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Udienza penale: abbreviazione termini Corte di Cassazione sez. feriale penale sentenza del 9 agosto 2021 n

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“Udienza penale: abbreviazione termini” – Corte di Cassazione – sez. feriale penale – sentenza del 9 agosto 2021 – n. 31203

Non è necessario che il provvedimento di abbreviazione dei termini nel giudizio di cassazione, emesso ai sensi dell’art. 169 disp. att. cod. proc. pen., venga allegato all’avviso di fissazione

dell’udienza da notificarsi alle parti, essendo sufficiente la mera indicazione nel predetto avviso dell’esistenza del decreto presidenziale.

Massimazione a cura della Redazione di Iura Novit Curia©

SENTENZA

sul ricorso proposto da D. M. , nato Omissis , avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce emessa in data 19/02/2021;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Pietro Molino, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, riportandosi, alle conclusioni scritte, già rassegnate ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 28/10/2020.

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Taranto in data 23/09/2019, con cui D. M. era stato condannato a pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, per il reato di cui agli artt. 582, 583, comma secondo, n. 4, in Grottaglie, il 06/05/2016.

2. In data 05/04/2021 D. M. ricorre, a mezzo del difensore di fiducia avv.to Leonardo

Lanucara, deducendo otto motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att.

cod. proc. pen:

2.1. violazione di norme sancite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. proc. pen., in riferimento all’art. 525, comma 2 cod. proc. pen., in quanto il Collegio che ha deliberato in primo grado la sentenza, all’udienza del 23/09/2019, era in composizione diversa da quello che aveva assistito alla discussione delle parti all’udienza del 26/11./2018, essendo irrilevante il consenso prestato alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in assenza della rinnovazione della discussione orale, mai registrata né consacrata in un verbale, essendosi, pertanto, verificata una nullità assoluta, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, considerata l’erronea

interpretazione degli eventi processuali fornita dalla Corte di merito;

2.2. violazione di norme sancite a pena di inammissibilità ed inutilizzabilità, e vizio di

motivazione, anche sotto l’aspetto del travisamento della prova, ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in riferimento all’art. 499, comma 3 cod. proc. pen., in relazione all’utilizzazione a fini probatori della domanda inammissibile, formulata dalla difesa della parte civile all’udienza del

20/11/2017, nel corso dell’esame della persona offesa che, proprio a seguito della domanda

suggestiva – illustrata in ricorso – aveva cambiato la propria versione circa il numero dei colpi ricevuti dall’imputato; nonostante la tempestiva eccezione da parte della difesa, la risposta fornita è stata utilizzata per la decisione e la Corte di merito, a cui la questione era stata sottoposta con il gravame, ha omesso di espungere la risposta del S. dall’apparato probatorio;

2.3 vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla

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valutazione di attendibilità della persona offesa, che avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., avendo la Corte di merito, sul punto, confuso la disposizione dell’art. 192, commi 1 e 2 cod. proc. pen., con i commi 3 e 4 della stessa norma;

2.4 vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla

valutazione del compendio probatorio circa la dinamica della condotta dell’imputato quale causa delle lesioni;

2.5 violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc.

pen., in riferimento all’esclusione della scriminante della legittima difesa;

2.6 violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc.

pen., in riferimento all’esclusione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 n. 2 e 5 cod. pen., oltre che delle circostanze attenuanti generiche;

2.7 violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in riferimento al calcolo della prescrizione;

2.8 violazioni di norme sancite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. proc. pen., in riferimento all’art. 178 lett. c), cod. proc. pen., nonché violazione degli artt. 111 e 24 Costituzione, in quanto le statuizioni civili sono state confermate senza che la difesa abbia potuto interloquire con le argomentazioni della parte civile, depositate a mezzo atto scritto di cui si è avuto contezza solo con il deposito della motivazione della sentenza impugnata.

3. In data 13/07/2021 perveniva, a mezzo pec, istanza di discussione orale da parte della difesa del ricorrente, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 137/2020, con contestuale eccezione circa il mancato rispetto dei termini processuali.

4. In data 20/07/2021 venivano trasmessi, a mezzo pec, motivi aggiunti, con i quali si deduce:

4.1. inosservanza di norme sancite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod. proc.

pen., in riferimento all’art. 2 comma 3, legge 7 ottobre 1969 n. 742, per l’omessa notifica al difensore dell’ordinanza con cui è stata dichiarata l’urgenza del processo, con conseguente abbreviazione dei termini processuali, laddove al difensore risulta notificato solo l’avviso di fissazione dell’udienza; dalla omessa notifica del provvedimento indicato, pur citato nell’avviso di fissazione dell’udienza, discende la mancata decorrenza del termine di comparizione nel periodo feriale, termine fissato in almeno venti giorni liberi prima dell’udienza, oltre alla nullità dell’avviso di fissazione della pubblica udienza per mancanza del termine minimo a comparire;

4.2 inosservanza di norme sancite a pena di nullità, ai sensi del’art. 606 lett. c), cod. proc.

pen., in relazione agli artt. 24 e 111 Costituzione, nonché degli artt. 2, comma 3, legge 7 ottobre 1969 n. 742 e 23 comma 8 dl. n. 137/2020; in particolare, l’art. 23, comma 8, da ultimo citato, non prevede eccezioni di sorta al diritto del ricorrente di discutere oralmente il ricorso in relazione al momento in cui viene fissata la data di trattazione del medesimo con riferimento al periodo feriale, in quanto l’unico adattamento della normativa emergenziale dettata dalla citata disposizione riguarda

l’applicazione, per il periodo feriale, della riduzione dei termini previsti dall’art. 2 comma 3, legge 7 ottobre 1969 n. 742; dal combinato disposto di tali norme discende che il termine previsto dall’art. 23, comma 8, d.l. 137/2020, per la richiesta di discussione orale del ricorso, dovrebbe essere ridotto di un terzo, sicché la richiesta può essere avanzata almeno diciassette giorni prima dell’udienza; nel caso in esame la difesa ha avanzato richiesta di discussione orale sin dal 13/07/2021, ossia ben 22 giorni prima della data fissata per il ricorso, con conseguente ammissibilità e tempestività della richiesta stessa;

4.3 inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606 lett. c), in riferimento all’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., atteso che la discussione orale, effettuata dalla difesa dinanzi a diverso Collegio, non è stata né verbalizzata né fonoregistrata, pertanto essa non ha potuto essere letta da quel componente del Tribunale che non vi aveva assistito e che, ciò

nonostante, ha deliberato la sentenza nella camera di consiglio del 23/09/2019.

5. In data 21/07/2021 l’avv.to Maurizio Besio, difensore della parte civile Francesco S. , ha depositato, a mezzo pec, conclusioni scritte, con le quali chiede il rigetto del ricorso, e nota spese

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allegata (euro 4.197,96).

Considerato in diritto

Il ricorso di D. M. va dichiarato inammissibile.

1. Vanno preliminarmente disattese le eccezioni procedurali introdotte con i motivi aggiunti.

Come risulta dalla comunicazione al difensore – a mezzo pec, in data 12/07/2021 – dell’avviso di fissazione dell’udienza innanzi a questa Corte, il documento testualmente reca la seguente dizione:

“Ai sensi dell’art.169 disp. att. c.p.p. i termini relativi alle notifiche degli avvisi di udienza son ridotti di 1/3. Dichiarata l’urgenza del procedimento ai sensi dell’art. 240 bis, d. I.vo 28.7.1989 n. 271, con decreto allegato agli atti, per l’imminente scadenza del termine di prescrizione/della custodia

cautelare. Atti processuali depositati in cancelleria.” Ne discende che il contenuto esplicito dell’avviso – come peraltro ammesso dalla stessa difesa – riproduce, evidentemente, il contenuto dell’ordinanza con cui è stata disposta l’urgenza del procedimento ai sensi dell’art. 240-bis, disp. att. cod proc. pen., né risulta che il difensore abbia fatto richiesta di avere in copia la detta ordinanza, considerata

l’indicazione, nell’avviso, della comunicazione del deposito di tutti gli atti in cancelleria. Né, peraltro, la difesa ha esplicitato quale sarebbe stato il vulnus discendente dalla dedotta, omessa

comunicazione, visto che sono stati depositati anche motivi aggiunti di ricorso. In ogni caso, va ricordato che, secondo pacifico orientamento ermeneutico di questa Corte regolatrice, non è necessario che il provvedimento di abbreviazione dei termini nel giudizio di cassazione, emesso ai sensi dell’art. 169 disp. att. cod. proc. pen., venga allegato all’avviso di fissazione dell’udienza da notificarsi alle parti, essendo sufficiente la mera indicazione nel predetto avviso dell’esistenza del decreto presidenziale (Sez. 3, n. 4916 del 14/07/2016, dep. 02/02/2017, Bari, Rv. 269262; Sez. 5, n.

38736 del 10/09/2003, Casini, Rv. 226661). Quanto al secondo profilo dedotto con i motivi aggiunti, va ricordato come – a seguito dell’entrata in vigore del dl. n. 105 del 23 luglio 2021 che, all’art. 7, comma 2, prevede, per i procedimenti penali la cui udienza di trattazione risulta fissata in Cassazione nel periodo compreso tra i mesi di agosto e settembre 2021 – non si applichi al procedimento in esame la disposizione di cui all’art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, convertito con modificazione nella legge n. 176 del 2020. In sostanza, la disposizione del d.I., entrato in vigore il 23/07/2021, costituisce una deroga all’applicazione della disciplina emergenziale disposta sino al 31 dicembre 2021, con la conseguenza che alle udienze fissate nei mesi di agosto e settembre 2021, a prescindere dalla data di emissione del decreto di fissazione, si applica la disciplina ordinaria, con l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti non subordinata alla richiesta di trattazione orale nei termini perentori di venticinque giorni liberi prima della data dell’udienza, applicandosi, invece, il regime di cui all’art. 614 cod. proc. pen. Da ciò discende che l’eccezione difensiva – scaturente dai provvedimenti adottati da questa Corte in data precedente l’entrata in vigore del dl. n. 105 del 23/07/2021 – risulta superata dall’applicazione della detta disposizione, come detto entrata in vigore nella stessa data di pubblicazione del provvedimento normativo. Peraltro, nel caso in esame, risulta effettuata comunicazione al difensore di fiducia, in data 03/08/2021, a mezzo pec regolarmente trasmessa e consegnata, della sopravvenuta disciplina, con conseguente irrilevanza di ogni questione circa la tempestività o meno della richiesta di trattazione orale, non più applicabile al procedimento in trattazione. Ne consegue che la difesa – senza dubbio a conoscenza della normativa sopravvenuta alla richiesta di trattazione orale – è stata tempestivamente messa in condizione di partecipare all’udienza, fissata innanzi a questa Corte in data 05/08/2021.

2. Passando all’esame dei motivi contenuti nel ricorso principale, quanto al primo, va rilevato come la sentenza impugnata abbia dato atto che, innanzi al Collegio di prime cure in diversa

composizione, le parti avevano prestato il consenso alla rinnovazione degli atti, ivi inclusa la

discussione; ciò si evince alla luce del tenore letterale del verbale dell’udienza in data 23/09/2019 – cui il Collegio ha accesso, considerata la natura processuale della questione dedotta – secondo cui “Si dà atto che le parti hanno formulato le rispettive conclusioni all’udienza del 26/11/2018 e che

prestano il consenso alla rinnovazione degli atti in diversa composizione collegiale”. La Corte di merito ha aggiunto che se la difesa dell’imputato non avesse inteso prestare il consenso alla rinnovazione della discussione, ma solo all’attività istruttoria, non avrebbe certamente prestato il consenso alla rinnovazione degli atti, soprattutto dopo che era stato dato atto, esplicitamente, che le parti avevano già concluso in precedenza. Tale motivazione appare del tutto ineccepibile, anche

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considerato che la difesa dell’imputato era presente all’udienza del 23/09/2019, e non risulta che abbia eccepito alcunché, dovendosi ritenere, quindi, un consenso implicito all’utilizzazione non solo dell’istruttoria dibattimentale, ma anche delle conclusioni rassegnate innanzi a Collegio diversamente composto. A ciò va aggiunto che, all’udienza del 26/11/2018, all’esito della discussione delle parti, il Collegio aveva rinviato la trattazione del processo per repliche, sicché già solo avvalendosi di tale facoltà la difesa avrebbe potuto interloquire compiutamente alla successiva udienza innanzi al Collegio diversamente composto. Inoltre, la sentenza citata dalla difesa (Sez. U, n. 41736 del

30/05/2019, P.G. c. Bajrami Klevis, Rv. 276754), riguarda un diverso profilo, ossia quello relativo alla la necessità o meno, in caso di mutamento della composizione del giudice, ai sensi dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., di rinnovare formalmente anche il provvedimento ammissivo delle prove reso ex art. 495 cod. proc. pen., e la possibile rilevanza del consenso prestato dalle parti alla lettura degli atti assunti dal collegio che sia poi mutato nella sua composizione, oltre che eventualmente, in caso affermativo, le modalità di prestazione di detto consenso. Sul diverso profilo evidenziato dalla difesa, peraltro, già in precedenza era stato affermato che “Non sussiste la nullità della sentenza qualora la discussione finale sia stata frazionata dinanzi a collegi diversamente composti ed il tribunale non si sia limitato alla rinnovazione mediante lettura dei verbali delle prove raccolte, ma abbia espressamente disposto anche la lettura degli interventi conclusivi svolti dinanzi al precedente collegio – registrati e trascritti – senza opposizione delle parti, in quanto, in tal caso, si deve intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, alla lettura degli atti suddetti.” (Sez. 2, n. 4940 del 12/12/2016, dep. 02/02/2017, Amato ed altri, Rv. 268988). Tale arresto va coordinato con la necessità che – alla luce dei principi della ragionevole durata del processo, della correttezza dei rapporti processuali e dell’elaborazione della giurisprudenza di legittimità circa l’abuso del processo – non possa essere concesso alla parte che, con condotta concludente, non si sia tempestivamente opposta alla utilizzazione degli interventi conclusivi delle parti, in caso di mutamento nella

composizione del Collegio, la facoltà di eccepire successivamente la questione, non fatta

tempestivamente rilevare, a fronte, come nel caso in esame, di un verbale di udienza assolutamente inequivoco. Ciò senza voler considerare che, come risulta dal verbale dell’udienza del 26/11/2018, si dava atto della presenza della fonoregistrazione, il che significa che le conclusioni rassegnate dalle parti erano state fonoregistrate, con possibilità, per la parte interessata, di richiederne la trascrizione.

3. Sulla seconda questione dedotta, la sentenza impugnata, a pag. 8 della motivazione, ha affrontato il problema citando testualmente il verbale dell’udienza in cui era stato svolto l’esame della persona offesa, dando atto che l’eccezione circa la formulazione di domanda suggestiva, da parte della difesa di parte civile, era stata formulata in relazione ad altra domanda, avente ad oggetto la circostanza in cui la persona offesa aveva perso i sensi e non in relazione alla domanda concernente il numero di pugni inferti, come rappresentato in ricorso.

3.1. Quanto alla questione dell’attendibilità della persona offesa Francesco S. , la sentenza impugnata dà congruamente ed esaustivamente conto sia del certificato medico che della perizia medico-legale, oltre che della deposizione del teste Giuseppe C. e della sentenza a carico dello stesso S. circa le lesioni reciproche ai danni del M. , nonché delle dichiarazioni rese dall’imputato medesimo, il che rende evidente come sia stato ampiamente rispettato il canone di cui all’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., apparendo evidente come il ricorso, sul punto, non si confronti criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Le argomentazioni del ricorso circa l’attendibilità della persona offesa, quindi, si traducono in una critica alla ricostruzione del fatto, che esula dal perimetro del giudizio di legittimità a fronte, come nel caso in esame, di una motivazione della sentenza

impugnata del tutto congruamente argomentata.

4. Del tutto ineccepibile, inoltre, risulta la motivazione – a pag. 11 della sentenza impugnata – circa la reciprocità delle lesioni, verificatesi nel caso di specie tra il S. ed il M. , con conseguente esclusione della possibilità di configurare la scriminante della legittima difesa (Sez. 5, n. 47859 del 04/10/2019, F., Rv. 277154)

5. Parimenti immune da censure logiche risulta la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso le circostanze attenuanti di cui all’art. 62 n. 2 e 5, cod. pen., laddove ha chiarito come lo stato d’ira presupponga un fatto oggettivamente ingiusto, non rilevando, in tal senso, l’erroneo convincimento dell’autore della condotta, non avendo, nel caso di specie, l’imputato

neanche dedotto l’ingiustizia della pretesa del S. , volta ad ottenere il pagamento delle copie di quotidiani da lui forniti al M. ; né la richiesta di pagamento della somma, anche ammesso che fosse stata illegittima ed insistentemente reiterata, avrebbe mai potuto essere ritenuta una causa di

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impulso emotivo, idoneo ad alterare i freni inibitori. Tale motivazione appare assolutamente in linea con i canoni ermeneutici delineati dalla giurisprudenza di questa Corte (sul primo profilo, da ultimo:

Sez. 5, n. 23031 del 03/03/2021, Tripoli Nino, Rv. 281377; sul secondo, da ultimo: Sez. 5, n. 36843 del 25/09/2020, Zaghbani Iskander, Rv. 280105).

6. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche risulta adeguatamente motivato, avendo la Corte territoriale evidenziato l’assenza di elementi positivamente valutabili in favore dell’imputato, senza contare, sul punto, l’estrema genericità del ricorso.

6.1. Anche in riferimento al calcolo della prescrizione la difesa non considera come, del tutto pacificamente, la richiesta d’i differimento per ragioni diverse dall’impedimento implica la

sospensione del decorso della prescrizione per l’intero periodo compreso tra le due udienze (per tutte:

Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 02/02/2015, Torchio, Rv. 262914). 7. Infine, circa la mancata comunicazione alla difesa dell’imputato della nota a firma della difesa di parte civile, va rilevato come non sia prevista alcuna nullità, non avendo la difesa neanche specificato in cosa si sarebbe concretato il vulnus scaturente dalla omessa comunicazione, posto che l’unico effetto, all’esito del giudizio di appello, è consistito nella liquidazione delle ulteriori spese processuali alla parte civile, il che costituisce, all’evidenza, un effetto immanente, considerata la costituzione di parte civile nel processo, circostanza, quest’ultima, ben nota alla difesa dell’imputato. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso discende, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in euro 2.200,00 oltre accessori di legge.

Va, a tale ultimo proposito, ricordato che “Nel giudizio di legittimità, quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione, atteso che la sua mancata partecipazione non può essere qualificata come revoca tacita e che la previsione di cui all’art. 541 cod. proc. pen. è svincolata da qualsiasi riferimento alla discussione in pubblica udienza.” (Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino Giuseppe, Rv.

278834).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, Omissis

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