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Questa ricerca ha avuto per oggetto l‟analisi comparata della simbologia alchemica nella produzione di due celebri poeti metafisici inglesi: John Donne e Henry Vaughan.

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INTRODUZIONE

Questa ricerca ha avuto per oggetto l‟analisi comparata della simbologia alchemica nella produzione di due celebri poeti metafisici inglesi: John Donne e Henry Vaughan.

Prima di procedere, sarà anzitutto opportuno definire sinteticamente, ma comunque con sufficiente precisione, la terminologia descrittiva utilizzata in questo lavoro e i termini fondamentali della problematica qui affrontata. L‟alchimia è un complesso sistema tecnico- filosofico che presumibilmente ha avuto origine in Oriente e si è diffuso in Europa, permeandone progressivamente e capillarmente la cultura e l‟immaginario. Non si tratta di una tradizione monolitica, sempre uguale a se stessa, ma di un corpus composito di dottrine e correnti, che non soltanto ha subito diverse evoluzioni nel tempo ma ha anche profondamente influenzato tutti i campi artistici, soprattutto quello letterario. Come codice culturale, l‟alchimia da sempre affascina gli autori per la sua imagery, ricca di simboli, figure e metafore dal forte impatto visivo, a cui essi hanno attinto per potenziare anagogicamente i propri testi, moltiplicandone le reti isotopiche e quindi le possibilità interpretative, e per il suo carattere di forte interdisciplinarità: avvicinarsi all‟alchimia significa entrare in contatto con una miriade di campi del sapere (protochimica, astrologia, filosofia, medicina e religione) che in essa si intrecciano sempre dialetticamente.

Donne e Vaughan sono due poeti esemplari per lo studio dell‟utilizzo della materia alchemica in letteratura: gran parte della semiosi di alcune fra le loro opere più importanti dipende, come vedremo, dalla capacità, da parte del lettore, di decodificare il codice alchemico presente a vari livelli di significazione del testo. Come è noto, questi due grandi autori si inseriscono nella più ampia tradizione della metaphysical poetry. Quest‟ultima risale al XVII secolo ed è nota per aver prodotto testi dallo spiccato carattere intertestuale, opere nelle quali l‟intersezione di più codici culturali ne costituisce la peculiare cifra stilistica e pragmatica. Tra questi codici, quello alchemico è certamente tra i più rilevanti:

esso si manifesta sia a livello della diction, dove si palesa per via della marcata presenza del lessico olistico alchemico, sia a livello dell‟imagery, quindi anche sul piano dei simboli e delle metafore.

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Con il termine “diction” si intende il complesso di “words, phrases and sentence structures, and sometimes also of figurative language, that constitute any work of literature” (cfr. M.H.

A

BRAMS

, A Glossary of Literary Terms, Harcourt Brace, Fort Worth 1999). Con “imagery”, invece, mi

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Storicamente, è una tradizione, quella metafisica, che segna una tappa fondamentale dell‟utilizzo della materia alchemica nella letteratura europea, in quanto ne rappresenta il momento culminante. L‟alchimia, infatti, nel momento in cui entra a far parte del circuito culturale occidentale, ossia nel XIII secolo,

2

si intreccia subito con la produzione artistica di molti grandi autori. Dante Alighieri fu uno dei primi nella Storia della letteratura europea a fare riferimento a questo codice culturale, benché in maniera marginale e non strutturale.

Egli colloca due alchimisti, Griffolino d‟Arezzo e Capocchio, nell‟ottava Bolgia, quella dei falsari di metalli, come si legge nel ventinovesimo Canto dell‟Inferno (vv. 73-139) della sua Commedia. In tal modo, Dante condanna i falsi alchimisti che, con le loro conoscenze, ingannano da ciarlatani disonesti gli ingenui, promettendo falsamente l‟oro.

Il primo sostanziale contributo al trattamento letterario dell‟alchimia è quello ad opera di Chaucer. Quest‟ultimo, nei Canterbury Tales (1475), dà inizio ad una tradizione, quella nota come satirical alchemy, che dominerà la letteratura Europea fino al XVII secolo. Nel

“Canon‟s Yeoman‟s Tale” si racconta, infatti, delle pratiche losche compiute da due canonici dediti all‟alchimia, i quali vengono descritti con tratti marcatamente satirici, appunto.

Tuttavia, dovremo attendere fino al XVI secolo per vedere un più largo impiego dell‟immaginario alchemico in ambito letterario. In questo periodo, il trattamento più rilevante dell‟alchimia lo ravvisiamo nelle opere, oggi poco note ma al tempo di grande diffusione, del tedesco Desiderius Erasmus e del celebre alchimista Sendivogius. Sia il primo, con i suoi Colloquies (1518), in particolare il “Beggar Talk” e “Alchemy” (Lembert 2004, p. 52), sia il secondo, con A New Light of Alchymy

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influenzeranno profondamente la letteratura europea e in particolare quella inglese. Infatti, la prosa e la poesia del periodo elisabettiano contengono frequenti riferimenti all‟alchimia. Ne sono un esempio le opere di Shakespeare, come ad esempio i Sonetti 33 e 119, o The Tempest, la cui diction è fortemente permeata da termini tecnici alchemici.

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riferisco al livello simbolico-metaforico del testo (“Imagery signifies figurative language, especially the vehicles of metaphors and similes”, cfr. M.H. A

BRAMS

, A Glossary of Literary Terms, Harcourt Brace, Fort Worth 1999).

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A. L

EMBERT

, The Heritage of Hermes, Alchemy in Contemporary British Literature, Galda & Wilch, Leipzig 2004, p. 16.

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S. J. L

INDEN

, Darke Hierogliphicks. Alchemy in English Literature from Chaucer to the Restoration, Kentucky University Press, Lexington (KY) 1996, p. 119.

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Cfr. F. Y

ATES

, The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, Routledge, New York 1979, p. 190.

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Altre importanti influenze in ambito anglosassone sono quelle esercitate da Marsilio Ficino, noto filosofo del XV secolo che nel 1471 traduce dal greco al latino il Corpus hermeticum, e di Cornelius Agrippa (1486-1535). Quest‟ultimo è un esoterista, alchimista, astrologo e filosofo rinascimentale, la cui opera più importante, il De occulta philosophia, è vista come il testo più importante del misticismo rinascimentale (Yates 1979, p. 43). Vi è un altro personaggio piuttosto influente durante il Rinascimento inglese, si tratta di John Dee, un astrologo, alchimista, cartografo, matematico e consigliere della regina Elisabetta. Egli, tuttavia, nel 1555, viene accusato di tradimento e stregoneria e imprigionato cadendo irreparabilmente in disgrazia (Lembert 2004, p. 139).

In Inghilterra, il codice alchemico sarà ampiamente utilizzato soprattutto nel XVII secolo, ad opera dei poeti metafisici e da quelli della Restaurazione. Tuttavia, a causa dello sviluppo del nuovo assetto della visione del mondo occidentale, basato sulla Nuova Scienza, alla fine del secolo l‟alchimia finirà per perdere consenso, cadendo lentamente nell‟oscurità.

Nel panorama letterario europeo, oltre agli autori inglesi, anche quelli tedeschi attinsero alla tradizione alchemica. Goethe mostra interesse per la materia, non solo teoricamente ma anche praticamente, dato che egli stesso conduceva esperimenti chimici (Lembert 2004, p. 59). L‟uso più importante dell‟alchimia lo si ritrova nel Faust (1808), personaggio ossessionato dal desiderio di giovinezza che cerca di creare un homunculus, la leggendaria creatura alchemica che simboleggia la pietra filosofale in forma antropomorfa.

Nella prima parte del XIX secolo, sono specialmente i francesi a interessarsi all‟alchimia,

più precisamente nelle sue componenti proiettivo-esoteriche. Si pensi a Balzac il quale, nel

suo La recherche de l’absolu (1834) impiega questo codice culturale come metafora del lavoro

dell‟artista. Anche il simbolista Baudelaire è affascinato dall‟alchimia per via della

convinzione, comune all‟esoterismo e al simbolismo, della presenza di un‟essenza vitale

occultata nella materia: questa connessione tra le due tradizioni culturali in Baudelaire

motiva i molti riferimenti all‟alchimia presenti ne Les fleurs du mal (1857). Andrè Breton,

che fonda il movimento simbolista nella seconda meta dell‟Ottocento, esplicita

ulteriormente questa connessione, individuando corrispondenze tra le ricerche degli

alchimisti e quelle dei surrealisti, quali la creazione di analogie, l‟uso di immagini

fantastiche e il simbolismo dello hieros gamos o dell‟unione sacra degli opposti (Lembert

2004, p. 61-7).

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Durante il XX secolo, l‟alchimia continua ad attirare l‟interesse di scrittori e artisti, sia in Inghilterra che nel resto dei paesi occidentali, fatto che può essere spiegato con il revival dell‟occulto che si verificò in quel periodo nella cultura europea (Lembert 2004, p. 63).

Questo avviene in ambito modernista, ad esempio con Eliot e Yeats, i quali costituiscono gli esempi artisticamente più raffinati dell‟influenza dell‟immaginario alchemico nella letteratura di questo periodo.

Nel XX secolo si sviluppano due tendenze letterarie: una più popolare, che si serve di un‟immissione parziale, lacunosa e superficiale del codice alchemico nel testo letterario e in cui si collocano Coelho, con L’Alchimista (1988), e in parte la Rowling, con la saga di Harry Potter. La seconda tendenza è invece più seria, sofisticata e artisticamente riuscita e comprende i lavori di Ted Hughes, come Cave Birds (1978), e di Lindsay Clarke, come The Chemical Wedding (1989).

L‟alchimia ha, dunque, affascinato gli autori europei fin dal Medioevo. Considerando quest‟arco temporale piuttosto ampio, abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione proprio sul periodo metafisico, in quanto è tra i più proficui per quanto riguarda l‟impiego letterario della materia alchemica. E come è testimoniato dalla presenza di numerose opere ascrivibili a questa tradizione. Tutti i poeti metafisici hanno infatti composto poesie ispirate all‟alchimia. In particolare, Donne e Vaughan sono altamente rappresentativi, in quanto alcune delle loro opere presentano un uso massiccio del lessico alchemico, tanto da renderli importanti testimoni dell‟impiego di questo codice culturale in poesia.

Il rapporto tra l‟alchimia e poeti metafisici è stato trattato in maniera poco approfondita sia dalla critica del Novecento sia da quella più recente. Nowak, in Die Alchimie und die Alchimisten in der englischen Literature,

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propone un‟analisi ristretta del modo in cui l‟alchimia opera nel contesto letterario, adducendo come esempio la poetica di Donne, ma risolvendo il tutto in circa una pagina e non ritenendo che questo codice culturale ricopra un ruolo centrale nella scrittura del poeta come invece fa Bennet, in Five Metaphysical Poets:

Donne, Herbert, Vaughan, Crashaw, Marvell.

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Egli, pur fornendo un esaustivo resoconto dell‟attività poetica di questi autori, e benché ammetta la centralità dell‟alchimia, non si

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L. N

OWAK

,

,

Die Alchimie und die Alchimisten in der englischen Literature, Druck von Neumanns Stadtbuchdruckerei, Breslau 1934.

6

J. B

ENNET

, Five Metaphysical Poets: Donne, Herbert, Vaughan, Crashaw, Marvell. Cambridge

University Press, Cambridge (UK) 1964.

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sofferma tuttavia sull‟analisi dell‟imagery alchemica stessa in testi specifici, fornendo dunque un resoconto lacunoso della questione. Allo stesso modo, in Alchemy Tried in the Fire,

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Newman e Principe si focalizzano soprattutto su alcuni aspetti tecnici dell‟alchimia, come ad esempio le operazioni tecnico-chimiche che si verificano in laboratorio. Essi, poi, si limitano a menzionare solo cursoriamente la poesia metafisica di Donne e Vaughan, tralasciando peraltro altri autori del periodo, come Herbert e Marvell,

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benché siano anch‟essi profondamente influenzati da questo immaginario.

Nella totalità del panorama critico, uno studioso si distingue per la meticolosità dell‟analisi e la completezza informativa: Stanton J. Linden. Nel suo Darke Hierogliphicks, egli ha il merito di aver condotto un esame pressoché completo dell‟influenza del codice alchemico nella letteratura inglese e del suo sviluppo diacronico. Attraverso un approccio storico e testuale, l‟analisi di Linden esplora l‟influenza dell‟alchimia nella letteratura europea nel lasso di tempo cruciale che va dal Medioevo alla Restaurazione. L‟importanza di questo studio risiede nell‟aver applicato, alla tradizione letteraria compresa in quest‟arco temporale, una griglia ermeneutica che permette una precisa classificazione delle diverse opere, in particolare proprio quelle metafisiche, in base al rapporto che esse intrattengono, di volta in volta, con la materia alchemica. Egli ha suddiviso la produzione letteraria del periodo in tre gruppi, satirico, convenzionale e “ibrido”, individuati sulla base del diverso trattamento che è stato di volta in volta compiuto nei testi, del codice alchemico. Linden è stato in grado, quindi, di fornire all‟indagine sul rapporto tra la tradizione alchemica e la letteratura una direzione fino a quel momento inesplorata. Per questi motivi, abbiamo deciso di applicare le categorie descrittive proposte da Linden all‟analisi di Donne e Vaughan.

Oltre alla griglia interpretativa di Linden, fondamentali per questo elaborato sono state anche le opere di due autorevoli studiosi di storia della cultura e delle religioni: Lyndy Abraham e Antoine Faivre. La prima, con il suo Dictionary of Alchemical Imagery,

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si è rivelata una risorsa importante per l‟individuazione e la successiva interpretazione del lessico specialistico alchemico presente nei testi primari analizzati. Al secondo, invece,

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W. R. N

EWMAN

e L.M. P

RINCIPE

, Alchemy Tried in the Fire, University of Chicago Press, Chicago 2005.

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Cfr. S. J. L

INDEN

, op. cit., pp. 173-4 e 190-2.

9

L. A

BRAHAM

, A Dictionary of Alchemical Imagery, Cambridge University Press, Cambridge (UK)

1998 .

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6

abbiamo fatto ricorso per la chiarificazione di una serie di concetti chiave come „alchimia‟

ed „ermetismo‟ e di molte delle nozioni filosofiche presupposte nei poemi di Donne e Vaughan.

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La ricerca qui presentata è suddivisa in tre parti. Il primo capitolo, intitolato “Alchimia e letteratura inglese: una breve introduzione storica”, fornisce un‟introduzione storica e filosofica al concetto di ‟alchimia‟ e al rapporto fra l‟immaginario alchemico e la letteratura europea nel suo sviluppo diacronico dal XII al XVII secolo. Il termine è infatti altamente problematico per via delle molte accezioni che esso ha manifestato nel corso dei secoli e per il fatto di designare due distinti ambiti semantici potenzialmente inconciliabili: quello esoterico filosofico e quello essoterico pratico. Sarà in questa sezione che applicheremo nel dettaglio la griglia ermeneutica di Linden, per poi concentrarci più specificamente sulla tradizione letteraria che costituisce l‟oggetto privilegiato della nostra indagine: la metaphysical poetry.

Nel secondo capitolo, intitolato “La produzione artistica di John Donne”, dopo aver focalizzato la nostra attenzione sugli aspetti più rilevanti della poetica e della produzione artistica di questo autore, indagheremo la specificità della sua metaphysical poetry. Tre componimenti esemplari, “Love‟s Alchemy”, “A Nocturnal Upon St. Lucy‟s Day, Being The Shortest Day” e “The Ecstasy”, costituiranno il terreno privilegiato su cui concentreremo la nostra indagine sul rapporto particolare che lega Donne all‟alchimia.

Nel terzo e ultimo capitolo, intitolato “La produzione poetica di Henry Vaughan”, affronteremo un percorso simile a quello già intrapreso nella sezione precedente.

Anzitutto, forniremo un‟introduzione generale agli aspetti peculiari della poetica e della scrittura di questo autore. In secondo luogo, focalizzeremo la nostra indagine sulle caratteristiche della produzione vaughaniana matura e sul rapporto artistico con John Donne. Sarà solo in una fase successiva che potremo indirizzare la nostra attenzione verso l‟influenza esercitata su Vaughan da parte dell‟immaginario alchemico e sulle sottili connessioni che la produzione più matura di questo autore intrattiene con la più ampia corrente filosofica dell‟ermetismo occidentale di cui l‟alchimia, specialmente nelle sue varianti esoterico-filosofiche, è una componente centrale. Analogamente a quanto già è stato fatto nel secondo capitolo, anche in questo caso, la ricognizione sull‟autore specifico

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Nello specifico, sono stati consultati: Dictionary of Gnosis and Western Esotericism, Brill

Academic Pub, Leiden 2006 e Access to Western Esotericism, SUNY Press, Albany (NY) 1994.

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si concluderà con l‟analisi di alcuni componimenti esemplari che bene illustrano il

particolare rapporto che questo autore ebbe con l‟immaginario alchemico: “Disorder and

Frailty”, “Cock-crowing” e “The Retreat”.

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