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COL. MARIO FILIPPI. D.: Ma ancora oggi lei è convinto che la rivelazione di questi episodi rientrava nelle sue attribuzioni di capo Centro Cs?

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COL. MARIO FILIPPI Verbale della seduta del 16 febbraio 1967

L’interrogatorio del col. Filippi, al Sifar da ’51 al ’63, è quanto mai tempestoso. Ad un certo punto il presidente Beolchini lo accusa di avere “una deviazione mentale”

perché convinto che i “pettegolezzi” facessero parte dell’attività di controspionaggio.

Alla fine della sua deposizione lo mette agli arresti.

D.: Ma ancora oggi lei è convinto che la rivelazione di questi episodi rientrava nelle sue attribuzioni di capo Centro Cs?

R.: Certamente.

D.: Ma allora c'è in lei una deviazione mentale.

R.: È una valutazione soggettiva. Perché non dovevo seguire l'attività di una donna che andava dicendo ovunque che aveva rapporti con importanti uomini politici?

D.: Ma queste cose non c'entrano con un Servizio di informazioni militari, sono pettegolezzi. Che lei abbia il coraggio di sostenere che queste notizie rientravano nelle sue attribuzioni di capo Centro Cs è davvero incredibile.

Perciò riconfermo che chi aveva sotto mano queste notizie e che ha ritenuto di doverle trasmettere con tanto zelo, possa essere dubitato d'aver contribuito a fornire indicazioni per queste porcherie. Ho tutti i motivi per giustificare questi miei dubbi.

R.: Vostra Eccellenza mi sta accusando d'aver commesso un reato.

D.: Non la sto accusando. Ho i miei dubbi.

R.: Io non ho detto niente a nessuno e lo posso dimostrare. Sono lieto che la faccenda sia presa in mano dall'Autorità giudiziaria così si farà luce completa su questo episodio.

D.: Ma è corretto avere fatto queste cose? Io non avrei mandato queste notizie. È mancanza di serietà. Che poi mi si venga a convincere che questo va nelle sue attribuzioni, passa ogni limite di comprensione e tolleranza.

Presenti: il generale C.a. Aldo Beolchini (Presidente), il generale C.a. erto Turrini (Membro), il dottar Andrea Lugo (Membro), il col. pilota Aronio Podda (Segretario).

(2)

Viene interrogato il colonnello Cc. Mario Filippi, già capo del Centro Cs di Bologna.

II presidente espone brevemente i compiti della Commissione e i motivi che hanno richiesto la convocazione del colonnello Filippi. Lo esorta a collaborare lealmente con la Commissione per far luce su eventuali deviazioni del Sifar dai compiti istituzionali. Chiede poi all'interessato di riassumergli gli incarichi ricoperti durante la permanenza al Servizio.

Il colonnello Filippi traccia un brevissimo quadro della sua attività in seno al Sifar. Assegnato nell'agosto del 1951, venne impiegato nell'Ufficio "D" quale ufficiale addetto. Seguiva in genere l'attività dei partiti con particolare riguardo al Pci. Nel gennaio 1954 venne trasferito al Centro Cs di Bologna quale ufficiale addetto, e due anni dopo assumeva il comando di tale Centro che mantenne sino al giugno 1963, quando rientrò in servizio d'Arma.

Domanda: Abbiamo esaminato la sua attività quale capo Centro Cs di Bologna. Dal carteggio figura che molte notizie erano date dalla fonte

"Catania".

Risposta: Si trattava di una fonte preesistente alla mia assunzione del comando del Centro. Dava molte notizie di tutti i generi ma specie di carattere politico. Una comprensibile riservatezza mi vieta di rivelarne il vero nome.

Posso affermare trattarsi di persona molto attiva e degna della massima considerazione.

D.: Era una fonte molto bene informata, attiva e qualificata?

R.: Sì, lo confermo, era una fonte attendibile.

D.: [Dopo aver portato alcuni esempi di informazione chiede] Lei riferiva fedelmente ciò che la fonte dava, oppure rielaborava le notizie commentandole?

R.: Le informazioni provenienti dalla fonte di carattere politico le trasmettevo tali e quali.

D.: Ricorda questa pratica riguardante l'on. Pacciardi e l’on. La Malfa? [La mostra).

R.: Sì, ricordo. Ritenevo che la notizia fosse importante nel campo del Cs.

Era mio dovere comunicare tali notizie che riguardavano personaggi importanti della politica. Erano i superiori che dovevano valutarle, anche se apparentemente possano apparire molto pesanti.

(3)

D.: Ricorda questa pratica riguardante giudizi su alte cariche militari? [La mostra].

R.: Ritengo che riportare qualsiasi notizia fosse il mio dovere. Non facevo alcun commento a tali notizie. Personalmente non conoscevo neppure le persone che vi venivano nominate.

D.: Ricorda questa pratica in cui viene data notizia di un presunto colpo di Stato originato da alcuni ufficiali generali?

R.: Sì la ricordo. Ritengo fosse mio dovere riportare le notizie di cui venivo a conoscenza. Io non vedo dove abbia mancato.

D.: Noi non siamo qui per accusare nessuno. Siamo qui per far luce sull'attività e sul funzionamento del Sifar. Ricorda questa pratica riguardante un presunto colpo di Stato da parte dell'on. Pacciardi? [La mostra].

R.: Sì la ricordo. Ritenevo fosse mio dovere informarne i superiori.

D.: Ricorda questa segnalazione riguardante una presunta relazione dell'on.

Gronchi? [La mostra].

R.: Sì la ricordo. Era una pratica di nessun valore. Tutti erano al corrente di questo episodio.

D.: La notizia però non aveva nessun valore dal punto di vista del Cs.

R.: Non si può dire. Io sono convinto che nella notizia si può trovare qualcosa che interessa il Cs. Non si deve dimenticare che l'on. Gronchi era allora capo dello Stato. Preciso altresì che i superiori non mi dissero mai di omettere di inviare tali notizie. Se ritenevano che non interessavano mi avrebbero ordinato di non mandarle...

# [omissis]

D.: Lei esclude quindi d'aver fornito queste notizie.

R.: Non solo l'escludo ma lo respingo come una cosa oltraggiosa nei miei confronti. Sono ben lieto che la questione vada in mano della magistratura.

Sono un ufficiale dei Carabinieri e ritengo che la mia carriera militare sia onorata. Non ho commesso tale atto che è un vero reato.

(4)

D.: Ma ancora oggi lei è convinto che la rivelazione di questi episodi rientrava nelle sue attribuzioni di capo Centro Cs?

R.: Certamente.

D.: Ma allora c'è in lei una deviazione mentale.

R.: È una valutazione soggettiva. Perché non dovevo seguire l'attività di una donna che andava dicendo ovunque che aveva rapporti con importanti uomini politici?

D.: Ma queste cose non c'entrano con un Servizio di informazioni militari, sono pettegolezzi. Che lei abbia il coraggio di sostenere che queste notizie rientravano nelle sue attribuzioni di capo Centro Cs è davvero incredibile.

Perciò riconfermo che chi aveva sotto mano queste notizie e che ha ritenuto di doverle trasmettere con tanto zelo, possa essere dubitato d'aver contribuito a fornire indicazioni per queste porcherie. Ho tutti i motivi per giustificare questi miei dubbi.

R.: Vostra Eccellenza mi sta accusando d'aver commesso un reato.

D.: Non la sto accusando. Ho i miei dubbi.

R.: Io non ho detto niente a nessuno e lo posso dimostrare. Sono lieto che la faccenda sia presa in mano dall'Autorità giudiziaria così si farà luce completa su questo episodio.

D.: Ma è corretto avere fatto queste cose? Io non avrei mandato queste notizie. È mancanza di serietà. Che poi mi si venga a convincere che questo va nelle sue attribuzioni, passa ogni limite di comprensione e tolleranza.

Passiamo ad altro. Nell'ottobre del 1960 lei fu interessato personalmente dal capo Servizio, durante una sua visita a Bologna, di condurre un’indagine sull’on. Scelba. Mi dica che cosa le venne chiesto.

R.: Mi venne chiesto di condurre un’indagine allo scopo di sapere qualcosa sul progetto di costituzione dell’organizzazione per la protezione civile che doveva andare all'approvazione del Parlamento. Poiché a Bologna c’era una rappresentanza molto forte della corrente dell'on. Sceiba, era probabile ottenere qualche indiscrezione.

D.: Ma nella relazione che lei presentò c'è la parte finale che non c'entra affatto con l'argomento trattato, poiché riguarda la persona del generale Liuzzi, capo di Stato maggiore dell'Esercito.

(5)

R.: Io ritenevo di riferire tutto ciò che aveva attinenza con la questione...

# [omissis]

Dopo che sono andato via dal Centro di Bologna ho tagliato i ponti alle mie spalle. Confermo di non aver dato queste notizie né al settimanale né ad altri giornali. Non è mio costume anche se V.E. ha fatto un accenno non molto simpatico nei miei confronti.

D.: Dopo che ha lasciato il Centro Cs ha mantenuto rapporti con il Sifar?

R.: Ho mantenuto rapporti di buona amicizia con qualcuno come il generale Viggiani e il comandante Milani. Altri rapporti no.

D.: Mi dia le sue impressioni sull'attività richiesta al Centro Cs Bologna che aveva una grande attività. Oltre alle notizie riguardanti il Cs venivano richieste anche notizie particolari su parlamentari, profili su uomini politici, diocesi, segreterie di partiti.

R.: Sì, facevamo queste indagini. Non si perdeva però molto tempo, né mi preoccupavano molto.

D.: Ha avuto delle direttive per dare impulso alle indagini scandalistiche? È stato stimolato a raccogliere notizie di questo genere?

R.: Assolutamente no. Lo escludo.

D.: Impressioni sulla campagna scandalistica?

R.: Penosa.

D.: Impressioni specifiche. Chi può avere avuto interesse a scatenare questa campagna di stampa e perché lo ha fatto?

R.: Ho pensato molto. Ritengo che sotto ci sia una manovra del Pci. Questo non ha rinunciato a ricostituire il Fronte Popolare e pertanto con lo scandalo tende a spaccare il Centro-sinistra e il Partito socialista.

D.: Questo è l'obiettivo ma chi è secondo lei che ha fornito le notizie, chi ha agevolato questa campagna di stampa?

R.: Non lo so. Possono esserci mille ipotesi.

D.: Perché sono spariti i fascicoli?

(6)

R.: Non lo so. L'Autorità giudiziaria ha preso in mano la questione e mi pare che sia la cosa più logica.

D.: Io non direi tanto. Che l'Autorità giudiziaria si metta a esaminare una vicenda che è strettamente militare non mi pare logico. Perciò la questione deve essere esaminata prima da noi; se poi ravviseremo dei reati allora sarà interessata la magistratura.

R. : Ho saputo, infatti, stamane che la magistratura inizierà la indagine dopo le conclusioni della Commissione.

D.: Ho avuto l'impressione che lei sia stato sulla difensiva come se avesse paura. Lei deve collaborare con noi. Saremo noi a giudicare.

R.: No, io non ho paura. Però debbo dire che l'unica cosa che mi dispiace è che mi si dica che ho dato le notizie alla stampa.

D.: Siccome lei è uno dei pochi che ha trattato la questione, debbo dubitare di lei.

R.: La questione è passata per diverse mani.

D.: Io debbo cominciare da colui che ha attivato e trasmesse le notizie. È evidente però che tutti coloro che hanno avuto a che fare con la questione possono essere sospettati.

R.: È evidente. Tutti, nessuno escluso; tutti coloro che hanno avuto le notizie.

D.: Certo di tutte queste persone sospettabili lei è il primo perché la notizia la tirò fuori: è il n. 1, è lei che la mandò.

R.: Questo si vedrà. L'Autorità giudiziaria chiarirà questa faccenda.

D.: È logico, vedremo.

R.: Non voglio mancare di riguardo a V.E. ma come si sospetta di me, potrebbe essere anche lei che ha avuto in mano queste notizie.

D.: Lei non solo manca di riguardo ma è anche impertinente. Passa qualsiasi limite di tolleranza. Si accomodi e stia agli arresti.

R.: Sissignore. Tengo a precisare che provvederò a tutelarmi penalmente.

(7)

D.: Si accomodi.

Il presidente richiama il colonnello Filippi per avvertirlo che di tutto ciò che è stato trattato nella seduta non deve essere fatta parola con nessuno.

Le sottolineature sono redazionali

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