4.1: Introduzione storica dell’area attorno al lago di Kinneret
Le più antiche tracce della presenza umana nella zona del Mar di Galilea risalgono a 800000 anni fa, quando l’uomo non era ancora Homo sapiens sapiens. Testimonianze dell’utilizzo del fuoco da parte di ominidi sono state ritrovate a nord del Lago, vicino a Benot-Ya’akov (Goren-Imbar et al., 2004; citato da Agmon, 2010). E’ ormai accertato che una sola tribù di circa 1000 individui, partendo dall’Africa orientale circa 56000 anni fa, abbia dato origine alla popolazione mondiale muovendosi verso l’Asia e l’Europa (Liu et al., 2006, citato da Agmon, 2010). Per questo motivo il vicino oriente, e in particolare la Valle del Giordano, hanno ricoperto un ruolo importante come vie di spostamento dei primi colonizzatori, rendendo queste zone intensamente frequentate e popolate sin dagli albori delle civiltà. Durante l’Ultimo Massimo Glaciale (circa 25000 anni fa), il Lago Kinneret era connesso al Mar Morto, originando il più vasto Lago Lisan (Bartov et al., 2002; citato da Agmon, 2010; si veda paragrafo 3.2). Il sito archeologico di Ohalo II vecchio di 23000 anni, dimostra come l’uomo abitasse queste zone in maniera stanziale (Nadel & Werker, 1999; citati da Agmon, 2010). Vicino al sito di Ohalo, il sito archeologico di Beit-Yerah si colloca sopra una collina artificiale (“Tell”), su quella che una volta era una penisola che proteggeva il vecchio emissario del Lago Kinneret. Qui è stato scoperto un piccolo insediamento risalente al periodo Calcolitico (7000-5500 B.P.), che si è espanso diventando una città fortificata durante l’età del Bronzo (circa 3000 a.C.; Greenberg & Paz, 2005; citati da Agmon, 2010), diventando la seconda città per importanza della zona dopo Jerico. Un altro sito importante sorto lungo le coste del Mar di Galilea è quello della città di Kinneret, vicino al Tell-Kinrot, sulle coste Nord-occidentali del lago. Qui sono state scoperte le rovine di una fiorente città Canaanita (Età del Bronzo, 5500-3150 anni fa), che sembra essere stata abbandonata intorno a 2000 a.C., forse a causa di un terremoto o per le pressioni militari della “Casa di Davide”. La sua completa distruzione avvenne nel 734 a.C., ad opera del re Assiro Tiglath-Pileser III, responsabile della distruzione e dell’esilio del Regno di Israele.
La più grande città della zona Nord-occidentale del Mar di Galilea è Tiberiade, fondata da “Erode-Antipas” (figlio del’Erode il Grande che ricostruì il Secondo Tempio), probabilmente nel 19 d.C., e il cui nome deriva dall’imperatore romano Tiberio. Durante la Grande rivolta degli Ebrei contro Roma (66 d.C.) la città di Tiberiade insorse contro il dominio romano, ma nel 67 d.C. si arrese a Vespasiano, salvandosi in questo modo dalla distruzione. In questo modo la città sopravvisse e intorno al 150 d.C. il tribunale ebreo, il Sanhedrin, si instaurò, trasformando in
dominio della città passo prima ai Mussulmani, poi ai Franchi (durante la prima Crociata, XI sec d.C.), per poi essere conquistata da Saladino con la “Battaglia di Hattin” del 1187 d.C. .
4.2: I porti antichi del Mar di Galilea
Il Mar di Galilea è stato utilizzato nei secoli come via di comunicazione e come bacino per la pesca; per questo motivo sulle sue rive si sono succeduti popoli e culture differenti, tutti alla ricerca di un porto sicuro dove riparare le barche dalle tempeste. Data la mancanza di ripari naturali, ad eccezion fatta per alcun insenature e baie nel settore settentrionale del lago, i primi colonizzatori erano costretti a tirare le barche in secco. I primi porti artificiali sono nati durante il periodo ellenistico (III sec. a.C. – I sec. a.C.), ma una vera rivoluzione ingegneristica si ha con il passaggio al periodo romano (I sec. a.C. – III sec. d.C.), quando con la scoperta del cemento si iniziano a costruire muri frangiflutti, creando bacini protetti totalmente artificiali. Per questo motivo, i porti che si ritrovano lungo la costa del Mar di Galilea sono numerosi, e Nun nei suoi lavori del 1989 e del 1991 ne descrive le strutture scoperte durante le sue spedizioni (Fig. 4.1).
Uno dei più conosciuti è il porto di Kursi (Fig. 4.2), scoperto nel 1970 d.C. quando una spedizione archeologica impegnata nello scavo di un complesso monastico notò delle rovine sotto il livello nel lago.
Fig. 4.2: Il porto antico di Kursi , con la ricostruzione del porto protetto (Nun M., 1989).
Questo antico porto, appartenente ad un villaggio di pescatori (vicino al sito scorre il fiume
Samak, che in lingua Ugaritica, Aramaica e Araba significa “pesce”), oggi è rappresentato dalle
rovine del frangiflutti, che si protrae nel mare per 150 m. Questa struttura, piegandosi verso N, proteggeva un bacino lungo 150 m e largo 25 m, con l’apertura rivolta a N, dove le acque erano generalmente più tranquille. Per questo motivo la struttura era più spessa e massiccia nel settore a S (4-6 m) dove andavano a impattare le onde di tempesta, e più sottile e snella nella zona di accesso. Oltre alla zona portuale nel sito di Kursi sono state rinvenute delle vasche, che probabilmente servivano per immagazzinare pesce vivo, in attesa di essere venduto.
Un altro sito molto importante riscoperto lungo le coste del Mar di Galilea è quello della città di
Cafarnao: la città fu fondata nel II sec. a.C. e sopravvisse fino al X sec. d.C., quando raggiunse il
suo apogeo. Il porto di Cafarnao si sviluppava su un lungomare (“promenade”) rinforzato da un muro di pietra spesso 2,5 m e lungo svariate centinaia di metri. Il nucleo della struttura portuale di Cafarnao era costituito da una serie di banchine che partendo dalla promenade, si estendevano verso mare, raggiungendo 30 m di lunghezza e una profondità di -211,25 m. Queste banchine (spesse da 1,5 a 4 m ), creavano delle zone protette per le barche, specie se costruite “a coppia”, creando quasi delle “piscine protette”(Fig. 4.3).
Altri tipi di approdi sono stati ipotizzati sulla base dei ritrovamenti effettuati nella zona dell’attuale Chiesa Ortodossa Greca, dove i moli erano costruiti come triangoli affiancati: utilizzando la promenade come “base”, i “lati” dei triangoli si estendevano verso lago anche per 30 m. Inoltre si ipotizza la creazione di una rientranza nella promenade, al fine di creare ulteriore spazio per l’approdo delle barche. Molto probabilmente il complesso portuale di Cafarnao è stato costruito in epoche differenti, con strutture che si andavano ad aggiungere alle precedenti; per
difficile. La costruzione di strutture differenti, in epoche successive è stata riscontrata anche nel sito archeologico di Magdala, che verrà descritto nel paragrafo seguente.
Fig. 4.3: Il porto di Cafarnao secondo una ricostruzione di Nun, con il lungomare rinforzato e le banchine appaiate (Nun M., 1999).
4.3: Il sito di Magdala
La città ellenistico – romana di Magdala, conosciuta anche con i nomi di Taricheae (dal greco “pesce salato”), Migdal Nunya (dal semitico “torre dei pesci”) o Migdal Sebaya, è oggi identificata con il sito archeologico di el-Mejdel posto sulla costa occidentale del Lago di Tiberiade. Negli ultimi anni l’interesse per questo particolare sito è cresciuto molto, dato che parte della zona interessata dagli scavi è stata dichiarata edificabile. Per questo motivo sono stati condotti degli scavi e sondaggi di emergenza da parte dell’ “Israel Antiquites Autority”, che miravano a ricostruire la reale estensione della città antica.
I primi scavi e ritrovamenti furono portati avanti da Nun che nel 1970, identificò una coppia di strutture portuali: la prima, costituita da approdi non protetti, si collocava lungo la linea di costa per una lunghezza di circa 100 m ad una quota di circa -211 m. Connesse a questa struttura sono state ritrovate delle pietre forate, dette “mooring stone”, che servivano per ancorare le barche. Nun (1989) descrive questo approdo come formato da due segmenti differenti, sia per spessori (che variavano da 2 m a 3,5 m) sia per quota (tra i due segmenti esisteva una differenza di quota di circa 20 cm). Le pietre per l’ancoraggio delle barche appartenevano alla porzione più a sud della
struttura appena descritta. La seconda struttura descritta da Nun era costituita da un bacino semichiuso, formato da una baia naturale e protetta da un frangiflutti artificiale: quest’ultimo, spesso 6 m, partiva dalla spiaggia e si protraeva nel lago per oltre 70 m. Questa ipotesi è elaborata da Nun sulla base di “resti e fondamenta” che erano “ben visibili durante la campagna del 1970, ma che sono stati rapidamente coperti da cambiamenti topografici generati dal rapido riempimento” (Nun, 1989) (Fig. 4.4).
Fig. 4.4: ricostruzione del porto di Magdala secondo Nun (1989)
Negli ultimi anni, la Custodia di Terra Santa ha ripreso a studiare il sito di Magdala, creando il
Magdala Project (2006). Un team di ricercatori e studiosi internazionali, provenienti da diversi
ambiti e patrocinati dalla Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia di Gerusalemme (Studium
Biblicum Fraciscanum), sono stati incaricati di studiare e preservare le testimonianze archeologiche
del sito, ipotizzando una possibile apertura al pubblico. Durante gli scavi del 2008 la scoperta di una coppia di strutture portuali datate periodo tardo ellenistico e romano, ad una quota di circa -208 m, mette in dubbio la prima ricostruzione di Nun (1989). Non sembra infatti possibile che due strutture poste a quote estremamente differenti possano aver operato contemporaneamente (il complesso più interno ha una quota media di circa -208 m , mentre il complesso più esterno ha una quota media di circa -211 m). Per questo motivo l’ipotesi più accreditata è quella che vede una serie di porti sviluppatisi l’uno dopo l’altro in risposta alle variazioni del livello del lago.
Secondo il resoconto delle prime due campagne di raccolta dati del Magdala Project, l’intero complesso archeologico, composto da strutture viarie, piscine e relativa rete idrica composta da canali di scarico, una piazza quadrata (detta “quadriporticus”) e da due attracchi del molo, si può inizialmente far risalire al periodo asmoneo (167-63 a.C.; De Luca, 2009a; citato da De Luca, 2009b; Fig. 4.5)
Fig. 4.5: Il sito archeologico di Magdala; le varie fasi costruttive sono indicate dai colori. Fasi tardo ellenistica – romana
antica (II sec. a.C. – I sec. d.C.) in verde; romana antica – romana media (I sec. d.C. – III sec. d.C.) in giallo; tardo romana - bizantina (III sec. d.C. – VII sec. d.C.) in azzurro; araba – medioevale (VII sec. d.C. - XI sec. d.C.) in viola. (Lena, 2013)
Dalla ricostruzione che viene proposta dall’archeologo capo del Magdala Project, Stefano De Luca, alla fine delle prime due campagne del 2007 e 2008 (De Luca S., 2009b), il sito risulta essere particolarmente frequentato dal finire del II sec. a.C. al I sec. a.C. sotto il dominio degli ultimi principi asmonei e la dinastia erodiana, per poi incontrare un brusco declino in corrispondenza della violenta conquista romana di Vespasiano e Tito, durante le quali si susseguirono deportazioni in massa degli abitanti ribelli (66-67 d.C). Questo periodo travagliato è testimoniato dalla presenza di depositi di crollo e di abbandono in alcune piscine, che sono stati datati intorno al 70 d.C. Il periodo romano medio (70-270 d.C.) è segnato da una ripresa insediativa della città, forse in corrispondenza di una permanenza militare romana, come testimoniato da alcune ceramiche; successivamente la città fiorisce a cavallo tra il II sec d.C. e il III sec. d.C., ovvero al passaggio tra periodo romano medio (70-270 d.C.) e romano tardivo (270-350 d.C). Questa fase di sviluppo è testimoniata dalle grandi trasformazioni eseguite negli edifici urbani (es. piscine termali), e dal grande numero di reperti archeologici, ceramici e numismatici, ritrovati durante gli scavi. Il ritrovamento di questi resti ha permesso di affermare che questa città è stata abitata continuativamente fino alla metà del IV sec. d.C., quando si assiste alla sua distruzione. Alcuni autori attribuiscono questa distruzione ad un evento sismico avvenuto lunedì 18 maggio del 363 d.C. (Nur & Burgess, 2008; Russel, 1980; citati da De Luca, 2009b) che ha lasciato alcune tracce anche sulla città di Magdala (De Luca, 2008; citato da De Luca, 2009b). Dopo l’evento sismico del 363 d.C., la città di Magdala viene parzialmente abbandonata e le sole tracce di attività umana nella zona durante il periodo bizantino antico (350-450 d.C.) sono collegabili alla nascita del monastero, con il ripristino dell’acquedotto e il riutilizzo di alcune vasche e della piazza quadrata. La creazione di questo monastero fu favorita e sostenuta dal crescente pellegrinaggio cristiano nella regione, che continuò a ospitare i pellegrini fino al periodo arabo antico I (650-800 d.C.) e forse arabo antico II (800-1000 d.C.). I resti di questo monastero e della sua chiesa, consacrata a Maria Maddalena, erano visitabili fino al XVII sec. d.C., sulle cui rovine era installato il villaggio di el-Medjel, prima che venisse distrutto nel 1948.