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INTRODUZIONE ED OBIETTIVI DELLO STUDIO

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE ED OBIETTIVI DELLO STUDIO

Obiettivi dello studio

L’esperienza maturata dai chirurghi ed il miglioramento delle tecniche e della strumentazione a disposizione hanno permesso l’utilizzo della videolaparoscopia, oltre che in elezione, anche in urgenza in molti ambiti clinici.

I vantaggi generali che offre la laparoscopia in urgenza rispetto alla laparotomia possono essere rapportabili a quelli evidenziati nella chirurgia d’elezione, con la differenza però, che in urgenza, la laparoscopia può essere praticata in una percentuale minore di casi. Anche se la laparoscopia non rappresenta sicuramente un’alternativa all’esame clinico e agli esami strumentali non invasivi, va considerata una valida opzione da inserire nell’algoritmo decisionale sia diagnostico che terapeutico delle emergenze addominali. La laparoscopia in urgenza è largamente utilizzata per identificare l’eziopatologia di un addome acuto e una volta identificata la causa addominale, spesso, è possibile effettuare anche il relativo trattamento laparoscopico.

La laparoscopia in urgenza ha, quindi, inizialmente anche un importante ruolo diagnostico, competendo con le altre metodiche di imaging convenzionale (Radiologia tradizionale, Ecografia, Tomografia Computerizzata, Angiografia), rispetto alle quali, però, ha un maggiore rischio di complicanze correlate alla procedura, la possibilità di non riconoscere una lesione e di ritardare il trattamento chirurgico definitivo.

Proprio in virtù dell’elevata valenza diagnostica, la laparoscopia viene anche utilizzata in urgenza, oltre che in sala operatoria, nell’emergency room e nelle unità di terapia intensiva; del resto, la laparoscopia offre una visione superiore della cavità peritoneale con un minimo trauma e risulta una tecnica che è costantemente possibile convertire in chirurgia open.

Grazie alla laparoscopia, è possibile escludere la presenza di una patologia che necessita di un trattamento chirurgico, risparmiando al paziente la morbilità legata ad una laparotomia negativa ed una degenza ospedaliera talvolta più lunga.

In linea generale, tutti i pazienti con addome acuto sono candidabili ad un intervento in laparoscopia, eccezion fatta per quei casi in cui non è possibile soddisfare i criteri minimi esigibili per praticare questo tipo di approccio (tabella 1) (1).

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Tab. 1. CRITERI MINIMI ESIGIBILI PER PRATICARE LAPAROSCOPIA IN URGENZA 1. Disponibilità della strumentazione necessaria

2. Adeguata esperienza del chirurgo 3. Stabilità emodinamica

4. Disponibilità di conversione immediata

Allo stato attuale, si evidenzia che l’utilizzo della laparoscopia in urgenza, nonostante sia aumentato rispetto agli anni precedenti, risulta ancora piuttosto limitato nelle varie strutture, a causa della frequente impossibilità di eseguire questa tecnica nei pazienti con addome acuto, per via di controindicazioni come l’instabilità emodinamica, della limitata esperienza dei chirurghi, di problematiche tecniche legate alla limitata possibilità di visualizzazione della cavità addominale in alcune situazioni patologiche d’urgenza come le occlusioni intestinali e massive aderenze da pregresse laparotomie e, in qualche caso, dell’indisponibilità di materiale tecnico adatto (tabella 2).

Per il momento si ritiene che il più importante fattore limitante l’uso della laparoscopia in urgenza sia rappresentato dalla mancanza di organizzazione nei centri di prima assistenza, soprattutto in quelli più piccoli: per questo motivo è fondamentale garantire un’adeguata preparazione di tutta l’equipe della sala operatoria nonché la disponibilità di un adeguato e aggiornato strumentario laparoscopico; infatti, l’evoluzione tecnologica e l’incremento dell’esperienza chirurgica laparoscopica determineranno, nel futuro, un probabile progressivo aumento dei pazienti che potranno beneficiare di tale tecnica. Ad ogni modo, appare sempre più evidente la rilevanza che la videolaparoscopia sta progressivamente assumendo nell’ambito delle varie urgenze-emergenze chirurgiche, grazie ai vantaggi che la rendono più fattibile rispetto alla laparotomia (tabella 3)

Tab. 2. FATTORI LIMITANTI L’UTILIZZO DELLA LAPAROSCOPIA IN URGENZA 1. Controindicazioni all’approccio laparoscopico (shock settico, instabilità emodinamica, disturbi della coagulazione, insufficienza cardiorespiratoria di grado ASA IV, neoplasie

addominali)

2. Inesperienza del chirurgo e dell’equipe della sala operatoria 3. Disponibilità non sufficiente della strumentazione necessaria

4. Difficoltà tecniche (impossibilità di vedere adeguatamente il retroperitoneo e la superficie posteriore del fegato)

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Oltre ai vantaggi analizzati, un ulteriore elemento utile perché la laparoscopia possa divenire una metodica sempre più familiare per gli operatori, può essere l’elaborazione di specifici gradi di raccomandazione che permettano di guidare i chirurghi nella scelta della tecnica adatta nelle patologie d’urgenza e nel contempo di stabilire in quali casi la laparoscopia possa presentare un’effettiva capacità terapeutica oltre che diagnostica, come è stato già proposto da Neugeubauer e Sauerland (tabella 4) (2).

Pertanto, in considerazione dei fattori limitanti e favorenti l’utilizzo della laparoscopia in urgenza, è stato condotto presso l’U.O. di Chirurgia Generale e D’Urgenza della AOUP S.Chiara di Pisa, diretta dal Prof. Massimo Seccia, uno studio che ha come scopo quello di esaminare quali possano essere le indicazioni, i vantaggi ed i limiti all'utilizzo della chirurgia laparoscopica in alcune delle più frequenti urgenze-emergenze chirurgiche (appendiciti acute semplici e complicate, colecistite acuta litiasica, emergenze ginecologiche, sindromi occlusive, traumi addominali e sindromi perforative) e di stabilire, confrontando i dati riportati in letteratura, la fattibilità, l’efficacia e la sicurezza di questa tecnica chirurgia in urgenza.

Tab. 3. FATTORI FAVORENTI LA LAPAROSCOPIA IN URGENZA

1. Ridotto dolore post-operatorio, ridotta assunzione di anti-dolorifici, ritorno più precoce alla normale funzionalità intestinale

2. Minore sviluppo di aderenze e più precoce ripresa della mobilizzazione

3. Minore durata della degenza post-operatoria e più rapido recupero delle attività lavorative

4. Migliore visualizzazione del campo operatorio e partecipazione attiva all’intervento chirurgico del team chirurgico, anestesiologico e infermieristico

5.Costi relativamente minori rispetto alla laparotomia

Tab. 4. GRADI DI RACCOMANDAZIONE PER LA LAPAROSCOPIA NELLE URGENZE

GRADO TIPO DI PATOLOGIA SCOPO NOTE

A

- Ulcera peptica perforata - Colecistite acuta litiasica - Appendicite acuta semplice e complicata

- Emergenze ginecologiche

Eminentemente terapeutico

Il rischio di conversione e la morbilità sono in linee generali inferiori

B

- Occlusioni intestinali da briglie o da volvolo

- Ischemia mesenterica acuta - Pancreatite non biliare - Diverticolite acuta - Trauma chiuso/penetrante Principalmente diagnostico Raramente terapeutico Il rischio di conversione e di morbilità sono generalmente superiori

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Stato dell’arte della videolaparoscopia nelle urgenze-emergenze

chirurgiche

La nascita della laparoscopia verso la fine degli anni ’80 ha sancito l’inizio di una nuova era chirurgica.

Se all’inizio, la laparoscopia aveva un intento diagnostico, finalizzato principalmente ad evitare un intervento in laparotomia non necessario (3), con l’evolversi della tecnologia, è stato possibile applicare questa tecnica anche per uno scopo terapeutico, anche se, in verità, per alcune patologie, quali l’appendicite acuta e la colecistite acuta litiasica, ha assunto, da sempre, una valenza curativa.

Numerosi studi a coorte effettuati negli ultimi anni, hanno riportato un elevato tasso di efficacia diagnostica (86-100%) ed un tasso di efficacia terapeutica notevolmente alto (>90%) nell’ambito delle principali emergenze chirurgiche (4-8).

La tabella 5 riporta i principali interventi eseguibili in laparoscopia praticabili solo in elezione o anche in urgenza.

Tab. 5. FATTIBILITA’ DEI PRINCIPALI INTERVENTI ESEGUIBILI IN LAPAROSCOPIA

TIPO DI INTERVENTO LAPAROSCOPICO FATTIBILITA’

Plastica secondo Nissen, Lind e Toupet per MRGE Elezione

Raffia di ulcera peptica perforata Urgenza

Gastrectomìa sub-totale e resezioni gastriche Elezione

Colecistectomìa e colangiografia intraoperatoria Elezione-Urgenza

Chirurgia epatica: escissione di tumore benigni Elezione

Splenectomia Elezione-Urgenza

Drenaggio pseudocisti pancreatiche e necrosectomie Elezione-Urgenza

Appendicectomia Elezione-Urgenza

Chirurgia delle occlusioni intestinali meccaniche da briglia, volvolo e aderenze Elezione-Urgenza

Plastica di ernia inguinale e di laparoceli Elezione (?)

Ischemia mesenterica acuta Urgenza

Nefrectomìe totali e parziali, exeresi cisti renali Elezione

Surrenalectomia Elezione

Trattamento patologie ginecologiche (torsioni di cisti ovariche, salpingo-ooforiti,

gravidanze extra-uterine, endometriosi) Elezione-Urgenza

Esplorazione diagnostica e riparazione di lacerazione diaframmatiche e piccole

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Prendendo in considerazione gli ultimi argomenti di discussione nel mondo scientifico, verrà di seguito analizzato lo stato attuale dell’arte della tecnica videolaparoscopica nell’ambito delle patologie oggetto di questo studio: appendicite acuta, colecistite acuta litiasica, emergenze ginecologiche, sindromi occlusive, traumi addominali e sindromi perforative (9,10).

APPENDICITE ACUTA

Nonostante la disponibilità di affidabili metodiche di imaging, quali ecografia e TC, il numero di falsi negativi è ancora significativamente alto, soprattutto nelle donne (11): infatti, si stima che la frequenza di interventi chirurgici open non necessari si attesti intorno al 20%, con un conseguente incremento della morbilità e della degenza post-operatoria (12-14): quindi sono proprio le pazienti di sesso femminile a giovare maggiormente dei vantaggi diagnostici della laparoscopia (15-18), in quanto nei bambini e negli adulti di sesso maschile, la diagnosi clinica di appendicite risulta meno complessa.

Oggi la laparoscopia è considerata universalmente la tecnica chirurgica d’elezione nel trattamento delle appendiciti acute (19): eppure, tra i 56 studi randomizzati che hanno confrontato la laparoscopia con la chirurgia open nei pazienti con sospetta appendicite, solo una piccola parte di essi (20,21), ha esplicitamente concluso che la laparoscopia rappresenta un valido approccio per la diagnosi e la terapia dell’appendicite acuta. Per più di un decennio, si è discusso sui reali vantaggi della laparoscopia rispetto alla laparotomia. Attualmente, una recente Cochrane Review, ha stabilito la superiorità dell’approccio laparoscopico, nonostante le differenze con la metodica open rimangano piuttosto modeste e soprattutto nonostante la laparoscopia si associ ad una più alta spesa sanitaria e richieda una maggiore esperienza da parte dei chirurghi (20).

Una recente meta-analisi di Aziz et al. (22), ha confrontato l’appendicectomia laparoscopica con quella open, in termini di durata dell’ileo post-operatorio, tasso di infezione della ferita chirurgica, numero di pazienti con rialzo febbrile, formazione di ascessi intraddominali, durata media dell’intervento e durata media di degenza, riportando, complessivamente, per l’appendicectomia laparoscopica un minor tasso di complicanze.

Le recenti linee-guida dell’EAES (European Association for Endoscopic Surgery) raccomandano l’approccio laparoscopico come metodica di prima scelta per il trattamento dell’appendicite acuta, anche qualora risultasse complicata da peritonite, in

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considerazione della significativa riduzione del rischio di infezione della ferita chirurgica e della più breve durata media di degenza (10).

Un importante punto di discussione è dato dalla necessità o meno di effettuare un’appendicectomia in presenza di un quadro clinico poco chiaro: la maggior parte dei chirurghi ritiene opportuno procedere lo stesso con la appendicectomia, indipendentemente dall’evidenza macroscopica di flogosi, in considerazione anche del fatto che, in una fase precoce, l’infiammazione potrebbe essere limitata agli strati intramurali dell’appendice (23-26).

Nonostante per l’appendicite acuta vi sia l’evidenza scientifica di un vantaggio derivante dall’utilizzo della laparoscopia, l’uso di questa tecnica in ambito pediatrico è ancora piuttosto limitato, sia per la scarsa disponibilità di attrezzature, che per la limitata esperienza da parte dei team di chirurgia generale.

COLECISTITE ACUTA LITIASICA

Inizialmente la colecistite acuta, in presenza di litiasi biliare, rappresentava una controindicazione relativa all’esecuzione della laparoscopia, ma, verso la fine degli anni ’80, diversi studi hanno dimostrato che la colecistite acuta può essere trattata, con ottimi risultati, per mezzo dell’approccio laparoscopico (27,28), a fronte di una accettabile morbilità (29,30).

Nell’ambito della colecistite acuta, la laparoscopia non riveste un significativo ruolo diagnostico, in quanto diversi studi hanno dimostrato che la specificità del quadro clinico si avvicina al 100%:

- dolore e dolorabilità ai quadranti addominali superiori di destra per almeno 6 h; - evidenza ecografia di colecistite acuta (presenza di calcoli, ispessimento ed edema

della parete colecistica, versamento pericolecistico) con segno di Murphy ecografico; - temperatura corporea superiore ai 38°C;

- leucocitosi superiore a 10000/mm3 e proteina C reattiva superiore a 10 mg/l (31). Numerosi studi clinici hanno confrontato la colecistectomia laparoscopica con quella laparotomica per il trattamento della colecistite acuta (Kiviluoto et al., 1998 (32); Johansson et al., 2005 (33); Kum et al., 1994 (34); Rau et al., 1994 (35); Carbajo Caballero et al., 1998 (36); Lujan et al., 1998 (37); Araujo-Teixeira et al., 1999 (38); Pessaux et al., 2001 (39); Chau et al., 2002 (40); Eldar et al., 1997 (41); Bove et al., 2004 (42); Lam et al., 2005 (43)). In tutti, la laparoscopia risultava associata ad una

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minore durata media di degenza, anche se va sottolineato che, solo due di questi sono studi randomizzati (32, 33).

Uno studio di Assalia et al. (44), ha, invece paragonato la colecistectomia open con quella minilaparotomica: il risultato è stato una riduzione della durata media di degenza da 4,7 giorni con la prima a 3,1 giorni con la seconda.

Ad ogni modo, l’esito dell’operazione sembrerebbe dipendere, più che dalla modalità dell’intervento, dal timing chirurgico. Numerosi studi (45-66), hanno infatti confrontato la colecistectomia eseguita precocemente con quella eseguita più tardivamente, dimostrando che il tasso di conversione in open, la morbilità, la durata media di degenza e la spesa sanitaria tendono ad aumentare con il passare del tempo trascorso tra l’ammissione in pronto soccorso e l’esecuzione dell’intervento chirurgico (67). Tali studi, però, non hanno definito in maniera chiara i termini temporali per poter classificare come precoce o tardiva una colecistectomia, anche se comunemente viene considerato come periodo di tempo subottimale per l’inizio della chirurgia quello che va dalle 48 alle 72 h dalla comparsa dei sintomi.

A favore dell’intervento precoce, vi è l’evidenza che l’iniziale trattamento conservativo presenta un elevato tasso di fallimento: un quinto dei pazienti che si sottopone a questa misura di trattamento necessita infatti di una chirurgia d’urgenza per l’improvviso peggioramento del quadro clinico (68,69). Tra i restanti pazienti il 29% richiederà comunque l’intervento chirurgico per la presenza di dolore ricorrente, determinando complessivamente un aumento dei costi e della morbilità.

La chirurgia tardiva è considerata alquanto pericolosa e svantaggiosa, soprattutto nei pazienti con colecistite acuta gangrenosa o perforata (70,71).

Il tasso di conversione per la colecistectomia videolaparoscopica in urgenza si attesta a valori del 5-40% (40,61,64,66,70,72-83), notevolmente più elevati rispetto a quelli riportati nei pazienti sottoposti a videolaparocolecistectomia in elezione per litiasi della colecisti (3-6%). Sono stati identificati alcuni fattori capaci di influenzare il tasso di conversione: grado di infiammazione, frequenza delle coliche biliari, grandezza dei calcoli, età avanzata, pregressi interventi chirurgici addominali, il sesso maschile, l’obesità e l’esperienza dei chirurghi (38,58,63,79,84,85).

Questi parametri, però, non possono essere utilizzati come criterio di esclusione per la laparoscopia.

Pertanto, tutti i pazienti sono teoricamente candidati alla laparoscopia, eccetto quelli che presentano controindicazioni. In ogni caso, sembrerebbe che siano proprio gli obesi

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a beneficiare di più di un intervento in laparoscopia, dal momento che, grazie ad esso, si riduce drasticamente il rischio di tromboembolia polmonare (la più temibile delle complicanze) sia intra- che post-operatoria, causata dalla stasi polmonare e dall’immobilizzazione prolungata a letto.

Nei pazienti anziani, la colecistectomia laparoscopica è più sicura rispetto alla open ed è gravata da minori complicanze, anche se bisognerebbe evitare l’approccio laparoscopico in quei casi con scompenso cardiopolmonare di grado elevato (classe III-IV della NYHA) (86); resta, comunque, il fatto che i pazienti anziani presentano rispetto a quelli più giovani, un tasso di morbilità più alto (31% vs. 15%), un tempo medio di degenza più lungo (3.9 vs. 2.8 gg) e un tasso di mortalità significativamente più elevato (4.8% vs. 0.5%) (87).

L’approccio laparoscopico, a fronte di un’attenta valutazione anestesiologica, sembra possibile anche in gruppi ad alto rischio operatorio, come pazienti anziani e con comorbidità rilevanti, purchè questo venga eseguito più precocemente possibile (88). È pur vero che un piccolo studio ha stabilito per questa categoria di pazienti un’analoga efficacia del trattamento completamente conservativo (89).

EMERGENZE GINECOLOGICHE

I primi ad aver avuto l’intuizione sulla possibile rivoluzione della laparoscopia in ambito chirurgico furono proprio i ginecologi: non dimentichiamo, infatti, che storicamente, il primo a cui è stato attribuito il primo intervento in laparoscopia fu proprio un ginecologo, il tedesco Kurt Semm.

La laparoscopia rappresenta un approccio sicuro ed efficace per una corretta diagnosi e per il trattamento di molte patologie ginecologiche in urgenza (90-93). Le più comuni

patologie di natura ginecologica responsabili di dolore addomino-pelvico nelle donne, sono rappresentate da: gravidanza ectopica (approssimativamente in un 20% dei casi), salpingo-ooforiti (20%), adesioni viscerali della regione pelvica, (20%), endometriosi e cisti ovariche (entrambe al 15%).

In queste situazioni patologiche, la TC addomino-pelvica permette raramente di eseguire una corretta diagnosi; invece, per effetturare una diagnosi differenziale può tornare utile un test di gravidanza e/o un’ecografia percutanea o transvaginale (91). La laparoscopia si presenta con una capacità diagnostica molto più elevata rispetto alle altre metodiche strumentali (94), e permette di correggere una diagnosi errata in oltre il

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Le situazioni patologiche in cui la laparoscopia gioca un ruolo fondamentale nell’iter diagnostico-terapeutico, sono rappresentate dalla gravidanza ectopica, dalla torsione di cisti ovariche e dalle annessiti.

La gravidanza ectopica rappresenta una condizione che può mettere seriamente a rischio la vita della paziente: in quelle giovani donne che presentano dolore acuto nella regione pelvica e/o sanguinamento vaginale, è consigliato prendere sempre in considerazione un’esplorazione laparoscopica al fine di escludere questa evenienza.

In realtà, basterebbe eseguire un test di gravidanza, anche in presenza di un quadro sintomatologico più lieve.

Nel trattamento della gravidanza ectopica, la laparoscopia dovrebbe essere preferita rispetto ad altre metodiche, non solo per via della sua efficacia e della sua sicurezza, ma anche per i suoi costi che si rivelano piuttosto contenuti (98).

Il ricorso alla salpingectomia laparoscopica dovrebbe essere preso in considerazione solo nei casi in cui la gravidanza ectopica determina la rottura della tuba di Falloppio; mentre, se questo non dovesse accadere, si può pensare di preservare la tuba (99).

La torsione di una cisti ovarica è una condizione patologica che mette a rischio la funzionalità dell’ovaio e si presenta generalmente con intenso dolore ai quadranti addominali inferiori.

Dopo aver escluso una gravidanza ectopica con un test di gravidanza, per poter diagnosticare una cisti ovarica, si ricorre ad una ecografia transvaginale, che spesso mette in evidenza anche la presenza di versamento liquido in cavità pelvica.

Se la sintomatologia dovesse regredire, si può pensare di assumere un atteggiamento conservativo: la laparoscopia diventa utile in quei casi in cui o la sintomatologia non regredisce o si evidenzia, all’esame ecografico, una cisti di ragguardevoli dimensioni. Nelle torsioni ovariche, la laparoscopia permette di eseguire una diagnosi di certezza e di effettuare un valido trattamento (100), con risultati migliori rispetto alla laparotomia. L’endometriosi è una frequente causa di infertilità e di dolore addominale, che, anche se nella maggior parte dei casi è cronico-ricorrente, in alcune situazioni può essere acuto. Il ricorso all’intervento chirurgico è indicato in alcune situazioni: esso può essere eseguito o in laparotomia o in laparoscopia e secondo uno studio di Mais et al. (100), la

laparoscopia si associa ad un decorso significativamente meno doloroso e più breve. Anche altri studi, sebbene prendano in considerazione sia pazienti in emergenza che pazienti ricoverate in elezione, confermano la superiorità della laparoscopia rispetto al trattamento conservativo (101,102).

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Le annessiti sono una frequente causa di dolore addomino-pelvico nelle donne, e per via del loro sfumato quadro sintomatologico, possono essere confuse con altre patologie. Spesso si preferisce trattarle con un approccio conservativo, che consiste in una terapia antibiotica.

In questi casi, la laparoscopia ha lo scopo di garantire una diagnosi certa e quindi di escludere altri tipi di patologie (che, infatti, si presenterebbero in circa il 40% dei casi)

(103).

Inoltre, in laparoscopia, è anche possibile prelevare un campione del versamento siero-ematico in cavità peritoneale, per un esame citologico e colturale, che può fornire utili indicazioni sulla terapia antibiotica più adatta da intraprendere.

SINDROMI OCCLUSIVE

Nei pazienti con occlusione intestinale, l’approccio chirurgico è riservato ai casi in cui non sia possibile avere una conferma diagnostica con le tecniche di imaging e il trattamento non operativo non porti ad alcun successo (104,105).

Bastug et al. sono stati i primi a descrivere un intervento in laparoscopia per il trattamento di un occlusione del tenue (106), in seguito altri autori hanno confermato la fattibilità dell’operazione (107-123).

In letteratura, sono davvero piuttosto limitati gli studi che hanno lo scopo di confrontare l’efficacia della laparoscopia rispetto alla open nel trattamento di tale affezione, eccezion fatta per il lavoro di Wullstein and Gross (124), che riporta tutti i vari benefici derivanti dall’approccio laparoscopico: durata media di degenza più breve, più precoce ritorno alla normale funzione intestinale, tasso di morbilità minore e costi legati all’ospedalizzazione più limitati.

Ad ogni modo la chirurgia laparoscopica si associa ad un più alto rischio di lesione intestinale rispetto alla open: in uno studio comparativo (124), il rischio di perforazione risultava maggiore nel gruppo dei pazienti sottoposti a laparoscopia (circa il 27% degli operati in laparoscopia).

Inoltre l’intervento laparoscopico per il trattamento delle occlusioni intestinali è gravato da un alto tasso di conversione in open (40-50%) (107-123): esso è influenzato principalmente dalle forme di occlusione di natura neoplastica e dalle accidentali perforazioni iatrogene.

Alcuni studi hanno cercato di comprendere quali potessero essere i fattori predittivi del successo dell’intervento laparoscopico (118,122): pregressi interventi chirurgici

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addominali, intervallo di tempo superiore alle 24 h dalla comparsa dei sintomi all’inizio dell’operazione, diametro intestinale superiore ai 4 cm costituirebbero importanti parametri per valutare la probabilità di conversione.

È anche vero che la presenza di una cicatrice addominale da pregressa appendicectomia sembri non aumentare il rischio di conversione in laparotomia.

Per evitare il rischio di perforazioni sarebbe opportuno creare uno pneumoperitoneo con tecnica open; le aderenze possono essere lisate in laparoscopia, eccetto quando sono particolarmente numerose ed estese: in questi casi, è preferibile eseguire un approccio in open.

TRAUMI ADDOMINALI

Un evento traumatico richiede un accurato inquadramento diagnostico-terapeutico nel più breve tempo possibile.

In generale l’impiego della laparoscopia andrebbe riservato a pazienti emodinamicamente stabili con traumi chiusi o penetranti da arma bianca o da fuoco, in quanto pazienti con instabilità emodinamica necessitano inevitabilmente dell’intervento laparotomico.

I vantaggi derivanti dall'impiego della laparoscopìa sono rappresentati dalla possibilità di fornire un’indicazione attendibile sulla necessità o meno di un intervento chirurgico, dall'attenta valutazione dell'estensione delle lesioni e dalla determinazione della priorità di trattamento, che influenza indubbiamente l'evoluzione finale del trauma.

In letteratura sono riportati circa 40 studi prospettici o retrospettivi (125), che valutano l’efficacia diagnostica della tecnica laparoscopica nel paziente con trauma addominale. Da questi emerge che, la laparoscopia determina una riduzione di circa il 60% del numero di laparotomie non necessarie, non dimostrandosi capace, in circa l’1% dei casi, di riconoscere importanti danni viscerali, conseguenza di traumi addominali chiusi. La laparoscopia a scopo diagnostico, sembra essere particolarmente indicata in quei pazienti con forte sospetto di lesione agli organi intraddominali, in modo particolare, nel trauma toraco-addominale la laparoscopia permette, rispetto alle attuali tecniche di imaging, una miglior visualizzazione di eventuali lesioni a carico del diaframma (126). Un doppio studio clinico (127), condotto su pazienti con ferite addominali da arma bianca penetranti in peritoneo, ha confrontato, in primis, la capacità diagnostica della laparoscopia con quella della laparotomia esplorativa ed in un secondo momento ha randomizzato i soggetti con incerta diagnosi di danno peritoneale in due gruppi di

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trattamento: la laparoscopia diagnostica e il Non Operative Management (NOM). Le tre modalità terapeutiche venivano paragonate in base alla durata della degenza ospedaliera: come atteso, questi risultava minore per la laparoscopia rispetto alla laparotomia, ma maggiore per la laparoscopia rispetto alla NOM. Dallo studio non emergono significative differenze sia nel decorso post-operatorio che nella spesa sanitaria, tra la metodica laparoscopica e quella laparotomica, pur essendo la prima capace di preservare circa la metà dei pazienti da un intervento laparotomico non necessario.

Un piccolo studio ha infine dimostrato una maggiore specificità diagnostica della laparoscopia rispetto al lavaggio peritoneale (128).

Nonostante, in letteratura, si registri un progressivo aumento dell’impiego dell’approccio laparoscopico per l’emostasi di piccole lesioni epatiche, spleniche e gastrointestinali (129) e nonostante la laparoscopia rappresenti la tecnica di più frequente utilizzo per le riparazioni delle lacerazioni del diaframma (130,131), il ruolo terapeutico della laparoscopia rimane ancora non ben definito.

PERFORAZIONE DI ULCERA PEPTICA

La perforazione rappresenta la più pericolosa complicanza dell’ulcera gastroduodenale e rappresenta circa il 5% di tutte le emergenze addominali (132,133 B).

Nell’ultimo decennio, grazie all’introduzione dei farmaci anti-peptici e all’utilizzo della terapia eradicante l’H.Pylori, si è assistito ad una significativa riduzione dell’incidenza dei casi di perforazione di ulcera peptica da sottoporre ad intervento chirurgico.

Si stima che questa condizione patologica presenti una mortalità che si attesta intorno al 5-10% (134).

Nei pazienti con sindrome perforativa, è necessario eseguire nel più breve tempo possibile, sia una corretta anamnesi (valutando anche eventuali trattamenti medici pregressi) che un inquadramento adeguato del paziente da un punto di vista emodinamico: infatti, una controindicazione alla laparoscopia è data dalla instabilità emodinamica.

In questa situazione patologica, la chirurgia rappresenta senza dubbio l’approccio terapeutico più indicato, anche grazie al notevole miglioramento delle tecniche negli ultimi anni (135).

La prima riparazione laparoscopica di un’ulcera peptica perforata, risale al 1990 ed è stata effettuata da Mouret et al. (136).

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In due studi randomizzati, si è potuto dimostrare la superiorità dell’approccio laparoscopico rispetto al trattamento in open (137,138); in questi studi, la morbilità è fortemente influenzata dai criteri di selezione per l’intervento dei pazienti.

Per quanto riguarda l’entità del dolore post-operatorio, sembrerebbe che tra i due gruppi di pazienti non vi sia nessuna evidente differenza subito dopo l’intervento (quando il dolore è legato all’infiammazione), mentre in una fase successiva sia molto meno rilevante nel gruppo di pazienti sottoposti a laparoscopia (quando il dolore è legato alla ferita chirurgica) (139-142).

Il ridotto dolore post-operatorio si associa anche ad una ridotta durata media di degenza e ad un più precoce ritorno alle normali attività.

Un analisi a lungo termine non dimostra significative differenze per quanto riguarda il tasso di complicanze e quello delle recidive.

La mortalità è lievemente più alta dopo un intervento in open, anche se gli interventi in laparoscopia si assocerebbero ad una maggior numero di re-interventi chirurgici (143). Questi studi hanno, inoltre, confermato che spesso viene eseguito anche un “patch” omentale piuttosto che una semplice sutura: non esiste in letteratura, una sicura evidenza su quale delle due tecniche riparative sia superiore, nonostante la grande disponibilità di studi comparativi (144-149).

Allo stesso modo, da un recente lavoro di lavoro di Lau et al. sembra che non vi sia nessuna evidenza tra il patch omentale e la riparazione con fibrina, intermini di efficacia e di sicurezza nei pazienti sottoposti a laparoscopia (137).

Il tasso di conversione si attesta approssimativamente intorno ad un 10-20 %: più frequentemente la causa è data da perforazioni multiple oppure particolarmente estese o posizionate posteriormente, e da una stato di peritonite avanzato (150-153).

Tuttavia questo significativo tasso di conversione non sembra peggiorare più di tanto il decorso dei pazienti sottoposti a laparoscopia rispetto a quelli in open (154).

Figura

Tab. 3. FATTORI FAVORENTI LA LAPAROSCOPIA IN URGENZA
Tab. 5. FATTIBILITA’ DEI PRINCIPALI INTERVENTI ESEGUIBILI IN LAPAROSCOPIA

Riferimenti

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