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TABELLE COMUNI DI VALUTAZIONE DEL DANNO ALLA PERSONA

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Academic year: 2022

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TABELLE COMUNI DI

VALUTAZIONE DEL DANNO ALLA PERSONA

Perché adottarle e come migliorarle

La predisposizione di tabelle comuni per la quantificazione del danno alla persona

Il C.E.A. è la Federazione delle Assicurazioni professionali degli Assicuratori Europei e raggruppa 25 membri, i 15 dell’Unione Europea ed altri 10 paesi alcuni dei quali si sono orientati solo di recente verso l’economia di mercato. Tra i suoi obiettivi il primo è favorire lo scambio di informazioni ed esperienze tra i diversi mercati, rappresentando nelle sedi istituzionali le posizioni degli assicuratori in ordine ai temi di maggior importanza. Tra questi ha acquisito da tempo particolare rilievo il danno alla persona, tanto da giustificare la creazione di un gruppo di lavoro ad hoc, che ho da un paio d’anni il compito di coordinare.

In questa veste ho partecipato alle due riunioni che l’Associazione “M. Gioia” ha organizzato a Milano ed a Pisa con l’intento di individuare criteri e regole uniformi di quantificazione del danno alla salute, attraverso il contributo di magistrati, avvocati, medici legali ed assicuratori. Si è trattato di occasioni di grande interesse, che hanno permesso uno scambio di vedute assai stimolante.

Credo inoltre di poter affermare che sul piano dei principi sia stato raggiunto un apprezzabile livello di condivisione: tutti hanno identificato nel cosiddetto metodo “a punto” il sistema più adeguato all’esigenza di realizzare quella personalizzazione del risarcimento richiesta dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Sono state anche individuate le variabili destinate a modificare il valore base del punto per adattarlo al caso specifico: la gravità dei postumi invalidanti di natura permanente, l’età del danneggiato alla fine del periodo di inabilità temporanea ed infine il sesso del leso.

Una volta chiariti metodo e variabili in gioco, occorre stabilire importi e regole evolutive. A questo riguardo la discussione è stata appena abbozzata; interessanti stimoli e suggerimenti abbiamo ricevuto nelle giornate congressuali. Come assicuratori siamo pronti a proseguire il lavoro fino all’elaborazione di Tabelle condivise dai diversi protagonisti del fenomeno risarcitorio.

I vantaggi derivanti dall'uso di tabelle comuni

Mi sembra a questo punto opportuno illustrare quali obiettivi è possibile centrare attraverso la predisposizione di tabelle comuni.

1. L’equità. Mi permetto di fare ad alta voce una riflessione di carattere etimologico: come tutti sapete, equità deriva dal latino aequus ed ha la medesima radice di equilibrio (aequus + libra, cioè bilancia, simbolo di giustizia). Allora forse si può sostenere che non c’è equità senza equilibrio, che l’equità è priva di senso come concetto assoluto, libero da relazioni, a se stante, senza termini di paragone. Ed ancora forse si può affermare che chi valuta secondo equità è chiamato a dar prova di equilibrio, la sua decisione deve contemperare esigenze diverse e talvolta contrapposte, deve ricercare un compromesso, per esempio, tra il comprensibile desiderio di concedere un risarcimento il più possibile generoso e le condizioni socioeconomiche del paese. Certo non è operazione semplice, a maggior ragione se è in gioco il valore dell’uomo.

Forse anche per questo motivo capita sovente di leggere motivazioni tautologiche. Sono certo che la predisposizione di importi tabellati possa essere assai utile.

2. L’uniformità. Si tratta di un concetto strettamente connesso al precedente. Evidentemente occorre evitare disparità di trattamento tra casi simili, come talvolta si verifica anche nell’ambito

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dello stesso tribunale. Sono persuaso che il ricorso alle Tabelle rappresenti il metodo più efficace per risolvere il problema.

3. La prevedibilità. L’adozione e l’utilizzo di una metodologia predeterminata per la valutazione del danno alla salute consente alle parti di prevedere l’esito del giudizio; risulta pertanto altamente probabile che raggiungano una soluzione transattiva, contribuendo a deflazionare il ricorso ai giudici. Gli assicuratori invece possono elaborare più agevolmente le politiche tariffarie, essendo in condizione di stimare meglio il costo dei sinistri.

Mi sia concessa a questo punto quella che può apparire una digressione. Mi è capitato di registrare affermazioni secondo le quali le tabelle avrebbero valore puramente indicativo, rappresenterebbero una traccia dalla quale il giudice può discostarsi in misura anche sensibile, per adattare la decisione al caso concreto. Per parte mia ritengo che il sistema debba prevedere che il giudice possa disapplicare le tabelle unicamente qualora sia chiamato a decidere di un caso che non possa essere inquadrato negli schemi logici consueti a causa di caratteristiche soggettive ed oggettive assolutamente eccezionali. Aggiungo infine che l’onere della prova graverà sulla parte che intenda dimostrare l’atipicità della fattispecie.

Appare pertanto di tutta evidenza che si tratterà di un criterio assolutamente residuale, rispetto alla normale applicazione delle tabelle.

Guai se, dopo aver concordato una tabellazione che tenga nel debito conto le diverse variabili, registrassimo una realtà caratterizzata da perdurante anarchia. Non resterebbe altro da fare che chiedere a gran voce l’intervento del legislatore, affinché metta ordine dettando regole valide erga omnes, sulla falsariga di quanto è avvenuto in Spagna alla fine dello scorso anno.

4. La compatibilità con le risorse disponibili. Si tratta di un aspetto spesso ignorato, benché il paese non possa permettersi di destinare ulteriori risorse alla copertura dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli. Le vibrate proteste, che le organizzazioni dei consumatori hanno lo scorso gennaio indirizzato verso le imprese assicuratrici, a causa degli aumenti tariffari, mi paiono sintomatiche della indisponibilità dell’utenza a sopportare ulteriori aggravi dei costi della R.C.A.

Importi più bassi per micropermanenti e liquidazioni più elevate per danni gravi per equilibrare il sistema

Credo non sfugga a nessuno che i quattro obiettivi che ho ricordato sono assolutamente interdipendenti; in altre parole o vengono centrati assieme o tutta la costruzione, anche teoricamente perfetta, non sta in piedi.

Penso sia convinzione ormai diffusa e condivisibile che il problema si risolve solo realizzando una diversa allocazione delle risorse disponibili.

Bisogna in altre parole che una quota rilevante degli importi che oggi vengono destinati alla liquidazione delle cosiddette micropermanenti (numericamente assai significative ed in costante aumento negli ultimi anni) sia invece utilizzata per dare ristoro ai danni di maggior gravità.

Credo che si tratti di un’operazione opportuna oltre che necessaria. Occorre infatti riequilibrare il sistema che oggi è palesemente sbilanciato. A differenza di quello che accade negli altri paesi europei, in Italia sono liquidati in modo relativamente più generoso i microdanni rispetto ai macrodanni.

Giustizia vuole che si privilegino le ragioni di chi vede le proprie condizioni di vita gravemente compromesse, quando non addirittura sconvolte, a causa delle lesioni riportate e dei gravi postumi invalidanti residuati.

Ma c’è di più: un’operazione di questo genere risponde ad esigenze di giustizia sostanziale, anche perché consente finalmente di smettere di liquidare importi assai elevati laddove si tratti invece di

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lesioni lievi o lievissime, comportanti postumi di scarsissimo rilievo, quando non del tutto inesistenti, che continuano ad essere qualificati permanenti, anche se assai spesso tali non sono.

Le Tabelle Milanesi : osservazioni e valutazioni critiche

Non posso concludere senza dire qualcosa a proposito delle Tabelle Milanesi, almeno per due motivi:

Tra quelle di cui si ha notizia, mi sembra siano le più accettabili dal punto di vista metodologico e dei principi.

Credo che saranno adottate da diversi altri tribunali, sulla falsariga della decisione assunta dai giudici romani. Se questo scenario è realistico, influenzeranno non solo il praticato giudiziale, ma rappresenteranno un importante punto di riferimento per la trattazione stragiudiziale dei sinistri.

Non posso esimermi dall’esprimere qualche valutazione critica: innanzitutto non posso tacere del fatto che l’incidenza della variabile “età” non pare sia stata calcolata utilizzando i principi della matematica attuariale, ossia ricorrendo ai coefficienti desunti dalle tabelle di mortalità pubblicate dall’ISTAT ed assumendo un tasso di interesse adeguato.

Inoltre a mio avviso le Tabelle dovrebbero essere differenziate sulla base del sesso del danneggiato/a, visto che la speranza di vita differisce e non di poco.

La critica più incisiva riguarda però le somme calcolate per risarcire i danni di minore entità. Certo è a tutti noto che alcuni tribunali hanno, anche recentemente, elaborato Tabelle che prevedono importi talvolta assai più elevati e non si può quindi non apprezzare lo sforzo compiuto per limitare questa emorragia di denaro così male indirizzata, ma credo occorra uno sforzo ulteriore, conditio sine qua non per riequilibrare il sistema, senza scaricare sull’utenza un aumento generalizzato die costi.

Ed invece qualche tempo fa ho letto una proposta, elaborata dai giudici della XI Sezione del Tribunale di Milano, che va nella direzione opposta e fa lievitare del 60% gli importi previsti per le micropermanenti. Ignoro le argomentazioni che supportano tale proposta, ma non posso tacere della estrema gravità connessa ad una scelta di questo tipo. Accettare infatti questa ipervalutazione dei anni minori vorrebbe dire eliminare l’aspetto più interessante delle tabelle milanesi che è proprio quello di calmierare il costo dei microdanni, sia pure in modo non ancora sufficiente, come dicevo prima.

Concludendo, reputo doveroso per onestà intellettuale manifestare il mio pensiero anche riguardo agli importi che le Tabelle Milanesi prevedono per i danni più gravi. Le conoscenze, che nel corso degli anni ho potuto acquisire sui sistemi stranieri mi permettono di affermare che in nessun paese europeo, neppure in quelli caratterizzati da economie più ricche e i cui cittadini godono di un tenore di vita migliore del nostro, vengono liquidate somme così generose per dare ristoro ai danni cosiddetti immateriali. Se al danno alla salute si aggiunge il danno morale si raggiungono valori che all’estero nessuno si sognerebbe neppure di chiedere, pensate un po’ di liquidare.

Queste considerazioni possono certo essere giudicate di scarso rilievo. Al contrario qualcuno può essere fiero del fatto che in Italia il risarcimento di tali gravissimi danni è più generoso rispetto agli altri paesi europei. Può anche sostenere che si tratta di un importante indicatore del livello di civiltà raggiunto da una nazione e di una manifestazione della cultura di un popolo.

Per quanto mi riguarda, mi domando se l’Italia si può permettere di liquidare importi così elevati e credo che uno sguardo oltre i confini possa aiutare ad individuare punti di riferimento ed indicazioni utili.

Dr. Giuseppe Asciano Dirigente Unipol Asscurazioni, Responsabile Servizi Esteri

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