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Tecnologia dei sistemi di frenatura dei veicoli

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Academic year: 2022

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Aggiornato al 25/08/2021

1034.0 1034.1 1034.1.1 1034.1.2

1034.1.3 Criteri generali per il calcolo dello spazio di frenatura 1034.1.4

1034.1.5 1034.2 1034.2.1 1034.2.2 1034.2.3 1034.3 1034.3.1 1034.4 1034.4.1 1034.4.2 1034.4.3 1034.5 1034.5.1 1034.5.2 1034.5.3 1034.6 1034.6.1 1034.6.2 1034.6.3 1034.6.4 1034.7 1034.7.1 1034.7.2 1034.8 1034.8.1 1034.9

1034.0

1034 - Tecnologia dei sistemi di frenatura dei veicoli

AUTORE

Biagetti ing. Emanuele - funzionario tecnico MIMS - DMS Saraceni ing. Alfredo (+) - già dirigente superiore MCTC

Lo scritto riflette esclusivamente le opinioni dell'Autore e non impegna in alcun modo l'Ente di cui egli sia dipendente.

CONTENUTO Sommario:

QUADRO GENERALE TEORIA DELLA FRENATURA

Caratteristiche costruttive e funzionamento del freno a tamburo Caratteristiche costruttive e funzionamento del freno a disco

Criteri generali per il dimensionamento del freno di servizio a tamburo Rotolamento e strisciamento della ruota

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA IDRAULICA Caratteristiche costruttive del freno di servizio idraulico

Caratteristiche costruttive del freno di soccorso idraulico Caratteristiche costruttive del freno di stazionamento DISPOSITIVO SERVOFRENO DELL'IMPIANTO IDRAULICO Caratteristiche costruttive del servofreno dell'impianto idraulico

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA PNEUMATICA Principio di funzionamento ed elementi costitutivi dell'impianto di frenatura pneumatica Caratteristiche costruttive del freno di soccorso pneumatico

Caratteristiche costruttive del freno di stazionamento pneumatico

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA PNEUMOIDRAULICO Caratteristiche costruttive del convertitore idro-pneumatico del sistema di frenatura pneumo-idraulica Frenatura di soccorso pneumoidraulica

Calcolo del diametro dello stantuffo nel servofreno a depressione e ad aria compressa CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA DEL RIMORCHIO Funzionamento dell'impianto di frenatura del rimorchio

Elementi costitutivi del servoautodistributore

Funzionamento del servoautodistributore del rimorchio Freno di stazionamento del rimorchio

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE E PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DEL CORRETTORE DI FRENATA Modalità di intervento del correttore di frenata

Principio di funzionamento del correttore di frenata dei veicoli muniti di impianto di frenatura pneumatico

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE E PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DEI DISPOSITIVI ANTIBLOCCAGGIO DELLE RUOTE (ABS)

Calcolo dello spazio di frenatura in relazione al coefficiente di aderenza

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE E PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DEL FRENO MOTORE

QUADRO GENERALE

I freni vengono applicati sugli autoveicoli affinché sia possibile rallentarne l'andatura, arrestarne il movimento o, infine, assicurarne l'immobilità, se fermi.

In linea generale, la normativa prescrive che sugli autoveicoli vengano applicati tre sistemi di frenatura:

uno di servizio, agente su tutte le ruote e capace di arrestare il mezzo in uno spazio, dipendente dalla velocità di inizio frenata, non superiore a un valore determinato dalla normativa;

uno di soccorso, da usare in caso di inefficienza di quello di servizio, capace di arrestare il mezzo in uno spazio che, di norma, non deve essere superiore al doppio di quello stabilito per il freno di servizio;

uno di stazionamento, per assicurare l'immobilità del veicolo fermo, anche su strade in pendenza (determinata).

La normativa prescrive che i sistemi di frenatura devono essere presenti e che ciascuno dei dispositivi di frenatura di servizio, di soccorso e di stazionamento può essere opportunamente conglobato in uno degli altri due, sempreché, in caso di inefficienza di un dispositivo, resti assicurata la frenatura di almeno un asse con il dispositivo di servizio o con quello di soccorso.

Tutti gli elementi che costituiscono il sistema frenante devono essere correttamente dimensionati e possedere adeguate caratteristiche costruttive.

In linea generale, gli impianti di frenatura utilizzati sui veicoli a motore e loro rimorchi possono essere:

(2)

• - -

1034.1

1034.1.1

di tipo idraulico (a olio), pneumatico (ad aria compressa) o pneumoidraulico (misto, a olio e ad aria compressa);

muniti di elementi frenanti di tipo a tamburo oppure a disco.

Tuttavia, i veicoli vengono equipaggiati anche con dispositivi ausiliari dell'impianto di frenatura la cui installazione è diventata obbligatoria per alcune categorie. Tra i dispositivi che integrano quelli di frenatura veri e propri ci sono:

il freno motore (v. inPratica 241.12.1) che provoca il rallentamento del veicolo grazie all'interruzione della mandata di gasolio o di benzina e la riduzione della sezione dei condotti di scarico tramite una valvola a farfalla;

l'ABS (v. inPratica 241.12.2) che evita il bloccaggio delle ruote in frenatura agendo sugli elementi frenanti;

il rallentatore (v. inPratica 241.12.3) che:

può essere di tipo elettrico, idraulico, oppure ad acqua;

agisce sull'albero di trasmissione e, a comando, provoca un'azione frenante ausiliaria senza interagire con l'impianto di frenatura;

il dispositivo avanzato di frenata d'emergenza (AEBS) (v. inPratica 241.12.4) che è in grado di individuare automaticamente una situazione d'emergenza e di attivare il sistema di frenata del veicolo;

il dispositivo di assistenza alla frenata (v. inPratica 241.12.5), che ha la funzione di riconoscere una situazione di frenatura di emergenza in base al modo in cui viene sollecitato il comando del freno da parte del conducente.

TEORIA DELLA FRENATURA

I freni applicati sugli autoveicoli devono essere adeguati alla loro massa. Esiste, infatti, un valore massimo per l'azione che il sistema frenante può sviluppare sul pneumatico, che dipende da:

massa del veicolo,

natura e condizioni della strada e dei pneumatici.

Il superamento di tale valore provoca il bloccaggio delle ruote, che, anziché rotolare, slittano sul terreno; in tale condizione lo spazio necessario per arrestare il veicolo cresce notevolmente.

La ruota slitta sul terreno con maggiore difficoltà se le asperità della strada e quelle del pneumatico si compenetrano, in modo da fornire al pneumatico un sicuro appiglio.

Per un buon ingranamento è, quindi, necessario che:

esistano le asperità: il pneumatico presenti un battistrada di adeguato spessore e la strada sia sufficientemente ruvida;

le superfici a contatto, pneumatico e strada, siano adeguatamente premute fra loro.

Poiché il peso che insiste sui pneumatici favorisce tale compenetrazione, la massa del veicolo costituisce un fattore che condiziona lo sforzo di frenatura, limitandone il valore massimo.

Se la strada è sdrucciolevole, appena bagnata dalla pioggia, e se i pneumatici presentano un battistrada consumato, lo sforzo massimo di frenatura trasferibile ai pneumatici è più basso di quello che potrebbe aversi in condizioni di strada asciutta e ruvida e di pneumatici in buono stato di conservazione; conseguentemente maggiore è lo spazio necessario per l'arresto del veicolo.

In generale, soprattutto per i veicoli adibiti al trasporto delle merci, il peso che si scarica sulle ruote dell'asse posteriore è maggiore di quello che si scarica sulle ruote dell'asse anteriore; sembrerebbe quindi ragionevole approfittare del maggior peso che insiste sull'asse posteriore affidando a questo la parte maggiore dello sforzo frenante.

È però necessario tener presente che, al momento in cui si manifesta l'azione frenante, insorgono, sugli assi, le reazioni equilibratrici della forza d'inerzia, che modificano la distribuzione statica dei carichi:

sovraccaricando l'asse anteriore; e alleggerendo l'asse posteriore.

Il dimensionamento dei freni (a tamburo o a disco) nei due assi deve quindi tenere conto di questo squilibrio dinamico, la cui entità dipende dall'altezza del baricentro e dalla distanza fra gli assi.

Con l'introduzione di alcuni dispositivi si è cercato, nel tempo, di porre rimedio alle problematiche esposte; in particolare, ad esempio:

con i correttori di frenata (v. inPratica 241.3.5 e inPratica 241.6.7), si cerca di evitare il superamento del limite consentito dall'aderenza, mediante l'automatico adeguamento dello sforzo frenante all'effettivo peso insistente, volta per volta, su ciascun asse;

con il dispositivo ABS, si cerca di evitare il bloccaggio delle ruote in caso di frenatura al limite, mantenendo l'aderenza tra il battistrada del pneumatico e la superficie stradale (v. inPratica 241.12.2);

con il dispositivo avanzato di frenata di emergenza si cerca di individuare automaticamente una situazione d'emergenza e di attivare il sistema di frenata del veicolo per farlo rallentare e di evitare o attenuare una collisione (v. inPratica 241.12.4);

con il dispositivo di assistenza alla frenata si cerca di riconoscere una situazione di frenatura di emergenza dal modo in cui viene sollecitato il comando del freno da parte del conducente (v. inPratica 241.12.5)

Caratteristiche costruttive e funzionamento del freno a tamburo

I ceppi possono aprirsi ruotando intorno a due perni fissi; se il comando avviene per mezzo di due pistoncini scorrenti in un unico cilindretto, l'utilizzazione dei due ceppi è diversa, risultando meglio sfruttato, ai fini della frenatura, quello che, trascinato dal moto di rotazione del tamburo, tende ad avvolgerglisi contro (ceppo autoserrante), piuttosto che quello che tende, invece, a chiudersi verso l'interno (ceppo trascinato).

(3)

1034.1.2

1034.1.3

Freno a ganasce a un cilindretto e due punti fissi

Per ovviare all'inconveniente si è cercato dapprima di duplicare i cilindretti di comando, in modo da porre in posizione diametralmente opposta le articolazioni dei due ceppi, e conferire quindi a ciascuno di essi la caratteristica dell'autoserraggio.

Freno a ganasce a doppio cilindretto e due punti fissi diametralmente opposti

Successivamente, conservando un unico cilindretto di comando, sono stati articolati i due ceppi su altrettanti perni, liberi dal disco portaceppi e fra loro collegati da una bielletta.

Il ceppo autoserrante, trascinato in rotazione dal tamburo, spinge, attraverso il perno di articolazione, la bielletta di collegamento che, per il tramite dell'altro perno, finisce col trasmettere la spinta all'altra ganascia, che tende a sua volta ad avvolgersi contro il tamburo, assumendo tutte le caratteristiche dell'autoserraggio.

Caratteristiche costruttive e funzionamento del freno a disco

Anziché per sfregamento di ceppi su tamburi (v. inPratica 1034.2.2), l'azione frenante può essere ottenuta con lo sfregamento di pattini (pastiglie) contro un disco che gira con le ruote (freno a disco).

In tal caso la pressione del liquido, anziché esercitarsi su pistoncini che comandano l'apertura delle ganasce, si sviluppa in corrispondenza di pistoncini che spingono i pattini a mordere il disco.

Funzionamento schematico della parte operativa di un impianto di frenatura idraulico a disco

Criteri generali per il calcolo dello spazio di frenatura

Il teorema delle forze vive afferma che la variazione di energia cinetica subita da un corpo in un certo tempo t è uguale al lavoro compiuto, nello stesso tempo t, da tutte le forze esterne agenti sul corpo.

Si dimostra che lo spazio che il veicolo percorre, prima di fermarsi, dopo il pieno intervento delle forze frenanti (spazio teorico di frenatura) vale:

ove V è la velocità espressa in km/h del veicolo, f è il coefficiente di aderenza e 254 un fattore di conversione che consente di ottenere lo spazio di frenatura in metri (1).

Come si rileva dalla formula scritta, lo spazio teorico di frenatura cresce con il quadrato della velocità, ove si ritenga f costante.

Ad accentuare l'incremento dello spazio teorico di frenatura con la velocità, concorre la diminuzione del coefficiente di

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1034.1.4

1034.1.5

aderenza con il crescere della velocità.

Criteri generali per il dimensionamento del freno di servizio a tamburo

Ipotizzando di schematizzare il tamburo ruotante e i ceppi in esso internamente collocati con l'articolazione di questi ritenuta intorno a un unico perno posto inferiormente si possono effettuare le seguenti considerazioni.

Schema della disposizione dei ceppi articolati in un unico perno

Per dimensionare correttamente il sistema di frenatura munito di elementi frenati del tipo a tamburo occorre effettuare una serie di calcoli per (2):

determinare la forza frenante esercitata sul tamburo dal ceppo di destra e di sinistra dovuta alle componenti verticali delle reazioni esercitate dal tamburo Nd e Ns sui ceppi di destra e sinistra;

riportare la forza al pneumatico in relazione al raggio R dello stesso;

determinare la spinta φ da esercitare sulla sezione del cilindro di comando del ceppo di destra e sinistra anche in relazione al braccio "a" di rotazione del ceppo;

determinare la spinta T da esercitare sul pedale del freno di servizio in relazione alla sezione del cilindro di comando della pompa dei freni.

Infine, si riesce a determinare la superficie frenante necessaria per ogni ruota anche in relazione alla velocità raggiungibile dal veicolo (v. inPratica 1034.3).

Rotolamento e strisciamento della ruota

Per comprendere il principio su cui si basa il funzionamento dei dispositivi che fanno parte dell'impianto di frenatura, sembra opportuno ricordare brevemente la cinematica secondo cui si sviluppa l'avanzamento di un veicolo sulle ruote in condizioni di:

aderenza fra battistrada e superficie stradale,

mancanza di aderenza fra battistrada e superficie stradale.

In condizioni normali di aderenza fra battistrada e superficie stradale, la ruota rotola sulla superficie stradale senza subire strisciamenti: la rotazione avviene intorno all'ideale punto di contatto istantaneamente esistente fra pneumatico e strada, variabile, lungo lo sviluppo del pneumatico, con regolare e continua successione.

In tali condizioni la velocità di avanzamento del veicolo è strettamente legata:

al numero dei giri che le ruote compiono ogni secondo,

al raggio di rotolamento del pneumatico, cioè alla distanza che intercorre fra asse della ruota e superficie stradale.

Se però le condizioni di aderenza fra pneumatico e strada non sono tali da assicurare l'aggancio (aderenza) fra battistrada e asperità della superficie stradale, la ruota, anziché rotolare, striscia.

Il punto di contatto fra pneumatico e strada non muta più di posizione lungo lo sviluppo del battistrada, ma vi resta fissato in una zona che non muta malgrado l'avanzamento del veicolo.

In tale caso la velocità di avanzamento del veicolo non è più correlabile con quella di rotazione delle ruote; questa, anzi, è addirittura nulla mentre il veicolo si muove con velocità diversa da zero, almeno finché dura la fase di scorrimento.

Fra i due casi estremi brevemente richiamati (rotolamento e strisciamento), sussistono infiniti casi intermedi nei quali la ruota presenta un movimento combinato di rotolamento e di strisciamento, ove fasi di slittamento si alternano con fasi di rotolamento.

Anche in questi casi, la velocità di avanzamento del veicolo non è rigidamente correlabile con quella di rotazione delle ruote. Il verificarsi delle fasi di slittamento conduce comunque a riconoscere che la velocità di avanzamento del veicolo è certamente superiore alla velocità media di rotazione delle ruote, calcolata rapportando i giri compiuti nelle fasi di rotolamento, al tempo complessivo in cui tali giri sono stati compiuti, compresi anche i tempi in cui la ruota, scorrendo, non ha compiuto alcuna rotazione.

In caso di rotolamento senza strisciamento, la velocità di avanzamento del veicolo, in metri al secondo, è:

Figura 32

ove n sono i giri compiuti al minuto dalle ruote ed R il raggio di rotolamento del pneumatico sotto carico.

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1034.2

1034.2.1

Nel caso in cui sussistano, invece, insieme al rotolamento, fasi di strisciamento, l'effettiva velocità di avanzamento del veicolo è certamente superiore a quella derivabile dalla relazione appena scritta, se n sono i giri compiuti in un minuto in tali condizioni di movimento combinato.

Infatti, essendo presenti fasi in cui la ruota striscia senza ruotare, i giri n' compiuti in un minuto sono certamente inferiori a quelli, n, che, nello stesso tempo, la ruota compirebbe se, nelle stesse condizioni di avanzamento, il movimento fosse di puro rotolamento.

La velocità corrispondentemente attribuibile al veicolo:

per essere n' < n, è dunque certamente inferiore a quella, v, fornita dalla prima relazione scritta.

Il superamento dello sforzo frenante massimo consentito dalle condizioni di aderenza provoca il bloccaggio delle ruote e il conseguente slittamento.

Prima di raggiungere tale stato limite di completo scorrimento, la ruota subisce movimenti combinati in cui le fasi di rotolamento si succedono a quelle di scorrimento.

In tale graduale passaggio, dal rotolamento puro al totale strisciamento, le fasi di strisciamento, con il crescere dell'intensità dell'azione frenante, divengono sempre più frequenti e prolungate.

Parallelamente aumenta il divario fra velocità di effettivo avanzamento del veicolo e velocità che, per Io stesso avanzamento, è, invece, calcolabile partendo dalla conoscenza dei giri mediamente compiuti dalle ruote in ogni minuto.

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA IDRAULICA

L'impianto di frenatura che equipaggia i veicoli leggeri (aventi massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t e 9 posti) è, di norma, di tipo idraulico e comprende i freni di servizio, di soccorso e di stazionamento.

Può comprendere altri dispositivi quali:

servofreno,

correttore di frenata, ABS,

sistema avanzato di frenata di emergenza e di assistenza alla frenata.

Freno di servizio idraulico con circuiti indipendenti per le ruote anteriori e posteriori.

Freni anteriori a disco e posteriori a tamburo

Caratteristiche costruttive del freno di servizio idraulico

Nella frenatura idraulica il pedale del freno comanda il pistoncino di una pompa (pompa di comando) contenente un liquido speciale proveniente da un sovrastante serbatoio.

II liquido, oltre la pompa, riempie:

le tubazioni che, partendo dalla pompa, raggiungono i quattro cilindretti operatori sistemati rispettivamente in prossimità di ciascuna ruota;

lo spazio che, in ciascun cilindretto operatore è delimitato da due pistoncini.

Lo spostamento del pistoncino della pompa, azionato dal pedale del freno, riduce, nel cilindro della pompa; il volume del liquido che, in un primo tempo, risale nel serbatoio; dopo che il pistoncino, avanzando, chiude la comunicazione fra cilindretto e sovrastante serbatoio, il liquido è costretto a percorrere le tubazioni e a raggiungere i cilindretti operatori, ove il volume perduto nel cilindro di comando viene riguadagnato con lo spostamento dei pistoncini che delimitano ciascun cilindretto operatore.

I due pistoncini dei cilindretti, nei freni a tamburo, sono collegati a due ceppi rivestiti di materiale speciale (ferodo);

l'allontanamento dei due pistoncini provoca pertanto il divaricamento dei ceppi e il conseguente sfregamento di questi contro la superficie interna di un tamburo che gira insieme con la ruota, provocandone il rallentamento.

Una molla, che internamente collega i ceppi, li richiama in posizione di riposo non appena cessa l'azione del piede contro il pedale del freno.

Lo stesso pistone della pompa di comando è riportato in posizione di riposo da una molla che era stata compressa durante l'azione frenante.

(6)

1034.2.2

a) b) c) d)

1034.2.3

1034.3

Caratteristiche costruttive del freno di soccorso idraulico

La rottura di una sola tubazione o la perdita di tenuta di un qualsiasi pistoncino dell'impianto di servizio, determinando un'apertura nel circuito, toglie all'impianto frenante ogni efficienza (il pedale del freno arriva a fondo corso e il veicolo non frena).

Per ovviare a tale grave inconveniente, il circuito, anziché unico, viene realizzato in due parti non comunicanti fra loro, ciascuna in grado di conservare integra la relativa efficienza in caso di rottura dell'altra (doppio circuito).

Due sono pertanto i serbatoi per il liquido, rispettivamente per l'alimentazione dell'una e dell'altra sezione; tali sezioni, di norma, provvedono alla frenatura dell'asse anteriore e dell'asse posteriore (schema a TT).

Sono anche diffusi accoppiamenti diversi, quale quello che prevede una sezione per la ruota anteriore destra e la ruota posteriore sinistra e una sezione per la ruota anteriore sinistra e quella posteriore destra (schema a XX) o altri più complessi (schema a LL oppure HH) (v. inPratica 241.14.1).

Anche le pompe di comando possono essere due; in generale, tuttavia, lo sdoppiamento della pompa di comando viene conseguito collocando in un unico cilindro due pistoncini in successione.

In questo caso le cose sono sistemate in modo che la perdita di tenuta della guarnizione di uno dei due pistoncini non comprometta l'ermeticità della parte del cilindro interessata dall'altra sezione, per cui la frenatura di un asse è comunque assicurata.

Parimenti assicurata è la frenatura di un solo asse ove una o più perdite si verificassero nelle tubazioni o nelle tenute dei pistoncini operatori appartenenti a una stessa sezione.

Pompa di comando di un impianto frenante a doppio circuito I due circuiti sono in posizione di riposo;

i due circuiti sono in pressione;

rottura del circuito secondario: il primo pistoncino spinge direttamente il secondo, che trasmette la pressione al fluido del circuito primario;

rottura del circuito primario: il secondo pistoncino si porta a fondo corsa delimitando lo spazio da cui si dirama il circuito secondario, nel quale il fluido si raccoglie in pressione sotto la spinta del primo cilindretto.

Con tale realizzazione costruttiva il freno di servizio assolve anche la funzione di soccorso, essendo in grado di arrestare il veicolo, sia pure in spazi maggiori, in caso di avaria dell'impianto.

Caratteristiche costruttive del freno di stazionamento È generalmente comandato a mano e agisce sulle ruote posteriori.

Il comando, se manuale, è realizzato con una leva impugnabile dal conducente e ancorabile, in posizione di frenatura, su un settore a cremagliera, per mezzo di un arpioncino.

Il sollevamento della leva da parte del conducente provoca il tiro di due cavi, rispettivamente collegati alle estremità di due levette poste in prossimità delle ruote dell'asse posteriore; il movimento delle levette provoca la rotazione dell'eccentrico posto fra i ceppi e, quindi, l'allargamento di questi che, premendo contro i tamburi, assicurano infine l'immobilità del veicolo.

La frenatura di stazionamento è del tutto indipendente da quella di servizio; per tal motivo, in alcuni casi, ad essa viene anche affidata la funzione di freno di soccorso.

Tuttavia, i veicoli più recenti sono muniti frequentemente di freno di stazionamento a comando elettrico nei quali il conducente, tramite un pulsante, aziona un motorino elettrico che provoca il tiro di due cavi, rispettivamente collegati alle estremità di due levette poste in prossimità delle ruote dell'asse posteriore.

DISPOSITIVO SERVOFRENO DELL'IMPIANTO IDRAULICO

Lo sforzo frenante massimo conseguibile con il sistema di frenatura idraulico dipende dalla forza che il conducente esercita sul pedale del freno; lo stesso sforzo, a parità di spinta applicata al pedale del freno, può però essere aumentato applicando uno, o entrambi i seguenti provvedimenti:

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1 2 3 4

1034.3.1

sistemazione della leva del freno in modo che il centro di rotazione (distanza L), l'applicazione della spinta del piede (T) e il collegamento con la pompa di comando siano tali che a un determinato spostamento del pedale corrisponda un più piccolo avanzamento del pistoncino della pompa.

Collegamento del pedale con la pompa di comando in un circuito frenante idraulico

Con tale accorgimento la spinta che si trasmette alla pompa è maggiore della forza esercitata sul pedale, ed è tanto maggiore quanto maggiore è lo spostamento del pedale nei confronti dell'avanzamento corrispondentemente subìto dal pistoncino;

aumento del diametro dei cilindretti operatori nei confronti del diametro del cilindro di comando; con tale secondo accorgimento viene ad accrescersi il valore della spinta che direttamente divarica i ceppi e li comprime contro il tamburo.

Ambedue i provvedimenti, come è facile verificare, esigono però forti aumenti nella corsa del pedale che, oltre un certo limite, non possono essere realizzati sia per mancanza di spazio, sia perché le lunghe corse del pedale fanno aumentare notevolmente i tempi morti durante i quali il sistema frenante, pur essendo azionato dal conducente, non interviene.

Con gli sforzi massimi sviluppabili al pedale in situazioni di emergenza e con gli spostamenti massimi per questo ammissibili, la massa massima del veicolo frenabile in buone condizioni di aderenza non può superare circa 1500 - 2000 daN.

Per masse maggiori è dunque necessario far ricorso a sistemi di frenatura che utilizzano energie diverse da quella muscolare dell'uomo (frenatura servoassistita).

Con tali sistemi il conducente, spostando il pedale dal freno, si limita a richiamare l'intervento di tali forze, che, dall'ambiente in cui sono accumulate, si portano a esercitare la loro azione sul pistoncino della pompa di comando, provocandone lo spostamento.

Lo sforzo frenante conseguibile con il sistema di frenatura idraulica appena descritto è valutabile con appropriate calcolazioni.

Servofreno a depressione con circuito idraulico sdoppiato Pompa idraulica,

servofreno, pinza freni anteriori, pinza freni posteriori.

Caratteristiche costruttive del servofreno dell'impianto idraulico

L'impianto di frenatura idraulica con servofreno a depressione in passato era piuttosto frequente nelle autovetture di massa complessiva superiore ai 1.200-1.500 kg mentre, attualmente, viene installato su quasi tutti gli autoveicoli.

Di norma, il dispositivo viene collocato in corrispondenza della pompa idraulica

Il servofreno utilizzato negli impianti di frenatura idraulici può essere, in condizioni di riposo (cioè quando non è attivato il pedale del freno), con camere, a:

pressione atmosferica, oppure

pressione inferiore alla pressione atmosferica.

Servofreno con camere, a riposo, a pressione atmosferica

Il dispositivo principale del freno è costituito da uno stantuffo libero di scorrere in un cilindro orizzontale (servofreno); lo stantuffo, attraverso uno stelo, comanda il pistoncino della pompa idraulica dell'impianto frenante:

se sulle due facce dello stantuffo agisce la pressione atmosferica, esso non subisce alcuno spostamento, poiché le spinte che la pressione atmosferica esercita sulle due facce sono uguali e opposte;

se però in una delle due camere del cilindro delimitate dallo stantuffo, la pressione viene ridotta, la pressione atmosferica che è presente sull'altra camera svolge sullo stantuffo una spinta che prevale su quella esercitata dalla pressione ridotta sulla faccia opposta dello stesso stantuffo.

Negli impianti di frenatura con servofreno a depressione viene utilizzata la depressione che si crea nel collettore di aspirazione durante la fase di aspirazione svolta dal pistone del motore.

Abbassando il pedale del freno, oltre che spostare direttamente il pistoncino della pompa idraulica mediante lo stelo di collegamento, si pone in comunicazione, attraverso un'apertura graduabile, il serbatoio del vuoto con la camera del servofreno collocata verso la pompa idraulica.

Lo stantuffo del servofreno, per il diverso valore delle pressioni agenti sulle due facce, si sposta verso la camera in comunicazione col serbatoio del vuoto; nello spostamento, esso trascina lo stelo e, quindi, il pistoncino della pompa idraulica che pone in pressione l'olio del circuito frenante. Il comando diretto del pistoncino della pompa idraulica da parte del pedale del freno, che è soltanto di ausilio nel funzionamento ordinario del dispositivo, diventa fondamentale nel caso che, per spegnimento del

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1 2 3 4 5 6 7 8

1 2 3 4 5 6

1034.4

1034.4.1

motore o per perdite nel circuito di depressione, venga a mancare la spinta della pressione atmosferica.

In questa eventualità l'arresto del veicolo in spazi ammissibili è possibile soltanto esercitando sul pedale del freno uno sforzo notevolissimo, essendo necessario supplire, con l'energia muscolare, alla perdita dell'azione svolta dalla pressione atmosferica.

Graduando l'abbassamento del pedale del freno è possibile dosare la depressione che si crea nel circuito, e, quindi, lo sforzo frenante.

Freno idraulico con servofreno a depressione - Posizione di sfrenatura Valvola ritenuta,

serbatoio del vuoto, valvola,

agli elementi frenanti, pistoncini pompa idraulica, pistone,

cilindro, pedale del freno.

Servofreno con camere, a riposo, a pressione inferiore a quella atmosferica

Nel sistema illustrato, nelle due camere delimitate dallo stantuffo agisce, in condizioni di riposo, la pressione atmosferica e la spinta necessaria all'attivazione della pompa idraulica viene conseguita mediante riduzione della pressione nella camera del cilindro a quella adiacente.

La stessa spinta può ovviamente essere conseguita mantenendo, in condizioni di riposo, le due camere delimitate dallo stantuffo a una pressione inferiore a quella atmosferica e portando quindi alla pressione atmosferica la camera del cilindro più lontana dalla pompa idraulica.

Costruttivamente, il pedale del freno, oltre che dar inizio all'azione frenante per diretto intervento sulla pompa idraulica, trasmette la spinta, attraverso un pistoncino e una molla, al pistoncino scorrevole della valvola V, provocando la chiusura del collegamento fra la camera C e il serbatoio del vuoto da cui è prelevata la depressione e ponendo la camera stessa in comunicazione con l'atmosfera.

Freno idraulico con servofreno a depressione - Posizione di sfrenatura Serbatoio del vuoto,

valvola,

stantuffi scorrevoli, liquido circuito freni, pistoncini pompa idraulica, pedale del freno.

Il sistema, oltre che permettere una spinta graduabile e, quindi, un'azione frenante dosabile, presenta, nei confronti del primo descritto, una più prolungata efficienza in caso di arresto del motore, costituendo l'insieme un vero e proprio serbatoio del vuoto di grande capacità.

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA PNEUMATICA

L'impianto di frenatura che equipaggia i veicoli pesanti (aventi massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t e aventi più di 9 posti) è, di norma, di tipo pneumatico (ad aria compressa) e comprende i freni di servizio, di soccorso e di stazionamento.

Può comprendere altri dispositivi quali:

correttore di frenata, ABS,

sistema avanzato di frenata di emergenza e di assistenza alla frenata.

L'impianto è costituito da elementi che non sono presenti negli impianti idraulici e possiedono peculiari caratteristiche costruttive per far funzionare il sistema di frenatura ad aria compressa.

Principio di funzionamento ed elementi costitutivi dell'impianto di frenatura pneumatica L'impianto di frenatura di tipo pneumatico (ad aria compressa) è costituito da:

compressore, serbatoi,

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VCC VCA VAA VAC

gruppo di regolazione, depuratore,

valvola a pressione controllata, distributore,

altri dispositivi.

Compressore

Dovendo disporre di aria compressa, l'impianto deve necessariamente essere dotato di un compressore, cioè di un dispositivo capace di comprimere l'aria in appositi serbatoi di accumulo.

II compressore è costituito da un cilindro entro cui scorre a tenuta un pistone dotato di movimento alternativo trasmessogli dall'albero motore.

Nella corsa discendente del pistone, l'aria, dopo aver attraversato un filtro, viene richiamata nel cilindro attraverso la valvola di aspirazione; durante la corsa di risalita l'aria viene compressa fino al momento in cui si apre la valvola di mandata.

Quest'ultima si apre non appena la pressione nell'interno del cilindro supera quella della condotta di mandata, che ordinariamente è dell'ordine dei 10 bar; da questo momento l'aria compressa fuoriesce dal compressore e, percorse le varie tubazioni, raggiunge i serbatoi di accumulo.

Il compressore è collocato, di norma, nel vano motore ed è collegato al motore (v. inPratica 241.5.1).

Fasi del compressore dell'aria: a) aspirazione - b) compressione Valvola di compressione chiusa,

valvola di compressione aperta, valvola di aspirazione aperta, valvola di aspirazione chiusa.

Serbatoi

Nei serbatoi si accumula l'aria compressa prodotta dal compressore; per evitare che l'aria contenuta nei serbatoi sotto pressione torni al compressore, viene collocata, nella conduttura di mandata, una valvola di non ritorno, capace di aprirsi soltanto nella direzione compressore-serbatoio e non viceversa. Un aumento della pressione dell'aria inviata dal compressore ai serbatoi, oltre che essere pericoloso per le tubazioni e per tutti i dispositivi con cui questa viene a contatto, può provocare lesioni e rotture negli stessi serbatoi di accumulo.

Per evitare tale pericolo è necessario che il compressore interrompa l'invio dell'aria nei serbatoi quando in questi viene raggiunta la pressione di funzionamento prevista (pressione di taratura). A questo provvede il gruppo di regolazione.

I serbatoi e la valvola di non ritorno sono ancorati, di norma, al telaio del veicolo, e sono visibili nella parte inferiore e/o laterale del veicolo (v. inPratica 241.5.4).

Gruppo di regolazione

Il gruppo di regolazione consta di:

una valvola di regolazione (detta di scarico), una valvola di sicurezza,

un segnalatore di bassa pressione.

La funzione principale del gruppo di regolazione è quella di evitare che il compressore continui a inviare aria nei serbatoi quando in questi si è raggiunta la pressione di taratura.

Lo stesso gruppo provvede a:

ripristinare automaticamente l'invio dell'aria dal compressore ai serbatoi non appena in questi la pressione scende al disotto di un certo limite;

interrompere l'invio dell'aria compressa, di norma, non disattivando il compressore, ma facendo in modo che l'aria, compressa dal compressore che continua a funzionare, venga scaricata all'esterno, anziché essere inviata ai serbatoi.

Il gruppo deve quindi contenere un'apertura che consenta di porre automaticamente in comunicazione l'ambiente esterno con il circuito proveniente dal compressore, non appena nei serbatoi la pressione raggiunge il valore di taratura. Le realizzazioni costruttive del dispositivo sono molteplici; però ogni soluzione prevede, nel circuito dell'aria compressa, una comunicazione con l'ambiente esterno, normalmente tenuta chiusa da una valvola.

L'apertura della valvola è comandata da un pistone, a sua volta sensibile alle variazioni di pressione che si determinano nel circuito dell'aria compressa; quando la pressione dell'aria supera il valore di taratura (9,5-10 bar), il pistone si sposta, provocando l'apertura della valvola che consente lo scarico dell'aria compressa direttamente all'esterno.

Lo spostamento del pistone può essere comandato dall'aria compressa:

direttamente, oppure tramite una membrana.

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a) b) 1

a) b) 1 2

Una realizzazione che prevede il comando diretto è quella in cui il pistone presenta la superficie superiore a contatto con l'aria in pressione che viene inviata ai serbatoi; la superficie inferiore del pistone è a contatto con un puntale capace di spostare l'estremità di una sottostante leva fulcrata al centro.

L'altra estremità della leva comanda, a mezzo di un altro puntale, l'apertura di una valvola a sfera, normalmente tenuta chiusa da una molla.

La valvola a sfera, se aperta, stabilisce una comunicazione fra l'aria compressa che viene inviata ai serbatoi e l'ambiente esterno; poiché l'aria compressa, per entrare nei serbatoi, deve vincere la resistenza opposta dalla valvola di ritenuta, collocata all'ingresso dei serbatoi per impedirne il ritorno al compressore, l'apertura della valvola a sfera realizza un percorso di minor resistenza, che interrompe l'alimentazione dei serbatoi.

Regolatore di pressione a comando diretto Compressore in fase di carica,

compressore funzionante a vuoto.

Valvola di sicurezza.

Una realizzazione che prevede invece il comando indiretto è quella in cui l'aria compressa è a contatto con una membrana il cui sollevamento, contrastato da una molla, viene provocato dal superamento della pressione di taratura.

Il sollevamento della membrana determina l'apertura di una valvola attraverso cui l'aria compressa si porta in una camera sovrastante un pistone che, sotto la spinta dell'aria compressa, si sposta verso il basso, aprendo infine la valvola di scarico per il funzionamento a vuoto del compressore.

A garanzia del non superamento della pressione di taratura il gruppo di regolazione contiene una seconda valvola, generalmente del tipo a sfera (valvola di sicurezza), che pone in diretta comunicazione con l'ambiente esterno il circuito dell'aria compressa nel tratto compressore-serbatoi; questa seconda valvola si apre se la pressione dell'aria raggiunge un valore superiore a quello per il quale si apre la prima.

Regolatore di pressione a membrana Compressore di in fase di carica,

funzionamento del compressore a vuoto.

Membrana, valvola di sicurezza.

Il gruppo di regolazione contiene infine anche un segnalatore di bassa pressione, cioè un dispositivo, generalmente costituito da una luce rossa posta sul quadro degli strumenti di misura e controllo, in grado di avvertire il conducente circa il basso valore raggiunto dalla pressione dell'aria contenuta nei serbatoi.

È appena il caso di ricordare che un valore ridotto della pressione dell'aria nei serbatoi è di grave pericolo, poiché dalla pressione dell'aria dipende la spinta che il pistone principale dell'impianto esercita sul pistoncino della pompa idraulica dei freni e, perciò, l'efficacia della frenatura.

Il gruppo di regolazione è ancorato, di norma, al telaio del veicolo, ed è visibile nella parte inferiore e/o laterale del veicolo (v.

inPratica 241.5.4).

Manometro

Il manometro è lo strumento che indica al conducente la pressione esistente nei serbatoi e quella di frenatura, cioè quella che, nel caso di freno totalmente pneumatico, esiste negli elementi frenanti; nel caso del freno idropneumatico, la pressione di frenatura è quella esistente nel convertitore.

A questo scopo il manometro è munito, di norma, di due lancette:

una rossa, che indica la pressione dell'aria accumulata nei serbatoi, una nera, invece, che indica la pressione di frenatura.

La lancetta nera, che quando il veicolo è sfrenato sta sullo zero della scala, si muove in proporzione dell'abbassamento trasmesso col piede al pedale del freno, spostandosi verso i valori più alti per le più pronunciate schiacciate di quel pedale.

Tuttavia, i veicoli più recenti possono essere muniti di strumenti digitali che svolgono le medesime funzioni del manometro a lancetta.

Depuratore

Prima che raggiunga il gruppo di regolazione, l'aria compressa viene costretta ad attraversare un depuratore, allo scopo di

(11)

A B a) b) 1

depositarvi le sostanze estranee trascinate, quali olio, prodotti carboniosi, condense; l'aria compie nel depuratore dei percorsi circolari che provocano la separazione, per forza centrifuga, delle suddette impurità.

Valvola a pressione controllata

Nel caso in cui l'autoveicolo sia munito di servizi ausiliari a funzionamento pneumatico, è presente, in aggiunta a quelli che alimentano i circuiti frenanti, anche un serbatoio per il funzionamento di tali apparecchiature ausiliarie.

Per ovvi motivi di sicurezza, in tale eventualità, è necessario sistemare le cose in modo che il riempimento del serbatoio che alimenta i servizi ausiliari abbia luogo solo dopo che nei serbatoi dei circuiti frenanti sia stata raggiunta una pressione di valore tale da garantire un efficiente intervento del sistema frenante (pressione di sicurezza).

Nella stessa eventualità è necessario evitare che nei serbatoi che alimentano i circuiti frenanti la pressione scenda al di sotto del valore di sicurezza nel caso in cui nel circuito che alimenta i servizi ausiliari si verifichi una qualsiasi perdita.

Per soddisfare entrambi gli scopi viene sistemata, prima del serbatoio dei servizi ausiliari, una "valvola a pressione controllata"

che, oltre a rendere più rapido l'aumento della pressione nel circuito dei freni, permette l'alimentazione dei circuiti dei servizi solo dopo che nel circuito frenante sia stata superata la pressione di sicurezza.

La stessa valvola, che collega il circuito dei freni a quello dei servizi, si chiude ogni volta che la pressione nel circuito frenante scende al di sotto del valore di sicurezza. Schematicamente, la membrana:

resta sollevata, e, quindi, la valvola resta chiusa isolando il circuito dei freni da quello dei servizi, fino a che la pressione dell'aria che proviene dal serbatoio dei freni non raggiunge il valore minimo riconosciuto sufficiente ad assicurare la necessaria efficienza all'intervento dei freni;

si sposta verso il basso, dopo aver superato la resistenza della molla, provocando l'apertura della valvola e, quindi, il collegamento fra i due circuiti pneumatici, solamente dopo il superamento del suddetto valore della pressione dell'aria.

Valvola a pressione controllata Dal serbatoio dei freni di servizio,

Al serbatoio dei servizi ausiliari.

Valvola chiusa: il serbatoio dei servizi ausiliari non è alimentato;

valvola aperta.

Membrana.

Distributore

La spinta che l'aria compressa esercita sul pistone, e che si trasmette poi alla pompa idraulica dei freni, dipende, per un certo diametro dello stantuffo, dalla pressione dell'aria.

Se ogni volta che si preme il pedale del freno l'aria venisse a contatto dello stantuffo con la stessa pressione sotto cui si trova nei serbatoi di accumulo, non sarebbe possibile graduare la frenata, risultando sempre della stessa entità, e pari al valore massimo, l'intervento del sistema.

Per poter attribuire al sistema di frenatura idro-pneumatico il requisito della moderabilità, cioè la facoltà di intervenire in misura più o meno intensa, è necessario inserire nel sistema un dispositivo che adegui la pressione dell'aria inviata al convertitore pneumo-idraulico, alla entità dello schiacciamento trasmesso con il piede al pedale del freno.

La stessa considerazione vale per la sfrenatura: se a una qualsiasi corsa di ritorno del pedale del freno corrispondesse il completo ripristino della pressione atmosferica nella camera del convertitore pneuidraulico, non sarebbe possibile moderare la sfrenatura.

Il distributore provvede a soddisfare le due esigenze, rendendo possibile la dosabilità:

dell'invio dell'aria compressa verso il convertitore, dello scarico dell'aria compressa dal convertitore.

A titolo esemplificativo, si descrive, nelle linee essenziali e nei soli particolari necessari alla compressione del funzionamento, un tipo di distributore abbastanza diffuso anche negli impianti di tipo esclusivamente pneumatico.

Esso è costituito da un cilindro diviso in due camere da un diaframma fisso; nel diaframma è collocata una valvola che, se aperta; pone in comunicazione le due camere.

La camera superiore, in comunicazione con l'ambiente esterno per mezzo di un'apertura posta in alto, è ulteriormente suddivisa in due ambienti da un pistone scorrevole, il cui spostamento comanda una valvola capace di mettere in comunicazione, se aperta, l'ambiente inferiore con quello sovrastante.

Il cilindro è quindi suddiviso in tre ambienti:

uno, inferiore, delimitato dal diaframma fisso;

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1 2 3 4 5 6 7 8 9

uno, intermedio, superiormente delimitato dal pistone mobile;

uno, superiore.

Distributore: a) posizione di sfrenatura - b) posizione di frenatura dosata Pistone scorrevole,

valvola aperta, diaframma fisso, valvola chiusa, aria compressa, valvola chiusa, aria a pressione dosata, valvola aperta, aria compressa.

La camera inferiore è permanentemente in comunicazione con i serbatoi ed è quindi piena di aria alla stessa pressione di quella contenuta nei serbatoi di accumulo; essa può essere messa in comunicazione con la camera intermedia attraverso l'apertura della valvola posta sulla parete fissa.

La camera superiore, permanentemente in comunicazione, attraverso un foro di scarico, con l'ambiente esterno, può essere posta in comunicazione con la camera intermedia attraverso la valvola comandata dallo stantuffo mobile.

L a camera intermedia, pertanto, può essere messa in comunicazione con quella inferiore, ripiena di aria compressa, attraverso la valvola posta sulla parete fissa, o con quella superiore, in comunicazione con l'ambiente esterno, attraverso la valvola comandata dal pistone mobile.

Essa è permanentemente in comunicazione con il convertitore pneuidraulico.

Pertanto:

a riposo, cioè con il pedale del freno alzato, un sistema di molle opportunamente tarate conferisce al pistone mobile una posizione tale da assicurare la chiusura della valvola posta fra camera inferiore e intermedia, e l'apertura di quella che pone in comunicazione la camera intermedia con quella superiore;

L'aria compressa è quindi costretta a occupare la sola camera inferiore, mentre il convertitore, attraverso la camera intermedia, è a contatto con l'ambiente esterno: il veicolo è sfrenato;

lo spostamento verso il basso del pistone determina la chiusura della valvola di comunicazione della camera intermedia con quella superiore, e quindi, con l'ambiente esterno, e apre invece la comunicazione fra camera inferiore e camera intermedia, rendendo possibile il passaggio dell'aria compressa verso il convertitore;

abbassando parzialmente il pedale del freno si comprime una molla che, agendo sul pistone mobile, ne determina l'abbassamento: si chiude così la comunicazione fra ambiente esterno e camera intermedia, mentre si apre la comunicazione fra questa e la camera inferiore.

L'aria compressa, attraverso la camera intermedia, affluisce verso il convertitore pneumoidraulico con una pressione che, dopo una diminuzione dovuta all'aumento del volume occupato, tende a riportarsi verso il valore massimo, fino a che dura l'afflusso, cioè fino alla chiusura della valvola di immissione.

La chiusura della valvola di immissione si verifica allorché la pressione dell'aria che attraversa la camera intermedia, sviluppa sul pistone mobile una spinta che supera quella delle molle di regolazione, dipendente dalla corsa svolta dal pedale del freno.

In quel momento il pistone si solleva chiudendo la valvola di immissione e impedendo l'ulteriore afflusso, verso il convertitore, di aria compressa.

Un ulteriore abbassamento del pedale del freno, aumentando la spinta delle molle che tendono ad abbassare il pistone, provoca una nuova apertura della valvola di immissione e quindi un aumento della pressione dell'aria inviata al convertitore, il cui flusso cessa allorché si raggiunge il nuovo equilibrio.

Inversamente, diminuendo lo sforzo sul pedale del freno, si apre la valvola di scarico: l'aria compressa torna dal convertitore al distributore e, attraversando la camera intermedia, si porta in quella superiore da cui si scarica infine nell'atmosfera.

Anche in questo caso lo scarico dell'aria, e quindi la diminuzione della pressione dell'aria presente nel convertitore, si produce fino a che la pressione delle molle di regolazione, prevalendo sulla spinta esercitata dall'aria, riporta il pistone in basso richiudendo la valvola di scarico.

I l distributore attualmente utilizzato è di tipo duplex ed è installato all'interno della cabina del veicolo, (v. inPratica 241.6.1).

Elementi frenanti

Gli elementi frenanti sono costituiti da un cilindro entro cui scorre a tenuta un pistone, il cui stelo comanda una leva che,

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1 2 3

1034.4.2

1034.4.3

1034.5

1034.5.1

ruotando, trascina in rotazione un eccentrico capace di allargare i ceppi fra le cui estremità è collocato.

L'aria compressa, provenendo dal distributore alla pressione voluta, spinge il pistone che, facendo ruotare l'eccentrico, obbliga i ceppi a premere contro il tamburo.

Elemento frenante: a)posizione di frenatura - b) posizione di sfrenatura Pistone

Soffietto Molla

Gli elementi frenanti a membrana sono installati in corrispondenza delle ruote (v. inPratica 241.6.4).

Caratteristiche costruttive del freno di soccorso pneumatico

Come nel caso della frenatura idraulica, anche nel freno pneumatico viene realizzato lo sdoppiamento dell'impianto.

A tal fine, nel caso di:

veicoli a due assi, l'impianto viene realizzato con due sezioni completamente indipendenti, rispettivamente per il comando dei freni applicati sull'asse anteriore e di quelli applicati sull'asse posteriore;

veicoli a tre assi le sezioni indipendenti possono similmente essere due, rispettivamente per il comando dei freni di un asse e di quelli applicati sugli altri due insieme, o tre, rispettivamente per il comando dei freni di ciascun asse.

Ciascuna sezione è alimentata da un distinto serbatoio; distinti sono anche i distributori e, ovviamente, gli elementi frenanti adiacenti alle ruote dell'asse comandato.

Tuttavia, vengono realizzati anche schemi di collegamento del freno di soccorso di tipo diverso da quelli indicati: ad es., nel caso di veicoli a tre assi le sezioni indipendenti possono similmente essere due, una per il comando dei freni dell'asse anteriore e dell'ultimo asse posteriore e l'altra per il secondo asse.

Gli schemi descritti sono:

di tipo a TT,

utilizzati su quasi tutti i veicoli pesanti.

Caratteristiche costruttive del freno di stazionamento pneumatico È generalmente comandato a mano dal conducente e agisce sulle ruote posteriori.

In passato, il comando, era realizzato con una leva impugnabile dal conducente e ancorabile, in posizione di frenatura, su un settore a cremagliera, per mezzo di un arpioncino che, tramite cavi, rispettivamente collegati alle estremità di due levette poste in prossimità delle ruote dell'asse posteriore provocavano la rotazione dell'eccentrico posto fra i ceppi e, quindi, l'allargamento di questi che, premendo contro i tamburi, assicuravano infine l'immobilità del veicolo.

Ormai da tempo, il comando, è realizzato con una levetta (manettino) impugnabile dal conducente che, facendo fuoriuscire l'aria dall'apposito elemento frenante a membrana, consente a una molla di provocavare la rotazione dell'eccentrico posto fra i ceppi e, quindi, l'allargamento di questi che, premendo contro i tamburi, assicurano infine l'immobilità del veicolo. Questo tipo di freno è di sicurezza in quanto si attiva in assenza di aria e richiede l'invio di aria compressa per la disattivazione.

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA PNEUMOIDRAULICO L'impianto di frenatura di tipo pneumo-idraulico (ad aria compressa) è costituito essenzialmente da:

una sezione pneumatica (ad aria compressa), comandata direttamente dal conducente, una sezione idraulica (a olio), collegata agli elementi frenanti e alle ruote,

un convertitore idro-pneumatico, che collega le due sezioni.

Caratteristiche costruttive del convertitore idro-pneumatico del sistema di frenatura pneumo-idraulica

Anche in questo tipo di frenatura il dispositivo fondamentale è costituito da un cilindro entro cui scorre a tenuta un pistone collegato alla pompa idraulica dell'impianto frenante.

Lo stantuffo però, anziché essere spostato dalla pressione atmosferica in conseguenza della riduzione di pressione provocata in una delle due camere delimitate dallo stantuffo stesso nel cilindro, viene spostato dall'aria che, preventivamente compressa e accumulata in un serbatoio, viene portata a contatto di una delle sue facce (convertitore idro-pneumatico).

L'aria compressa esercita, infatti, sulla faccia dello stantuffo, con cui viene a contatto, una spinta superiore a quella che la pressione atmosferica esercita sulla faccia opposta. Lo stantuffo, spostandosi, comanda, per mezzo di uno stelo, il pistoncino della pompa idraulica, che invia, infine, l'olio compresso ai cilindretti operatori.

(14)

1 2 3

1034.5.3

1034.6

Convertitore idro-pneumatico, posizione di frenatura Pompa idraulica,

molla, stantuffo.

1034.5.2

Frenatura di soccorso pneumoidraulica

Il sistema frenante pneumo-idraulico munito di un solo convertitore idro-pneumatico, non presenta quel carattere di sicurezza richiesto dalla regolamentazione vigente, secondo cui, in caso di inefficienza di una parte del sistema, deve essere garantita la frenatura di almeno un asse, o, più in generale, un'efficienza residua pari almeno alla metà di quella relativa alla frenatura integrale.

Lo sdoppiamento della parte idraulica, realizzabile, come nel caso della frenatura totalmente idraulica, utilizzando due pompe idrauliche, rispettivamente in comunicazione con le tubazioni che comandano gli elementi frenanti dell'asse anteriore e di quello posteriore, non sembra sufficiente, poiché il provvedimento assicura l'efficienza residua del freno soltanto nel caso di guasto nella parte idraulica, e non anche nella sezione pneumatica del freno.

II reale sdoppiamento dell'impianto deve quindi essere realizzato sdoppiandone anche la parte pneumatica.

L'impianto regolamentare è quindi formato da due sezioni indipendenti che sono:

alimentate da serbatoi di aria compressa distinti;

provviste, ciascuna, del proprio convertitore idropneumatico.

Distinti sono anche i distributori che regolano l'invio dell'aria compressa nelle due sezioni, anche se unico, è l'apparecchio che li contiene, per esigenze di azionamento contemporaneo e di equilibramento della forza trasmessa dal pedale del freno.

La spinta realizzabile sul pistone del convertitore dipende da! salto di pressione che è possibile conseguire fra le due facce del pistone stesso.

Nel caso del servofreno a depressione (v. inPratica 1034.3.1), le depressioni normalmente realizzabili nella camera che si pone in comunicazione con il serbatoio del vuoto sono dell'ordine di 0,5-0,7 bar, per cui i salti di pressione fra le due facce del pistone sono, corrispondentemente, pari all'incita a 0,5-0,3 bar (1 bar = 105Pa).

Invece, nei sistemi di frenatura idropneumatici ad aria compressa i salti di pressione sono dell'ordine dei 6-8 bar, per cui una stessa spinta sul pistoncino della pompa idraulica è realizzabile con stantuffi di diametro inferiore che nel caso di sistemi con servofreno a depressione; uno stesso stantuffo, nel caso di sistemi frenanti idropneumatici azionati ad aria compressa, consente lo sviluppo di spinte maggiori che negli impianti provvisti di convertitori a depressione.

Calcolo del diametro dello stantuffo nel servofreno a depressione e ad aria compressa

Se una superficie di estensione S è premuta con una pressione p, la forza cui la superficie è sottoposta è:

F = p • S

Tramite questa semplice formula si dimostra che, a parità di diametro dello stantuffo, la forza F cui la superficie S è sottoposta nel caso di servofreno ad aria compressa è più di 10 volte superiore rispetto a quella del corrispondente servofreno a depressione

(3).

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DELL'IMPIANTO DI FRENATURA DEL RIMORCHIO

L'impianto di frenatura di un rimorchio pesante (massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t) deve:

essere moderabile, cioè capace di sviluppare azioni frenanti graduabili in intensità;

presentare una efficienza commisurata a quella dell'impianto frenante esistente sulla motrice;

intervenire in concomitanza con i freni della motrice;

essere azionabile dallo stesso comando che aziona i freni applicati sulla motrice (freno continuo);

intervenire automaticamente in caso di distacco fra motrice e rimorchio (freno automatico).

Gli autocarri cui è riconosciuta la possibilità di trainare un rimorchio pesante, in aggiunta ai dispositivi già illustrati, devono essere equipaggiati con:

un serbatoio contenente aria compressa, da utilizzare per attivare il dispositivo (servoautodistributore) posto sul rimorchio, la cui funzione è quella di comandare l'intervento dei freni del rimorchio;

u n ulteriore elemento distributore, comandato dal pedale del freno, per la dosatura dell'aria proveniente dal serbatoio suddetto, da inviare al servoautodistributore;

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1 2 3 4 5 6

• a) b) c) d)

1034.6.1

1034.6.2

u n semigiunto d'accoppiamento fisso, la cui funzione è quella di unirsi al corrispondente elemento installato sul rimorchio (semigiunto d'accoppiamento mobile) e congiungere così, senza perdite, i due tubi dell'aria proveniente dalla motrice e i corrispondenti tubi che alimentano l'impianto del rimorchio. Nel caso in cui il rimorchio non risulti agganciato, due valvole a sfera (valvole di ritenuta) assicurano la chiusura dei tubi;

una tubazione per il convogliamento dell'aria compressa, dal serbatoio al distributore e da questo, a pressione dosata, al semigiunto d'accoppiamento;

una tubazione che collega il serbatoio per l'attivazione della frenatura del rimorchio al semigiunto d'accoppiamento fisso.

Il rimorchio deve, invece, essere corredato di:

un semigiunto di accoppiamento mobile, la cui funzione è quella di unirsi al semigiunto posto sulla motrice. Il semigiunto (ormai sostituito da un tipo unificato costituito da un doppio semigiunto, uno per la condotta automatica e uno per quella moderabile) presenta due puntali che, all'atto dell'accoppiamento, spostano dalle sedi di chiusura le sfere delle valvole di ritenuta, realizzando una comunicazione fra le tubazioni della motrice e quelle del rimorchio;

Semigiunto di accoppiamento fra motrice e rimorchio in posizione di agganciamento (trattasi di semigiunti di vecchia concezione ora sostituiti da tipi unificati)

Parte fissa, sfera, puntale, maniglia, parte mobile, fulcro leva.

un serbatoio per l'accumulo dell'aria compressa che deve azionare gli elementi frenanti in caso di frenatura;

un servoautodistributore, che è il dispositivo fondamentale dell'impianto.

Le funzioni del servoautodistributore sono molteplici:

consente l'accumulo, nel serbatoio posto sul rimorchio, dell'aria compressa proveniente dalla motrice;

attua, nel rimorchio, la frenatura contemporanea e commisurata a quella della motrice;

arresta automaticamente il rimorchio in caso di distacco accidentale dalla motrice;

consente la frenatura e la sfrenatura pneumatica del rimorchio isolato;

una tubazione che collega il serbatoio posto sul rimorchio con il servoautodistributore;

tubazioni che collegano gli elementi frenanti fra di loro e con il servoautodistributore.

Dalla descrizione finora svolta si deduce che le tubazioni che collegano la motrice con il rimorchio sono due:

la prima parte dal serbatoio del rimorchio posto sulla motrice, attraversa il distributore e da questo, attraverso il giunto di accoppiamento, raggiunge infine il servoautodistributore posto sul rimorchio (tubazione del moderabile);

la seconda parte dal serbatoio del rimorchio posto sulla motrice e, passando per il giunto di accoppiamento e per il servoautodistributore, raggiunge il serbatoio collocato sul rimorchio (tubazione dell'automatico).

La tubazione moderabile proviene dal serbatoio del rimorchio collocato sulla motrice e passa per il distributore azionato dal pedale del freno. Essa, quindi, è percorsa da aria compressa, il valore della cui pressione è regolato, soltanto, quando si aziona quel pedale.

La tubazione dell'automatico, analogamente, proveniente dal serbatoio del rimorchio posto sulla motrice, è invece percorsa sempre da aria in pressione.

Funzionamento dell'impianto di frenatura del rimorchio

Abbassando di una certa entità il pedale del freno, l'aria del serbatoio per la frenatura del rimorchio, installato sulla motrice, passa per il distributore da cui, dopo aver subito una riduzione di pressione proporzionale alla entità dello schiacciamento trasmesso al pedale, si porta nel servoautodistributore ove, operati certi spostamenti interni, conclude il proprio percorso muovendo gli elementi frenanti in corrispondenza delle ruote.

Elementi costitutivi del servoautodistributore

Il servoautodistributore è costituito da un cilindro ad asse verticale diviso internamente in 5 camere che possono così essere schematizzate:

la camera inferiore (camera 1) è permanentemente in comunicazione con quella superiore (camera 5) attraverso una canalizzazione interna; entrambe, per mezzo di una tubazione, sono in comunicazione con il serbatoio dell'aria compressa posto sul rimorchio. La stessa camera 1 può essere posta in comunicazione con quella immediatamente sovrastante (camera 2) con l'apertura della valvola V1 applicata sulla parete fissa di separazione fra le due;

la camera posta sopra quella inferiore (camera 2) è in comunicazione con gli elementi frenanti del rimorchio; essa può essere posta in comunicazione con l'atmosfera se è aperta la valvola V2 posta sulla parete mobile B che la divide dalla camera intermedia 3 ad essa sovrapposta, o può essere posta in comunicazione con la camera 1 se è invece aperta la valvola V1;

la camera intermedia (camera 3) comunica permanentemente con l'ambiente esterno attraverso un'apertura praticata sulla parete del cilindro; essa è delimitata, sopra e sotto, rispettivamente dalle pareti mobili C e B, fra le quali è interposta una molla tarata M;

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1 2 3 4 5 6 7 8

1034.6.3

la camera che è sovrapposta a quella intermedia (camera 4) è quella dove arriva l'aria compressa, regolata nella pressione, proveniente dal distributore della motrice; essa è separata dalla intermedia 3 dalla parete mobile C su cui l'aria esercita la pressione determinata dal distributore;

la camera superiore (camera 5), infine, è quella dove arriva l'aria compressa proveniente dal serbatoio del rimorchio posto sulla motrice; la stessa camera comunica con il serbatoio posto sul rimorchio e con la camera inferiore 1.

Servoautodistributore in posizione di sfrenatura del rimorchio Camera 5,

camera 4, parete C mobile, camera 3, parete B mobile, camera 2, parete A fissa, camera 1.

Funzionamento del servoautodistributore del rimorchio Il dispositivo servoautodistributore gestisce la frenatura del rimorchio:

di servizio, automatica, stazionamento.

Frenatura di servizio

Quando il veicolo è sfrenato la valvola V1 del servoautodistributore (v. inPratica 1034.6.2) è chiusa e la valvola V2 è aperta:

gli elementi frenanti, attraverso le camere 2 e 3, sono in comunicazione con l'ambiente esterno.

Abbassando il pedale del freno (frenatura del veicolo), l'aria, già regolata nel valore della pressione, arriva dal distributore alla camera 4, ove abbassa lo stantuffo C con una forza proporzionale alla pressione posseduta; lo spostamento subito dallo stantuffo C, attraverso la molla M, viene trasmesso allo stantuffo B.

L'abbassamento dello stantuffo B provoca:

dapprima la chiusura della valvola V2 e,

successivamente, l'apertura della valvola V1: l'aria compressa, attraverso la valvola V1, risale dalla camera inferiore alla camera 2 e da qui si porta agli elementi frenanti, ove determina l'allargamento dei ceppi (nel caso di freni a tamburo).

La pressione dell'aria, dopo una caduta dovuta all'aumento di volume, tende a riportarsi a quella esistente nel serbatoio del rimorchio, da cui proviene, fino a che dura l'afflusso, cioè fino a che la valvola V1 resta aperta.

Questa si chiude non appena la pressione nella camera 2, prevalendo su quella esercitata dalla molla M, solleva il pistone B.

U n ulteriore abbassamento del pedale del freno, provocando un aumento nella pressione esistente nella camera 4, riporta in basso le pareti B e C e determina l'afflusso di nuova aria nella camera 2, fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio.

Frenatura automatica del rimorchio

La camera 5 è suddivisa in due semicamere da una parete fissa su cui è praticato un foro F chiuso da una valvola.

La valvola resta in posizione di apertura finché l'aria compressa proveniente dal serbatoio del rimorchio installato sulla motrice fluisce verso il serbatoio applicato sul rimorchio, cioè finché la pressione dell'aria proveniente dalla motrice è superiore alla pressione dell'aria presente nel serbatoio del rimorchio.

Una molla richiama in sede la valvola, interrompendo la comunicazione fra le due semicamere, non appena le due pressioni si eguagliano.

La valvola è altresì richiamata in sede, qualunque sia la pressione raggiunta nei circuiti frenanti del rimorchio, allorché, per sganciamento del rimorchio dalla motrice, la condotta dell'automatico, e quindi la semicamera inferiore, viene a contatto con l'ambiente esterno.

In tale eventualità, nella semicamera superiore, in comunicazione con il serbatoio del rimorchio, è presente aria la cui pressione è in grado di spingere in basso, attraverso il puntuale P, la parete C e, quindi, la parete B, provocando, con le note aperture e chiusure di valvole, l'invio dell'aria ai cilindretti freni del rimorchio.

Il distacco del rimorchio dalla motrice produce dunque la frenatura automatica del rimorchio.

Nel caso che sia necessario sfrenare un rimorchio isolato, ad esempio per compiere manovre a spinta, è necessario far uscire l'aria compressa dagli elementi frenanti del rimorchio.

A tal fine occorre intervenire sulla manetta collocata sul servoautodistributore; tale elemento, infatti, comanda un rubinetto

Riferimenti

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