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– – – Ulcera peptica perforata 17

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Academic year: 2022

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Ulcera peptica perforata 17

M

OSHE

S

CHEIN

– C’è un buco nel mio secchio… come lo riparo?

– Rattoppalo! (canzone folk)

“Un medico che deve affrontare una ulcera perforata dello stomaco o dell’intestino deve prendere in considerazione l’eventualità di aprire l’addome, di suturare il buco e di evitare una possibile o reale infiammazione, ripulendo attentamente la cavità addominale.”

(Johan Mikulicz-Radecki, 1850-1905)

Grazie ai moderni ed efficaci farmaci antiulcera, l’incidenza dell’ulcera peptica perforata è diminuita in maniera drastica, ma non ovunque. L’ulcera perforata è ancora frequente nei paesi socio-economicamente svantaggiati o nelle popolazioni con un alto grado di stress. Di solito la perforazione si verifica su un background di ulcera cronica sintomatica, ma non è raro un esordio ex-novo senza storia pregressa.

Nei paesi occidentali le ulcere duodenali (UD) perforate sono più frequenti di quelle gastriche (UG), che insorgono più facilmente nei gruppi socio-economici più bassi.

Storia naturale

Generalmente, il dolore addominale dovuto a perforazione peptica insorge in maniera improvvisa ed è localizzato nei quadranti superiori: la maggior parte dei pazienti è in grado di riferire con precisione il drammatico momento in cui sono insorti i sintomi. È possibile suddividere in 3 fasi la storia naturale dell’episodio:

Peritonite chimica/contaminazione. Inizialmente la perforazione determina una peritonite chimica, con o senza contaminazione da parte dei micro-organismi [occorre puntualizzare che la presenza di acido gastrico sterilizza il contenuto gastro-duodenale; quando l’acidità gastrica si riduce per una terapia o per una patologia (ed es. cancro gastrico), batteri e funghi compaiono nello stomaco e nel duodeno]. Di solito si verifica uno spandimento diffuso del contenuto gastro-duo- denale che tuttavia, per la presenza di aderenze o per l’azione di sbarramento del- l’omento, può anche localizzarsi nei quadranti addominali superiori. Tutti i libri di testo ne descrivono, inoltre, la possibilità di diffusione in fossa iliaca destra, lungo la doccia parieto-colica omolaterale, il che simulerebbe una appendicite acuta: tut- tavia nella pratica clinica è riscontrato molto raramente.

Stadio intermedio. Dopo 6-12 ore in molti pazienti si verifica una remissio- ne parziale spontanea della sintomatologia dolorosa e ciò, probabilmente, per la diluizione del contenuto gastro-duodenale irritante da parte dell’essudato perito- neale reattivo formatosi.

Infezione intra-addominale. Nel caso in cui il paziente sfugga inizialmente al

bisturi, dopo 12-24 ore sopravviene una infezione intra-addominale. Non cono-

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sciamo l’esatto momento in cui i micro-organismi contaminanti diventano invasi- vi-infettivi. Perciò, quando la perforazione viene trattata chirurgicamente con un ritardo di più di 12 ore, dovete considerarla una infezione piuttosto che una con- taminazione. Questo influisce sull’antibioticoterapia post-operatoria, come diremo in seguito. I pazienti trascurati possono presentarsi, pochi giorni dopo la perfora- zione, in stato di shock settico. Negli stadi iniziali lo shock è molto raro anche se viene spesso citato dagli studenti di medicina, ma quando vi trovate di fronte ad uno stato di shock associato a dolore addominale dovete pensare, per prima cosa, alla rottura di un aneurisma aortico, all’ischemia intestinale o ad una pancreatite acuta grave. Una perforazione non trattata può infine determinare un decesso “set- tico” precoce per peritonite o l’insorgenza di un ascesso intra-addominale.

Diagnosi

La maggior parte dei pazienti presenta segni di irritazione peritoneale diffu- sa o localizzata; quasi tutti si lamentano e giacciono immobili sofferenti con un addome duro ligneo, proprio come è descritto nei libri. La “chiusura” spontanea della perforazione, la localizzazione o lo spandimento del contenuto gastro-duode- nale nella borsa omentale determinano una presentazione atipica e tardiva.

Abbiamo avuto un paziente con una ulcera duodenale ri-perforata qualche anno dopo essere stato sottoposto a riparazione con patch omentale. La seconda perfo- razione era stata così deviata nel retroperitoneo, dietro al pancreas, al colon sinistro e nello scroto: l’addome era trattabile alla palpazione superficiale e profonda, sen- za resistenze muscolari di difesa reattive. Nei pazienti in cui vi è comparsa improv- visa di dolore addominale localizzato nei quadranti superiori e con peritonite dif- fusa, la diagnosi è semplice. Possiamo riassumerla con le seguenti formule:

Esordio improvviso di peritonite+presenza di gas libero=viscere perforato Esordio improvviso di peritonite+assenza di gas libero+livelli normali di amilasi=viscere perforato

Circa 2/3 dei pazienti con perforazione presenta aria libera sotto-diafram- matica. Ricordatevi che per visualizzare al meglio la presenza di aria libera una Rx torace in posizione eretta è più adatta di una Rx diretta addome (

Capp. 4 e 5).

Se il paziente non è in grado di stare in piedi o a sedere, ordinate un radiografia dell’addome in decubito laterale sinistro. La presenza di gas libero è diagnostica, anche se non è sempre causata da un’ulcera peptica perforata. E allora? Significa che, comunque, un viscere è perforato perciò una laparotomia è quasi sempre indicata. Ma “quasi sempre” non vuol dire “sempre”: la presenza di gas libero sen- za una peritonite clinica NON è una indicazione assoluta ad una laparotomia d’ur- genza. Come già menzionato nel

Cap. 4, esiste un lungo elenco di condizioni

“non chirurgiche” che possono determinare la presenza di aria libera intra-perito-

neale. Aria libera in un addome “trattabile” può anche indicare che la perforazio-

ne si è chiusa spontaneamente e che perciò è suscettibile di terapia non chirurgi-

ca (come spiegheremo in seguito).

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In assenza di aria libera, si deve prendere in considerazione ed escludere una pancreatite acuta, la “grande simulatrice” (

Cap. 18). Livelli normali di amilasi sieri- ca sono di sostegno alla diagnosi di perforazione, mentre livelli molto elevati in pazien- ti “predisposti” (ad es. alcool, calcoli biliari) sono suggestivi di una pancreatite acuta.

Il paziente “border line” con presentazione atipica e un modesto aumento delle amila- si continua ad essere un problema, poiché anche un’ulcera perforata può determinare una iperamilasemia. Nei bei tempi andati, prima che le tecniche di diagnostica per immagini sostituissero le abilità cliniche, basavamo la decisione di operare o di tenere il paziente in osservazione sul quadro clinico completo. Raramente eseguivamo uno studio con Gastrografin per dimostrare o escludere una perforazione. Adesso invece, in questi casi, vi consigliamo di eseguire una TC addome alla ricerca di aria libera, Gastrografin extra-luminale e liquido peritoneale libero. La TC è eccellente per indivi- duare minime quantità di aria libera intraperitoneale, perciò è uno strumento prezio- so per definire la diagnosi nei pazienti con un quadro clinico non chiaro.

Filosofia del trattamento

L’obiettivo principale del trattamento è quello di salvare la vita del paziente eliminando la fonte dell’infezione e ripulendo la cavità addominale. L’obiettivo secondario è quello di curare, se possibile, la diatesi ulcerosa. È possibile raggiun- gere il primo obiettivo con la semplice rafia dell’ulcera, mentre il secondo richiede un intervento chirurgico definitivo. Quando fare cosa? Prima di dirvelo, dobbiamo rispondere ancora ad alcune domande.

Chi sono i pazienti che devono essere sottoposti ad un intervento chirurgico definitivo?

Venti anni fa era più semplice rispondere. La “legge dei terzi” sosteneva che

dopo la semplice rafia della perforazione, 1/3 dei pazienti otteneva una guarigione

permanente, un altro terzo necessitava di una terapia farmacologia antiulcera a lun-

go termine e l’ultimo terzo doveva essere sottoposto ad un intervento chirurgico

definitivo dell’ulcera a causa della intrattabilità o di ulteriori complicanze. Questo

ci forniva una giustificazione razionale per sottoporre ad un intervento definitivo

2/3 dei pazienti. Con l’introduzione dei moderni farmaci antiulcera ci è stato detto

che gli interventi definitivi non sono più necessari dato che tutti i pazienti con

perforazione possono essere tenuti efficacemente e a tempo indeterminato sotto

terapia antiulcera. Abbiamo controbattuto che un intervento per ulcera è più effi-

cace in termini di costi di un trattamento farmacologico a vita, che i pazienti spes-

so non seguono la terapia e che una perforazione si può verificare anche durante un

trattamento antiulcera. Ora che è disponibile il trattamento anti-Helicobacter pilori

per l’ulcera peptica, ci dicono: “perché volete eseguire anche un intervento chirur-

gico antiulcera radicale? Chiudete la perforazione e prescrivete un ciclo di antibio-

tici anti-Helicobacter, così l’ulcera guarirà e non recidiverà.” Può essere giusto, ma

non sappiamo se nei pazienti operati per ulcera perforata l’Helicobacter c’entra. Per

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di più, i pazienti che vanno incontro a perforazione hanno di solito un pessimo rap- porto con la malattia ed inoltre un accesso alle cure mediche al di sotto dello stan- dard: tutto ciò ha un impatto negativo sulla terapia medica antiulcera. Di conse- guenza, se l’intervento chirurgico per ulcera perforata può far prendere due piccio- ni con una fava (soprattutto se l’ambiente in cui lavorate non può garantire una gestione medica ottimale ed il follow-up dei pazienti), perché non eseguirlo?

All’inizio può sembrare un’argomentazione ragionevole, ma dopo averci pensato un po’

ci si rende conto che si tratta soltanto degli sragionamenti di un chirurgo votato al trattamento chirurgico dell’ulcera peptica che si lamenta della scomparsa di interventi interessanti. I chirur- ghi moderni sanno che l’ulcera duodenale è dovuta all’ipersecrezione acida e all’infezione da H.

pilori e che l’eliminazione dell’infezione determina la guarigione della malattia. Perciò la chirur- gia definitiva anti-ulcera è al giorno d’oggi indicata soltanto in situazioni particolari e non deve neanche essere presa in considerazione nelle semplici perforazioni. [Paul Rogers, co-curatore].

Confutazione: sono d’accordo con questo commento per quanto riguarda il mondo occidentale, ma ci sono luoghi dove non sono disponibili né il follow-up né terapie antiul- cera efficaci. E ci sono ulcere che si perforano mentre i pazienti stanno presumibilmente assumendo farmaci “efficaci” ed ulcere associate all’assunzione di farmaci anti-infiammato- ri non steroidei. Perciò, anche se convengo che il ruolo della chirurgia definitiva nelle ulce- re perforate e sanguinanti (vedi ●

C

ap. 16) si sia drasticamente ridotto, i chirurghi dovreb- bero sapere ancora come e quando eseguire questo tipo di interventi. [Moshe Schein].

In quali pazienti `e sicuro eseguire un intervento definitivo?

Sicuramente non è vostro desiderio imbarcarvi in una lungo intervento chirur- gico radicale in un paziente critico e “settico”. Negli anni abbiamo incontrato chirur- ghi che si rifiutavano di eseguire un intervento definitivo a causa di una grave “con- taminazione”, spesso riferendosi alla leggenda che vuole che la vagotomia in pazienti con perforazione “può diffondere l’infezione nel mediastino”. Il gruppo di Hong Kong ha dimostrato che è possibile eseguire una intervento chirurgico antiulcera quando sono presenti i seguenti 3 fattori: pressione sanguigna >90 mmHg, intervento entro le 48 ore dalla perforazione, assenza di patologie mediche associate. Abbiamo rileva- to che il sistema APACHE II (p. 57) è utile in questa situazione, dato che i pazienti con ulcere perforate con punteggio inferiore a 11 possono tollerare una intervento chirurgico radicale-definitivo di qualsiasi entità. Al contrario, i pazienti con punteggi APACHE II superiori, devono essere sottoposti agli interventi più semplici.

Trattamento chirurgico: chiusura semplice (

Fig. 17.1)

Di solito, per ottenere una chiusura ottimale dell’ulcera, si utilizza il patch omentale secondo Graham (omentopessi). Alcuni punti staccati “a tutto spessore”

vengono apposti passando attraverso entrambi i margini della perforazione (tra-

sversalmente – non verticalmente – così da non restringere il lume), senza anno-

darli; viene creato un peduncolo del grande omento che viene posizionato sopra la

perforazione; i punti di sutura vengono delicatamente legati al di sopra dell’omen-

to così da non strozzarlo (

Fig. 17.2). A questo punto si può chiedere all’anestesi-

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Fig. 17.1. “Come lo ripariamo?”

Patch omentale

Duodeno Duodeno

Sbagliato Corretto

Fig. 17.2. Chiusura semplice. Notate che il patch omentale deve “tappare” il foro con i punti di sutura annodati sopra. È sbagliato suturare prima il foro e poi coprire la ripara- zione con l’omento

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sta di iniettare dell’acqua attraverso il sondino naso-gastrico per accertarsi che il patch sia a tenuta stagna.

Non sono pochi i chirurghi che ancora non hanno ben compreso l’interven- to: prima chiudono la perforazione con i punti e poi coprono la linea di sutura con l’omento. A volte può essere difficile avvicinare i bordi edematosi e friabili della perforazione. In tutti i casi di fistola duodenale post-operatoria che abbiamo osser- vato, la semplice rafia dell’ulcera duodenale perforata ne era la causa. Ricordatevi, non suturate la perforazione, ma tappatela con omento vitale.

L’omentopessi è facile da eseguire nella maggior parte delle UD perforate. È raro che una gigantesca UD perforata provochi un enorme perforazione bulbo-pilorica anteriore che non si presta ad una chiusura sicura e necessita perciò di una gastrec- tomia parziale. Le UG perforate sono solitamente più ampie di quelle duodenali. Per quelle situate sulla grande curva, può essere più semplice eseguire una resezione a cuneo dell’ulcera e suturarla a mano o meccanicamente, piuttosto che eseguire una omentopessi. Per grosse ulcere croniche della piccola curva eseguire una omentopes- si è notoriamente difficile e pericoloso; meglio eseguire una resezione gastrica.

Trattamento chirurgico: intervento radicale

In emergenza, l’ideale sarebbe scegliere l’intervento chirurgico antiulcera che meglio eseguite in elezione. Il problema è che al giorno d’oggi voi e gli altri giova- ni chirurghi non avete esperienza di interventi antiulcera in elezione.

In base alla nostra filosofia di evitare, possibilmente, una resezione gastrica per un processo benigno e ai risultati degli interventi per ulcera eseguiti in elezio- ne, raccomandiamo una tattica chirurgica che moduli le procedure definitive ad ogni tipo di ulcera (

Tabella 17.1).

Tabella 17.1. Tipi di interventi chirurgici per ulcera perforata

Tipo di ulcera Opzioni da libro di testo Nostra preferenza

Rischio alto Rischio basso Rischio alto Rischio basso Duodenale Omentopessi± Omentopessi Omentopessi+ Omentopessi

VT+D o HSV HSV

o VT+A

Prepilorica Omentopessi± Omentopessi Omentopessi+ Omentopessi VT+D HSV+D

o VT+A

Gastrica Omentopessi Omentopessi Omentopessi+ Omentopessi o escissione o resezione HSV+D o resezione a cuneo gastrica o resezione gastrica

o resezione gastrica

gastrica

VT+D, vagotomia trunculare+drenaggio; VT+A, vagotomia trunculare+antrectomia; HSV, vagotomia superselettiva; HSV+D, vagotomia superselettiva+drenaggio.

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Qualunque cosa facciate, per favore ricordatevi che se il vostro paziente “sta male” e voi non siete dei chirurghi gastro-duodenali esperti, è meglio che lasciate stare gli interventi radicali. Limitatevi a rattoppare il foro e via!

Problemi particolari

Ulcere “da contatto”: qualsiasi traccia di emorragia GIS che sia essa prece- dente o co-esistente (ad es. il reperimento di “fondi di caffè” o di sangue fresco nel sondino naso-gastrico o in sede di perforazione o nella cavità peritoneale) deve indurre a considerare la presenza di ulcere “da contatto” – una anteriore perforata ed una posteriore sanguinante. La semplice sutura della prima, senza eseguire l’emostasi dell’altra, potrebbe determinare una grave emorragia post- operatoria. Quindi, trovandosi in simili situazioni è bene allargarsi tramite la perforazione duodenale con una duodenotomia ed esplorare l’interno del duo- deno. Se trovate l’ulcera posteriore suturatene la base con punti transfissi come descritto nel

Cap. 16.

Trattamento laparoscopico delle ulcere perforate

L’omentopessi e la toilette peritoneale possono essere eseguite per via laparo- scopica (

Cap. 49). È stata accumulata una lunga esperienza nel trattamento delle UD perforate, con risultati contrastanti. Riteniamo che la laparoscopia sia una opzione ragionevole nei pazienti stabili e “rianimati” con successo e nei casi in cui sia possibile chiudere la perforazione in maniera sicura ed immediata.

Al contrario, i pazienti ad alto rischio o gravemente “settici” tollerano male uno pneumoperitoneo prolungato. In una situazione di emergenza scegliere l’ap- proccio laparoscopico per trattare una ulcera perforata può prolungare l’interven- to oltre i limiti ragionevoli.

Trattamento non chirurgico delle ulcere perforate

Alcuni gruppi di chirurghi “entusiasti” hanno dimostrato l’efficacia dell’ap- proccio non chirurgico, che consiste in NPO, posizionamento di un sondino naso- gastrico in aspirazione e la somministrazione sistemica di antibiotici e di inibitori della secrezione acida. La conditio sine qua non per il successo è la chiusura sponta- nea della perforazione con l’omento o altre strutture vicine; se ciò avvenisse, l’ap- proccio non chirurgico potrebbe avere esito positivo nella maggioranza dei casi.

Il trattamento non chirurgico può essere particolarmente valido per due tipi

di pazienti: il paziente con “presentazione tardiva” ed il paziente “in condizioni mol-

to critiche”. Il paziente con “presentazione tardiva” giunge alla vostra osservazione

dopo un giorno o più dall’avvenuta perforazione, con un quadro clinico già in via

di miglioramento e reperti addominali minimi che, assieme alla conferma radiolo-

gica di aria libera, sono indizio di una perforazione localizzata che si è chiusa spon-

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taneamente. In molti casi il trattamento conservativo potrebbe essere coronato da successo ma, la chiusura spontanea della perforazione, va sempre documentata o con transito del GIS con Gastrografin o con una TC con contrasto. I pazienti “in condizioni molto critiche” , in cui un intervento metterebbe in serio rischio la loro vita, come ad es. i pazienti con un recente infarto massivo del miocardio, con BPCO (bronco-pneumopatia cronica ostruttiva) di grado IV, o con punteggio APACHE II>25, sono anch’essi candidati alla terapia conservativa. Tuttavia, anche in questo gruppo il successo del trattamento conservativo è possibile solo se è avvenuta la chiusura della perforazione, dimostrata radiologicamente. In situazioni disperate, se non si è verificata la chiusura, abbiamo eseguito con successo una omentopessi in anestesia locale.

Antibiotici

Appena diagnosticata la perforazione ed aver deciso di sottoporre il pazien- te ad una laparotomia, somministrate una dose di antibiotici ad ampio spettro.

La maggior parte dei pazienti si presenta entro 12 ore dalla perforazione ed è perciò affetta da contaminazione peritoneale piuttosto che da infezione. Infatti in molti la peritonite è chimica e non contiene microrganismi. In questo grup- po di pazienti gli antibiotici servono da profilassi e non è necessario eseguire una antibioticoterapia post-operatoria. I pazienti che si presentano dopo le 12 ore possono avere una infezione intra-addominale; in questo caso è necessario pro- seguire il trattamento antibiotico nel periodo post-operatorio (

Cap. 42). Gli antibiotici, somministrati sotto forma di monoterapia o terapia combinata, dovrebbero “coprire”, empiricamente, i Gram negativi e gli anaerobi. La tipica messa in coltura del fluido peritoneale non è indicata nei pazienti con perfora- zione (

Cap. 12). Quelli che la eseguono (inutilmente, è nostra opinione) spes- so repertano la Candida che è un contaminante che non necessita di terapia spe- cifica.

Conclusioni

Se possibile, riparate l’ulcera perforata con patch omentale altrimenti, esegui- te una resezione. Valutate la necessità di eseguire anche un trattamento anti-ulcera definitivo-radicale seguendo criteri molto selettivi e non dimenticate che è possibi- le ricorrere ad un approccio conservativo, non chirurgico: questo è possibile, utile ed indicato in pazienti selezionati.

“Non abbiamo altra responsabilità verso questi pazienti se non quella di salva- re loro la vita. Qualsiasi procedura il cui obiettivo vada oltre può essere considerata una chirurgia ‘eccessiva’. Durante l’intervento non è nostra responsabilità eseguire una procedura che curi radicalmente l’ulcera duodenale del paziente.” (Roscoe. R Graham, 1890-1948)

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