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Capitolo 8. Energia dal mare. In linea di principio è possibile convertire almeno cinque tipi di energia presenti nel mare: •

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Academic year: 2021

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Capitolo 8.

Energia dal mare.

In linea di principio è possibile convertire almeno cinque tipi di energia presenti nel mare: • quella delle correnti,

• delle onde, • delle maree,

• delle correnti di marea,

• del gradiente termico tra superficie e fondali.

Attualmente esiste solo un impianto per lo sfruttamento delle maree in Francia, mentre sono in corso esperimenti per lo sfruttamento del potenziale energetico che si può ricavare dal mare in vari paesi del mondo. L'Unione Europea ha di recente concluso uno studio che identifica circa 100 siti suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica dalle correnti marine. In Italia è lo stretto di Messina ad essere stato identificato tra i siti più promettenti.

8.1 Energia dal moto ondoso.

La trasformazione dell’energia delle onde in energia elettrica è oggetto di vari studi e realizzazioni, basati su vari principi fisici: ci sono allo studio ipotesi per concentrare e focalizzare le onde in modo da aumentarne l’altezza e il potenziale di conversione in energia elettrica, altre ipotesi prevedono invece di utilizzare le variazioni di pressione che si riscontrano al di sotto della superficie del mare, altre utilizzano dei galleggianti che “copiano” il moto ondoso trasferendolo a dei generatori per mezzo di pistoni idraulici.

8.1.1 Il principio della colonna d’acqua oscillante (OWC).

Il sistema sfrutta la variazione di pressione dell’aria, causata della onde, in una apposita camera. La camera è una sorta di contenitore, posto a una quota fissa, semi-immerso nel mare, completamente aperto nel fondo, e chiuso nella parte superiore. Le onde causano una variazione ciclica del livello dell’acqua nel contenitore, quindi della pressione dell’aria intrappolata nella parte superiore del vano. Se nel cielo della camera si operano aperture di sezione ridotta, l’aria ha possibilità di defluire nei due sensi, in base al moto ondoso. È possibile sfruttare questa corrente d’aria tramite particolari turbogeneratori ad aria, in grado di ricevere la spinta sia nella fase di compressione che in quella di decompressione, mantenendo inoltre lo stesso senso di rotazione.

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Figura 8.1.1.1-Schema del principio della colonna d’acqua oscillante

Questo sistema è adottato dalla ditta scozzese Wavegen e dalla australiana Energetech per degli impianti dimostrativi.

Gli impianti sono progettati per una potenza di 2 MW e non sono necessariamente costieri. Con piattaforme al largo si potrà raccogliere la spinta, ben più elevata, delle onde lunghe del mare. Possono inoltre essere abbinati agli impianti eolici “off-shore” rendendo migliore la rendita commerciale di entrambe le tecnologie. Ogni metro di fronte ondoso può sviluppare mediamente 70 kW al largo, e 20 kW sottocosta.

Il progetto LIMPET (Land-Installed Marine-Powered Energy Transformer), in Scozia, è collegato alla rete elettrica e il costo del kWh è di 0,075 € , soddisfacente per un prototipo del genere. L'efficienza del sistema è buona, circa il 50%, il fronte dell'impianto (sottocosta) è di 18 metri e le due turbine da 300 kW producono in un anno circa 2300 MWh , per fare un confronto con l’energia eolica, i migliori aerogeneratori con la stessa potenza producono mediamente in un anno circa 1300 MWh, i costi del prototipo sono 4 volte maggiori di quelli delle turbine eoliche attuali che, però, godono di una certa industrializzazione.

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8.1.2 Sistemi galleggianti.

Ci sono diversi sistemi che prevedono galleggianti per l’utilizzo di energia dalle onde, molti di questi sono ancora in fase di studio, mentre per altri sono già stati realizzati dei prototipi, mentre, per altri ancora ci sono già i primi impianti commerciali.

Il progetto Pelamis.

In Portogallo, nel settembre del 2008 a pochi chilometri dalla costa nella località di Agucadora, è stato inaugurato il primo impianto che produce energia elettrica dal moto delle onde. L’impianto prende il nome “Pelamis”,e la sua tecnologia prevede di produrre energia elettrica mediante un sistema idrodinamico.

La centrale sottomarina, costruita dalla società scozzese Ocean Power Delivery (Opd), è dotata di tre macchinari, i Pelamis P-750, denominati “i serpentoni marini”. Queste apparecchiature di forma cilindrica, composte da un tubo del diametro di circa 3.5m e lunghe circa 150m divise in 5 sezioni unite da giunti snodabili, sono ancorate al fondale in modo da permettere il rollio e il beccheggio, quindi la struttura galleggia nel mare perpendicolarmente alla cresta delle onde in modo che, i singoli elementi, seguano il moto ondoso. Cilindri idraulici integrati nelle giunture tra gli elementi assorbono il movimento e conferiscono le forze, mediante un sistema di pompe idrauliche, a sei generatori di elettricità. L’energia prodotta viene trasmessa a terra con un cavo sottomarino per essere inviata alla rete elettrica.

In tutto l’impianto ha una potenza di circa 750kW, non è molto, ma è il primo passo per la creazione di un impianto della potenza complessiva di circa 21MW, capace di far risparmiare circa 60000 tonnellate di CO2 all’anno.

E’ da notare anche che gli scarsi rendimenti sono dovuti in gran parte alla novità di questo sistema, come era accaduto in principio per le prime turbine eoliche che avevano dei rendimenti ancora minori, ma in pochi anni la loro tecnologia è molto maturata, cosa che sicuramente accadrà anche per questo “serpentone”.

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Figura 8.1.2.2-Pistone del sistema

Figura 8.1.2.3- Vista prospettica.

Il progetto Anaconda

Un altro sistema galleggiante, molto simile al Pelamis, è il progetto “Anaconda”. Esso è costituito da un tubo di gomma, riempito completamente con acqua, è stato progettato per essere ancorato, ad un'estremità, al fondo del mare. Le onde passando attraverso e all'esterno del dispositivo

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provocando un rigonfiamento, che può essere utilizzato da una turbina posta nel punto finale di Anaconda, collegata poi ad un sistema a terra via cavo. Realizzato in gomma, Anaconda è molto leggero rispetto ad altre sistemi che utilizzano energia dal mare, e in particolare dal moto ondoso, che sono principalmente in metallo. Inoltre, non utilizzando arieti idraulici, cerniere e articolazioni viene ridotto il costo iniziale e di manutenzione.

Anaconda tuttavia è ancora in fase di sviluppo. Il concetto è stato solo sperimentato in sistemi in scala in laboratorio, così ancora importanti quesiti devono essere ancora risolti. Il progetto è stato finanziato dal Engineering and Physical Sciences Research Council (EPSRC) in collaborazione con gli inventori e gli sviluppatori di Anaconda. Ora il progetto passerà a test in mare, utilizzando tubi con diametro compreso fra i 0,25 e i 0,5m per valutare il comportamento di Anaconda in mare. I parametri misurati comprenderanno le pressioni interne, i cambiamenti di forma del tubo, e le forze a cui i cavi di ormeggio sono sottoposti dal moto ondoso. Oltre a fornire intuizioni nel comportamento idrodinamico di Anaconda, i dati costituiranno la base per un modello matematico in grado di stimare esattamente quanta energia potrebbe produrre effettivamente Anaconda.

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Il progetto “GAIA”.

Nasce da un’invenzione del Sig.Catinella Vito Antonio e dallo spirito imprenditoriale della “Puglia Energie Alternative” Srl il progetto GAIA, una struttura meccanica galleggiante atta a realizzare un impianto per la produzione di energia elettrica sfruttando il moto relativo di un gran numero di elettromagneti installati su una struttura galleggiante, rispetto ad una molteplicità di magneti permanenti incorporati in un pendolo sospeso alla sommità di un traliccio. Le oscillazioni sono provocate direttamente dal moto ondoso. La “Puglia Energie Alternative” srl ed il C.E.S.E. (Centro di ricerca per i Servizi pubblici e l’Energia) società consortile del Politecnico di Bari per la promozione di studi ed attività di ricerca finalizzati ai servizi pubblici e l’energia, sono attualmente impegnati nell’implementazione di simulazioni atte a definire il quantitativo energetico producibile. A differenza di altri dispositivi galleggianti che sfruttano il moto ondoso per generare energia elettrica, ma che singolarmente ne riescono a produrre quantitativi piuttosto bassi, e quindi devono essere installati a gruppi, il dispositivo del progetto GAIA, si riferisce all’esecuzione preferita di una struttura meccanica galleggiante atta a realizzare un mega-impianto in grado di risolvere in maniera rilevante l’uso di una fonte alternativa, per la produzione continua di energia elettrica di potenza elevata, sfruttando il moto relativo di un gran numero di elettromagneti completi di un sistema integrato per il raddoppio della potenza, installati sulla struttura galleggiante, rispetto ad una molteplicità di magneti permanenti incorporati in un pendolo sospeso alla sommità di un traliccio sul livello del mare, agente per induzione magnetica sugli elettromagneti: le oscillazioni da minimo 1° a massimo 5°, reciproche del pendolo e del corpo cilindrico flottante supportante l’insieme dei gruppi multi bobine/multi magneti, dovute in particolare al moto ondoso. Nel caso di GAIA, invece, con l’ausilio di tale sistema integrato, oltre alla potenza, consente anche il raddoppio della velocità di attrazione tra magnete permanente al neodimio e magnete permanente al neodimio di diversa polarità, infatti, tali intense oscillazioni consentono l’eccitazione contemporanea di 1000-Multibobine/Multimagneti al secondo, che causano variazioni dell’induzione magnetica necessaria per ottenere le forze elettromotrici, le quali si verificano in tutte le direzioni radiali in modo da assicurare una continuità di produzione sufficiente a creare grossi impianti a carattere industriale di potenza elevatissima in Gwh paragonabile alle tradizionali centrali idroelettrica, termoelettrica, nucleare.

Il Mega-Generatore, è costituito da tre parti fondamentali realizzate tutte in acciaio inossidabile anticorrosione: un corpo cilindrico flottante, una struttura piramidale a traliccio sovrastante il corpo cilindrico (ad esso solidale e alla sommità della quale, mediante un’asta collegata ad un giunto

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cardanico, è sospeso un pendolo), e una struttura cilindrica fungente da zavorra dell’intera struttura allo scopo d’impedirne il ribaltamento.

La struttura del corpo cilindrico flottante è inaffondabile perché è dotata di un doppio scafo, mentre la struttura piramidale a traliccio permette il libero passaggio del vento onde evitare oscillazioni anomale dovute alla forza del vento.

Inoltre, all’interno del corpo cilindrico flottante del mega-impianto sono installati dispositivi ed impianti per la manutenzione del Mega-Generatore, per l’accumulo dell’energia prodotta nelle ore notturne di minore assorbimento da parte delle utenze, per rendere potabile l’acqua del mare con il sistema dell’osmosi inversa, ed anche per la produzione dell’idrogeno.

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8.1.3 Sistemi con impianti sommersi.

I sistemi con impianti sommersi sfruttano il principio di Archimede, che si presta allo sfruttamento del moto ondoso. Sono molti i progetti che si stanno sviluppando in questa direzione, osserviamone alcuni.

Progetto AWS (Archimedes Wave Swing).

E’ un impianto pilota, installato nel marzo del 2004 al largo delle coste portoghesi. Il convertitore di energia del moto ondoso è un cilindro a forma di boa, ormeggiato al fondale marino, nel quale una camera d'aria è compressa al momento del passaggio dell'onda sopra il sistema, e risale quando l'onda è passata. Nel sistema commerciale si dovrebbe avere una potenza di 2 MW, con una struttura (completamente sommersa) alta 30 metri per 10 metri di diametro, la massima efficienza si ha con onde che abbiano una ampiezza di 5 metri.

Al passaggio delle onde la pressione dell'acqua sulla parte superiore del cilindro galleggiante aumenta, comprimendo il gas all'interno del cilindro stesso, per bilanciare la pressione. Il movimento relativo tra il galleggiante e la parte inferiore viene convertita in energia elettrica per mezzo di un sistema idraulico ed un generatore. Il dispositivo ha una tecnologia estremamente semplice avendo una sola parte mobile principale (il galleggiante).

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Progetto Ocean Power Technologies (OPT).

La Ocean Power Technologies, una ditta americana, ha proposto una boa galleggiante (PowerBuoy) ancorata al fondale, con una parte emergente dal pelo dell’acqua. All'interno della boa, il moto ondoso fa salire e scendere uno stantuffo collegato ad un generatore di corrente elettrica.

Attualmente la OPT ha prodotto la PowerBuoy PB40 con potenza di 40 kW, e ne ha installata una nelle Hawaii, una nel New Jersey ed una a Santoña in Spagna, come progetti pilota. Inoltre, ha in progetto lo sviluppo del modello PB150 con potenza di 150kW ed uno studio di fattibilità tecnologica per un modello PB500 da 500kW.

Le boe PB40 hanno un diametro di 7 metri, una lunghezza di 20 metri (di cui ne emergono 7), e pesano 60 tonnellate ciascuna, e per non interferire le une con le altre devono esser poste ad una distanza di 75 metri, quindi un “parco” di tali boe per produrre quantità consistenti di energia, ha un notevole ingombro, con un impatto ambientale certamente non trascurabile.

Figura 8.1.3.3-Una vista di un impianto OPT

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8.1.4 Sistemi che sfruttano la forza d’urto delle onde.

Si tratta di un progetto italiano che prevede un sistema frangiflutto in grado di attuare lo sfruttamento della forza d’urto delle onde del mare per produrre energia elettrica grazie alla presenza di un serbatoio idropneumatico, finora mai utilizzato in applicazioni del genere, che si ritiene essere in grado di regolarizzare il flusso e cioè di trasformare un'energia pulsante come quella delle onde, in energia che si mantiene costante per periodi di una durata compatibile con una sua utilizzazione ai fini idroelettrici. Un’opera di questo genere, inoltre, presenta anche il vantaggio della protezione delle sponde dall’azione delle onde che vi sbattono contro.

E’un’opera di marginamento fisso della costa con produzione di energia elettrica, ottenuta essenzialmente dall'immissione in pressione dell'acqua del mare in un capace serbatoio interrato. Il serbatoio, di tipo idropneumatico, cioè con una struttura del tutto particolare, di seguito illustrata, è in grado di svolgere le seguenti funzioni principali:

• accogliere l'acqua immessavi naturalmente dalla forza d'urto dell'onda, • conservarla fino al momento della sua utilizzazione,

• livellare, grazie alla grande capacità di invaso, la portata in uscita,

• consentire, con una diversificazione delle pressioni di esercizio, più regimi di funzionamento graduabili in funzione dell'intensità del fenomeno ondoso di per sé molto variabile.

Le opere consistono in una barriera frangiflutti, che segue la linea di costa, opportunamente fondata su una robusta palificata, e che comprende tre strutture principali, che sono:

• Il dispositivo di captazione • Il serbatoio di accumulo

• La centrale di produzione dell'energia elettrica.

L'ossatura principale del manufatto è costituita da un setto longitudinale e verticale in calcestruzzo sul quale si innestano, lato mare, un numero imprecisato di setti trasversali che suddividono il frangiflutto in tante celle di captazione autonome ma che immettono l'acqua in pressione nello stesso serbatoio di accumulo. I setti trasversali prolungandosi verso il mare aperto contribuiscono ad orientare la direzione dell'onda parallelamente all'asse della cella per consentirne una utilizzazione ottimale, come è possibile vedere nella figura seguente.

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Figura 8.1.4.1-Planimetria dell’impianto

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Figura 8.1.4.3-Vista prospettica dell’impianto.

Il dispositivo di captazione.

Dal momento che per assorbire ed annullare la forza d’urto delle onde è necessario un materiale flessibile capace di adattarsi al movimento del mezzo liquido che lo investe, il dispositivo di captazione è realizzato da un diaframma di contenimento (chiamato anche gonna) curvo, e a flessibilità controllata dalla pressione del serbatoio, che si estende orizzontalmente per otto metri, cioè tutta la larghezza di ogni nicchia di captazione, ed è saldamente ancorato ad una piastra metallica che percorre tutto il perimetro di contatto con la parte fissa in cemento armato. Tale piastra metallica continua e che sporge a 90 gradi dalla superficie del calcestruzzo, è costituita da due elementi orizzontali, lungo i lati superiore ed inferiore, mentre in quelli laterali ha un andamento ad arco conformato in base alla curvatura che deve assumere anche il diaframma. Infatti, è tra queste due piastre laterali cha deve essere teso il diaframma, in modo da obbligarlo ad assumere, quando è a riposo, il profilo curvo. Sarà una contropiastra metallica, anch’essa continua lungo tutto il perimetro, che fissa, tramite una lunga fila di bulloni, il bordo del diaframma, garantendone la perfetta tenuta idraulica. Tra contropiastra e diaframma verrà inserito un rinforzo flessibile che ne segue tutto il contorno, sporgendo verso l'interno, al fine di resistere al grande sforzo di taglio che le onde esercitano sul diaframma stesso.

La cella è munita di fori di collegamento con la retrostante vasca di raccolta, ogni foro è dotato di valvola a battente, che consente all’acqua l’ingresso in vasca, mentre impedisce l’uscita di quella

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precedentemente accumulatavi, che vi permane in pressione, pronta ad azionare le turbine di produzione della corrente elettrica.

Ogni cella di captazione è chiusa superiormente da un solaio, che costituisce il piano viabile o la passeggiata lungomare, mentre è collegata inferiormente sia col mare aperto che con il serbatoio idropneumatico, tramite aperture munite di valvole di non ritorno, che vincolano la direzione dell’acqua del mare tassativamente secondo il percorso: mare - cella - serbatoio idropneumatico. Nel suo complesso, quindi, il dispositivo di captazione è formato da tante celle affiancate.

Prima dell'inizio della normale attività del dispositivo è necessario estrarre tramite una pompa a vuoto tutta l'aria contenuta nella parte superiore della cella, una volta completata questa operazione, sarà la pressione atmosferica a mantenere la cella, per tutta la durata dell' esercizio, totalmente piena d'acqua. Il diaframma, quindi, dovrà possedere l’elasticità sufficiente sia per flettersi sotto l’azione dell’urto delle onde, ma anche, nel verso contrario, alla depressione interna creata dalla pompa all’inizio del funzionamento.

Per quanto riguarda il dinamismo di captazione ed immissione dell'acqua in serbatoio, è noto come in mare aperto sia solo l'onda che si sposta mentre ogni singola particella d'acqua che la compone descrive in verticale una traiettoria circolare rimanendo sempre nella stessa zona, in riva al mare, invece, ha luogo lo spostamento, in direzione perpendicolare alla costa, di una grande massa d'acqua che, con moto alterno, va a sbattervi violentemente contro. Sono queste masse d'acqua che, opportunamente orientate dai due setti laterali di ciascuna cella, premono con violenza contro il diaframma elastico e lo forzano a ritrarsi verso terra e ad assorbire interamente l'energia delle onde senza che abbia luogo alcuna riflessione delle stesse.

La barriera, così, ha svolto il suo compito di protezione della riva dai danni dovuti al moto ondoso, mentre il forzato arretramento del diaframma ha ridotto il volume interno della cella causando l'immissione nel serbatoio di un quantitativo d'acqua, più o meno consistente, e ad una pressione variabile, a seconda dell'ampiezza e della forza dell'onda che vi urta. La caratteristica di incomprimibilità dell'acqua quando è evitata la presenza anche minima dell'aria, assicura che ad ogni movimento del diaframma corrisponda un trasferimento d’acqua dalla cella al serbatoio, riuscendo a vincere la pressione interna del serbatoio stesso. Finita la sua fase attiva, l'onda si ritira verso il mare aperto, e il diaframma, spinto dalla sua elasticità, ed eventualmente da quella esercitata da funi elastiche di rinforzo, tende a riportarsi nella sua posizione di riposo, provocando l'immissione nella cella di nuova acqua spinta dalla pressione atmosferica ad attraversare le valvole di cui è munita la piastra inferiore. E’ da rilevare come ogni cella, pur immettendo acqua in pressione in uno stesso serbatoio, eserciti la sua azione indipendentemente da quella delle altre.

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d'urto delle onde a far entrare direttamente l'acqua del mare nel serbatoio idropneumatico tramite delle bocche di presa tronco coniche appositamente studiate. Si tratterebbe di una notevole semplificazione delle opere di captazione ma, non in grado di eliminare, come il diaframma elastico, le onde di riflessione.

Il serbatoio di accumulo e di regolazione del flusso.

E’ un serbatoio idropneumatico, che viene collocato nel sottosuolo a ridosso delle celle di captazione, segue in tutta la sua lunghezza la barriera frangiflutti, integrandosi perfettamente con l'ambiente, e costituisce una notevole capacità di invaso, alimentata da una serie di immissioni elementari operate dalle singole celle di captazione, mentre il flusso in uscita verso le turbine è unico, uniforme, e con possibilità di esercizio diversificate, in quanto è consentito cambiare la pressione, e quindi il “salto di utilizzazione”, dell'acqua per la produzione dell'energia elettrica. E’ costituito da un grande contenitore a tenuta ermetica caratterizzato dalla presenza nella sua parte superiore di un cuscinetto d'aria la cui pressione può essere variata a seconda delle necessità, aprendo delle valvole di scarico o immettendo nuova aria con i compressori. Una volta stabilito un determinato regime di esercizio dato dalla pressione iniziale dell'aria, il serbatoio si regola da solo senza alcun intervento dei compressori e funzionando in maniera del tutto analoga ad un serbatoio sopraelevato posto di volta in volta a quote variabili corrispondenti alle pressioni prescelte.

La centrale di produzione di energia elettrica.

La centrale di produzione, anch'essa ubicata nel sottosuolo, ed a ridosso delle celle di captazione e del serbatoio idropneumatico, sarà munita delle seguenti apparecchiature:

• le pompe a vuoto in grado di svuotare le celle di captazione delle sacche d'aria che si potrebbero formare;

• le turbine, capaci di sfruttare i diversi regimi di funzionamento, con regolazione, oppure con una serie diversificata di macchine dell'insieme in oggetto, con gli annessi alternatori di produzione della corrente

• le apparecchiature di regolazione del cuscino d'aria, cioè i compressori e le valvole di scarico,

• le apparecchiature di comando e controllo automatico e manuale degli impianti. Esse dovranno provvedere: all’impostazione dei regimi di funzionamento, in funzione della potenza di immissione reale d’acqua e del livello e della pressione del serbatoio di ora in

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ora, alla messa in moto, alla regolazione delle pale, e all'arresto delle turbine, al mantenimento del cuscino d'aria, nonché alla misura e al controllo generale di funzionamento emettendo, se necessario, gli opportuni allarmi.

Il manufatto della centrale è costituito da un parallelepipedo posto in continuazione del serbatoio, e quindi avente la stessa sezione trasversale, ed una lunghezza atta a contenere le apparecchiature elettromeccaniche ed elettroniche elencate. Si tratta quindi di una struttura edilizia di grande semplicità costruttiva.

8.2 Energia dalle maree.

È noto che la luna esercita una forte forza d’attrazione sull’acqua della Terra, provocando il fenomeno delle maree: dall’innalzamento e dall’abbassamento regolare delle masse d’acqua è possibile ricavare energia. Le centrali mareomotrici vengono realizzate nei pressi degli estuari dei fiumi e, per costruire una centrale di marea, l’estuario viene sbarrato in direzione del mare con una diga artificiale. La tecnica energetica sfrutta il dislivello tra l’alta marea e la bassa marea: la cosiddetta ampiezza di marea. Una premessa è ovviamente un’ampiezza della marea sufficiente. L'unica centrale di taglia industriale che utilizza l'energia del mare per produrre energia elettrica è quella francese di La Rance, costruita nel 1966 in Bretagna, tra le città di Dinard e Saint-Malo, sull'estuario del fiume Rance.. La centrale è formata da una diga costruita in un punto del fiume largo 760 metri, a 3 km dall'estuario; il bacino si estende per 20 km verso l'entroterra e ha una capacità di 170 milioni di m3 di acqua. Essa sfrutta l'onda di marea, che in tale località può raggiungere anche 13 metri. All'interno della diga, circa 10 metri sotto il livello minimo di area, sono state installate 24 condotte con turbogeneratori da 10 MW, per una potenza complessiva di 240 MW. La centrale, però, ha funzionamento discontinuo: infatti quando l'acqua del bacino e quella del mare hanno un dislivello minimo le turbine restano ferme, quindi, complessivamente, funziona per circa 4 ore al giorno.

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minimo si aprono le paratoie della diga e l'acqua dal bacino defluisce verso il mare finché i due livelli si eguagliano. Le paratoie vengono quindi chiuse mentre il livello del mare sale. Quando la marea è sufficientemente alta, l'acqua viene fatta entrare nel bacino finché il dislivello ritorna minimo. In ogni collettore c’è una turbina Kaplan a bulbo, cioè con l’ alternatore incapsulato, che genera corrente elettrica. I turboalternatori, quindi, producono energia elettrica per tutto il tempo in cui c’è dislivello sufficiente tra interno ed esterno, in quanto le turbine sono reversibili (possono cioè girare nei due sensi).

Grazie al naturale deflusso creato dai dislivelli di marea, la centrale produce circa 540 GWh l'anno, cioè circa un quarto della produzione di una centrale idroelettrica della medesima potenza ad acqua fluente che funzionasse tutte le ore dell’anno. Le turbine della Rance, però, possono anche funzionare anche da pompe. Grazie al pompaggio la produzione elettrica massima della centrale sale a circa 680 GWh l’anno.

Figura 8.2.2- Vista dello sbarramento della centrale di La Rance

Le centrali di marea costiere hanno il limite nell'erosione che esercitano nelle coste, e nella abbondante sedimentazione all'interno del bacino, per questi motivi, negli ultimi anni, si sta pensando a degli impianti offshore, che presentano anche il vantaggio di poter modulare la produzione di energia elettrica dividendo la struttura in più bacini. Con le opportune griglie di sbarramento e data la non elevata velocità delle turbine di questi sistemi può essere salvaguardata anche la flora e la fauna all'esterno dei sistemi.

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Ad oggi sono stati individuati, a livello globale, 21 siti dove le caratteristiche delle maree sono adatte alla installazione di questo tipo di centrali mareomotrici. Nella sola Inghilterra il potenziale stimato è di 6.000 MW di impianti realizzabili.

Il progetto pilota proposto dalla Tidalelectric è di 60 MW, il costo stimato per l'impianto è di 120 milioni di Euro, il ricavo stimato annuo è di 12 milioni di Euro ( senza contributi pubblici), il costo di generazione sarebbe già competitivo anche a livello di prototipo.

Fgura 8.2.3-Prototipo del progetto Tidaelectric.

8.3 Energia dalle correnti marine e di marea.

L’energia delle correnti di marea è una delle fonti più interessanti ed inesplorate tra le fonti di energie rinnovabili. Nella sola Europa la disponibilità di questo tipo di energia è pari a circa 75GW. Da notare, che l’energia delle correnti di marea è del tipo “non a barriera”, al contrario di quella ottenuta utilizzando l’innalzamento e l’abbassamento delle maree come la centrale di La Rance in Francia, illustrata nel precedente paragrafo. Le turbine per lo sfruttamento delle correnti marine possono essere (come per le tecnologie eoliche) ad asse orizzontale o ad asse verticale.

Le turbine ad asse verticale sono più adatte alle correnti di marea, per il fatto che queste cambiano direzione di circa 180° più volte nell'arco della giornata.

Riguardo ad impianti che usano questa fonte di energia , è da segnalare il “SeaGen”, che è un generatore di elettricità ad energia mareomotrice. È la prima applicazione su scala commerciale di questa tecnologia. La nuova centrale elettrica è stata installata nell’aprile 2008 a Strangford Narrows, tra Strangford e Portaferry, nell’Irlanda del Nord.

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fondo del mare. SeaGen pesa circa 1000 tonnellate ed è costituito da due rotori del diametro di 16 metri. Nella fase iniziale di sperimentazione, la centrale elettrica alimenterà un centinaio di abitazioni. Al termine dei collaudi, l’impianto verrà messo a regime e produrrà 1,2MW riuscendo ad alimentare circa un migliaio di abitazioni.

SeaGen è un progetto dimostrativo su scala commerciale, che resterà operativo presso Strangford Narrows per un periodo non superiore ai cinque anni. Questa installazione è da intendere come un prototipo per le applicazioni commerciali delle tecnologie simili che si svilupperanno in futuro. Il Governo Britannico spera di poter sfruttare l’impeto delle onde e delle maree dei propri mari per raggiungere gli obiettivi energetici previsti dall’Unione Europea, infatti, ha deciso di allestire entro il 2012 altri sette impianti analoghi a quello di Strangford Narrows.

Figura 8.3.1-Generatore SeaGen

In Italia, nello Stretto di Messina, nell’ottobre del 2008, è stato messo in acqua un prototipo di generatore di corrente elettrica, messo a punto dal dipartimento di ingegneria aerospaziale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II in collaborazione con la società di Bolzano Fri-El Green Power.

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Le correnti presenti nel canale di mare che separa la Sicilia dalla Calabria, raggiungono costantemente una velocità di 2,5m/s. L'impianto ha una potenza di 20 kW, e, in base al piano di sviluppo del progetto, entro il 2009 sarà potenziato fino a raggiungere una potenza di 500 kW. L’impianto, che prende il nome di “Fri-El Sea Power”, è formato da una struttura galleggiante, costituita da un pontone o da una nave, e da una serie di turbine posizionate a distanze regolari lungo un tubo snodabile e modulare denominato filare.

Il tubo è in grado di allinearsi alle correnti marine, seguendone le possibili variazioni e funge inoltre da albero di trasmissione del moto, trasferendo la potenza catturata dal moto delle onde al generatore di corrente elettrica. La corrente prodotta viene immessa direttamente in rete, attraverso un cavo sottomarino che collega ciascuna delle strutture galleggianti direttamente alla terraferma. Le strutture galleggianti, formate da pontoni e navi, vengono disposte in gruppi di diverse decine, in modo da formare delle vere e proprie flotte, utilizzate per produrre energia dalle correnti marine. Il modello è costituito da una nave con quattro filari allineati, ognuno dei quali contiene 5 turbine da 4m di diametro, per un totale complessivo di 20 turbine.

Per il futuro si prevede di impiegate flotte composte da 50 navi collocate entro 100 miglia dalla terra ferma, con una potenza installata di 20 MW per nave il totale installato per flotta sarà pari a 1.000 MW, e la risultante produzione annua è stimata in 8 TWh per flotta.

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Figura 8.3.3 -Immagini dell’impianto Fri-El Sea Power

Il progetto Sea Power guarda, però, in avanti e prevede un ulteriore livello di sviluppo: per rendere accessibili anche le correnti che si trovano ad oltre 100 miglia dalla terra ferma, e, dove pertanto il collegamento con un cavo sottomarino risulta problematica, Sea Power utilizzerà l'idrogeno come vettore energetico.

In particolare, l'energia elettrica prodotta potrà essere immediatamente utilizzata per la produzione di idrogeno tramite elettrolisi attraverso appositi impianti dei i quali saranno dotate le singole navi, in modo da “immagazzinare” direttamente sul sito l’energia prodotta sotto forma di idrogeno. L'idrogeno verrà poi prelevato regolarmente da navi cisterna che lo raccoglieranno dalle singole navi e lo trasporteranno in porto per lo stoccaggio e la distribuzione.

8.4 Energia dal gradiente termico.

L’Otec (Ocean Thermal Energy Conversion), è un metodo per generare energia elettrica utilizzando la differenza di temperatura che hanno due volumi d’acqua marina, solitamente le masse d’acqua in questione sono quella in superficie che è più calda rispetto all’acqua che si trova in profondità. Sappiamo che gli oceani coprono poco più del 70% della superficie terrestre. Questa grande superficie si può pensare come il più grande sistema di immagazzinamento dell’energia solare. Il sistema Otec usa il gradiente termico che si ha negli oceani per ottenere energia ed è conveniente se viene fatto su larga scala e dove si maggiore differenza di temperatura tra le due masse d’acqua in gioco.

La prima centrale per la conversione dell'energia termica degli oceani con tecnologia Otec, è nata nel 1996 al largo delle isole Hawaii e produce energia sfruttando la differenza di temperatura tra i diversi strati dell'oceano.

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L'energia solare assorbita dalla superficie del mare la riscalda, creando una differenza di temperatura fra le acque superficiali, che possono raggiungere i 25 - 28 gradi, e quelle situate per esempio ad una profondità di 600 m, che non superano i 6-7 gradi.

Il sistema consiste in una macchina termica composta da due serbatoi di acqua a differente temperatura. La differenza di temperatura provocherà un flusso di calore da un serbatoio all’altro e la macchina estrarrà questo calore sotto forma di lavoro.

Le acque superficiali, più calde, consentono di far evaporare sostanze come ammoniaca e fluoro; i vapori ad alta pressione, mettono in moto una turbina e un generatore di elettricità, passano in un condensatore e tornano allo stato liquido raffreddati dall'acqua aspirata dal fondo.

Il vapore, che ha lasciato il sale nella cella a bassa pressione, è pressocchè di acqua dolce. Questo, esposto alle fredde temperature delle acque di profondità, si condensa tornando allo stato liquido originario. Il sistema Otec risulta in questo modo un ciclo aperto, poiché, eccetto per un iniziale depressurizzazione della cella, lavora autonomamente a ciclo continuo.

Una differenza di 20 gradi centigradi basta a garantire la produzione di una quantità di energia economicamente sfruttabile.

Figura

Figura 8.1.1.2-Sezioni di una turbina Wavegen .
Figura 8.1.2.3- Vista prospettica .
Figure 8.1.2.4 e 8.1.2.5- Immagini del prototipo di Anaconda
Figura 8.1.2.6- Immagini del prototipo.
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