovane ubriaco” e

“adulto ubriaco”. Ognuna di queste era scritta su un foglio seguita da tre linee che delimitavano lo spazio di scrittura del soggetto.

I partecipanti venivano invitati a scrivere i primi tre termini che venivano loro in mente dopo aver letto l’espressione.

- una parte costituita da tre differenziali semantici. Il differenziale semantico si dimostra utile nello studio del significato “affettivo” degli oggetti sottoposti ad indagine e quindi particolarmente adatto a studi in cui l’analisi degli atteggiamenti dei soggetti può offrire risposte importanti. Focalizzato un concetto, ai soggetti intervistati viene somministrato un set di attributi contrapposti che si suppone siano atti a descrivere e qualificare l'oggetto stesso.

Il metodo consente immediatamente di tracciare un "profilo" dell'oggetto di analisi.

Le parole stimolo utilizzate in questo caso sono state vino, birra, superalcolici.

Le scale di valutazione mostravano 15 coppie di aggettivi, di cui alcune tipiche dello strumento proposto da Osgood e altri (1957, confronta anche Capozza 1977) associabili alle dimensioni di Valutazione (cattivo-buono, indesiderabile- desiderabile, brutto-bello, spiacevole-piacevole) e di Attività (tristezza-felicità,

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sregolatezza-tranquillità, pazzo-sobrio), ed altre più specifiche ad un’analisi delle bevande alcoliche, riferite alla dimensione Sociale (emarginante-socievole, singolo-gruppo), Salutare (dipendenza-autonomia, nocivo-salutare, morte-vita) e Culturale (illegalità-legalità, anonimato-prestigio, tradizione-moda).

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48 3.4 IL METODO DI ANALISI

L’elaborazione dei dati è stata eseguita con l’uso del pacchetto SPAD-T per l’analisi qualitativa e SPSS per l’analisi quantitativa.

3.4.1 L’ELABORAZIONE DEI DATI TESTUALI

Le associazioni libere alle otto espressioni stimolo sono state processate mediante il programma SPAD-T che provvede direttamente alla lettura delle forme grafiche digitate così come sono in uno specifico file di testo (.TXT).

Questo programma riconosce solo le frequenze di caratteri e non distingue ad esempio forme grafiche identiche (ad esempio “stato” inteso come participio passato e “stato” -o meglio “Stato”- inteso come nazione) o, al contrario, se nel testo fosse presente la stessa parola sia graficamente che nel significato, ma in alcuni casi in maiuscolo e in altri in minuscolo, SPADT considererebbe le due forme grafiche come parole distinte (es.“morte” e “Morte”). Per questo motivo il file di testo è stato scritto completamente in minuscolo e successivamente si è operato quello che si definisce il “pre-trattamento” del testo.

Con il termine pre-trattamento del testo si intendono tutte quelle operazioni preliminari che non modificano il senso del testo esaminato, permettendo comunque una maggiore comprensione delle forme d’uso. Il criterio fondamentale è di conservare distinte nel testo le variazioni significative in

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termini semantici e fondere le forme che costituiscono degli invarianti semantici (Bolasco, 1999).

Successivamente attraverso la procedura CORTE si sono create delle equivalenze (EQUIV) tra le forme grafiche sinonime e tra segmenti formati da più forme grafiche unite dal segno “–“ e con il comando DELET si sono eliminate tutte quelle forme ritenute “non significative” per il tipo di testo trattato. Si puntualizza che sia le EQUIV tra le forme grafiche o tra i segmenti composti dalle stesse, sia i DELET , cambiano a seconda di diverse variabili come ad esempio la teoria adottata alla quale si fa riferimento e lo scopo della ricerca.

In altre parole si possono creare equivalenze in base al significato (es. EQUIV tra allegro, solare, felice, preso-bene, contento) o in base all’etimologia e alla radice (es. EQUIV tra allegro, allegri, allegria, allegramente, EQUIV tra felice, felicità, ecc…) e ancora se per il ricercatore è importante la variabile genere le EQUIV devono rispettare il genere (es. EQUIV allegra, allegre ed EQUIV tra allegro e allegri) così come se si vuole differenziare singolare e plurale ( EQUIV tra allegri e allegra ed EQUIV tra allegra allegro).

Nel nostro caso le EQUIV sono state proposte sulla base dei significati in modo da raggruppare diversi termini in categorie più ampie. Per fare un esempio si è creata un EQUIV nominata “Alimentare” che raccoglieva i termini cena, pasto, carne, a-tavola, ai-pasti, cucina, formaggio, mangiare, pane, pranzo, cibo, pasti.

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Il passaggio successivo al pre-trattamento del testo è stato il taglio di soglia (procedura SETEX), con la quale si “sceglie” la frequenza minima che una forma grafica deve avere per essere mantenuta nell’analisi. In questo caso si è deciso di non considerare tutti quei termini che dopo la procedura CORTE hanno mantenuto frequenza pari a 1.

Successivamente si è passati all’analisi delle corrispondenze dei dati testuali.

L’analisi delle corrispondenze è un programma di trattamento lessicometrico il cui obbiettivo principale è di ottenere una prima sintesi dell’informazione contenuta nei testi senza dover effettuare interventi di codifica o di selezione a priori del corpus di analisi (Cemin & Collini, 2000).

Come nell’analisi fattoriale, con questo trattamento vengono estratti degli assi fattoriali, ortogonali tra loro, che spiegano, ciascuno in ordine decrescente, il massimo della variabilità della matrice dei dati.

L’intento dell’analisi delle corrispondenze è quello di produrre dei modelli di senso con i quali poter leggere il materiale testuale, individuare il “senso latente”

dell’insieme dei significati coinvolti nei testi, grazie all’interpretazione delle sole forme lessicali che si concentrano attorno agli assi fattoriali. I sintagmi creati in questo modo forniscono un paradigma, cioè un modello di senso presente nel corpus, sempre limitatamente al punto di vista espresso da quell’asse (Bolasco, 1999).

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Per compiere l’analisi delle corrispondenze in SPAD-T, il testo viene fatto

“girare” secondo la procedura prescelta per l’elaborazione testuale (la scelta della procedura dipende dal tipo di testo, dalla presenza o meno di variabili associate) che nel nostro caso è l’analisi APLUM.

L’esecuzione del programma presenta numerose tabelle (numero dei testi, numero dei soggetti per testo, numero delle risposte per soggetto, numero delle forme grafiche in relazione alla frequenza con la quale ogni gruppo le utilizza, per citarne alcune).

Per la scelta delle forme grafiche per la realizzazione delle tabelle si sono considerati i fattori con allegata la percentuale dell’ inerzia totale, ossia quanta percentuale di testo “copre” quello specifico fattore.

La scelta dei fattori per il presente lavoro è stata effettuata con l’obiettivo che la somma del numero degli stessi avesse un’ inerzia uguale o superiore al 50% ( che

“spiegasse” metà o più della metà del testo).

Di tutte le forme grafiche mantenute dopo le procedure CORTE e SETEX sono state inserite in tabella solo quelle che avevano un contributo medio (C.m) superiore al contributo assoluto (C.a) dato dalla formula 100/ n° parole distinte; il C.a. delle singole forme grafiche rappresenta il “peso” che tale espressione ricopre all’interno del testo. Va da sé che maggiore sarà il C.a e maggiore sarà la significatività di tale parola in relazione al testo e rispetto al gruppo collocato vicino (nel grafico a dispersione) a tale forma grafica.

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Le forme grafiche sono state disposte sulla tabella in relazione ai fattori (es. F1 e F2) e nel fattore sul semiasse + o – in base alla positività o negatività delle coordinate che identificano la parola sul grafico e successivamente proiettate appunto sul grafico a dispersione e commentate.

Per una maggiore facilità nella lettura del grafico a dispersione si definiscono qui di seguito alcuni punti chiave per la comprensione della terminologia utilizzata e dei risultati ottenuti :

- si definiscono “forme grafiche” le parole o termini (cioè insiemi di lettere dotate di senso);

- si definiscono “segmenti” le forme grafiche formate da più parole unite dal segno “-“;

Ad esempio “incidenti-stradali” e che vengono unite per “necessità” in quanto in questo modo il programma SPADT riconosce il segmento come un’unica forma grafica.

- si definiscono “arcipelaghi” o “aree semantiche” insiemi di parole che proiettate sul grafico appaiono come una nuvola più o meno densa visivamente distinguibile da altre forme grafiche;

- infine si ricorda come maggiore è il C.a della forma grafica o del segmento o del repertorio discorsivo, e maggiore sarà la significatività di tale contributo nel testo.

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3.4.2 L’ELABORAZIONE DEI DATI NUMERICI

La seconda parte dell’analisi, riguardante i dati quantitativi ricavati dai differenziali semantici è stata effettuata mediante il pacchetto statistico SPSS.

L’obbiettivo era confrontare i punteggi medi delle risposte alle scale dei differenziali dati dai gruppi di soggetti suddivisi in base alle variabili di età e di nazionalità e quindi : “giovani italiani”, “adulti italiani”, “giovani finlandesi” e

“adulti finlandesi”.

Come prima cosa si sono calcolati i punteggi medi di ogni gruppo. Si sono poi confrontati mediante la creazione di grafici a linee in EXEL.

Si è poi passati al calcolo in SPSS delle differenze significative in ogni confronto di medie mediante la statistica t di Student. Sono stati considerati tre livelli di significatività: p ≤ 0.05; p ≤ 0.01; p ≤ 0.001.

In questo modo si sono potute rilevare le differenze tra i punteggi medi e valutare quale tra i confronti fatti sia quello con più o meno differenze.

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54 CAPITOLO QUARTO: I RISULTATI

4.1 ASSOCIAZIONI LIBERE: ANALISI DELLE CORRISPONDENZE I termini ottenuti mediante il compito di associazioni libere sono stati 3969 con una media di 497 per espressione stimolo.

4.1.2 USO MODERATO DELLE BEVANDE ALCOLICHE

• uso moderato di vino

In questo caso sono stati forniti 490 termini di cui 180 distinti. Nella tabella 7a sono riportati i termini con le maggiori frequenze.

Tabella 7a

Termine Frequenza

cena 23 allegria 21 buono 20 ristorante 20 amici 17 compagnia 16 giusto 13 pasto 12 rosso 12 romantico 10 bello 10 piacevole 9 gustoso 8

Nell’ analisi (APLUM svolta a partire da una matrice 4 x 47 ) i primi due fattori (F1 e F2) coprono l’85,35% dell’ inerzia totale.

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Prevalenza di consumatori di alcol a maggior rischio in Italia per caratteristiche sociodemografiche.. Dati

consumo abituale elevato: per gli uomini, più di 2 UA medie giornaliere, corrispondenti a più di 60 unità alcoliche negli ultimi 30 giorni, e per le donne, più di 1 unità

Il report presentato di recente dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo di alcol negli adolescenti europei nel periodo 2002-2014 mostra una sostanziale riduzione

Precisiamo innanzitutto che la dicitura Alcool 12%Vol, riportata in etichetta, sta ad indicare che il volume di alcol etilico contenuto in 100ml di vino è pari