Il sito Neolitico di Settefonti, località del comune di Prata d'Ansidonia in provincia di L'Aquila, risulta essere uno dei siti chiave, insieme a quelli di Paterno, S.Maria in Selva e Fossacesia, per la comprensione degli sviluppi della cultura di Ripoli dopo la sua fase così detta "classica" e per la comparsa di alcuni caratteri che si incontreranno poi anche nelle prime fasi dell'Eneolitico italiano.
Lo scavo individuato da Mattiocco fu oggetto di indagine tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90. Durante questo periodo si misero in luce una serie di strutture morfologicamente interessanti oltre ad una serie di materiali che vanno dalla ceramica alla industria litica e che sono stati oggetto di studi precedenti.
Qui tenterò una revisione completa di tutti i diari di scavo, commenti, annotazioni, rilievi, fotografie prodotti in quegli anni cercando di riempire, dove possibile, le lacune con ipotesi e ricostruzioni personali che tengono conto, però, sempre di ciò che sono i dati materiali a mia disposizione e le nuove acquisizioni sulle conoscenze del Neolitico recente e finale locale.
Il precedente studio (Bubba 1997) non ha fatto uso di indagini archeometriche affidandosi unicamente ai metodi di osservazione tecno-tipologica.
Le ceramiche del sito di Settefonti sono state raggruppate, così, in quattro classi:
ceramica figulina, grossolana, fine nera e fine rossa.
Il mio apporto sarà dunque quello di individuare all'interno del complesso ceramico,
una serie di frammenti, rappresentativi di tutto l'insieme, che sottoporrò a diversi metodi
di indagine provenienti dal mondo delle "archeometrie" per conoscerne la composizione
e provare a ricavare delle informazioni sulla tecnologia di realizzazione degli impasti e
dei contenitori ceramici oltre a provare se è possibile stabilire il tipo di materia prima
utilizzata e la sua correlazione con depositi di argille campionati ed analizzati. Ho scelto
di applicare una serie di metodologie dal basso costo e che hanno la possibilità di essere trasportate sul campo perchè mi rendo conto che questi due fattori influiscono molto sulla scelta delle metodologie applicate all'archeologia dove i budjets ridotti e la necessità di effettuare misure in situ hanno un ruolo fondamentale.
Tra i metodi che ho utilizzato, quello su cui ho concentrato maggiormente la mia attenzione è la laser-induced breakdown spectroscopy (LIBS), una analisi di tipo elementare che negli ultimi anni è oggetto di vivo interesse da parte di chi necessita di analizzare materiali anche molto eterogenei e complessi in modo veloce e con buona precisione. Ho scelto questa tecnica di tipo elementare poichè ritengo, come autori precedenti (Erdem et Alii 2008) che la composizione elementare dei frammenti ceramici in qualche modo rifletta la origine geologica, o anche geografica, della materia prima utilizzata permettendo di formulare delle ipotesi circa la provenienza (anche se questo è un discorso da prendere "con le molle" poichè è più verosimile parlare di non- provenienza). Siccome le ceramiche archeologiche non sono composte di sola argilla, ma nella materia prima è sempre aggiunto del materiale naturale o artificiale utile a migliorare la lavorabilità e la resa in cottura del manufatto, le analisi elementari possono fornire anche informazioni di tipo tecnologico analizzando un materiale che non è più semplicemente la materia prima ma una amalgama artificiale le cui proprietà elementari sono markers, comunque anche geologici, ma soprattutto della tecnologia utilizzata.
Per ciò che concerne la storia degli studi, le analisi elementari sono sempre state condotte con diversi metodi di analisi come attivazione neutronica (NAA), fluorescenza di raggi X (XRF) o anche la classica Spettrometria di Massa a Plasma Accoppiato induttivamente- ICP-MS- (Tsolakidou, Kilikoglou 2002; Glascok et Alii 2004; Barone et Alii 2005; Padilla et Alii 2006) tutte analisi che presentano diversi problemi; quando non si tratta del costo troppo elevato ci si trova ad avere a che fare con radiazioni elevate.
Esistono poi analisi come la Micro-Raman che però riguardano i composti e non i
singoli elementi ed è sfruttata soprattutto per l'analisi sui pigmenti.
Diversamente dai summenzionati metodi la LIBS è ancora poco sfruttata nell'ambito della caratterizzazione degli impasti ceramici (Legnaioli et Alii 2013) mentre è utilizzata ed apprezzata nell'ambito della analisi dei pigmenti e dei rivestimenti vetrosi sulla ceramica (Colao et Alii 2002; Lazic et Alii 2003; Melessanaki et Alii 2002), inoltre questo è un metodo che richiede molto lavoro sperimentale dal punto di vista del come effettuare le analisi ma anche del come trattare i dati ottenuti.
Per aumentare la qualità e la quantità di informazioni ho fatto ricorso ad un'altra delle archeometrie disponibili al giorno d'oggi: La Knowledge Discovery in Database o comunemente detta KDD. Si tratta di una metodologia ibrida utilizzata soprattutto in campo economico, ma anche nel web e text information mining, che fa ricorso alla statistica multivariata, al Data Mining, alla Information Tecnologies ed alla interpretazione settoriale per la estrazione di informazioni non note da una grossa mole di dati (Atkinson et Alii 2013; Shen et Alii 2013; Washio 2013).
L'intero lavoro di analisi e sistematizzazione dei dati è stato svolto presso i laboratori (ALS-Lab) di analisi dell'Istituto per la Chimica dei Composti Organometallici (ICCOM-CNR) di Pisa durante il mio tirocinio extracurricolare, sotto il tutoraggio del dott. Stefano Legnaioli e con la collaborazione dei Dott. Vincenzo Palleschi, Giulia Lorenzetti e Gildo H. Cavalcanti ( Visiting Researcher from Brasile).
Infine l'obiettivo del lavoro è stato verificare, attraverso le metodologie summenzionate:
1. Dimostrare che la rilettura dei vecchi scavi alla luce alla luce delle nuove conoscenze e con nuove metodologie di indagine arricchisce ulteriormente le informazioni.
2.
Se la classificazione archeologica in ceramiche ad impasto fine nero, fine rosso,
figulino e grossolano è verosimile anche dal punto di vista chimico e se non
esista invece una ulteriore divisione negli impasti ceramici che tenga conto della chimica dei campioni .
3. Dimostrare che la LIBS è una ottima metodologia di indagine preliminare e che attraverso l'analisi elementare è possibile capire qualcosa in più sulla tecnologia di produzione ceramica e soprattutto sulla tecnologia delle cosidette ceramiche fini ad impasto fine nero.
4. Dimostrare che la tecnica Micro-Raman è in grado di fornire non solo informazioni sui pigmenti ma anche sulla natura mineralogica dei campioni analizzati.
5.
Se introducendo nel sistema i valori di campioni provenienti da altri siti archeologici coevi a quello di Settefonti, questi venissero classificati in modo diverso ed assegnati a cluster differenti.
6.