• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2:

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 2:"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 2:

Il pascolo alpino

(2)

24 Il pascolo

La quantità di pascolo che la vacca ingerisce risulta il principale fattore limitante della produzione di latte nell‘allevamento estensivo. Al pascolo, l‘ingestione volontaria viene regolata da meccanismi prevalentemente fisici, quali l‘ingombro ruminale, considerando che l‘animale non riesce quasi mai a soddisfare i propri fabbisogni energetici. L‘ingestione aumenta progressivamente con il miglioramento della digeribilità del foraggio e raggiunge il limite più elevato in presenza della massima digeribilità dell‘erba. I pascoli costituiscono un’importante base alimentare dei bovini durante il periodo di disponibilità e spesso possono rappresentare la forma di foraggio più appetibile e di notevole valore nutritivo, tuttavia l‘utilizzazione del pascolo è molto variabile in relazione a diversi fattori, quali:

Stadio vegetativo: incide principalmente sulla quantità di foraggio ottenibile e sulla qualità del valore nutritivo. Riguarda l‘evoluzione biochimica delle piante, dalle fasi iniziali dello sviluppo fino alla maturazione dei semi ed alla senescenza, come conseguenza della differenziazione strutturale dei vari tessuti, del loro metabolismo e dei fenomeni di mobilizzazione e distribuzione delle sostanze nutritive di riserva delle foglie verso semi ed altri organi (radici, rizomi), se si tratta di piante poliennali. Ad esempio, se consideriamo il contenuto proteico nelle erbe giovani, vi è un contenuto proteico riferito alla sostanza secca del 20-23% in proteina grezza, che è notevolmente più elevato del tenore in proteina delle stesse piante all‘epoca della piena fioritura e della maturazione (13-8%). Ciò dipende dal maggior sviluppo della porzione fogliare e dalla intensa attività metabolica e sintetica della pianta. La proteina grezza, in questo stadio vegetativo, contiene una larga quota di sostanze azotate non proteiche, specialmente amminoacidi ed ammidi. Le erbe giovani, o comunque immature, contengono poca fibra grezza (18-22%

sulla sostanza secca), rappresentata da cellulosa quasi pura, in confronto ai foraggi maturi che ne contengono dal 30 al 35%. In questi, oltre al progressivo aumento del contenuto di cellulosa, si verifica il processo di lignificazione, che determina una progressiva diminuzione della digeribilità di tutte le sostanze nutritive, in particolar modo della fibra grezza. Se si considera il contenuto di carboidrati solubili, principalmente rappresentati da zuccheri, si nota una variabilità in rapporto alla specie (maggiore nelle graminacee e minore nelle leguminose) ed allo stadio vegetativo, ed oscilla mediamente dal 3-4% fino al 30% della sostanza secca. Le erbe giovani sono ricchissime di vitamine, particolarmente caroteni e vitamine del complesso idrosolubile; l‘alimentazione basata sul buon pascolo fornisce agli animali tutte le vitamine necessarie, ad eccezione della D.

In definitiva il valore nutritivo, riferito alla sostanza secca, è massimo negli stadi giovanili, mantenendosi elevato fino all‘inizio della fioritura, per decrescere più o meno rapidamente a seconda della specie botanica e delle condizioni climatiche e podologiche, che accelerano o ritardano lo stadio di maturità ed i fenomeni di invecchiamento delle piante (Bittante et al.,1990);

Composizione floristica: il pascolo naturale è costituito da un grande numero di specie erbacee, variamente assortite, in funzione dell‘adattabilità di ciascuna alle condizioni climatiche e pedologiche. La composizione chimica, le proprietà nutritive e l‘appetibilità

(3)

sono specifiche di ogni essenza, per cui, come già è stato detto, il valore nutritivo del pascolo dipende strettamente dalla sua composizione floristica; si hanno, infatti, piante ad alto valore nutritivo e piante a modesto valore nutritivo, con la presenza talvolta di essenze non desiderate e anche tossiche per l‘animale (Bittante et al., 1990);

Condizioni climatiche: la temperatura e la piovosità condizionano la qualità e la quantità del pascolo, influendo sia sulla composizione della flora pabulare, che sullo sviluppo di ciascuna pianta;

Fattori pedologici: sono legati principalmente alla composizione chimica e strutturale del terreno, influiscono anch‘essi sulla composizione quali-quantitativa della flora;

Gestione: le tecniche di pascolamento applicabili si possono ricondurre a due modalità: il pascolo libero (brado o semibrado o vagante), dove il bestiame non ha (o ha poche) restrizioni di movimento, e il pascolo controllato (o guidato, o disciplinato) che comprende i sistemi di pascolo razionato, a rotazione e le loro varianti, dove le mandrie sono invece sottoposte a confinamento. Se nella prima circostanza sono gli animali a scegliere dove e come alimentarsi, nel pascolo controllato è implicita l‘adozione di un piano di pascolamento (Gusmeroli et al., 2004).

Per quanto riguarda i campioni di formaggio oggetto della parte sperimentale di questo elaborato di tesi, il latte dei 22 conferitori della “Latteria Livigno” proviene nella stagione invernale da stalle situate nella valle ad un’altitudine compresa tra 1.816 e 2.000 m s.l.m. ed è prodotto da vacche alimentate con fieno essiccato o fasciato di provenienza locale; nella stagione estiva gli animali si alimentano su pascoli situati in un areale altimetrico variabile tra 1816 e 2400 m s.l.m., situati nelle località tra Livigno e Trepalle.

(4)

26

I prati della Valtellina

Il territorio di Livigno si trova in Alta Valtellina. I prati permanenti di questo territorio rappresentano una risorsa produttiva, paesaggistica e ambientale insostituibile all’interno del sistema territoriale alpino. Una risorsa produttiva, in quanto, con i pascoli, vanno a costituire la base foraggera per l’allevamento del bestiame e consentono di utilizzare suoli preclusi alla coltivazione. Una risorsa paesaggistica, poiché diversificano il paesaggio e ne innalzano il valore estetico. Una risorsa ambientale, dato che arricchiscono l’ambiente di ecosistemi dove trovano ospitalità numerose forme di vita vegetale e animale esclusive, migliorano il tenore umico dei suoli, catturano anidride carbonica e contrastano la dispersione di azoto e altri elementi nell’atmosfera e nell’idrosfera. Nelle aree in pendio concorrono inoltre a consolidare i versanti, proteggendoli dai fenomeni erosivi. Purtroppo, questa preziosa risorsa è oggi minacciata da un lato dallo spopolamento delle terre alte, che ha determinato un massiccio abbandono di superficie nella fascia montana, rapidamente riconquistata dalla vegetazione legnosa; dall’altro dall’urbanizzazione dei fondovalle, conseguente alla maggior pressione insediativa e ad un’edificazione spesso speculativa e priva di adeguata pianificazione. I dati statistici evidenziano per il territorio montano della Regione Lombardia una perdita nel periodo 1982-2000 di 64.000 ha di superficie prato-pascoliva, pari a un quarto della risorsa.

La superficie agricola della Valtellina ammonta a circa 11.000 ha, pari al 14% della superficie territoriale e si compone di prati, pascoli, campi di mais, vigneti e meleti. I prati si estendono su un’area di 2.300 ha, un quarto della superficie agricola e il 3,5% del totale. Con i pascoli e i pochi seminativi a mais compongono la superficie foraggera, che raggiunge quasi 9.400 ha di superficie, più dell’85% della superficie agricola e il 12% della totale.

In merito alle pratiche di gestione delle cotiche, il numero dei tagli varia da uno-due alle altimetrie superiori ai tre-quattro alle quote inferiori. Le fertilizzazioni sono in larga misura organiche, con una prevalenza dei liquami in fondovalle e del letame sui versanti e nelle valli laterali. I materiali sono di origine bovina e provengono dagli allevamenti del territorio. Lo spargimento si concentra nel periodo invernale-primaverile; dove i tagli sono più di due e la fertilizzazione è a base di liquami le applicazioni vengono frazionate. Le concimazioni chimiche sono poco diffuse e quantitativamente modeste. La buona distribuzione stagionale delle piogge consente la gestione in regime non irriguo, sebbene saltuariamente i tagli estivi risentano di fenomeni siccitosi.

Il comportamento della vegetazione, spostandosi da ovest verso est, sui diversi versanti alpini a uguale longitudine e più in dettaglio in corrispondenza delle numerose valli laterali, denuncia tuttavia diversità molto accentuate. Tali differenze di comportamento sono da attribuire principalmente alla grande variabilità dei caratteri climatici che interessa l’intero territorio (Fondazione Fojanini, 2005).

(5)

Biodiversità delle specie foraggere

I primi rilievi floristici sono stati effettuati sui pascoli di Monte Spluga a quote comprese tra i 2.200 e i 1.900 metri s.l.m. Siamo nella zona delle praterie nivali dove si insedia una flora naturale che ben sopporta il calpestio e la brucatura del bestiame.

Laddove un razionale uso del pascolo favorisce l’affermazione di specie buone foraggere, in queste situazioni risultano molto diffuse le Leguminosae foraggere come il Trifolium alpinum (Figura 5) e il Lotus alpinus, sono numerose le Compositae: Crepis aurea, Tanacetum alpinum, Hieracium auricola, Hieracium pilosella, Arnica montana, Leontodon helveticus, Leontodon hispidus, Taraxacum alpinum mentre compaiono con buona frequenza anche piante appartenenti al genere Phyteuma (Phyteuma betonicifolium, Phyteuma hemisphaericum).

Laddove, a causa dello stazionamento continuativo del bestiame nel substrato, si accumulano sostanze azotate in eccesso, si sviluppa una vegetazione nitrofila nettamente dominata dai romici (Rumex alpinus in particolare).

Un'altra facies frequente, che ben rappresenta gli aspetti più fertili delle praterie d'alta quota, è quella a Crepis aurea e Poa alpina. Si tratta di formazioni generalmente dominate dalle Graminaceae foraggere (Poa alpina, Festuca rubra, Phleum alpinum, Anthoxanthum alpinum (Figura 6); non mancano tuttavia elementi interessanti anche nell'ottica della nostra analisi: oltre a Crepis aurea, troviamo Ligusticum mutellina, Trifolium alpinum, Trifolium pratense (Figura 7) subsp. nivale, Lotus alpinus.

Nelle zone di impluvio, in presenza di risorgiva, si registra ristagno idrico, con lo sviluppo di una flora prevalentemente igrofila: Carex sp., Eriophorum sp., Epilobium palustre, Parnassia palustris, Polygonum viviparum, Saxifraga aizoides, Saxifraga stellaris, Stellaria sp., Trifolium badium.

Tutta l’area dell’Alta Valtellina è costituita da prati, nella più parte sfalciati con una certa regolarità e quindi caratterizzati da una vegetazione ricca in Graminaceae; in particolare specie dell'ordine Arrenatheretalia. Le aree più dislocate, lontane dalle baite, trascurate dall'attività antropica e solo saltuariamente destinate al pascolo, presentano una vegetazione discontinua che poggia su un terreno compatto e ricco in scheletro. In queste situazioni si riscontrano con frequenza specie come: Capsella bursa-pastoris, Epilobium angustifolium, Plantago media (Figura 8), Silene vulgaris, Taraxacum officinalis, Urtica dioica, Vicia cracca.

Lungo la strada e in corrispondenza delle radure erbose si sviluppa una flora ricca di Compositae, ottime produttrici di polline e nettare, assiduamente visitate dalle api (Arctium tomentosum, Cichorium inthybus, Galinsoga parviflora, Matricaria chamomilla, Sonchus arvensis, Taraxacum officinale), Melilotus alba, Verbascum nigra, Convolvolus arvensis, Mentha sp., Malva sp., Scabiosa sp., Sedum maximum. Lungo i margini dei prati di fondovalle si estende una fitta boscaglia di latifoglie dominata questa volta da frassino maggiore e da acero di monte; il castagno partecipa solo sporadicamente a questo consorzio (Fondazione Fojanini, 1999).

(6)

28

Figura 5 “Trifolium alpinum” Figura 6 “Anthoxanthum sp.”

(fonte: Fondazione Fojanini, 2005) (fonte: Fondazione Fojanini, 2005)

Figura 7 “Trifolium pratense” Figura 8 “Plantago media”

(fonte: Fondazione Fojanini, 2005) (fonte: Fondazione Fojanini, 2005)

Per quanto riguarda il valore di un’alimentazione basata su essenze di questo tipo, si ricorda che la dieta al pascolo modifica la composizione chimica del latte e, pertanto, influenza la qualità sensoriale del latte stesso e dei prodotti lattiero-casearii; in particolare, il latte prodotto da vacche nutrite al pascolo ha diversa composizione in acidi grassi e composti volatili rispetto al latte prodotto da vacche alimentate con fieno o con concentrati (Decaen e Guadaki, 1970).

Riguardo ai prodotti, numerosi sono i lavori scientifici che hanno esplorato questo argomento.

Per formaggi quali Gruyère, Beaufort, e Comté, Dumont e Adda, (1971), Dumont et al., (1981) e Bosset et al., (1994), hanno dimostrato che la presenza di terpeni e sesquiterpeni era tipica dei formaggi a base di latte ottenuto da regioni montuose.

(7)

La presenza di questi composti è stata attribuita alle differenze nella composizione floreale del foraggio. I terpeni sono stati trovati anche preferenzialmente nel formaggio Comté prodotto durante l'estate rispetto al Comté prodotto durante l'inverno (Guichard et al., 1987). Più in generale altri studi (Monnet, 1996) hanno dimostrato che le caratteristiche sensoriali di questo formaggio sono strettamente legate alla zona di produzione, comprensiva sia dei fattori alimentari che di altri, tra cui la microflora indigena del latte..

Analogamente Verdier et al., (1995) e Coulon et al., (1996) hanno dimostrato che il tipo di foraggio (composizione floreale e tipologia di conservazione) possono influenzare la composizione dei composti volatili in formaggio Saint Nectaire.

Riferimenti

Documenti correlati

Anche lo zaino è una struttura dati, composto da due array dinamici (uno per segnalare se l'oggetto i-esimo è stato aggiunto in soluzione, uno per tener traccia degli id degli

La diversificazione produttiva rappresenta un nodo critico non trascurabile per affermare il pregio e la storia dei materiali isolani sul mercato mondiale, anche per

In the revenue equation, the presence of a VAT does indeed have a significant impact, but also a complex one, with a negative intercept effect counteracted by positive effects that

L’elettronica del misuratore ana- lizza accuratamente i diversi tempi dei segnali ul- trasonori in ciascuna direzione, calcola la velocità del flusso trasformandola poi in portata,

Per dimostrare che in alcuni casi la legge del valore estremo EV1 non è adeguata a descrivere le scie degli estremi idrologici, si può far ricorso ad un test molto semplice, nel

Per dimostrare che in alcuni casi la legge del valore estremo EV1 non è adeguata a descrivere le scie degli estremi idrologici, si può far ricorso ad un test molto semplice, nel

Di conseguenza, se il valore max campionato su N dati risulta essere superiore al valore limite al 95% dei massimi su N dati estratti da una Gumbel, tale distribuzione mostra

Scrivere un’applicazione di rete client/server in cui il client invia al server un intero ed