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Strategia comunicativa del PhD+17: il ruolo delle immagini nella promozione di un evento universitario

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Magistrale in

COMUNICAZIONE D’IMPRESA E POLITICA DELLE RISORSE UMANE

(LM 59)

Tesi di laurea

STRATEGIA COMUNICATIVA DEL PHD+17:

IL RUOLO DELLE IMMAGINI NELLA PROMOZIONE DI UN

EVENTO UNIVERSITARIO

Relatrice Candidata

Prof.ssa Roberta Bracciale Marta Lucchini

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INDICE

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO 1. COMUNICAZIONE VISIVA E VISUAL FRAMING.

NUOVI SGUARDI SUI MEDIA ... 3

1.1LE TEORIE DEL FRAME, IL SECONDO LIVELLO DI AGENDA SETTING ... 4

1.2IL VISUAL FRAMING E I FRAME DELLA COMUNICAZIONE ... 6

1.2.1 Frame visuali e pubblicità ... 19

1.3LO SGUARDO DELLA SOCIOLOGIA VISUALE ... 22

1.3.1 La fotografia sui media tradizionali... 25

1.3.2 La fotografia digitale sui nuovi media ... 26

1.3.3. La fotografia sui social media ... 28

CAPITOLO 2. COMUNICAZIONE VISIVA NELLE ORGANIZZAZIONI NON

PROFIT E NELLE UNIVERSITÀ

... 31

2.1PUBBLICITÀ E COMUNICAZIONE DEL TERZO SETTORE ... 31

2.2TERZO SETTORE, NUOVI MEDIA E SOCIAL MEDIA ... 42

2.3CAMBIAMENTO SOCIALE E STORYTELLING... 44

2.3.1 Strategia ... 45

2.3.2 Capacità e skills ... 45

2.3.3 Contenuto ... 46

2.3.4 Piattaforma ... 47

2.3.5 Valutazione ... 48

2.4COME COMUNICANO LE UNIVERSITÀ ... 50

2.4.1 Università e social media ... 52

CAPITOLO 3. COMUNICAZIONE UNIVERSITARIA.

STRATEGIA DEL PHD+17 ...55

3.1PHD+17 ... 56

3.1.1 Punti di forza e di debolezza della strategia del 2016 ... 56

3.1.2 Strategia 2017: descrizione e obiettivi ... 57

3.2ANALISI DEI RISULTATI DELLA STRATEGIA COMUNICATIVA 2017 ... 62

3.2.1 Metodologia di analisi ... 62

3.2.2 Analisi dei risultati su Facebook ... 63

3.2.3 Analisi risultati su Instagram ... 72

3.2.4 Analisi risultati su Twitter ... 73

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RIFLESSIONI CONCLUSIVE ...79

BIBLIOGRAFIA ...83

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INTRODUZIONE

In questa tesi si analizzano le modalità con cui le organizzazioni non profit, e in particolare le università, comunicano sui social media, per indagare su quale sia il ruolo delle immagini in comunicazione e arrivare a definire gli elementi di una strategia funzionali a una comunicazione efficace sui social media.

L’indagine si è focalizzata sull’analisi della strategia di un evento universitario, il PhD+17 organizzato dall’Università di Pisa. Il percorso di ricerca è iniziato nel primo capitolo con lo studio della comunicazione visiva e delle teorie del frame, che descrivono gli effetti dei media sui cittadini e sulle loro opinioni soffermandosi sulla costruzione di cornici di senso e di quelle definite dagli elementi visuali sui media, è stato approfondito perciò quell’ambito di studi definito

visual framing. La considerazione iniziale è che sui media viene fatto un largo uso di materiale

visivo e di conseguenza è necessario per chi comunica possedere abilità e conoscenze tali da gestire in maniera consapevole i contenuti. Un punto di partenza è quello di conoscere gli stili di vita delle persone da raggiungere con il messaggio dell’organizzazione e la cultura visuale del pubblico. L’analisi dei frame visuali deve comprendere perciò lo studio dei significati impliciti in una fotografia e di quelli generati dall’interazione tra chi produce l’immagine, chi la pubblica e il contesto in cui i contenuti sono stati veicolati (Pogliano & Solaroli, 2012). A questo proposito attraverso nozioni di semiotica visiva sono stati analizzati gli elementi caratterizzanti le fotografie dai quali è possibile ricavare informazioni sul messaggio in esse codificato (Barthes, 1985), poiché le fotografie posseggono una narratività data dagli elementi che le compongono in relazione con chi le codifica e a partire da essa chi comunica può creare dei messaggi pubblicitari di tipologie diverse. L’analisi è stata poi incentrata sul ruolo della fotografia sui media tradizionali, sui nuovi media e sui social media, dato che i criteri con cui l’immagine viene classificata e letta variano a seconda della piattaforma su cui è stata pubblicata. In particolare, lo studio dell’immagine sui social media richiede da parte di chi le interpreta di tenere in considerazione elementi dell’immagine e caratteristiche strutturali della piattaforma (Sloan Quan-Haase, 2017).

Nel secondo capitolo la ricerca si è focalizzata sulla comunicazione delle organizzazioni non profit e sull’analisi di una comunicazione specifica, quella universitaria, dato che il terzo settore è un ambito molto ampio e variegato nel quale si trovano organizzazioni differenti tra loro e stili comunicativi eterogenei.

Si è iniziato quindi dal considerare alcune ricerche fatte nell’ambito della comunicazione universitaria (Oppici, 2014; VIII Ricerca AICUN, 2016) le quali hanno registrato tra le recenti tendenze che caratterizzano il modo di comunicare delle università quella a comunicare sui social

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adeguati e personale formato cui assegnare il compito impegnativo di gestire le comunicazioni. È stato rilevato che molte organizzazioni per comunicare adottano uno stile comunicativo di tipo narrativo, il quale soprattutto sui social media è idoneo ad una comunicazione istituzionale e alla trasmissione di contenuti di carattere scientifico. È possibile costruire una narrazione con immagini e video, tale stile è definito digital storytelling e prevede che chi comunica si avvalga di tecnologie digitali per trasmettere i contenuti.

In seguito, il focus dell’indagine è stato la strategia comunicativa adottata per gli eventi universitari, allo scopo di individuarne gli elementi efficaci e di introdurne di nuovi. Il case study è il PhD+17, programma formativo di incontri e seminari organizzato a Pisa nei mesi di aprile e maggio 2017. Con un’analisi realizzata sui post pubblicati nel periodo della manifestazione su Facebook, Twitter e Instagram sono stati individuati quelli che hanno registrato valori elevati di

engagement, con il quale è possibile misurare il tasso di interazione sociale generato da un post.

La verifica dei risultati è stata fatta con schede di analisi del testo dei post e delle immagini ed è risultato che i post di tipo visuale rispetto al testo sono quelli che ricevono più interazioni da parte del pubblico e arrivano a coprire una grande fetta di utenti, i video e le fotografie permettono di raccontare gli eventi e di trasmettere informazioni di carattere scientifico pur utilizzando un linguaggio semplice e diretto, i contenuti visuali sono perciò adatti ad essere trasmessi sui social

media. I risultati hanno confermato ciò che viene rilevato dalla letteratura scientifica, cioè che

l’elemento visuale caratterizza in maniera sempre più massiccia la comunicazione e che le organizzazioni non profit e le università devono prendere confidenza con gli strumenti multimediali e del web partecipativo per comunicare in maniera efficace.

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CAPITOLO 1. COMUNICAZIONE VISIVA E VISUAL FRAMING.

NUOVI SGUARDI SUI MEDIA

In questo capitolo viene analizzato il ruolo dell’elemento visuale sui media tradizionali e sui nuovi media con un focus sulle immagini digitali dei social media.

L’utilizzo delle fotografie nel tempo è cambiato e si è modificato insieme agli sviluppi tecnologici che hanno coinvolto i media, le fotografie nell’informazione hanno un impatto diretto su chi le guarda, sono apparentemente neutre e obiettive ma fin da subito è stato necessario acquisire uno sguardo critico che prendesse in considerazione diversi elementi non solo legati all’estetica, perché sia l’autore della fotografia che chi la legge sono soggetti con una certa cultura visuale che utilizzano unitamente alle proprie credenze e conoscenze per interpretare il messaggio della fotografia, e il significato che sottostà all’immagine è dato anche dall’interazione con il contesto in cui viene pubblicata.

Inoltre, spesso accade che sui media tradizionali come le riviste e i quotidiani se l’immagine è accompagnata da un testo i significati potrebbero influenzarsi a vicenda, oppure se non sono coerenti tra loro potrebbe prevalere un messaggio rispetto ad un altro senza che chi guarda o chi legge la notizia se ne renda conto e questo dipende dal potere che hanno i media di veicolare in maniera indiretta dei messaggi e fare in modo di condizionare ciò che le persone pensano di un determinato argomento o indicare la salienza e le priorità riguardo ai temi e alle problematiche che la società deve affrontare.

La capacità dei media di influenzare l’agenda politica si definisce agenda setting, mentre si parla di framing quando ci riferiamo alla costruzione di cornici interpretative che arrivano ai cittadini anche tramite le informazioni ricevute dai media e che vengono utilizzate per elaborare determinati temi e notizie riguardanti la società.

In questo capitolo per parlare di comunicazione visiva l’indagine è cominciata con un approfondimento del secondo livello di agenda setting definito framing e del visual framing al fine di comprendere quali siano gli elementi di un’immagine e del contesto in cui la si legge che influiscono sulla percezione del messaggio ad essa sotteso, a questo proposito è stato fatto riferimento alla semiotica visiva; in una sezione a parte è stato analizzato il ruolo della sociologia visuale in quanto settore che comprende lo studio delle immagini, sulle immagini e con le immagini. La funzione delle immagini sui media tradizionali e sui nuovi media cambia a seconda della piattaforma su cui sono pubblicate e del testo che le accompagna, è stato analizzato il loro ruolo sui social media che assume nuovi significati collegati allo scopo per cui vengono pubblicate, un esempio sono le fotografie pubblicate al fine di aumentare la socialità. Per una buona comunicazione del settore non profit sembra necessario partire da queste considerazioni al fine di costruire messaggi e campagne di comunicazione che raggiungano con i propri messaggi il pubblico desiderato.

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1.1 Le teorie del frame, il secondo livello di agenda setting

In periodo di elezioni i cittadini ricevono e acquisiscono le informazioni dai mass media per crearsi un opinione e decidere chi votare, informazioni che possono essere diverse a seconda della piattaforma o del canale o supporto che le trasmette. Spesso ciò che i cittadini vedono e sentono dai canali mediali è l’unico contatto che hanno con il candidato da eleggere quindi il loro giudizio si forma sulla base di queste informazioni, di quelle provenienti dalla comunità cui appartengono e dall’ambiente più prossimo. Il potere dei mass media non sta solo in questo ma anche nel condizionare i temi sui quali la stampa e l’opinione pubblica deve riflettere.

Si definisce agenda setting e ne esistono vari livelli.

Secondo la teoria dell'agenda setting i media hanno il potere sul pubblico di alterare le priorità con cui classificare i temi sui quali riflettere attraverso la salienza che i media stessi attribuiscono alle issues politiche, è un effetto indiretto perché sono i cittadini a percepire l'importanza delle

issues senza ricevere indicazioni direttamente dai media; si parla di agenda setting di secondo

livello riferendosi al framing perché a differenza dell'agenda setting in cui si dà rilevanza ad un tema il framing tende a focalizzarsi su di un attributo o elemento del tema (Marini, 2006). Si parla anche di un altro effetto in relazione al framing, il priming. Questo effetto agisce sull'accessibilità di un dato ordine di considerazioni e quindi sulla prontezza con cui esse salgono alla mente nel momento in cui una persona formula un giudizio o una valutazione sull'oggetto politico o sociale preso in considerazione. La differenza sta nel fatto che il framing non si basa sul richiamo alla memoria quanto sull'applicabilità di determinati concetti che vengono messi in connessione all'interno di una certa cornice di senso.

Richiamando l’attenzione su determinati aspetti e di conseguenza escludendone altri le notizie provenienti dalla televisione e dagli altri mass media influenzano gli standard con cui le persone percepiscono e giudicano i candidati, le politiche, i presidenti e i governi (Iyengar & Kinder, 1987, cit. in Marini, 2006). E non solo, per la comunicazione nel non profit tale potere è importante perché le persone percepiscano una questione di rilevanza rispetto ad altre e quindi decidano di investire su di essa. Si genera così una situazione vantaggiosa per l’impresa che si occupa di quella determinata questione, che può acquisire visibilità progettando campagne di comunicazione rivolte a cittadini per la raccolta di fondi destinati a finanziare le proprie attività.

In Marini (2006) vengono individuati due aspetti dell’azione di agenda setting da parte dei media che si possono includere in due grandi insiemi: il primo è quello di selezione dei temi, il secondo riguarda la gerarchizzazione.

La selezione per le persone avviene in base a ciò che i media escludono o includono nei propri contenuti per cui esse ricevono informazioni su un certo aspetto sociale e gli aspetti non veicolati è come se non esistessero per i più, solo coloro che approfondiscono le proprie informazioni con ricerche personali ne sono a conoscenza: c’è la tendenza a pensare di essere informati in maniera

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equa sui fatti salienti che accadono sul pianeta mentre le conoscenze sono parziali e i media non permettono di avere una visione globale di ciò che accade.

Il secondo aspetto è quello di gerarchizzazione per cui il pubblico assegna alla realtà l’importanza che riflette quella posta dai media agli eventi, ai problemi e alle persone.

Per Entman (1993, cit. in Marini, 2006) che individua l’agenda setting, il framing e il priming come strumenti di potere il framing opera per plasmare e alterare le interpretazioni e le preferenze dei membri del pubblico attraverso il priming che difatti significa suggerire o innescare e risulta essere l'effetto desiderato delle attività di framing di attori strategici. Due attività caratterizzano principalmente il framing e sono la selezione e la salienza: si selezionano alcuni aspetti della realtà da rendere più salienti, per veicolare sul pubblico una determinata visione di quell’aspetto (Entman, 1993, cit. in Marini, 2006).

Price e Tewksbury (1997, cit. in Marini, 2006) definiscono l’agenda setting come un’azione di selezione di una storia ritenuta determinante per le percezioni del pubblico sulla rilevanza di certi argomenti e determinante grazie al priming per le valutazioni sui candidati politici; il framing invece non si focalizza su quali temi siano rilevanti per il pubblico ma sulle specifiche modalità in cui questi temi vengono presentati. Sulla base di queste differenze concettuali i due autori distinguono tra gli effetti derivanti dall’accessibilità cui fanno parte l’agenda setting e il priming e gli effetti generati dall’applicabilità cui ci riferiamo quando si parla di framing (Price & Tewksbury, 1997, cit. in Marini, 2006). Questa differenza nasce dal fatto che l’agenda setting e il priming siano capaci di rendere certi argomenti o certi loro aspetti più accessibili al pubblico e che influenzino gli standard che le persone usano quando formano valutazioni sui candidati. L'agenda setting si basa sul meccanismo del trasferimento di rilevanza, i media trasferiscono indirettamente sul pubblico l'ordine di importanza con cui processare i temi e le notizie.

Il framing è la chiave di lettura che si dà a un tema, è l’agenda setting degli attributi di un tema secondo alcuni, altri ricercatori invece non lo definiscono come il secondo livello di agenda

setting e il fatto che rientri o no in questa categoria dipende da come viene definito il framing

(Weaver, 2007), sono comunque due processi molto simili che concernono il modo in cui determinati argomenti vengono trattati sui media e non tanto quali argomenti siano salienti e entrambi i processi si concentrano su determinati aspetti dei temi presi in considerazione. Iyengar (1987, cit. in Marini, 2006) fa leva sulla generalizzata propensione dei network a coprire le campagne elettorali in termini di competizione tra i due candidati trascurando le rispettive piattaforme politiche, i media caratterizzano quindi con un’impronta competitiva la campagna elettorale che viene vista in termini negativi da chi sceglie di votare e gli stessi candidati sono portati ad utilizzare terminologie e comportamenti che mirano alla competizione piuttosto che alla descrizione dei propri contenuti elettorali. Lo stesso vale per una campagna di comunicazione che deve tenere presente lo stile narrativo utilizzato proprio perché con i termini lessicali è possibile caratterizzare la percezione del messaggio di una campagna.

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Il processo di agenda setting si modifica in base al livello di conoscenza dei contenuti sul quale agisce, da ciò si evince oltre ai primi due livelli già descritti anche un terzo livello di agenda

setting che riguarda la conoscenza delle ragioni a favore o contro le soluzioni proposte per il tema

in questione e riguarda gli attori sociali che si fanno promotori di esse.

Al concetto di agenda setting si affianca quello di agenda building che fa riferimento agli attori che contribuiscono alla selezione dei temi rilevanti, attori che non fanno parte direttamente dei media come ad esempio negli Stati Uniti in cui la storia dei partiti è meno forte rispetto all’Europa ma hanno molta importanza i gruppi di interesse che occupano un ruolo determinante nella sfera pubblica per la discussione di temi di interesse pubblico, ed è importante che le imprese del terzo settore conoscano gli attori che influenzano tale selezione per quanto riguarda la diffusione della comunicazione delle organizzazioni non profit.

Le informazioni trasmesse dai media in forma di notizie e di immagini contribuiscono a generare e a formare lo sguardo del cittadino, in una continua rielaborazione delle cornici interpretative con le quali misurare gli eventi e le informazioni che riceve, perciò si parla di framing e per quanto riguarda il ruolo delle immagini si parla di visual framing.

1.2 Il Visual Framing e i frame della comunicazione

Il concetto di frame viene introdotto da Bateson (1972, cit. in Barisione, 2009, p. 11) in relazione ai messaggi metacomunicativi, egli si interessa a quei messaggi che definiscono il contesto o la cornice che consente all'interlocutore di comprendere i messaggi scambiati all'interno della comunicazione. Per Bateson i frame sono classificati in frame inclusivi e esclusivi, i primi includendo certi messaggi nella comunicazione ne escludono altri, i secondi con l'esclusione di certi messaggi permettono ad altri di essere inclusi. Inoltre, i frame hanno altre proprietà per cui si distinguono i frame collegati a premesse e i frame metacomunicativi.

Gli studi sul frame vengono poi sistematizzati da Goffman (1974) secondo il quale i frame sono i principi di organizzazione che governano attività sociali e la nostra percezione di queste, «i frame sono una parte essenziale di una cultura» (Goffman, 1981, cit. in Barisione, 2009, p. 21). Snow e Benford (1988, cit. in Barisione, 2009, pp. 23-24) elaborano due concetti rilevanti rispetto alla dimensione culturale dei frame di cui uno è la risonanza dei frame e cioè il potere di un frame di attirare e mobilitare i partecipanti a un movimento collettivo, potere che fa leva sulle caratteristiche di credibilità e di salienza; gli autori parlano inoltre di master frame che sono cornici interpretative globali.

Gamson (1992, cit. in Barisione, 2009) riprende il concetto di risonanza culturale e afferma che non tutti i frame hanno lo stesso potere, alcuni hanno un vantaggio naturale perché le idee che portano e il loro linguaggio risuonano insieme a una cultura politica più ampia rispetto agli altri

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In relazione allo studio dei media, Entman (1993, cit. in Barisione, 2009) esamina la capacità dei

frame di essere influenti e stimolare sostegno o opposizione verso le parti in causa, capacità

misurata dalla risonanza culturale e dalla magnitudine. Introduce poi un terzo concetto di

congruenza culturale.

Lakoff (1980) esamina la relazione tra i frame e altre forme culturali come le metafore, i valori e gli stereotipi. Secondo Lakoff e Johnson (1980, cit. in Barisione, 2009) il sistema con cui l’essere umano è abituato a formulare il linguaggio utilizza spesso le metafore, le metafore aiutano l’uomo a rendere più concreti concetti che altrimenti sarebbero molto lontani dalla sua realtà, un esempio è la frase “la discussione è una guerra”, metafora molto utilizzata nelle discussioni e ciò è dimostrato dal fatto che quando si parla di discussioni si ricorre spesso all’uso di termini che fanno parte dell’ambito della guerra. La metafora fa avvicinare due concetti, con degli elementi di uno si spiegano gli elementi dell’altro e questo fa sì che altri attributi vengano trascurati. Di conseguenza a seconda del concetto utilizzato nella metafora per spiegarne un altro varia la percezione che si ha del concetto in questione (Lakoff & Johnson, 1980, cit. in Barisione, 2009). Gli orientamenti di Gamson e Entman saranno ripresi per gli studi dei frame sui media, quello di Entman si può definire della salienza, cioè il framing implica selezione e salienza; mentre quello di Gamson della connettività, si riferisce cioè all'insieme di rimandi che un frame attiva automaticamente tra idee culturalmente legate tra di loro.

Da ciò si evince il legame del framing con il priming e l'accessibilità, tanto da definirlo il secondo livello dell'agenda setting.

Gamson (1992, cit. in Barisione, 2009) individua cinque rilevanti dispositivi di framing che si presentano in forma di scelte linguistiche o di figure retoriche: le metafore, gli esemplari, le frasi a effetto, le raffigurazioni, le immagini visive.

In termini generali si può pensare ai frame come alle cornici interpretative attraverso cui la notizia viene elaborata e giudicata.

Le diverse tipologie in questo senso sono:

• Frame episodici e tematici: distinzione fatta da Iyengar nel 1991 (cit. in Barisione, 2009, p. 36), i primi fanno riferimento a fatti concreti e consistono nell’uso di immagini relative alla vicenda, i secondi propongono analisi più approfondite e si affidano al volto del conduttore televisivo, i primi favoriscono attribuzioni di responsabilità individuali mentre i secondi portano a responsabilità sociali e diffuse. La televisione ad esempio tende a prediligere i frame episodici.

• Frame strategici e di contenuto: i primi rendono una rappresentazione dell’azione dei politici come se fosse guidata da scopi di autoaffermazione e successo, i secondi puntano più sul confronto tra posizioni o programmi alternativi. I primi facendo leva sull'auto interesse inducono reazioni di disincanto nei cittadini, sentimenti che sono già latenti nel pubblico votante.

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• Frame di gioco e di governo: i primi hanno un'impostazione simile a quella dei frame di tipo strategico o pseudo sportivi, e inducono lo stesso effetto di disinteresse nel pubblico. • Frame generali e specifici: quelli specifici possono indurre nel pubblico maggiore partecipazione alla causa perché si concentrano su temi circoscritti che trovano maggiore riscontro e vicinanza in chi ascolta.

Tra le tipologie di framing si possono distinguere anche le categorizzazioni della notizia per cui sulla ricezione di una notizia influisce anche la categoria nella quale viene presentata; e poi il

framing dei valori, cioè la corrispondenza tra i valori e la cornice interpretativa nella quale

vengono inseriti che può variare la considerazione che si ha di quel valore.

Le prospettive e gli assunti epistemologici nei quali il concetto di frame affonda le proprie radici sono:

• Interazionismo simbolico: secondo cui il mondo è socialmente prodotto, i significati infatti sono plasmati attraverso le interazioni sociali.

• Fenomenologia: è la scienza dell'esperienza che indaga i fenomeni analizzandoli per come ci appaiono.

• Postmodernismo: caratterizzato da uno spiccato atteggiamento relativista e anti oggettivistico per cui non ci sono fatti ma solo interpretazioni.

• Antirealismo: non esiste una realtà indipendente dalle nostre rappresentazioni.

In linea generale il mondo può essere visto come una vasta intelaiatura di frame interconnessi, un

framework di frames.

Si individuano tre dimensioni analitiche dei frame dei media:

• Micro frame, riguarda notizie su eventi fortemente circoscritti nella dimensione spazio tempo, eventi singoli e nuovi per cui il frame è il risultato di una interazione quotidiana tra gli attori di redazioni e le testate giornalistiche periodiche.

• Meso frame è la dimensione di temi più ampi all’interno dei quali incorniciare per associazione le notizie e gli eventi del micro frame, in questo caso il frame è il risultato dell’azione competitiva tra diverse organizzazioni professionali alle quali sono sottesi orientamenti ideologici e culturali differenti, organizzazioni che operano nel campo mediale e politico.

• Macro frame o master frame, sono cornici ampie che sottostanno ai due livelli già descritti, sono strutture culturali che si sono radicate negli anni, cornici che

contribuiscono a creare il significato condiviso da media e organizzazioni politiche e culturali di eventi più estesi e complessi, i confini generati fanno da cornice alle narrazioni nazionali e internazionali (ad esempio Guerra Fredda, No global, Crisi finanziaria), nei macro frame vengono utilizzate dicotomie come noi/loro, bene/male e

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essi possono contribuire a rendere comprensibili i meso e i micro frame (Pogliano & Solaroli, 2012).

Si hanno due interpretazioni dei livelli di frame, una dinamica che vede i micro frame come continuamente rinegoziabili e una visione più statica che vede i macro frame come culturalmente dati e difficilmente modificabili.

Secondo la prospettiva costruzionista quindi i media occupano un ruolo di rilievo nella costruzione della realtà ma non sono i soli, perché gli individui del pubblico possono negoziare i messaggi mediali rielaborandoli sulla base delle proprie conoscenze e della propria biografia personale, per cui partecipano anche essi alla costruzione dei significati e della realtà.

I frame individuali hanno la funzione di moderatori rispetto all’azione dei frame mediali sugli individui e possono fungere anche da contro frame per contrastare l’effetto dei frame mediali. Emerge l’evidenza che per chi comunica sia più semplice e immediato agire sui micro frame che sono emergenti e nuovi, piuttosto che sui macro frame i quali sono latenti e con i quali conviene agire in concordanza a livello comunicativo, come quando alcuni autori parlano di congruenza dei frame o di allineamento (Snow & Benford, 1988).

La fotografia giornalistica è stata teorizzata come dispositivo di frame, framing device, e cioè essa accompagna un testo e può essere di supporto nel comunicare uno specifico frame giornalistico. Di recente si parla anche di pacchetto di frame (Pogliano & Solaroli, 2012) in cui si connettono i diversi dispositivi di frame per una notizia giornalistica. Le immagini fotografiche giornalistiche richiedono di attuare l’interazione tra le diverse dimensioni di frame proprio per la polisemia dei loro significati.

Visual Framing è il processo di framing che vede coinvolto l’uso delle immagini.

è possibile giungere a definire visual framing il processo che, in un ipotetico flusso temporale più o meno ristretto in cui sono coinvolti diversi attori sociali diversamente posizionati in termini di capitali e potere, prevede la scelta degli eventi (contesti e soggetti) da fotografare; il «taglio» della fotografia, cioè la composizione, la scelta dell’angolatura, dello zoom, della luce, dei tempi di esposizione, e altri dettagli tecnici; una prima «descrizione verbale» delle fotografie che il fotogiornalista, tra quelle scattate, decide di sottoporre alla propria agenzia fotografica, alla propria testata giornalistica o al più ampio mercato dell’informazione (descrizione che avviene attraverso una didascalia, e/o una «tag» – parola chiave associata da fotografi e agenzie all’immagine dopo lo scatto, nel momento in cui viene caricata in un archivio o database condiviso online); la selezione di una o più fotografie da pubblicare, effettuata all’interno di una o più redazioni di quotidiani o settimanali dal photo-editor (o altro giornalista); la scelta della dimensione, della posizione (in quale pagina e in quale parte della pagina), e del testo di accompagnamento (sia specifico, come la didascalia, sia più generale, come il titolo, l’articolo e altri elementi paratestuali ad essa collegati) (Pogliano & Solaroli, 2012, pp. 376-377).

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L’effetto di framing descritto in precedenza vale anche per le immagini ma rimane difficile classificare il framing nelle immagini, gli studi a riguardo sono recenti e ci sono differenti modelli cui fare riferimento.

Nell’analizzare il messaggio fotografico va dunque preso in considerazione il punto di vista di chi produce le immagini e la posizione di chi guarderà l’immagine fotografica, come accade ad esempio in semiotica visiva, la quale si divide in due correnti principali che sono quella strutturale e quella interpretativa, e cioè quella che analizza la costruzione del messaggio fotografico e quella che va a studiare i motivi per cui un’immagine fotografica viene interpretata in un determinato modo.

Della prima fa parte Barthes (1985) il quale individua sei procedimenti connotativi che caratterizzano il messaggio fotografico, essi sembrano corrispondere a ciò che viene definito

frame visuale, sono cioè elementi che una volta individuati aiutano ad analizzare la struttura dei

significati impliciti in una fotografia, significati determinati da un’interazione tra chi produce la foto, chi la pubblica e il contesto nel quale tali contenuti vengono veicolati.

I sei procedimenti individuati da Barthes (1985) sono:

• Il trucco che si potrebbe definire anche foto montaggio perché è la manipolazione a posteriori di un’immagine che dà luogo ad una nuova immagine dalla quale scaturiscono nuovi significati, nell’esempio di Barthes (1985) la foto che ritrae un senatore americano in conversazione con il leader comunista ha portato alle dimissioni del senatore perché ha significati storici, è una foto manipolata il cui codice di connotazione è storico. • La posa che non è il messaggio ma trasmette un codice di connotazione che si può definire

culturale, nella foto di esempio in cui Kennedy è ritratto in posizione di preghiera i significati sono da ricercare in ciò che culturalmente associamo a quella posa: giovanilità, spiritualità, purezza.

• Gli oggetti sono dei buoni elementi di significazione sia che siano disposti artificiosamente dal fotografo sia che venga scelta la foto di un particolare oggetto: gli oggetti inducono direttamente ad associazioni di idee o a simboli.

• La fotogenia fa sì che il messaggio stia nell’immagine stessa abbellita attraverso tecniche di illuminazione e di produzione e post produzione della foto. A ciascuna tecnica fotografica corrisponde un significato di connotazione abbastanza definito e costante. • L’estetismo si palesa quando la fotografia si fa pittura cioè composizione o sostanza

visuale e ciò avviene quando la fotografia si presenta come tecnica artistica.

• In ultimo la sintassi per cui oltre alla lettura discorsiva di oggetti e segni all’interno della fotografia è necessaria una lettura al livello del concatenamento per quanto riguarda le foto in sequenza al fine di trovare una continuità di significato.

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«Ad essi può venir aggiunto, di norma, il testo che accompagna la fotografia stampata» (Barthes, 1985, p. 15), nel qual caso va tenuto conto del fatto che il testo può essere un supplemento dell’immagine, può appesantirla, può compensare i significati e essere contradditorio rispetto all’immagine, può inventare dei significati nuovi.

Il testo è un procedimento di connotazione dell’immagine ma l’immagine in sé porta dei messaggi connotati e a volte sono più efficaci rispetto a quelli di un testo o di una didascalia come dimostra una recente analisi (Boomgaarden, Boukes, & Iorgoveanu, 2016) che prende in considerazione gli effetti generati da testo e immagini che accompagnano la presentazione dei candidati politici e i risultati della ricerca vengono rapportati alla percezione da parte del pubblico della competenza e dell’integrità di ognuno dei candidati, facendo una differenza tra candidati di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Gli autori concludono con la convinzione che la ricerca in comunicazione politica debba focalizzarsi anche sull’uso e la percezione delle immagini, a prescindere da un’analisi testuale della comunicazione, sottintendono quindi un’autonomia comunicativa dei frame visuali rispetto a quelli testuali.

Sembra possibile dedurre che il potere di framing delle immagini rispetto a quello del testo risulti essere maggiore quando si osservano immagini non accompagnate da testo e testo non accompagnato da immagini nel caso di una ricerca condotta negli Stati Uniti (Powell, Boomgaarden, De Swert, & de Vreese, 2015) a riguardo dell’intervento militare nella Regione centro africana, invece per quanto riguarda la combinazione di testo e immagini gli autori concludono che il testo abbia un valore di framing più alto rispetto alle immagini per quanto riguarda le opinioni sull’intervento militare, mentre le immagini abbiano un impatto maggiore rispetto al testo sui comportamenti individuali come l’intenzione di fare donazioni.

Le immagini hanno un potente impatto sui comportamenti individuali, esse agiscono a livello emozionale per questo i messaggi che esse veicolano sono a volte più efficaci. «Images are used to add interest and encapsulate a point. » (Schill, 2012, p. 126).

Secondo una ricerca condotta sulla comunicazione visiva dell’immigrazione nella stampa in Italia (Pogliano & Solaroli, 2012) nelle narrazioni dei media le immagini tendono a rinsaldare i frame e lo fanno in due modi: con l’associazione delle immagini a categorie espresse in una descrizione testuale e in secondo luogo con l’utilizzo di certi codici estetici che gli autori chiamano stili fotogiornalistici e retoriche visive. Essi distinguono tra retorica come particolare modalità adottata da più fotografi in un determinato momento storico e lo stile che può essere associato a certi immigrati e ad altri no, la tesi è che gli stili siano di particolare importanza nella produzione di frame giornalistici sul tema immigrazione.

Le retoriche si sono evolute nel tempo da umanista a umanitaria, la prima ha come soggetto il popolo e si può associare alle modalità tipiche del teatro, la seconda parla degli esclusi dalla società, utilizza banali cliché e viene associata all’immaginario televisivo.

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Gli stili narrativi per immagini si differenziano tra stile del ritratto e stile dello scatto rubato: il primo si concentra su primi piani di persone comuni o di celebrità già note sui media; il secondo stile invece rappresenta persone comuni in situazioni della loro quotidianità che sembrano costruite per sembrare attimi rubati. A detta dei fotografi stessi è il secondo stile quello che caratterizza le fotografie che interessano alle redazioni giornalistiche, perché descrive le persone ritratte in forma tipizzata (Gariglio, Pogliano e Zanini, 2010).

La scelta delle immagini da far vedere per accompagnare la pubblicazione di una notizia è quindi non casuale e può servire a dare indicazioni indirette a chi ne fruisce, come nel caso delle foto e dei video scelti dai reporter per accompagnare la narrazione di ciò che stava accadendo in Iraq durante l’invasione del 2003, narrazione dai toni patriottici che veniva supportata da immagini iconiche scelte da reporter che collaborando con le truppe statunitensi ne venivano influenzati e di conseguenza condizionavano la loro narrazione (Schwalbe, Silcock, & Keith, 2008).

Da quello stesso conflitto la narrazione dei media ha ricavato immagini iconiche che narravano tutta un’altra storia. In un articolo in cui viene analizzato il ruolo dell’immagine fotografica quando inserita nelle notizie e nella comunicazione in politica, Lene Hansen (2015) parla di icone ma non nel senso di simboli, loghi o celebrità e persone che sono icone note ma nel senso di immagini fotografiche che compaiono nei media e che sono fortemente conosciute dal pubblico come rappresentazioni di eventi importanti e che attivano nel pubblico delle risposte o identificazioni di tipo emotivo (Hansen, 2015), il fotogiornalismo è l’ambito dal quale la maggior parte delle icone vengono generate con la diffusione sui media.

Sembra quindi un concetto legato a quello di frame analysis, immagini e fotografie che fanno emergere in chi le vede dei significati che non sono espliciti nell’immagine in sé.

Un esempio riportato nell’analisi di Hansen è la foto nominata “The Hooded Man” (Figura 5), l’immagine è un’icona perfetta per la semplicità della forma, l’anonimato dato dal cappuccio, il contrasto dei colori, la simmetria, la mancanza di nudo che la fa essere riproducibile sulla maggior parte dei media mainstream.

Si parla anche di inter iconicità relativamente a questa immagine, essa infatti rimanda a immagini dell’iconografia tradizionale o icone più generiche, per la precisione a due icone del passato: i linciaggi in Sud America e la figura crocifissa di Gesù Cristo.

È un’immagine simbolo del conflitto in Iraq che si è diffusa principalmente attraverso i media e è divenuta un’icona che rappresenta le atrocità legate all’evento, inoltre ha prodotto maggiormente stupore e forse anche per questo ha avuto tale diffusione dato che fa parte di una serie di fotografie realizzate dagli autori stessi di quelle atrocità che forse non pensavano alle conseguenze della diffusione di tali immagini al di fuori del contesto in cui sono state scattate e a quale significato avrebbe potuto attribuirle un occhio esterno.

Le icone sono immagini che rimangono impresse nella mente di chi le vede e subito richiamano alla memoria l’evento a cui sono legate, anche dopo lunghi periodi di tempo permane il legame

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con i fatti salienti da cui hanno avuto origine, con il luogo in cui vennero scattate, con il periodo storico da cui sono tratte. Esse «da documento visivo di un fatto di cronaca divengono monumento

visuale di un evento-mito storico.» (Parmeggiani, 2016, p. 118)

La fotografia - icona - simbolo è quindi una immagine dotata di impatto immediato, un messaggio molto chiaro, facilmente decodificabile perché rispetta le convenzioni della cultura visuale di massa, che elimina le incertezze su chi sia dalla parte dei buoni e chi da quella dei cattivi, che è emotivamente efficace, che crea consenso verso il soccorso umanitario per le vittime o denuncia inequivocabilmente la crudeltà del nemico. (Parmeggiani, 2016, p. 123)

Dalla recente letteratura si evince che esistono molte immagini famose iconiche che con il loro impatto sull’opinione pubblica sono riuscite a condizionarla, alcuni esempi sono lo studente di piazza Tienanmen, il pellicano fotografato sporco di petrolio durante la guerra del Golfo, le foto dell’uccisione di Saddam Hussein.

Per alcune di queste foto è stato dimostrato che siano il frutto di una manipolazione o di un racconto falsato della realtà, le foto in questione vennero utilizzate e strumentalizzate per riportare un messaggio preciso che sembrasse reale anche se era stato distorto e potesse così condizionare l’opinione pubblica.

La correlazione tra copertura di una notizia da parte dei media e influenza sull’opinione pubblica è studiata da diverse ricerche alcune delle quali analizzano la relazione tra i media e i report di guerra (Fahmy & Wanta, 2007; Schwalbe, Silcock, Keith, 2008; Parmeggiani, 2016), in una di queste alcuni ricercatori hanno analizzato la percezione dei reporter sull’impatto che alcune notizie hanno sull’opinione pubblica, ai reporter sono state somministrate delle domande riguardanti la copertura con immagini degli eventi dell’11/9 e della guerra in Afghanistan. Il risultato è che i reporter giudicano più potenti le immagini dell’11/9 e i motivi sono la loro portata emozionale e il fatto che le immagini uscenti dalla guerra afghana siano state sottoposte ad un maggiore controllo da parte delle autorità militari, un altro risultato della ricerca è la considerazione che i reporter con più anni di esperienza lavorativa alle spalle tendano a minimizzare gli effetti delle immagini sull’opinione pubblica, forse perché i cittadini sono ritenuti in grado di distinguere tra le notizie e le immagini trasmesse dai media quelle che hanno subito manipolazione o il cui messaggio è parziale (Fahmy & Wanta, 2007).

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14 Fig. 1 “Hope” di Shepard Fairey (2008)

Fonte: http://www.corriere.it/esteri/cards/dall-icona-obama-we-the-people-nuovi-poster-shepard-fairey-difendere-minoranze-nell-era-trump/antidoto-donald_principale.shtml

Il ritratto è un’immagine divenuta virale durante la campagna alle presidenziali USA vinta dal presidente Barack Obama, l’autore è lo street artist già famoso col nome d’arte Obey Giant, l’immagine insieme ad altre è stata utilizzata nella campagna elettorale, l’autore ha utilizzato come fotografia di partenza su cui creare il poster uno scatto risalente al 2006 fatto dal fotografo freelance Mannie Garcia per Associated Press, agenzia che poi ha richiesto i diritti per l’utilizzo pubblico della fotografia.

Fig. 2 “Greater Than Fear” di S. Fairey Fotografia di Ridwan Adhami (2017)

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15 Fig. 3 “Defend Dignity” di S. Fairey

Fotografia di Arlene Mejorado (2017)

Fonte: www.obeygiant.org

Le figure 2 e 3 fanno parte di una campagna condotta dallo stesso artista a seguito dell’elezione del presidente Donald Trump, in cui l’artista ha deciso di focalizzarsi sulla tutela dei gruppi in minoranza che vivono negli Stati Uniti.

Fig. 4 “Resilient” di Ernesto Yerena Fotografia di Ayse Gürsöz (2017)

Fonte: www.obeygiant.com

Il progetto “We the People” prende le basi dal motto che l’arte possa risvegliare le persone - We believe that art has the power to wake people up – come è scritto nella descrizione del progetto

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che accompagna la campagna di raccolta fondi lanciata dalla Amplifier Foundation, un’organizzazione non profit, con lo scopo di stampare delle cartoline con sopra l’immagine scelta ed inviarle all’attenzione del presidente Trump nel periodo del suo insediamento alla Casa Bianca, e anche di stampare poster di dimensioni maggiori da collocare sui mezzi pubblici, alle fermate della metro e in punti strategici. Inoltre, le immagini sono state rese disponibili per il download in modo da permettere a chi voglia di stamparle e farle circolare.

La campagna è nata sul modello di quella che otto anni prima aveva accompagnato le presidenziali del presidente Obama e che inviava un messaggio di speranza; i promotori ritengono che il periodo attuale richieda di vedere immagini che non incitino all’odio, alla paura e al razzismo1.

Fig. 5 “The Hooded Man” di Sergeant Ivan Frederick (2003)

Fonte: http://100photos.time.com/

Fig. 6 “The Situation Room” di Pete Souza (2011)

Fonte: http://100photos.time.com/

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Questa foto è l’unica resa pubblica riguardo al momento in cui il presidente Obama apprende all’interno della Casa Bianca dell’uccisione di Osama Bin Laden, infatti le foto dell’assassinio non sono mai state pubblicate.

Fig. 7 “The Falling Soldier” di Robert Capa (1936)

Fonte: http://100photos.time.com/

Uno studio che si concentra sul visual framing (Rodriguez & Dimitrova, 2011) è stato fatto con lo scopo di identificare quattro livelli per analizzare i frame visuali, i quattro livelli di analisi individuati sono:

• I visual frame come sistemi denotativi.

«Frames derived from the denotative or representational meanings of that which are depicted are established by the titles, captions, inscriptions, or other textual descriptions that accompany the visual» (Fahmy & Wanta, 2007, p. 53);

• I visual frame come sistemi stilistici e semiotici, in cui vengono presi in considerazione gli stili, i punti di vista della camera, la prossimità fisica dei soggetti e le pose;

• I visual frame come sistemi connotativi, «at this level, persons and objects shown in the visual not only denote a particular individual, thing or place, but also the ideas or concepts attached to them» (Fahmy & Wanta, 2007, p. 56);

• I visual frame come rappresentazioni ideologiche.

Le autrici si propongono di utilizzare tale modello per analizzare le immagini di vario tipo che circolano sui media e trarne valutazioni sulla percezione che chi le guarda ha di esse, un approccio del genere è utile a studiare i livelli di significato e se utilizzato in più analisi visuali permetterebbe di confrontare i risultati riguardanti i livelli di significato di immagini diverse, è anche utile a capire meglio quali siano gli effetti dei visual frame sui frame del pubblico.

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Il visual framing è strutturato in prevalenza su vincoli organizzativi che condizionano le strategie dei fotografi e da condizionamenti culturali e ideologici che portano a scegliere determinate retoriche visive da parte dei fotogiornalisti e all’interno delle redazioni stesse (Pogliano & Solaroli, 2012).

Le funzioni delle immagini in politica sono elencate da Schill (2012) che ne individua dieci: They serve as arguments, have an agenda setting function, dramatize policy, aid in emotional appeals, build the candidate’s image, create identification, connect to societal symbols, transport the audience, and add ambiguity. (p. 122)

La funzione di agenda setting è collegata all’utilizzo delle immagini sui media, infatti i politici per quanto riguarda le notizie televisive o quelle online possono puntare sulla propria immagine estetica per piacere ai votanti, i quali sono pronti a vedere e rispondere a stimoli visuali piuttosto che a simboli testuali.

I visual frame in questo caso influenzano il modo in cui un individuo processa i messaggi e possono avere un effetto di priming sulle persone, in altre parole l’informazione che viene veicolata attraverso le foto sui media, soprattutto per quanto riguarda il genere e l’etnicità può influenzare la percezione degli individui sui temi proposti.

A questo proposito la funzione di drammatizzazione si riferisce proprio al potere delle immagini di aggiungere interesse e far emergere un punto di vista su di un tema, esse possono divenire simboli o icone di istanze e movimenti sociali e rappresentare degli aspetti rilevanti che l’enunciatore vuole mettere in evidenza. Quella di fare leva sulle emozioni è una funzione che le immagini hanno ma senza nulla togliere alla parte razionale di chi guarda, infatti esse attivano entrambe le reazioni, quindi attivare le emozioni non esclude che il cittadino utilizzi le proprie facoltà razionali.

La funzione di costruzione dell’immagine cui si riferisce Schill (2012) ad esempio è quella di far formare al cittadino che la guarda un’opinione sulla credibilità e l’affidabilità del candidato, basti notare che prima di un intervento pubblico viene deciso per i politici quale colore indossare, con chi farsi fotografare, la posizione da cui la tribuna politica deve essere ripresa e altre cose che influiscono sulla percezione dei soggetti.

Le immagini in comunicazione giocano un ruolo molto importante da non sottovalutare proprio per i motivi sopra elencati, le ricerche in questa direzione sono ancora poche, scrive Schill (2012), e ci sarebbero molti argomenti da approfondire come quello della percezione che le persone hanno quando vedono un’immagine, come la processano e come rispondono ai suoi messaggi.

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1.2.1 Frame visuali e pubblicità

I frame visuali sono rintracciabili anche nelle immagini pubblicitarie o di comunicazione di enti non profit e in questo la semiotica può essere un valido punto di inizio per capire i messaggi ad esse sottese.

Quando si parla di Visual Framing ci riferiamo alle cornici concettuali descritte nel paragrafo precedente che anziché essere caratterizzate dall’uso di strumenti quali la metafora emergono nell’interpretazione dei messaggi delle immagini fotografiche, sono i frame visivi costruiti da chi produce le immagini e che educano alla lettura delle immagini che circolano sui media.

Un ambito di studi come la semiotica ha come oggetto delle ricerche quello di capire e analizzare un’immagine prendendo in considerazione i segni e i codici del linguaggio visivo.

Una corrente della semiotica è quella che cerca di individuare il sistema di relazioni di un testo e quindi individuare gli elementi all’interno dell’immagine che aiutano nella costruzione di un certo messaggio, cioè la struttura narrativa dell’immagine (semiotica strutturale o generativa).

Poi c’è la corrente che cerca di capire per quale motivo chi guarda un’immagine ne trae un certo significato, per cui l’oggetto di studio sono i meccanismi del processo di interpretazione di un individuo (semiotica interpretativa), la semiotica è quindi un valido supporto per trovare un modello con cui analizzare gli elementi insiti in un’immagine sia facendo un’analisi focalizzata su chi produce l’immagine e sia concentrandosi su chi la deve interpretare per recepire il messaggio.

Dalla semiotica si ricava ad esempio l’analisi della rappresentazione del tempo nelle immagini, Eugeni (1999, in Polidoro, 2008, pp. 16-17) identifica tre modi in cui il tempo viene raffigurato attraverso la rappresentazione di diversi tipi di movimento:

• Il movimento bloccato, l’immagine è un’istantanea che coglie il momento in cui si compie un movimento

• Il movimento contratto, l’immagine contiene due o più fasi successive dello stesso movimento

• Il movimento articolato, si tratta di diversi movimenti distribuiti su più figure.

Oppure è possibile analizzare il racconto e la narratività nelle immagini, i quali vengono raffigurati con una fase rappresentata o con più fasi presenti nella stessa immagine o in più immagini, magari separate da cornici.

Analizzare il codice di un’immagine significa trarne le associazioni di significato che si sviluppano in essa, come fa ad esempio Barthes (1985) nel celebre esempio in cui analizza una pubblicità realizzata nel 1964 della pasta Panzani circolata in Francia.

In questa immagine a livello denotativo si vedono rappresentati una busta della spesa, alcune confezioni di pasta della marca pubblicizzata, un peperone, un pomodoro.

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20 Fig. 8 Pubblicità della pasta “Panzani” (1964)

Fonte: http://www.lapaginadelprofe.cl/semiotica/barthes/retoricaimg.htm

I messaggi connotativi sono diversi: la borsa semiaperta fa pensare ad una spesa appena fatta e quindi dà l’idea di freschezza e di preparazione casalinga, a dispetto della tendenza consumistica a comprare prodotti già preparati; il pomodoro e il peperone connotano italianità; i colori connotano italianità; il tipo di prodotti e la loro disposizione rimandano al genere pittorico della natura morta e quindi connotano un valore estetico. Per Barthes il significato più interessante dell’immagine è «quello per cui a questi significati denotati associamo, all’interno di una data cultura, un ulteriore significato. Così nella cultura francese […] il pomodoro e il peperone indicano “italianità”.» (Polidoro, 2008, pp. 30-31).

Barthes continua sostenendo che all’interno di una lettura semiotica dell’immagine è necessario saper distinguere le associazioni effettivamente giustificate dal testo da quelle più instabili e meno plausibili. Un metodo può essere quello di analizzare i livelli testuali che accompagnano l’immagine, l’altro metodo può essere quello di risalire all’ideologia di una certa cultura e notare le ripetizioni in cui una certa immagine è associata ad un determinato concetto.

Il primo metodo è definito ancoraggio (Barthes, 1985), un testo visivo viene accompagnato ad un testo verbale, che ha la funzione di selezionare i significati associati a quella immagine.

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Ritornando all’annuncio della pasta Panzani l’immagine è accompagnata da un titolo che recita “Pâtes – Sauce – Parmesan à l’italienne de luxe”, tiolo che indica chiaramente alcuni dei significati di connotazione dell’immagine.

Dalla semiotica emerge ancora una riflessione sulla pubblicità, un’analisi con un approccio di stampo greimasiano (strutturalista) ricava la tipologia delle immagini pubblicitarie (Floch, 1992) e cioè vengono delineate quattro modalità che contraddistinguono le filosofie pubblicitarie, le quali possono anche sovrapporsi all’interno dello stesso messaggio pubblicitario.

La pubblicità referenziale si basa sul valore dell’onestà, essa fa conoscere al pubblico il prodotto per quello che è e genera fiducia attraverso l’utilizzo di un linguaggio che sembra un testo scientifico (evitando slogan) e l’utilizzo di elementi visivi realistici senza il supporto di effetti di montaggio. In essa gli elementi ricorrenti sono i primi piani, la nitidezza dei tratti e delle forme, la ripresa frontale.

In secondo luogo, Floch (1992) parla di pubblicità sostanziale in riferimento a quei messaggi pubblicitari che si focalizzano sul prodotto stesso e non sulle sue caratteristiche pratiche. Essa è indicata per i prodotti alimentari ma può essere applicata per qualsiasi genere di merce.

La pubblicità mitica è il contrario di quella referenziale, essa infatti cerca di far fantasticare il cliente, richiamando leggende e eroi della tradizione o da tempi più recenti talvolta facendo uso di testimonial.

In ultimo la pubblicità obliqua alternativa alla precedente poiché si basa sul paradosso e sulla critica ai luoghi comuni, non è immediatamente comprensibile ma richiede un fruitore attivo. Non ha caratteristiche stabilite ma spesso fa ricorso a ironia, citazione, gioco metalinguistico.

Questa distinzione tra tipologie pubblicitarie si può ritrovare nella comunicazione del terzo settore, in particolare per i messaggi che circolano sui nuovi media. La comunicazione degli enti non profit può essere definita pubblicità sociale (Volli, 2008), o marketing sociale, o comunicazione sociale.

Essa consiste nell’uso delle forme pubblicitarie classiche quali lo spot, le affissioni, gli annunci stampa, con lo scopo non di passare contenuti volti a valorizzare il consumo ma per sensibilizzare su determinati temi, fare propaganda a favore di comportamenti considerati socialmente utili e scoraggiare quelli considerati dannosi per la salute. Una buona pubblicità in questo caso è quella capace di ascoltare le domande del pubblico e di rispondere ad esse, passa in secondo piano la necessità di autopromozione dell’agenzia che ne è l’enunciatrice. L’utilizzo e la scelta delle immagini in questo caso hanno di nuovo un ruolo fondamentale nella buona riuscita della comunicazione e richiedono una buona conoscenza dei frame visuali legati anche alla cultura in cui l’agenzia opera per promuovere i messaggi degli enti non profit.

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22 1.3 Lo sguardo della sociologia visuale

Una branca di studi della sociologia utilizza le immagini per fare ricerca o fa ricerca sulle immagini studiandone il legame ad esempio con un certo contesto come avviene in antropologia o etnografia.

Il sociologo videns (Ciampi, 2016) è colui che fa ricerca con la sociologia visuale, la quale è caratterizzata dall’uso delle immagini come fonte di informazione e come dati, difatti esse come le parole e i numeri per i ricercatori hanno la funzione per i sociologi visuali di arricchire i processi conoscitivi. Uno dei primi sociologi visuali è Bourdieu il quale recatosi in Algeria come militare accompagna alla descrizione delle popolazioni autoctone alcune immagini fotografate sul luogo. Bourdieu usava la fotografia tanto in funzione documentaria e attivatrice della memoria – riguardava le immagini per individuare dettagli sfuggiti, eventualmente, alla vista, o su cui non aveva potuto soffermarsi per discrezione o per prudenza – quanto come dispositivo di “intensificazione dello sguardo” (Buonanno, 2004, p. 10).

Secondo Bourdieu l'immagine fotografica si impone con rapidità perché ha una funzione che già esisteva nella società, quella di dare solennità a un momento intenso della vita collettiva e renderlo eterno.

Questo vale per i fotografi che lo fanno di professione ma anche per chi pratica la fotografia in modo amatoriale, lo dimostra il fatto che nei primi anni del Novecento la fotografia si sia diffusa rapidamente nel mondo perché andava a soddisfare il desiderio di possedere immagini delle proprie esperienze di viaggio e la macchina fotografica era un mezzo economico e accessibile per scattare fotografie da sé (Bate, 2011, p. 221).

Tra le tecniche utilizzate nelle ricerche con le immagini in sociologia visuale ci sono la ricerca video-fotografica sul campo che ricorre tra le metodologie utilizzate agli shooting scripts, la crono fotografia che si basa sul presupposto che qualunque serie storica di immagini consenta di rilevare continuità o cambiamenti ambientali e in questo caso sia utile anche a creare un archivio fotografico che serva come fonte per studiare i processi storici attraversati da un paesaggio o da una determinata cultura, la videoregistrazione dell'interazione, l'intervista con foto-stimolo in cui l’intervistatore si rivolge all’intervistato per ricavare il significato delle immagini (Parmeggiani, 2006).

Le ricerche sulle immagini invece studiano i dati visuali prodotti in determinati contesti culturali. L’oggetto di ricerca sta quindi nell’individuare i processi che hanno portato alla produzione di determinate immagini o alla loro interpretazione in una certa cultura, l’analisi delle forme di espressione della cultura e i messaggi audiovisivi che circolano sui mass media.

Gariglio individua tre modalità di impiego delle immagini nelle ricerche sociologiche: la prima è l’immagine come accompagnamento del testo; la seconda modalità è quella in cui le immagini

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hanno la funzione di documento e quindi lo scopo è quello di inquadrare alcuni aspetti significativi della ricerca oppure di essere un elemento fondamentale dell’intero processo di ricerca, lo stesso che avviene nell’osservazione partecipante per immagini; la terza modalità è quella in cui le immagini sono usate come indicatore visuale di ciò che i soggetti osservati percepiscono di una determinata situazione, si parla di percezione soggettiva se le immagini sono fatte direttamente dai soggetti osservati o di foto-stimolo se le immagini sono state proposte dal ricercatore ai soggetti stessi, «ciò che distingue quest’uso delle immagini fotografiche dai precedenti, è il carattere di interattività che in misura maggiore o minore viene a stabilirsi nel processo di osservazione» (Gariglio, 2010, p. 118).

È utile ricordare che «la foto è sempre il frutto di una selezione, di un punto di vista fra tanti, e quindi il concetto di veridicità non deve mai essere confuso con quello di oggettività.» (Losacco, 2016, p. 265).

Questo nuovo modo di apprendere per immagini non è deleterio se accompagnato da uno sguardo consapevole del fatto che le modificazioni tecnologiche che coinvolgono la produzione di immagini implicano necessariamente una modificazione nelle pratiche dello sguardo che ne è fruitore (Boccia Artieri, 2001), ciò significa che nell'analizzare un'immagine è opportuno dare senso al suo contenuto comunicativo e anche alle tecnologie utilizzate per produrla e alle pratiche dello sguardo anche se l'immagine televisiva si differenzia da tutte le altre perché questa parla alla dimensione sensoriale di chi la guarda ed è tutto il corpo a risponderle.

Ciò in cui differiscono le immagini processate e create sui media sono la loro connotazione di significato, lo stile e le rappresentazioni ideologiche (Mattoni & Teune, 2014) e dato che questi processi contribuiscono a formare una cultura visuale è importante imparare a riconoscere le differenti pratiche visuali che si nascondono dietro a una immagine.

Pensiamo ad esempio alla trasformazione dell’ordine del visibile dello spazio urbano che si va metropolizzando ad inizio del XIX sec. e che vediamo riempirsi di insegne luminose, di affiche pubblicitari, di giochi di luci notturne, di prospettive architettoniche nuove, ecc.: si crea la cornice (frame) visiva per lo sguardo dell’uomo moderno così ben descritto da Simmel o da Benjamin. […] La cornice visiva che in-forma lo sguardo è in rapporto di codipendenza con la funzione svolta dalle tecnologie della visione nel definire lo statuto dell’immagine e la sua natura, nel modificare modalità̀ percettive e realtà̀ simbolica del visivo. (Boccia Artieri, 2001, p. 3).

Le tecnologie della visione comprendono sviluppi e modificazioni che riguardano i supporti su cui vengono trasmesse le immagini a partire dallo schermo della tv e dal monitor del computer e abituano chi le vede a leggere immagini in movimento, le stesse che vengono colte disegnate dai

writer sui vagoni dei treni oppure quando da seduti nell’abitacolo dell’auto appaiono disegnate

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generare un nuovo tipo di sguardo sul mondo, uno sguardo che si muove e diventa istantaneo. Le nuove tecnologie permettono di vedere ciò che qualche anno fa era invisibile, ad esempio dispositivi come gli smartphone o i droni permettono nuovi punti di vista e nuove prospettive e sono accessibili a molte persone.

Lo sguardo si virtualizza nel senso che è sempre possibile altrimenti:

• In altri luoghi, si parla di ottica planetaria che prelude alla globalizzazione grazie alla moltiplicazione di schermi e all'accessibilità aumentata. Si crea uno sguardo panottico, si pensi alla telesorveglianza, e uno sguardo sinottico, in riferimento alla visione generalizzata di massa.

• In altri tempi, perché le immagini video abituano il nostro sguardo a una nuova visione evolutivamente e antropologicamente nuova che travalica lo spazio e il tempo.

• In altri modi, l'immagine video prodotta è aperta ad assumere sempre nuove e diverse forme. (Boccia Artieri, 2001, pp. 20–21).

Studiare le immagini significa sapere che esse sono rivelatrici di aspetti della società.

Fare oggi ricerca sulle immagini e con le immagini significa dunque fare sempre ricerca sullo sguardo e con lo sguardo. Aprire la strada ad una sociologia dello sguardo […] significa saper riconoscere nelle immagini una potenza rivelatrice di ciò che è sociale, cogliere il “punto focale” di un’epoca e osservare lo sguardo in-formato. Rivelare le dinamiche di virtualizzazione dello sguardo significa in conclusione saper riconoscere i tratti di virtualizzazione del sociale, saperli cogliere dalle immagini circolanti che lo sguardo crea e dalle quali lo sguardo si fa creare. (Boccia Artieri, 2001, p. 21).

Alcuni ricercatori tra cui Barthes (1985) si concentrano sull’individuare le pratiche di produzione delle immagini che circolano sui media per arrivare a capire il significato e il messaggio di quelle immagini, le immagini portano dei messaggi che probabilmente condizionano le opinioni di chi le guarda allo stesso modo delle notizie scritte, esse non sono neutre dal punto di vista del significato a loro sotteso ma implicano due ordini di significato, uno è denotativo e l’altro è connotativo.

Il paradosso fotografico consisterebbe allora nella coesistenza di due messaggi, l’uno senza codice (sarebbe l’analogo fotografico) e l’altro con un codice (vale a dire l’«arte», o il trattamento, o la «scrittura», o la retorica della fotografia); strutturalmente, il paradosso non consiste evidentemente nella collusione di un messaggio denotato e di un messaggio connotato: questo è lo statuto forse inevitabile di tutte le comunicazioni di massa; il fatto cioè che il messaggio connotato (o codificato) si sviluppa qui a partire da un messaggio senza codice. (Barthes, 1985, p. 9).

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Emerge l’importanza di saper guardare le immagini per conoscere il loro messaggio connotato, quelle che sono sui quotidiani o sulle riviste cartacee, quelle della televisione, quelle che circolano online e sui social media tenendo presente che probabilmente vanno valutate diversamente e con sguardi diversi tra loro a seconda del supporto o della piattaforma su cui le vediamo, i parametri con cui un’immagine viene valutata migliore di un’altra e ottiene maggiore riconoscimento non si basano solo sulla bellezza, l’estetica come valore è affiancato da nuovi criteri. Serve uno sguardo differente per valutare le immagini in base al media che le propone.

1.3.1 La fotografia sui media tradizionali

L’ingresso della fotografia come supporto nei media avviene in maniera massiccia durante la guerra civile spagnola quando tra gli anni ’20 e gli anni ’30 si registra un aumento dei

newsmagazine sul modello del “Time”, il quale proprio in quegli anni concede molto spazio alla

dimensione visiva. La fotografia va a sostituire l’illustrazione o il disegno che veniva utilizzato dalla stampa per rappresentare l’istante preciso o il momento fatale che rappresentasse l’evento, dal momento che la fotografia inizia ad essere utilizzata nelle redazioni il disegno viene gradualmente abbandonato a favore del mezzo fotografico ritenuto più capace di rappresentare con trasparenza la realtà (Pogliano, 2009).

Il fotogiornalismo di guerra pone delle questioni da valutare nel momento in cui le informazioni vengono acquisite, perché agli occhi dei lettori arrivano delle immagini che senza un testo che le accompagni non hanno contesto e perciò il messaggio è facilmente equivocabile.

Inoltre, la logica del newsmaking cioè della produzione di notizie per i media prevede un doppio passaggio, prima la produzione dell’immagine da parte del fotografo e poi la selezione delle immagini nella redazione che verte su quelle che maggiormente rispecchiano la politica della redazione (Pogliano, 2009).

Per citare Volli (2001) a proposito della selezione del punto di vista da parte del fotografo: […] in un certo senso la fotografia è sempre manipolata sottrattivamente, non solo perché ovviamente l’inquadratura elimina necessariamente parti più o meno rilevanti del mondo presente allo scatto fotografico, ma soprattutto perché non vi compare quasi mai l’atto del fotografo e il suo

contesto. (pp. 14-15).

Un esempio di fotografia che ha suscitato polemiche e dubbi sulla veridicità dell’informazione che trasmetteva è quella scattata da Robert Capa nel 1936 (Figura 7) «diventata icona non solo di quel conflitto ma della guerra in generale: quella di un miliziano che cade a terra apparentemente nel preciso momento in cui viene colpito da una pallottola» (Bergamini, 2009, p. 85), la foto in questione è diventata famosa a seguito della pubblicazione su “Time” accompagnata da una didascalia che ne descriveva il senso e senza la quale il soldato abbattuto da una pallottola sarebbe

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