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Elena Marini ci offre una ricognizione critica delle principali questioni concernenti la disciplina penale dell’inquinamento atmosferico, con particolare riguardo all’art

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Academic year: 2021

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Questo primo numero del 2021 (il decimo in assoluto), si apre con un articolo di Alessandro Melchionda, il quale sottopone a critica l’orientamento restrittivo, seguito nella prassi, che esclude dal meccanismo estintivo previsto dagli artt. 318- bis e ss. del d.lgs. n. 152/2006 le contravvenzioni punite con pena congiunta o con sola pena dell’arresto, orientamento peraltro conforme all’inedita e problematica

“fonte” rappresentata dalle circolari di varie Procure della Repubblica. Il contributo di Melchionda trae spunto da una vicenda normativa specifica e settoriale cogliendovi un tratto più generale: la tendenza del potere giudiziario a oltrepassare la lettera della legge in nome di avvertite esigenze di razionalizzazione di discipline reputate lacunose o non chiare.

Massimiliano Dova, dopo avere riscontrato, anche sulla base di dati statistici, l’ineffettività delle pene detentive e di quelle pecuniarie in materia di reati ambientali, propone di dare un ruolo centrale – come pene principali – alle pene prescrittive-reintegratorie (obblighi di bonifica e ripristino, lavoro di pubblica utilità), sia come sanzioni esclusive per le attuali contravvenzioni ambientali, sia come pene da affiancare, in alternativa o in aggiunta, a quelle detentive o pecuniarie per i delitti ambientali.

Elena Marini ci offre una ricognizione critica delle principali questioni concernenti la disciplina penale dell’inquinamento atmosferico, con particolare riguardo all’art. 279 del d.lgs. n. 152/2006, anche alla luce di recenti modifiche apportate dal legislatore.

Chiudono il numero due contributi stranieri.

Come abbiamo già fatto in passato, riteniamo utile guardare ad un fenomeno globale come l’inquinamento anche attraverso le lenti della comparazione, che possono offrire spunti e suggestioni anche de jure condendo.

Più nel dettaglio presentiamo un lavoro di una penalista accademica cilena, María Cecilia Ramírez Guzmán, che ci offre una analisi della disciplina penale ambien- tale vigente in Cile, articolata su singole disposizioni penali pensate su specifici settori (aria, acqua, rifiuti, pesca ecc.), senza che siano ad oggi maturate le condi-

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zioni per una nuova e aggiornata disciplina penale di contrasto alle più gravi for- me di inquinamento all’ambiente unitariamente inteso.

L’ultimo contributo (del quale viene pubblicata la prima parte, la seconda sarà sul prossimo numero) è di un magistrato irlandese, Kevin O’Leary, che dà conto del quadro normativo penale-ambientale del suo Paese, frutto del recepimento di varie Direttive europee, che anche dopo Brexit vincolano l’Irlanda, rimasta in Europa.

L’Irlanda, Paese di common law, ha dunque visto il fiorire di vari testi normativi di natura anche penale, pur conservando alcune peculiarità, come ad es. il regime di strict liability per le contravvenzioni in materia di rifiuti: l’elemento soggettivo non deve essere provato dall’accusa, ma è onere della difesa introdurre la defense di avere tenuto le cautele ragionevoli per evitare la violazione. Citando la Settimana Enigmistica, un osservatore malizioso potrebbe commentare “trova le differenze” con la prassi italiana, nella quale l’accusa non si preoccupa granchè di dimostrare la sussistenza della colpa in capo all’agente, e la difesa tenta di regola invano di allegare elementi a discolpa.

Buona lettura!

Luca Ramacci Carlo Ruga Riva .

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