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Non solo uno stretto controllo della glicemia, ma anche

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DIABETE e

MALATTIE CARDIOVASCOLARI

SID F. SIC ALLEATE PER UNA PRESA IN CARICO CONDIVISA DEL PAZIENTE

Il recente documento congiunto della Società italiana di cardiologia e Società italiana di diabetologia mette a fuoco un tema centrale nella gestione delle cronicità più diffuse nella popolazione ovvero diabete e patologia cardiovascolare

A cura della redazione (Folto Claudi) DIABETE E MALATTIA CARDIOVASCOLARE:

UNA STIMA DEL RISCHIO

N

on solo uno stretto controllo della glicemia, ma an- che dei principali fattori di rischio cardiovascolare:

una gestione a 360 gradi del paziente diabetico è prioritaria al fine di contrastare le complicanze micro- e macrovascolari della patologia diabetica e ridurre morbilità e mortalità associate. È questo il messaggio che la Società italiana di cardiologia (SIC) e la Società italiana di diabetologia (SID) intendono diffondere con la pubblicazione di una serie di raccomandazioni che mirano a sensibilizzare il clinico sull'importanza di un percorso di cura multidisciplinare nel paziente affetto da diabete. Il documento condiviso SIC- SID alla cui stesura hanno preso parte alcuni tra i maggiori specialisti italiani (riquadro) è stato pubblicato alla fine dello scorso anno e offre un aggiornamento puntuale sullo screening e la valutazione del rischio e una trattazione esaustiva dei dati della letteratura internazionale sulle terapie attualmente disponibili e sulla possibilità di utilizzare i diversi trattamenti nel paziente diabetico per controllare il rischio CV. La necessità di questa pubblicazione nasce dal fatto che i determinanti del rischio CV sono spesso trascurati e dunque sottotrattati. Per esempio nella maggior parte della popolazione con diabete, l'ipertensione non è sotto controllo e i pazienti sono ben lontani dai target pressori raccomandati. Il rischio CV come noto si concretizza precocemente: la patologia microvascolare infatti inizia ben prima della diagnosi di diabete.

Nelle pagine che seguono ripercorriamo gli aspetti salienti del documento, la cui versione integrale in formato pdf è disponibile sul sito www.siditalia.it/clinica/linee-guida-societari

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I MEDICO e PAZIENTE 4.2021

Insulino-resistenza (IR), iperinsulinemia ed elevati livelli pla- smatici di glucosio sono i tre fattori che definiscono il diabete di tipo 2. Allo sviluppo progressivo di questa condizione si associa spesso la malattia cardiovascolare, caratterizzata a sua volta da: disfunzione endoteliale precoce, infiammazio- ne vascolare, formazione di foam cell e strie lipidiche e in ultimo di placche aterosclerotiche. Queste determinano un aumentato rischio di trombosi, occlusiva o non occlusiva, per effetto di un'instabilità dovuta allo stato infiammatorio che grava sul sistema cardiovascolare.

La stretta correlazione tra diabete mellito e malattia cardio- vascolare si comprende meglio considerando le stime epi- demiologiche recenti, sintetizzate nel documento congiunto SIC-SID.

I dati più rilevanti si possono riassumere come segue:

• Rispetto a un soggetto non affetto, un soggetto con diabete mellito ha un rischio doppio di malattie cardiovascolari (patologia coronarica, ictus ischemico e morte per cause cardio-vascolari), indipendentemente da altri fattori di rischio;

• Il rischio di eventi cardiovascolari è maggiore nelle donne e in età più giovane;

• II rischio è maggiore nei pazienti con diabete mellito di lunga durata e complicanze microvascolari, tra cui malattia renale o proteinuria;

• L'elevato rischio di malattia coronarica inizia a livelli di glu- cosio al di sotto della soglia che definisce il diabete mellito (<7 mmol/L, <126 mg/dl) e aumenta con l'aumentare dei

livelli di glucosio;

• In presenza di diabete mellito, il sesso femminile non è

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protetto dalla malattia cardiovascolare prematura, come si verifica nella popolazione generale.

I livelli di rischio, inoltre, si possono stratificare come descritto in TABELLA 1.

GESTIONE DELL'IPERGLICEMIA

NEI PAZIENTI DIABETICI CON MALATTIA CARDIOVASCOLARE

Nel paziente con diabete mellito, il pilastro della prevenzio- ne delle complicanze è l'efficace controllo glicemico. Tale obiettivo può essere perseguito e ottenuto con ormai un ampio ventaglio di farmaci ipoglicemizzanti, caratterizzati da differenti profili di sicurezza ed efficacia in ambito car- diovascolare: un compendio delle più recenti acquisizioni in merito è rappresentato di seguito.

Lo spettro delle classi di molecole disponibili secondo quan- to definito dal recente Consensus Statement dell'American Diabetes Association/European Association for the Study of' Diabetes (ADA/EASD), è riassunto di seguito.

• Metformina. Utilizzata ormai da mezzo secolo nel trat- tamento del diabete, metfornna è un farmaco orale ben tollerato, controindicato solo nell'insufficienza renale di grado severo e nell'insufficienza respiratoria. Negli ultimi anni era raccomandata come trattamento di prima linea dall'ADA/EASD e dall'International Diabetes Federation, ma questa indicazione è stata recentemente messa in di- scussione dalle ultime linee guida congiunte ESC/EASD, nel caso di soggetti con malattia cardiovascolare ateroscle- rotica nota o a rischio cardiovascolare alto o molto alto.

Per questa particolare categoria di pazienti, la preferenza va agli agonisti recettoriali GLP-1 o agli inibitori SGLT2.

L'efficacia di metformina in termini di riduzione percentuale dell'HbAle in pazienti naïve è compresa tra 0,5 e 1%. Da sottolineare infine che l'efficacia della maggior parte degli altri antidiabetici orali è stata valutata in associazione al trattamento con metformina.

• Sulfaniluree e metaglinidi. La terapia con queste classi di farmaci è associata a un aumento del rischio di ipoglicemia,

anche se moderato nella maggior parte dei casi, e a un in- cremento ponderale, anche in questo caso tendenzialmente di lieve entità. Ancora contrastanti i dati riguardanti l'assun- zione di sulfaniluree e aumento del rischio cardiovascolare.

• Pioglitazione. L:assunzione di pioglitazione è associata a:

lieve aumento ponderale, ritenzione idrica, maggior rischio di fratture ossee e di ospedalizzazioni per scompenso car- diaco, ma non a ipoglicemia. Esistono indicazioni di una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori (in particolare di ictus).

• Inibitori di DPP-IV. Gli inibitori di DPP-IV non inducono ipoglicemia né aumento ponderale e sono gli ipoglicemiz- zanti orali meglio tollerati.

• Inibitori di SGLT2. Questa classe di ipoglicemizzanti ha un profilo di tollerabilità generalmente favorevole; gli ini- bitori SGLT2 non inducono ipoglicemia e sono associati a una riduzione del peso e a una modesta riduzione della pressione arteriosa. Inoltre, in ambito cardiovascolare sono associati a una protezione nei confronti dei principali eventi avversi cardiovascolari (MACE) e degli eventi legati allo scompenso cardiaco.

• Agonisti recettoriali di GLP-1. I1 trattamento con agonisti recettoriali di GLP-1 mostra diversi vantaggi: queste molecole non inducono ipoglicemia, sono generalmente ben tollerate e sono associate a una perdita ponderale, soprattutto con la recente formulazione a posologia settimanale. Questi farmaci sono attualmente somministrati per via sottocutanea, con cadenza giornaliera o settimanale, ma recentemente è stata approvata anche una formulazione orale. In ambito cardiovascolare, sono associati a un modesto incremento della frequenza cardiaca e a una riduzione dei MACE (in particolare degli eventi aterosclerotici).

• Insulina. I vantaggi del trattamento con insulina sono ben noti: è il più efficace nell'indurre una riduzione dell'HbA1 c fino al raggiungimento degli obiettivi, purché si effettui una titolazione accurata, un'operazione non sempre semplice.

Gli svantaggi sono essenzialmente legati agli eventi ipogli- cemici, all'incremento ponderale e alla scarsa compliance da parte dei pazienti.

TABELLA t Rischio cardiovascolare in pazienti affetti da diabete mellito

RISCHIO MOLTO ELEVATO

RISCHIO ELEVATO

RISCHIO MODERATO

Pazienti con diabete mellito e malattia cardiovascolare stabile o danno di organo target*

o tre o più dei maggiori fattori di rischio** o precoce insorgenza di diabete di tipo 1 di lunga durata (>20 anni)

Pazienti con diabete di durata a10 anni senza danno di organo target più un altro fattore di rischio addizionale

Pazienti giovani con diabete di tipo 1 ed età inferiore a 35 anni o di tipo 2 ed età inferiore a 50 anni) con durata di diabete <10 anni senza altri fattori di rischio

Fonte: modificata da 2019 ESC Guidelines on diabetes, pre-diabetes, and cardiovascular diseases

Note: *proteinuria, insufficienza renale definita come filtrato glomerulare <30mL/min/1,73 m2, ipertrofia ventricolare sinistra, retinopatia;**età, ipertensione, dislipidemia, fumo di sigaretta, obesità.

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DATI DI SICUREZZA CARDIOVASCOLARE

Sulla sicurezza cardiovascolare dei farmaci ipoglicemizzanti, so- prattutto di quelli di nuova generazione, esiste un'ampia messe di dati, raccolti negli ultimi anni per ottenere I'approvazione all'immissione in commercio da parte dell'Agenzia Europea del Farmaco (EMA) e della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti. Ecco i dati più rilevanti:

• Metformina. La metformina è considerata generalmente sicura dal punto di vista cardiovascolare, ma le evidenze in merito sono scarse. Un unico studio clinico, denominato UKPDS 34 e pubblicato nel 1998, condotto su pazienti obesi, ha messo a confronto il trattamento con questo farmaco rispetto a sulfaniluree o insulina, dimostrandone i vantaggi in termini di eventi cardiovascolari e mortalità.

• Sulfaniluree. Sulla base dei dati attualmente disponibili non esiste una correlazione certa tra assunzione di sulfaniluree e rischio globale e cardiovascolare, ma sembra che non esista un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare da

I CONTENUTI del

DOCUMENTO SID-SIC

• Malattia coronarica e diabete

Ciro Indolfi, Angelo Avogaro, Carmen Spaccarotella

• Gestione dell'iperglicemia in pazienti diabetici con malattia cardiovascolare Agostino Consoli, Gianfranco Sinagra, Stefania Paolillo

• Trattamento della dislipidemia nei pazienti diabetici con malattie cardiovascolari Francesco Barillà, Francesco Purrello, Roberto Scicali

• La gestione dell'ipertensione arteriosa nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) e patologie cardiovascolari Roberto Pedrinelli, Massimo Federici

• Terapia antiaggregante per la prevenzione del rischio cardiovascolare nei pazienti diabetici Franco Cavalot, Massimo Mancone

• Scompenso cardiaco e diabete di tipo 2 Gianluca Perseghin, Pasquale Perrone Filardi, Stefania Paolillo

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parte di questi farmaci. Alcune metanalisi hanno mostrato al contrario un certo svantaggio rispetto ad altri farmaci ipoglicemizzanti.

• Pioglitazione. Per quanto riguarda la sicurezza cardiova- scolare di pioglitazione occorre fare un netto distinguo. In pazienti con diabete e malattia cardiovascolare conclama- ta, un trial clinico randomizzato e controllato ha mostrato che l'assunzione di questo farmaco era associata a una riduzione del 16% rispetto al placebo del rischio di un endpoint composito comprendente mortalità per tutte le cause, infarto miocardico e stroke non fatali, ma un aumento del 41% del rischio di scompenso cardiaco. Ne consegue che i tiazolidinedioni non sono raccomandati nei pazienti con scompenso.

• Inibitori di DPP-IV. Questa classe di farmaci ipoglice- mizzanti può essere considerata sicura in termini di eventi cardiovascolari: tutti gli studi clinici hanno dimostrato la loro non inferiorità rispetto al placebo nei confronti del rischio di MACE. Tuttavia, occorre sottolineare che non mettono al riparo dal rischio di ricovero per scompenso cardiaco, pur con alcune differenze tra le diverse molecole: sitagliptin e linagliptin non hanno mostrato effetti sul rischio di scom- penso, mentre saxagliptin e alogliptin sono gravate da un maggior rischio di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco rispetto al placebo. Nei pazienti diabetici ad elevato rischio di scompenso cardiaco, saxagliptin non è raccomandato dalle linee guida ESC/EASD.

• Inibitori di SGLT2. Su questa classe di farmaci ipoglice- mizzanti si sono concentrate negli ultimi anni le attenzioni di cardiologi e diabetologi. Negli studi clinici randomizzati e controllati, queste molecole si sono dimostrate non solo sicure, ma anche protettive in termini di eventi cardiova- scolari, con una riduzione del 10-12% del rischio di MACE, con un vantaggio più significativo nei soggetti diabetici con pregressa malattia cardiovascolare e meno in quelli senza precedenti eventi cardiovascolari. Anche in termini di scompenso cardiaco, i vantaggi degli inibitori di SGLT2 sono evidenti, con una riduzione delle ospedalizzazioni superiore al 30%, indipendentemente dalla presenza di questa condizione al basale. Nel caso particolare di dapa- gliflozin, si è registrano un minor rischio di peggioramento dello scompenso o di morte cardiovascolare in soggetti con ridotta frazione di eiezione, con o senza diabete mellito.

L'assunzione di inibitori di SGLT2 inoltre, è risultata associata a un rallentamento del declino della funzione renale, con vantaggi in termini di molteplici outcome renali.

• Agonisti recettoriali di GLP-1. Per gli agonisti recettoriali di GLP-1, vale un po' lo stesso discorso fatto per gli inibitori di SGLT2: dagli studi è emersa non solo la loro sicurezza, ma anche la protezione che offrono rispetto agli eventi CV.

In termini percentuali, il vantaggio emerso da alcune meta- nalisi si attesta intorno al 12% per la riduzione del rischio di MACE, all' i % per il rischio di morte cardiovascolare e al 16°/o per il rischio di ictus. Questi risultati valgono in particolare per quattro molecole: liraglutide, semaglutide,

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dulaglutide e albiglutide. Per exenatide, i dati sono meno evidenti, anche se resta confermato il trend verso la riduzio- ne di eventi CV. Lixisenatide non ha infine mostrato effetti protettivi in ambito CV nei trial condotti finora.

/ RACCOMANDAZIONI PER L'USO DEGLI IPOGLICEMIZZANTI

Nei pazienti diabetici con malattia cardiovascolare, il docu- mento congiunto SID-SIC ha elaborato le seguenti racco- mandazioni, basate a loro volta sulle indicazioni ESC/EASD.

Metformina

• Farmaco sicuro in pazienti con malattia cardiovascolare nota

• Evidenze limitate sull'effetto protettivo nei confronti degli eventi cardiovascolari.

Raccomandazione. Nei pazienti già in trattamento con questa molecola, non dovrebbe essere utilizzata in monoterapia, ma associata a inibitori di SGLT2 e/o agonisti recettoriali di GLP-1, che devono far parte della terapia per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari.

Sulfaniluree

• Farmaci con profilo di sicurezza cardiovascolare non an- cora chiaro

• Inducono ipoglicemia, evento da evitare il più possibile in soggetti cardiopatici.

Raccomandazione. Non dovrebbero essere utilizzate in pazienti con nota malattia CV.

Pioglitazone

• E associato a una significativa riduzione del rischio cardiovascolare

• Potrebbe essere utilizzato in pazienti con pregressa malattia cardiovascolare

• Induce ritenzione di liquidi e aumenta il rischio di ospeda- lizzazione per scompenso cardiaco.

Raccomanda7ione. Non è raccomandato in pazienti con scom- penso cardiaco: in questi pazienti dovrebbe essere usato sem- pre in associazione a un inibitore di SGLT2 o a un agonista recettoriale di GLP-1.

Inibitori di DPP-IV

• Possono essere usati nei pazienti con pregressi problemi cardiovascolari

• Sono ben tollerati e sicuri

• Non hanno effetti sulla ricorrenza di eventi cardiovascolari o eventi correlati allo scompenso cardiaco

• Manca un razionale per il loro uso in associazione con agonisti recettoriali di GLP-1.

Raccomandazione. Dovrebbero essere usati in combinazione con un inibitore di SGLT2

Inibitori di SGLT2

Insieme agli agonisti recettoriali di G LP-1, sono una classe

Zn breve

Diabete e patologia cardiovascolare (CV) sono strettamente correlate, come ben noto.

Da qui deriva la necessità di affrontare le due condizioni insieme, e soprattutto occorre porre estrema attenzione alla valutazione,

ed evoluzione, del rischio CV nel paziente diabetico. Il documento SID-SIC ha proprio lo scopo di migliorare l'assistenza al paziente diabetico offrendo una visione complessiva della diagnosi e terapia della condizione "diabete-rischio CV"

di scelta nel trattamento del paziente con diabete e malattia cardiovascolare.

Raccomandazioni.

• I pazienti diabetici con anamnesi cardiovascolare positiva devono essere trattati con questa classe di farmaci o con agonisti recettoriali di GLP-1

• Nei i pazienti diabetici con diagnosi o rischio di scompenso cardiaco, gli inibitori di SGLT2 devono essere considerati come trattamento di prima scelta nei soggetti con iniziale alterazione della funzione renale devono essere presi in considerazione.

Agonisti recettoriali di GLP-1

Sono la classe di farmaci di scelta nel paziente diabetico con malattia cardiovascolare insieme agli inibitori di SGLT2.

Raccomandazioni. I pazienti diabetici con anamnesi cardio- vascolare positiva devono essere trattati con questa classe di farmaci o con inibitori di SGLT2.

GESTIONE DELL'IPERTENSIONE NEI PAZIENTI DIABETICI

Al diabete mellito di tipo 2 è frequentemente associata l'iper- tensione, il fattore di rischio cardiovascolare con la maggiore prevalenza a livello globale. Considerato che il controllo dei valori pressori è uno dei principali obiettivi terapeutici nel- la popolazione generale, lo è a maggior ragione anche nei soggetti diabetici.

Se è assodato dunque che i valori pressori vadano tenuti bassi, rimane tutt'ora il problema di capire quali siano i valori raccomandabili per i soggetti diabetici: l'obiettivo tradizional- mente considerato di pressione sistolica di 140 mmHg è stato

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M DI INA ,"'• *le

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DINBETE EMALATTIE I CARIIIMIASCOLAR

recentemente messo in discussione dall'Ameni- can College of Cardiology (ACC)/American Heart Association (AHA) che nelle lo- ro linee guida hanno indicato come obiettivo 130/80 mmHg. Questi valori non sono però stati accolti unanime- mente dalle società di Cardiologia e Diabetologia dei vari Paesi, che si dividono attualmente in due fazioni.

Da una parte coloro che sostengono un atteggiamento più aggressivo, sulla base di un'ampia messe di trial clinici ran- domizzati e controllati, nonché di metanalisi, che hanno mostrato i benefici, in termini di riduzione del rischio cardiovascolare, di abbassare la pressione sistolica anche sotto i 120 mmHg (TABELLA 2). Dall'altra, c'è chi propende per il valore più conservativo di 140 mmHg, sulla base di una altrettanto valida letteratura medico-scientifica, in cui si tengono conto anche dei rischi secondari di eventi avversi severi associati ai target più stringenti (TABELLA 3).

CONCLUSIONI

Secondo le conclusioni del documento SID-SIC, in attesa di risultati più definitivi sulla questione, occorre tenere a mente alcune considerazioni che possono guidare i medici nella pratica clinica:

• I pazienti diabetici con ipertensione non trattata o non con- trollata rimangono molti: in considerazione di ciò, ridurre i valori pressori al di sotto di 140/90 mmHg è un obiettivo già piuttosto ambizioso.

• Nei pazienti diabetici, target pressori più stringenti sono associati verosimilmente a minori benefici in termini relativi, ma la riduzione assoluta di rischio sarà più significativa, per via del profilo di rischio cardiovascolare più critico rispetto ai soggetti non diabetici.

• La maggiore incidenza di eventi coronarici per valori di pressione diastolica <70 mmHg (effetto .1-curve) deve essere presa in considerazione nelle scelte terapeutiche per pazienti diabetici e ipertesi. Tuttavia, le metanalisi e analisi post-hoc degli studi sull'argomento mancano di una stratificazione a priori dei pazienti in gruppi pressori ben definiti. Inoltre, bassi valori pressori potrebbero semplicemente essere un marker di patologie sottostanti come scompenso cardiaco o neoplasia, e non un fattore indipendente in grado di influenzare il rischio di eventi cardiovascolari

• Un eccessivo controllo pressorio può essere gravato da effetti collaterali non trascurabili: eventi sincopali e cadute, per esempio, potrebbero essere particolarmente deleteri per anziani e soggetti fragili.

GESTIONE DELLO SCOMPENSO CARDIACO NEI PAZIENTI DIABETICI

Diabete mellito e scompenso cardiaco sono due condizioni che spesso si presentano associate. Se si considera infatti la popolazione di soggetti con scompenso, la quota di diabe- tici varia dal 10% al 30% a seconda delle stime, mentre se si guarda ai pazienti con scompenso ospedalizzati, tale valore sale al 400/o circa. Se si allarga lo sguardo oltre al franco diabete e si considera solo la dislipidemia, le stime epidemiologiche parlano di una prevalenza del 70% tra i

TABELLA 2 Risultati a favore degli obiettivi più stringenti

STUDIO ANNO RISULTATI

Analisi combinata post-hoc degli studi ACCORD-BP e SPRINT

Analisi post-hoc dello studio ADVANCE

Hypertension Optimal Treatment (HOT)

UK Prospettive Diabetes Study (UKPDS)

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2017-2018

2019

Benefici di un trattamento antípertensivo più aggressivo anche nei pazienti diabetici, anche se a spese di un tasso più elevato di eventi awersi severi.

Non è emersa alcuna evidenza a favore dell"'effetto J-curve"

(aumento della mortalità per ischemia miocardica con la riduzione dei valori pressori al di sotto di una soglia critica)

Diminuzione del tasso di mortalità e ridotta incidenza di eventi cardiovascolari maggiori nei pazienti diabetici con pressione

<120/70 mmHg al basale in terapia con perindopril-indapamide rispetto al placebo

I pazienti diabetici con target di pressione diastolica <80mmHg 1998 avevano una riduzione del 51% degli eventi cardiovascolari rispetto

al gruppo con target <90mmHg

La riduzione contemporanea della pressione diastolica e della 1998 pressione sistolica <130 mmHg (valore medio raggiunto: 144/82

mmHg) era associata a esiti più favorevoli

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TABELLA 3 Risultati a favore degli obiettivi più conservativi

Metanalisi di Emdin CA et al.

(1AMA 2015; 313:603-615)

Brunström M, Carlberg B.

(BMJ 2016 352: i717)

INVEST

Analisi di Böhm M et al. su un gruppo di partecipanti ai trial ONTARGET/

TRANSCEND

(Eur Heart J 2019; 40: 2032-43)

2015

2016

2010

Nei pazienti con pressione sistolica al basale x140 mmHg, la riduzione a valori <140 mmHg è stata associata a un rischio relativo significativamente inferiore per gli outcome di mortalità (13%), eventi cardiovascolari (11%), coronaropatia (12%), ictus (27%), albuminuria (17%) e retinopatia (13%).

Nei pazienti con pressione sistolica al basale <140 mmHg, l'ulteriore riduzione dei valori pressori non ha comportato alcuna riduzione degli eventi cardiovascolari o coronarici, anche se, la retinopatia e la progressione dell'albuminuria siano diminuite al ridursi dei valori pressori

Nei pazienti con pressione sistolica al basale di 140-150 mmHg la terapia antipertensiva ha dato un effettivo beneficio.

Per valori target <130 mmHg, è emerso un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare e infarto miocardico

Nei pazienti con diabete e malattia coronarica, il controllo stretto dei valori pressori (pressione sistolica <130 mmHg) non ha dato vantaggi in termini di eventi cardiovascolari rispetto al controllo meno stretto (<140 mmHg)

Alti livelli di pressione in trattamento (2160 o a90 mmHg) sono risul- tati associati a un aumento del rischio di eventi cardiovascolari e di morte.

2019 Anche i livelli bassi (<120 o <70 mmHg) sono risultati associati a un aumento degli esiti cardiovascolari (tranne ictus) e morte.

I pazienti con diabete avevano valori di rischio CV costantemente più elevati in tutto il range di pressione

pazienti con scompenso. D'altra parte se si considerano i soggetti diabetici, la prevalenza dello scompenso raggiunge il 12-30%, rispetto all'1-2% della popolazione generale.

Anche lo scompenso cardiaco subclinico è molto frequente nei pazienti con diabete (25% con frazione di eiezione ridotta e 75% con frazione di eiezione preservata).

Da rilevare che si tratta in questo caso di una forma fisiopa- tologica nota come cardiomiopatia diabetica, che compare in assenza di malattia coronarica, ipertensione non controllata, malattia valvolare o cardiopatia congenita.

Differisce quindi dalla tipica disfunzione cardiaca associata alla cardiopatia ischemica, la quale ha caratteristiche del tutto simili a quella riscontrabile nella popolazione generale:

le caratteristiche fenotipiche della cardiomiopatia diabetica sarebbero quelle di una malattia restrittiva con ipertrofia del ventricolo sinistro e disfunzione diastolica.

Per quanto riguarda la gestione clinica dell'insufficienza car- diaca, ci si può rifare alle linee guida ESC-EASD del 2019:

le opzioni terapeutiche per il trattamento dello scompenso cardiaco sono le stesse per pazienti con diabete e per quelli senza.

Per quanto riguarda il trattamento del diabete e il rischio di scompenso, sono riassunte di seguito alcune indicazioni contenute nel documento SID-SIC, a cui per altro si è già accennato nelle sezioni precedenti.

1 FARMACI ANTI-DIABETE CON EFFETTI POSITIVI SULLO SCOMPENSO CARDIACO

• Inibitori di SGLT-2. Secondo le raccomandazioni ESC- EASD del 2019 dovrebbero essere presi in considerazione nei pazienti naïve come prima scelta per i loro effetti positivi nello scompenso.

• Agonisti del recettore GLP-1. Una recente metanalisi ha mostrato un piccolo effetto protettivo rispetto al rischio di scompenso, suggerendo che si possano considerare sicuri nella terapia in pazienti con scompenso.

/ FARMACI ANTI-DIABETE CON POTENZIALI EFFETTI NEGATIVI SULLO SCOMPENSO CARDIACO

• Tiazolidinedioni. Nei pazienti diabetici con scompenso cardiaco, i trial con rosiglitazone e pioglitazone hanno mo- strato un aumentato rischio di ospedalizzazione per questa condizione; i tiazolidinedioni sono perciò controindicati in questi pazienti.

• Sulfaniluree. Sulla base di studi osservazionali, retrospet- tivi e prospettici, non può essere escluso un aumento del rischio di ricovero per scompenso cardiaco di questa classe di farmaci se confrontata con metformina.

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