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Difetto di integrità del contraddittorio, congruità del petitum e rigetto della domanda per carenza di “possibilità giuridica”: a proposito di una opinabile affermazione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione - Judicium

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IGNAZIO ZINGALES

Difetto di integrità del contraddittorio, congruità del petitum e rigetto della domanda per carenza di “possibilità giuridica”: a proposito di una opinabile affermazione delle Sezioni Unite

della Corte di cassazione

Sommario: 1) Il principio formulato da Corte cass., sez. un., 22 aprile 2013, n. 9685 - 2) Analisi della pronunzia e considerazioni sistematiche.

1. Il principio formulato da Corte cass., sez. un., 22 aprile 2013, n. 9685

Con la sentenza n. 9685 del 22 aprile 20131, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono intervenute in materia di costituzione di servitù di passaggio coattivo, e, più precisamente, in una vicenda in cui la domanda degli attori volta alla costituzione di detta servitù era stata proposta nei confronti del proprietario di uno solo dei fondi intercludenti, e non nei confronti dei proprietari degli altri fondi sui quali avrebbe dovuto realizzarsi il passaggio per giungere alla strada pubblica.

In primo grado, il Tribunale costituiva la servitù di passaggio coattivo.

La sentenza veniva confermata in appello, sulla base della considerazione che “la costituzione coattiva di servitù di passaggio può essere utilmente chiesta, come nella specie, nei confronti del proprietario di uno soltanto dei fondi da attraversare per raggiungere la via pubblica, ben potendosi agire separatamente nei confronti degli altri o concludere accordi con loro”.

Avverso la pronuncia della Corte d’Appello veniva proposto ricorso per cassazione; ricorso con cui il soccombente, ai fini che qui interessano, si lamentava del mancato accoglimento della eccezione (dallo stesso proposta) di difetto di integrità del contraddittorio, sollevata in base al rilievo che il proprio fondo non era l'unico interposto tra quello degli attori e la via pubblica.

Con la pronunzia n. 9685/2013, le Sezioni Unite, nell’accogliere il ricorso, cassano la sentenza impugnata e decidono nel merito la controversia, rigettando la domanda di costituzione di servitù di passaggio coattivo originariamente proposta.

1 In Foro it., 2013, I, 2512, con nota di PALMIERI A..

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La Suprema Corte - dopo aver aderito all’orientamento secondo cui la domanda di costituzione di servitù di passaggio coattivo va contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che sia necessario attraversare per il collegamento con la strada pubblica – giunge alla seguente conclusione: «la carenza di una domanda formulata con tali limiti…appare attenere non tanto al profilo soggettivo della integrità del contraddittorio, quanto piuttosto a quello oggettivo della congruità del petitum: non vi sono litisconsorti necessari pretermessi, poiché l'azione, come in concreto esercitata, non li riguarda; ciò che difetta, in realtà, è quella essenziale condizione dell'azione che consiste nella "possibilità giuridica" - ossia nella sia pure solo astratta corrispondenza della pretesa accampata in giudizio a una norma che le dia fondamento - poiché il bene della vita reclamato dall'attore non gli è accordato dall'ordinamento».

Ed in quest’ottica, ad avviso della Corte, non va disposta l'integrazione del contraddittorio, ma deve essere rigettata la domanda, perché diretta a far valere un diritto inesistente.

2. Analisi della pronunzia e considerazioni sistematiche

Come è noto, l’art. 1032, comma 1, primo periodo, c.c. dispone che, “quando, in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù, questa, in mancanza di contratto, è costituita con sentenza”.

“La sentenza” - prevede poi il secondo comma - “stabilisce le modalità della servitù e determina l’indennità dovuta”.

La disciplina della servitù di passaggio coattivo è contenuta negli articoli 1051-1055 c.c..

Ai fini che qui interessano viene in rilievo l’art. 1051 c.c., secondo cui: “Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo” (comma 1). “Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito.

Esso può essere stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente” (comma 2). “Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno avendo un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica” (comma 3).

“Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti” (comma 4).

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Fatta questa breve premessa, può subito evidenziarsi che la conclusione a cui approda la Suprema Corte con la sentenza n. 9685/2013 non appare condivisibile.

Prima di spiegare le ragioni che giustificano questo giudizio negativo, va ricordato che sulla questione de qua due erano gli orientamenti che si fronteggiavano.

Le stesse Sezioni Unite evidenziano come inizialmente la giurisprudenza di legittimità fosse

«univocamente orientata nel senso che "la costituzione della servitù di passaggio coattivo non è impedita dal fatto che il passaggio debba avvenire anche su fondi di altri proprietari, non presenti in giudizio, ben potendo l'attore provvedere nei loro confronti con domande separate e con accordi distinti, anteriori o successivi alla pretesa fatta valere in giudizio" (Cass. 15 giugno 1962 n. 1500, 12 giugno 1963 n. 1582, 29 ottobre 1964 n. 2671, 24 giugno 1965 n. 1324, 9 maggio 1966 n. 1182, 25 luglio 1969 n. 2825) e che quindi "la domanda di costituzione di una servitù di passaggio coattiva non determina la necessità della integrazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi sui quali dovrebbe ugualmente realizzarsi il passaggio; la sentenza relativa non è inutiliter data in quanto a completamento del passaggio l'attore può nei confronti degli altri proporre domande separate o stipulare accordi distinti" (Cass. 28 giugno 1967 n. 1612, 11 giugno 1968 n. 1856, 11 luglio 1974 n. 2072, 17 marzo 1975 n. 1019, 7 dicembre 1976 n. 4558, 11 ottobre 1979 n. 5291, 21 luglio 1980 n. 4778, 8 gennaio 1981 n. 160, 25 maggio 1983 n. 3601, 9 giugno 1983 n. 3958, 16 novembre 1984 n. 5829)».

«A questo indirizzo» - prosegue la Corte nella pronunzia de qua - «non si sono invece attenute Cass. 14 luglio 1980 n. 4515 e 5 aprile 1984 n. 2205, secondo cui "la domanda diretta alla costituzione di servitù di passaggio coattivo, per il caso in cui la situazione di interclusione non sia ovviabile mediante il transito su un solo fondo frapponentesi con la strada pubblica (vi siano o meno altri fondi contigui idonei al medesimo fine), ma richieda invece l'attraversamento di una pluralità di fondi, ubicati in consecuzione, deve essere proposta nei confronti di tutti i proprietari di detti ultimi fondi, in qualità di litisconsorti necessari, tenuto conto che la sentenza emessa nei confronti soltanto di uno di essi non produrrebbe alcun risultato pratico e non sarebbe suscettibile di esecuzione"».

Chiamate, una prima volta, a risolvere il conflitto giurisprudenziale, le Sezioni Unite, con le sentenze 3 febbraio 1989, n. 6702 e n. 6713, avevano affermato, optando per l’orientamento

2 In Nuova giur. civ. comm., 1989, 887, con nota di RIPEPI C..

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minoritario, che: «La domanda che il proprietario del fondo intercluso propone ex art. 1051 c.c. non può avere ad oggetto che la costituzione di un passaggio in via coattiva che gli consenta di raggiungere la strada pubblica…e conseguentemente la sentenza che l'accolga non può non imporre il passaggio in modo che soddisfi la necessità di sbocco per cui è stata proposta. Ciò significa che il rapporto, per la costituzione del quale l'attore è legittimato ad agire e il giudice è dalla legge chiamato a statuire, è un rapporto unico e inscindibile, che ha come soggetti passivi, in consorzio tra loro, tutti i diversi proprietari dei fondi consecutivamente frapponentisi tra quello dell'attore e la via pubblica. D'altra parte l'addurre, a sostegno della tesi contraria, la parziale utilità di una sentenza, che conceda il passaggio attraverso taluno soltanto dei fondi interposti, in vista di un completamento del tracciato da ottenersi in successivi giudizi o accordi con i proprietari degli altri fondi, da un lato contrasta col principio per cui l'utilità che rende non necessario il litisconsorzio non può consistere nell'eliminazione della parte soccombente dalla schiera degli oppositori, dall'altro manifestamente conferma l'inutilità di una sentenza che non fa conseguire all'attore il bene per il conseguimento del quale egli ha agito in base all'art. 1051. Una sentenza siffatta è - infine - per le medesime ragioni ineseguibile perché non assolve la funzione, propria di ogni sentenza, di dichiarare e applicare il diritto nel caso concreto, componendo un contrasto d'interessi. Se non sono presenti in causa i titolari degli interessi in contrasto, è assimilabile ad una sentenza resa in un processo senza parti, cioè è una non-sentenza ovvero una sentenza inesistente».

L’affermazione delle Sezioni Unite non si è, però, consolidata definitivamente, se è vero, come sottolinea Cass., sez. un., n. 9685/2013, che una parte della stessa giurisprudenza di legittimità «se ne è discostata,…richiamando invece per saltum il precedente orientamento maggioritario (Cass. 1 ottobre 1997 n. 9565, 16 giugno 2000 n. 8192, 17 marzo 2006 n. 60694, 15 giugno 2011 n. 13101)».

Chiamate nuovamente a risolvere il dissidio interno alla Suprema Corte, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 9685/2013, dirimono la questione ribadendo, in adesione a quanto formulato dalle menzionate Corte cass., sez. un., n. 670/1989 e n. 671/1989, che «la domanda di costituzione coattiva di servitù di passaggio…deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che sia necessario attraversare per il collegamento con la strada pubblica». «È nell'accesso a questa» - spiega infatti la Corte - «che consiste l'oggetto del diritto riconosciuto

3 In Corr. giur., 1989, 389, con nota di CARBONE V., Partecipano al giudizio i proprietari dei fondi che separano quello intercluso dalla strada?

4 È possibile leggere questa sentenza in Nuova giur. civ. comm., 2007, 388, con nota di SABATO R., Il contenzioso in tema di servitù coattive: quale regime di litisconsorzio?

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dall'art. 1051 cod. civ. al proprietario del fondo intercluso: la servitù risulterebbe monca rispetto alla previsione normativa, priva di effettiva utilità e insuscettibile di esercizio se non in via puramente emulativa, ove fosse costituita soltanto per un tratto del percorso occorrente, in attesa di una sua futura, solo eventuale e ipotetica integrazione giudiziale o convenzionale. Si tratterebbe del frammento di qualcosa che la disposizione citata configura come unitario e indivisibile, poiché soltanto nella sua interezza può svolgere la funzione che gli è propria».

Fin qui, la soluzione adottata convince e va condivisa (qualche dubbio potrebbe, però, essere sollevato con riferimento alla possibilità di considerare litisconsorti necessari i proprietari di quei fondi su cui, per ipotesi, sia stata già costituita una servitù di passaggio a favore del proprietario del fondo intercluso5; fuori dai casi in cui occorra individuare, sui fondi già gravati, un nuovo e diverso percorso da seguire per accedere alla strada pubblica, di difficile concepibilità potrebbe, invero, apparire l’esperimento di una azione volta a costituire una servitù già esistente6).

Criticabile è, invece, il passaggio successivo.

Invece di affermare la necessità dell’integrazione del contraddittorio, le Sezioni Unite formulano, infatti, il principio secondo cui una domanda di costituzione di servitù di passaggio coattivo proposta nei confronti del proprietario di uno soltanto dei fondi da attraversare per raggiungere la via pubblica va considerata carente non tanto sotto il “profilo soggettivo della integrità del contraddittorio”, quanto piuttosto sotto “quello oggettivo della congruità del petitum”.

Secondo le Sezioni Unite, con riferimento ad una domanda del genere, non vi sarebbero litisconsorti necessari pretermessi, ma si configurerebbe, in primo luogo, la mancanza di «quella essenziale condizione dell'azione che consiste nella "possibilità giuridica" - ossia nella sia pure solo astratta corrispondenza della pretesa accampata in giudizio a una norma che le dia fondamento - poiché il bene della vita reclamato dall'attore non gli è accordato dall'ordinamento»; mancanza che, ad avviso della Suprema Corte, deve condurre al rigetto della domanda, “perché diretta a far valere un diritto inesistente”.

5 Va notato che, con la sentenza n. 9685/2013, le Sezioni Unite decidono la causa nel merito, rigettando la domanda, dopo aver osservato che gli attori “non sono già titolari di servitù di passaggio, comunque costituite, sugli altri fondi che dovrebbero attraversare, oltre a quello appartenente a Z. G., per accedere alla strada pubblica”.

6 Osserva BRILLI C., Azione di passaggio necessario ex art. 1051 c.c. e litisconsorzio necessario, in Foro it., 1990, I, 642: “in determinati casi potrà parere inutile, oneroso e quindi del tutto sconveniente per il proprietario del fondo intercluso citare in giudizio tutti i proprietari dei terreni frapponentesi tra il proprio e la strada pubblica. Il titolare del fondo intercluso può infatti aver già provveduto (o può ritenere di aver provveduto) a costituire negozialmente o giudizialmente una servitù di passaggio coattivo su uno o alcuni dei fondi che conducono alla via pubblica ovvero può confidare (giustamente o erroneamente che sia) nella non opposizione di uno o taluni dei titolari dei fondi interposti al suo passaggio verso la pubblica via”.

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Ebbene, come detto, la soluzione lascia perplessi.

La (non codificata e di dubbia utilità sotto il profilo della sua configurazione autonoma) condizione dell’azione denominata “possibilità giuridica” consisterebbe, come sottolineato dalla dottrina, “nell’esistenza di una norma che contempli in astratto il diritto che si vuol far valere”78.

Discutibile appare allora la negazione, nella vicenda de qua, della presenza di siffatta condizione dell’azione.

A quanto emerge dalla sentenza delle Sezioni Unite, l’attore ha, infatti, agito allo scopo di ottenere la costituzione di una servitù di passaggio coattivo finalizzata all’accesso alla via pubblica e, quindi, al fine di ottenere un bene della vita che è espressamente riconosciuto e tutelato dall’ordinamento nell’art. 1051 c.c..

Se, dunque, l’interesse azionato non è certamente estraneo alla disciplina di riferimento, esistendo una norma che, a chiare lettere, prevede la possibilità di costituzione di detta servitù, e se l’attore ha agito chiedendo proprio la costituzione della stessa, il requisito della presenza della

“possibilità giuridica” è soddisfatto e non può farsi questione di inconfigurabilità di tale condizione dell’azione.

E la diversa soluzione della Corte non trova, sul punto, nemmeno conforto nell’affermazione, contenuta nelle precedenti decisioni delle Sezioni Unite n. 670/1989 e n. 671/1989, secondo cui

“una domanda che, in ipotesi, avesse ad oggetto la costituzione di un passaggio coattivo sul fondo del vicino non per raggiungere la strada pubblica, dovrebbe essere rigettata per mancanza di una condizione dell'azione, cioè di una norma che tuteli un interesse così prospettato”. Tale ipotesi, invero, descrive, come è evidente, una fattispecie ben diversa da quella, oggetto di Corte cass., sez.

un., n. 9685/2013, che vede, invece, la proposizione di una domanda a tutela di un interesse

7 Il virgolettato appartiene a MANDRIOLI C., Diritto processuale civile, I, Torino 2009, 55.

8 Il fenomeno della mancanza di possibilità giuridica sembra evocare (ed intersecare) quello della c.d. improponibilità assoluta della domanda. Con riferimento a quest’ultimo fenomeno, va ricordato che, con la sentenza n. 1330 del 29 maggio 1951, la Corte di cassazione, adita in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, aveva ritenuto che, anche in una controversia tra privati, la questione relativa alla mancanza in astratto di una posizione giuridica soggettiva tutelabile potesse essere sussunta tra le questioni di giurisdizione, giungendo a dichiarare, sulla base di tale premessa di ordine sistematico, il difetto assoluto di giurisdizione per improponibilità della domanda, nonostante che tale questione non potesse (e non possa) in alcun modo essere sussunta nell’ambito previsionale dell’art. 37 c.p.c.. L’orientamento - che si fondava sull’asserita analogia tra la suddetta improponibilità della domanda in controversie tra privati ed il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione - è stato superato dalle Sezioni Unite con la pronunzia 15 giugno 1987, n. 5256; pronunzia con cui è stata riconosciuta l’attinenza al “merito” e non alla

“giurisdizione” della questione, sorta in controversie tra privati, relativa alla c.d. improponibilità assoluta della domanda ed in cui è stata affermata la non denunciabilità della stessa questione con regolamento preventivo, in quanto non contemplata tra le ipotesi di cui all’art. 37 c.p.c.. Sul punto, mi permetto di rinviare a ZINGALES I, Pubblica amministrazione e limiti della giurisdizione tra principi costituzionali e strumenti processuali, Milano, 2007, 164-165.

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(costituzione di una servitù di passaggio coattivo finalizzata all’accesso alla via pubblica) senza alcun dubbio riconosciuto e tutelato dall’ordinamento.

Essendo stata quindi, nella vicenda in esame, presentata una domanda volta alla soddisfazione di una pretesa riconosciuta dall’ordinamento (servitù di passaggio per poter raggiungere la strada pubblica), il problema, a mio avviso, non poteva che spostarsi sulla individuazione dei legittimati passivi. Dunque, ci si doveva interrogare sulla corretta attuazione del contraddittorio e sulla necessità della sua integrazione. Ed essendo stata esperita una azione ex art. 1051 c.c. nei confronti del proprietario di uno solo dei fondi intercludenti e non, quindi, nei confronti dei proprietari degli altri fondi da attraversare per giungere alla strada pubblica, la conclusione a cui approdare non poteva che condurre, stante la configurabilità di una ipotesi di litisconsorzio necessario9, alla integrazione del contraddittorio.

9 Per questa conclusione anche LUISO F. P. – POTOTSCHNIG P., sub art. 102 c.p.c., in CONSOLO C., Codice di procedura civile commentato, IPSOA, 2010, 1145 [“Se la servitù coattiva deve essere costituita su più fondi di diversi proprietari (ad es., servitù coattiva di passaggio per interclusione, quando sia necessario attraversare più fondi), sussiste litisconsorzio necessario fra tutti i proprietari di tali fondi”], e ZOPPELLARI M., Pluralità di fondi intercludenti e litisconsorzio necessario nell’azione costitutiva di servitù di passaggio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, 314-317 (“L’art. 1051 c.c. concede al proprietario del fondo intercluso la possibilità di ottenere la costituzione di una servitù se essa si concreti nel mettere in comunicazione diretta il terreno intercluso con la pubblica via; non è infatti possibile configurare una servitù coattiva di passaggio da esercitarsi per saltum et omisso medio sul solo fondo o tratto di strada che si è giudizialmente riusciti ad ottenere”; “Pare…indiscutibile che anche nell’ipotesi della pluralità di fondi intercludenti posti in consecuzione il giudice non possa assolutamente prescindere, nella scelta del tracciato più idoneo, da una visione globale e d’insieme delle varie soluzioni astrattamente ipotizzabili. Pertanto il percorso che in concreto deve essere «disegnato» costituisce la necessaria risultante di un insieme di considerazioni e di fattori che interagiscono l’un l’altro, essendo pacifico che l’esatta individuazione di un tracciato su di un fondo non può non essere influenzata dal cammino da effettuarsi sui fondi che lo precedono e lo seguono. Ne esce così rafforzato il dato, secondo cui la costituzione della servitù coattiva di passaggio da esercitarsi su più fondi posti in consecuzione non può mai essere effettuata in differenti procedimenti, ovvero in parte giudizialmente ed in parte convenzionalmente, poiché la determinazione frazionata del locus servitutis frustrerebbe inesorabilmente l’esigenza di unitarietà dell’accertamento dello stesso, che discende direttamente dal sistema di diritto positivo…”; “Il complesso di argomentazioni fin qui svolto ci sembra idoneo ad avvalorare l’idea dell’esistenza nella soggetta materia di un rapporto sostanziale plurisoggettivo unico ed inscindibile. Trattasi, è ben vero, di unicità del tutto particolare, data dalla peculiare natura dell’accertamento che il giudice è chiamato a compiere…”; “appare…chiaro come gli effetti dell’accertamento del giudice in ordine alla servitù coattiva di passaggio non possano prodursi se non nei confronti di tutti unitariamente i proprietari dei fondi intercludenti posti l’uno di séguito all’altro. Al contrario, se anche uno solo di essi non fosse convenuto in giudizio, la servitù non potrebbe essere utilmente esercitata e, di conseguenza, la sentenza sarebbe inidonea ad assicurare all’avente diritto il richiesto bene della vita, quindi inutiliter data”; “…se la costituzione della servitù di passaggio viene richiesta nei confronti solo di alcuni dei proprietari dei fondi intercludenti, non essendo di per sé sola idonea ad eliminare lo stato d’interclusione del fondo appartenente all’attore, quest’ultimo difetta d’interesse ad agire, nessuna tutela concedendogli la legge in senso ulteriore rispetto a quella prevista dall’art. 1051 c.c.”; “La mancata chiamata in causa di alcuni dei proprietari dei fondi intercludenti si pone…non come rinuncia dell’attore nei confronti di questi ultimi ad ottenere una pronuncia costitutiva della servitù di passo coattivo, bensì come difetto d’integrità del contraddittorio, poiché l’invocata servitù, nella sua unitarietà, non può che essere costituita nei confronti di tutti contemporaneamente i fondi frapponentisi fra quello intercluso e la pubblica via. Solo in tal senso, infatti, la legge accorda tutela al proprietario del fondo intercluso, poiché solo questo è il modo in cui può essere attuato il diritto, previsto dall’art. 1051 c.c., di ottenere il passaggio sui fondi dei vicini. Anche se, quindi, i fondi da attraversare siano una pluralità, la servitù da costituirsi è e rimane, nella sua globalità, una ed unica…”).

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Soluzione, questa, che, rispetto a quella adottata da Corte cass., sez. un., n. 9685/2013, va preferita pure alla luce del fatto che una pronunzia di rigetto della domanda per carenza di

“possibilità giuridica” (determinata dalla mancata proposizione della domanda nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono per giungere alla via pubblica) “obbligherà” il proprietario del fondo intercluso ancora interessato alla costituzione della servitù a promuovere un nuovo giudizio che veda come parti pure i proprietari rimasti fuori dal primo processo. E ciò, in palese contrasto con il principio di economia processuale, posto che un tale allargamento della platea delle parti convenute potrebbe, “ben più comodamente”, attuarsi nell’originario giudizio attraverso un semplice ordine di integrazione del contraddittorio. Contrasto che emerge con ancor maggiore evidenza se si considera poi che, in base al nuovo orientamento delle Sezioni Unite, perfino la mancata citazione in giudizio di uno solo dei proprietari dei fondi intercludenti determinata da un mero errore di individuazione degli stessi dovrebbe sfociare in (rectius: essere sanzionata con) una pronunzia di rigetto della domanda. Il che, francamente, risulta ancor più inaccettabile.

Non resta, allora, che sperare che la soluzione adottata, pur provenendo dalle Sezioni Unite, rimanga isolata, e non costituisca, così, il primo passo per l’affermazione, anche a più ampio spettro, di una (non giustificabile) giurisprudenza volta a sanzionare, attraverso la formula del Diversa la posizione assunta da COSTANTINO G., Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 323, nota n. 112 (“non si può…trascurare che, fra il proprietario del fondo intercluso e i proprietari dei diversi fondi intercludenti, corrono diversi rapporti giuridici e, quindi, le diverse controversie possono dar luogo a diverse questioni, cosicché è probabile che, anche nel caso in cui siano tutti convenuti in giudizio, fra di loro non sia configurabile neppure un litisconsorzio «unitario» con conseguente applicazione degli art. 2733 3° co. e 2738 3° co. cod. civ e 331 cod. proc. civ….”); da CARBONE V., Partecipano al giudizio i proprietari dei fondi che separano quello intercluso dalla strada?, cit., 391-392 (il quale, nel commentare, Corte cass., sez. un., 3 febbraio 1989, n. 671, osserva, tra l’altro, che: “la Cassazione è partita da un dilemma elementare: o si realizza l’intera servitù o il proprietario del fondo intercluso non ha interesse a che l’interclusione venga accertata nei confronti di alcuni soltanto dei proprietari. Il dilemma, così come posto, è mal posto, perché urta sia contro la norma prevista nell’art. 1059 c.c., sia contro la disposizione generale, in tema di servitù, di cui all’art. 1029, che ammette esplicitamente la costituzione di una servitù per assicurare ad un fondo un vantaggio non immediato ma futuro”; “Era proprio necessario ipotizzare un nuovo caso di litisconsorzio necessario e, quindi, discostarsi da una consolidata ed ininterrotta giurisprudenza? O non c’è il rischio che attraverso un presunto rapporto unico plurisoggettivo si vengano a creare sempre nuovi casi di litisconsorzio necessario anche al di là delle ipotesi dell’impossibilità giuridica di pronunciare separatamente nei confronti di più parti…?”); da RIPEPI C., op. cit., 891 (“…per ogni fondo, il cui attraversamento si rende necessario per raggiungere la pubblica via, si costituisce una apposita e distinta servitù di passaggio. Nascono conseguentemente rapporti giuridici ben diversi tra coppie distinte di fondi appartenenti a persone diverse: nulla impone che tali rapporti debbano costituirsi contemporaneamente e contestualmente”); e da BRILLI C., Azione di passaggio necessario ex art. 1051 c.c. e litisconsorzio necessario, cit., 643 (“…in ogni modo non sembra proprio che il giudice possa arrivare ad integrare ai sensi dell’art. 102 c.p.c. il contraddittorio nei confronti dei proprietari non citati: …non pare infatti possibile delineare a livello sostanziale l’esistenza di un rapporto unico ed inscindibile che renda necessaria la celebrazione di un giudizio con pluralità di parti né quando si tratti di costituire una servitù di passaggio con riferimento ad una pluralità di fondi che si susseguono fino alla via pubblica, né quando si tratti di scegliere quale tra più fondi finitimi ed intercludenti debba essere prescelto per assicurare al proprietario del fondo intercluso un accesso alla pubblica via”).

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rigetto della domanda per mancanza di possibilità giuridica, l’attivazione di giudizi carenti sotto il profilo soggettivo della integrità del contraddittorio.

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