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Capitolo 1

LA STRONGILOSI GASTROINTESTINALE

1.1 EZIOLOGIA

Negli animali in produzione zootecnica le malattie parassitarie rappresentano uno dei principali problemi sia di ordine sanitario che economico (Pessoa et al., 2002; Barrau et al., 2005).

Tra le malattie parassitarie la strongilosi gastrointestinale degli ovi-caprini ha un ruolo di primaria importanza per la sua diffusione in tutto il mondo.

Con il termine generico di strongili gastrointestinali si indicano numerosi generi di nematodi parassiti che allo stadio adulto colonizzano l’abomaso e l’intestino degli animali ospiti. (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

In Italia si riscontra una diffusione elevatissima di questa malattia parassitaria, essendo colpita la totalità o quasi degli allevamenti ed almeno il 70-80% dei capi di ciascun allevamento con prevalenze maggiori nei giovani soggetti.

Nel nostro paese sono presenti circa una trentina di specie di strongili parassiti dei piccoli ruminanti domestici appartenenti ad otto generi diversi (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998); e gli

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animali risultano in genere poli-parassitati, cioè ogni soggetto è colpito da più specie e generi contemporaneamente, spesso associati anche ad altri parassiti del tratto digerente come cestodi o trematodi (Ambrosi, 1995).

Dal punto di vista economico questa patologia è causa di ingenti perdite produttive nell’allevamento colpito. Infatti si possono osservare casi di mortalità, anche elevata, e soprattutto forti riduzioni delle performances produttive, quali un minore incremento ponderale nei soggetti in accrescimento (dal 5% al 35% in meno, a seconda della carica parassitaria), una ridotta produzione lattea nelle pecore (attorno al 15% in meno), una perdita quali-quantitativa della lana, una riduzione di fertilità dei riproduttori e di vitalità degli agnelli (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

Gli strongili gastrointestinali sono nematodi di forma cilindrica con il corpo ricoperto da una cuticola trasparente secreta dal sottostante ipoderma, il quale si approfonda nella cavità celomatica che contiene fluidi la cui pressione consente la rigidità del corpo. Tra ipoderma e cavità corporea si trovano le cellule muscolari orientate longitudinalmente (Urquhart et al., 1998).

All’interno della cavità corporea si trova il tubo digerente, che si apre all’esterno con un’apertura orale detta capsula buccale posta all’estremità cefalica a cui fa seguito l’esofago muscolare collegato con l’intestino, il cui lume è circondato da un singolo strato di cellule e termina con un’apertura anale che nei maschi si apre nella cloaca dove sboccano anche i deferenti.

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Nella femmina l’apparato riproduttivo è costituito da ovaio, ovidutto ed utero che possono essere doppi e si aprono in una vulva, mentre nel maschio si ha un unico testicolo che tramite il deferente sbocca nella cloaca.

L’apparato escretore è formato da un canale che scorre in due corde laterali scavate nell’ipoderma e si apre nel poro escretore situato in regione esofagea, mentre i cordoni nervosi scorrono dorsalmente e ventralmente alla cavità celomatica (Urquhart et al., 1998).

I sessi sono separati, il maschio è più piccolo della femmina ed è provvisto nella parte terminale di una borsa copulatoria che serve a trattenere la femmina al momento della copula; questa borsa rappresenta anche un importante carattere identificativo per distinguere alcune specie (Urquhart et al., 1998)

I generi presenti in Italia che interessano i piccoli ruminanti sono otto:

Haemonchus, Teladorsagia, Trichostrongylus, Nematodirus, Cooperia, Bunostomum, Oesophagostomum e Chabertia, di cui i

primi cinque appartengono alla famiglia Trichostrongylidae, mentre il genere Bunostomum alla famiglia Ancylostomatidae e gli ultimi due alla famiglia Strongylidae (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

• Haemonchus è un genere che comprende specie ematofaghe di colore rossastro che vivono nell’abomaso di ovini, caprini ed altri piccoli ruminanti, di circa 15-30 mm di lunghezza. La femmina presenta utero biancastro avvolto a spirale attorno all’intestino rossastro ed è molto prolifica. Le uova misurano 75 micron per 45 micron e schiudono nel mondo esterno ad umidità elevata ed a 22-25°C. Le larve di terzo

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stadio sono poco resistenti alle condizioni climatiche avverse. Ingerite, esse aderiscono alla mucosa abomasale in prossimità delle ghiandole gastriche e mutano ad adulti muniti di un denticolo buccale che utilizzano per nutrirsi di sangue. Il periodo prepatente, cioè il periodo che intercorre tra l’infestazione e l’emissione di uova con le feci, è di circa tre settimane. Solo una specie è parassita dei piccoli ruminanti:

Haemonchus contortus (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et

al., 1998).

• Teladorsagia è un genere che comprende numerose specie di vermi filiformi a localizzazione abomasale, di colore rosso-bruno e lunghi 8-14 mm. Le uova misurano 80-100 micron per 40-50 micron e schiudono a temperature anche relativamente basse (inferiori ai 15°C). Le larve L3 infestanti, che si sviluppano in circa una settimana, sono molto resistenti nell’ambiente e possono restare vitali anche per un anno. Una volta ingerite, esse migrano all’interno della parete dell’ abomaso, in prossimità delle ghiandole gastriche, dove possono restare in ipobiosi oppure mutare ad adulti per poi tornare all’esterno dove si nutriranno di chimo. Il periodo prepatente è di circa tre settimane (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998). • Trichostrongylus comprende vermi sottilissimi e molto piccoli (lunghi

circa 4-7 mm), difficilmente visibili ad occhio nudo, istofagi e sprovvisti di capsula buccale. Sono conosciute almeno sei specie parassite dei ruminanti che si localizzano nell’abomaso e nel duodeno. Le uova misurano 75-90 per 40-50 micron; emesse all’esterno con le feci, schiudono in breve tempo a 22-24°C. In meno di una settimana si sviluppano le larve infestanti di terzo stadio che sono abbastanza

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resistenti sia al clima estivo che invernale; quando vengono ingerite, esse compiono una breve migrazione nella mucosa del tratto digerente dove mutano ad adulti. Il periodo prepatente è di circa quattro settimane (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

• Nematodirus comprende alcune specie di nematodi filiformi, biancastri, istofagi, lunghi 10-20 mm e con una piccola espansione cuticolare all’estremità cefalica che vivono allo stadio adulto nel tenue dei ruminanti. Le uova sono più grandi rispetto a quelle di tutti gli altri strongili (150-260 per 75-100 micron) e presentano pochi blastomeri; esse schiudono in circa tre settimane a 20-22°C liberando una larva L3 particolarmente resistente sia all’inverno che all’estate mantenendo un pascolo infestante anche per un anno intero. Ingerite, queste larve penetrano nelle ghiandole della mucosa dove mutano ad adulti per poi tornare nel lume. Il periodo prepatente è di circa un mese (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

• Cooperia è un genere che comprende numerose specie che vivono nel tenue dei ruminanti. Questi parassiti sono sottili e corti (5-10 mm), generalmente arrotolati su sé stessi; presentano un’espansione cuticolare cefalica ed i maschi hanno una borsa copulatoria ampia. Le femmine depongono uova di 85 per 40 micron che, espulse con le feci, schiudono in breve tempo a temperatura mite. Le larve di terzo stadio sono abbastanza resistenti nell’ambiente e, dopo essere state ingerite, nel giro di due o tre settimane diventano adulti. Il periodo prepatente è di circa venti giorni (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

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• Bunostomum è un genere di nematodi parassiti in cui solo

Bunostomum trigonocephalum interessa gli ovini, vivendo allo stadio

adulto nell’intestino tenue dove si nutre di sangue attraverso la capsula buccale munita di lamelle taglienti. Si tratta di nematodi abbastanza grandi (1-3 cm) con una caratteristica forma ad uncino. Le uova (85 per 50 micron) schiudono a temperature superiori ai 15°C e le larve che ne nascono sono poco resistenti nell’ambiente. Oltre che per via orale, l’ingresso delle larve L3 può avvenire anche per via cutanea. Raggiunti i polmoni le L3 mutano a L4 e da qui si portano nell’intestino dove diventano adulti. Con la penetrazione per via orale la muta L3-L4 avviene nella parete intestinale. Il periodo prepatente è di uno o due mesi (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

• Oesophagostomum comprende vermi tondi che si localizzano nel grosso intestino dei ruminanti. Essi sono lunghi 1-2 cm e presentano una evidente espansione cuticolare cefalica seguita da una strozzatura. Le uova misurano 85 per 40 micron e schiudono nell’ambiente esterno a temperature elevate (24-26°C) e solo nelle stagioni intermedie. Le L3 sono poco resistenti e, dopo essere state ingerite, penetrano nella sottomucosa formando dei noduli reattivi in cui mutano a L4, poi tornano nel lume diventando adulti. Il periodo prepatente è di 1-2 mesi (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

• Chabertia è un genere monospecifico, cioè esiste un’unica specie (Chabertia ovina), che colonizza da adulto il grosso intestino dei piccoli ruminanti. Si tratta di parassiti di 15-20 mm di lunghezza, biancastri, con una grossa cavità buccale a forma di “tazza” ed orlata

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con una corona radiata ma priva di denticoli feritori. Le larve, poco resistenti nell’ambiente, schiudono dalle uova (di 100 per 53 micron) nell’ambiente esterno se caratterizzato da umidità e temperatura tipiche della primavera e dell’ autunno e diventano infestanti in pochi giorni. Dopo essere state ingerite, esse presentano una fase istotropica nella parete enterica prima di diventare adulti fertili in tempi piuttosto lunghi (7-8 settimane) (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

1.2 CICLO BIOLOGICO

Gli adulti degli strongili gastrointestinali sono tutti a sessi separati e la riproduzione è di tipo sessuato. Le uova vengono deposte dalle femmine nel lume intestinale e raggiungono l’ambiente esterno con le feci emesse dagli animali ospiti.

Le uova presentano una parete sottile e trasparente e contengono una morula composta da un vario numero di blastomeri. Da queste, in condizioni di temperatura (in media 20-22°C) ed umidità (circa il 90%) ottimali, si svilupperà, nel giro di un paio di giorni, la larva rabditoide di primo stadio (L1).

La larva L1 dopo essere uscita dall’uovo compie due mute (L1-L2 ed L2-L3) grazie a cui si ottiene una larva strongiloide di terzo stadio infestante, capace cioè di parassitare l’ospite (Ambrosi, 1995; Urquhart et al., 1998).

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Le larve nell’ambiente sono dotate di eccezionale mobilità e compiono spostamenti sia in orizzontale, a livello della superficie del terreno, sia in verticale, lungo gli steli d’erba (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985).

Con l’ingestione delle larve L3 da parte dell’ospite termina la fase esogena ed inizia quella endogena del ciclo.

Fig. 1.1 Ciclo biologico degli

strongili gastrointestinali. (www.ext.vt.edu)

Raggiunto il tubo digerente la larva compie una piccola migrazione all’interno della parete dell’abomaso o dell’intestino, a seconda del

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sito di localizzazione che varia da specie a specie, in cui completa la terza muta passando a larva di quarto stadio. Questa emerge dalla mucosa per compiere la quarta ed ultima muta diventando larva di quinto stadio e quindi poi adulto sessualmente maturo (Ambrosi, 1995; Urquhart et al., 1998).

Diventati adulti questi nematodi si accoppiano e le femmine iniziano a deporre le uova nel lume del tubo gastroenterico. Il periodo che intercorre fra il momento dell’ingestione delle larve infestanti e l’emissione delle uova con le feci viene detto periodo prepatente e varia da specie a specie da 3 a 10 settimane (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985).

Da rilevare il fatto che negli animali parassitati si verificano degli arresti dello sviluppo delle larve ingerite che consente a queste di superare periodi critici, non nell’ambiente, ma all’interno dell’ospite, in uno stato di quiescenza in attesa di condizioni favorevoli che ne permettano l’ulteriore proseguimento del ciclo. Questo fenomeno viene indicato come “ipobiosi” e, sebbene non sia ancora stata del tutto chiarita la natura degli stimoli che portano all’arresto dello sviluppo delle larve e della successiva ripresa dello sviluppo, sembra che dipenda da influssi ambientali di cui la larva risente prima di raggiungere l’ospite, infatti l’accumulo di larve arrestate coincide in genere con l’inizio della stagione fredda nell’emisfero nord e con periodi siccitosi nei paesi tropicali o sub-tropicali, mentre la ripresa coincide con il ripristino delle condizioni ambientali favorevoli.

Altre ipotesi indicano che l’ipobiosi possa essere indotta anche da fattori relativi all’ospite come un aumento della resistenza

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immunitaria oppure una diminuita disponibilità nutrizionale, o, ancora, da fattori ormonali (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

Rispetto al ciclo descritto esistono alcune eccezioni che riguardano il genere Nematodirus che si sviluppa all’interno dell’uovo fino allo stadio L3 ed il genere Bunostomum che ha la peculiarità che la larva infestante di terzo stadio può penetrare nell’ospite anche per via transcutanea, oltreché per via orale, effettuando poi una migrazione che la porta a livello del polmone dove avviene la muta a L4 (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

Risulta quindi che il ciclo biologico di questi parassiti è di tipo diretto cioè non vi sono mediazioni biologiche da parte di ospiti intermedi. Le larve infestanti (L3) sono libere nell’ambiente, che deve quindi essere caratterizzato da condizioni ottimali per permetterne la sopravvivenza fino all’incontro con l’ospite.

La temperatura e l’umidità giocano un ruolo molto importante riguardo alla vitalità delle larve; infatti queste necessitano di elevata umidità relativa (90%) e di temperature che si aggirino attorno ai 20-25°C, sebbene però siano tollerate anche temperature più basse (10-15°C), con cui però si ha uno sviluppo rallentato ma larve più resistenti, o più elevate (25-30°C) con cui però si hanno larve poco resistenti (Ambrosi, 1995).

Anche la natura del pascolo influisce sullo sviluppo e sulla vitalità delle larve che prediligono un manto erboso folto e rigoglioso capace di proteggerle dalla luce solare diretta e di trattenere maggiormente l’umidità (Ambrosi, 1995).

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1.3 EPIDEMIOLOGIA E PATOLOGIA

La strongilosi gastrointestinale è una parassitosi cosmopolita largamente diffusa negli ovi-caprini.

Gli animali si infettano ingerendo le larve L3 assieme al foraggio soprattutto al pascolo.

I fattori condizionanti che favoriscono l’infestazione sono tutti legati al rapporto “parassita-ospite-ambiente” (Ambrosi, 1995).

Gli animali giovani, quelli debilitati o carenziati e quelli sottoposti a cambiamento di alimentazione sono maggiormente recettivi e sono anche quelli che manifestano maggiormente i sintomi della malattia (Casarosa, 1985).

Bisogna anche ricordare che è stata dimostrato un andamento stagionale di questa malattia con aumento di copro-positività nelle stagioni primaverile ed autunnale, quando cioè vi sono le condizioni ambientali ottimali per lo sviluppo e la vitalità delle larve a vita libera. Questo fenomeno, definito dagli autori anglofoni come “spring rise” o “fall rise”, è stato spiegato come esito del “risveglio” dall’ipobiosi delle larve associato ad un aumentata ingestione di parassiti dal pascolo per la ripresa dello sviluppo grazie alle migliori condizioni climatiche (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998). Inoltre, è stato osservato anche un notevole aumento del numero di uova eliminate con le feci nel periodo del peri-parto e della lattazione (parturient rise e lactation rise), dovuto alla capacità della prolattina di indurre una diminuzione della risposta immunitaria specifica nei confronti del parassita (Ambrosi, 1995; Urquhart et al., 1998).

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In caso di infestazioni di elevata intensità in animali giovani è possibile osservare forme gastroenteriche acute spesso mortali. Si tratta di gastroenteriti catarrali o emorragiche che si manifestano con anoressia, fenomeni diarroici di varia intensità e durata, deperimento e perdita di peso, iporendimento ed anemia di varia intensità, soprattutto quando sono presenti le specie ematofaghe dei generi Haemonchus e

Bunostomum (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985).

Gli animali che superano la forma acuta oppure quelli con infestazioni di grado non molto elevato mostrano una forma cronica con dimagrimento, episodi diarroici ricorrenti, anemia, scadimento delle condizioni generali, iporendimento, riduzione di fertilità degli adulti e riduzione di vitalità dei neonati.

Vi sono poi forme scarsamente sintomatiche o addirittura asintomatiche che si riscontrano in soggetti, per lo più adulti, con una carica parassitaria bassa; in genere si tratta di soggetti venuti più volte a contatto con questi parassiti e che hanno sviluppato una forma di resistenza nei confronti delle larve infestanti che vengono inibite nel loro sviluppo dal sistema immunitario dell’ospite (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985).

Il potere patogeno di questi parassiti è espresso in vari modi (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985):

• Azione sottrattiva, da parte degli adulti che si nutrono di chimo o di sangue, responsabile di fenomeni di anemia, di dimagrimento, di scarso incremento ponderale e di debilitazione.

• Azione traumatica, da parte delle larve che compiono migrazioni nello spessore delle pareti intestinali e da parte degli adulti istofagi. Ciò

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causa riduzione dell’assorbimento dei nutrienti ed alterazione delle secrezioni dei succhi gastrici ed intestinali con conseguenti problemi di digestione ed utilizzazione degli alimenti, a cui fa seguito il dimagrimento associato a stati di carenza di principi nutritivi e minerali.

• Azione irritativa, da parte delle larve in ipobiosi e degli adulti presenti nel lume, che causa infiammazione a cui fa seguito l’aumento della motilità intestinale che porta a diarrea e riduzione dell’assorbimento intestinale.

• Azione tossica, da parte di alcuni metaboliti prodotti dai parassiti e dall’alterata funzionalità intestinale, che causano uno stato di tossicosi cronica.

Nel determinismo dell’azione patogena generale degli strongili gastrointestinali hanno molta importanza le concause, rappresentate principalmente da scadenti condizioni generali, ipoalimentazione, squilibri nutrizionali (specialmente ipovitaminosi e carenze proteiche), fattori stressanti, malattie intercorrenti e carente igiene ambientale. Un altro importante fattore che concorre ad aggravare il potere patogeno di questi parassiti è il fenomeno del poliparassitismo, cioè del fatto che molto spesso, negli ovini in particolar modo, le infestazioni sono sostenute da associazioni di vari generi di strongili che colonizzano contemporaneamente l’abomaso e l’intestino oppure di strongili ed altri elminti del digerente come cestodi, trematodi o altri nematodi, oppure ancora di strongili gastrointestinali e strongili broncopolmonari (Ambrosi, 1995).

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1.4 DIAGNOSI

I sintomi clinici mostrati dagli animali possono essere considerati un indice di strongilosi gastrointestinale ma, poiché si tratta di manifestazioni generiche e con un’elevata variabilità di presentazione, per emettere la diagnosi certa bisogna ricorrere ad esami specifici che permettano di evidenziare la presenza dei parassiti (Ambrosi, 1995). A tal fine si può ricorrere all’isolamento ed alla successiva identificazione dei parassiti adulti dall’apparato digerente di animali morti o macellati oppure all’esame coprologico grazie al quale può essere possibile osservare le uova dei parassiti nelle feci degli animali vivi.

Per quanto riguarda il rilievo post-mortale, si procede raccogliendo i vari organi del tubo digerente senza perderne il contenuto con la tecnica della doppia legatura, in laboratorio poi si effettua il lavaggio degli organi per raccogliere il contenuto che poi sarà fatto sedimentare con l’aggiunta di un tensioattivo per raccogliere sul fondo i vermi adulti, che poi verranno analizzati al microscopio per essere identificati (Ambrosi, 1995).

Con l’esame coprologico si può fare diagnosi sugli animali in vita utilizzando le feci raccolte, in campioni individuali, direttamente dall’ampolla rettale ed in cui sarà possibile rinvenire le uova di questi nematodi.

È molto importante che i campioni fecali siano esaminati freschissimi, facendo cioè trascorrere il minor tempo possibile dal prelievo e comunque conservandole a temperatura di refrigerazione e per periodi

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valutabili in ore; infatti lo sviluppo delle larve è molto rapido ed il fenomeno falserebbe i risultati (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985).

Morfologicamente le uova degli strongili gastrointestinali si presentano a parete sottile, trasparenti e con all’interno un agglomerato di blastomeri (Ambrosi, 1995; Casarosa, 1985; Urquhart et al., 1998).

Queste uova sono molto leggere e quindi flottano bene in soluzioni a bassa densità, pertanto la diagnosi qualitativa si ottiene con una semplice flottazione in soluzione satura di cloruro di sodio (NaCl). Per la diagnosi quantitativa si utilizza la tecnica ed il vetrino di McMaster, il quale è composto da due vetrini sovrapposti con un’intercapedine di 1,5 mm e due reticolati di 10 mm di lato; si formano così due camere graduate di 1 cm², grazie a cui è possibile stabilire il numero di uova per grammo di feci (UPG).

Secondo Ambrosi (1995) è possibile stimare approssimativamente il livello della carica parassitaria di un animale dai valori di UPG riscontrati all’esame coprologico.

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Tabella 1.1: Stima del livello di infestazione sulla base del numero di

UPG (da Ambrosi, 1995). NUMERO DI UPG PER TUTTI I GENERI

GRAVITA’ DELL’INFESTAZIONE Da 100 a 150 Infestazione debole

Da 150 a 600 Infestazione media, rischio zootecnico Da 600-700 a 1000-1200 Infestazione grave, rischio sanitario Oltre 1000-1200 Infestazione molto grave

NUMERO DI UPG PER

NEMATODIRUS

GRAVITA’ DELL’INFESTAZIONE Inferiore a 25 Infestazione debole

Da 25 a 75 Infestazione media Da 75 a 200 Infestazione grave

Oltre 200 Infestazione molto grave

Poiché le uova dei vari generi e specie di strongili sono

morfologicamente molto simili fra loro, non è possibile differenziarle con sicurezza, ad eccezione di quelle del genere Nematodirus che sono molto più grandi e con un minore numero di blastomeri grandi ed evidenti. Per questo motivo, per avere una diagnosi completa, si

ricorre alle copro-culture. Infatti, ponendo le feci in adeguate

condizioni di temperatura, ossigenazione ed umidità, si può favorire lo sviluppo delle larve allo stadio L3 che così possono essere identificate a livello di genere (Casarosa 1985).

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Bisogna tuttavia tenere presente che il valore di UPG non fornisce sempre un quadro realistico della carica parassitaria poiché la prolificità delle femmine dei vari generi è molto differente e può

variare dalle 5000-10000 uova deposte dalla femmina di Haemonchus nell’arco delle 24 ore alle 100 uova al giorno deposte dalla femmina del genere Trichostrongylus (Hansen e Perry, 1994).

Tabella 1.2: Numero di uova mediamente deposte quotidianamente

dalla femmina di ciascun genere di strongili gastrointestinali (da Hansen e Perry, 1994).

GENERI DI STRONGILI

NUMERO DI UOVA PRODOTTE GIORNALMENTE Haemonchus 5000-15000 Ostertagia, Trichostrongylus 100-200 Cooperia 1000-3000 Nematodirus 50-100 Oesophagostomum, Chabertia 5000-10000

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1.5 TRATTAMENTO

Attualmente, per la terapia e la profilassi delle infestazioni da strongili gastrointestinali sono disponibili numerosi farmaci chemioterapici che dimostrano una notevole efficacia.

Di seguito è riportato un elenco delle principali classi di questi farmaci con una breve descrizione delle caratteristiche principali.

• BENZIMIDAZOLI: a questa categoria appartengono l’albendazolo, il cambendazolo, il fenbendazolo, il flubendazolo, il mebendazolo, l’oxfendazolo, l’ossibendazolo, il parbendazolo ed il tiofanato. Si tratta di molecole che presentano nella struttura chimica un anello benzenico (1,2 diaminobenzene). Il loro meccanismo d’azione si estrinseca nel legame con la tubulina del nematode impedendone la polimerizzazione nella fase di assemblaggio dei microtuboli, organuli importanti per la secrezione di numerosi enzimi; ciò implica un’interferenza nei processi metabolici del parassita. Questi farmaci sono largamente impiegati contro gli strongili gastrointestinali degli ovi-caprini e mostrano ottima efficacia sia sugli stadi adulti che sugli stadi immaturi. In generale i benzimidazoli sono ben tollerati dagli ovi-caprini se somministrati alle dosi terapeutiche consigliate; è però da segnalare un effetto teratogenetico ed embriotossico nella pecora se somministrati nella prima fase di gravidanza. I tempi di sospensione per la carne ed il latte sono relativamente brevi (Adams, 1999).

• PROBENZIMIDAZOLI: si tratta di due profarmaci, netobimin e febantel, che non hanno attività antielmintica diretta ma la

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acquisiscono quando, all’interno del tubo gastroenterico, vengono metabolizzati a benzimidazoli e rispettivamente il netobimin ad albendazolo ed il febantel a febendazolo. Sono farmaci ad ampio margine di sicurezza da un punto di vista tossicologico (Adams, 1999).

• IMIDAZOTIAZOLI: comprendono il tetramisolo ed il suo l-isomero levamisolo. La loro azione antielmintica è dovuta a paralisi spastica indotta nel nematode per azione colino-mimetica della molecola sui recettori neuromuscolari. Vengono utilizzati nella strongilosi gastrointestinale ma anche in quella polmonare, dimostrando ottima efficacia verso gli stadi adulti. Il margine di sicurezza di questi farmaci è più stretto rispetto ai benzimidazoli e le pecore sembrano maggiormente sensibili rispetto ad altri animali alle azioni tossiche responsabili di tremori muscolari, scialorrea ed eccitabilità riferibili all’effetto colino-mimetico. I tempi di sospensione vanno dai 2 agli 11 giorni a seconda del tipo di formulazione utilizzato (Adams, 1999). • TETRAIDROPIRIMIDINE: sono derivati degli imidazotiazoli ed

hanno efficacia antielmintica in quanto capaci di provocare un blocco neuromuscolare di tipo depolarizzante con paralisi muscolare spastica per effetto colino-mimetico sui recettori per l’acetilcolina. Sono rappresentati da pirantel e morantel. La tossicità di queste molecole è bassa (Adams, 1999).

• ENDECTOCIDI MACROLIDICI: fanno parte di questa categoria l’ivermectina, la moxidectina e la doramectina; sono lattoni macrociclici che derivano dalla fermentazione di batteri del genere

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flaccida del parassita per effetto GABA-ergico. Il margine di sicurezza di queste molecole, che superano molto difficilmente la barriera emato-encefalica, è piuttosto ampio perché nei mammiferi la neurotrasmissione GABA-mediata si trova solo a livello del sistema nervoso centrale e perciò le avermectine non riescono a raggiungere il loro sito d’azione nell’ospite. Questi farmaci vengono ampiamente utilizzati negli animali da reddito perché hanno un ampio spettro d’azione che comprende sia gli endo che gli ecto-parassiti (Adams, 1999).

Si tratta di farmaci che hanno un ampio spettro antielmintico e, per quanto riguarda gli strongili gastrointestinali, sono tutti efficaci nei confronti di tutti gli otto generi cosmopoliti; solo il genere

Bunostomum non sarebbe molto sensibile al morantel ed al

tiabendazolo (Ambrosi, 1995).

Nel trattamento della strongilosi si può ricorrere ad interventi strategici, cioè stagionali, in cui i farmaci si somministrano in determinati periodi dell’anno che vengono indicati come i momenti chiave per l’epidemiologia di tale parassitosi, in modo da ridurre la disseminazione di uova in periodi favorevoli allo sviluppo larvale nell’ambiente; oppure ad interventi tattici, cioè quando si verificano particolari condizioni (clima eccezionalmente caldo ed umido, animali defedati o poliparassitati) (Casarosa, 1985).

Uno schema di trattamento strategico, suggerito da Ambrosi (1995), nella terapia antielmintica applicabile anche negli allevamenti di ovini

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in Italia, con eventuali adattamenti a seconda delle diversità climatiche, può essere il seguente:

• Trattamento generale subito dopo i parti di fine inverno: viene bloccato il “lactation rise” e gli animali si copro-negativizzano prima dell’arrivo del clima primaverile molto favorevole allo sviluppo delle larve sui pascoli. Sarebbe consigliato l’utilizzo di un farmaco attivo anche sulle larve ipobiotiche.

• Trattamento delle rimonte in tarda primavera, cioè quando si è già instaurata l’infestazione in modo che gli animali, entrando in contatto con i parassiti, acquisiscano una resistenza particolarmente efficace. • Trattamento generale subito dopo i parti autunnali sia per bloccare il

nuovo “lactation rise” sia per liberare gli animali dagli elminti accumulati da fine estate e combattere le larve che iniziano l’ipobiosi. Tale strategia deve comprendere alcuni criteri irrinunciabili anche ai fini della difesa dai possibili fenomeni di chemio-resistenza, un fenomeno molto diffuso e molto importante nel controllo delle parassitosi:

• non praticare più di 2-3 trattamenti l’anno situandoli con perfetto tempismo in relazione alle condizioni ambientali ed ai ritmi produttivi dell’allevamento;

• evitare i sottodosaggi;

• riunire i capi da trattare in un ricovero temporaneo, ove sia possibile poi una rigorosa pulizia e disinfezione, mantenendoveli per le prime 24-36 ore dal trattamento in modo da evitare la disseminazione sui

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pascoli di uova fertili (in caso di trattamento non ovicida) e, soprattutto, di uova di ceppi resistenti;

• non usare costantemente il medesimo antielmintico ma prevedere una rotazione con molecole diverse di diversi gruppi di farmaci antielmintici (Ambrosi, 1995).

1.6 INTERVENTI AMBIENTALI

Bisogna ricordare che una strategia antielmintica come quella descritta deve anche essere associata ad un’accurata gestione della prevenzione ambientale, seguendo alcuni accorgimenti utili a ridurre il rischio di diffusione dell’infestazione:

• evitare la promiscuità contemporanea o successiva di allevamenti di ovi-caprini diversi sul medesimo pascolo, a meno che non siano stati già trattati prima di mandarli al pascolo;

• cercare di realizzare una promiscuità di pascolo contemporanea o successiva di ovi-caprini con bovini od equini in modo da favorire la rarefazione delle rispettive strongilosi gastrointestinali;

• suddividere il pascolo in un numero di parcelle sufficiente ad una razionale rotazione che deve essere basata su di una permanenza del bestiame nella medesima parcella per un tempo non superiore al tempo medio di sviluppo delle larve dalle prime feci;

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• effettuare una adeguata cura agronomica del prato (aratura, erpicatura, decespugliamento, ecc) per rendere l’ambiente meno favorevole per lo sviluppo delle larve;

• evitare un carico elevato di animali per unità di superficie;

• non introdurre nell’allevamento animali di provenienza esterna non trattati;

• evitare la promiscuità di capi al primo pascolo con animali al secondo pascolo o con adulti, in modo da contrastare il contatto degli animali “vergini” con un alto grado di contaminazione;

• scegliere oculatamente il ritmo di pascolo cercando di evitare i momenti in cui il rischio di assunzione delle larve è più marcato, cioè quando l’erba è più umida come ad esempio subito dopo una pioggia oppure al mattino presto quando è ricoperta di rugiada (Ambrosi, 1995).

Figura

Fig. 1.1  Ciclo biologico degli
Tabella 1.1: Stima del livello di infestazione sulla base del numero di
Tabella 1.2: Numero di uova mediamente deposte quotidianamente

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