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Filosofia del linguaggio ordinario

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Academic year: 2022

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Filosofia del linguaggio ordinario

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Filosofia del linguaggio ordinario

• la “filosofia del linguaggio ordinario”, a volte detta anche “filosofia linguistica”, si sviluppò nelle università britanniche di Oxford e

Cambridge a partire dagli anni Trenta del secolo scorso

• in parte affiancando il neoempirismo nella critica a forme più tradizionali di filosofia

• in parte in reazione al neoempirismo stesso e alla sua filosofia del linguaggio assertivo-

centrica e verificazionista

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Filosofia del linguaggio ordinario

• per lo sviluppo della filosofia del linguaggio ordinario fu importante l’insegnamento di Wittgenstein a Cambridge e la sua progressiva evoluzione nel senso di

un’autocritica del Tractatus Logico-Philosophicus (1922) e di una valorizzazione della molteplicità degli usi del

linguaggio, o “giochi linguistici”, che sperimentiamo nei contesti di vita quotidiana

• fra i primi a riflettere sul linguaggio ordinario in chiave filosofica fu, a Oxford, Gilbert Ryle

– come le espressioni del linguaggio ordinario funzionano – come possono essere sistematicamente fuorvianti

• Austin iniziò a fare filosofia nella Oxford degli anni Trenta prendendo subito la strada dell’analisi del linguaggio

ordinario e nel decennio successivo giocò nel

movimento della filosofia del linguaggio ordinario il ruolo di leader riconosciuto

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Filosofia del linguaggio ordinario

la filosofia del linguaggio ordinario declinò rapidamente dopo la morte di Austin nel 1960:

– i filosofi volevano ritornare alle loro generalizzazioni incaute, alle loro tesi metafisiche

– si diffondeva l’impressione che si dovesse dare uno spazio prioritario non allo studio del linguaggio, ma a quello della mente;

• l’eredità della filosofia del linguaggio ordinario fu mediata da

– Peter F. Strawson e Paul Grice, che seppero valorizzare all’interno del nuovo contesto alcune delle esigenze di

attenzione per i parlanti e per i contesti che essa aveva sollevato – John R. Searle che formulò una sua versione della “teoria degli

atti linguistici” abbozzata da Austin

• l’influenza della filosofia del linguaggio ordinario soprattutto di Austin e di Grice sulla linguistica, la

linguistica applicata e la sociolinguistica ha dato origine al campo interdisciplinare della pragmatica del

linguaggio.

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what we should say when

• Il “metodo linguistico” di Austin

• Austin definisce l’analisi del linguaggio ordinario come un esaminare “what we

should say when, and so why and what we should mean by it...”. Si tratta di

immaginare sequenze discorsive

contestualizzate e vedere se l’uso in esse di una certa parola o costruzione è

appropriato o no, che contributo dà al loro significato, e perché da proprio quel

contributo.

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what we should say when

• “noi”: parlanti nativi della lingua naturale parlata dall’autore stesso (o di un gruppo di tali parlanti, che lo includa);

– anglocentrismo?

– atteggiamento elitario?

– usare la propria lingua madre come

linguaggio ordinario in circostanze ordinarie

• “quando” si riferisce a una circostanza da immaginare, che fornirà il contesto per

l’uso della parola o espressione da analizzare

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what we should say when

• “diremmo” (should say)

– intento descrittivo, ma non dell’uso effettivo qualunque esso sia, bensì dell’uso

appropriato o corretto e delle sue regole

• “perché” e “che cosa”: assegnazioni di senso motivate

• è compito del filosofo rendere esplicite le motivazioni dell’assegnazione di senso,

invocando le regole della lingua ma anche le caratteristiche dei contesti d’uso.

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what we should say when

giustificazioni del metodo:

• il metodo linguistico facilita la chiarificazione terminologica

• il metodo linguistico ci rende capaci di

demistificare eventuali pregiudizi dipendenti dal linguaggio, perché ci rende consapevoli del fatto che la semantica di una lingua è sempre

selettiva e quindi orientata;

• vale la pena di studiare le distinzioni contenute nel nostro patrimonio comune di parole, perché si tratta di distinzioni che devono avere qualche motivo

– al contrario delle distinzioni proposte dei filosofi inventate “in poltrona”

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what we should say when obiezioni e risposte:

• l’uso è lasso e divergente

– riscontrare differenze d’uso fra un parlante e l’altro stimola la riflessione sulle motivazioni di tali differenze e può quindi solo aggiungere

interesse alla riflessione su “che cosa diremmo quando...”;

• il linguaggio ordinario non è l’ultima parola

– OK, può sempre essere ampliato e migliorato e superato; ma rimane LA PRIMA PAROLA

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what we should say when

Fonti da cui trarre materiali da sottoporre a analisi:

• il dizionario (il suo insistere per ricerche lessicali ampie e articolate prima di

procedere a discutere qualsiasi problema filosofico valse al suo metodo il titolo di

linguistic botanizing)

• raccolte di casi legali

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J.L. Austin, P. Grice

• J.L. Austin, Come fare cose con le parole (in particolare cap. VII, VIII, IX, XII)

• P. Grice, Logica e conversazione (in particolare lezione II)

• Le lezioni di Austin sono state tenute nel 1955 e pubblicate postume nel 1962, II ed. riveduta

1975

• Le lezioni di Grice sono state tenute nel 1967, sono state pubblicate solo in parte (la lezione II nel 1975), e sono uscite complete solo nel 1989 come prima parte di Grice, Studies in the way of words, volume uscito postumo

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J.L. Austin, H.P. Grice

• Ambedue i filosofi sono inglesi; Grice si trasferì negli Stati Uniti

• Ambedue i filosofi hanno legami con la

"filosofia del linguaggio ordinario"; Austin ne fu un rappresentante di spicco, Grice, più giovane, iniziò la sua carriera

nell'ambito di tale tendenza filosofica e se ne distaccò successivamente, ma mai del tutto

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