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Riflessioni di copertina

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Academic year: 2021

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Riflessioni di copertina

Riflessioni di copertina

Il romanzo di Ian McEwan Enduring love inizia con il ricordo di un picnic e l’incontro, rocambolesco nonché foriero di conseguen- ze imprevedibili, con un pallone aerostatico. Dal flashback della tragica morte di un uomo, precipitato da una mongolfiera poiché rimastovi aggrappato troppo a lungo nel tentativo di trattenerla a terra, si dipana una vicenda che sembra sviluppare in modo più profondo il significato metaforico racchiuso in quel dramma- tico gesto inaugurale: l’indugiare nell’attaccamento a qualcosa nella tensione tra sopra e sotto, cielo e terra, prima e adesso, ovvero le dimensioni propriamente figurative della memoria e dell’utopia. Analogamente alle speranze, i ricordi possono esse- re zavorre che ci impediscono di spiccare il volo, oppure poten- ze più forti e grandi di noi, le quali, fuori controllo, ci trascinano inarrestabilmente con loro. Nel migliore dei casi, sono bagagli agili per affrontare ben attrezzati le esperienze della vita.

È questo il caso di Enrico Tealdi che, a dispetto della sua giova- ne età, viaggia portando con sé valigie colme di ricordi. È cre- sciuto in una grande cascina d’inizio Novecento, che ancora oggi ospita il suo studio, dove le generazioni, nell’alternanza di travagli e riscatti, si sono avvicendate intrecciandosi le une alle altre, dove gli oggetti del passato si sono accumulati accanto a quelli del presente e le storie di una volta si sono impresse nella mente di chi vi abita, indicando spontaneamente un cammino per l’avvenire.

Le immagini dell’infanzia, propria o dei famigliari, scorrono come paesaggi dal finestrino di un treno, ora scivolando via, ora restando impresse sulla carta, custodite all’interno di vetri mac- chiati e cornici abbruciacchiate. Dallo scrigno del passato pros- simo l’artista estrae ricordi, recupera sensazioni quasi fossero souvenir, salva istanti. Lavora in modo metodico, scientifico, per serie. Ogni opera è il tassello di una raccolta, e ogni raccolta è legata all’altra dal filo della memoria. Un filo sottile, però, come quello che spesso compare nei suoi disegni: tra le mani delle persone, attorcigliato tra le gambe dei mobili o penzolante tra due finestre; un filo che un soffio di vento basterebbe a spezza- re. Le mongolfiere che nei dipinti di Tealdi sorvolano cieli sabbio- si sono le stesse che l’artista bambino vedeva librarsi sopra i prati del cuneese. Esili funicelle le congiungono reciprocamente, oppure, come nastri raminghi, si perdono in un altrove indistinto esterno alla superficie fisica del quadro. Non è possibile aggrap- parvisi, né per gioco né per trattenerne il volo. Che si tratti forse di ciò che Freud chiamava “fili mentali” (Gedankenfäden)?

Ovvero liaisons non meramente ideali tra passato remoto e adesso, tra infanzia ed esperienza odierna, che si fanno imma- gine tra pensiero e disegno, tra cervello e gesto artistico?

L’opera di Tealdi, pur sviluppandosi in rapporto al passato, espelle la temporalità, troncando il flusso storico esterno ogget- tivo e cancellando ogni tensione rispetto all’avvenire.

Diversamente dal francese Christian Boltanski, che pure ha fatto della memoria il fulcro del proprio lavoro, Tealdi non ha una vocazione documentale né una prospettiva diacronica; le sue

“memorie” sono fatti privati che non cercano l’universalità e tut- tavia la raggiungono per vie inafferrabili, attraverso un linguaggio semplice ed evocativo, smuovendo con delicatezza immagini, oggetti e materiali noti, sepolti nelle pieghe profonde del vissuto personale di ciascuno: non “merci” morte, ma “cose” vive in senso rilkiano e heideggeriano. La stessa semplicità espressiva di cui Tealdi si serve caratterizza, del resto, uno dei concetti por- tanti della temporalità psicoanalitica freudiana: tracce (o impron- te) del ricordo. Freud sembra alludere con gergo popolare all’i- dea che i ricordi, in noi, siano calchi delicati, appena percepibili, che può rintracciare solamente chi conosce perfettamente il ter- ritorio interiore per averlo percorso in continuazione tutta una

vita, cercando impronte e, al contempo, lasciandone a sua volta, consapevolmente, di fresche.

Il senso di malinconia, lieve e dal sapore dolce, insito nella dimensione del ricordo rasserenato, trasmessoci dai lavori di Tealdi, è probabilmente dovuto a una sorta di ruvidità (propria non solo delle immagini rappresentate, ma anche dei supporti utilizzati), alle loro tonalità naturali, terrose, nonché a una mate- ria scabra e imperfetta, che lo avvicina esteticamente alla pittu- ra di un Anselm Kiefer pacificato. Quel sentimento di malinconia, però, non sconfina mai, per Tealdi, nella disperazione o nell’in- quietudine tipica di chi invece si sente perduto senza quel pas- sato perché avverte tutta la propria inadeguatezza rispetto al vivere hic et nunc. L’aderenza, l’adesione, il “restare aggrappa- ti”, temi cruciali della sua poetica, non hanno qui la stessa valen- za teorico-estetica né il drammatico esito che possiedono, per esempio, in Franz Kafka, dove, come ci ricorda con acume Walter Benjamin, la tristezza e la tragicità hanno un’origine ine- quivocabile. Nell’infanzia.

Veronica Liotti

Enrico Tealdi, Air Balloon, 2010, tecnica mista su carta, cm 36,5 × 44, Courtesy l’artista

Nasce a Cuneo nel 1976, attualmente vive e lavora tra la sua città natale e Torino. Dopo essersi diplomato in pittura nel 1998, perfeziona la propria formazione attraverso diversi workshop con tutor di fama internazionale come Massimo Bartolini, Stefano Arienti e il tedesco Tobias Rehberger. Del 2000 sono le prime esperienze espositive. Tra le più recenti mostre personali possiamo annoverare: nel 2012, Fata Morgana. La temperatura dei sensi, 41artecontemporanea spazio studio, Torino e Passaggi a Oriente, Progetto VIAPAC- Via per l’arte contemporanea, a cura di a.titolo, ex albergo Oriente, Caraglio (CN); nel 2011, Ombre nella Memoria, Casa delle Letterature, Roma e First Floor, Hommes Gallery, Rotterdam (Paesi Bassi); nel 2010, Attese, Museo Comunale, Pizzighettone (CR) e Sovrappensiero, NotFair Gallery, Milano;

nel 2009 Libro d’ombra, NotFair Gallery, Milano e, nel 2008, Enrico Tealdi, presso Federculture, Roma. Inoltre fra le nume- rose collettive ricordiamo: nel 2013, Il tempo macchia e smacchia, Chiesa Bizantina di San Michele Arcangelo, Torino;

nel 2012 Spazio intimo. Spazio urbano, BI-Box, Biella e Nel giardino di Roberto, Fondazione Peano, Cuneo; nel 2011, Italia Ora, Museo H.C. Andersen, Roma, a cura degli allievi della Luiss Master School, con la supervisione di Achille Bonito Oliva e Angelo Capasso; DOC, Denominazione Origine Contemporaneo, Centro Culturale Beorges, Buenos Aires, (Argentina); nel 2010, The Office, Contemporary Art Space, Tirana (Albania) e In Sede-Tempi precari, Assessorato alla Cultura, Torino, a cura di Elisa Lenhard e Francesco Poli;

nel 2009, Once Upon Today, Hommes Gallery, Rotterdam (Paesi Bassi) e Italian-Restyle, Arthouse Tacheles, Berlino; nel 2008, Camino al Bicentenario, Casa Rosada, Buenos Aires (Argentina) e nel 2007 Centro e Periferia, concorso internazio- nale per giovani artisti, Federculture, Roma (opera entrata a far parte della collezione del Quirinale).

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