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la democrazia era stata accettata e scelta dai governi dei PECO molto tempo prima dell’avvio del processo di integrazione

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§ 4.3 Analisi dell’opinione pubblica: cosa ne pensano i cittadini dei paesi candidati circa l’adesione europea

Proseguiamo ora con l’analisi nel dettaglio dell’opinione pubblica, soffermandoci sullo studio dei sondaggi circa il pensiero dei cittadini dei paesi candidati e valutando 1 quali siano stati i motivi che li spinsero ad aderire al progetto di integrazione europea.

Non tratteremo il caso singolo della Repubblica Ceca in questa sezione, se non con alcuni specifici riferimenti, bensì allargheremo la nostra visuale alla totalità dei PECO (Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Romania). Fu loro destino comune ritrovarsi nella medesima situazione per quanto concerne il settore dell’opinione pubblica, in cui vi era una forte carenza di interesse per la questione europea, come dimostrato dalla scarsa affluenza alle urne registrata a partire dal 2004, in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo. Purtroppo l’operato svolto dall’Unione Europea a sostegno del consolidamento dei paesi dell’Europa centro-orientale durante le fasi della transizione democratica non venne tenuto di conto nelle analisi dei cittadini, sebbene fosse stato decisivo. Quest’ultima aveva lavorato a stretto contatto con i gruppi politici e burocratici per tutto il percorso di adesione con l’intento di migliorare il funzionamento delle istituzioni interne per adeguarle agli standard europei. Questo disinteresse da parte dei cittadini era sicuramente influenzato dal gran senso di sfiducia nel sistema istituzionale che essi provavano ; ciò che veniva criticato era la qualità del loro funzionamento, non le 2 singole istituzioni in quanto tali. Difatti il regime democratico non fu mai messo in discussione dai paesi dell’Europa centro-orientale sebbene fosse da loro ritenuto il male minore tra le molteplici forme di governo esistenti; la democrazia era stata accettata e scelta dai governi dei PECO molto tempo prima dell’avvio del processo di integrazione.

E’ giusto fare una premessa circa i sondaggi: questi vengono utilizzati con cura date le difficoltà

1

metodologiche e pratiche che li riguardano, ma al contempo rappresentano il miglior strumento di analisi quando si è di fronte a studi che coinvolgono grandi quantità di persone, si veda L. Mattina, La sfida all’allargamento. L’Unione europea e la democratizzazione dell’Europa centro-orientale, op. cit., p. 258.

Tra le varie istituzioni prese in analisi, quella che si riscontrò esser meno meritevole di fiducia fu il

2

Parlamento, seguito da magistratura e governo, ivi, p. 295.

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Furono altri i fattori che incisero maggiormente sul giudizio finale dell’opinione pubblica, primo tra tutti l’atteggiamento della classe politica. Infatti gli stessi politici per lungo tempo non ritennero la questione europea un argomento di politica interna e per quanto le loro posizioni “anti-europa” fossero più o meno delineate, non fu mai loro primario interesse coinvolgere i propri cittadini per renderli partecipi sia dello svolgimento delle trattative, sia degli aspetti cardine dell’adesione. Un disinteresse politico che si rifletteva nella disinformazione dell’opinione pubblica: questo provocò in alcuni casi un forte incremento dell’euroscetticismo, in altri alimentò un diffuso sentimento d’apatia generale. Purtroppo la quantità di informazioni ricevute non fu mai adeguata rispetto all’importanza dell’argomento , un’ignoranza messa in luce dagli stessi 3 risultati dei sondaggi.

In casi come questi scatta nei cittadini l’adozione e la messa in atto di una strategia psicologica automatica che permette di elaborare giudizi, attribuire significati e prendere decisioni su di un argomento a prescindere dalla sua complessità e dalla totalità di informazioni ricevute; questi meccanismi prendono il nome di “scorciatoie cognitive”.

In base a molteplici fattori, la percezione delle opinioni pubbliche dei PECO dell’immagine dell’Unione risultò essere discontinua. Inizialmente l’opinione dei 4 cittadini risultò esser positiva, in particolare nel biennio 1991-1993, per poi subire un’inversione di pensiero negli anni successivi a causa delle costanti pressioni internazionali a cui furono soggetti i paesi candidati. Si dovette attendere il 1997, anno in cui l’Unione inaugurò l’inizio delle trattative dei negoziati di pre-adesione, per veder diffondersi nuovamente un sentimento di entusiasmo colmo di aspettative. Purtroppo, negli anni seguenti, l’immagine dell’Unione venne influenzata negativamente dalle informazioni rilasciate dai media locali provocando un calo dei consensi, più accentuato

La carenza di informazioni da parte dei cittadini intervistati è stata definita una “razionalità limitata”,

3

ivi, p. 260.

Con il termine “immagine” si fa riferimento alla mera rappresentazione mentale di un oggetto

4

politico, fondata sulla totalità dei simboli a questa associati, che permette una più facile e intuitiva valutazione dell’oggetto in analisi. Essa rientra nell’insieme delle “scorciatoie cognitive” messe in atto dal cittadino, ivi, p. 262.

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in alcuni paesi e meno in altri . Infatti al momento dei negoziati, quando si trattò di 5 porre l’attenzione sui pro e i contro della futura adesione, i media tesero a mettere in luce soprattuto i punti critici della questione, rendendo le trattative, agli occhi dei cittadini, più complesse di quanto in realtà potessero essere . Risulta opportuno dunque 6 non sottovalutare l’importanza dei molteplici fattori che andarono ad incidere sull’opinione dei cittadini, le cui valutazioni variarono in base alle influenze ricevute.

Come già accennato prima, tra le variabili dell’analisi dell’opinione pubblica non si riscontrò la valutazione del lavoro svolto dall’Unione; quando i PECO vennero invitati ad esprimersi circa il loro pensiero sulla questione, si limitarono a prendere in analisi i fattori positivi e negativi che sarebbero derivati da una possibile futura adesione , 7 omettendo così dalle loro valutazioni un’opportuna analisi di bilancio dei miglioramenti apportati rispetto al passato. Ad influenzare notevolmente sulle opinioni pubbliche furono due variabili: il rendimento politico-economico e la questione nazionale. Per quanto concerne la prima componente, questa risultò interessare principalmente quei paesi dove la situazione socio-economica risultava esser complicata, a causa dell’inefficienza delle politiche di trasformazione attuate dopo la caduta del regime. Fu dunque inevitabile lo schieramento dell’opinione pubblica a favore dell’Unione, poiché l’integrazione, agli occhi dei cittadini, risultava esser la giusta soluzione per poter risolvere le molteplici problematiche interne ai loro paesi . Passando al tema della 8 questione nazionale, possiamo affermare che questo influenzò più di tutti gli altri fattori le opinioni pubbliche; ricordiamo che i paesi dell’Europa centro-orientale riuscirono a

Per esempio, in Polonia venne registrato il calo più incisivo rispetto agli altri paesi, dove il consenso

5

diminuì del ben 25% rispetto al 1997, ibidem.

La qualità e la quantità di informazioni ricevute dai cittadini non furono di certo adeguate rispetto alla

6

difficoltà dell’argomento che risultava esser per quasi tutti i paesi incomprensibile sotto molteplici aspetti, ivi, p. 273.

Difatti la loro fu principalmente una valutazione, se così possiamo affermare, egoistica, spinta

7

esclusivamente da interessi personali, limitandosi ad una mera analisi dei pro e contro dell’adesione, ivi, p. 293.

Il consenso europeo in queste realtà fu alimentato dalla scarsa informazione mediatica. I paesi,

8

dovendo preoccuparsi di mettere in atto le giuste modifiche per adeguarsi alle richieste europee, ritardarono l’avvio dei negoziati con l’Unione; di conseguenza i media si concentrarono su altri aspetti, informando i cittadini in maniera discontinua a tal punto da creare un’immagine complessivamente positiva della situazione. I paesi dov’era possibile riscontrare tale situazione erano Bulgaria e Romania, ivi, p. 274.

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proclamare la loro indipendenza in seguito al crollo del blocco sovietico, non senza aver affrontato in più occasioni momenti di forte tensione e per questo motivo era loro primario interesse proteggere gelosamente tale status da qualsiasi interferenza esterna.

Furono riscontrate anche situazioni in cui le componenti finora prese in esame risultarono irrilevanti e dove i cittadini espressero le proprie opinioni unicamente in base ai fattori socio-demografici; possono esser riscontrati tratti sociali e anagrafici simili nei vari paesi candidati . In base ai sondaggi, l’appoggio dei cittadini era direttamente 9 proporzionale ad un maggiore livello di istruzione, mentre diminuiva tra i gruppi di persone in età avanzata. L’opposizione maggiore era riscontrabile tra gli agricoltori, gli operai e i disoccupati; si tratta di gruppi che hanno riscontrato delle difficoltà sia nell’adattarsi all’economia di mercato sia nell’accettare il processo di modernizzazione del proprio paese. Di fatti, ad incidere sui sentimenti dei cittadini fu anche il loro stesso atteggiamento nei confronti del periodo di transizione e delle politiche avviate dal Governo; i primi anni dopo la caduta del regime comunista furono cruciali sulla determinazione delle reazioni nella popolazione, la quale si divise tra “favoriti” e

“perdenti” . A credere invece fortemente nell’integrazione, fiduciosi ed entusiasti del 10 prossimo futuro europeo, erano gli impiegati, gli imprenditori e gli studenti; soprattuto quest’ultimi, grazie alle loro esperienze universitarie in Europa e alla conoscenza della lingua inglese, erano di sicuro maggiormente informati e meno spaventati rispetto alle generazioni più anziane.

Venne inoltre chiesto ai cittadini dell’Europa centro-orientale di esprimere quale significato attribuissero all’Unione Europea; nel complesso quest’ultima fu valutata positivamente in quanto era diffusa l’aspettativa di veder realizzato uno spazio comune che assicurasse la libera circolazione dei cittadini e i diritti economico-sociali. Venne

Nella totalità dei PECO l’appoggio o meno all’integrazione europea erano strettamente condizionata

9

da alcuni aspetti della vita privata del singolo cittadino, vale a dire l’istruzione ricevuta, il lavoro svolto e la classe sociale di appartenenza, si veda V. Havlik, V. Hloušek, P, Kaniok, Europeanised Defiance- Czech Euroscepticism since 2004, Leverkusen Opladen, Barbara Budrich, 2017, p. 79.

Il primo gruppo era composto dalle categorie professionali maggiormente retribuite e l’élite politica,

10

che vedevano nel sistema politico ed economico grandi miglioramenti in seguito alle riforme adottate dal Governo; nel secondo gruppo rientravano gli agricoltori, i pensionati e i disoccupati, si veda L.

Mattina, La sfida all’allargamento. L’Unione europea e la democratizzazione dell’Europa centro-orientale, op.

cit., p. 269.

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posta anche una seconda domanda sempre inerente alla questione dell’immagine dell’Unione, con cui si cercò di capire che significato attribuissero le popolazioni dell’Europa centro-orientale alla possibilità di essere futuri cittadini europei. In base alle risposte date, ciò che apprezzavano maggiormente era aver la possibilità di lavorare, studiare e trasferirsi liberamente in qualsiasi stato membro dell’Unione, mentre la questione di poter istituire un sistema di rappresentanza europeo, volto a creare un’entità politica sovranazionale che limitava le appartenenze nazionali, persisteva nel non destare grande interesse. Il comune passato comunista vissuto dai PECO, giocò un ruolo fondamentale nella propagazione di un atteggiamento diffidente all’idea di una assimilazione politica con l’Unione; a loro parere, obiettivo primario dell’integrazione, doveva esser quello di ottenere vantaggi solo a livello economico e sociale. I paesi dell’Europa centro-orientale, liberatisi dall’ingente passato comunista e avviate le opportune trasformazioni democratiche, stavano assaporando ogni aspetto della ritrovata indipendenza ed erano dunque spaventati dalle continue ingerenze europee nei loro affari interni, che andavano ad alimentare il loro timore di ricadere sotto un’altra potenza egemone come successo in passato.

In base al diverso accostamento dei fattori elencati precedentemente, è possibile suddividere le varie opinioni dei cittadini in tre diversi gruppi: i favorevoli, i contrari e coloro che erano indecisi sulla loro decisione. I paesi che rientravano nella prima categoria, i cosiddetti “euroentusiati” erano caratterizzati una situazione politico- istituzionale non soddisfacente e l’Unione accese le speranze nei cittadini di riuscire a risollevare le condizioni del paese; il loro consenso aumentò del ben 10% dal 1997 a pochi anni prima dell’adesione. Il secondo gruppo comprendeva gli “euroscettici”, ovvero quei paesi in cui l’idea d’adesione ha riscontrato un calo di consensi sempre maggiore, in quanto la popolazione, influenzata dal fattore della questione nazionale, temeva di cader vittima nuovamente di potenze egemoni . Infine, l’ultimo gruppo 11 racchiude al suo interno quella parte di cittadini che ancora non si erano pronunciati né a favore né contro l’adesione e si tratta degli “eurocauti”. Successivamente, i cittadini

In particolare, l’opinione dei paesi appartenenti a questa categoria, vennero influenzati negativamente

11

dall’invito ricevuto dall’Unione ad assicurare la tutela dei diritti delle minoranze, vittime fino a quel momento di leggi discriminatorie. Questa intromissione non venne apprezzata dai paesi, ivi, p. 277.

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appartenenti a questa categoria, quando venne chiesto loro di esprimere una posizione effettiva, si schierarono contro l’integrazione.

In aggiunta a quanto valutato finora, si può affermare che per quanto riguarda il ruolo dei partiti, questo incise in maniera circoscritta sull’opinione pubblica. Purtroppo i dibatti politici sulla questione risultarono tiepidi e molto superficiali, in quanto i rappresentati dei partiti non furono mai in grado di argomentare al meglio sia le loro posizioni che i punti focali dell’adesione; questo anche perché vi era una rilevante mancanza di esperti sull’argomento. Per la parte della popolazione attiva, ovvero per tutti coloro in possesso di un’adeguata conoscenza dei fenomeni politici, i partiti rappresentarono una delle “scorciatoie cognitive” di cui parlavamo precedentemente. Le posizioni dei partiti sono suddivisibili in base al loro grado di euroscetticismo , un 12 concetto che solitamente viene utilizzato per definire meglio il rapporto tra la politica del paese e l’adesione all’Unione e che non è di facile studio. Purtroppo non si tratta di un orientamento che può esser racchiuso in un’unica definizione, essendo sempre stato condizionato dall’andamento politico. Già nei primi anni ’90 venivano mosse le prime critiche contro l’integrazione europea, ma fu un fenomeno che non destò preoccupazione all’inizio, in quanto si credeva che si trattasse di un evento passeggero , 13 nato esclusivamente in relazione al periodo dei negoziati per l’adesione. In realtà, l’euroscetticismo progredì nel tempo fino a divenire, nella metà degli anni ’90, un fenomeno su larga scala, parte integrante dei dibattiti politici dell’est. Al giorno d’oggi, ben quindici anni dopo la tanto discussa integrazione europea, il fenomeno euroscettico si è stabilizzato ed europeizzato.

Abbiamo già evidenziato l’impossibilità dell’esistenza di un concetto univoco per definire l’euroscetticismo, possiamo però far riferimento all’approccio proposto da Paul Taggart e Aleks Szczerbiak, professori presso l’Università del Sussex, che prevedeva la

In Repubblica Ceca, tra i partiti ritenuti fortemente euroscettici era presente il Partito Comunista,

12

mentre il Partito civico democratico rientrava tra quelli debolmente euroscettici, ivi, p. 281.

Infatti fino a quel momento il coinvolgimento politico era marginale e solamente i partiti più

13

estremisti erano definiti euroscettici, si veda V. Havlik, V. Hloušek, P, Kaniok, Europeanised Defiance- Czech Euroscepticism since 2004, op. cit., p. 24.

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suddivisione del fenomeno in due categorie: forte e debole . Nel primo gruppo 14 rientrano quei partiti la cui posizione era sempre stata radicale e il cui intento era di abbandonare definitivamente il processo di integrazione; nel secondo gruppo, invece, si possono trovare partiti a sostegno della membership, sebbene non mancassero minori forze di opposizione e temi che destavano preoccupazioni. La visione dei professori del Sussex venne criticata da Petr Kopecky e Cas Mudde, rispettivamente professore presso l’Università di Leiden e noto politologo olandese; secondo loro, i fattori sui quali si doveva concentrare l’attenzione erano, in primo luogo, l’accettazione dell’idea che la sovranità delle nazione doveva esser ceduta ed entità soprannazionali e, in secondo luogo, il possibile supporto o la possibile opposizione nei confronti di un futuro ampliamento del potere dell’Unione in seguito al processo di adesione. In base a quanto da loro sostenuto, fu possibile delineare nuove classificazioni per i partiti politici, come riportato dal seguente grafico:

Fig. 4 Suddivisione dei partiti politici in accordo alla loro opinione circa l’integrazione europea

A loro volta, Taggart e Szczerbiak, risposero alla visione olandese elaborando nuove definizioni per le loro categorie di euroscetticismo, che tuttora vengono prese come punto di riferimento negli studi sull’argomento dell’adesione europea : 15

Europhile Europhobe

EU-optimist Euroenthusiasts Europragmatists

EU-pessimist Eurosceptics Eurorejects

Nonostante questa divisione, dagli studi dei sondaggi è emerso che, in più occasioni, non vi è stata

14

attinenza tra i voti ricevuti dai partiti euroscettici e l’opinione dei cittadini circa l’adesione. Per esempio, in Repubblica Ceca, venne riscontrato che i partiti venivano eletti anche da coloro che non erano euroscettici. Si trattava di una suddivisione che non entrava nel dettaglio, poiché il suo compito era di esser utilizzata come strumento per effettuare delle ricerche empiriche e per classificare un aspetto politico su larga scala, si veda L. Mattina, La sfida all’allargamento. L’Unione europea e la democratizzazione dell’Europa centro-orientale, op. cit., p. 283.

V. Havlik, V. Hloušek, P, Kaniok, Europeanised Defiance- Czech Euroscepticism since 2004, op. cit., p.

15

26.

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“Hard Euroscepticism is a principled oppostition to the project of European integration as embodied in the EU, in other words, based on the ceding or transfer of powers to [a]

supranational institution such ad the EU”

“Soft Euroscepticism is the attitude in which there is not a principled objection to the European integration project of transferring powers to a supranational body such as the EU, but there is opposition to the EU’s current or future planned trajectory based the further extension of competencies that the EU is planning to make”

Ciò che venne più volte notato fu un dilagante sentimento anti-politico nei paesi PECO nel periodo di transizione; in aggiunta ad uno scenario già demotivato di per sé, nella politica interna dei paesi, fu scarso l’interesse e l’impegno che i partiti misero nel fronteggiare l’argomento dell’integrazione europea. Essi non si preoccuparono di informare adeguatamente i propri cittadini sulla questione o sulla loro stessa posizione e a causa di questo loro atteggiamento di disinteresse, non furono in grado di indirizzare i propri elettori , provocando un netto calo nelle partecipazioni elettorali. Si dovette 16 aspettare il periodo antecedente il referendum per vedere i partiti concentrarsi sul tema dell’allargamento nei confronti politici, dove vennero delineate le varie posizioni al riguardo . Con le loro propagande riuscirono a garantire un’affluente partecipazione il 17 giorno del referendum , ottenendo inoltre esiti ampiamente positivi , come possiamo 18 19 notare dalla tabella sottostante:

I cittadini purtroppo vennero influenzati anche dai retaggi del passato comunista che aveva lasciato

16

tra gli elettori un senso di sfiducia nel sistema politico, credendo di non poter esser mai più rappresentati a pieno da un qualsiasi partito. Per esempio, in Repubblica Ceca ben il 76% della popolazione provava un forte sentimento di sfiducia nei confronti dei partiti politici, ivi, p. 288.

A differenza degli stati già membri dove l’euroscetticismo era ben distribuito da sinistra a destra, nei

17

paesi candidati erano i paesi di destra a prediligere tale orientamento, in particolare i partiti agrari, quelli di stampo nazionalista e populista. Questi partiti erano accomunati da un sentimento di rifiuto della modernizzazione, ivi, p. 291.

Si ricordi che il referendum si tenne nelle giornate 13 e 14 giugno 2003, si veda G. Radicati, Europa

18

sì, Europa no. L’euroscetticismo è nato a Praga. (Cronache della Repubblica Ceca, 2003-2006), Eurilink, 2015, p. 39.

Venne però registrato un alto tasso di astensionismo, in particolare tra gli abitanti delle campagne;

19

questo aspetto conferma il fatto che l’argomento dell’integrazione non riuscì a coinvolgere a pieno le popolazioni dei PECO, nonostante gli sforzi compiuti dai partiti e dal governo, si veda L. Mattina, La sfida all’allargamento. L’Unione europea e la democratizzazione dell’Europa centro-orientale, op. cit., p. 299.

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Fig. 5 Risultati del referendum confermativi per l’adesione

§ 4.4 Eurocetticismo ceco

In maniera più o meno intensa, l’euroscetticismo si sviluppò presto nei paesi dell’Europa centro-orientale. Anche se in quegli anni vi era la possibilità di creare “una nuova Europa dei popoli” attraverso l’integrazione all’Unione, purtroppo i PECO si 20 stavano ancora riprendendo dopo la caduta dei vecchi regimi autoritari attraverso i propri processi di transizione e non avevano dunque alcuna intenzione di veder ridursi nuovamente la loro libertà recentemente ritrovata.

Nonostante le sue piccole dimensioni, la Repubblica Ceca venne spesso considerata la culla dell’euroscetticismo nell’Europa centro-orientale, in quanto, rispetto agli altri paesi, lì il fenomeno progredì con più forza ed ebbe una duratura importanza politica ; 21 per questi motivi, negli studi sull’argomento, il caso ceco viene preso ad esempio grazie alla sua unicità. Sulla scena politica ceca, non solo gli appartenenti ad ideologie

Partecipazione Voto: sì Voto: no

Malta 8 marzo 91 54 46.3

Slovenia 23 marzo 60.4 90 10.4

Ungheria 12 aprile 45.6 83.8 16.2

Lituania 10-11 maggio 63 91 9

Slovacchia 16-17 maggio

52 92.5 6

Polonia 8 giugno 59 77 23

Rep. Ceca 13-14 giugno 55 77 23

Estonia 14 settembre 64 66.9 33.2

Lettonia 20 settembre 72.5 67 32.3

R. Radicati, Europa sì, Europa no. L’euroscetticismo è nato a Praga. (Cronache della Repubblica Ceca,

20

2003-2006), op. cit., p. 14.

In particolare, il momento in cui l’euroscetticismo raggiunse l’apice furono gli anni a cavallo

21

dell’adesione europea, ovvero quelli immediatamente precedenti e successivi al 2004, si veda V. Havlik, V. Hloušek, P, Kaniok, Europeanised Defiance- Czech Euroscepticism since 2004, op. cit., p. 20.

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nazionaliste e populiste erano ritenuti euroscettici, ma anche i comunisti, i liberali ed i conservatori, ed è proprio dei più importanti partiti cechi riconosciuti come euroscettici che si ritiene opportuno analizzare l’approccio all’integrazione e come questo sia cambiato da prima a dopo il 2004.

Volgendo lo sguardo al passato, nei primi anni ’90 il leitmotiv della politica estera era stato il “ritorno all’Europa” e, di conseguenza, l’integrazione nell’Unione . Sin da 22 23 subito ci si rese conto però della complessità che caratterizzava il processo di adesione e del fatto che si sarebbe trattato di un percorso lungo e difficile; l’iniziale euforia lasciò il posto ad un dilagante sentimento di disillusione, anche perché l’Unione continuava a posticipare la data di ingresso dei paesi dell’Europa centro-orientale. Fu così, che a metà anni ’90, i partiti politici iniziarono a confrontarsi dibattendo sulla loro posizione circa l’integrazione ; essi non misero mai in discussione lo spirito del “ritorno all’Europa”, 24 ma decisero di non utilizzare più tale slogan preferendo avvalersi di loro opinioni più dettagliate circa l’argomento.

§ 4.4.1 Panoramica dello scetticismo politico prima del 2004

Per quanto riguarda il Partito civico democratico (ODS), la maggior parte dei suoi politici è sempre stato di stampo euroscettico, sebbene sia sempre stata presente una cospicua minoranza che ha mantenuto una visione positiva dell’integrazione europea.

Nei suoi primi programmi, possiamo notare come il Partito non si discostò totalmente dallo spirito del “ritorno all’Europa”, in quanto esso sosteneva che la futura adesione

Il Movimento Civico (OH) fu il primo partito a far riferimento allo spirito di “ritorno all’Europa” e

22

la sua linea politica, incentrata sulla valorizzazione degli aspetti positivi dell’adesione, venne portata avanti prima dai partiti liberali della destra ceca e nei primi anni 2000 dall’Unione liberale (Unie Svobody- US). Posizioni favorevoli all’integrazione vennero prese anche dall’Unione cristiano democratica (KDU- ČSL) e dal Partito verde (Strana Zelených- SZ), ivi, p. 60.

Ricordiamo infatti che nel 1991 venne siglato un Accordo di Associazione tra l’Unione e la

23

Cecoslovacchia, il quale fu nuovamente sottoscritto nel 1993 in seguito allo scioglimento della Federazione, ivi, p. 58.

Venne più volte notato, negli studi sull’argomento, che i politici euroscettici furono di gran lunga più

24

attivi durante i dibattiti rispetto alla controparte favorevole all’integrazione, ivi, p. 69.

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all’Unione avrebbe assicurato libertà e sovranità allo stato, una prosperità economica e garanzie a lungo termine in politica internazionale. Le cose cambiarono nel corso degli anni ’90 quando nei nuovi programmi venne riscontrata una variazione del pensiero del partito; infatti se fino a quel momento l’adesione era stata vista come uno strumento utile ai fini del processo di trasformazione che stava riguardando sia il campo economico, che politico, in seguito, l’ODS decise di schierarsi contro l’integrazione ritenendola dannosa per gli interessi nazionali cechi. Il programma del 1995 mise in luce gli aspetti sopracitati e al suo interno vennero delineate le basi di riferimento della posizione del partito, il cui euroscetticismo venne definito “soft”25. Stessa cosa avvenne nel programma del 1998, dove dopo una prima sezione dedicata alla NATO e alla possibile integrazione nell’organizzazione, il partito si concentrò sull’Unione sottolineando da un lato la volontà a voler condividere un mercato comune e, dall’altro, il suo disinteresse nel creare un’unione politica . Fu però con i programmi dei primi anni 26 2000 che divennero di primaria importanza temi come l’identità nazionale e la sovranità 27 dello stato; la condotta adottata dall’ODS fu quella di fare leva su questioni interne, strettamente legate alla storia ceca, per attirare l’attenzione e l’approvazione dei propri elettori. Una caratteristica del partito, rispetto agli altri, fu l’utilizzo di un termine alternativo ad “euroscettico”, in quanto i politici preferivano definirsi “eurorealisti”.

Si riporta qui di seguito un estratto del programma del 1995, per meglio chiarire la posizione del

25

partito ODS: “Within the European Union we espouse the principles of enlarging the organisation, openness to the rest of the world, free trade and a thoroughgoing reduction of bureaucracy. We are convinced that sovereign states which voluntarily entered into the Union will continue to be its cornerstones in the future and that the sovereignty of the Union will be a derived one. For the future we want to maintain a clearly defined Czech state which, of course, would be open to the world as much as possible and participate in European and worldwide integration. However, we do not want to dissolve our state in supranational structures that emerge without genuinely deep roots and without a real identity. We see the strength of Europe in its diversity, not in its uniformity. The aim of the Czech Republic certainly must not be a mere drawdown of EU funding. Our ambition is to become as quickly as possible a part of the group of countries with the most highly performing economies, countries that are the source of the European Union’s dynamism”, ivi, p. 67.

Il timore dell’ODS era che venisse creata una realtà federale all’interno dell’Europa; il partito sperava

26

invece nella nascita di un’Unione di regioni, ritenendo lo stato-nazione l’unità fondamentale per l’Europa, ivi, p. 68.

Tra questi è opportuno citare uno dei più importanti “The Manifesto of Czech Eurorealism” del 2001,

27

al cui interno venivano ampiamente criticati sia il settore economico che politico europeo e si accusava l’Unione di utilizzare l’Accordo di libero scambio come strumento di distrazione dai continui posticipi della data di adesione dei PECO, ibidem.

(12)

Parlando del Partito civico democratico non si può non fare riferimento alla figura cardine sia del partito in sé che dell’euroscetticismo ceco a livello internazionale, ovvero Václav Klaus. Influenzato dalle correnti anglosassoni del liberalismo e del conservatorismo, i suoi obiettivi principali risiedevano nella tutela degli interessi nazionali e dell’identità del proprio paese. Le sue valutazioni erano basate su di un insieme di fattori comprendenti sia il liberalismo economico sia questioni sociali e culturali influenzate da uno spirito conservativo; questa sua visione lo portò ad elaborare una duplice considerazione: da un lato l’adesione avrebbe significato per lo stato ceco la possibilità di affermare un’economia basata sul libero mercato, dall’altro egli non vedeva di buon occhio l’idea di un’Unione federalista che avrebbe inciso negativamente sull’intero sistema alla base dello stato-nazione.

Un euroscetticismo decisamente più “hard” venne portato avanti dal Partito Repubblicano ceco (Sdružení pro republiku - Republikánská strana Československa- SPR- RSČ). Sin dai primi anni ’90, il partito con a capo Miroslav Sládek, si fece promotore di una campagna contro l’integrazione europea, fino ad arrivare a chiedere il ritiro della domani di adesione presentata dal governo nel 1996 . Uno dei punti focali del loro 28 programma fu la questione dei tedeschi sudeti, che negli anni ’90 risultava essere un tema politico di rilievo utilizzato, come vedremo tra poco, anche da altri partiti.

Per quanto concerne invece il Partito Comunista (KSČM), questo mantenne un atteggiamento ambiguo sulla questione europea fino alla metà degli anni ’90 quando tra i politici emerse un euroscetticismo “hard”. In realtà l’idea di una futura integrazione non venne mai rigettata in toto come nel caso del Partito Repubblicano; i comunisti erano maggiormente concentrati sul mettere in luce i loro timori: a loro avviso, si doveva cercare di evitare che lo stato ceco si sottomettesse all’Unione, perdendo così la propria sovranità nazionale. Sebbene nei loro programmi venissero riscontrate più volte parole quali “indipendenza” e “sovranità”, a testimonianza del tentativo di proteggere gli interessi nazionali, il Partito Comunista persisteva nel non escludere la possibilità di un’integrazione europea, anzi, a ridosso del 2004 finì per accettare la situazione, come si

Citiamo un estratto del programma del SPR-RSČ risalente al 2002, per riassumere al meglio la loro

28

posizione: “The European Union is the ebed of our country, the end of its political and economic sovereignty as well as of self-sufficiency in agricolture. It is also the end of our language and culture”, ivi, p. 71.

(13)

evince dal manifesto del 2002 , momento che per molti segnò il passaggio dei comunisti 29 da un euroscetticismo “hard” ad uno più “soft”. Anche loro, come i repubblicani cechi, fecero riferimento nei programmi politici alla questione dei tedeschi sudeti; questa faccenda interna, come già specificato prima, era utilizzata per sollecitare l’attenzione dei cittadini sul pericolo di un’eventuale rivendicazione da parte dei sudeti espulsi dopo la seconda Guerra Mondiale delle loro vecchie proprietà o di compensi finanziari . Solo 30 dopo il 1997, anno in cui venne negoziata e siglata la dichiarazione ceco-tedesca, la questione della minoranza sudeta cessò di esser parte integrante dei programmi politici.

La tabella sottostante racchiude uno schema di quanto sopra riportato:

Fig.6- Mappa concettuale del dibattito ceco circa l’integrazione europea antecedente al 2004 Autochtonous

sources of debate

Mixed sources of debate

Imported sources of debate

Identity Havel Westernising Eurofederalist

Europeanism Narrative of “Return to Europe”, OF and OH

Narrative US Narrative SZ, ČSSD, KDU-ČSL

Functional Europeansim

Westernising narrative ODS 1991-1997 Soft Euroscepticism KSČM narrative after

2000

“Eurorealist” narrative ODS since the late 1990s, Klaus Hard

Euroscepticism

SPR-RSČ’s anti- German narrative until 1997 and KSČM’s anti-German and anti-Imperialism narrative in the 1990’s

Far-right narrative after 1997

Questo manifesto rappresentava a pieno il cambio di atteggiamento dei comunisti che passarono ad

29

una visione più pragmatica della questione; dopo aver accettato l’imminente adesione europea, decisero quindi di focalizzare il loro lavoro sul tentativo di concludere negoziati con l’Unione vantaggiosi per la Repubblica Ceca sia da un punto di vista economico che sociale, ivi, p. 64.

Le espulsioni di massa subite dai sudeti, erano strettamente collegate ai cosiddetti “decreti Beneš”,

30

entrati a far ufficialmente parte della legislazione dello stato ceco nel 1946. Vi era il rischio che, in seguito all’adesione europea, tali decreti venissero ritenuti incompatibili con quanto previsto dai diritti umani, ivi, p. 72.

(14)

§ 4.4.2 Panoramica dello scetticismo politico dopo del 2004

Come già accennato nel capitolo precedente, a partire dalla seconda metà degli anni

’90 fu possibile assistere ad una netta scissione dello scenario politico in due gruppi, da un lato coloro che erano a favore dell’integrazione europea e dall’altro i partiti euroscettici contrari all’adesione. Quest’ultimi risultarono esser molto più attivi durante i dibattiti di confronto, sebbene lo spazio da loro dedicato all’interno dei programmi politici rasentasse il 2% negli anni ’90. Con l’avvicinarsi della data ufficiale di adesione, l’argomento “Europa” divenne sempre più importante in particolare nel 2002, periodo delle nuove elezioni . 31

Prima di analizzare nel dettaglio i cambiamenti che caratterizzarono i partiti dopo il 2004, si ritiene opportuno introdurre un concetto che incise notevolmente sulle loro trasformazioni, ovvero l’”europeizzazione”. Riporto qui di seguito la definizione elaborata da Radaelli, attualmente professore posso l’Università di Londra:

“Europeanisation consists of the processes of a) construction, b) diffusion and c) institutionalisation of formal and informal rules, procedures, policy paradigms, styles, ways of doing things and shared beliefs and norms which are first defined and consolidated in the EU policy process and then incorporated in the logic of domestic (national and subnational) discourse, political structures and public policies” 32

In che modo incise l’europeizzazione all’interno del contesto euroscettico? Come sostenuto da Schimmelfennig e da Sedelmeier, rispettivamente professore di politica europea e professore di relazioni internazionali, i paesi dell’Europa centro-orientale, una volta soggetti all’europeizzazione, finirono per accettare e, in seguito, adottare normative

Tra l’ODS e il KSČM insorsero nette differenza circa lo spazio dedicato al tema dell’adesione; se nel

31

2002 in entrambi i partiti si è potuto assistere ad un incremento notevole rispetto agli anni precedenti (i valori dell’ODS quadruplicarono), dall’anno successivo i loro valori si stabilizzarono su percentuali differenti. In entrambi i casi si è assistito ad un calo graduale delle sentenze riguardanti l’Europa però l’ODS si mantenne costante nelle percentuali stabilizzandosi intorno al 6%, mentre il KSČM subì un cambiamento radicale, tornando a toccare soglie del 3/4%. La causa di tutto questo può esser ricercata da un lato, nel fatto che i comunisti si adattarono pian piano alla situazione, accettando l’idea di integrazione e dall’altro, che all’interno del partito stesso vi era una scissione circa le opinioni dell’argomento ed era dunque meglio evitare di parlarne mancando un’unità di base, ivi, p. 94.

Questo fenomeno si diffuse soprattuto negli anni 2000 e permetteva di facilitare lo studio di due

32

materie combinate: gli studi europei da un lato e le ricerche di scienza politica dall’altro, ivi, p. 32.

(15)

elaborate dall’Unione. Se l’euroscetticismo può esser considerato un fenomeno statico, altrettanto non può esser detto dei partiti politici e dell’opinione pubblica; difatti, i protagonisti euroscettici, soggetti a molteplici fattori, possono cambiare le loro idee e il sistema in cui operano. Ed è propio questo che è accaduto negli anni 2000: sia l’opinione pubblica che i partiti si sono ritrovati a doversi adattare al sistema multilivello europeo.

Ovviamente lo scenario politico fu quello più colpito dal fenomeno dell’europeizzazione;

il rapporto tra i singoli partiti e la questione dell’integrazione europea venne analizzato sotto tre diversi aspetti: l’adozione degli sviluppi derivanti dall’adesione da parte del sistema partitico nazionale, lo sviluppo di federazioni transnazionali dei partiti e le dinamiche della competizione tra i partiti e il Parlamento europeo. Nello specifico, furono cinque gli ambiti politici che subirono maggiori cambiamenti, il primo di questi riguardava i programmi di partito che, in seguito all’europeizzazione, ci si aspettava presentassero molti più riferimenti alla questione dell’integrazione e che questa venisse affrontata in maniera dettagliata e ricercata. L’ organizzazione stessa dei partiti fu il secondo aspetto a cambiare, ma a differenza degli altri ambiti, si trattava di trasformazioni diluite nel lungo periodo dando ai partiti la possibilità di adattarsi al meglio alle richieste europee. La terza area di interesse faceva riferimento alle relazioni instaurate dei partiti ad un livello sovranazionale, ovvero le interazioni createsi tra i gruppi politici cechi e quelli di altri paesi europei. Il quarto aspetto era la competizione politica, in quanto la questione europea non solo entrò a far parte dei programmi di partito, ma divenne uno dei temi cardine di confronto. Infine, si notino i cambiamenti nelle relazioni tra i partiti e il governo; quest’ultimo, influenzato dalle negoziazioni, talvolta assumeva posizioni distaccate, se non addirittura contrarie a quelle di base dei partiti. Ogni trasformazione messa in atto dai partiti è parte di un sistema ciclico, ciò significa che ogni qual volta i gruppi politici si trovavano di fronte ad una nuova richiesta europea, essi si adoperavano per adattare al meglio il loro sistema europeizzandolo, per poi ripartire con il successivo processo di europeizzazione di un altro aspetto dello scenario politico.

Ritornando adesso all’analisi dei singoli partiti circa la loro posizione sull’adesione europea, partiamo dal Partito dei cittadini liberi (Strana svobodných občanů- SSO), la cui

(16)

fondazione risale al 2009, anni dopo l’entrata del paese nell’Unione. Non avendo un passato politico antecedente il 2004, risulta impossibile analizzarne i cambiamenti come per gli altri gruppi politici, ma è sufficiente far riferimento al programma elaborato dal SSO in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo del 2009 per evidenziare l’aspetto “hard” del loro euroscetticismo. La sua posizione risultò esser decisamente la più radicale all’interno dello scenario partitico, come evidenziato nei suoi programmi: in primis la Repubblica Ceca avrebbe dovuto cessare di esser parte dell’Unione, concentrando le sue proprietà sul rafforzamento e lo sviluppo della sovranità nazionale e in secondo luogo, si sarebbe dovuto assistere alla dissoluzione dell’Europa stessa, instaurando una nuova forma di cooperazione internazionale al suo posto . 33

Il Partito Comunista, con il suo atteggiamento ambiguo, non si schierò mai a supporto dell’Europa negli anni ’90 e inoltre chiese che fossero i cittadini a farsi carico della responsabilità dell’adesione esprimendo le proprie opinioni in un referendum.

Dopo il 2004, i comunisti, seppur in un primo momento rimasti fermi sulle loro posizioni passate, iniziarono a vedere l’integrazione con occhi diversi, sostenendo che fosse una grande opportunità per il paese per incrementare le cooperazioni internazionali . L’euroscetticismo comunista si tinse di toni fortemente sovranazionali e 34 internazionali, difatti vennero abbandonante le questioni interne in favore di una prospettiva maggiormente internazionale e uno dei punti focali del nuovo programma comunista divenne la collaborazione con altri partiti radicali di sinistra sulla scena europea . Sebbene le critiche nei confronti dell’Europa persistessero nel programma 35 comunista , il loro eursoscetticismo si indebolì in seguito all’europeizzazione. 36

L’unico aspetto dell’adesione supportato dal partito era la creazione di un mercato interno e la

33

liberalizzazione degli scambi commerciali, ivi, p. 103.

In realtà, è giusto ricordare che già qualche anno prima dell’adesione il partito intraprese un percorso

34

di accettazione dell’idea di divenire un paese europeo, ivi, p. 65.

Il Parlamento europeo giocò un ruolo fondamentale per i comunisti, in quanto lo ritenevano l’unica

35

istituzione realmente democratica ed un palcoscenico istituzionale che permettesse di agevolare e incrementare tali cooperazioni con le altre realtà europee di sinistra, ivi, p. 98.

Il Partito Comunista non pretendeva che l’Unione effettuasse una riforma completa del sistema, ciò

36

che proponeva era una trasformazione antitetica al principio del capitalismo che fino a quel momento era stato uno dei cardini dell’integrazione europea, ivi, p. 100.

(17)

Il Partito civico democratico, che è sempre stato caratterizzato da un euroscetticismo debole, rimase fermo nelle sue posizioni dopo il 2004, cambiando però i toni utilizzati per affrontare il tema dell’adesione, in quanto la questione europea venne strumentalizzata . Nel suo programma furono intensificati i riferimenti alla sovranità e 37 agli interessi nazionali, riconoscendo il mercato interno come l’unico obiettivo europeo da sostenere. A differenza dei comunisti, l’OSD non vedeva di buon occhio il Parlamento Europeo ritenendo che tale istituzione andasse a diminuire le capacità dello stato ceco di difendere i propri interessi nazionali. Anche la questione dell’adozione di una moneta unica venne valutata negativamente dal partito, in quanto tale scelta sarebbe potuta esser rischiosa per la sovranità nazionale. Ciò che l’ODS proponeva nei suoi programmi era di ridurre i poteri e le attività all’Unione passando da una cooperazione economica ad una di tipo intergovernativa.

Dopo aver analizzato l’evoluzione dell’euroscetticismo ceco, proseguiamo osservando come questo abbia influenzato la condotta dei governi, che si sono susseguiti negli anni 2000, nei rapporti con le istituzioni europee. Secondo lo studio di Marek e Baun, docenti di politica europea e relazioni internazionali, la condotta ceca è soggetta ad una duplice valutazione: nel primo caso si ha un riscontro positivo del suo comportamento, paragonabile a quello degli altri stati membri, mentre nell’altro caso purtroppo la Repubblica Ceca viene ritenuto uno stato combina guai . In seguito 38 all’adesione europea, si susseguirono tre governi euroscettici: il primo di questi, guidato da Mirek Topolanek, rimase in carica dal settembre 2006 al gennaio 2007; il secondo era costituito da una coalizione (Partito civico democratico, Unione cristiano democratica e Partito verde) che governò fino al maggio 2009, dopo aver ricevuto qualche mese prima una mozione di sfiducia; infine il terzo governo, guidato da Petr Nečas, rimase in carica

Come riportato nel programma di partito del 2009: “For us, the integration is not a goal, but a means to

37

achieve prosperity for the Czech Republic and its citizens. […] This is the prism through which we always look at all the steps and all the measures that are being prepared at the European level”, ibidem.

Il perché di questa visione negativa è riscontrabile nelle continue distrazioni dello stato ceco, che non

38

sono causate da un’inadeguata preparazione o eventuale inesperienza del governo, ma dal fatto che l’euroscetticismo ceco affonda le sue radici su basi ideologiche e non su strategie e calcoli politici, ivi, p.

147.

(18)

fino al 2013, anno delle dimissione del suo leader . I suddetti governi, per quanto 39 euroscettici, furono in grado di accettare e adottare in poco tempo, le regole e le norme previste dal Consiglio europeo, soprattutto durante il periodo del turno della loro presidenza; le aspettative europee non vennero deluse, in quanto il governo ceco in carica si spogliò di critiche e ostilità a favore di un atteggiamento più attivo e costruttivo.

Questo approccio propositivo fu un chiaro segnale di come il fenomeno 40 dell’europeizzazione riuscisse ad incidere sul comportamento del governo; questo, guidato da Topolanek, si dissolse nella primavera del 2009 e venne sostituito da uno provvisorio. Se fino a quel momento la Repubblica Ceca aveva dimostrato di esser stabile e capace di conformarsi a quanto richiesto, voci di dissenso nei suoi confronti si levarono tra il 2010 e il 2013, anni in cui Nečas era in carica. Purtroppo all’interno del Consiglio europeo divenne per molti incomprensibile la posizione ceca , a causa 41 dell’incapacità dei rappresentanti cechi a Brussels di argomentare le loro posizioni euroscettiche. Sebbene l’euroscetticismo fosse un fenomeno ben radicato in Repubblica ceca, le motivazioni espresse dai politici circa le loro opinioni non si basavano su critiche lanciate contro proposte o politiche europee, ma facevano riferimento in primis a questioni interne del paese grazie alle quali era più facile ottenere l’attenzione degli elettori . 42

Per quanto riguarda il Parlamento europeo i principali partiti euroscettici dimostrarono si da subito uno spiccato interesse nel partecipare attivamente alle coalizioni europee. Per esempio il Partito civico democratico entrò a far parte in un primo momento dell’Unione democratica europea e successivamente dell’Unione democratica internazionale, gruppi però che non avevano alcun collegamento con la

L’euroscetticismo dei governi descritti non era di tipo forte, infatti non si schierarono mai a favore

39

dell’uscita del paese dall’Unione, ivi, p. 149.

Altri due furono i segnali riconducibili all’europeizzazione: il tentativo dei governi cechi di instaurare

40

coalizioni e la decrescente opposizione all’Europa, ivi, p. 158.

La Repubblica Ceca venne accusata di esser una nazione euroscettica contraddittoria a causa del suo

41

atteggiamento, ivi, p. 153.

I rappresentanti cechi, con la loro presenza a Brussels, volevano dimostrare ai propri elettori che il

42

loro paese sarebbe stato in grado di incidere attivamente sulle decisione prese in sede di Consiglio, quando in realtà, la loro priorità sarebbero dovute essere le trattative dei negoziati, ivi, p. 152.

(19)

questione europea. Il sentimento euroscettico creò non pochi problemi al partito quando si trattò di doversi integrare con gli altri gruppi politici di destra presenti all’interno del Parlamento, in quanto l’ODS non condivideva la loro stessa visione positiva dell’Europea . Il suo reale interesse era quello di riuscire a creare un partito 43 indipendente euroscettico di destra; un primo passo verso questo obiettivo fu compiuto nel 2006, quando venne fondato il Movimento per la riforma europea (MER) , 44 dissoltosi qualche anno dopo a favore della creazione del Gruppo dei conservatori e dei riformisti europei (ECR) . Successivamente, nel 2010, venne istituita l’Alleanza dei 45 riformisti e conservatori europei (AECR), riconosciuta ufficialmente come partito politico europeo.

A preoccuparsi invece delle coalizioni sul fronte politicamente opposto era il Partito comunista, che espresse la sua intenzione di entrar a far parte della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (EUL/NGL), di cui divenne membro ufficiale in seguito alle elezioni del 2004. Invece i rapporti con il Partito della sinistra europea (PEL) furono più complicati , ma, nonostante ciò, il coinvolgimento comunista in entrambi i 46 gruppi politici dimostrò quanto fosse reale il suo interesse a far parte delle coalizioni europee.

Infine il Partito dei cittadini liberi divenne membro dell’Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD) . 47

Nonostante le problematiche riscontrate dal partito, questo entrò a far parte del Partito popolare

43

europeo, all’interno del quale l’ODS e altri partiti, si unirono in un sotto-gruppo denominato Democratici europei, ivi, p. 206.

Il movimento venne creato per volontà dell’ODS e dei Conservatori britannici, ivi, p. 106.

44

Nel programma del 2009 il Partito civico democratico espresse il suo totale disaccordo con le

45

posizioni prese dall’EPP e annunciò la creazione del nuovo gruppo politico, elencandone anche i principi; l’ECR rappresentava “a vehicle for a vision of European integrazione that will provide an alternative to the Eurofederalism prevailing up to now”, ivi, p. 107.

Sebbene fosse nota la volontà del KSČM di diventare membro del PEL, finì per ricoprire il semplice

46

status di osservatore, questo perché in realtà i due gruppi politici differivano su alcuni punti di vista; la posizione dei comunisti era molto più radicale della sinistra europea, ivi, p. 105.

Il forte sentimento euroscettico del SSO non era condiviso da tutta la coalizione; per esempio le

47

posizioni del Movimento cinque stelle, dei Democratici svedesi e il Partito per l’indipendenza del Regno Unito erano discordanti da quelle del partito ceco, ivi, p. 108.

(20)

§ 4.4.3 Il mondo intellettuale si tinge dei colori dell’euroscetticismo

Anche gli intellettuali rimasero influenzati dalla dilagante corrente euroscettica. Essi si avvicinarono alla questione dell’Europa e dell’adesione solo in seguito agli studi riguardanti temi contemporanei, quali la crisi dell’immigrazione e dell’Eurozona.

Interessandosi a certe questioni e partecipando ai dibattiti politici molti intellettuali, chi prima chi dopo, fecero il loro ingresso sulla scena politica . Le loro opinioni 48 sull’argomento vennero ampiamente europeizzate specialmente dopo il 2004 e questo fu possibile grazie anche alle influenze internazionali ricevute , che permisero loro di avere 49 una visuale sull’Europa e l’adesione a 360 gradi e non più solo ristretta alla propria posizione nazionale.

Passiamo adesso ad una breve analisi delle posizioni euroscettiche di alcuni protagonisti del mondo intellettuale. Tra questi Miloslav Ransdorf, di formazione storica e filosofica, era conosciuto negli anni ’90 per esser stato uno dei pochi comunisti a non aver rifiutato l’idea di una futura membership europea, posizione che continuò a mantenere nel corso degli anni . Ransdorf entrò in contatto con altri rappresentanti 50 della sinistra nel Parlamento europeo, grazie alla sua cospicua attività all’interno del Partito della sinistra europea (PEL). Nel suo caso, dunque, si può affermare che il processo di europeizzazione fu conseguenza di una più ampia conoscenza, e anche socializzazione, politica.

Paradossalmente gli intellettuali mostrarono più interesse nella questione europea rispetto gli stessi

48

politici euroscettici. Essi, in alcuni casi, vennero anche invitati a collaborare all’elaborazione delle strategie politiche dei partiti (KSČM, ODS, SSO), ivi, p. 143.

Gli intellettuali cechi furono condizionati dai confronti con le realtà euroscettiche di Germania e

49

Gran Bretagna, ivi, p. 144.

Della sua posizione pro-europea ne parlò più nel dettaglio all’interno del libro “The world from the

50

left” (2007); qui vennero prese in analisi, sotto un punto di vista della sinistra politica, questioni di attualità della politica internazionale e l’autore espresse anche la propria opinione circa il ruolo dell’Europa: “The European integrazione process stands a chance of succeeding as long as it fulfils at least two fundamental premises: (1) that it will truly give qual opportunity to all participants, thus interesting them in the proporzionale advantages of economic, social and sultural coordination and (2) that in the foreign-policy area it will actively pursue the resolution of international problems by peaceful means, in adherence to the principles of the UN Charter, by acting in favour of strengthening the international legal system when resolving international disputes and conflicts, and seek mutually beneficial economic, scientific, technical, cultural and other peaceful relations between states.”. Questa sua visione rispecchiava non solo quanto sostenuto dal KSČM, ma anche le idee cardine del Partito della sinistra europea, ivi, p. 142.

(21)

Anche Petr Fiala, professore presso l’Università Masaryk, di cui per un periodo ne è stato anche rettore, si affacciò sulla scena negli anni ’90 schierandosi a favore dell’integrazione europea, invitando la nazione ad una rivalutazione della posizione euroscettica . In seguito agli sviluppi europei, con particolare riferimento al Trattato di 51 Lisbona, il pensiero di Fiala divenne più critico, come fu evidente nel suo libro

“European Split Time” (2006). Egli accusava l’Unione di esser stata troppo precipitosa con le nuove integrazione europee; criticava inoltre l’atteggiamento distante e restio degli stati già membri nei confronti dei paesi dell’Europa centro-orientale. Fiala riconosceva all’integrazione europea anche aspetti positivi come, per esempio, i benefici di cui godevano gli stati grazie agli sviluppi e alla cooperazione politica ed economica; ciò che recriminò all’Europa fu la sua incapacità di creare un ambiente idoneo per l’accrescimento della democrazia . La critica di Fiala si tinse anche di toni religiosi, 52 essendosi più volte soffermato durante i suoi studi sul netto divario creatosi tra l’Europa e il suo sentimento religioso; a suo parere la disciplina religiosa era un tema al quale l’Unione avrebbe dovuto dedicare molta più attenzione, soprattutto a causa dell’inasprimento degli estremismi religiosi . 53

L’euroscetticicmo del politologo Alexander Tomsky affonda le sue radici nel

“pessimismo culturale” che lo ha accompagnato sin dagli anni ’80, fortemente influenzato dal conservatorismo anglosassone, per via del suo esilio in Gran Bretagna.

La sua posizione si fece più radicale nelle critiche della crisi dell’immigrazione e dell’Eurozona, sostenendo che tutte le aspettative alimentate dalla storia moderna

In particolare, Fiala, criticava le posizione scettiche sostenute dalla compagine cattolica ceca, come si

51

evince nel suo libro “Catholicism and Politics” (1995), ivi, p. 133.

Secondo Fiala l’Europa non si rese conto che le sue scelte concernenti il passaggio da un’integrazione

52

intergovernativa ad una di stampo soprannazionale e il volersi impossessare di sempre più compiti e poteri, finirono per demolire il contesto nel quale la democrazia sarebbe riuscita a svilupparsi al meglio, ivi, p. 135.

Fiala sosteneva che il disinteresse nelle tematiche religiose fu una delle cause principali dell’incapacità

53

europea di gestire l’integrazione degli immigrati sul suo territorio, ivi, p. 136.

(22)

europea erano svanite nel nulla . Ciò che colpiva del pensiero di Tomsky era la sua 54 considerazione dell’Unione: ai suoi occhi essa rappresentava la chiave di accesso per una società edonistica destinata all’estinzione.

Esponente di un euroscetticismo “hard” fu Petr Mach, politico ed economista ceco, che amava definirsi un liberale classico ; la sua posizione venne largamente delineata già 55 prima dell’adesione europea. Inizialmente Mach si accostò alle idee portate avanti da Klaus, molte similitudini sono infatti riscontrabili nelle loro pubblicazioni; con gli anni, riuscì poi a crearsi un’opinione più personale spogliandosi delle varie influenze esterne.

Per quanto concerne il suo percorso politico, Mach divenne nel 1997 membro dell’ODS, dal quale si distaccò dieci anni dopo; successivamente, nel 2009 decise di creare un nuovo partito e nacque così il Partito dei liberi cittadini (SSO), di cui ancora oggi è alla guida. Dal 2014 è ufficialmente un deputato del Parlamento europeo. All’interno del suo libro “Le insidie dell’integrazione europea” (2002) sono ripercorse le origini del suo 56 pensiero euroscettico, strettamente legato alla sua concezione ideologica del mondo, della società e della politica. Negli anni la sua visione europea divenne sempre più radicale; l’unico aspetto positivo riconosciuto da Mach era la creazione dell’area di libero scambio, ma per quanto concerne gli altri aspetti, egli sosteneva che la Repubblica Ceca avrebbe potuto trovare un’alternativa migliore di sviluppo rispetto all’integrazione europea. Un altro aspetto valutato negativamente fu l’istituzione della moneta unica, in quanto l’economia ceca non avrebbe beneficiato dell’introduzione dell’euro in alcun

Egli affermava quanto segue: “A paradoxical outcome of these ideological defeats has been the victory of

54

boundless liberalism- that almost invisible ideology which denies the very existence of society. The paradox of liberty is in its limits. It thrives best in a system. Today’s society, however, understands freedom, human rights and welfare provided by the state not only as human values but also as values in themselves. The result? A universally felt loss of that epistemic authority. The authority of parents, of elders, teachers, the church, the polity and of law”, ivi, p. 138.

Egli sosteneva la riduzione dell’interferenza statale in ambito economico, la semplificazione del

55

sistema fiscale con annessa riduzione delle tasse imposte e il libero scambio economico a livello internazionale, ivi, p. 125.

Con il suo lavoro Mach metteva in luce l’importanza della creazione di un contesto favorevole alla

56

competizione giuridica, che ricordasse quello della concorrenza di mercato. Egli affermava infatti che

“National sovereignty and competition between jurisdictions are as important conditions of prosperità as freedom of the individual and market competition within the framework of the state. Unfortunately, the European Union has embarked on a path of limiting competition between legal systems”, ibidem.

(23)

modo . Nel 2010 le critiche europee di Mach si arricchirono di argomentazioni politiche 57 e si rafforzarono le sue speranze di una futura uscita della Repubblica Ceca dall’Unione;

quest’ultima, a suo avviso, avrebbe potuto contare sulla tutela della sicurezza nazionale grazie alla membership con la NATO e alla garanzia del mercato libero con la partecipazione allo Spazio economico europeo (EEA).

Il filosofo Miloslav Bednář negli anni ’90 era pienamente a favore dell’integrazione europea; a suo avviso, la NATO e l’Unione Europea rappresentavano il giusto contesto all’interno del quale i paesi dell’Europa centro-orientale avrebbero avuto la possibilità di avviare e concludere al meglio il loro percorso di democratizzazione. Da un punto di vista politico, egli divenne prima membro dell’ODS e successivamente entrò a far parte del SSO nel 2009. Con gli anni 2000 e l’avvicinarsi dell’adesione europea, l’euroscetticismo inizialmente debole di Bednář divenne più forte, radicalizzando alcune sue concezioni e passando da tematiche filosofiche a problematiche contemporanee; ai suoi occhi il sistema politico europeo era tirannico e antidemocratico . Per quanto 58 ritenesse la questione dell’integrazione un tema di grande difficoltà, era convinto che la memebrship fosse un passo inevitabile da compiere; alla vigilia del referendum del 2003, si rivolse ai cittadini con il seguente articolo:

“It is therefore high time to admit that the straitjacket that is the European Union is non- democratic, anti-American and obviously without prospects economically. It cannot really be changed from the inside and is best left to its sorry fate”

Infine non si può non trattare la figura di Václav Klaus, padre dell’euroscetticismo ceco . Grazie alle sue doti di grande oratore, entrò in contatto e si confrontò con realtà 59

La Fondazione europea, un think-tank euroscettico con sede in Gran Bretagna, e la Fondazione per

57

l’educazione economica, di origini americane, decisero assieme a Mach, nel 2006, di organizzare un incontro tra i rappresenti cechi, tedeschi, francesi, inglesi e statunitensi per dar loro la possibilità di confrontarsi sull’euro e su altre questioni, come per esempio il deficit democratico, ivi, p. 126.

Come da lui affermato: “By its origins and nature, the European Union is a non-democratic, non-state

58

formation, which has emerged out of materialist prejudices; it consistently removes the options for courageous free decision-making and acting, i.e. politics, especially democratic politics as a natural public sphere for human freedom”, ivi, p. 132.

In relazione alla sua posizione, riportiamo una sua affermazione che riassume tutto ciò che sosteneva:

59

“Ma una cosa è certa: in seno all’Unione Europea, il mio paese ha perduto la propria sovranità”, si veda R. Radicati, Europa sì, Europa no. L’euroscetticismo è nato a Praga. (Cronache della Repubblica Ceca, 2003-2006), op. cit., p. 26.

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