N. _____/____ REG.PROV.COLL.
N. 13577/2019 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13577 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Rai-Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini, Marco Petitto, Riccardo De Vergottini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di ad adiuvandum:
Rai Pubblicità S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ferraro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via
Pubblicato il 25/01/2021 00945 2021
Vincenzo Bellini 24;
ad opponendum:
Mediaset S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Previti, Giuseppe Rossi, Carlo Edoardo Cazzato, Antonio Catricalà con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
della nota prot. 14/19/DCA – 2733/LF del 2 agosto 2019, trasmessa a mezzo PEC in pari data, con cui la Direzione contenuti audiovisivi dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha avviato nei confronti di RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. un'istruttoria finalizzata all'accertamento della inosservanza degli obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo derivanti dall'articolo 25 del Contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per il periodo 2018-2022.
nonchè per quanto occorrer possa:
- degli esiti, non conosciuti, dell'istruttoria di cui alla delibera n. 42/19/CONS, approvati dal Consiglio dell'Autorità nella seduta del 23 luglio 2019;
- della nota a firma del responsabile del procedimento del 12 settembre 2019 con cui è stato chiesto a Rai di fornire informazioni e documentazione utile all'istruttoria.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da RAI-RADIOTELEVISIONE ITALIANA SPA il 16.3.2020:
della delibera n. 61/20/CONS, adottata dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nella riunione del Consiglio del 13 febbraio 2020 e comunicata alla ricorrente in data 20 febbraio 2020, con la quale l'Autorità ha concluso il procedimento n. 14/19/DCA – 2733/LF avviato nei confronti di Rai- Radiotelevisione Italiana S.p.A.;
nonchè
per quanto occorrer possa, della delibera n. 60/20/CONS, adottata dall'AGCOM nella riunione del Consiglio del 13 febbraio 2020 e comunicata alla ricorrente in data 20 febbraio 2020, nella parte in cui afferma che “la società Rai ha inteso avvalersi della facoltà, prevista dall'art. 16 della legge n. 689/81 e richiamata nell'atto di contestazione, di concludere il procedimento senza contestare la fondatezza dell'accertamento e pagando una sanzione la cui entità è predeterminata dalla legge”.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Rai-Radiotelevisione Italiana Spa il 14.7.2020:
per l’annullamento:
- della delibera n. 61/20/CONS, adottata dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito “Autorità” o “AGCOM”) nella riunione del Consiglio del 13 febbraio 2020 e comunicata alla ricorrente in data 20 febbraio 2020;
- degli esiti dell'istruttoria di cui alla delibera n. 42/19/CONS, approvati dal Consiglio dell'Autorità nella seduta del 23 luglio 2019 e comunicati alla ricorrente in data 9 giugno 2020;
-della delibera 150/20/CONS, notificata a Rai in data 15 aprile 2020, tramite cui l'Autorità ha disposto il ‘differimento' del termine di esecuzione degli adempimenti prescritti nel dispositivo della delibera n. 61/20/CONS fino al 15 giugno 2020;
nonché:
- della nota prot. 14/19/DCA – 2733/LF del 2 agosto 2019;
- della delibera del Consiglio dell'Autorità nella seduta del 23 luglio 2019 con cui è stato disposto l'avvio di un procedimento nei confronti di RAI ai sensi dell'articolo 48 del TUSMAR dopo aver esaminato gli esiti della verifica degli obblighi specifici di servizio pubblico di cui all'articolo 25, comma 1, lett. r) e s) del Contratto di servizio 2018-2022 di cui alla delibera n. 42/19/CONS, (doc. 2);
- della nota a firma del responsabile del procedimento del 12 settembre 2019 con cui è stato chiesto a Rai di fornire informazioni e documentazione utile all'istruttoria;
- della delibera n. 60/20/CONS, adottata dall'AGCOM nella riunione del Consiglio del 13 febbraio 2020 e comunicata alla ricorrente in data 20 febbraio 2020, nella parte in cui afferma che “la società Rai ha inteso avvalersi della facoltà, prevista dall'art. 16 della legge n. 689/81 e richiamata nell'atto di contestazione, di concludere il procedimento senza contestare la fondatezza dell'accertamento e pagando una sanzione la cui entità è predeterminata dalla legge”.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Mediaset S.p.A., dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e di Rai Pubblicità S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2020, tenutasi tramite collegamento da remoto, il dott. Luca De Gennaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo la Rai-Radiotelevisione Italiana spa (d’ora innanzi, RAI), concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo, impugnava la nota prot. 14/19/DCA – 2733/LF del 2 agosto 2019, con cui l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito Autorità – Agcom), ha avviato nei suoi confronti un’istruttoria finalizzata all’accertamento dell’inosservanza degli obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo derivanti dall’articolo 25 del Contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI per il periodo 2018-2022.
1.1 Con delibera n. 61/20/CONS, del 13 febbraio 2020 l’Autorità concludendo il detto procedimento n. 14/19/DCA-2733/LF riscontrava il mancato rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione di cui all’art. 25, comma 1, lett. s),
punto iii) del Contratto di servizio pubblico 2018/2022; in applicazione dell’art. 48, d.lgs. 177/05, l’Autorità quindi:
- accertava la violazione da parte di RAI dell’art. 25, comma 1, lett. s), n. iii) del contratto di servizio, a tenore del quale RAI “è tenuta a garantire la conclusione di contratti di diffusione pubblicitaria sulla base di principi di concorrenza, trasparenza e non discriminazione al fine di garantire un corretto assetto di mercato”; in particolare, l’Autorità contestava che “i listini pubblicitari diffusi dal gruppo RAI non hanno alcuna rispondenza con i prezzi effettivamente praticati”.
Questi ultimi costituiscono il risultato di “modalità di determinazione non conoscibili”, che variano in maniera apparentemente arbitraria tra cliente e cliente;
- ordinava l’eliminazione dell’infrazione, ai sensi dell’art. 48, comma 7, d.lgs.
177/05, attraverso la cessazione immediata di “comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata, assicurando il rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza nella conclusione dei contratti di diffusione pubblicitaria”;
- imponeva a RAI una serie di adempimenti volti ad assicurare all’Autorità adeguati strumenti di verifica del “corretto utilizzo delle risorse pubbliche destinate al finanziamento delle attività e della programmazione di servizio pubblico”.
2. Con motivi aggiunti in data 16 marzo 2020 la Rai impugnava la delibera deducendo:
- violazione delle norme costituzionali ed euro-unitarie a presidio delle libertà di iniziativa economica di mercato e concorrenza (art. 41 e 117, comma 2, lett. e), Cost., artt. 14, 106, par. 1, 119 TFUE, e 16 della Carta dei diritti fondamentali UE).
Violazione dell’articolo 48 d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177;
- violazione dell’articolo 1 della legge 31 luglio 1997 n. 249. Violazione dell’articolo 48 d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 del “Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni” (Allegato A alla Delibera n. 410/14/CONS modificato dall’Allegato A della Delibera n. 529/14/CONS e dall’Allegato A alla Delibera n. 581/15/CONS).
Violazione della delibera n. 401/10/CONS s.m.i. recante ‘Disciplina dei tempi dei procedimenti’. Eccesso di potere. Sviamento di potere. Violazione dell’articolo 97 Cost;
- violazione dell’articolo 14 della legge n. 689/1981. Violazione dell’articolo 5 del Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni di cui alla delibera n. 581/15/CONS s.m.i., Violazione del principio della contestazione della violazione. Violazione degli articoli 24 e 97 Cost. Violazione del diritto di difesa e del contraddittorio procedimentale. Violazione dei principi di trasparenza, di partecipazione e del contraddittorio di cui all’art. 28 del “Regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le Garanzie e le Comunicazioni” di cui alla Delibera n. 405/17/CONS;
- violazione e falsa applicazione dell’articolo 48 del d.lgs. 177/2005. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 25 del Contratto di servizio. Violazione del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
Violazione dell’articolo 97 Cost. Eccesso di potere. Carenza di istruttoria. Carenza di motivazione. Contraddittorietà ed illogicità manifesta.
- violazione e falsa applicazione dell’articolo 48 del D.Lgs. n. 177/2005. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 Legge n. 241/1990. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per carenza istruttoria. Contraddittorietà ed illogicità manifesta;
- violazione dell’articolo 48 d.lgs. 177/2005 sotto diverso profilo. Carenza di potere. Incompetenza ed eccesso di potere per carenza di istruttoria;
- violazione e falsa applicazione dell’articolo 25, comma 1, lettera s), punto iii) del Contratto di servizio. Incompetenza. Carenza assoluta di potere. Violazione dell’articolo 48 del D.Lgs. n. 177/2005. Violazione dell’articolo 1 della legge 31 luglio 1997 n. 241.
Si costituiva in giudizio l’Autorità garante, tramite l’Avvocatura dello Stato, per resistere all’accoglimento del ricorso.
Interveniva in giudizio Mediaset spa, quale operatore privato concorrente con Rai, per opporsi all’accoglimento del ricorso.
Interveniva ad adiuvandum Rai Pubblicità Spa, società interamente controllata dalla ricorrente e incaricata della raccolta pubblicitaria per conto di questa.
3. Con ordinanza 3180/2020 del 24.4.2020 questo Tribunale accoglieva la domanda cautelare in ragione della generale incertezza degli “scenari economici d’interesse del presente giudizio” e dell’eccezionale situazione sanitaria di natura pandemica;
l’ordinanza veniva riformata in appello (ordinanza del 4.8.2020 n. 4635) considerata l’irrilevanza dell’incertezza dei profili economici rispetto alla questione dei limiti pubblicitari (di natura qualitativa e quantitativa) gravanti sul concessionario.
4. Con ulteriori motivi aggiunti depositati il 14.7.2020 venivano articolate ulteriore censure avverso gli atti indicati in epigrafe e segnatamente:
- violazione dei principi di trasparenza, di partecipazione e del contraddittorio di cui all’articolo 28 del “Regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le Garanzie e le Comunicazioni” di cui alla Delibera n. 405/17/CONS. Violazione degli articoli 24 e 97 Cost. Violazione dell’articolo 14 della legge n. 689/1981. Violazione dell’articolo 5 del Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni di cui alla delibera n.
581/15/CONS s.m.i.;
- violazione delle norme costituzionali ed euro-unitarie a presidio delle libertà di iniziativa economica di mercato e concorrenza (art. 41 e 117, comma 2, lett. e), Cost., artt. 14, 106, par. 1, 119 TFUE, e 16 della Carta dei diritti fondamentali UE).
Violazione dell’articolo 48 d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177. Violazione del principio di non aggravamento del procedimento;
- violazione e falsa applicazione dell’articolo 48 del decreto legislativo 177/2005.
Violazione e falsa applicazione dell’articolo 25 del Contratto di servizio.
Violazione dell’articolo 3 della legge n. 241/990. Violazione del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. Violazione dell’articolo
97 Cost. Eccesso di potere. Carenza di istruttoria. Carenza di motivazione.
Contraddittorietà ed illogicità manifesta;
- Violazione dell’articolo 48 decreto legislativo n. 177/2005 sotto diverso profilo.
Carenza di potere. Incompetenza ed eccesso di potere per carenza di istruttoria.
5. All’udienza pubblica del 9 dicembre 2020 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Il gravame non può essere accolto.
6. Il ricorso principale, proposto avverso l’atto di avvio dell’istruttoria, è inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.
In accoglimento dell’eccezione proposta dalle parti resistenti, il Collegio, in linea con l’orientamento consolidato, evidenzia che l’atto impugnato in via principale, da qualificarsi come mera comunicazione di avvio del procedimento, risulta privo di autonoma capacità lesiva; la sua adozione non determina infatti alcuna lesione attuale ed effettiva della sfera giuridica soggettiva della società ricorrente, lesione necessaria per l’individuazione di un interesse a impugnare, concretizzatosi solo con la conclusione del procedimento sanzionatorio.
Ne consegue l’eccepita inammissibilità per carenza di interesse a ricorrere.
6. I primi motivi aggiunti, depositati il 16.3.2020 e proposti avverso la richiamata delibera n. 61/20/CONS, del 13 febbraio 2020 di conclusione del procedimento, sono infondati.
6.1 Non ha pregio il primo motivo volto a contestare, su di un piano generale, la compressione della libertà di iniziativa economica della RAI derivante dal provvedimento in esame.
E’ infatti necessario ricordare che la società ricorrente è concessionaria pubblica del servizio radiotelevisivo e, come tale, onerata di specifici obblighi, indicati nel contratto di servizio, e sostenuta da risorse di origine pubblica, provenienti dal canone radiotelevisivo.
Le limitazioni imposte dall’Autorità, come esposto di seguito, trovano fondamento
in norme dell’ordinamento che giustificano un trattamento distinto da quello di un operatore privato, trattamento che impone un caratteristico ruolo, con connesse restrizioni, anche nel mercato della raccolta pubblicitaria, e che mira ad evitare che le risorse pubbliche di cui il concessionario dispone - tramite il beneficio del canone televisivo - comportino una distorsione nel relativo settore concorrenziale.
Già infatti nel quadro del diritto europeo il servizio pubblico televisivo, in quanto sostenuto anche da risorse pubbliche, deve ritenersi vincolato al perseguimento di interessi collettivi e svolgersi anche, per la componente commerciale, senza turbare in misura indebita l’andamento degli operatori privati e il libero gioco della concorrenza (in argomento Comunicazioni della Commissione europea relative alle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione - 2001/C 320/04;
2009/C 257/01 - e Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 2007 sull'ampliamento della missione del servizio pubblico radiotelevisivo nella società dell'informazione - 2007/3).
Nel quadro dell’ordinamento nazionale spetta dunque ad Agcom, quale Autorità di settore, (art. 48 D.lgs. 177/2005) verificare il rispetto degli obblighi del concessionario pubblico, obblighi stabiliti dalle disposizioni di legge e dal contratto di servizio sulla base dell’assunto che un controllo pubblico “forte” costituisca un presidio del servizio pubblico radiotelevisivo in quanto volto “a garantire, a monte ed in chiave di prevenzione generale, il mantenimento dei parametri di qualità, nonché di correttezza e continenza, del servizio, e dotato pertanto di sufficiente portata dissuasiva da realizzarsi, a valle, mediante l'effettiva inflizione delle sanzioni” (in questi termini cfr. questa Sezione n. 821/2018).
Nel caso di specie l’attività di controllo è mirata alla verifica di uno specifico adempimento previsto dal contratto di servizio 2018-2022 (art. 25, comma 1, lett.
s), il quale, relativamente alla pubblicità, dispone che la Rai è tenuta a garantire “la conclusione di contratti di diffusione pubblicitaria sulla base di principi di concorrenza, trasparenza e non discriminazione al fine di garantire un corretto assetto di mercato. Le competenti autorità di settore, anche sulla base dei dati
forniti dalla Rai relativi ai prezzi di vendita degli spazi pubblicitari effettivamente praticati al netto degli sconti applicati rispetto ai listini di vendita, verificano annualmente il rispetto dei suddetti principi”.
L’oggetto dell’indagine svolta dall’Autorità non costituisce dunque un’indebita compressione della libertà di iniziativa imprenditoriale in capo alla società ricorrente avendo di mira che, in ragione dello svolgimento di compiti di verifica espressamente previsti dal contratto di servizio, l’attività di raccolta pubblicitaria sia effettuata secondo i principi e i limiti che caratterizzano lo statuto della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
6.2 Con il secondo motivo Rai deduce poi che l’Autorità avrebbe tenuto un comportamento non imparziale in quanto volto - più che a controllare il rispetto del D.lgs. 31 luglio 2005 n. 177 e del Contratto di servizio - ad incidere sulla politica commerciale e sull’operatività della Concessionaria, aprendo plurimi procedimenti istruttori e superando (art. 6, comma 1 Regolamento AGCOM in materia di sanzioni amministrative) il termine per l’adozione del provvedimento finale pari a 150 giorni decorrenti dalla data di notificazione dell’atto di contestazione.
Il motivo non ha pregio.
Come già evidenziato l’esercizio del controllo corrisponde alle prerogative che l’ordinamento assegna all’Autorità in tema di servizio pubblico radiotelevisivo;
l’avvio di più procedimenti istruttori non appare poi inquadrabile in un atteggiamento persecutorio corrispondendo piuttosto alla necessità dell’Amministrazione di esercitare la propria prerogativa a fronte del rischio di prassi scarsamente trasparenti e collaborative; di per sé dunque lo svolgimento di più procedimenti non incide sulla legittimità della delibera impugnata in questa sede.
Quanto al superamento del termine procedimentale, va rilevato che, per quanto concerne la sequenza di atti che ha condotto alla delibera contestata, il procedimento risulta sospeso con la richiesta di informazioni, ai sensi del vigente
Regolamento sanzioni (art. 7), avanzata il 12 settembre 2019 (richiesta di supplemento istruttorio da parte Agcom) avente ad oggetto la documentazione inerente “le proposte effettivamente inviate alla clientela” comprensiva anche di ulteriori informazioni (indicazioni agente, nome del cliente, rete, durata del messaggio, ora indicativa di messa in onda, soggetto, tariffa applicabile da listino, e prezzo lordo e netto).
Tale documentazione, come viene dato atto nella delibera finale, non è stata prodotta neanche il 21 ottobre al momento della presentazione della memoria procedimentale della RAI; solo a fronte di ulteriore contestazione (proc. n.
27/19/DCA) la Rai in data 22 gennaio 2020 (prot. n. 29130) ha prodotto ulteriore documentazione, peraltro non ritenuta “rispondente alle esigenze istruttorie prospettate”; su richiesta di RAI si è tenuta un’ulteriore audizione in data 29 gennaio 2020 sulle caratteristiche del mercato pubblicitario; considerate dunque le esigenze istruttorie emerge nel corso del procedimento (solo parzialmente soddisfatte dal concessionario), e in ragione della relativa sospensione temporale, il procedimento risulta essere stato concluso entro il termine stabilito in via regolamentare, in quanto prorogato dalla necessità di supplemento documentale e dalla mancata collaborazione della società.
6.3 Con il terzo motivo si deduce che il presente procedimento prenderebbe le mosse dalle risultanze istruttorie del precedente procedimento avviato con la delibera n. 42/19/CONS, il cui esito non sarebbe stato tempestivamente esternato.
Il motivo non ha fondamento.
La circostanza che la presente contestazione si fondi su altro procedimento appare una petizione di principio che non trova riscontro negli atti del giudizio ove risulta che la contestata delibera n. 61/20/CONS del 13.2.2020 poggia su di un autonomo accertamento frutto di un serrato confronto con l’azienda ricorrente, convocata in audizione e come visto interpellata più volte per esigenze istruttorie.
Non può quindi essere ragionevolmente lamentato un difetto di contradditorio all’interno del procedimento.
6.4 Con il quarto motivo aggiunto, RAI sostiene la carenza di elementi probatori a supporto della delibera; viene inoltre segnalata la genericità dell’articolo 9 della Convenzione, richiamato in premessa, e dell’art. 25 del Contratto di servizio, i quali non consentirebbero di individuare una specifica condotta che possa tradursi in una violazione dei principi di trasparenza o non discriminazione.
La censura non ha pregio.
È in primo luogo fuorviante la ricostruzione della fattispecie effettuata dalla ricorrente.
Oggetto principale della contestazione non è l’accertata discriminazione della clientela nel settore della raccolta pubblicitaria ma, a monte, l’opacità delle pratiche commerciali e tariffarie messe in atto da Rai, opacità che non pone peraltro in condizione l’Autorità di svolgere pienamente la propria missione istituzionale.
L’operatività della Rai nel mercato pubblicitario appare caratterizzata da un flusso informativo carente in quanto l’accertata pratica da parte della ricorrente di applicare ingenti sconti sulla raccolta pubblicitaria rispetto ai prezzi di listino (“di entità considerevolmente superiore (in media di quasi 18 punti percentuali) rispetto al principale concorrente, c.d. “sconti trattativa” che si sommano allo sconto di agenzia, pari al 15%, rimesso dal contratto vigente tra Rai e Rai Pubblicità”) espone al rischio che sia favorita “la pratica di strategie non trasparenti e potenzialmente discriminatorie, essendo emerso che i prezzi effettivi sono negoziati da Rai indipendentemente dalle tariffe di listino e sulla base dello “storico cliente”, consistente in un tasso di sconto azienda, che negli anni si consolida o eventualmente incrementa, indipendentemente da quello applicato a situazioni comparabili”.
Viene dunque vanificata “l’attività di analisi e valutazione delle dinamiche di formazione dei prezzi” in quanto risulta “l’impossibilità di ricondurre a parametri certi e trasparenti la costruzione dei prezzi di listino e di quelli effettivi”, operazioni che il concessionario è tenuto a consentire in virtù delle previsioni sopra
richiamate.
Oggetto dunque principale della contestazione è la mancanza di un quadro informativo e tariffario chiaro e stabile, difetto che costituisce la premesse fattuale per lo svolgimento dei compiti di vigilanza da svolgersi “sulla base dei dati forniti dalla Rai relativi ai prezzi di vendita degli spazi pubblicitari effettivamente praticati” (art. 25 contratto di servizio cit.)
La delibera 61/20/CONS individua poi specifiche condotte della RAI, incompatibili con il contratto di servizio, elencate in modo puntuale alle pagg. 12 – 13 della delibera stessa, tra cui la fissazione di prezzi teorici troppo elevati, l’utilizzo di un software proprietario (Kubik) scarsamente trasparente all’esterno, l’applicazione sistematica di sconti ingenti, la mancanza di parametri tariffari univoci e chiari.
Peraltro nel corso del procedimento tale mancanza di trasparenza viene confermato in quanto, come già esposto:
- la documentazione prodotta dalla Rai in data 21 ottobre 2019 è stata ritenuta dagli uffici non conforme alla richiesta di informazioni formulata in data 12 settembre in quanto ad essa non rispondente: pertanto, in data 9 dicembre 2019 (prot. n. 530333) è stato notificato alla Rai un atto di contestazione (proc. n. 27/19/DCA) ai sensi dell’art. 1, comma 30, della legge 31 luglio 1997, n. 249, per non aver provveduto, nei termini e con le modalità prescritti, alla comunicazione dei documenti, dei dati e delle notizie richiesti dall’Autorità (procedimento archiviato per intervenuta oblazione con la delibera 60/20/CONS indicata in epigrafe);
- la documentazione prodotta da Rai in data 22 gennaio 2020 (prot. n. 29130), come pure illustrata nel corso dell’audizione del 29 gennaio 2020, non risponde a quanto originariamente richiesto; come evidenziato dall’Autorità, il campione prodotto non consente di comparare i prezzi, e relativi sconti, di più investitori nei giorni indicati, nelle medesime fasce orarie e rubriche; inoltre, riportando valori incongruenti tra i prezzi di listino di riferimento e i relativi prezzi effettivi applicati, non fornisce garanzia di rispondenza alle pratiche commerciali attuate dalla concessionaria alla vendita di spazi pubblicitari.
L’elencazione di tali pratiche appare sufficientemente determinata e porta, in sintesi, l’Autorità a ritenere che “i listini pubblicitari diffusi dal gruppo RAI non hanno alcuna rispondenza con i prezzi effettivamente praticati”. Questi ultimi costituiscono il risultato di “modalità di determinazione non conoscibili”, che variano in maniera apparentemente arbitraria tra cliente e cliente.
Va quindi esclusa una carente individuazione dei comportamenti contestati.
L’imposizione di un meccanismo di comunicazione di dati e informazioni, corrisponde poi pienamente agli oneri che gravano sul concessionario e ai poteri, anche in materia di vigilanza informativa, di prerogativa dell’AGCOM (art. 48, comma 3, D.lgs. 177/2005 “l'Autorità può in ogni fase dell'istruttoria richiedere alle imprese, enti o persone che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti utili ai fini dell'istruttoria; disporre ispezioni al fine di controllare i documenti aziendali e di prenderne copia, anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello Stato; disporre perizie e analisi economiche e statistiche, nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria”).
Alla luce di tale situazione appare legittima la richiesta dell’Autorità di ottenere un quadro informativo sia nei confronti degli operatori, al fine di assicurare a monte la parità di trattamento (“una proposta di listino che dia ragionevole evidenza delle modalità di costruzione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari e delle riduzioni di prezzo (c.d. sconti) effettivamente praticati nel rispetto del vincolo di destinazione del canone al servizio pubblico”), sia nei confronti dell’Autorità al fine di garantire l’effettività dei poteri di controllo normativamente previsti (“uno schema di relazione, da inviare periodicamente all’Autorità, sugli spazi pubblicitari venduti che indichi i prezzi originari di listino e i relativi ricavi teorici “a prezzo pieno”, lo sconto massimo applicabile e i corrispondenti ricavi effettivi conseguiti”) sia nei confronti delle strutture interne al fine di assicurare l’instaurarsi di pratiche conformi ai principi giuridici applicabili (“individuare misure e formulare proposte,
anche di natura organizzativa, finalizzate a garantire che le strategie commerciali adottate nella raccolta delle risorse pubblicitarie non risultino di pregiudizio al migliore svolgimento dei pubblici servizi concessi e concorrano alla equilibrata gestione aziendale”).
6.5 Con il quinto motivo si deduce l’assenza di motivazione (e di supporto probatorio) in ordine alla presunta violazione del principio di non discriminazione.
Il motivo non ha pregio.
Come già evidenziato l’intervento dell’AGCOM non ha come presupposto l’accertamento di una precisa condotta discriminatoria, ma piuttosto il mancato assolvimento degli obblighi di trasparenza tariffaria (che come riconosce la ricorrente “sono frutto di negoziazione e risultato di una procedura complessa che dipende dall’interazione di una molteplicità di fattori”). E’ proprio l’assenza di adeguata trasparenza su questo piano che costituisce una fonte di pericolo per la parità di trattamento e una causa di possibili atteggiamenti discriminatori.
La delibera risulta dunque già compiutamente motivata sulla base dell’accertata inadeguatezza della prassi tariffaria messa in atto in un quadro informativo carente e foriero di comportamenti opportunistici o arbitrari.
6.6. Con il sesto motivo di impugnativa ci si duole che l’Autorità non avrebbe il potere di diffida di cessare “immediatamente comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione” e in particolare di “individuare misure e formulare proposte, anche di natura organizzativa” volte a garantire che la raccolta delle risorse pubblicitarie non sia di pregiudizio “al migliore svolgimento dei pubblici servizi concessi e concorrano alla equilibrata gestione aziendale”.
Il motivo è infondato.
Le prescrizioni indicate, rappresentate dalla formazione di un nuova proposta di listino, dall’imposizione di una relazione periodica e dall’individuazione di un’adeguata organizzazione interna, sono accompagnate dalla fissazione di un termine di trenta giorni conforme al dettato di legge (art. 48, comma 7 D.lgs.
177/2005: “se a seguito dell’istruttoria, l’Autorità ravvisa infrazioni agli obblighi di
cui al comma 1, fissa alla Società concessionaria il termine, comunque non superiore a trenta giorni, per l’eliminazione delle interferenze”).
Peraltro il contenuto della delibera individua correttamente un punto di equilibrio tra autonomia d’impresa e obblighi dell’esercente del servizio pubblico radiotelevisivo pur a fronte delle censure di aver, da una parte, dato luogo ad un’eccessiva ingerenza nelle scelte aziendali e dall’altra di non aver individuato le specifiche criticità operative da rimuovere; spetta infatti alla ricorrente, su ordine dell’Autorità, individuare le criticità esistenti apprestando un intervento, incidente - come visto - sia sul piano informativo che su quello organizzativo, che consenta di garantire la trasparenza delle condizioni applicate alla clientela, trasparenza che costituisce la prima condizione per impedire trattamenti discriminatori o abusivi.
Non può poi la ricorrente lamentare il rischio che i propri concorrenti conoscano in anticipo informazioni sensibili della politica commerciale di RAI; le misure infatti imposte ribadiscono gli obblighi informativi nei confronti dell’Autorità, come previsti dal contratto di servizio, e non nei confronti dei diretti concorrenti. La trasparenza tariffaria richiesta dunque non esclude che all’azienda siano concessi i dovuti ambiti di riservatezza nei limiti in cui questi ambiti non impediscono il rispetto del principio di trasparenza tariffaria, attinente allo svolgimento del servizio pubblico radiotelevisivo.
6.7 Con il settimo motivo si deduce che le richieste contenute nella delibera imporrebbero un monitoraggio continuativo e non più annuale, come invece sarebbe previsto dal Contratto di servizio.
La censura non ha pregio.
Occorre distinguere la verifica che deve essere effettuata, come indicato nel contratto di servizio, (almeno) su base annuale dall’esercizio del potere di controllo, che per sua stessa natura, necessita di un flusso costante di dati e informazioni e che la concessionaria è tenuta a fornire in base all’ordinamento di settore.
La periodicità annuale dunque del controllo non esclude dunque che la Rai sia tenuta sulla base di richieste dell’Autorità a dare conto, su base periodica più breve, della propria operatività nell’ambito dei poteri vigilanza, come sopra riportati.
7. I motivi aggiunti, depositati il 14.7.2020, sono ugualmente infondati.
I motivi, per la parte in cui contengono diffuse considerazioni già svolte nelle precedenti impugnative, sono infondati per le ragioni appena esposte, a cui si rinvia.
Va inoltre osservato quanto segue.
Non ha pregio la doglianza in base alla quale non vi sarebbe stato un adeguato contraddittorio procedimentale, le cui deficienze avrebbero impedito alla ricorrente di esercitare pienamente il diritto alla difesa; i termini della contestazione risultano infatti chiaramente dall’avvio del procedimento sanzionatorio e le ampie interlocuzioni tra ricorrente e Autorità hanno consentito di chiarire in maniera inequivoca l’ampiezza del tema oggetto della procedura; risulta dunque ininfluente la mancata esibizione integrale da parte dell’Amministrazione delle risultanze istruttorie del procedimento di cui alla delibera n. 42/19/CONS, avvenuta solo il 9 giugno 2020 in ragione dell’ordinanza di questo Tribunale n. 2764/2020, posto che la mancata disponibilità delle informazioni ivi contenute non risulta avere influito sulla regolarità del contraddittorio.
Non hanno poi pertinenza gli ampi riferimenti sull’ampiezza degli sconti tariffari praticati dalla Rai rispetto agli operatori privati concorrenti nella raccolta pubblicitaria.
Come già esposto, l’oggetto dell’intervento dell’Autorità non risiede in una puntuale contestazione del prezzo praticato ma nell’opacità delle politiche tariffarie;
tale opacità impedisce l’accesso a dati e informazioni che l’organo di vigilanza ha, per espressa disposizione normativa, titolo ad avere e impedisce alla clientela una sufficiente rappresentazione dei costi applicati, rappresentando dunque già di per sé una violazione della normativa incombente sul concessionario.
Non può peraltro la ricorrente realmente dolersi della possibilità che, con
l’adempimento delle prescrizioni imposte dall’Autorità, vengano rese pubbliche le proprie strategie commerciali; tali prescrizioni, pur non impedendo ineludibili margini di libertà operativa anche attraverso l’applicazione di riduzioni e sconti, costituiscono il corollario di oneri che per le ragioni già viste incombono sul concessionario radiotelevisivo; le informazioni richieste volte a fornire all’Autorità, quale entità pubblica, “evidenza delle misure adottate” hanno evidentemente natura riservata, siccome presidiate dal dovere di segretezza ex art. 48, comma 3 e 4, D.lgs. 177/2005.
Non è poi ravvisabile la genericità dei comportamenti imposti alla Rai in base alla delibera n. 61/20/CONS in quanto è la stessa delibera che in maniera chiara e dettagliata evidenzia i comportamenti idonei a ripristinare il pieno rispetto del contratto di servizio (come già visto, proposta di listino, relazione periodica, misure organizzative, nelle modalità e nei termini sopra ampiamente riportati).
Va poi escluso che l’intervento dell’Autorità avrebbe dovuto essere preceduto da una concertazione tra RAI e Ministero concedente in sede di Commissione paritetica di cui all’articolo 22 del Contratto di servizio, organo istituito con il compito di definire le più efficaci modalità operative di applicazione del contratto di servizio.
I poteri di vigilanza sul rispetto degli obblighi del concessionario radiotelevisivo competono infatti in via esclusiva all’Autorità la quale può svolgerli in maniera indipendente da accordi che intercorrano tra la società concessionaria e la parte pubblica tenuto anche conto che la delibera della richiamata Commissione paritetica sull’argomento è atto privo di efficacia provvedimentale, in quanto proveniente da organo ausiliario dell’amministrazione (in termini Cons. Stato n.
4336/2013).
8. In conclusione il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, deve essere respinto, in quanto in parte inammissibile e in parte infondato.
8.1. Sussistono giusti motivi, data la complessità e la novità delle questioni trattate,
per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando:
- dichiara inammissibile il ricorso principale;
- respinge i motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2020 con l'intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente
Luca De Gennaro, Consigliere, Estensore Paola Patatini, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca De Gennaro Giampiero Lo Presti
IL SEGRETARIO