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Libertà di circolazione e articolo 16 Costituzione

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Libertà di circolazione e articolo 16 Costituzione

Autore: Edizioni Simone | 26/11/2016

La libertà di circolazione, soggiorno ed espatrio dei cittadini italiani tutelata dall’articolo 16 Costituzione; la libertà di fissare ovunque la propria residenza e di uscire temporaneamente (espatrio).

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Cosa dice l’articolo 16 Costituzione?

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.

Ogni cittadino è libero di uscire dai territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Concetto e tutela della libertà di circolazione

Una delle libertà che l’uomo avverte con maggiore necessità è quella di muoversi liberamente da un luogo all’altro e di risiedere dove vuole, senza bisogno di chiedere permessi o di dover rendere conto a nessuno dei suoi spostamenti.

Tale diritto alla libertà di spostamento, circolazione e soggiorno (precedentemente non disciplinata e ignorata dallo Statuto albertino) è sancito dall’art. 16 Cost. che afferma: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.

Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge».

Sono tre, dunque, gli aspetti essenziali del diritto di circolazione e soggiorno:

— la libertà di circolazione nel territorio dello Stato;

— la libertà di fissare ovunque la propria residenza;

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— la facoltà di uscire temporaneamente (espatrio) o definitivamente (emigrazione) e di rientrarvi.

L’art. 16 non attribuisce uguale tutela agli stranieri e agli apolidi rispetto ai cittadini che sono gli unici destinatari della norma.

Per quanto riguarda i cittadini dell’Unione europea gli artt. 49-55 TFUE riconoscono, oltre alla piena libertà di circolazione dei cittadini europei [1], anche la libertà di stabilimento, ossia il diritto di svolgere senza restrizioni, dovute alla loro diversa cittadinanza, attività lavorative in ciascuno degli Stati membri.

Oggi tale libertà risulta anzi rafforzata dall’eliminazione dei controlli alle frontiere comuni, grazie all’Accordo di Schengen [2] del 14 giugno 1985 e alla successiva Convenzione di applicazione del 19 giugno 1990, ratificati e resi esecutivi in Italia dalla L. 30 settembre 1993, n. 388.

Dal contenuto dell’art. 16 si evince la vigenza del principio della riserva di legge rinforzata in materia di limitazioni alla libertà di circolazione e soggiorno: tale principio impedisce restrizioni stabilite sulla base di atti aventi natura diversa dalla legge statale.

Tuttavia si tratta di riserva di legge relativa, in quanto la libertà di circolazione e soggiorno può essere impedita solo in via generale e per motivi di sanità e sicurezza: si pensi ad esempio ai provvedimenti che limitano temporalmente e parzialmente la circolazione degli autoveicoli nei centri abitati per motivi di sicurezza del traffico cittadino o alla limitazione alla libertà di entrare o uscire da un determinato luogo (il cd. cordone sanitario) al fine di evitare il propagarsi di un’epidemia.

Fra i motivi inseriti nella Carta costituzionale sono stati esclusi quelli politici, prendendo, così, le distanze dal regime fascista che prevedeva per coloro che non ne condividevano in maniera aperta e palese l’ideologia il «confino» cioè l’obbligo di risiedere a tempo indeterminato in località remote in cui era difficile e complesso

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comunicare con le altre persone. La concessione del passaporto, dunque, non può assolutamente essere discrezionale, ma deve rispettare i limiti formali imposti dalla legge fra tutti i cittadini.

Originariamente la libertà di circolazione e di soggiorno era considerata una facoltà che rientrava nella più ampia sfera della libertà personale.

La Costituzione ne ha riconosciuto l’autonomia e ha previsto un’apposita disciplina protettiva distinguendo queste due libertà in relazione:

ai soggetti (la libertà di circolazione è garantita ai soli cittadini, la libertà personale a tutti gli individui);

ai limiti che possono restringere le due libertà e che, nel caso della libertà di circolazione, si riferiscono esclusivamente ad esigenze di sicurezza o sanità;

alla competenza ad adottare i provvedimenti limitativi di queste libertà che, nel caso della libertà di circolazione, può essere attribuita anche all’autorità amministrativa e non esclusivamente alla autorità giudiziaria, come accade per la libertà personale.

Applicazioni

In applicazione dell’art. 16 Cost. vengono in rilievo:

il foglio di via obbligatorio, che costituisce un provvedimento con cui si 1.

dispone il rimpatrio nel paese d’origine di persone pericolose per l’ordine o la moralità pubblica (art. 157, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 – Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza). La Corte costituzionale ha affermato la compatibilità dell’art. 157 TULPS con l’art. 16 Cost. giudicando però illegittimo il rimpatrio forzato di persone sospette in mancanza di un atto dell’autorità giudiziaria, per la violazione del principio della riserva di giurisdizione (sent. 14 giugno 1956, n. 2);

la libertà di espatrio, conferendo l’art. 16 Cost. al cittadino la libertà di 2.

uscire dal ter- ritorio della Repubblica e di rientrarvi, salvi gli obblighi di legge. In tali categorie, secondo la dottrina prevalente, rientrerebbero solo

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gli obblighi di diritto pubblico stabiliti dalla legge e non anche quello di munirsi del passaporto (o carta di identità valida per l’espatrio) che ha natura di autorizzazione amministrativa subordinata solo al controllo dell’adempimento degli obblighi previsti, in quanto il suo rilascio non è legato ad alcuna valutazione discrezionale da parte dell’autorità competente;

il divieto per le Regioni, ex 120 Cost., di ostacolare in qualsiasi modo la 3.

libera circolazione di persone o cose sul proprio territorio.

Ulteriore limitazione alla libera circolazione dei cittadini è prevista dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, che consente all’autorità giudiziaria, per determinate categorie di persone di cui sia accertata la pericolosità sociale (il cui elenco è stato più volte integrato), di vietare il soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale (art. 233 c.p.), nonché di imporre l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

Note

[1] L’estensione ai cittadini di Paesi «fuori Schengen» è, dunque, esclusa a meno che non trattasi di richiesta di asilo politico. [2] Gli accordi di Schengen sono stati conclusi il 14 giugno 1985 tra Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo.

Successivamente vi hanno aderito tutti gli Stati membri dell’Unione europea (ad eccezione del Regno Unito, dell’Irlanda, di Cipro, della Romania e della Bulgaria),

nonché l’Islanda, la Norvegia e la Svizzera. I principi sanciti dagli accordi prevedono, tra l’altro, che i cittadini degli Stati aderenti possano liberamente

attraversare i confini di uno Stato membro senza dover sottostare ad alcun

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controllo (se non giustificato da motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale).

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