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CAPITOLO 2 IL COGNITIVISMO MODERNO

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2

IL COGNITIVISMO MODERNO

1. Letterale vs Poetico

Come mai il cognitivismo moderno ha fatto così tanto riferimento al linguaggio non letterale negli ultimi decenni? Come mai linguaggio poetico e metaforico risultano così importanti al fine di comprendere i meccanismi profondi che guidano la nostra concezione linguistica della realtà?

L’antica dottrina, nata dagli studi di Aristotele 1 , affermava che il linguaggio mentale fosse

inerentemente letterale: il mondo reale corrispondeva al mondo oggettivo, ed il mondo oggettivo andava a sua volta descritto tramite linguaggio letterale. Non veniva presa seriamente in considerazione la concezione relativistica della parzialità del punto di vista soggettivo, e soprattutto non si teneva conto del fatto che ogni input proveniente dal mondo reale viene filtrato dagli esseri viventi, tramite le facoltà percettive proprie di ogni specie, in questo caso attraverso la percezione degli esseri umani.

Abbiamo dunque sviluppato storicamente una concezione tramite la quale il mondo reale va interpretato con criteri linguistici non figurativi. Questo tipo di interpretazione della realtà può sicuramente aver influito su movimenti culturali e filosofici quali l’illuminismo ed il positivismo, portando senza dubbio ad un notevole sviluppo rispetto alle dottrine filosofiche che li precedevano. Con l’avvento del XX Secolo, e contestualmente del relativismo, è stata data sempre maggiore attenzione alla sfera soggettiva dell’essere umano: la percezione ed il punto di vista hanno iniziato ad influire in modo sempre maggiore sull’approccio all’interpretazione della realtà. E’ stato dunque necessario “aggiornare” sostanzialmente la nostra concezione della realtà, per adattarla alle modalità ed alle idee che i processi culturali e filosofici hanno sviluppato durante l’ultimo secolo.

E’ in questo contesto che si inseriscono gli studi cognitivi volti ad approfondire l’analisi del linguaggio umano, in relazione alla realtà in cui agisce. Per secoli la concezione tradizionale dei processi mentali ha imposto serie limitazioni sia agli studi sulla vita mentale all’interno delle scienze cognitive ed umanistiche, sia sulle concezioni più comuni dell’esperienza umana. La mente veniva vista come una sorta di realtà data da Dio, che poteva essere descritta al meglio in un linguaggio semplice, con terminologia non metaforica, che potesse riflettere più da vicino le “verità” sottostanti a riguardo del mondo reale. Le asserzioni figurative o poetiche venivano distinte dalla vera conoscenza,

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come per primo scrisse Platone all’interno della sua critica della poesia. Pensare e parlare poeticamente è come prendere una posizione distorta verso il mondo ordinario, tale da essere considerata disdicevole dalla maggior parte dei filosofi, degli scienziati, e degli educatori.

In questo capitolo cercheremo di spiegare invece quanto la visione tradizionale fosse limitante, e per certi versi anche sbagliata, la cognizione umana è infatti fondamentalmente formata sia dal linguaggio poetico che da quello figurativo, in aggiunta al linguaggio letterale che funge da “base di partenza” sul quale costruire il linguaggio figurativo. Metafora, metonimia, ironia, ed altre allegorie non sono distorsioni linguistiche del linguaggio mentale, costituiscono invece gli schemi basilari che usiamo per concettualizzare la nostra esperienza con il mondo esterno.

A lungo è stato pensato erroneamente che il linguaggio figurativo richiedesse capacità cognitive particolari, o che potessimo trovare un linguaggio del genere solamente all’interno di testi letterari. Tradizionalmente visto come lo strumento dei poeti e dei politici, il linguaggio figurativo si trova non solo all’interno delle pagine letterarie o di scienza politica, ma anche all’interno dei più ordinari atti quotidiani in cui parliamo o scriviamo. L’unica reale differenza fra il linguaggio dei grandi poeti ed il linguaggio utilizzato ordinariamente è che i primi risultano nettamente più creativi, o poetici, rispetto ai secondi. Ma sia i poeti che le persone comuni fanno uso degli stessi schemi di pensiero figurativo nel dire ciò che dicono. Gran parte del parlato quotidiano riflette la capacità delle persone di pensare in modi che vanno oltre il letterale.

I meriti del linguaggio figurativo sono stati ampiamente dibattuti dai tempi dei filosofi greci fino ai giorni nostri, e sebbene oramai lo studio del linguaggio figurativo faccia parte degli studi più nobili a riguardo delle scienze umane, molti scienziati, filosofi, insegnanti e psicologi continuano ancora a riflettere sugli effettivi vantaggi derivanti dal suo uso. Va detto che spesso le critiche sono più che fondate, proviamo a considerare ad esempio il tentativo di spiegare un pensiero astratto utilizzando metafore e figure retoriche che non centrano il senso che si vuole realmente intendere, in questo caso sarebbe sicuramente più utile alla comunicazione l’utilizzo di un linguaggio più letterale, con cui spiegare la propria idea in modo più comprensibile. Ciò però non toglie che, quando viene utilizzato in modo appropriato, il linguaggio figurativo possa dare forma all’espressione semantica di concetti estremamente complessi, talmente profondi o astratti, da non poter essere spiegati con l’utilizzo del solo linguaggio letterale.

E’ stato anche a lungo sostenuto che il linguaggio figurativo facesse parte esclusivamente della parte pragmatica inerente la comprensione del discorso. Tenendo in considerazione sia gli studi di Frege (1892) che le teorie oggettiviste più in generale, si tendeva a considerare la realtà come un’entità

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oggettivamente determinata, sostenuta da relazioni e proprietà che si realizzavano in ogni istante. Frege in particolare, partendo dalla posizione oggettivista, sosteneva che il significato andasse compreso nei termini di riferimento e verità. In questo senso la semantica consiste nella relazione fra simboli e mondo oggettivo, indipendente dunque dalla percezione mentale che ha di essa qualsiasi essere umano. Inoltre la visione di Frege considera la semantica come indipendente dalla pragmatica. La semantica infatti, intesa come relazione fra simboli e cose all’interno del mondo, viene definita in modo da non tenere in considerazione come questi simboli e la loro interpretazione possano essere sviluppati dalle persone che ne fanno uso. La pragmatica invece, intesa come la relazione fra i segni e coloro che li utilizzano, viene vista come lo studio del significato all’interno del contesto. Sia gli oggettivisti che i continuatori del pensiero di Frege sottostanno all’idea che il significato letterale rifletta al meglio il mondo esterno determinato oggettivamente, e che sia dunque questo il miglior modo di descrivere la verità. E’ per questa ragione che, in linguistica, in logica ed in filosofia, la semantica è ancora vista come lo studio del significato letterale. Il linguaggio figurativo invece veniva relegato all’ambito della pragmatica, proprio in funzione del fatto che veniva ritenuto adatto all’utilizzo interpretativo, quindi soggettivo e non “reale / vero”, per spiegare lo sviluppo degli eventi all’interno del contesto.

Pensare al linguaggio figurativo come ad un fenomeno prettamente pragmatico è come persistere sull’interpretazione tradizionale in cui tale tipo di linguaggio è inteso come anomalo o, al meglio, ornamentale. Le motivazioni pragmatiche suggeriscono che la comprensione del linguaggio figurativo sia separata dalla elaborazione “normale” o “ordinaria”, a causa della sua pesante dipendenza dalla conoscenza contestuale del mondo reale. Le ricerche in ambito cognitivo hanno però ormai assodato che il nostro sistema linguistico, che include anche la parte responsabile per quello che spesso concepiamo come linguaggio letterale, è inestricabilmente legata alle altre parti del nostro sistema fisico e cognitivo. Gli studi mostrano come non solo gran parte del nostro linguaggio sia strutturato metaforicamente, ma come lo sia anche gran parte della nostra cognizione. Le persone comuni concettualizzano le loro esperienze in termini figurativi, tramite la metafora, la metonimia, l’ironia, l’ossimoro ed altre figure retoriche storicamente riservate al linguaggio poetico e letterario. Tutti questi principi sono parte fondante del nostro modo di pensare, ragionare ed immaginare.

Basta fare una semplice riflessione per capire quanto le implicazioni metaforiche all’interno del nostro processo cognitivo non solo siano presenti, ma risultino quasi necessarie in certi casi. Consideriamo il nostro modo di percepire la realtà: avremo le nostre capacità sensoriali che ci aiutano ad acquisire i dati che verranno poi elaborati dal nostro cervello, tramite processi mentali. Ciò che va messo in evidenza è che i nostri sensi percepiscono si il mondo reale, ma non sono essi stessi il mondo

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reale. Ciò che percepiamo è, fin dalla sua prima manifestazione, uno stimolo filtrato da un sistema di nervi che vengono indirizzati verso il cervello al fine di essere elaborati. Non c’è niente di più soggettivo della percezione. E’ chiaro che il nostro sistema percettivo cercherà di integrarsi nel modo più attendibile possibile con la realtà in cui viviamo, gli stimoli che riceviamo avranno dunque un grado sufficiente di verosimiglianza ed adattabilità che ci permettono di utilizzarli con successo nelle situazioni più disparate. Questo però non toglie che si tratti principalmente di un filtro che utilizziamo per analizzare la realtà concreta: chi ci dice che i colori “reali” non siano quelli visti da un daltonico? Oppure basta considerare anche altre specie animali, i gatti ad esempio hanno una capacità di percezione visiva diversa dalla nostra, il loro punto forte è quello di riuscire a percepire il movimento degli oggetti anche a distanze relativamente ampie. Qual è il miglior sistema visivo fra i due? Probabilmente la risposta più sensata ci dirà che ognuno dei sistemi visivi si adatta alle funzioni che deve svolgere, non ce ne è uno che sia in assoluto migliore dell’altro. La stessa cosa accade nel linguaggio, non esiste un modo di descrivere la realtà che sia in assoluto migliore di tutti gli altri, piuttosto le varie forme di linguaggio interagiranno le une con le altre al fine di dare una rappresentazione della realtà che sia la più affidabile possibile per colui che la deve interpretare. Risulta dunque chiaro che il linguaggio si basa su fenomeni percettivi soggettivi, come qualsiasi altra funzione del corpo umano. Presumibilmente un modo “oggettivo” per descrivere la realtà non esiste, possiamo invece cercare di sfruttare al meglio ogni nostra capacità per trarre il massimo delle informazioni disponibili dalle nostre possibilità percettive.

Nel caso del linguaggio, le capacità figurative si rivelano spesso estremamente efficaci per descrivere i processi mentali che utilizziamo quando analizziamo cognitivamente i dati del mondo reale, filtrati dai processi percettivi. E’ questo il motivo per cui riteniamo sia importante analizzare le dinamiche linguistiche e cognitive, utilizzando in modo massiccio anche il linguaggio figurativo.

2. La Mente Non E' Inerentemente Letterale

Per proseguire l’analisi linguistica, all’interno di questo capitolo mi avvarrò delle tesi formulate da Raymond Gibbs. Principalmente mi riferirò al suo saggio “The Poetics of Mind”, pubblicato nel 1994. La sua posizione cognitivista dà, a mio parere, un ampio respiro agli studi sul linguaggio figurativo, nell’opera in questione riesce infatti a dare una visione generale piuttosto completa del contesto di ricerca in cui andiamo ad inserirci con questa tesi. Spesso le sue citazioni si rivolgono verso le

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intuizioni di George Lakoff, che ho già approfondito durante il mio percorso di tesi di primo livello, Gibbs riesce però a dare una visione più definita del problema rispetto a Lakoff. E’ questo l’aspetto che mi ha indotto a tenerlo come riferimento in questo capitolo, per poter analizzare poi le tesi di Fauconnier all’interno dei due capitoli successivi.

Partiamo subito col mettere in evidenza alcuni dei punti su cui Gibbs si focalizza, egli parte da alcuni assunti affermando che 2:

La mente non è inerentemente letterale

Il linguaggio non è indipendente dalle mente ma riflette la nostra comprensione percettiva e concettuale dell’esperienza

La figuratività non è solamente una questione linguistica ma fornisce molti dei fondamenti del pensiero, della ragione, e dell’immaginazione

Il linguaggio figurativo non è anomalo o ornamentale, è invece onnipresente nel parlato quotidiano. Molti aspetti del significato delle parole sono motivati da schemi di pensiero figurativo.

Il linguaggio figurativo non richiede processi cognitivi speciali per essere prodotto o compreso.

Alcune di queste affermazioni discendono da una visione minoritaria che vede il pensiero poetico come una caratteristica fondamentale della mente umana

La nostra costruzione della realtà si basa su di una serie di forme simboliche che sono inerentemente figurative.

Queste affermazioni si basano sullo sviluppo di convinzioni filosofiche che partono dagli studi di Giambattista Vico e Jean Jacques Rousseau nel XVIII secolo, passando per Friedrich Nietzsche nel XIX secolo, i filosofi Ernst Cassirer e Suzanne Langer ed i teorici letterari Kenneth Burke e Hayden White nel XX secolo. In tempi più recenti, linguisti cognitivi come George Lakoff ed Eve Sweetser, il retorico cognitivo Mark Turner, ed il filosofo Mark Johnson, all’interno di un crescente gruppo di ricerca sulle scienze cognitive, hanno prodotto lavori dettagliati in cui dimostrano che la metafora, ed in misura minore la metonimia, sono il meccanismo principale attraverso il quale comprendiamo i concetti e svolgiamo i ragionamenti astratti. Questi studiosi contemporanei mostrano come la comprensione metaforica sia messa in atto tramite strutture non-metaforiche pre-concettuali, che sorgono spontaneamente dalla nostra esperienza corporea quotidiana.

Gibbs insiste poi sul distinguere fra i differenti aspetti della comprensione quando pensiamo al ruolo del linguaggio figurativo all’interno del ragionamento linguistico. Consideriamo ad esempio cinque diversi modi in cui il pensiero può influenzare l’uso e la comprensione ordinaria della lingua:

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Il pensiero figurativo non ha niente a che fare né con l’evoluzione storica del significato linguistico, né con la comprensione ordinaria del linguaggio quotidiano da parte del parlante.

Il pensiero figurativo gioca un certo ruolo nel cambiare il significato delle parole e delle espressioni lungo il tempo, ma non stimola l’uso e la comprensione della lingua da parte dei parlanti contemporanei.

Il pensiero figurativo stimola i significati linguistici che sono diffusi all’interno delle comunità linguistiche, o che possono avere un certo ruolo nella comprensione ideale del linguaggio da parte dei parlanti o degli ascoltatori.

Il pensiero figurativo stimola l’uso e la comprensione del perché varie espressioni e parole significhino ciò che significano, ma non gioca alcun ruolo nella produzione e nella comprensione “on-line” del linguaggio quotidiano.

Il pensiero figurativo funziona automaticamente nell’uso e nella comprensione del significato linguistico.

Gli studiosi di linguaggio figurativo giocano spesso a tira e molla fra queste differenti possibilità interpretative, come quando affermano che il pensiero figurativo possa giocare o meno un ruolo nella comprensione del linguaggio. Ad esempio, potrebbe benissimo essere che i parlanti usino la loro preesistente conoscenza metaforica al fine di spiegare perché certe espressioni linguistiche significano ciò che significano. E così, gli individui possono riconoscere che espressioni come “E’ quasi esploso di rabbia” e “Scoppiò del tutto quando seppe degli affari di suo marito”, hanno senso se usate in contesti relativi alla rabbia, a causa della loro tacita implicazione in cui a volte la rabbia venne concettualizzata nei termini di un fluido riscaldato all’interno di un contenitore. In questo caso possiamo dire che la conoscenza metaforica stimola la comprensione del perché certe espressioni linguistiche significhino ciò che significano. D’altro canto, non è necessario che i parlanti attivino automaticamente la loro conoscenza metaforica preesistente, in cui possono considerare la “Rabbia come un fluido riscaldato all’interno di un contenitore”, e di conseguenza applicarla a frasi come “E’ quasi esploso di rabbia” e “Scoppiò del tutto quando seppe degli affari di suo marito”. I parlanti possono facilmente capire il significato convenzionale di queste frasi senza dover ricorrere ad alcuna valutazione della loro conoscenza metaforica che motiva il significato di tali espressioni.

Per distinguere fra queste diverse possibilità di interpretazione del ruolo della conoscenza metaforica nella comprensione linguistica, dovremo usare metodi sperimentali piuttosto sofisticati, basati principalmente sulla ricerca psicolinguistica contemporanea. Le nostre intuizioni da sole non sono sufficienti, poiché molti processi automatici che operano nella comprensione quotidiana del linguaggio vanno oltre la consapevolezza immediata. Cercheremo dunque di considerare nel dettaglio le ampie ricerche empiriche all’interno della psicologia cognitiva, della psicolinguistica, e della psicologia dello sviluppo che, durante gli ultimi trent’anni, hanno aumentato i dati a nostra disposizione al fine di far luce nelle controversie di lunga durata sulla natura della comprensione del significato

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figurativo e del linguaggio letterale.

3. Il Processo di Comprensione del Linguaggio Figurativo

L’ipotesi più significativa della visione tradizionale a riguardo del linguaggio figurativo è che tale tipo di linguaggio sia anomalo, e che richieda processi cognitivi speciali per essere compreso. Mentre il linguaggio letterale può essere compreso attraverso meccanismi cognitivi normali, gli ascoltatori devono invece riconoscere la natura anomala di un discorso figurativo prima di determinarne il significato non letterale. Se per esempio qualcuno dicesse “Le critiche lasciano segni indelebili”, il significato non verrà inteso letteralmente come l’utilizzo di uno strumento concreto che lascia segni indelebili sul corpo di chi subisce una critica. Colui che pronuncia questa frase intenderà piuttosto che fra le righe ci sia un significato figurativo, in cui la critica viene intesa come qualcosa che può ferire psicologicamente colui che la riceve, spesso con conseguenze a lungo termine. 3

Come riesce un ascoltatore a capire frasi figurative come “Le critiche lasciano segni indelebili”? E’ più difficile capire il discorso figurativo o elaborare il linguaggio letterale? Anche se il significato letterale non è definibile in senso assoluto 4 , ci possono essere sicuramente dei vantaggi

nell’elaborazione dei significati che sono vicini al senso che le singole parole hanno all’interno di una frase. Va però notato anche che la struttura mentale poetica, cioè la parte con cui utilizziamo metafora, metonimia, ironia e così via, facilita la comprensione del linguaggio figurativo.

Per fare il punto su quali siano le idee più influenti a riguardo della comprensione del linguaggio figurativo, faremo riferimento alle note teorie di Grice sulle implicature conversazionali 5 , e ai lavori di

Searle sulla teoria dello “Speech Act”. 6

Grice notò che molte delle informazioni che sono convogliate all’interno di una conversazione vengono spesso implicate, piuttosto che asserite. Prendiamo il seguente esempio:

Enrico: Ti va un pezzo di torta? Giovanna: Sono a dieta

3 Raymond Gibbs “The Poetics of Mind” (1994) – p. 80 4 Raymond Gibbs “The Poetics of Mind” (1994) – pp. 24-79

5 Paul Grice “Logic and Conversation” in Syntax and Semantics. Vol. 3. Ed. P. Cole and J. Morgan, Academic Press, New York (1975). pp. 41-58

Paul Grice “Further Notes on Logic and Conversation” (1978), in Peter Cole (a cura di), Syntax and Semantics, vol. 9: Pragmatics, New York, Academic Press, 1978, pp. 113-28, poi in Studies in the Way of Words.

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Comprendere che Giovanna intendesse la sua dichiarazione come un rifiuto dell’offerta di Enrico richiede che l’ascoltatore passi attraverso ad una catena di ragionamenti riguardanti le intenzioni del parlante, poiché la risposta di Giovanna non consegue logicamente alla domanda di Enrico. Grice chiama “implicatura” la seconda parte del significato inteso da Giovanna all’interno della sua risposta. In questo modo, Grice ha distinto il dire e l’implicare come due parti del significato inteso dal parlante.

Come fanno le persone a capire le implicature che stanno dietro alle frasi? Grice propose che le implicature fossero uno degli esiti naturali della cooperazione fra parlante ed ascoltatore all’interno della comunicazione. La sua argomentazione si basava sul fatto che tutti i parlanti aderissero al “Principio di Cooperazione”. Con ciò egli affermava che i parlanti dovessero

Dare il loro contributo alla conversazione per quanto richiesto, nel momento in cui occorre, con lo scopo o l’orientamento accettato all’interno dello scambio conversazionale in cui si è coinvolti. 7

Quando Giovanna dice di essere a dieta, Enrico intende la sua risposta in modo cooperativo, che di conseguenza dovrà implicare qualcosa oltre al significato letterale della risposta.

Il principio di cooperazione porta con sé quattro massime:

Massima di Quantità: fornisci l'informazione necessaria, né di più, né di meno. Il contributo alla conversazione deve essere informativo quanto richiesto, non ci si aspetta che un parlante dia un'informazione sovrabbondante, o che dica troppo poco.

Massima di Qualità: sii sincero, fornisci informazione veritiera, secondo quanto sai. In genere non si dovrebbe dire ciò che si ritiene falso, o ciò di cui non si hanno prove sufficienti, o lo scopo della comunicazione fallirebbe.

Massima di Relazione: sii pertinente. Il contributo informativo di un enunciato dovrebbe essere pertinente con la conversazione.

Massima di Modalità: sii chiaro. L'enunciato dovrebbe essere chiaro, poco ambiguo, breve e ordinato. Infatti questa massima, contrariamente alle altre tre, non si riferisce a quanto detto bensì al modo, alla maniera, in cui questo viene esposto.

L’unione di queste massime costituisce ciò che per un parlante significa l’essere cooperativo col suo interlocutore.

Grice capì che i parlanti non utilizzavano sempre queste massime conversazionali. Fin tanto che i parlanti aderiscono al principio di cooperazione, possono violare o aggirare ognuna di queste massime, 7 Paul Grice “Logic and Conversation” (1975) p. 45

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per produrre certe implicazioni. I parlanti possono infatti violare le massime intenzionalmente, ed implicare specificatamente che gli ascoltatori si accorgano di tale violazione.

La distinzione fra dire ed implicare ha ovviamente delle ramificazioni all’interno dello studio del linguaggio figurativo. Se partiamo dal presupposto che i parlanti siano cooperativi, essi possono aggirare qualsiasi massima conversazionale nel tentativo di comunicare lo stesso significato attraverso il linguaggio figurativo. Gli ascoltatori possono elaborare, in una serie di passaggi, le implicature dietro ad ogni frase in cui il significato inteso diverge dal significato letterale 8.

Dunque Grice ritiene che il linguaggio figurativo richieda uno sforzo cognitivo maggiore per essere compreso, poiché tali tipi di frase violano almeno una delle massime conversazionali, solitamente la Massima di Quantità, la Massima di Qualità, o entrambe. Anche Searle 9 offre un’analisi

razionale simile per quanto riguarda la comprensione del linguaggio figurativo. Searle crede che i principi griceiani di cooperazione e le regole per svolgere gli “Speech Acts” 10 siano sufficienti a

fornire i principi base per la comprensione del linguaggio figurativo. Una versione di questa idea generale, chiamata “Modello pragmatico standard”, suggerisce che la comprensione del linguaggio figurativo richieda uno sforzo cognitivo maggiore rispetto alla comprensione del linguaggio letterale. Questa convinzione riflette ancora l’ipotesi di vecchia data in cui il significato figurativo viene inteso come deviante, poiché richiede processi mentali particolari per essere compreso.

L’ipotesi tradizionale secondo la quale il linguaggio figurativo sarebbe deviante, poiché viola le norme comunicative, suggerisce che i parlanti dovrebbero impiegare più tempo a trattare frasi con linguaggio figurato, piuttosto che a comprendere espressioni letterali. Tuttavia, questa idea può essere considerata falsa per due ragioni principali. Primo, la struttura poetica della mente suggerisce che il linguaggio figurativo rifletta gli aspetti fondamentali del pensiero quotidiano. Le persone non trovano in alcun modo il linguaggio figurativo più difficile da elaborare rispetto al discorso letterale, perché entrambi i tipi di linguaggio sorgono da schemi di pensiero figurativo che formano una parte dominante del nostro sistema concettuale. Per questo motivo, il linguaggio figurativo non viola le norme della comunicazione cooperativa, e può dunque essere compreso con facilità. Secondo, le persone possono trovare il linguaggio figurativo immediatamente comprensibile, quando incontrano questo tipo di frasi in contesti di discorso reale.

Se dunque le persone riescono a determinare realmente il significato letterale di una frase prima di 8 Bach & Harnish (1979) ; Gordon & Lakoff (1975) ; Grice (1975) ; Searle (1975)

9 John Searle (1978)

10 Per un’approfondimento sugli “Speech Acts” vedi Searle (1969), per il momento ci basti sapere che la sua teoria tende a dividere il discorso in tre tipologie di atto linguistico: Locuzione (struttura ed enunciato), Illocuzione (obiettivo, intenzione comunicativa), Perlocuzione (effetto dell'atto linguistico sull'interlocutore).

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riuscire a determinarne il significato indiretto, allora si potrebbe ipotizzare che impieghino di più anche a verificare il significato delle richieste indirette rispetto alla comprensione di quelle dirette. Questa ipotesi è stata confermata da esperimenti empirici, le richieste indirette richiedono infatti circa un secondo in più per essere comprese rispetto a quelle dirette. E’ stato inoltre ipotizzato che ci vorrebbe più tempo anche per determinare il significato delle frasi negative, rispetto al significato di quelle affermative (H. Clark & Chase, 1972). Anche questa ipotesi è stata confermata empiricamente, il test ha infatti dimostrato che per comprendere una frase negativa ci vogliono circa 500 millisecondi in più che per comprendere la corrispettiva frase affermativa. Questi risultati vennero utilizzati a supporto del Modello Pragmatico Standard, dato che i lettori sembravano analizzare il significato letterale delle domande indirette prima di determinare l’interpretazione scelta.

Un ostacolo nell’interpretazione di questi dati riguarda le situazioni in cui alle persone veniva richiesto di comprendere le forme indirette di “Speech Acts”. Molti degli studi psicolinguistici degli anni sessanta e settanta esaminavano la comprensione della frase al di fuori dai contesti linguistici e sociali reali. E’ come chiedere “Mi puoi passare il sale?” senza sapere se siamo all’interno di una cucina o sul vagone di un treno. E’ chiaro che nel primo caso sarà più facile e veloce capire il significato della frase rispetto al secondo caso. Gli ascoltatori utilizzano infatti la loro conoscenza della situazione sociale in cui si trovano, conoscono inoltre il parlante e le sue probabili intenzioni comunicative, infine considerano anche le forme convenzionali delle frasi con cui si effettuano delle richieste.

I risultati di studi effettuati sulla determinazione del significato all’interno di un contesto mostravano che, quando gli enunciati venivano letti all’interno di un contesto appropriato, le richieste indirette non richiedevano più tempo per essere comprese rispetto ad altre espressioni letterali o a richieste dirette. Se invece non veniva considerato alcun tipo di contestualizzazione, coloro che partecipavano a questi esperimenti impiegavano molto più tempo a leggere e parafrasare gli enunciati di tipo indiretto o figurato, rispetto al tempo che impiegavano per comprendere le espressioni letterali. Questi risultati suggeriscono che, quando le espressioni linguistiche vengono poste nel contesto situazionale appropriato, le persone non analizzano necessariamente il significato letterale degli enunciati linguistici indiretti prima di derivarne la loro interpretazione indiretta o figurata.

Questo modello propone che le persone non elaborino necessariamente in prima istanza l’interpretazione letterale degli enunciati non letterali, ma che lo facciano contemporaneamente alla loro comprensione dei significati indiretti o figurativi. Sembra che l’ascoltatore solitamente analizzi il significato letterale di queste richieste indirette, forse in modo parallelo alla determinazione del

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significato non letterale. Questi risultati inducono a pensare che l’elaborazione del linguaggio non letterale richieda qualche processo aggiuntivo che lavora in parallelo con il normale processo di comprensione dei normali enunciati linguistici di tipo letterale.

Cerchiamo di fare il punto della situazione e di chiarire praticamente in che cosa consistano gli enunciati non letterali a cui ci stiamo riferendo. Prendiamo qualche esempio 11:

CONTESTO LETTERALE

Martin stava parlando col suo psichiatra.

Aveva molti problemi nei rapporti interpersonali. Sembrava sempre ostile agli altri.

Martin fece notare questo allo psichiatra:

“Mi sembra di estraniare qualunque persona incontri.” Lo psichiatra disse:

“Non potresti essere amichevole?” INTERPRETAZIONE

Letterale: “Non riesci ad essere amichevole?” Indiretta: “Per favore sii amichevole con gli altri.” Non pertinente: “Fa piuttosto caldo oggi.” Anomala: “Possedere computer mai tu”

CONTESTO DI RICHIESTA INDIRETTA

La Signora Bianchi stava guardando i suoi bambini giocare nel cortile. Uno dei figli dei vicini si è aggregato per giocare.

Ma il figlio della Signora Bianchi non vuole condividere i suoi giocattoli. Questo la fa arrabbiare.

La Signora Bianchi esce fuori arrabbiata e dice a suo figlio con tono severo: “Non potresti essere amichevole?”

INTERPRETAZIONE

Indiretta: “Per favore sii amichevole con gli altri.” Letterale: “Non riesci ad essere amichevole?” Non pertinente: “Fa piuttosto caldo oggi.” Anomala: “Possedere computer mai tu”

L’interpretazione indiretta di entrambi gli esempi è considerata generalmente come l’interpretazione convenzionale. Questi esempi sono stati testati ed utilizzati da Gibbs stesso come 11 Raymond Gibbs “The Poetics of Mind” (1994) pp.89-90

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prove empiriche per dimostrare che, quando il lettore si trovava ad analizzare la richiesta indiretta, era molto più veloce ad effettuarne la classificazione dell’interpretazione indiretta rispetto a quando si trovava ad analizzare l’interpretazione letterale. Inoltre, nel caso dei test effettuati nel contesto di richiesta indiretta, non c’era alcuna differenza di tempo significativa fra le risposte legate alle interpretazioni letterali e quelle legate alle interpretazioni non pertinenti. Quest’ultimo dato in particolare mostra come non ci sia alcun residuo di elaborazione riguardante il significato letterale di richieste indirette, che in tal caso avrebbe indicato una predisposizione naturale verso le interpretazioni di tipo letterale. Nel nostro esempio invece l’interpretazione letterale all’interno di una richiesta indiretta, non solo viene messa in secondo piano rispetto all’interpretazione figurata, ma viene equiparata ad una risposta non pertinente. Viene dunque così dimostrato che esistono contesti reali, in particolar modo legati a discorsi indiretti, nei quali l’interpretazione letterale viene intesa come estranea rispetto al senso inteso all’interno dell’enunciato.

Ripensiamo alla semplice frase “Mi puoi passare il sale?”, è chiaro che se ci trovassimo all’interno di una cucina l’interpretazione letterale sarebbe quella a cui perverremmo più velocemente. Se invece ci venisse posta la stessa domanda in un luogo pubblico come in un parco, o su un treno, rimarremmo in prima battuta piuttosto sconcertati, e probabilmente cercheremmo un’interpretazione non letterale della domanda, senza probabilmente trovarla. Anche in questo caso la dipendenza dal contesto è cruciale nella scelta del tipo di interpretazione da svolgere. Pensiamo invece ad un esempio come “Ti stai friggendo il cervello”, anche se analizziamo questa frase all’interno di un contesto culinario l’interpretazione letterale ci sembrerà quantomeno anomala, se non del tutto impossibile. L’esempio mostra chiaramente come in questo caso l’interpretazione figurativa sia la prima ad essere svolta dai nostri processi mentali, se ci trovassimo in un contesto culinario forse ci potrebbe far sorridere, ma se pensiamo ad un ragazzino che sta per ore davanti alla televisione l’interpretazione figurativa diventa pressoché naturale.

In generale, le persone tendono ad utilizzare una sorta di interpretazione convenzionale, sia che si trovino davanti ad enunciati da interpretare letteralmente, che ad enunciati da interpretare in modo indiretto o figurativo. Questo tipo di processo si basa principalmente sulla familiarità e sulla consuetudinarietà che abbiamo con le tipologie di frase che andiamo ad interpretare, facciamo qualche esempio. Ad esempio la forma di alcune frasi tipicamente interrogative introdotte da “Potresti…?” o “Sapresti…?”, vengono solitamente percepite come richieste indirette fin dall’inizio della frase. La familiarità degli ascoltatori con questo tipo di frasi, insieme al contesto, li induce immediatamente ad

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interpretare il significato figurativo di queste richieste. 12 Anche in questo caso l’interpretazione

letterale viene considerata in seconda battuta rispetto a quella indiretta.

4. Tipologie di Linguaggio Figurativo

In questa sezione analizzeremo nello specifico cinque delle principali tipologie di linguaggio figurativo: gli idiomi, lo slang, le metafore, la metonimia e l’ironia. Partiremo dunque da una sorta di esempio più colloquiale, come possono essere gli idiomi, per arrivare infine a forme sempre più “astratte” di linguaggio figurativo come possono essere la metonimia e l’ironia. Chiaramente il caso della metafora sarà quello su cui ci soffermeremo maggiormente, anche perché è probabilmente quello che caratterizza più in profondità il tipo di processo di elaborazione che svolgiamo quando utilizziamo il linguaggio figurativo.

4.1 Gli Idiomi

Gli idiomi sono stati tradizionalmente definiti come espressioni il cui significato non è composizionale, dunque non conseguente ai significati individuali delle parole all’interno della frase. 13

Ad esempio, l’interpretazione figurative di “Tirare le cuoia” (“Morire”), non può essere determinata attraverso l’analisi del significato delle singole parole. Alcuni studiosi propongono che gli idiomi siano metafore morte, espressioni che hanno perso la loro metaforicità attraverso il tempo, ed ora esistono come unità semantiche “congelate”, spesso utilizzate all’interno di un contesto o di un lessico particolare (Gibbs, 1993b). Si presume che gli idiomi come “Tirare le cuoia” siano compresi elaborando in un primo momento il significato letterale della frase, e recuperando poi il significato figurativo della frase tramite il particolare lessico utilizzato al suo interno, dal momento che si suppone che l'interpretazione letterale venga considerata inappropriata all’interno di quel contesto. Questa ipotesi implica che dovrebbe essere più difficile capire “Tirare le cuoia” quando viene utilizzata come frase idiomatica, piuttosto che quando viene utilizzata in senso letterale.

Questo tipo di conclusione è difficile da accettare, dato che oltretutto, negli esperimenti eseguiti col fine di dimostrare questa ipotesi, l’esame del processo di comprensione degli idiomi è stato 12 Raymond Gibbs “The Poetics of Mind” (1994) – p.91

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analizzato molto tempo dopo rispetto al momento in cui le frasi sono state comprese dai tester esaminati. Le teorie sulla comprensione del linguaggio figurativo dovrebbero invece tener ben presenti i tempi del processo di interpretazione linguistica. Se gli esperimenti esaminano la comprensione linguistica molto tempo dopo rispetto a quando sottopongono i tester alla lettura dell’idioma in esempio, generalmente non potranno essere molto informativi a riguardo della comprensione immediata ed inconscia, che si sviluppa durante l’elaborazione “on-line” del processo linguistico. Ad esempio, altri studi sull’elaborazione degli idiomi hanno calcolato il tempo impiegato dai tester per valutare la significatività delle frasi usate come esempio. In questi esperimenti l’espressione idiomatica “Tirare le cuoia” richiedeva un tempo significativamente minore per essere compresa rispetto ad enunciati letterali come “Lavorare il cuoio”. 14 Quando qualcuno legge un’espressione idiomatica,

all’interno di un contesto che ne favorisca l’interpretazione idiomatica, impiega meno tempo ad interpretare l’idioma rispetto a quando legge la stessa frase all’interno di un contesto letterale. Il tempo ulteriore necessario a comprendere gli idiomi all’interno del contesto letterario è stato attribuito al fatto che le persone tendono ad interpretare automaticamente queste frasi secondo la loro interpretazione convenzionale, quindi figurativa, prima di distinguerne il significato letterale proprio di quel contesto (Gibbs 1980, 1986d).

Altri ricercatori sostengono che, sebbene il significato letterale degli idiomi non debba essere elaborato prima del loro significato figurativo, entrambe le tipologie di significato possono essere avviate simultaneamente nel momento in cui viene pronunciata o letta la prima parola all’interno della stringa idiomatica, così come sembra accadere per le ambiguità lessicali. 15 Questo modello, chiamato

“Ipotesi di rappresentazione lessicale”, sostiene che gli idiomi siano immagazzinati e che vengano estratti dal lessico allo stesso modo di ogni altra parola, e dunque che gli idiomi siano unificati alle parole per quanto riguarda l’accesso, il recupero, e la rappresentazione all’interno del lessico. La comprensione degli idiomi sarebbe però più veloce rispetto a quella delle frasi letterali, poiché l’elaborazione simultanea del significato letterale e figurativo di un idioma si risolverebbe in una sorta di competizione fra le due interpretazioni, tramite cui si renderebbe più rapida la risposta dei tester all’interpretazione di frasi idiomatiche rispetto a quella delle frasi letterali, in cui viene analizzato un solo significato.

L’ipotesi di rappresentazione lessicale è invitante perché non richiede alcun tipo di processo speciale per la comprensione degli idiomi, ed inoltre coglie al meglio l’intuizione per la quale gli idiomi vengono compresi come se fossero parole singole. Tuttavia, il fatto che gli idiomi richiedano 14 Burt (1992) ; Gibbs & Gonzales (1985) ; Gibbs, Nayak & Couting (1989) ; Swinney & Cutler (1979)

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meno tempo ad essere elaborati rispetto al significato delle frasi di tipo letterale non indica necessariamente che il significato letterale degli idiomi venga analizzato contemporaneamente alla loro interpretazione non letterale. La familiarità d’uso che le persone hanno con gli idiomi può infatti influenzare facilmente il riconoscimento immediato di questo tipo di frasi figurative.

Proponiamo ora un tentativo di fornire un ulteriore supporto all’ipotesi di rappresentazione lessicale, esplicitamente indirizzato al ruolo della familiarità nell’elaborazione linguistica degli idiomi (Glass, 1983). In questo studio i tester dovevano rispondere se un idioma come “Prendere la medicina” avesse un significato uguale o differente rispetto a una sua parafrasi letterale come “Ingerire una sostanza curativa” o a un’interpretazione figurativa come “Subire la giusta punizione”. I risultati hanno indicato che non c’era differenza fra i tempi che i tester impiegavano nel leggere l’idioma e nel valutare se una parafrasi letterale o un’interpretazione figurativa avessero la stessa valenza semantica. Questo è in contrasto con gli altri risultati, dove i tester impiegavano meno tempo a leggere e formulare opinioni sulle interpretazione degli idiomi rispetto a quello che impiegavano per le frasi letterali (Gibbs, 1980, 1983).

Un altro tipo di studio ha tentato di mostrare che le persone analizzano ordinariamente sia il significato letterale che il significato figurativo degli idiomi. 16 In questo esperimento, gli ascoltatori

dovevano controllare gli usi letterali e figurativi degli idiomi in parole specifiche che gli venivano mostrate alla fine delle frasi prese in analisi. Ad esempio, i tester potevano ascoltare una frase come “Seppellire l’ascia di guerra” alla fine di un piccolo racconto che induceva sia ad un’interpretazione figurativa che ad un’interpretazione in senso letterale. Ai tester veniva detto di far attenzione ad una particolare parola chiave mentre ascoltavano il racconto. Queste parole chiave potevano essere sia di tipo identico alle parole indizio date in precedenza, come ad esempio “Ascia”, sia della stessa categoria semantica della parola indizio, come ad esempio “Strumento”, e potevano anche essere in rima con la parola indizio data in precedenza, come ad esempio “Faccia”. I tester erano capaci di individuare i diversi obiettivi per ciascuno tipo di indizio, tanto per l’uso di idiomi letterali che per quello di idiomi figurativi. Questi dati vennero visti come una prova a supporto dell’idea che le persone elaborino sia il significato letterale che il significato figurativo nell’uso degli idiomi.

E’ tuttavia possibile che le persone esaminino gli aspetti del significato convenzionale all’interno delle singole parole di un idioma, senza combinare realmente questi significati per formare una rappresentazione letterale della frase (Gibbs, 1985a). Ci sono alcune prove a supporto di questa possibilità. 17 Alcune parti di un idioma sono infatti più rilevanti di altre se vogliamo determinarne il

16 Estill & Kemper (1982) 17 Cacciari & Tabossi (1988)

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significato figurativo all'interno della frase idiomatica. Consideriamo questo esempio: Dopo l'eccellente prestazione, il tennista era al settimo cielo

Il significato di questa frase potrebbe essere elaborato in modo letterale finché non incontriamo l’ultima parola, cielo. Sembra infatti che senza il contesto le persone elaborino ogni elemento lessicale all’interno dell’idioma finché non trovano la parola chiave. Da quel punto in avanti viene compresa la frase idiomatica secondo il suo convenzionale senso figurativo. Nella comprensione della frase idiomatica, le informazioni contestuali appropriate possono sovrapporsi all’analisi letterale effettuata sulle parole precedenti. In ogni caso è improbabile che, per costruirne un’interpretazione letterale, le persone tengano in considerazione tutti i possibili significati delle parole all’interno di un idioma.

Ricerche più recenti hanno rivolto l’attenzione verso il ruolo della familiarità per quanto riguarda la comprensione immediata degli idiomi. Gli idiomi molto familiari vengono compresi in modo generalmente più rapido rispetto a quelli meno familiari. 18 Gli idiomi si differenziano anche nella

misura in cui il loro senso letterale o figurativo viene percepito come più o meno familiare. 19 Ad

esempio, alcuni idiomi come “Prendere in giro”, sono intesi principalmente ad avere interpretazioni figurative come “Scherzare” o “Deridere”. Mentre altri idiomi come “Prendere la medicina”, vengono utilizzati sia in senso letterale che in senso figurativo e sono pressappoco uguali sia nella frequenza d’uso che nella familiarità. La misura in cui un idioma ha un significato prevalentemente letterale o figurativo, può influenzare la difficoltà che le persone hanno nel comprendere queste frasi quando sono utilizzate in senso non letterale. Altri idiomi possono essere usati in contesti che sostengono sia il loro significato letterale che il loro significato figurativo (Burt, 1992 ; Mueller & Gibbs, 1987). Dunque una frase come “Pattinare su ghiaccio sottile” può avere un significato sia letterale che figurativo, se pronunciata in una situazione dove qualcuno sta realmente pattinando su ghiaccio sottile. Le persone trovano difficoltà molto maggiori nell’interpretare queste tipologie di idiomi biunivoci o isomorfi, piuttosto che nel comprendere idiomi inseriti in contesti più semplicemente figurativi. Se ad esempio usassimo la frase “Pattinare su ghiaccio fine”, quando non ci troviamo in una situazione dove ci sia qualcuno che pattina sul ghiaccio, l’interpretazione figurativa della frase risulta molto più facile. Questi risultati ci aiutano a sostenere l’idea secondo la quale la difficoltà di elaborazione di un idioma dipende, in parte, anche dalla frequenza d’uso e dalla familiarità che i parlanti hanno con queste frasi.

Le ricerche sperimentali sugli idiomi portano a due conclusioni. Primo, gli idiomi non richiedono 18 Schweigert (1986, 1991) ; Schweigert & Moates (1988)

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processi mentali particolari per essere compresi. Secondo, comprendere gli idiomi non sembra richiedere l’analisi del significato letterale di tali frasi.

4.2 Lo Slang

Le espressioni in slang sono spesso associate a frasi idiomatiche. Malgrado ciò, all’interno di una lingua lo slang viene solitamente considerato come meno duraturo rispetto agli idiomi, ed inoltre viene utilizzato soltanto da alcuni gruppi di individui o di comunità specifiche (Spears, 1982), in ogni caso spesso è difficile distinguere lo slang dagli idiomi. Le metafore in slang esprimono frequentemente delle attitudini o dei sentimenti del parlante che le espressioni idiomatiche non riescono a rendere esplicite. Ad esempio, l’espressione “E’ in trip”, intesa nel senso di qualcuno che sta assumendo droghe, può suggerire che il parlante sia consapevole di certe norme ed attitudini sociali sulle droghe e sulla cultura ad esse inerenti. Conoscere quale sia lo slang appropriato in una particolare situazione va ben oltre la semplice conoscenza di una lingua, mostra infatti coloro che sono “alla moda” e coloro che non lo sono, all'interno del contesto in cui si trovano.

Il modello pragmatico standard suggerisce che le persone dovrebbero incontrare maggiori difficoltà nel comprendere le metafore in slang, come “Mi serve un po’ di grana” (per dire “Ho bisogno di soldi”) piuttosto che l’equivalente significato letterale “Ho bisogno di soldi”. Ancora una volta, questo risultato sarebbe attendibile nel caso in cui fosse ottenuto da qualcuno che interpreta in senso letterale questa frase prima che ne venga determinata l’interpretazione in senso figurato. Tuttavia, le persone non impiegano più tempo a comprendere le metafore in slang rispetto a quanto ne impiegano ad elaborare il significato letterale della stessa frase, o di una frase dal significato equivalente, senza l'utilizzo dello slang (Gibbs & Nagoka, 1985).

Un’altra importante conclusione tratta da questo studio ci indica che i tester erano più veloci ad elaborare la prima metafora in slang che trovavano nell’esperimento, rispetto al primo enunciato letterale. Questo risultato esclude la possibilità che i tester fossero più veloci a comprendere lo slang facilitati dal fatto di essere inseriti all’interno di un contesto che ne facilitasse l’elaborazione, dato che casi come questi si sono ripetuti in numero relativamente ampio di occasioni. Dunque, come nel caso degli idiomi, le persone comprendono il significato figurativo delle metafore in slang senza dover prima scartare il cosiddetto significato letterale, perché considerato anomalo o inappropriato.

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4.3 Le Metafore

Varie ricerche dimostrano come il modello pragmatico standard non spieghi le normali strategie di elaborazione quando le persone comprendono le metafore in contesti linguistici e sociali adeguati. Uno studio metteva i tester davanti a frasi come “Incuranti del pericolo, le truppe si misero in marcia”, da intendersi sia in un contesto letterale che in un contesto metaforico. 20 Ecco l’esempio dei due contesti:

CONTESTO LETTERALE

Avvicinandosi alla fanteria nemica, i soldati temevano di trovare delle mine antiuomo Erano preoccupati che la loro presenza potesse essere scoperta anzitempo

Le loro preoccupazioni erano aggravate dalla consapevolezza di poter rimanere isolati dai rinforzi. Le prospettive erano sinistre

Incuranti del pericolo, le truppe si misero in marcia

CONTESTO METAFORICO

I bambini continuavano ad infastidire la baby-sitter

Lei disse ai piccoli che non avrebbe più tollerato alcun comportamento cattivo Arrampicarsi in cima ai mobili non era consentito

Lei minacciò di sculacciarli se avessero continuato a saltare, correre ed urlare in giro per la stanza. I bambini sapevano che i suoi sculaccioni facevano male.

Incuranti del pericolo, le truppe si misero in marcia

Dato un contesto sufficiente, può non esserci bisogno di analizzare l’interpretazione letterale delle sentenze metaforiche prima di derivarne il significato metaforico inteso. Quando i tester arrivavano al punto nodale della frase, dopo essere stati introdotti da un lungo contesto, non c’era differenza fra il tempo di lettura delle frasi letterali e di quelle metaforiche. Tuttavia, quando i tester arrivavano al punto della frase all’interno di contesti brevi, le interpretazioni metaforiche richiedevano un tempo di lettura significativamente più lungo rispetto alle frasi letterali.

Passiamo ora ad un esempio in cui si tenta di dimostrare come le persone siano indirizzate automaticamente verso il significato figurativo di una metafora. In questo caso Glucksberg, Gildea e Bookin hanno utilizzato una variante del cosiddetto “Effetto Stroop”.21

20 Ortony, Schallert, Reynolds, Antos (1978)

21 Stroop J.R. “Studies of interference in serial verbal reactions” (1935). Journal of Experimental Psychology, 18, pp. 643-662

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Ai tester di questo studio è stato chiesto di effettuare decisioni rapide sulla verità in senso letterale di frasi come “Certi lavori sono prigioni”. Questo tipo di verifica elimina la necessità di cercare un’interpretazione non letterale della frase, dal momento che ai tester viene richiesto di rispondere solamente a riguardo della verità letterale di ogni enunciato. Se fosse necessaria una qualche condizione di attivazione (“Triggering condition”) 22 per comprendere il significato non letterale di una

metafora, allora un enunciato come “Certi lavori sono prigioni” andrebbe semplicemente considerato come un enunciato “falso” dal punto di vista letterale. Tuttavia, se i tester comprendono automaticamente il significato non letterale degli enunciati metaforici, allora la risposta “falso” verrebbe a trovarsi in conflitto con la reazione reale del tester, che invece considera in modo automatico il significato metaforico dell’enunciato. Avremmo cioè un enunciato falso dal punto di vista letterale, ma vero dal punto di vista metaforico. Quando si verifica un conflitto di questo tipo, il tester dovrebbe impiegare più tempo ad elaborare l’interpretazione falsa dal punto di vista letterale, rispetto a quella vera dal punto di vista metaforico.

I risultati di questi studi hanno correttamente indicato che, dal punto di vista letterale, i tester considerano false frasi come “Certi lavori sono prigioni”. Tuttavia, la possibilità di un’interpretazione metaforica vera come “Alcune persone sono intrappolate dalle loro occupazioni lavorative”, interferisce nell’effettuare il processo di comprensione letterale. Quando c’era la possibilità di interpretare in senso metaforico le frasi che risultavano false dal punto di vista letterale, i tester impiegavano un tempo significativamente più ampio per decidere che tali frasi erano false. L’effetto di interferenza della metafora nella comprensione della frase, fornisce la prova che il significato metaforico veniva comunque compreso, malgrado l’assenza di qualsiasi segnalazione di fallimento dell’interpretazione letterale. Inoltre, queste conclusioni hanno anche dimostrato che i significati non letterali di affermazioni metaforiche possono essere determinati automaticamente, anche in assenza di un qualsiasi contesto che ne favorisca un’interpretazione figurativa (Glucksberg e altri, 1982).

Coloro che leggono una metafora sembrano dunque incapaci di ignorare il significato figurativo di queste frasi, anche quando vengono chiamati a focalizzarsi esclusivamente sul significato letterale delle frasi stesse. Uno studio ha mostrato questa caratteristica con più forza (Keysar, 1989). Ai tester venivano dati da leggere alcuni brevi racconti, come quello che segue.

Giovanni è talmente esperto nelle arti magiche da riuscire a segare una donna in due, o a tirar fuori conigli dai cappelli. Si guadagna da vivere viaggiando per il mondo con un costoso entourage di tecnici ed attrezzature. Per quanto Giovanni cerchi di gestire il budget oculatamente, gli sembra però sempre che i soldi svaniscano nell’aria. Dato che ha un pubblico 22 “Triggering Condition” è la terminologia originale usata da Gibbs che ho ritenuto opportuno citare.

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così vasto, perché non va mai almeno in pareggio?

I tester dovevano decidere, il più velocemente possibile, se una frase chiave come “Giovanni è un mago”, fosse vera o falsa. Questa frase chiave letteralmente è vera, ma metaforicamente è falsa. Se consideriamo l’aspetto economico, Giovanni non è assolutamente un mago. Se i lettori si attengono esclusivamente all’interpretazione letterale, allora il falso significato metaforico non dovrebbe giocare alcun ruolo all’interno dell’interpretazione. In realtà però il significato metaforico gioca un ruolo e interferisce realmente con la decisione dei tester nell’interpretare come vero il significato letterale della frase, in cui Giovanni viene definito come un mago di professione. Se Giovanni fosse descritto in questo stesso contesto come qualcuno che riesce ad avere dei profitti, malgrado le ingenti spese, allora le persone concorderebbero molto velocemente sul fatto che egli sia un mago di professione. In questo caso invece si suppone che questa decisione venga rallentata dalla lettura metaforica, colui che legge questa storia potrebbe infatti dire: “Ok, Giovanni fa il mago. Ma con i soldi non è assolutamente un mago”. Una lettura di questo tipo può verosimilmente rallentare l’interpretazione della frase chiave in senso letterale. Il significato metaforico può dunque rinforzare o interferire con il significato letterale, anche quando il significato letterale non è anomalo.

Anche se i lettori non possono completamente ignorare il significato metaforico, a che punto l’elaborazione figurativa di un enunciato si sovrappone all’interpretazione letterale? I lettori potrebbero iniziare con un’analisi letterale di una frase non letterale, per poi abbandonarla quando finiscono di ascoltare la frase, in favore di una strategia di comprensione non letterale. Sotto questo punto di vista, alcuni aspetti del significato letterale andrebbero compresi e poi rifiutati anche se il significato metaforico viene analizzato in un tempo inferiore o uguale a quello letterale (Gerrig & Healey, 1983). In altre parole i lettori possono iniziare ad elaborare certe metafore in modo letterale, ma abbandoneranno il significato letterale nel momento in cui il tema si rende esplicito e crea un contesto metaforico (Gibbs, 1994).

Studi recenti dimostrano che un’elaborazione rapida delle metafore viene facilitata se i lettori hanno avuto esperienza con esse in precedenza. Le metafore più familiari possono essere elaborate più facilmente rispetto a quelle relativamente nuove (Blasko & Connine, 1993). Anche nel caso in cui l’espressione metaforica sia meno familiare, il suo significato figurativo può ancora essere compreso con facilità finché la metafora si dimostra abbastanza adatta. In casi di questo tipo le variabili dovute alle differenti capacità individuali, come ad esempio la capacità di ragionamento per analogia, possono anch’esse influenzare la possibilità di comprendere le metafore più o meno facilmente.

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Gli studi che Gibbs e altri hanno sviluppato in questo ambito, testando la plausibilità psicologica del modello pragmatico standard, esaminano la comprensione del linguaggio non letterale. Questi studi mostrano come la comprensione della metafora condivida le proprietà funzionali dell’elaborazione del linguaggio letterale. Altri studi si sono invece focalizzati sulla produzione del linguaggio figurativo per capire se l’uso della metafora sia un processo derivativo. L’interesse di questa ricerca era di vedere se la produzione di linguaggio figurativo richiedesse uno sforzo cognitivo maggiore di quello richiesto dal linguaggio letterale. Uno di questi studi si è focalizzato sulla difficoltà relativa nell’iniziare un processo di parafrasi, sia per quanto riguarda gli enunciati metaforici sia per quelli non metaforici (R. Harris, 1976). Se le persone con cui veniva svolto il test dovevano esprimere per prima cosa il significato letterale delle metafore, prima di determinarne il loro significato metaforico, allora i tester avrebbero dovuto impiegare di più a parafrasare queste espressioni che a parafrasare le espressioni non metaforiche. Tuttavia, i risultati di questi studi hanno mostrato che non c’era differenza di tempo fra le parafrasi dei due tipi di espressioni, letterali e non letterali. Le metafore non introducono difficoltà di comprensione rispetto ai loro equivalenti non metaforici.

Un altro studio ha registrato l’occorrenza di pause all’interno del discorso figurativo, quando questa operazione implicava un grado di complessità cognitiva piuttosto elevato a livello sintattico, semantico e discorsivo (Beattie, 1979 ; Butterworth, 1975 ; Goldman-Eisler, 1968). Un esame dell’uso delle pause ha rivelato come l’elaborazione dei discorsi e degli idiomi più comuni fossero tipicamente prodotti senza esitazioni. Inoltre, se ai parlanti veniva richiesto di produrre nuovi enunciati di tipo figurativo, questa operazione non induceva ad avere un maggior numero di pause rispetto a quelle che si verificavano prima di produrre un nuovo enunciato di tipo letterale. Le pause che si verificavano all’interno di una frase di tipo figurativo solitamente seguivano la parola metaforica chiave della frase, piuttosto che precederla. In generale dunque, il discorso di tipo figurativo non richiede più tempo rispetto a quello letterale o a quello convenzionale (H. Pollio ed altri, 1982).

A sostegno di questa tesi Gibbs cita infine un esperimento prodotto con un software informatico che interpreta il linguaggio metaforico utilizzando la conoscenza specifica sulle metafore convenzionali della lingua in uso (Martin, 1992). Questo programma è stato chiamato MIDAS (Sistema di Acquisizione dell'Interpretazione e della Denotazione della Metafora), esso può imparare dinamicamente le nuove metafore quando le incontra nel discorso. MIDAS differisce dagli altri modelli computazionali di comprensione metaforica, i quali partono dal presupposto che la metafora sorga da una similarità concettuale sottostante o da una analogia fra concetti che rappresentano sia i concetti stessi che il significato letterale delle parole all’interno degli enunciati (Carbonell, 1981 ; Gentner,

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Falkenhainer & Skorstad, 1988 ; Indurkhya, 1987). Questi sistemi non utilizzano la conoscenza per cui le metafore possono essere inserite nel nostro modo convenzionale di pensare e di parlare, di conseguenza vedono la comprensione delle metafore come una funzione speciale di problem-solving. Il programma MIDAS invece utilizza specificamente una conoscenza organizzata in modo gerarchico a riguardo delle metafore convenzionali, al fine di interpretare ed imparare il significato delle espressioni metaforiche. Il programma MIDAS estende dunque l’uso delle metafore già conosciute in modo sistematico. Diversamente dagli altri modelli computazionali, per interpretare le metafore il programma MIDAS utilizza gli stessi processi che usa anche per capire gli altri aspetti del discorso. Questo tipo di modello di Intelligenza Artificiale sembra più coerente con le prove psicologiche a nostra disposizione, le quali mostrano che la comprensione metaforica non richiede processi mentali speciali.

4.4 La Metonimia

Chiudiamo questo breve excursus analizzando la metonimia e l’ironia. Partiamo dalla metonimia considerando la frase metonimica “Il sandwich al prosciutto è impaziente per il conto”. Questo tipo di espressione figurativa ha poco senso al di fuori del suo contesto specifico, come potrebbe essere quello in cui un cameriere avverte un collega che il suo cliente, a cui ha servito un sandwich al prosciutto, vuole ricevere il conto (Nunberg, 1979). La metonimia serve in questi casi come un tipo di “espressione contestuale”: parole o frasi il cui significato dipende dal contesto in cui sono inserite (E. Clark & Clark, 1979 ; H.Clark, 1983 ; Gerrig, 1986). Dato che i contesti sono illimitati, le espressioni contestuali hanno un numero illimitato di potenziali significati. Ad esempio, gli ascoltatori dovranno ricreare il significato “agenti di polizia in divisa” dalla parola “divise” in una frase come “Oggi ci sono le divise in piazza” (Gerrig, 1989a).

Le ricerche psicolinguistiche mostrano che per i lettori è piuttosto facile determinare i referenti appropriati per le espressioni metonimiche all’interno del discorso (Gibbs, 1990b). Dunque un lettore riconoscerà che le parole “camicia bianca” nell’affermazione “Giovanni ha licenziato camicia bianca perché continuava a far cadere il vassoio” si riferiscono a un cameriere, malgrado l’incongruità letterale di questo enunciato. Ma come fanno i lettori ad arrivare all’interpretazione corretta di una frase apparentemente anomala come questa, che viola la massima di qualità?

Molte teorie sull’elaborazione della frase partono dal presupposto che tutti i sensi possibili di una parola all’interno di un enunciato siano elencati nel lessico all’interno della mente, e fra tutti i

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significati possibili gli ascoltatori ne selezionano uno per capire il significato della parola. Ma comprendere contestualmente delle espressioni metonimiche richiede che un processo di creazione di senso debba operare per integrare la selezione di senso ordinaria. Ad esempio, il significato contestualmente appropriato di “camicia bianca” non può essere selezionato da una breve lista di significati potenziali all’interno del lessico, poiché i sensi potenziali sono illimitati. Gli ascoltatori devono invece creare un nuovo significato per una parola che ha già un’interpretazione convenzionale. Un’idea, chiamata “modello di recupero degli errori”, ritiene che la creazione di senso venga iniziata soltanto dopo che il significato convenzionale sia risultato errato (Gerrig, 1989a). Questo modello postula che l’ascoltatore riconosca il bisogno di un’interpretazione figurativa di un enunciato come “Il sandwich al prosciutto è impaziente per il conto” dopo aver visto che viola le massime di verità. Dopo tutto infatti, è inverosimile affermare che un oggetto inanimato, come un sandwich al prosciutto, esibisca tratti umani, come l’impazienza. Una visione alternativa su come comprendiamo le espressioni metonimiche, chiamata il “modello di elaborazione concorrenziale”, afferma che i processi di creazione e quelli di selezione di senso procedono simultaneamente, probabilmente in competizione gli uni con gli altri, nel determinare il significato figurativo (Gerrig, 1989a).

In uno studio sperimentale di queste ipotesi i tester leggevano brevi storie che stabilivano quali fossero i significati preclusi alle vecchie parole. Ad esempio, i tester leggevano storie che finivano con frasi come “La corsa dei cavalli è l’evento più popolare”. In un contesto convenzionale, questa frase finale si riferiva ad una normale corsa di cavalli. Nella situazione innovativa invece, il riferimento è inserito alla fine di una particolare storia in cui alcune lumache gareggiano in una corsa la cui distanza copre la lunghezza di un cavallo, e che per tale motivo viene chiamata “La corsa dei cavalli”. I lettori impiegavano all’incirca lo stesso tempo nel comprendere l’enunciato in entrambi i contesti. Questa sovrapposizione nei tempi di lettura suggerisce che il modello di recupero degli errori non può essere operativo in questo caso. Al contrario, i lettori sembrano creare e selezionare contemporaneamente i significati riguardanti la frase “La corsa dei cavalli” all'interno di entrambi i contesti. Questi dati sono simili a quelli ottenuti sulla comprensione metaforica, i quali mostrano che le aspettative contestuali guidano al recupero dei significati metaforici, mentre i loro significati letterali vengono rifiutati (Gerrig & Healey, 1983 ; Inhoff, Lima & Carrol, 1984 ; Ortony, Schallert, Reynolds & Antos, 1978).

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4.5 L'Ironia

Come la metafora, l’ironia è spesso considerata un esempio paradigmatico di linguaggio figurativo che richiederebbe processi elaborativi speciali per essere compreso. L’ Oxford English Dictionary dice che fra gli enunciati di tipo ironico generalmente siano inclusi “l’uso di parole per esprime qualcosa di diverso, e in particolar modo il significato opposto, rispetto al significato letterale della frase”, laddove il sarcasmo, per raggiungere i suoi effetti retorici, dipende da “un linguaggio di tipo amaro, caustico, e da altri tipi di ironia che sono solitamente diretti verso un individuo”. Dunque se un parlante dice “Sei un buon amico” a qualcuno che lo ha in qualche modo offeso, la frase sarà sarcastica. Ma se un parlante dice “Mi hanno detto che corri piano” a qualcuno che ha appena vinto una maratona, la frase viene vista come ironica. Sebbene sia possibile fare affermazioni sarcastiche senza essere ironici, molte volte il sarcasmo usa l’ironia per ottenere il suo effetto amaro e caustico (Fowler, 1965).

La visione tradizionale suppone che l’effetto ironico venga compreso in modo adeguato assumendo l’opposto del significato letterale dell’enunciato. Considerare l’opposto di ciò che un enunciato significa letteralmente richiede presumibilmente uno sforzo maggiore di quello necessario a comprendere semplicemente il significato letterale. Ma in molti casi, l’opposto del significato letterale di un enunciato non è chiaro, o non arriva abbastanza vicino a specificare adeguatamente il vero intento ironico del parlante. Se ad esempio commetti un’azione grave contro un tuo amico, e lui ti dice “Grazie“, la visione tradizionale suggerisce che, preso letteralmente, l’enunciato è fortemente inappropriato, dato che viola la massima di qualità, e così l’ascoltatore è costretto a rendere appropriato l’enunciato determinando in che modo la frase differisca dal significato inteso dal parlante. Ma l’opposto del commento effettuato da parte dell’amico “Grazie”, sarebbe qualcosa come “No grazie” o “Non è il caso che ti ringrazi”. Queste interpretazioni non colgono appieno le vere intenzioni ironiche nell’uso di questo enunciato, cioè “Hai fatto qualcosa che non apprezzo”. Il significato ironico di “Grazie” nega una delle sue condizioni fondamentali, non la sua verità, dato che è inopportuno ringraziare qualcuno che merita ingratitudine. In altri casi i parlanti intendono realmente dire ciò che dicono, ma stanno comunque parlando in modo sarcastico (Sperber & Wilson, 1981). Ad esempio, un tassista può dire al passeggero in senso sarcastico “Amo la gente che segnala” quando un’altra macchina gli ha appena tagliato la strada senza segnalarlo. Sebbene l’enunciato sia vero in senso letterale, è nuovamente corretto ritenere che l’ironia violi alcune massime conversazionali.

Queste critiche alla visione tradizionale dell’ironia hanno portato gli psicolinguisti ad esaminare anche laddove la comprensione dell’ironia richieda alcuni riconoscimenti taciti da parte degli

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interlocutori, secondo cui questi enunciati violerebbero le massime conversazionali. Le ricerche hanno mostrato che i lettori non impiegano più tempo ad interpretare le osservazioni ironiche, o più specificatamente sarcastiche come “E’ un buon amico”, rispetto a quanto impiegano ad interpretare gli stessi enunciati all’interno di un contesto letterale, o a leggere degli enunciati equivalenti di tipo non sarcastico come “E’ un amico cattivo” (Gibbs, 1986b). Conclusioni simili sono state segnalate nella comprensione sarcastica delle domande indirette come “Perché non te la prendi con calma a lavare i piatti?”, intendendo “Muoviti a lavare i piatti” (Gibbs, 1986c). I dati sulla comprensione delle domande sarcastiche di tipo indiretto sono particolarmente degne di nota, poiché questi enunciati sono pensati fin dall’inizio per violare le massime conversazionali in due modi diversi. Primo, tali enunciati sono sarcastici. Secondo sono richieste indirette. Una visione tradizionale della comprensione del linguaggio figurativo prevede certamente che si trovino delle notevoli difficoltà nel comprendere le domande indirette di tipo sarcastico. Ma evidentemente non è così. Come negli altri casi citati in precedenza, comprendere l’ironia ed il sarcasmo non richiede alcun processo mentale particolare.

5. Funzioni Sociali del Linguaggio Figurativo

Oltre all’uso della metafora al fine di comunicare informazioni o idee, i parlanti la utilizzano spesso per finalità specificatamente sociali. Parlare in modo metaforico spesso presuppone e rinforza il livello di confidenza che si sviluppa fra parlante ed ascoltatore (Cohen, 1979). La confidenza può essere goduta da tutti coloro che hanno fiducia nel fatto che ciò che verrà detto sarà compreso. E’ il legame fra coloro che condividono non solo una competenza linguistica basilare, ma anche un gruppo di esperienze, interessi, sensibilità e la capacità di invocare tali informazioni mentre si utilizza e si interpreta la lingua. Molti usi figurativi della lingua sono inaccessibili a tutti fuorché a quei parlanti e a quegli ascoltatori che condividono informazioni specifiche sulla conoscenza, sulle convinzioni e sulle attitudini dell’altro, su ciò che possiamo dunque chiamare il loro contesto comune (H. Clark & Carlson, 1981 ; H. Clark & Marshall, 1981).

Capire le attitudini e le convinzioni del parlante è un aspetto chiave della comprensione della metafora. E’ il recupero di questi effetti intimistici e, in alcuni casi, poetici che non sono esplicitati all’interno del testo, a far sembrare il linguaggio figurativo così differente dal cosiddetto linguaggio letterale. E’ ancora lo sfruttamento del contesto di convinzioni condivise dal parlante e dall’ascoltatore che fa sembrare l’utilizzo di molti tipi di linguaggio figurativo come una speciale attività psicologica

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