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Endocannabinoid system: a new pharmacological target to fight obesity and its associated diseases.

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Il rilevante impatto fornito dalla scoperta della leptina ha messo in luce come la regolazione dell’omeostasi energetica e il controllo dell’apporto alimentare vengano governati da un complesso network molecolare ancora lontano dall’essere completamente decifrato. Tale sistema prevede l’intervento del sistema nervoso centrale come integratore di segnali che arrivano dalla periferia e come effettore di nuove informazioni in grado di apportare variazioni nel controllo alimentare e nella spesa energetica. A livello centrale varie aree cerebrali e un grande numero di neurotrasmettitori sono coinvolti a vario titolo nella elaborazione del segnale da rinviare alla periferia, mentre a livello degli organi bersaglio periferici quali i tessuti gastrointe- stinale, fegato, adiposo e muscolare un sempre maggiore numero di peptidi paiono essere prodotti e rila- sciati in circolo in risposta agli stimoli alimentari al fine di segnalare al cervello lo stato di nutrizione come percepito in periferia.

Tra gli attori di tale comunicazione centro-periferia il sistema cannabinoide endogeno si è posto recente- mente alla ribalta per la capacità inusuale di agire a entrambi i livelli, sia centralmente sia in periferia. Tale nozione ha un immediato riscontro clinico perché è stato recentemente sperimentato con successo per il trattamento dell’obesità e delle sue complicanze metaboliche un principio attivo denominato rimonabant ad azione bloccante il recettore di tipo 1 dei cannabinoidi. Questo articolo cercherà di rivedere quanto è noto in letteratura riguardo l’azione degli endocannabinoidi sul controllo di appetito e spesa energetica analizzando, inoltre, le potenzialità legate a un nuovo approccio del problema dell’obesità e delle sue com- plicanze mediante farmaci in grado di regolare l’iperattivazione del sistema cannabinoide.

Parole chiave. Sistema endocannabinoide, recettore CB1, rimonabant, obesità.

Endocannabinoid system: a new pharmacological target to fight obesity and its associated diseases.

The discovery of leptin has provided the scientific rationale to initiate to study the complex neuronal net- work regulating the control of body weight and food intake. Although a dramatic increase in our under- standing has been provided in the last ten years, the full comprehension of the molecular basis of this net- work is far to be completely elucidated. A large body of evidence has proposed the central nervous system and in particular the hypothalamus as the final site of peripheral informations conveyed by the organs involved in the metabolism control as the gastrointestinal tract, the adipose tissue, the muscles and the liver. Among the large series of hormones, cytokines, neuropeptides involved in the reciprocal neuronal and peripheral interactions, the endocannabinoid system has recently gained the stage for its ability to communicate metabolic informations at various levels as the suprahypothalamic and hypothalamic areas in the central nervous system and the adipose tissue in periphery.

These findings provided an immediate clinical feed-back because very recently first promising clinical data have been obtained by an international phase III trial of a cannabinoid type 1 receptor blocker drug named rimonabant in preventing obesity and its metabolic complications. This article is aimed to provide an overview on the role of the endocannabinoid system in the control of food intake and energy balance by summarizing what is actually known about its mechanism of action at cerebral and peripheral level. Finally, a brief summa- ry of the results obtained by the first clinical trial in humans will be also included to discuss the future applica- tion of cannabinoid blockers in the therapy for the treatment of obesity.

Key words. Endocannabinoid system, CB1 receptor, rimonabant, obesity.

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I L SISTEMA ENDOCANNABINOIDE : NUOVO

TARGET FARMACOLOGICO PER L OBESITÀ

E PER LE SUE COMPLICANZE

U. P AGOTTO , V. V ICENNATI , R. P ASQUALI Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Ospedale S. Orsola-Malpighi, Bologna

riassunto summar y

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Introduzione al sistema degli endocannabinoidi

Ancestrali nozioni di farmacoterapia vegetale propo- nevano l’impiego della Cannabis sativa per vari usi terapeutici tra i quali quello di stimolare l’appetito (1). Partendo da tali aneddotici presupposti prove- nienti da culture di scuola orientale furono iniziati, a partire dagli anni ‘60, studi volti a chiarire le basi del meccanismo d’azione del ∆ 9 -tetraidrocannabinolo (∆ 9 -THC), componente derivato dalla Cannabis sati- va, a elevata valenza psicoattiva e oressizzante (2).

Ma si dovette aspettare altri 25 anni prima di arriva- re alla clonazione dei recettori per tale ligando eso- geno, denominati rispettivamente di tipo 1 (CB1) (3, 4) e di tipo 2 (CB2) (5). Tali recettori appartengono alla grande famiglia recettoriale caratterizzata da 7 domini elicoidali di tipo transmembrana associati alla proteina G. Il CB1 risulta essere il recettore mag- giormente espresso a livello cerebrale, infatti, elevati siti di legame per il CB1 sono stati rinvenuti a livello di ippocampo, gangli della base, corteccia, cervellet- to, strutture limbiche e ipotalamo (6). Recenti lavori hanno dimostrato che il CB1 non è un recettore esclusivamente cerebrale essendo anche presente in vari distretti periferici (7-10). Il CB2, che non sembra avere un’elevata localizzazione centrale, è invece eminentemente espresso a livello del sistema immu- nitario (11, 12). Negli stessi anni vennero identifica- ti e sintetizzati composti endogeni in grado di legare tali recettori. Risultarono essere composti lipidici derivati da rimodellamento, indotto dagli ioni calcio, di fosfolipidi di membrana e vennero chiamati endo- cannabinoidi. Tra queste sostanze le più importanti a tutt’oggi risultano essere l’anandamide e il 2-arachi- donil-glicerolo (2-AG) (13-15). L’esistenza di un complesso recettoriale associato all’identificazione di ligandi endogeni ha così permesso di proporre l’e- sistenza del cosiddetto sistema denominato endo- cannabinoide. Gli endocannabinoidi sono sintetizza- ti “a richiesta” dalle cellule, vengono rilasciati nello spazio extracellulare dove attivano specifici recettori per poi venire successivamente metabolizzati in tempi rapidi da specifiche idrolasi e lipasi (16, 17).

Gli endocannabinoidi, pertanto, non vengono immagazzinati all’interno della cellula, ma vengono sintetizzati e rilasciati esclusivamente “a richiesta”.

L’attivazione del sistema endocannabinoide intervie- ne in molte funzioni fisiologiche tra le quali vanno ricordate la stimolazione del senso della fame, la modulazione del dolore, dell’apprendimento, della memoria e del movimento. Inoltre, agli endocanna- binoidi sono state recentemente attribuite capacità

neuroprotettrici e antiproliferative. Gli endocannabi- noidi modulano inoltre la secrezione ormonale, il sistema immunitario e la risposta antinfiammatoria (18-20).

Si può pertanto ragionevolmente concludere che gli endocannabinoidi sono in grado di svolgere un rile- vante ruolo nel riportare a equilibrio un sistema ogni qualvolta quest’ultimo venga perturbato da stimoli stressanti. Il sistema endocannabinoide perciò, attra- verso la modulazione di varie funzioni fisiologiche, tende a riportare un sistema perturbato al raggiungi- mento di un nuovo equilibrio omeostatico.

Iniziali indicazioni sul rapporto cannabinoidi e appetito

Gli anni ‘80 hanno visto il fiorire di studi di tipo clini- co che hanno tratto origine dalla cognizione che la Cannabis sativa fosse in grado di indurre un’attività oressizzante. È stata infatti sperimentata la capacità del ∆ 9 -THC di espletare un’azione di tipo antiemeti- co e favorente l’appetito in sindromi caratterizzate da perdita di peso e da anoressia, quali quelle deter- minate da neoplasie maligne o da AIDS. I dati pro- dotti in letteratura hanno permesso alla Food and Drug Administration di concedere l’autorizzazione all’uso del ∆ 9 -THC per il trattamento di pazienti con sindrome cachettica associata all’AIDS (21-25). In realtà, ben prima di tale periodo, svariati studi sull’a- nimale avevano di fatto dimostrato che il ∆ 9 -THC e altri cannabinoidi esogeni erano in grado di esercita- re un’azione oressizzante. Gran parte di tali studi, soprattutto quelli prodotti fino al 1975, erano par- zialmente invalidati dall’inadeguatezza e imperfezio- ne dei modelli di studio e dalle modalità di esecuzio- ne sperimentali (1). I più recenti studi condotti con maggior rigore scientifico hanno definitivamente provato le proprietà oressigeniche della marijuana e dei cannabinoidi di produzione endogena. Infatti, sia l’anandamide sia il 2-AG, noti attivatori del CB1, sono stati dimostrati essere capaci di indurre iperfa- gia (26). La definitiva conferma si è avuta però con la generazione sintetica di sostanze farmacologiche in grado di inibire il recettore CB1 e con la loro appli- cazione in modelli animali. La generazione di model- li murini in cui il CB1 veniva eliminato attraverso interventi di ingegneria molecolare provava definiti- vamente come il blocco del sistema cannabinoide fosse efficace nella riduzione del senso della fame e nella resistenza allo sviluppo dell’obesità aprendo così la strada alle prime ricerche di tipo sperimentale nell’uomo.

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Meccanismi d’azione dei cannabinoidi nel promuovere l’appetito

La favorevole modulazione dell’appetito da parte dei cannabinoidi e, in senso inibente, da parte di sostanze ad azione CB1 antagonista ha fatto sorgere un primo importante quesito riguardo la localizzazione del sito di tali azioni. Studi di localizzazione cerebrale hanno dimostrato che il CB1 è distribuito sia a livello ipotala- mico nei centri preposti al controllo alimentare, ma anche nei centri supraipotalamici che controllano il richiamo al piacere (6).

È stata descritta l’abilità di anandamide e del 2-AG di indurre iperfagia e di stimolare nei roditori la ricerca per cibo appetibile o sostanze in grado di soddisfare il piacere sia che fossero somministrate per via centrale oppure per via periferica (26, 27). Il sistema mesolim- bico, nel quale il principale effettore neurotrasmettito- riale è costituito dalla dopamina, è preposto tra le altre funzioni fisiologiche al controllo e al soddisfacimento del piacere derivato da cibi particolarmente appetibili (28). Poiché era noto che un’elevata concentrazione di recettori CB1 era presente in importanti strutture del sistema mesolimbico fu osservato che il sistema endo- cannabinoide interagiva con il sistema dopaminergico e con quello oppioide a livello centrale sopraipotalami- co al fine di potenziare l’attività del richiamo del piace- re indotto da sostanze appetitose (29-31). Si è così concluso che gli endocannabinoidi e i loro recettori potrebbero essere modulati nelle regioni mesolimbi- che rispettivamente da condizioni di digiuno e di nutri- zione (32) e potrebbero svolgere un ruolo di stimolo nella ricerca di cibo particolarmente appetitoso, costi- tuito da zuccheri o ricco di grassi. Farmaci ad azione CB1 antagonista in tal senso potrebbero ridurre la pro- pensione a tali tipi di alimenti (33, 34). Va ricordato che evidenze sperimentali hanno mostrato che gli stessi centri del sistema mesolimbico controllano la dipen- denza dal tabacco e come la cronica somministrazione di nicotina porti a innalzamento dei livelli di endocan- nabinoidi a livello del nucleo accumbens (35). Anche in questo caso farmaci ad azione bloccante il CB1, verosimilmente inibendo il rilascio di dopamina, potrebbero ridurre sensibilmente la motivazione all’as- sunzione di nicotina.

Il controllo del senso di fame e di sazietà è però princi- palmente a carico di strutture ipotalamiche attraverso l’attivazione di neuroni in grado di produrre neuro- peptidi ad azione oressizzante (NPY, agouti-related protein AgRP, melanin concentrating hormone MCH, orexine) e anoressizzante (corticotropin releasing hor- mone CRH, α-melanocyte stimulating hormone α- MSH, cocaine-amphetamine related transcript CART)

(36). Inoltre, l’ipotalamo è punto d’arrivo di informa- zioni periferiche inerenti il bilancio energetico convo- gliate da peptidi quali la ghrelina, di eminente produ- zione gastrointestinale, la leptina e l’adiponectina, principalmente prodotti del tessuto adiposo. La recen- te dimostrazione della localizzazione ipotalamica dei recettori CB1 e la produzione nelle stesse regioni cere- brali di endocannabinoidi sono risultate importanti conferme del ruolo modulatorio di tale sistema nei meccanismi di controllo dell’introduzione del cibo e permettono di inserire a pieno titolo gli endocannabi- noidi nel network neuroipotalamico che sovrintende il comportamento alimentare. Grande enfasi è stata per- tanto data alla identificazione a livello molecolare delle interazioni del sistema cannabinoide con i singoli com- ponenti neuronali coinvolti nella regolazione dell’as- sunzione di cibo. Si è così visto che l’innalzamento dei livelli circolanti di leptina è in grado di diminuire i livel- li ipotalamici di endocannabinoidi. Per contro, diversi modelli animali di obesità quali topi deficitari nel segnale della leptina (ob/ob o db/db) e ratti Zucker si caratterizzavano per elevate concentrazioni ipotalami- che di endocannabinoidi (37). Tali riscontri sembrano indicare che l’obesità si possa associare a una iperatti- vazione cronica del sistema endocannabinoide. Un lavoro recentemente pubblicato dal nostro gruppo ha dimostrato l’esistenza di connessioni neuronali tra il CB1 e una serie di neuroni ipotalamici implicati nel controllo dell’appetito. A livello ipotalamico l’RNA messaggero codificante per il CB1 è coespresso in neu- roni producenti CRH, CART, MCH e prepro-orexina. In particolare, a conferma del significato funzionale di tali interazioni, è stato notato che topi CB1-/- (topi privati geneticamente del CB1) presentano aumentati livelli di espressione del CRH nel nucleo paraventricolare e ridotti livelli di CART nelle aree ipotalamiche dorsome- diali e laterali (7), aree la cui funzione nel controllo ali- mentare è ormai nota da molti anni.

Distribuzione e azione

periferico-metabolica del CB1

L’impiego di modelli animali geneticamente modifica- ti ha però permesso di rivelare un’importante novità riguardo all’azione del sistema cannabinoide sui mec- canismi di controllo del peso corporeo. Studi di valuta- zione dell’introito alimentare e di rilevamento di peso corporeo prodotti dal nostro gruppo hanno dimostra- to che i topi CB1-/- pesano meno dei topi impiegati come controllo (“wild type”) con specifica riduzione della massa grassa. Inoltre, mediante l’applicazione di tecniche di “pair-feeding” che consistono nel sommi-

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nistrare identiche quantità di cibo a un gruppo di topi CB1-/- e a un gruppo di topi controllo si è potuto veri- ficare che nei topi CB1-/- in giovane età il minor peso era imputabile a una riduzione dell’apporto alimenta- re, mentre la riduzione della massa di tessuto adiposo in età adulta era indipendente dalla quantità di cibo assunta e, pertanto, poteva essere imputabile a un effetto metabolico, presumibilmente periferico (7).

Tale ipotesi veniva ulteriormente confermata da un altro gruppo di ricerca il quale ha sottoposto a regime ipercalorico topi CB1-/- e mediante analoghi esperi- menti di “pair-feeding” ha confrontato le curve di cre- scita con quelle di un gruppo di topi controllo. Anche in questo caso veniva evidenziato che la resistenza allo sviluppo di obesità indotta da una dieta ricca di grassi nei topi CB1-/- non poteva essere dovuta unicamente a un ridotto stimolo oressizzante (38). Altri modelli spe- rimentali sono giunti alle medesime conclusioni. Infatti, la ripetuta somministrazione di sostanze ad azione can- nabinoido-antagonista (SR1417161 oppure AM251) in modelli murini di obesità indotta dalla dieta (topi DIO) e in ratti obesi fa/fa era in grado di indurre un transitorio effetto centrale di tipo anoressizzante che era progressi- vamente rimpiazzato da una più significativa e sostenuta riduzione della massa grassa non dipendente dall’appor- to alimentare (39, 40). Questi dati hanno contribuito a confermare definitivamente l’ipotesi che meccanismi periferici indipendenti dall’apporto alimentare possano contribuire all’effetto farmacologico anti-obesità dei far- maci ad azione cannabinoido-antagonista (tab. I).

L’insieme di questi studi ha indotto a cercare un possi- bile meccanismo d’azione anche in organi periferici.

Nostre ricerche in vitro hanno dimostrato che i canna- binoidi stimolano l’attività della lipoproteina lipasi, effetto completamente bloccato dall’impiego di SR141716, un antagonista del CB1 (7). Recentemente è stato anche messo in evidenza da un altro gruppo come i recettori per il CB1 siano maggiormente espres- si nella piena fase maturativa dell’adipocita, mentre ridotti livelli espressivi degli stessi sono stati evidenziati nelle fasi prematurative. Lo stesso studio dimostrava che l’espressione di CB1 non è aumentata solo negli adipociti maturi rispetto ai pre-adipociti, ma che il CB1 è maggiormente presente in adipociti derivati da topi obesi rispetto a quelli derivati da topi magri. Di conse- guenza si può ipotizzare che la relativa magrezza e la riduzione in tessuto adiposo dei topi CB1-/- possano derivare dall’attivazione di meccanismi d’azione a livel- lo adipocitario (8).

Infine, il gruppo di ricerca che ha sintetizzato il rimo- nabant (41), nome farmacologico del composto fino adesso denominato SR141716, ha dimostrato che lo stimolo di adipociti in coltura con tale sostanza pro-

duce un importante incremento nella produzione di adiponectina. Il tessuto adiposo produce e secerne un largo numero di proteine e citochine esplicanti un’importante azione fisiologica, quali la leptina, l’a- dipsina, il TNFα e l’adiponectina. Quest’ultima pro- teina, espressa esclusivamente dal tessuto adiposo, è in grado di indurre l’ossidazione degli acidi grassi liberi, il miglioramento di iperglicemia, la riduzione dell’iperinsulinemia e promuove la reversibilità del- l’insulino-resistenza in animali obesi e diabetici.

Condizioni patologiche, quali l’obesità e il diabete tipo 2, sono caratterizzate nell’uomo da una ridotta espressione di adiponectina a livello del tessuto adi- poso e da ridotti livelli circolanti dello stesso ormone (42). I meccanismi molecolari attraverso i quali un composto sintetico come SR141716 riesca ad attiva- re la formazione di adiponectina a livello del tessuto adiposo non sono ancora noti, purtuttavia questi dati contribuiscono in maniera inequivocabile a mettere in luce come l’effetto di composti ad azione cannabi- noide e i loro reciproci antagonisti possiedano un’im- portante azione periferica.

L’interazione del sistema cannabinoide a livello dei siti periferici appare, tuttavia, più complessa di come fino a ora descritta. Il CB1 è espresso a livello del fegato dove esplica un’azione vasodilatatrice (9), ma non si sa ancora se la sua attivazione/inattivazione a livello degli epatociti possa produrre effetti metabolici. Va anche sottolineato come il tratto intestinale si possa considerare un importante serbatoio di endocanna- binoidi e un rilevante sito di espressione del CB1 è stato rinvenuto nelle terminazione nervose intestina- li. Il digiuno alimentare è in grado di indurre un aumento di ben sette volte i livelli di anandamide nel piccolo intestino, raggiungendo concentrazioni che sono tre volte maggiori di quelle normalmente neces- sarie per attivare i recettori CB1. È stato quindi ipotiz-

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Tab. I. I seguenti studi hanno dimostrato che l’attivazione del CB1 è implicata nel controllo

della fame, ma anche nella regolazione periferica del metabolismo

Modelli animali Riferimenti bibliografici

Modelli con delezione genetica del CB1

CB1 knock-out in dieta standard 7, 38

CB1 knock-out in dieta iperlipidica 3 8

Modelli con blocco farmacologico del CB1 da parte di cannabinoido- antagonisti

Topi in dieta standard 3 3

Topi con obesità indotta dalla dieta 3 9

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zato che l’aumento dei livelli intestinali di anandami- de indotto dal digiuno possa servire come segnale a breve termine per indurre lo stimolo alla nutrizione. È interessante osservare che i livelli di anandamide e di oleiletanolamide (OEA), un endocannabinoide non in grado di legare i recettori CB1 e CB2, siano inver- samente correlati: poiché l’OEA aumenta in seguito a un pasto in concomitanza della riduzione dei livelli di anandamide. È pertanto possibile che entrambi tali composti agiscano in modo coordinato per controlla- re l’introito di cibo con azioni opposte sulle termina- zioni nervose dell’intestino (43). È stato, infatti, visto che l’OEA esplica un’azione anoressizzante che si riflette in una riduzione del peso corporeo (44, 45).

Recentemente è stato individuato, sia in vivo sia in vitro, il meccanismo d’azione dell’OEA che è stato visto stimolare la lipolisi (45) attraverso l’attivazione del peroxisome proliferator-activated-α (PPARα), la stimolazione di questo fattore di trascrizione permet- te di attribuire all’OEA un importante ruolo stimola- torio sull’ossidazione degli acidi grassi (46).

Esperimenti di pair-feeding hanno mostrato che se l’in- duzione del senso di sazietà prodotto dall’OEA è in grado di spiegare l’effetto di riduzione del peso corporeo in ratti normali (45), questo non succede nei ratti resi obesi dalla dieta ricca di grassi nei quali le periferiche variazioni di profilo lipidico indotte dall’OEA potrebbero avere un ruolo prominente. Alla luce di tali esperimenti appare evidente l’importanza di recenti studi prodotti da due gruppi indipendenti che hanno evidenziato come la somministrazione anche per via orale dell’OEA sia in grado di riprodurre gli effetti sopra descritti (46, 47). Questi dati permettono di includere sicuramente l’OEA tra i potenziali futuri farmaci anti-obesità.

Infine, si è visto che i cannabinoidi sono in grado di interagire anche con il PPARα. L’acido ajulemico (AJA), derivato sintetico dei cannabinoidi, è un composto noto per le sue proprietà antinfiammatorie e analgesi- che. Per il fatto di non possedere effetti ulcerogeni e psicotropi, AJA è stato impiegato in trial clinici per la riduzione del dolore nell’uomo. Tuttavia, rimane sco- nosciuto il reale meccanismo di azione, in quanto AJA non si lega efficientemente ai recettori CB1 e CB2 (48).

PPARγ è un membro della superfamiglia dei recettori nucleari e costituisce un importante bersaglio farma- cologico localizzato a livello adipocitario. La sua attiva- zione è coinvolta in una serie di processi biologica- mente molto importanti tra i quali il controllo del metabolismo lipidico, dell’omeostasi glucidica e della differenziazione degli adipociti. Il PPARγ è presente nel tessuto adiposo, nel muscolo scheletrico, nei surreni, nel cuore, nel pancreas e nel fegato. Molti dei ligandi farmacologici di tale recettore (tiazolidinedioni) pos-

siedono proprietà antinfiammatorie in vivo. La similitu- dine funzionale tra l’attività antinfiammatoria di AJA e dei ligandi di PPARγ ha proposto una linea di ricerca per identificare in tale composto un possibile ligando di PPARγ. È stato quindi dimostrato che AJA lega specifi- camente PPARγ in vitro, ne stimola l’attività trascrizio- nale in vivo e, infine, induce la differenziazione dei preadipociti in adipociti maturi. AJA lega selettivamen- te PPARγ, ma non PPARα o PPARδ. È quindi lecito pen- sare che l’attività terapeutica di AJA coinvolga il legame selettivo con PPARγ (49).

Primi risultati delle sperimentazioni cliniche con un farmaco in grado di bloccare il CB1: rimonabant

I risultati fin qui prodotti sull’animale hanno determi- nato il rationale per lo sviluppo di una serie di speri- mentazioni sull’uomo di farmaci ad azione bloccante il CB1. Si stanno concludendo le prime fasi III speri- mentali del farmaco rimonabant. I primi risultati sem- brano dimostrare la sua efficacia nel ridurre il peso corporeo in pazienti obesi e nel migliorare alterazioni metaboliche associate, oltre a prevenire l’aumento di peso indotto dall’astensione dal fumo di sigaretta. In particolare, si segnalano i risultati dello studio RIO- Lipids, presentati lo scorso marzo all’American College of Cardiology a New Orleans (50). Lo studio ha previsto l’arruolamento di 1000 pazienti obesi con alterazioni del profilo lipidico i quali sono stati suddi- visi in tre bracci trattati rispettivamente con placebo o con due differenti dosaggi di rimonabant (5 o 20 mg). A tutti i partecipanti allo studio era stata ovvia- mente prescritta una dieta ipocalorica. Dopo un anno di terapia i soggetti in trattamento con 20 mg di rimonabant hanno mostrato una riduzione di peso di 8,8 kg rispetto ai 2 kg osservati nel braccio assumen- te placebo, inoltre, è stata osservata una maggiore riduzione della circonferenza addominale (circa 9 cm) e un miglioramento significativo di HDL, dei tri- gliceridi e del profilo glicemico. Il 44% dei pazienti trattati con 20 mg di farmaco ha avuto una riduzione del peso maggiore del 10%. Nello stesso gruppo, inoltre, il numero dei pazienti affetti da sindrome metabolica diagnosticata secondo i criteri NCEP-ATP III si è ridotto da una prevalenza del 52,9% all’inizio dello studio a valori molto più modesti, pari al 25,8%

alla fine della sperimentazione. Di modesta entità sembrerebbero gli effetti collaterali associati al tratta- mento con rimonabant tra i quali vanno segnalati un significativo incremento dell’ansia e lievi disturbi gastrointestinali.

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Conclusioni

Il definitivo giudizio sull’efficacia dei CB1 antagonisti nel prevenire l’obesità e le sue complicanze dovrà sicu- ramente attendere la fine della fase sperimentale.

Inoltre è ragionevole auspicare che dai risultati delle future ricerche possa venire completamente sviscerato il meccanismo d’azione dei farmaci che bloccano il CB1, con particolare riguardo al potenziale effetto su altri tessuti periferici coinvolti nel controllo metabolico come il fegato e i muscoli. Comunque, è evidente che, indipendentemente dall’applicabilità sull’uomo di tali sostanze, il sistema endocannabinoide si è imposto come un nuovo attore nella scena dei determinanti dell’obesità (51-54). Da un lato perché propone un ori- ginale triplice meccanismo d’azione che vede l’interes-

samento dei centri sopraipotalamici, ipotalamici e peri- ferici quali il tessuto adiposo; dall’altro perché proprio in questo mutuo interscambio centro-periferia si sono recentemente concentrate le ricerche sullo sviluppo dell’obesità (55) (fig. 1). Il fatto poi che la più avanzata ricerca scientifica farmacologica e biomolecolare abbia preso spunto da ancestrali e millenarie nozioni di tera- pia vegetale aumenta il fascino culturale di tale siste- ma. È indubbio che se l’analisi dei dati provenienti da trial sperimentali permetterà, come sembra, di avvalo- rare l’efficacia clinica di farmaci ad azione antagonista i cannabinoidi, un nuovo trattamento potrà essere a dis- posizione della comunità medica per contrastare il sempre più drammatico fenomeno epidemiologico costituito dall’obesità associata alle sue importanti complicanze sia metaboliche sia cardiovascolari.

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Eccesso di introito alimentare Cibo maggiormente appetibile Obesità

Ipotalamo

↑ appetito

Nucleo accumbens

↑ inclinazione per cibi appetitosi/nicotina

Aumento dell’introito alimentare Implementazione della dipendenza da tabacco

Insulino-resistenza

Intolleranza al glucosio

Adiponectina

HDL-colesterolo

Trigliceridi Iperattivazione del sistema

endocannabinoide

Cervello Tessuti periferici

Adipociti

↑ dell’accumulo di grasso Stimoli esterni

(nicotina)

Fig. 1. Effetti dell’iperattivazione del sistema cannabinoide.

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Corrispondenza a: Prof. Renato Pasquali, Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Ospedale S. Orsola-Malpighi, Via Massarenti 9, 40138 Bologna

e-mail: renato.pasquali@unibo.it

Pervenuto in Redazione il 4/6/2004 - Accettato per la pub-

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